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49. Un nuovo equilibrio in Mediterraneo
lago francese, nemmeno in una ipotetica réverie di granckzza, che fino al 1860 era almeno stata possibile <62l.
49. Nulla pit1 che un sogno <lovette sembrare a molti quel che si affermava nel proclama lanciato il 22 marzo 1860 da La Farina, in cui si adombrava l'utopistica visione di un 'Italia « ... con 500.000 11omini sotto le anni, con d11e flotte che inm. tano rispetto in Adriatico e nel Mediterraneo» <6 .,>. A prescindere dall'accenno all'Adriatico e non al Tirreno, dovuco a ragioni politiche contingenti, che non eliminavano però il carattere di secondarietà rispetto al M cditcrranco dei due baLiui paralleli alla Peni soia, queiia utopia sembrava esaurirsi in una costruzione immaginosa, che non aveva alcun serio rapporto con la realtà italiana e mediterranea.
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Ma al termine della fase siciliana dell'impresa dei Mille, e precisamente al momento in cui la rivoluzione forzava lo Stretto di Messina, e passava sul continente, il sogno non parve più vaneggiamento retorico, ma felice vaticinio di un'era nuova. li fatto è che l'azio11t: garibaldina in Sicilia nel 1860 aveva prodotco un radICale cambiamento, una duplice rivoluzione di prospettive, riguardo all'lrnlia e riguardo al Mediterraneo. 11 vecchio stato sabaudo, arroccato al di là delle coste liguri, coi propri limiti provinciali e la propria politica di espansione lnngo la valle del Po, verso le ricche pianure lombarde, emiliane e venete, veniva superato di coipo, e nasceva in sua vece uno stato nuovo, proiettato sul mare, componente obbligata e importante della politica medirerninea. Gli «elementi di
(62) Ddla rivalirà mediterranea, anglo-francese, sia pure in una prospettiva errata che ignorava l'eventualità di una componente politica nazionale italiana, aveva parlato il generale Filangieri con il generale francese Roguet il 30 sccrembre 1859, secondo quanto lo stesso Filangieri scriveva il giorno successivo, da Pozzopiano, al re Francesco Il: « ... gli accennai gli Jranda/oJi intrighi degli
l!!gltt!i ::h:: fo:::.ent::.-::anr: h1 :nua fbol,t i disorduu. eJ ;t 1,1tdtu11itmfo ,uniru il jJrovvidlJ Governo tli V.iri. per
p,-011111over11i rma eJp/0Jio11e ... tendente ,rifa Jeparazio11e del/'/Jola dal Reame di Nflpoli, nel 1 :hc t"Ìlfsce11do 11umovrerehhero in 111odo d,t itrlo cadere sollo il prntettomlo. o al111e110 sotto l'e.rclt1siva loro i11flt1enza, ed allora Jt"oppiando 11110 g11erra fra i due coloJJi occidentali. il Medile,·r,meo. invece di cJsere 1111 l,,go francue, r11111e lo vollero L11igi X TV ed i moi J11rce.uor1, diverrebbe 1111 /,,go i11g/e,e, pro/tifo da Cihilterra. Malta, Corfù, Mwi11a. /\11g11Jla, Siram.ra, che Jorto i pi,ì belli porti d'littropa. /\I/ora addio all'All!,cria, addio ad ogni i11jl11e11z,1 mll'T'.gitto. Jllll'Arcipelago e la Grecia, mi mari di Mm"l!lara, Nero. e di Azof, ecc.». Curiosa è invece la opposta inrerpretnione che offriva la lettera del principe di Petrulla, ambasciatore napolcrano a Vienna, ul colonnello Severino, segrerario particolare del re Francesco II, datata da Vienna al 2 aprile 1860: l'Inghilterra « ... per punto cardirtale deve (come ai le111pi del p1•i1110 Impero) sostenere la din,tJtia regna11te in Napoli e Sicilia ed occupare q11est'11ltilfla se vietr 111inaccia1a da ,ma rivolt1ziot1e che potrebbe da,· l11ogo a 1111 colpo di 111ar10 fr,mce.re ed i11 conseg11enz,1 mettere i11 pericolo Malta e la prepo11dera11z,1 ingleJe in Mcdi1erra11eo». Cfr. R. M OSCATI, Lajìne del 1<.egno di Napoli, cit., pagg. 121 e 227. (63) La riproduceva ancht' "L 'E.rpér,mce" del 16 giugno 1860, e in realrà era il momento di ricordare quel non più rroppo ambizioso proclama: gli eventi stavano dimostrandone la straorclinaria attualità storica.
forza trovati nelle nuove provincie» <64> , anche se all'inizio si trattava quasi esclusivamente di elementi geografici, caratterizzavano la nuova Italia sul piano internazionale come: una potenza di rango mediterraneo, e non più provinciale, come i vecchi sraci italiani. L'innegabile vocazione mediterranea apriva orizzonti piì:1 vasti e diversi ad una azione politica italiana. Certo, quei motivi di forza esistenti nelle nuove provincie sarebbero scati meglio compresi e meglio valorizzati <la una tradizione politica piì:1 esperta e diversa da quella che si era formata alla corte del re di Sardegna, tuttavia lo spostamento del centro di gravità dello stato sabau<lo, in sehruico ai fatti del '60, fu necessariamente rilevante. La valorizzazione dei porci commerciali della Sicilia, che l'ammiraglio Martin aveva previsto nel giugno '60, non si ehhe, anzi, nel primo periodo dell'Italia unica, i traffici marittimi siciliani non furono curati e favoriti come forse: sarebbe stato necessario ndl'inreresse del Paese.
Ed anche l'apprestamento degli strumenti nc:cc:ssari per la politica mediterranea dello stato fu, quanto alla Sicilia, incempc:stivo e infelice. Una Rase navale come Augusta - che domina le rotte importanti che arcravt'rsano il Mediterraneo, come lo Srretco di Messina, avvicina le coste dell'Africa e del Levante fu completamente ignorata dal Governo di Torino, malgrado non mancassero tentativi locali <li atti rare l'attenzione delle: competenti auconca suJJa sLraordinaria uciliù di quel porto <65> . La scelta ddlc basi navali doveva innestarsi su pre-
(64) Il Cavour, nella nota preliminare al Hilancio della Marina del 1861, ;iffrrmò: «Il 101101crit10, prepo110 ,tf/'am111i11iurazione delle cose di 111are di w111 Stttlo w/lo,.:,;Jo i11 mezzo del Mcdilc,·rm,eo, riffo di i11vidiabile es1emio11e di cosle e di ,ma 1111111ero1a popolazione 11u1rinima. m1/e il dovere di dare il più ampio .rvil11ppo alle risorse nav,,li del paese valmdnsi degli cle111e111i di forza che ba lrot1alo 11elle 111101,e provi11cie»; cfr. MALOlNI, I bila11ci d~/1,i Marina d'Jt,,/ia, voi. I, Roma 1884, pag. 183. Quesri clementi di forza erano soprattutto geografici, ed <1ccennavano ad una espansione che avrebbe potuto trovare nel Mc-7.rngiorno un idoneo trampolino di lancio. Dalla teoria alla pratica, però, il passo era ben lungo, specie nelle condizioni di qudla primissima Italia. Tutta la scoria del passaro insegnava che tali premesse, insite nella struttura geografica del Mezzogiorno d'Italia, potevano diventare elemellli di dehnlezza: è stato esattamente affermaro che il Meridione d'Italia deve espandersi per non essere conquistaco. ma quello che era riuscito a Roma, non era riuscito agli ,rngioini e ai normanni. Per quanto rigu<1r<la lo sram sabaudo, va ricordato che l'amministrazione dtUa ,narim, - il primo srrumento necessario per adeguarsi alle nuove dimensioni mediterranee del paese fu assunta dircrcamence dal Cavour il 18 m;irzo del 1860, dopo essere srara in precedenza alle dipendenze del .M inisrero della Guerra, di quello dell'Agricoltura e Commercio e di quello delle Finanze. Nel 1861, poi, cale amministrazione fu eretta in Ministero auronomo: il fatto, che coincideva più o meno con la proclamazione del Regno <l'Italia, era certo sintomatico. (65) li ,j maggio 1861, ad esempio, il presidente della Società Nazionale di Augusta, Francesco Blasio, indirizzava al contrammiraglio Albini, comandante della squadra dislocata nelle acque siciliane, una relazione sul porto di Augusta, che era statO trascurato dai Borboni solo dopo il 1824 e che aveva un notevole passaro. Alla particolareggiata descrizione del porro, «di q11ttsi 7.5 miglia di cirmilo ,·on la capacità di più di 2.4 I 6 (.rie) navi da J!,llerra (gi11.rlll il rappor/o del I RO I) ,il/a diJtanza l'1111a dtl/l'allra di 65 pas.ri geo1J1elrici», deJJa rada e degli ancoraggi, erano aggiunte altre osserva~ioni, che ricorda vano come ìl porto <li Augusta fosse «il più vici110 per la co1Ja di Levante ,,Ile zolfare di Sicilia, e per la vicinanza della pnpnlosa Catania, e de' mirabili bo;chi E/nei, e di Sarlù10, che t,wto lewzo da t'OJ/ruzione potrebbero facilmente per la /Mia fornire», ccc., in ACR, Roma, Mi11is1cro Mari11a Mi/ilare, b. 80, fase. maggio. Ma la rela1.ione rimase nell'archivio della divisione navale.

cedenti direttive che, validissime per il Regno di Sardegna, non lo erano pili per il Regno d'Italia: La Spezia avrebbe dovuro diventare lo stabilimento marittimo permanente del nuovo Stato. Ma La Spezia, così periferica alla rotta GibilterraLevante, così lontana dal teatro marittimo dei contrasti con l'Austria, non poteva sostituire la Sicilia. E ben lo si vide nel 1864, quando nella prima azione condotta dall'Italia nello stile delle grandi potenze, studiandosi l'eventualità di sbarcare eruppe italiane a Tunisi, dove si trovava di stazione quasi tutta la flotta, ci si rese conto che le truppe, imbarcandosi in Liguria, avrebbero dovuro stare tanto tempo in mare che l'intera Europa sarebbe stata informata prima dd loro arrivo a Tunisi <66> . Comunque però, il possesso della Sicilia inseriva Ji fatto l'Italia, fin dalla nascita, nell'agone internazionale della grande politica mediterranea. Le premesse geografiche giustificavano molte ambizioni. Non per nulla il primo obiettivo della politica navale italiana consistette nella costruzione e nel mantenimento di una flotta militare equivalenre a quella della Spagna e del!' Austria riunire. E di fatto la presenza italiana fu, in tutto il Mediterraneo, un elemento nuovo ed importante fin dai primissimi anni dopo il 1860.
Naturalmente, il settore nel quale il futuro faceva prevedere. al di là delle contingenti preoccupazioni adriatiche legate alla prospettiva di una nuova guerra con l'Austria, un brillante avvenire, era quello meridionale che gravitava attorno alla Sicilia. Al sud, lungo le coste siciliane, sarebbero passate rotte di virale importanza per le grandi potenze marittime. La rotta del canale di Suez, la nuova via per l'Oriente, era il perno su cui avrebbe potuto ruorare, appoggiandosi all'Isola, una grande politica di sviluppo del Regno d'Italia. Gli iniziaci lavori per il taglio dell'istmo di Suez promeccevano imponenti correnti di traffico, enormi interessi commerciali che potevano svilupparsi intorno ai punti di appoggio delle rotte per l'Oriente, se l'Italia si fosse fatta padrona del settore centrale del Mediterraneo. Posta dalla natura a sbarrare da nord a sud il bacino del grande mare interno, la penisola trovava nella posizione geografica della Sicilia il complemenco rnigiiore alle proprie ambizioni. Essa copriva la zona di mare rimasta tra la Penisola e l'Africa, lasciando liberi solo due passaggi, lo Stretto di Messina e il Canale di Sicilia, già sotto pieno conrrollo italiano il primo, passihile di diventarlo il secondo. Era quesro, dei due, il più importante, perché di cransico normale per le rotte che dall'ovest si spingevano verso il levante e verso la imboccatura settentrionale del canale in corso di costruzione. L'Italia nasceva in un momento nel quale il Canale di Suez non esisteva ancora, ma si sapeva per cerro che sarebbe esistito di lì a pochi anni, nasceva giusto in tempo perché la nuova corrente di traffìco, che era facile prevedere rivoluzionaria, potesse essere sfruttata anche

(66) C:fr. GABRIEll, L,, politica navale ilalia11a dall'Unità alla vigilia di /,ùsa, cii., pagg. 367-473.
a suo vantaggio <67> . In termini di potere marittimo, la posizione geografica chiave dd mediterraneo, a cavallo dei due bacini, era quella dd Canale di Sicilia, dove il possesso di Pantelleria, a due terzi di strada per l'Africa, rafforzava sensibilmente la posizione del Regno. Tale posizione avrebbe potuto diventare formidabile col possesso della sponda africana. La spinta verso Tunisi appariva quindi la conseguenza logica della situazione geografica. Non c'è dubbio però che la mira al possesso dei due stipiti dell'importantissima porta marittima avrebbe urtato contro l'opposizione del1' Ammiragliato britannico, il quale costantemente aveva seguito la politica di incer<lir\: l'inseJiamento della stessa potenza su entrambe le coste di un medesimo passaggio obbligato. Poteva essere questa la sola causa di frizione avvenire fra l'Inghilterra e l'Italia, come chiaramente apparve fin dal 1864. Tuttavia, una simile prospettiva non era né attuale né immediata nel 1860, quando la politica mediterranea inglese era rivolta contro la Francia e, costantemente, contro la Russia.
Di tutto questo vasto gioco politico, collegato alla nascita dell'Italia unita, gli avvenimenti siciliani dd 1860 costituirono l'elemento determinante. L'audace impresa garibakìma doveva sconvolgere il vecchio mondo me<Ìiterranco e crearne uno nuovo, nel quale lo stato italiano assurgeva di colpo ad uno dei ruoli primari, anche al di fa delle proprie immediate ambizioni e possibilità, trascinato dalla forza delle cose. I primi anni dopo il '60 dimostrarono ampiamente quanto irresistibile fosse questa Cuu.,1 delle cose. In Grt:cia, in Turchia e nel Levante gli italiani cercarono di affermare la loro presenza, con stazioni navali e con dimostrn.7.ioni talvolta anche intimidatorie. E nel '64, a Tunisi, per la prima volta l'Italia sarebbe comparsa tra le protagoniste d i una vertenza internazionale mediterranea, alla pari della Francia e dell'Inghilterra, su un piano diverso e più importante che non la Turchia. Nello stesso anno si sarebbe avuta la scoperta di Biserta e delle sue possibilità potenziali, e l'Italia avrebbe tentato, sia pure senza successo, un proprio gioco autonomo Yerso b costa fronteggiante !a Sicilia. Era la dimostrazione che, tra le diffìcoltà immense che caratterizzavano i primi anni del nuovo stato, il solo fatt0 di esistere portava l'Italia ad avere una voce nelle competizioni mediterranee. Una volta liquidate le rimanenti questioni - Venezia e Roma che ostacolavano ancora il compimento dell'unità nazionale, era facile prevedere che la nuova situazione avrebbe influenzato la classe dirigente italiana ed avrebbe orientato la politica estera del nuovo Stato.

(67) Cfr. anche VIMERCATI, TI C,male e l 'Istmo di Suez. Sua ùif/11enZt1 di pace per l'Europa e di rigenerazione per /'Ttalia, Livorno 1854, specialmcnrc pagg. 262-80. Tra l'altro, vi si legge, pag. 279: « ... il tr,iforo del M onrenùio e il taglio dell'i.rtmo di Suez wnsoliderarmo /'1111ità itti/iana più saltlamente di qual11nq11e_ trattato ... ».
