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altri ragionano in termini di illuminotecnica, riducendo al solo ambito tecnico ciò che è nel contempo scienza ed arte. "Dare luce", in fotografia, al cinema o in teatro, è offrire fisicamente la possibilità di vedere; “illuminare” per guardare o meglio, "diffondere luce" è dare da pensare, da meditare, da riflettere; è anche suscitare emozione. Sono queste due azioni, l’una tecnica e l’altra artistica, intimamente unite, che fanno sorgere dal nulla dell’oscurità le immagini offerte agli spettatori.

sica, può e deve essere anche colorata (massimo due colori alla volta oltre ai bianchi) in quanto può avere un potere narrativo legato ai subitanei passaggi di stati d’animo impressi dal componimento, e ne agevola la lettura. Per quanto concerne la luce architetturale sarebbe più raffinato utilizzare solo le diverse tonalità del bianco per i materiali e la propria colorazione che ne definiscono la pelle. In cucina si usano aglio e prezzemolo per ravvivare i cibi insipidi del giorno precedente…

Parlando come lei ha ben fatto di illuminazione “illuminata”, architetto Caputo, una buona illuminazione espositiva nei musei italiani dovrebbe essere allora un imperativo per direttori e sovrintendenti. A suo parere a che punto siamo? Occupandomi da anni di questa materia che insegno con passione, posso dire che in Italia la preparazione culturale dei direttori dei musei, che è alta, determina una buona museologia e quindi delle giuste valutazioni museografiche progettuali. Non sempre poi gli architetti incaricati si rivolgono a noi, ma bensì alle agguerritissime aziende. Poi le questioni amministrative e politiche possono intralciare la realizzazione dei piani di lavoro con imposizioni di nominativi dettate da altri interessi. In Francia, dove ho lavorato molto, si interpella il Lighting Designer prima del progettista…

Da diversi numeri LUCE dedica molte pagine alla figura dei lighting designer italiani e internazionali. Pensa che possa essere un valido strumento per i non addetti ai lavori di comprendere il ruolo di questa importante figura professionale non molto conosciuta nel nostro paese? La rivista LUCE si adopera molto con impegno e qualità, ma occorrerebbe trovare il modo di illustrare non solo “cosa”, ma “come” descrivere agli architetti l’argomento luce nella sua essenza e non solo nella tecnica, di cui noi Lighting Designer dovremmo poi occuparcene. La mia attività di docente è imperniata sull’insegnamento, ai giovani futuri architetti, a saper comunicare le proprie intenzioni progettuali connesse ai loro stati d’animo, alla nostra categoria che le traduce in poetica della tecnica. La rivista LUCE non può avere la pretesa di essere un’opera didattica, né può essere un’opera scientifica – anche se basata sulle diverse tecniche di visualizzazione delle immagini, che siano fotografiche o grafiche. Dovrebbe rivolgersi a tutti gli appassionati o i professionisti dell’immagine, ai fotografi come ai direttori della fotografia e agli spettatori, ai patiti dei musei come ai semplici curiosi che si interessano al mistero complesso della

LD MADE IN ITALY ADRIANO CAPUTO

Il dibattito sull’uso del colore per l’illuminazione architettonica nel nostro paese è sempre aperto, il suo parere? A mio modesto parere, facendo questo mestiere anche nell’ambito di spettacoli di Musica e Luce d’Arte con il CRM del M° Michelangelo Lupone, dove la luce che anticipa, ritarda o accompagna la mu-

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Does the Italian market recognize the importance of turning to a lighting designer? The cultural market (Institutions, architects, private contractors) turns to us when dealing with complex or long projects (light plans, museums, complex buildings). Unfortunately the remaining part of the market is in the hand of luminaires' manufacturers that provide, free of charge, to our clients and colleague architects, regardless of professional ethics, “projects” which sometimes also show technical quality, but lack of architectural poetry. It can be compared to a sick person that goes to the pharmacy to be treated. Architects who design the spaces or scenarios and lighting designers who lit them do not speak the same language: the former use an artistic language which hides a lack of experience in what concerns the "light problem", the latter think in terms of lighting engineering, thus reducing to only a technical matter what is science and art at the same time. "Give light", in photography, cinema or in theatre, is to physically offer the possibility to see; “illuminating” to look or more precisely, "diffuse light" is to give something to think about; it is also to move people. These two actions, one technical and the other one artistic, intimately linked are the ones that make the images offered to the audience stand out from the nothingness of the darkness. Talking about "enlightened" lighting as you did so well, architect Caputo, a proper lighting in Italian museums should be an imperative for directors and superintendents. In your opinion where are we? I started dealing with this topic several years ago and I also teach it with passion, therefore I can say that in Italy the cultural knowledge of museums' managers, which is high, determines a good museology and hence right design evaluations. Moreover the appointed architects do not always turn


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