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CAPITOLO IV

VERSO LA PRIMA GUERRA MONDIALE

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Lunedì 24 maggio 1915 il cannone tuonava per la prima volta lungo il confine italo-austriaco, confine fissato da11a Terza Guerra d'Indipendenza nel lontano 1866. Iniziava così, anche qui, la guerra che da ormai dieci mesi insanguinava l'intera Europa.

Al principio della crisi, nell'estate del 1914, il Governo italiano aveva preso le distanze dalla politica degli Imperi Centrali, giudicando inaccettabile il loro intervento contro la Serbia dopo l'attentato di Sarajevo e si era accostato lentamente alla Triplice Intesa: Francia, Gran Bretagna e Russia. Per di più, mentre all'orizzonte si addensavano nubi sempre più plumbee, il 1 ° luglio 1914 era improvvisamente morto il Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito italiano, generale Alberto Pollio, convinto triplicista, e al suo posto era stato nominato il generale Luigi Cadoma. La volontà riformatrice di quest'ultimo si era innestata nel processo di riorganizzazione dell'Esercito, che, uscito vincitore dall'avventura libica nel 1911, si trovava adesso in condizione di poter riempire i magazzini ed ammodernare gli armamenti.

DalJa serie di direttive emanate da Cadorna per l'applicazione del nuovo orientamento emergeva evidente la volontà di accentrare il potere nelle mani di una sola figura: il Capo di Stato Maggiore. Sotto la sua direzione, la mai sopita aspirazione dei militari di togliere la direzione dell'Esercito al potere politico, ponendola alle dipendenze di un organo di comando che rispondesse direttamente al Re, trovò una prima realizzazione con la separazione tra le funzioni amministrative e quelle tecniche e, successivamente, con un rafforzamento della posizione del Capo di Stato Maggiore. Questo rafforzamento fu reso possibile sia dalla forte personalità di Cadorna, che dall'atteggiamento di Salandra, presidente del Consiglio dei Ministri, che aveva preferito non informare i militari della posizione politica del Governo e della sua scelta di un'imminente guerra contro l'ex-alleata Austria-Ungheria.

Col passar del tempo l'incomprensione fra i due avrebbe portato ad una netta frattura tra il potere politico e quello militare, dando come risultato che ognuno dei due, all'insaputa dell'aJtro, avrebbe portato avanti una sua pianificazione della guerra. Agli occhi degli Italiani tutti gli avvenimenti successivi sarebbero però apparsi come responsabilità del solo Cadorna e non del Governo.

Il confine- destinato a tramutarsi dina pochissimo in fronte - italo austriaco si estendeva allora per circa 600 chilometri. Di questi, poco meno di 500 correvano lungo i crinali delle Alpi; i rimanenti erano nel tratto che dalla vetta del Monte Canin porta alle calme acque del Mare Adriatico. L'altitudine di questi ultimi 100 chilometri cala costantemente e, dai 2.000 metri d'altezza iniziali, arriva alla pianura friulana e ai modesti riljevi del Carso Goriziano. Furono questi ultimi chilometri lo scenario deUe dodici battaglie dell'Isonzo.

La scelta di combattere in quest'ultimo tratto del fronte fu imposta dalla convinzione che la bassa elevazione delle colline avrebbe consentito azioni fulnùnee e la possibilità di manovrare adeguatamente uomini e armi, movimenti preclusi dalla morfologia del terreno nel resto del fronte. Tale decisione fu inoltre influenzata in modo determinante dal piano concertato coi nuovi al1eati, che prevedeva la simultanea azione delle forze serbe a sud e di quelle russe in oriente, in modo da distogliere le forze aust1iache dalla frontiera sud-occidentale dell'Impero.

L'Italia si era trovata a cambiare lentamente posizione fin dal principio deJla crisi. Come si è detto, già il l O luglio 1914 era morto improvvisamente a Torino il generale Pollio e, col Regio. Decreto del 10 luglio, era stato nominato Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito il tenente generale, già designato per il comando di un'armata in guerra, conte Luigi Cadoma. Cadoma era l'uomo giusto per attuare le riforme di cui l'Esercito abbisognava nella previsione di una possibile e immi-

nente guerra in Europa. Un mese dopo la sua effettiva assunzione della carica, quando il conflitto era appena scoppiato, aveva riassunto la situazione dell'Esercito, in relazione all'eventualità di una mobilitazione generale, individuandone i punti deboli: nella scarsezza della forza bilanciata, dovuta all'abbondanza delle esenzioni; nella mancanza d'istruzione della fil categoria e, infine, nel fatto che l'Esercito di prima linea doveva fare assegnamento solo su 13 classi, entrando in campagna con un organico inferiore rispetto alle altre grandi Potenze Europee. La conclusione che Cadorna ne trasse fu impietosa. Non si limitava solo alla questione del materiale, ma riguardava tutto quell'esercito in cui aveva passato la vita fin dalla nascita -suo padre Raffaele aveva fatto tutte le guerre del Risorgimento, terminando col comandare il contingente che aveva preso Roma nel 1870. Cadoma inoltre univa all'esperienza un carattere forte ed una personalità dominante, sorretta da una profonda conoscenza degli uomini e dei limiti dell'organizzazione mii i tare italiana.

Il problema principale era da lui individuato nella catena di comando. Non esisteva un'effettiva piramide gerarchica, ma, in virtù del fatto che l'Esercito serviva anche da contenitore sociale, si poteva riscontrare al suo interno una frammentarietà di quadri non sempre preparati, né animati da spirito bellico, né, soprattutto, disposti ad obbedire ciecamente ad un 'unica personalità. Molti nobili, legati alla casa regnante, mal tolleravano di obbedire a uomini che ritenevano di rango inferiore al proprio. Ne conseguiva che, se si volevano dei risultati, si sarebbero dovuti cercare cominciando dall'inquadramento del corpo degli ufficiali, tagliando la zavorra costituita dai peggiori e inquadrando gli altri in un'unica struttura piramidale, della quale Cadorna era ed intendeva rimanere al vertice.

Per quando riguardava l'Esercito, il nuovo Capo di Stato Maggiore continuava la sua relazione evidenziandone la carenza di quadri, molti dei quali erano ancora in Libia, per le nuove unità e che, comunque, erano molto scarsi anche per quelle in Patria; pochi anche i nuclei di Milizia MobiJe costituiti nel tempo di pace per le varie Armi e, soprattutto, scarsa la loro forza. Risultava che i nuclei di Milizia Mobile da impiegare in prima linea erano completamente da improvvisare all'atto della mobilitazione, contrariamente alle altre Nazioni che avevano provveduto già dal tempo di pace. Infine, la Milizia Territoriale era armata cogli antiquati fuciLi Verterli-Vitali 70/87; non aveva neppure le divise.

La relazione sottolineava poi la mancanza d'istruzione militare per le classi in congedo, principalmente perché i richiami non erano frequenti né generali: mancavano campi d'esercitazione, difettavano tra l'altro anche le munizioni per le esercitazioni, oltre al munizionamento di tutti i livelli e per tutte le Armi.

Le dotazioni poi erano del tipo più antiquato, i servizi automobilistici erano in via di organizzazione, mancavano i depositi per la benzina ed i magazzini per il grano e l'avena.

Deficienze qualitative e quantitative affliggevano il parco d'artiglieria, ancora forte di circa 96 pezzi per Corpo d'Armata, contro gli ormai 144-160 della media degli eserciti stranieri, per di più tutte le sezioni mitragliatrici erano insufficienti ed incomplete.

Quello che però pesò in modo determinante all'inizio della guerra contro l'impero Asburgico fu l'organizzazione difensiva, ritenuta anch't?ssa insufficiente da Cadorna. La mancanza di sicurezza influenzò all'inizio della guerra la concezione d'arroccamento dell'Esercito, che fu evidenziata da subito dall'ossessione d'attestarsi a difesa dei punti più impossibili e insignificanti.

Cadorna si trovò quindi a dove cominciare il vero consolidamento dell'Esercito, ma lo dovette fare coll'incubo dell'imminente coinvolgimento dell'Italia nella guerra gia divampante in Europa e senza sapere quando ciò sarebbe successo, cioè senza neanche sapere se aveva davanti a sé ancora un mese o un rumo. Il suo lavoro si svolse in una situazione di generale accaparramento di materie prime e fu reso ancor più difficile daUa loro penuria e dal loro elevato e continuamente crescente costo, dovuto alla corsa agli approvvigionamenti su quasi tutti i mercati mondiali da parte delle Potenze già coinvolte nel conflitto.

Uno squadrone di Piemonte Reale nella campagna romana, a Tor di Quinto. (Archivio Dal Molin)

Di questa ristrutturazione accelerata furono artefici il generale Vittorio ZuppelJj, dal 12 ottobre 1914 nuovo ministro della guerra, e appunto lo stesso Cadoma. La base del nuovo riordino fu il completamento di tutte le dotazioni, specialmente quelle d'armamento; la costituzione immediata di tutte le unità di Milizia Mobile e di quelle presidia.rie previste in caso di mobilitazione generale; la formazione dei reggimenti di artiglieria da campagna, contemplati dalla legge del 1910 e non ancora costituiti, ed un aumento di 26 batterie per l'Esercito permanente.

Per quanto riguardava il materiale umano, a partire dal 1911 solo raramente le reclute avevano avuto modo di completare l'addestramento militare. Di massima erano state prelevate pochi giorni dopo il loro arrivo ai corpi. per essere impiegate in servizi territoriali, compreso quello di ordine pubblico, o incorporate nei reparti mobilitati in Libia. Un po' più accurata era stata l'istruzione de11e fanterie speciali (granatieri, bersaglieri, alpini) alla quale aveva contribuito anche l'elevato spirito di corpo, ma dei 40 reggimenti di linea per i quali era previsto l'impiego in concorso alle truppe da montagna, soltanto pochi avevano potuto eccezionalmente svolgere qualche esercitazione specifica. La scarsità dei mezzi finanziari si era fatta sentire ancor più gravemente nell'istruzione tattica per la mancanza di veri e propri campi di esercitazioni. Le truppe erano state costrette ad addestrarsi in aperta campagna, ma, per la preoccupazione di non danneggiare le proprietà private, si erano limitate ad agire sulle strade, ottenendone solo una preparazione teorica sui principi di massima della regolamentazione tattica, ma senza alcuna applicazione.

Nel 1910 si erano iniziati i primi studi per l'acquisto di campi di esercitazioni, ma, ripresi nell'ottobre 1913 sotto l'incalzare delle necessità di avere dei poligoni di tiro per l'artiglieria, che nella maggior parte delle guarnigioni trovava nelJa fitta vegetazione seri ostacoli ai tiri in campo aperto, non avevano portato a nulla di concreto. La Guerra di Libia sotto questo aspetto era stata una fortuna, perché aveva permesso a molti ufficiali e quadri di farsi un'idea precisa di cos'era la guerra, operando in un contesto reale.

Quello che mancavano erano gli ufficiali, soprattutto quelli inferiori. Nonostante raumento di ufficiali in Servizio Attivo Permanente, come si diceva allora. l'aumento degli esuberi. l'apertura di nuovi corsi accelerati nelle varie scuole militari. il bando di concorsi fra i sottotenenti di complemento, fra quelli della Territoriale in possesso di detenni nati titoli di studio e fra gli stessi marescialli, il gettito era di gran lunga inferiore alla necessità. Al reclutamento di ufficiali di complemento necessari alle Anni combattenù si provvide mediante quattro successivi corsi accelerati e coll"istituzione dei sottotenenti di artiglieria e del genio per i servizi tecnici presso i corpi, reclutati direttamente "senza corso di istruzione" tra i militari di l, II e li1 categoria muniti di diploma o laurea. Lo stesso dicasi per gli altri corpi e ervizi dell'Esercito come Sanità. Servizio fannaceutico. Veterinari. Amministratori e Commissari.

L'artiglieria era un altro dei problemi da affrontare subito. La guerra che si prospeltava aU'Italia, viste le esperienze degli altri fronti, evidenziava la necessità di una supremazia distruttiva dell'artiglieria, necessaria contro le difese nemiche, rinforzate dalle mitragliatrici in difesa fissa.

In base al programma nel 1913, il parco d'assedio doveva risultare costituito su "comandi d'artiglieria d'assedio", quattro comandi d' artigLieria di settore, 10 comandi d'artiglieria di brigata (gruppo) e 24 di batteria da combattimento, de1Je quali: IO di cannoni da 149A;~ 2 otto di mortai da 210 A e sei di mortai da 2(i() A, con 40 batterie da combattimento (avamparco), delle quali: 28 di obici da 149 A e 12 di cannoni da 120.

Facevano parte del1 'Esercito di prima linea in formazione di guerra I O divisioni di Milizia Mobile, da crearsi ex-novo all'atto della mobilitazione. Per facilitarne la formazione. fin dal 1910 era stata prevista presso i 94 reggimenti di fanteria, i 26 battaglioni alpini ed i 24 reggimenti di artiglieria da campagna l'immediata costituzione dei nuclei di Milizia Mobile, che sarebbero dovuti essere veri reparti organici. capaci di funzionare da organi centrali delle unità componenti le divisioni. Nel 1911 però non erano ancora stati costituiti; e la successiva Legge 638 del 19 luglio 1913 aveva sancito soltanto l'obbligo del servizio alle anni per due anni per tutti i militari di prima categoria e ribadito che il limite minimo di statura per idoneità al servizio militare era di 1,54 metri, ratificando così la già riconosciuta idoneità fisica del Re al servizio militare.

Con le quattro classi di Esercito Permanente in congedo che sarebbero risultate esuberanti, si sarebbero potute costituire le cosiddette divisioni di Milizia Mobile, gli uomini delle quali avrebbero dovuto formare vere e proprie unità di riserva, mentre la ili categoria avrebbe potuto funzionare da complemento.

Ammesso quindi di chiamare alle armi in un unico tempo le 10 classi dell'Esercito Permanente (dalla più giovane, la 1895, alla più anziana, la 1886) e le quattro di Milizia Mobile (rispettivamente dalla 1885 alla 1882) l'immediata disponibilità di complementi sarebbe risultata di 400.000 uomini, pari al 43% delle forze dell'esercito di campagna, cifra che consentiva di formarlo con un numero di classi inferiore rispetto a quello sino aJJora previ to. Effettivamente di esse ci si valse nel 1915. Il 24 maggio l'Esercito entrò in campagna con la classe 1895, che consentì di costituire le unità di fanteria, e cioè la gran massa dell'Esercito di prima linea, con 8 classi di Esercito Permanente (dalla 1895 alla 1888) e cioè con uomini dai 20 ai 28 anni. lasciando a disposizione le due classi di Esercito Permanente 1887 e I 886 e pressoché al completo le quattro di Milizia Mobile (dalla 1885 alla 1882). che vennero poi chiamate tra il luglio e l'ottobre 1915.

L'entrata in guerra vedeva il Regio Esercito italiano mobilitato costituito da un Comando Supremo e da Grandi Unità complesse (le armate e i corpi d'armata), ciascuna delle quali comprendente un numero variabile di Grandi Unità elementari: le Divisioni e le B1igate di fanteria e di cavalleria. con la relativa artiglieria da campagna. o da fortezza, i Gruppi Alpini e, al Livello inferiore. le unità come i reggimenti. i raggruppamenti ed i repa11i autonomi.

' 2 Le sigle in uso nell'artiglieria italiana dell'epoca. tanto di terra come di mare. indicavano le caratteristiche tecniche del pezzo ed erano, per il materiale: A (acciaio), 8 (broaLo), F (ferraccio) e G (ghisa): e per il tipo di lavorazione AL (acciaio lungo). AR (acciaio rigato). ARC (acciaio rigato cerchiato). BR (bronzo rigato). GL (ghisa liscio). GR (ghisa rigato). GRC (ghisa rigato cerchiato).

Esercitazioni di Piemonte Reale nella campagna romana presumibilmente sulla via Braccianese -Claudia. (Archivio Dal Molin)

Piemonte Reale: nella campagna romana. (Archivio Dal Molin)

Ogni Grande Unità complessa comprendeva aliquote delle tre anni e delle loro specialità ed era fornita di tutti quei mezzi tecnici speciali, necessari per il regolare sviluppo delle azioni di guerra, o consigliati dalle particolari caratteri tiche del terreno dove essa operava, o richiesti dagli speciali compiti eventualmente ad essa assegnati. Le truppe non inquadrate nelle divisioni comprese nei Corpi d'Armata, di qualsiasi arma o corpo fossero, prendevano il nome di Truppe Suppletive (TS).

Le truppe erano al comando di ufficiali che ne erano gli istruttori e per molti ver i gli educatori. Le Grandi Unità erano al comando di ufficiali generali, anche se a volte poteva capitare che le Brigate fossero affidate a un colonnello brigadiere; i reggimenti e le unità affini erano comandate da colonnelli; i battaglioni, i gruppi squadroni o di batterie da tenenti colonnelli o maggiori; le compagnie, le batterie e gli squadroni da capitani, o, a volte, da tenenti; i plotoni e le sezioni da subalterni. Ciascuna unità, poteva essere comandata da un ufficiale di grado inferiore a quello competente, con funzioni di titolare (comunemente al complesso degli ufficiali dell'Esercito, o di ciascuna unità, si dà il nome di quadri, per rispondere al concetto delle funzioni degli ufficiali stessi rispetto alle truppe, poiché essi costituiscono l'ossatura dei reparti e cioè la parte più importante e più solida).

A sostegno delle truppe combattenti si trovavano i servizi, parola con cui si designavano le branche dell'organizzazione che permetteva alla truppa di vivere, rifornirsi di munizioni, di materiali e di vettovaglie e che provvedeva alla salute dei combattenti. Nei servizi andavano distinti gli organi direttivi (a lato dei comandi) e gli organi esecutivi (con le truppe o vicini ad esse). Erano organi direttivi: l'intendenza generale, le intendenze di Armata, le direzioni dei Corpi d'Armata, gli uffici delle divisioni; erano organi esecutivi: glj enti incaricati del funzionamento diretto di ciascun servizio, i magazzini e gli stabilimenti vari, fissi o mobili. Ognuno degli organi suddetti aveva una doppia dipendenza: disciplinare e d'impiego, rispetto al comando delle unità, od alle unità, cui esso era assegnato; tecnico-amministrativa, rispetto agli enti superiori del proprio servizio. Presso le unità minori (reggimenti - reparti autonomi) la direzione dei servizi vari si fondeva con il comando delle unità stesse. Infine il territorio delle operazioni fu ripartito fra le grandi unità, con limiti ben definiti: in ciascuna zona, dalla fronte di combattimento (a contatto del soldato) ogni servizio aveva suoi vari elementi scaglionati indietro, sino a collegarsi con il paese. Le zone interposte fra la fronte di combattimento ed il paese, e nelle quali si effettuavano i movimenti di rifornimento e di sgombero, prendevano, e prendono, il nome di retrovie. Questa breve descrizione è necessaria per comprendere il ruolo che nella Grande Guerra, specie durante i primi ventiquattro mesi, ebbe l'Arma di Cavalleria, Arma che rimase pressoché inalterata nella struttura fino alla fine delle ostilità. Era costituita da uomini appartenenti soltanto alle classi deH'Esercito Permanente e della Milizia Mobile, non esistevano reparti costituiti con classi di Milizia Territoriale. Comprendeva le specialità dei dragoni (primi quattro reggimenti: Nizza Cavalleria, Savoia Cavalleria, Piemonte Reale e Genova Cavalleria), dei lancieri e dei cavalleggeri. Le unità che la componevano normalmente combattevano a cava11o, ma potevano essere articolate in modo da essere impiegate anche a piedi (ed infatti molte unità furono immediatamente appiedate) e dalle unità minori a quelle Grandi si dividevano in plotonj, quadroni, gruppi di squadroni, reggimenti, brigate e divisioni. I reggimenti che non erano inquadrati in Grandi Unità cli cavalleria, ma a disposizione delle altre Grandi Unità, facevano parte delle TS.

GJj squadroni erano unità organiche, tattiche ed amministrative; se operavano a cavallo avevano i mezzi per rendersi autonomi; se erano appiedati potevano funzionare analogamente al le compagnie di fanteria. Venivano numerati per reggimento; due o tre di essi formavano un Gruppo Squadroni e due Gruppi Squadroni formavano un reggimento. Il Reggimento, allora come in seguito, era l'unità tattica, organica ed amministrativa e normalmente comprendeva- appunto- due gruppi di squadroni. I reggimenti autonomi avevano struttura simile, ma numero di squadroni variabile. Tutti erano numerati progressivamente ed ogni reggimento aveva, inoltre, una denominazione propria (in due casi il nome dei sovrani, se no di regioni o di città, con la sola eccezione dei Cavalleggeri Guide). Ciascun reggimento divisionale montato era stato fornito di una sezione mitragliatrici. Due

Marcia in colonna. (Archivio Dal Molin)

Squadrone in sosta. (Archivio DaJ Molin)

Dragone di Piemonte Reale nella tenuta grigioverde in uso nel 1915. (Archivio Dal Molin)

Esercitazione di guado dei fiumi. (Archivio Dal Molin)

reggimenti componevano una brigata e due brigate fornivano l'ossatura principale di una divisione di cavalleria, composta anche da artiglieria, ciclisti ed aliquote dei servizi.

Per quanto concerneva l'armamento, le truppe a cavallo avevano a disposizione, se Lancieri: sciabola, lancia e moschetto di cavalleria mod. 1891; se Cavalleggeri lo stesso ma senza lancia. Le dotazioni di munizioru erano: individuale, cartucce 96; di riserva con il cru.Teggio: 24; presso la colonna munizioni: 77. Ogni armato di pistola portava con se 18 cartucce. Lo squadrone mitragliatrici era dotato di Maxim leggere mod. 191 l .

Come attrezzatura, le truppe a cavallo avevano (per squadrone) gravine, badile, fen-i ramponi, picozzini; materiale radiotelefonico (per reggimento) e materiale esplosivo (per squadrone).

Gli squadroni a cavallo avevano inoltre personale addestrato e materiali ed utensili per la fen-atura dei quadrupedi e per la manutenzione degli oggetti di selleria.

Il servizio sarutario per le truppe a cavallo era esercitato da ufficiali medici, in forza ai comandi di reggimento ed ai Gruppi Squadroru, con personale e materiale in quantità adeguata ai bisogni; gli squadroni avevano inoltre personale richiamato ed addestrato. Nelle zone di combattimento si formavano posti di medicazione; lo sgombero dei feriti veniva fatto verso le sezioni di Sanità delle rispettive divisioni.

Per i quadrupedi esisteva ovviamente un servizio veterinru.·io composto da ufficiali medici e personale specializzato distribuito come quello per gli uomfoj. 11 vettovagliamento dei soldati era analogo a quello della fanteria. Per i foraggi gli squadroni a cavallo trasportavano con il proprio carreggio una razione di avena di riserva (kg. 5); i vari prelevamenti si effettuavano presso le sezioni sussistenza per divisioni di cavalleria. 43

• 3 AUSSME. Regio Esercito. Comando Supremo. Reparto operazioni. Ufficio affari vari e segreteria. Notizie organiche sommarie sull 'esercito mobilitato - gennaio 1917.

Prove di attacco al galoppo di Piemonte Reale. (Archivio Dal Molin)

Prove di attacco al galoppo di Piemonte Reale. (Archivio Dal Molin)

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