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Intervista a Messer Leonardo, add\u00EC 4 settembre 1502

Messer Leonardo, permettete due parole?

Certo, mi piace molto conversare, son di buon carattere… Cosa volete sapere?

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innumerevoli scienze: la botanica, l’ottica, la meccanica, l’idraulica, la fisica, la geometria e certamente l’anatomia… Cosa Vi ha sempre mosso nella Vostra vita?

Siete stato uno dei primi artisti a scrivere un Trattato della pittura. Come definireste la pittura?

La pittura è composizione di luce e di tenebre insieme mista colle diverse qualità di tutti i colori semplici e composti. Ho sempre considerato la pittura al di sopra di ogni altra espressione artistica…anche se non ne ho disdegnata alcuna!

In effetti Vi siete dedicato anche al disegno, alla progettazione urbanistica e architettonica, alla poesia, alla musica… Giorgio Vasari, biografo aretino Vostro e di altri grandi artisti rinascimentali, disse di Voi “Quante virtù in un corpo solo!”. Ma Vi siete dedicato anche a

La grande curiosità. Io domando. È per questa che mi misi ad imparare molte cose. Ho sviluppato nel tempo una particolare capacità di analisi visiva dei fenomeni naturali.

A questo proposito il Vasari racconta che eravate molto attratto dallo studio del volto umano e che, quando Vi imbattevate in qualche viso bizzarro, lo osservavate a lungo in modo da imprimerlo nella memoria e poi, giunto a casa, lo disegnavate.

Proprio così. Ho cercato di individuare le espressioni caratteristiche e gli stati d’animo dell’uomo. Nelle mie cinque teste grottesche – conservate su foglio nella Royal Library del Castello di Windsor – ho raffigurato diversi caratteri umani: attorno ad un uomo con una ghirlanda di foglie di quercia ho disegnato quattro smorfie che esprimono il temperamento sanguigno, collerico, malinconico e flemmatico. Si può dire che ho inventato quella che qualche secolo più avanti voi avete chiamato fisiognomica.

Per questo Vi siete avvicinato alla cerchia di Lorenzo il Magnifico, uno dei più grandi mecenati del Rinascimento?

Messer Piero, Vostro padre, si era reso conto della Vostra straordinaria inclinazione al disegno e Vi fece entrare a bottega a Firenze presso Andrea Verrocchio, un suo buon amico, e lì …?

Sono entrato dal Maestro Verrocchio che avevo 17 anni e da lui ho imparato davvero molto: pittura, scultura, disegno, carpenteria, fusione di metalli e meccanica. Ho cominciato a sperimentare il chiaroscuro e la tecnica ad olio, che mi ha consentito di creare superfici traslucide e conferire mobilità alle luci. Data la mia predisposizione a raffigurare il paesaggio, il Maestro mi faceva disegnare gli sfondi in vari dipinti e composizioni. Ricordo in particolare l’angelo di sinistra e il paesaggio inseriti nel Battesimo di Cristo.

Vasari racconta che l’angelo era così bello che il Verrocchio dopo di allora “non volle toccar colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui”…è per questo che lasciaste la sua bottega?

Esagera…dopo anni di permanenza presso di lui avevo necessità di cambiare, di fare nuove esperienze. Verrocchio era uno degli artisti prediletti dal Magnifico e fu incaricato di eseguire la tomba di Piero dÈ Medici, il padre di Lorenzo, nella chiesa di San Lorenzo. In quel periodo ebbi una prima grande soddisfazione professionale.

Raccontate..

Nel 1478, a 26 anni, ho ricevuto l’incarico di dipingere la pala d’altare della Cappella del Palazzo della Signoria dedicata a San Bernardo. Per un compenso di ben 25 fiorini, una somma considerevole!

Complimenti! E poi?

A settembre del 1482 mi sono trasferito a Milano presso Ludovico il Moro, dove mi sono occupato di un incarico del tutto diverso: lavori di ingegneria e arte militare. A Milano mi sono trovato molto bene; infatti ci sono rimasto 18 anni, anni ricchi di incarichi e di soddisfazioni: ho esordito anche come architetto per risolvere il problema del tiburio del Duomo; ho lavorato molto al Codice Atlantico e al Codice Trivulziano. Ho progettato il monumento equestre a Francesco Sforza; assieme al Bramante ho ristrutturato l’architettura di Santa Maria delle Grazie; ho progettato un padiglione nel parco del Castello Sforzesco; ho affrontato il problema della regolamentazione delle acque della città. E poi tanti tanti altri progetti tra cui l’Ultima Cena nel 1497, nel refettorio domenicano di Santa Maria delle Grazie.

A questo proposito Matteo Bandello in una delle sue novelle ci racconta di come Voi procedevate nella pittura dell’Ultima Cena: “Soleva andar la mattina a buon’ora a montar sul ponte perché il cenacolo è alquanto da terra alto; soleva, dico, dal nascente sole sino all’imbrunita sera non levarsi mai il pennello di mano, ma scordatosi il mangiare et il bere, di contìnovo dipingere …”.

Il dipintore disputa e gareggia colla natura…

Sono stati anche gli anni della Vergine delle rocce e della Dama con l’ermellino: la prima fu acquistata da Ludovico il Moro e la seconda Vi fu commissionata da una delle sue amanti. Ludovico il Moro è stato un committente generoso?

Molto, mi ha persino donato una vigna, un fondo di notevole estensione - 16 pertiche - davanti alla Porta Vercelliana a Milano. In quegli anni, al suo servizio ho mandato 600 fiorini in deposito allo Spedale di Santa Maria Nuova a Firenze che aveva anche la funzione di banca. In esso ha depositato parte dei suoi soldi anche Michelangelo Buonarroti.

Michelangelo, appunto. Tra di voi non vi sono molte simpatie, vero?

No, mai! C’è sempre da scoprire e sempre da imparare!

Questi giovani che amano gli eccessi anatomici e sacrificano la naturalezza!

Una sfida mai sopita… come quella dei cartoni preparatori della Sala dei Cinquecento a Palazzo Vecchio: a ciascun artista toccò una parete da dipingere ma né Voi né Michelangelo portaste a termine l’impresa.

Ah, avevo tentato la sperimentazione con la tecnica dell’encausto, ma non ebbi fortuna, quella volta…

Aveste problemi anche con il Refettorio di Santa Maria delle Grazie, infatti.

Le sperimentazioni comportano sempre problemi!Ma Voi non vi siete mai arreso?

Dove andaste?

A Mantova prima, a Venezia poi, infine nuovamente a Firenze.

E cosa mi dice della parentesi presso Cesare Borgia?

Il duca Valentino? Lo avevo già conosciuto a Milano. Presso di lui mi sono occupato soprattutto di progettare fortificazioni, macchine da guerra ed edifici. Ho anche disegnato la pianta della città di Imola! Il duca mi ha dato un lasciapassare per muovermi nel ducato di Romagna e controllare le infrastrutture civili e militari... a proposito, ora vi devo lasciare perché dopodomani, che è il 6 Settembre, devo fare un sopralluogo al porto canale di Cesenatico.

A cura di Valentina Sessa

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