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1.2.1 I nostri Vescovi
Diocesi di Isernia - Venafro Pietro Tesauri † (13 marzo 1933 - 25 maggio 1939 nominato arcivescovo di Lanciano e Ortona) Alberto Carinci † (25 marzo 1940 - 28 aprile 1948 nominato vescovo di Boiano-Campobasso) Giovanni Lucato, S.D.B. † (21 giugno 1948 - 1º maggio 1962 deceduto)
1.2.1 I nostri Vescovi
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Guidare una Diocesi, con tutte le sue Chiese di riferimento, grandi e piccole che siano, e con tutti i suoi fedeli, con il ruolo, delicato ed importante al tempo stesso, di rappresentante del Santo Padre, sarà stato molto più difficile durante la Seconda Guerra Mondiale, anni lunghi ed intensi vissuti tra criticità e morte, violenze e bombardamenti. E, seppur con sofferenza, i Vescovi molisani sono stati capaci di portare avanti il loro compito di guida della Chiesa senza tralasciare, ma anzi intensificando, il proprio ruolo sociale e di aiuto alle popolazioni soggiogate dalla guerra. Alberto Romita fu da sempre un uomo colto, intelligente e dinamico ed un Vescovo capace di ascoltare i problemi del popolo. Con il suo arrivo nella Diocesi di Campobasso – Bojano, aumentarono presto le comunioni eucaristiche in ogni chiesa e la parola di Dio fu largamente annunziata al popolo. Nei momenti lieti e tristi, Mons. Alberto Romita ha sempre rappresentato, per il popolo, l’unico punto fermo, l’autorità più alta da seguire e a cui far riferimento. Soprattutto nei momenti più difficili e cupi, il Vescovo, come un anziano padre, riusciva ad unire intorno a sé tutti per difenderli e per proteggerli. Nel Libro Cronistorico del Convento Sacro Cuore di Campobasso è riportato l’evento della morte di Mons. Romita. Nelle pagine del volume campeggia in grassetto il titolo che ricalca la notizia della sua morte, evento triste per tutti i fedeli della sua Diocesi:
“Avvisati ieri sera si portavano di urgenza […] per assistenza a sua Eccellenza il Vescovo assalito da un attacco cardiaco, fibra già debole prima per le lunghe malattie, non poteva più reggere a lungo. Aveva già perduto la lucentezza e l’albo di ragione, così gli venivano incentrata tutte quelle cure spirituali che vogliono simili casi. […] Alle ore 5¼ una prolungata e insistente telefonata accerta la luttuosa morte di Eccellenza il Vescovo Alberto Romita, l’Anima Francescana e Terziaria. […] Alle ore 8 un primo funerale solenne cui suffraggiavano dicendo alcune parole per ricordare una bella figura al Signore mentre un folto pubblico pregava e piangeva”19 .
Furono tanti i fedeli che piansero per la scomparsa del Vescovo, quell’uomo che durante la sua presenza nella Diocesi, aveva dato tanto a tutti. Arrivò, dopo, un altro grande uomo che sacrificò la sua vita per la salvezza di tutta la Diocesi. Secondo Bologna, novello Vescovo, uomo laborioso e pio, nel suo breve episcopato, rimise in sesto le finanze della Diocesi, dissestate per le molte e necessarie opere realizzate dal suo predecessore. I tre duri inverni vissuti a Campobasso furono trascorsi da Mons. Bologna in piena austerità, senza nemmeno il riscaldamento e nella povertà più vera del termine. Dopo ore di lavoro a tavolino i chierici lo sentivano a lungo passeggiare per le stanze del palazzo o per i corridoi del seminario, lo faceva per riscaldarsi. Secondo Bologna fu immediatamente, da tutti i fedeli, accolto benevolmente con braccia aperte. La comunità molisana vide in questo giovane Vescovo un barlume di speranza e di fiducia per superare i momenti bui che l’Italia si stava apprestando a vivere:
“La nostra bella chiesa ha avuto la bella fortuna di ricevere, per prima, sua Eccellenza il Vescovo Secondo Bologna, Pastore di questa veneranda Diocesi Campobasso – Bojano […] 20”.
Tutto il suo apostolato, seppur molto breve, quasi quattro anni, si svolse interamente durante la Seconda Guerra Mondiale. Mons. Bologna, che aveva partecipato alla Prima Guerra Mondiale, in qualità di ufficiale, avvertì il pericolo per la sua popolazione. Il 21 settembre 1943, come ci ricorda anche Di Fabio nel suo volume, emanò una lettera per tutti i parroci e i rettori delle chiese da lui capeggiate: “Charitas Christi urget nos! Il grido appassionato dell’apostolo Paolo fattosi tutto a tutti per tutti
19 Libro Cronistorico del Convento Sacro Cuore di Campobasso, Articolo dedicato alla morte del Vescovo di Campobasso – Bojano, Mons. Alberto Romita, Campobasso, 14 ottobre 1939. 20 Libro Cronistorico del Convento del Sacro Cuore di Campobasso, 28 aprile 1940.
guadagnare in questi momenti di angoscia, deve essere il respiro della nostra anima sacerdotale, la norma del nostro agire, il programma eroico del nostro ministero. Ognuno resti al suo posto; in mezzo ai propri fedeli e accanto alla propria Chiesa. A prezzo di qualsiasi sacrificio – è dovere di giustizia e di carità. Le nostre popolazioni ce ne saranno grate. Il nostro esempio sarà di conforto e di pacificazione. Mai come ora avremo occasione ancora di mostrare il nostro spirito di abnegazione, la nostra assoluta benedizione al bene delle anime. Ricordate: e il ricordo su ognuno di noi alto ammonimento: il Buon Pastore dà la vita per le sue pecorelle!” (G. Di Fabio, Storia di una diocesi. I vescovi di Bojano e di Campobasso-Bojano, Arti Grafiche La Regione, Ripalimosani, 1997, p. 231). Secondo Bologna, nella sua immensa fede, cercò di guidare, nel miglior modo possibile, la propria gente e riuscì nel suo compito; tutta la Diocesi si innamorò di quel giovane Vescovo che offrì a Dio la propria vita per la salvezza della città:
“La vita di Mons. Secondo Bologna si riassume in una sola parola: « Carità ». Come sacerdote, come parroco, come Vescovo fu animato dall’ardentissimo amore verso Dio e verso le anime, dilatando continuamente il Suo cuore nella misura che aumentavano le Sue responsabilità e cresceva il gregge a lui affidato. […]”21 .
L’11 ottobre 1943, dopo aver pregato e cercato in ogni modo un’intesa con l’esercito tedesco per evitare il bombardamento sulla città di Campobasso, Mons. Bologna morì, colpito in testa da una trave della sua amata Cattedrale, mentre era in ginocchio, a pregare, davanti l’altare per scongiurare lo scoppio delle bombe. La perdita del giovane Vescovo fu un dramma per tutti i fedeli che non riuscirono a rassegnarsi per quella morte barbara ed ingiusta. Gli successe, in qualità prima di Amministratore Apostolico e poi di Vescovo, Mons. Alberto Carinci che arrivava dalle Diocesi di Isernia e Venafro. Le Diocesi di Termoli e Larino, prima divise e poi unite, furono amministrate a lungo da un solo uomo, Mons. Oddo Bernacchia, il quale ricevette la nomina a Vescovo delle Diocesi di Larino e di Termoli il 24 giugno 1924. Vescovo dalla rilevante personalità, governò fino al 10 dicembre 1960 la Diocesi di Larino mentre fu costretto a lasciare, per
21 “Il Tempo - Cronaca del Molise”, Articolo dedicato all’anniversario della morte del Vescovo Secondo Bologna dal titolo: “Anche Kesselring rese omaggio alla salma del Vescovo Bologna morto in prima linea”, 11 ottobre 1958.
ragioni di salute, quella di Termoli il 19 marzo 1962. Bernacchia fu sepolto proprio nella cripta della Cattedrale che tanto aveva amato, quella della città di Termoli. A lui si devono grandi attività e vari lavori, tra cui la costruzione, nel 1939, di una nuova ed importante sede per il Seminario diocesano. Mons. Bernacchia si divise sempre fra le due sedi della Diocesi che gestiva ma visse soprattutto a Termoli, mentre nel periodo tra settembre 1943 e marzo 1944 fu costretto a rifugiarsi a Larino a causa di alcune vicende legate proprio alla Seconda Guerra Mondiale. Bernacchia fu un Vescovo molto attivo per la sua Diocesi, per questo l’intera popolazione gli fu sempre grata, fin dall’inizio del suo mandato apostolico. A dimostrazione della riconoscenza del popolo molisano, una lettera importante è conservata negli Archivi Segreti Vaticani. Nella lettera, inviata al Papa, Pio XI, scritta dal Sacerdote Francesco Mennini a nome di tutta la Diocesi, si richiedeva, a fronte di varie motivazioni, il titolo di Assistente al Soglio per Oddo Bernacchia:
“Beatissimo Padre, Il sottoscritto, Vicario Generale della Diocesi di Termoli, a nome del Capitolo Cattedrale del Clero diocesano e di tutto il popolo, umilia ai piedi della Santità Vostra premurosa istanze perché la S. V. voglia benignarsi di conferire al Vescovo diocesano Mons. Oddo Bernacchia il titolo di Assistente al Soglio Pontificio. L’istanza è suggerita dalle seguenti motivazioni: 1° Nella celebrazione del 25° anno del Sacerdozio e dal 12° anno di Episcopato, il Clero ed il popolo delle sue Diocesi di Termoli e Larino desiderano offrire all’Amato Pastore insieme alla testimonianza della loro gratitudine e riconoscenza, un benevolo attestato della paterna Bontà della Santità Vostra. 2° E questo paterno attestato di benevolenza trova la sua motivazione nelle benemerenze di S. E. Monsignor Bernacchia. La sua visita sacerdotale fu spesa tutta nel lavoro di formazione delle Associazioni Cattoliche, nella direzione spirituale del Seminario di Fano ed in quello Regionale. Il Vescovo ha fatto più volte la S. Visita pastorale non limitandola alle sole pratiche di consuetudine, ma formandosi anche nelle parrocchie più piccole delle due Diocesi di Termoli e Larino, per 3 o 4 giorni, impiegati in faticosi corsi di predicazione alle diverse categorie di persone. Nelle parrocchie ha promosso le Associazioni di Azione Cattolica, l’opera delle Vocazioni, le scuole catechistiche e le opere Eucaristiche. In Larino è stato fatto con esito e con frutto confortante il Congresso Eucaristico Diocesano, e ciò sta preparando il Congresso Eucaristico Diocesano di Termoli. 3° Nelle circostanze di queste Celebrazioni verrà riconsacrata la Cattedrale, che da tre anni era stata chiusa per necessari ed urgenti restauri richiesti dallo stato pericolante di due colonne che mostrarono due spaccature minacciose, causate, come risultò dai lavori di restauro, da mancanza di fondamenta, per cui dovè essere abbattuta la navata centrale e quella di destra con tutta la tettoia. Coi restauri Vetusta Cattedrale del 9° secolo è stata quasi completamente rifatta e per di più riportata dallo stile barocco, e al suo stile romanico originario. Le
ingenti spese di oltre 250 mila lire sono state sostenute in buona parte dai sacrifici del Vescovo. 4° Un’altra circostanza della festa da svolgersi metterà in rilievo le benemerenze di V.E. Mons. Oddo Bernacchia: l’inaugurazione di un monumento marmoreo nel nuovo e grandioso seminario eretto dalla generosità del Vescovo. Il vecchio seminario infelicissimo per posizione, ristretto per ambiente, affogato dalle case circostanti, senza aria e senza luce, e per di più cadente per la vecchiaia, era divenuto inabitabile, oltre ad essere privo delle più comuni ed elementari necessità. Mons. Bernacchia, fin dal suo arrivo in Diocesi volle pensare a provvedere a queste necessità, ed in 4 anni con sacrifici facili ad immaginarsi, ha eretto, sui ruderi di un vecchio Convento Francescano, un Seminario nuovo che può essere oggetto d’invidia per ogni piccola Diocesi, offrendo tutte le sue risorse, giacchè la spesa complessive ha oltrepassato le 400 mila lire. 5° Anche il vecchio Seminario di Larino si trova nelle identiche condizioni descritte per il vecchio seminario di Termoli. Le cure del Pastore che non si dà riposo, si rivolgono ora al detto Seminario. È stato già stipulato il contratto di vendita e di cessione del vecchio Seminario al Comune. È pronto il progetto del nuovo Seminario da ergersi, è stato già acquistato il terreno in posizione incantevole, e quanto prima cominceranno i nuovi lavori, che richiederanno da parte dello zelante pastore altri gran sacrifici. 6° Anche le due case vescovili di Termoli e di Larino sono state oggetto delle cure del Vescovo, che ha recentemente rifatti i pavimenti ed in Larino una parte dell’Episcopio è stata rialzata ed ampliata. Beatissimo Padre, se si pensa che il Vescovo d’una piccola Diocesi, come questa di Termoli, con risorse molto limitate, ha saputo compiere in un tempo relativamente breve, opere così dispendiose, eppure tanto necessarie ed urgenti, potranno facilmente risultare i sacrifici compiuti e le benemerenze acquistate dal Vescovo di Termoli. Ma il Clero ed il popolo di questa Diocesi, fondò soprattutto la sua speranza, nella benevolenza premurosa della Santità vostra per ottenere la grazia richiesta”22 .
Nonostante le tante attività svolta dal Vescovo Bernacchia, le benevolenze di tutta la sua Diocesi e la gratitudine che i fedeli molisani riversavano nell’eminente figura vescovile, tale titolo gli fu però negato dalla Santa Sede ma ciò non fece che crescere, ancora di più, l’amore dei suoi fedeli e di tutta la comunità locale:
“Ecc. mo e Rev.mo Signor Mio Oss.mo, non so da chi e per quale titolo sia stato domandato la nomina di Mons. Oddo Bernacchia, Vescovo di Larino e Termoli, ad Assistente al Soglio, come da lettera di Vostra Eminenza Rev.do corrente mese n. 154551*. Tutto considerato, però, mentre è da riconoscersi essere detto Vescovo pio e zelante Prelato, non sembra ci siano affatto speciali motivi per onorarlo, almeno oggi con la particolare distinzione domandata. Mi volgo
22 ASV, Archivio della Segreteria di Stato, 1936 - Onorificenze 9, Oggetto: Mons. Oddo Bernacchia - Si chiede per lui il titolo di Assistente al Soglio per il XXV di Sacerdozio, lettera scritta dal Sacerdote Francesco Mennini, 1 aprile 1936.
all’incontro per umilissimamente le mani e professarmi con sensi di profonda venerazione”23 .
La Diocesi triventina, nel periodo precedente la guerra, fu retta da Mons. Giovanni Giorgis, nato a Cuneo il 19 aprile del 1887. Giorgis era stato prima parroco di Bernezzo e cappellano degli alpini durante la Grande Guerra. A quarantacinque anni fu eletto Vescovo di Trivento e si distinse per il fervore che metteva continuamente nell’istruzione religiosa del popolo cristiano, per lo zelo nel propagare l’associazionismo dell’Azione Cattolica, per la fervida devozione mariana e alla Santa Eucarestia. Si deve al suo interessamento il mosaico dell’Immacolata posto sulla facciata della Cattedrale di Trivento, fatto provenire da Roma e addirittura commissionato dallo stesso Papa Benedetto XV. Il 16 luglio 1937 il sommo Pontefice lo trasferì alla sede di Fiesole e il suo posto fu occupato da Mons. Epimenio Giannico, Vescovo di Trivento dal 1937 al 1957. Abruzzese verace, nacque ad Atessa l’11 novembre 1891, concluse i suoi studi teologici presso il Seminario Regionale di Chieti. Era stato cappellano militare durante la Prima Guerra Mondiale, poi come parroco fu responsabile di Santa Croce di Atessa, di Casoli e infine di Guardiagrele. L’8 settembre 1937 fu eletto Vescovo di Trivento, il 24 ottobre fu consacrato e il 21 novembre prese possesso di questa sede vescovile. Consacrato Vescovo ebbe la premura principale di scrivere e ringraziare direttamente sua Santità Pio XI:
“Beatissimo Padre, mi permetto di informare la Santità Vostra che il 24 corr. m. sono stato consacrato Vescovo nella Cattedrale di Chieti da quell’Arcivescovo. Ringrazio ancora una volta la Santità Vostra di essersi degnata di elevarmi a sì eccelsa dignità e rinnovo il proposito di voler fare il mio meglio, sorretto dalla Divina Grazia, per adempiere al mio grande dovere episcopale in modo da non rendermi indegno della fiducia che la Santità Vostra si è degnata riporre in me. Prostrato al bacio del S. Piede, imploro umilmente l’Apostolica Benedizione e mi protesto della Santità Vostra. Umilissimo servo, Epimenio Giannico, Vescovo di Trivento”24 .
23 ASV, Archivio della Segreteria di Stato, 1936 - Onorificenze 9, Oggetto: Mons. Oddo Bernacchia - Si chiede per lui il titolo di Assistente al Soglio per il XXV di Sacerdozio. Risposta del Cardinale Rossi della Sacra Congregazione Concistoriale inviata al Cardinale Eugenio Pacelli, Segretario di Stato di Sua Santità, in risposta alla sua lettera numero 154551: “E’ stato chiesto il titolo A. al S. P. per sua Eccellenza Mons. O. B. vescovo di Larino e Termoli. […]. Firma di Eugenio Pacelli”. 24 ASV, Archivio della Segreteria di Stato 1937 – Diocesi 194, Oggetto: Giannico Mons. Epimenio – ringrazia della sua nomina a Vescovo di Trivento e partecipa l’avvenuta sua consacrazione, Guardiagrele 28 ottobre 1937.
Mons. Epimenio Giannico visse modestamente, pur essendo originario di una famiglia ricchissima che ad Atessa possedeva un’intera contrada che ancora oggi ne prende il nome. Fu per venti anni il Vescovo saggio, prudente, riservato di Trivento; proprio per i suoi modi semplici e cortesi fu benevolmente amato da tutti e assai stimato. Tre eventi caratterizzarono per sempre il suo ardente zelo: il Quinto Sinodo Diocesano celebrato a Trivento nei giorni 6, 7 e 8 settembre 1950; il Congresso Eucaristico celebrato ad Agnone nel 1951 e presieduto dal Signor Cardinale Giuseppe Bruno; il Congresso Mariano commemorato a Trivento il 1955 e presieduto dal Signor Cardinale Federico Tedeschini. Si interessò della pavimentazione in marmo della Cattedrale e del restauro del Seminario Vescovile, in favore del quale lasciò anche un podere personale. Ma i triventini lo ricordano anche per un gesto altamente altruista ed eroico: il 20 ottobre del 1943, offrendosi spontaneamente come prigioniero, si presentò al comando tedesco richiedendo la liberazione immediata di dieci giovani di Trivento catturati per rappresaglia; la sua determinazione, pur con la dovuta e benevola cortesia, fu premiata, anche se in cambiò ci rimise un orologio di grande valore. Morì nella sua città natale, Atessa, il 24 giugno 1957. Le Diocesi di Isernia e Venafro furono amministrate, in primis, da Mons. Pietro Tesauri, il quale, durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, tenne un eroico comportamento e, soprattutto sotto l’occupazione tedesca, si impegnò molto per il sollievo morale e spirituale dei fedeli. Dopo numerosi furti e requisizioni da parte dei nazisti, alcuni giovani insorsero, era il 6 ottobre 1943, portando alla morte di una ventina di persone tra cui dodici giovani patrioti (i famosi “Eroi ottobrini”). Il Vescovo Tesauri, che però non era più al comando della Diocesi molisana ma era all’Arcidiocesi di Laciano ed Ortona, non ebbe paura degli spari di rappresaglia e quindi aprì le porte della cappella del Seminario per dar rifugio a sacerdoti, donne, bambini del quartiere, trasformando lo stesso Seminario in rifugio per i feriti. Egli stesso assisteva i moribondi e amministrava i Sacramenti. Nonostante la presenza del fuoco nemico, si recava, senza paura, nei luoghi dove si era combattuto. Il 20 novembre 1943 iniziò il primo bombardamento da parte americana e l’Arcivescovo accolse tutti quelli rimasti a Lanciano presso le cantine dell’Arcivescovado e sotto il Ponte Diocleziano. Il 22 e il 26 novembre vi furono altri bombardamenti americani e Mons. Tesauri fu il primo ad accorrere per confortare e aiutare i superstiti. Il 3 dicembre
entrarono gli alleati a Lanciano e il 5 si ebbe la prima cannonata tedesca. L’11 gennaio 1944 si recò ad Ortona, a piedi, per soccorrere i bisognosi e offrì anche il suo letto a sacerdoti e combattenti. Il 20 aprile a Lanciano ci fu l’ennesima incursione nazista e Tesauri andò a portare i conforti religiosi ai morenti e a soccorrere i feriti. Il 6 giugno ci furono le ultime cannonate che provocarono trenta vittime e danneggiarono la Cattedrale e Mons. Tesauri, come sempre, era lì a togliere i feriti dalle macerie e a confortare i superstiti. Terminata la guerra, Monsignor Pietro Tesauri fu chiamato a predicare a Isola del Gran Sasso per la festa di San Gabriele. Improvvisamente morì nel convento passionista la notte tra il 24 e 25 agosto del 1945. La salma fu traslata a Lanciano e dopo 8 anni (6 ottobre 1953) la città, memore del suo eroico esempio, lo volle tumulare nella Cattedrale, ai piedi della statua della Madonna del Ponte. Nel 1959 il Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, concesse alla memoria del Vescovo Tesauri la croce di guerra al valor militare e partigiano per la Resistenza. Alberto Carinci fu designato Vescovo di Isernia il 25 marzo 1940 e fu soprannominato presto il “Vescovo della guerra” la quale, difatti, condizionò molto anche il suo programma pastorale. L’episcopato di Mons. Alberto Carinci fu, infatti, tormentato dalla guerra. Il famoso bombardamento di Isernia, del 10 settembre 1943, mancò poco di seppellirlo vivo, sotto le macerie dell’episcopio, insieme ai suoi familiari. Fu costretto a vivere a lungo privo di tutto ma da forte e coraggioso pastore rimase con i suoi cittadini che seguì anche quando si spostarono, smarriti, fuori dalla città distrutta. Poi, il 19 ottobre 1943, alcuni militari tedeschi, per incarico della Santa Sede, gli portarono la nomina ad Amministratore Apostolico di Bojano – Campobasso, Diocesi rimasta priva del Vescovo (Secondo Bologna) ucciso dallo scoppio di una bomba. Mons. Carinci, trasferitosi a Campobasso, fu poi, contemporaneamente, Vescovo di quella Diocesi e Amministratore Apostolico di Isernia e Venafro. Era un uomo infaticabile, lavorava con metodo e riusciva a portare a termine molteplici pratiche inerenti il suo buon governo pastorale. Alberto Carinci fu molto legato ad Isernia, una cittadina che lo aveva affascinato ben prima del suo arrivo in qualità di Pastore di quella Diocesi, come lui stesso scrisse nella sua lettera pastorale del 1940:
“[…] In un luminoso tramonto di giugno dello scorso anno, quando, insieme con alcuni miei confratelli, mi recavo ad Isernia per ossequiare, nella Venerata persona di S. E. Mons. Pietro Tesauri, il mio novello Arcivescovo, io non