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Allegato al capitolo II
Palazzo Vi doni, Palazzo Venezia, Pal azzo Chigi
Era stato Ubaldo Soddu, Sottosegretario di Stato alla Guerra, con la distratta approvazione di Badoglio, a destinare Amé alla direzione del S.I.M.
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La rovinosa avventura in Grecia aveva travolto sia Badoglio, sia Soddu e a Palazzo Vidoni, sede del Comando Supremo, si insediò il Generale Ugo Cavallero che, fino al maggio 1941, aveva comandato il Gruppo di Armate sul fronte greco-albanese.
Secondo il mai troppo deprecato costume nazionale, a tutti i livelli, quello militare compreso, il nuovo arrivato era deciso a privilegiare i "suoi uomini", anche al Servizio Informazioni.
Cavallero, peraltro, aveva per chiarissimi segni, già manifestato di non apprezzare l'opera del S.I.M., proprio in relazione a un momento cruciale delle operazioni in Grecia .
Qyesto era avvenuto quando l'esercito jugoslavo aveva minacciato di prendere sul rovescio lo schieramento italiano (la Jugoslavia aveva aderito al Tripartito, ma a Belgrado era avvenuto un colpo di Stato anti -Asse, provocando l'ira incontenibile di Hitler, che "imbastì, in fretta e furia, l'operazione "Castigo": la reazione riguardò anche l'Italia).
Da u n appunto di Amé del 1977.
"Alle pagine 74-76 del libro Guerra segreta in Italia sono sinteticamente esposti gli elementi della operazione svolta dal Servizio In formazio ni per fermare, con un ordine apocrifo di ripiegamento, le divisioni jugoslave dalla frontiera albanese alle zone di Kukes e di Scutari, alle nostre spalle, il 13-14 aprile 1941 (gli ordini di ripiegamento erano a fir m a del Generale Dusan Simovic, comandante in capo dell'esercito di Belgrado: il S.I.M. aveva da tempo trafugato i codici militari jugoslavi).
"Operazione ben concepita, bene organizzata e sviluppata, perfettamente riuscita che portava il Servizio it aliano al centro di un episodio operativo singolare di partecipazione diretta a una operazione di guerra.
"Eb bene, il Capo di Stato Maggiore Generale Cavallero non volle mai riconoscere il merito al Servizio I nformazioni né annettere alcun risultato all'operazione che, a suo giudizio, aveva dato quei frutti non per nostri m eriticome anche il nemico aveva ammesso e riconosciuto - ma in conseguenza della pressione tedesca!".
Nel maggio 1941, come di consueto e nonostante la guerra, si tenne a Ro ma il concorso ippico interna zi onale. Accadde un fatto curioso.
A un certo punto, Cavallero si appartò col Sottosegretario alla Guerra Antonio Scuero (aveva sostituito Soddu), dal quale il S.I.M. dipendeva, e gli manifestò la sua intenzione di sostituire Amé.
Dall'altra parte della siepe dove avveniva il colloquio, c'e ra un carabiniere, distaccato al Servizio, che colse le parole di Cavallero e pensò bene di riferirle al su o superiore.
Conferma, in seguito, del progettato "siluramento" di Amé ci fu quando questi si incontrò con il Generale Emilio Faldella, noto per i suoi scritti di storia militare .
"Ho avuto un colloquio con Farinacci (il gerarca fascista, ras di Cremona) - disse Faldella - il quale, a nome di Cavallero, mi interpellò se mi sentivo in grado di assumere la direzione del S.I.M. al posto del Generale Amé che doveva essere allontanato perché "non era uno dei nostri".
"Risposi che non mi sentivo assolutamente in grado di assolvere quel difficile compito per cui non avevo né attitudine, né preparazione, né esperienza, in un momento di così gravi responsabilità".
I.:episodio non ebbe altro seguito, ma non servì certo ad alimentare la fiducia e la stima fra il Servizio Informazioni e il Capo di Stato Maggiore Generale, che aveva l'alta responsabilità della condotta della guerra.
Il latente dissidio finì all'orecchio di Mussolini, che applicava, a modo suo, il principio del "divide et impera" e al quale Amé riferiva direttamente (cosa non gradita da Cavallero).
Alla presenza del Capo di Stato Maggiore Generale e del Capo del S.I.M., Mussolini - sgranando gli occhi, con quel gesto caratteristico che era in lui espressione di grande contrarietà - disse che il S.I.M. godeva della sua completa fiducia: a buon intenditor...
Non per questo cessarono le schermaglie. Al punto che Cavallero creò un "doppione", istituendo il Servizio Informazioni Esercito (S.I.E.), affidandone la direzione al Generale Edmondo De Renzi. Ma il nuovo Servizio ebbe vita breve.
Della "ruggine" fa fede quanto ebbe a dichiarare Cavallero al momento di lasciare Palazzo Vidoni e di essere sostituito da Vittorio Ambrosie (31 gennaio 1943).
"Debbo riconoscere - disse rivolgendosi ad Amé - che la nostra collaborazione è stata spesso laboriosa e contrastata. Ti do atto, tuttavia, che hai operato con capacità, iniziativa e con alto rendimento".
E Mussolini? ~ale atteggiamento tenne il Capo del Governo, durante i vent'anni di potere, nei confronti del S. I. M.?
Prima della guerra, in tempi non sospetti, Mussolini accolse sempre con un velo di diffidenza le notizie e le situazioni che provenivano dal Servizio tramite le maggiori autorità.
Non si può dire che avesse tutti i torti.
Gustoso il racconto che segue su "come" le richieste di Pal azzo Venezia venivano soddisfatte.
"A un determinato momento, il Capo del Governo volle farsi una idea aggiornata e concreta della entità e della efficienza delle difese francesi al nostro confine occidentale.
"Esposi pertanto questo suo desiderio al Sottosegretario alla Guerra, pregandolo di fargli avere un grafico da cui fosse possibile rilevare i com ponenti essenziali della situaz10ne.
"È da considerare che, in quel tempo, il Servizio disponeva sulla organizzazione difensiva francese al nostro confine di una somma di dati ed elementi di alto valore che consentivano un quadro esa tto, completo e aggiornato in ogni sua parte. Così che, in breve tempo, fu possibile redigere il documento che il Capo del Servizio portò - compiaciuto - al Sottosegretario .
"Qiesti, data una occhiata al grafico, decisamente reagì: "Non sarà mai - disse - che io porti a Mussolini un documento di questo rilievo che potrebbe dar luogo a chissà quali riflessi e reazioni". E lo restituì perché fosse ricompilato, alleggerendolo delle parti più importanti e sos tanziali.
"Così sfrontato, lo schizzo fu ripresentato l'indomani, ma non riscosse ancora il consenso del Sottosegretario che impartì ordine perché la rappresentazione dei dati non andasse oltre un rudimentale schematismo.
"Ricompilata, la terza edizione fu approvata e portata a Mussolini il quale ebbe così una visione . .. fedele e completa della situazione.
"Episodio senza dubbio efficace che ha valore di sintomo". Con la guerra, la situazione si modificò. Nei primi giorni della campagna di Grecia, assente il Capo dì Stato Maggiore Generale (colà inviato per prendere il comando delle operazioni), allorché gli avvenimenti premevano, il Capo del Servizio fu direttamente chiamato da Mussolini, Comandante Supremo, ed ebbe inizio una collaborazione diretta. Tali relazioni continuarono e furono frequenti, personali e documentarie e dettero fino alla fine testimonianza eloquente del consenso e dell'appassionato interesse di Mussolini per il Servizio e per i suoi successi.
Nelle pagine 203-205 del libro Guerra segreta in Italia si ricava, in sintesi, una idea chiara e completa della collaborazione che il Servizio dedicò a Mussolini.
Merita peraltro di avere particolare rilievo la figura e l'azione svolta verso il S.I.M. dal Capo dell'Abwehr, Ammiraglio Canaris, che si comportò con lealtà. Ne fa fede questa precisazione autografa di Amé .
" Il nostro Servizio non svolse attività informativa in Germania durante la guerra: i nostri uomini colà svolgevano preva lente attività burocratica di collegamento presso ìl Servizio germanico.
"Mussolini aveva una pletora di informatori fluttuanti: personale diplomatico, gerarchi di secondo rango, messi occasionali per varie incombenze.
"Tutti, a gara, portavano informazioni caotiche a Mussolini che ne aveva la testa frastornata e le idee annebbiate.
"Fu ìn quel momento fonte insostituibile e preziosa quella dell'Ammiraglio Canaris che in incontri col nostro Capo Servizio dì cui era amico, in via rigorosamente personale e segreta portava una visione ed un giudizio alto e decisivo:
- l'insufficienza del potere marittimo;
- la sterilità della offensiva aerea sull'Inghilterra;
- la incapacità di uno sbarco oltre Manica;
- l'enorme logorio al fronte russo e il progressivo inevitabile collasso germanico;
- l'impossibile ripresa della guerra coi sommergibili;
- il tardo sviluppo delle armi segrete ormai fuori misura.
"Tale alta fonte fu tenuta ermeticamente segreta; solo Mussolini ne fu edotto perché fosse in grado di apprezzare e avvalorare le notizie. Nessun altro ne ebbe conoscenza"; neppure il Capo di Stato Maggiore Generale. (Tuttavia, neppure il "canale informativo" rappresentato da Canaris valse a smuovere Mussolini se il 9 dicembre 1942 Ciano annotava: "Il Duce, cui Amé ha riportato le preoccupazioni di Canaris, ha mostrato di non tenerne conto alcuno anzi ha riconfermato la sua sicurezza nella pronta vittoria).
"In tal modo la vera, la grande informazione a noi giungeva nel quadro della situazione politico-militare in atto e in divenire.
"Perplessità paralizzanti che gravavano sullo spirito e sulle decisioni furono così talora dissolte in ore gravi e decisive.
"Il Servizio Informazioni italiano deve quindi ricordare con riconoscenza l'alto contributo dato dall'Ammiraglio Canaris all'Italia in lealtà e nobiltà di intenti".
Nel Diario di Ciano, in un arco di tempo dal 21 luglio 1941 al 21 gennaio 1943, Amé è citato nove volte.
Non si può certo dire che il Ministro degli Esteri - con le mani in pasta nelle attività di Governo e di Regime e che si atteggiava a successore "in pectore" di Mussolini - si incontrasse spesso con chi dirigeva il Servizio Informazioni .
Gli elementi che Ciano ricavava da questi colloqui vertevano non tanto sulla situazione interna del Paese (compito precipuo del capo della polizia), quanto su quella della Germania. Ed era sempre Canaris a tenere al corrente il collega italiano sullo scosso morale dei tedeschi, stanchi di "vittorie" e che vedeva no allontanarsi sempre più la "Vittoria".
Il ritratto di Galeazzo Ciano, che emerge dalle carte di Amé, conferma alcuni luoghi comuni sul personaggio e ne sfata altri.
"Ciano non era affatto fatuo e cinico, come pretende una certa storiografia. Certo, era giunto troppo giovane a occupare il posto di Ministro degli Esteri, in un periodo cruciale per l'Italia, per l'Europa, per il mondo.
"A perderlo furono anche i suoi mentori, come Leonardo Vitetti, Direttore degli Affari Generali di Palazzo Chigi, per non parlare di quanti lo introdussero nella Roma -bene.
"Gli amici del golf e di salotto furono perniciosi per il giovane Ministro, che prediligeva trascorrere molte ore a Palazzo Colonna, ospite della principessa Isabella, (nata Sursok, di origine siriana, intelligente ma intrigante, come tutti i levantini).
"Ciano fece male a non avvalersi della collaborazione di diplomatici intelligenti e capaci (non ne mancavano) .
Qyanto alla affidabilità della "aristocrazia nera" e di molti funzionari di Palazzo Chigi, c'era poco da stare allegri.
"Il cinismo di Ciano? Un luogo comune. Lo vidi perfino piangere di disperazione e di rabbia, quando situazioni che coinvolgevano direttamente il bene del Paese gli sfuggivano di mano, a causa dei contrasti che afflissero sempre !'"apparato" politico e militare, specialmente durante la guerra .
"All'inizio, Ciano stimava Cavallero . Poi, cambiò parere. Troppe le prove negative per poter giudicare con longanimità il Capo di Stato Maggiore Generale, accentratore e opportunista".