LE BORGATE DEL FASCISMO

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5. LA CASA POPOLARISSIMA: TIPOLOGIE EDILIZIE TRA RURALISMO, RAZIONALISMO E AUTARCHIA

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ancora i prospetti dovevano essere «estremamente semplici» 78. Il Consorzio Nazionale ripubblicò il manuale nel 1939. Un giudizio su questa fase della produzione di edilizia pubblica lo diede Ludovico Quaroni alla ine degli anni Cinquanta, secondo il quale la qualiicazione di alloggio “popolarissimo” indicava dopo le tristi esperienze del periodo 1937-45 «l’estremo limite al quale [era] possibile giungere nella mancanza di ogni conforto»79. Le prime borgate romane costruite dall’Ifacp dopo il 1935 rappresentano un valido esempio di borgate popolarissime pensate senza orti ma ugualmente fedeli ai principi di massima conigurati dalla manualistica dell’epoca.

5.3 Pietralata e Tiburtino III La politica di bonifica agraria intrapresa dal regime migliorò sensibilmente la situazione della campagna romana. La popolazione del territorio amministrativo dell’Agro crebbe nel periodo fascista di oltre il 70%, considerate le rilevazioni censuarie del 1921 e del 1936, mentre le case rurali diffuse nei centri di colonizzazione passarono dalle 360 del 1922 alle 2314 del 193880, un incremento superiore al 600%. Alla bonifica dell’Agro parteciparono anche contadini residenti fuori dai suoi confini, provenienti da zone limitrofe del suburbio o anche dalle zone provinciali depresse del Lazio. Da questo punto di vista l’operazione di bonifica e di appoderamento dell’Agro romano assolse ad alcune delle funzioni cardine della politica ruralista, con la sottrazione di suolo improduttivo al latifondo della grande proprietà e l’accrescimento della coltivazione diretta. Tuttavia, a chi ha studiato i rapporti tra città e campagna nella Roma fascista non è certo sfuggito il fatto che le delibere di ampliamento del suburbio contenessero una serie di riferimenti tendenti a dotare la città di una sua futura area metropolitana più che di una fascia agricolo-ortiva, volontà di certo inconfessabili in epoca di roboanti teorie ruraliste81. Allo stesso modo, chi si è occupato delle speciicità dell’abitazione rurale, non ha potuto fare a meno di osservare quanto le borgate romane sortirono effetti opposti a quelli ruralistici, inluendo sulla scomparsa e l’inglobamento in nuove strutture di un notevole numero di casali nel periodo fra le due guerre piuttosto che accrescerne il numero, distinguendole nettamente dalle borgate rurali che nacquero nel cuore Consorzio Nazionale fra gli Ifacp, Le case popolari cit., pp. 12, 27, 41, 42. Per una sintesi del manuale si veda l’articolo Per le case “popolarissime”, in «Case d’oggi», 1938, n. 2, pp. 72-75. 79 L. Quaroni, L’abitazione per le famiglie a basso reddito in Italia, in «Urbanistica», 1960, n. 31, p. 108. 80 Talamo, Bonetta, Roma nel Novecento cit., pp. 302-3. 81 Bortolotti, Roma fuori le mura cit., p. 252. 78


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