48 minute read

CAPITOLO XV TuTn A CAVALLO! »

CAPITOLO XV

TUTTI A CAVALLO!

Advertisement

La difficoltà di alloggiamento, le stesse ragioni che avevano portato l'anno precedente ad inviare ai quartieri invernali le unità di Cavalleria e appiedarne le Grandi Unità avevano indotto il Comando Supremo a comportarsi nel medesimo modo nell'autunno del 1917. Il ciclo delle operazioni coll'arrivo dell'inverno poteva dirsi concluso, la prossima offensiva sarebbe stata effettuata non prima della primavera del 1918, per cui era prevedibile che, anche per l'inverno 1917-18 la Caval1eria avrebbe potuto assumere una dislocazione pressoché simile a quella degli inverni precedenti. Il 3 ottobre il Comando Supremo aveva emanato le direttive a cui il progetto per la sistemazione invernale doveva adeguarsi. Il 6 ottobre il Comando di Cavalleria aveva trasmesso il progetto ed il 13 il Comando Supremo l'aveva approvato, aggiungendo: "pregasi tutto predisporre in modo che inizio movimento possa effettuarsi quanto più presto possibile specie per quanto riguarda il ritiro delle divisioni cavalleria", cosicché con successivo telegramma del 13 stesso il Comando di Cavalleria aveva i rnpartito gli ordini e preso gli accordi opportuni per "iniziare il ritiro delle divisioni di cavalleria".

Di conseguenza, intorno alla metà d'ottobre del 1917 era stato stabilito che le divisioni andassero così dislocate: la 1 a a Motta di Livenza e dintorni, ]a 2a a Pavia di Udine e dintorni per essere poi spostata in Emilia, la 3a in Lombardia, a Gallarate e dintorni, meno il comando della V Brigata ed il Reggimento Saluzzo lasciati a Povoletto e Udine; la 4a infine doveva tornare addirittura a Torino e Vercelli, a disposizione deJle autorità territoriali per il servizio di ordine pubblico.

Il movimento dalla frontiera orientale doveva svolgersi così: la la Divisione doveva spostarsi a Motta di Livenza, nella zona fra Montagnana e Treviso, per,via ordinaria dal 20 al 27 ottobre; la 23 da Pavia di Udine a Ferrara per via ordinaria dal 20 ottobre al 3 novembre.

Nei riguardi delle T.S., sulla base degli accordi, era stato concretato un progetto di sistemazione invernale, approvato dal Comando Supremo, che lasciava a disposizione delle Armate g1i squadroni necessari per i movimenti, per la cui sistemazione avrebbero dovuto cominciare a provvedere solo dopo il termine dello spostamento delle divisionj; ma l'offensiva austriaca arrivò prima che l'ordine al riguardo fosse diramato.111

La sensibile diminuzione di personale concesso alle altre armi e la scarsezza di complementi e anche di quadrupedi, impiegati per il traino delle batterie campali, avevano imposto alla cavalleria una sensibile riduzione nei suoi organici, tanto che la forza degli squadroni era stata ridotta a 100 cavalli e quella dei reggimenti a quattro squadroni, mentre ogni reggimento divisionale aveva uno squadrone mitraglieri formato da due sezioni someggiate su due armi ciascuna.

Con l'ordine di richiamo, giunto alle divisioni già la sera del 24 ottobre, la la Divisione iniziava subito la marcia di ritorno, mentre la 3a e la 4a seguivano il trasferimento in ferrovia.

Contemporaneamente veniva ordinato dal Comando Supremo che le batterie a cavano - impiegate come batterie da posizione - fossero rimontate e rimesse a disposizione delle Divisioni, a cui dovevano essere riassegnati subito pure i Battaglioni Ciclisti e le squadriglie autoblindo-mitragliatrici. In tal modo iJ Comando Supremo poté disporre per un primo contrasto dinamico di due masse di cavalleria: la l" Divisione e la 2\ rinforzata da un reggimento della 3\ in attesa di poter allineare in un secondo tempo tutto il Corpo di Cavalleria

Il primo reggimento a prendere contatto con gli invasori fu il Cavalleggeri di Alessandria, in manovra ]ungo la valle Venzonazza per mantenere il collegamento con la 633 Divisione ed il IV

111 AUSSME, B 4 965 l. 2• Divisione.

Corpo d'Armata a Forcella Forador. Rotta dal nemico la linea e fatta irruzione verso ldersko, i cavalleggeri del 3° Squadrone, assieme a commilitoni del 5° che prestavano servizio di pattuglia e di porta-feriti sul Kra, avevano evitato la cattura. Raggiunto dal nemico, il comando dello Squadrone aveva però subito gravi perdite, abbandonando per ultimo ldersko e Caporetto.

Il giorno dopo, il 25 ottobre, a Stupizza, verso le ore 13.30 il generale Gonzaga ordinò ad un plotone del 3° Squadrone, agli ordini del tenente Laus e dell'aspirante Minutoli, di riconoscere le posizioni nemiche, azione a cui vollero partecipare anche il capitano Delleani, il tenente Casnati e il maresciallo Randazzo.

Aperti dai fanti i reticolati, il plotone si slanciò al galoppo, disperse i nuclei di avamposti nemici e, dopo aver scoperto una serie di appostamenti di mitragliatrici, subendone il fuoco, dovette arrestarsi davanti ad un'invalicabile interruzione stradale. Ripiegò, quindi, ma fra le linee amiche tornarono solo quattro dei 29 cavalieri partiti alla carica, col capitano Delleani e il tenente Casnati.

Il generale principe Gonzaga (uno degli eroi della guerra, e non in senso retorico) segnalò con commossa ammirazione l'eroico contegno dei cavalleggeri. I resti del 2° e del 5° Squadrone protessero, nella notte del 28, il ripiegamento della 34a Divisione da Nimis al Torre e poi, giunti a Marano di Riviera, concorsero a proteggere il Comando del IV Corpo che ripiegava su Sequals, mentre il 1 ° Squadrone proteggeva il ripiegamento su Zugliano del carreggio del II Corpo.

Alle 5 del mattino del 28 il Comando del Reggimento partì da Venzone per Braulins, con un plotone del 2° Squadrone, rinforzato da mezza compagnia di bersaglieri ciclisti e da una compagnia del 32° Fanteria, da due Batterie da montagna, da un battaglione del 49° Fanteria. Raccolti i reparti che passavano, esso costituì una testa di ponte sul Tagliamento a difesa della stretta di Braulins. Alla sera del 29, quando era transitata l'ultima colonna e dopo aver respinto un tentativo di forzamento, fece saltare il ponte e si ritirò.

Il 2° Squadrone era invece a Venzone con il comando della 63a Divisione e come estrema retroguardia di questa Grande Unità, fra Stazione di Carnia e Tolmezzo. Distrusse, prima che cadessero in mani nemiche, magazzini e ponti e giunse il 31 sera ad Alesso, unendosi al Comando del Reggimento che, il 3 novembre, con lo Stendardo, ripiegò attraverso le Prealpi Carniche, raggiungendo a Cimolais il comando del XII Corpo d'Armata, presso il quale 1imase, prestando servizio di vigilanza.

Intanto il 2° Squadrone, che con la 633 Divisione da Alesso si era trasferito a San Francesco per Clausette, il 5 mattina si scontrò con un intero battaglione nemico e, dopo una violenta sparatoria, inferiore di numero e di volume di fuoco, si ritirò. Ne] complesso i Cavalleggeri di Alessandria persero nella ritirata dal Friuli il 50% degli effettivi in uomini e cavalli.112

Il 4° Squadrone dei Cavalleggeri di Caserta, assegnato alla 26a Divisione, sostenne violenti scontri nel vallone del But, proteggendo il ripiegamento delle retroguardie delle Grandi Unità e sacrificando nel compimento dell'azione tutti i suoi cavalli.

I Lancieri di Firenze, dipendenti dal XIV Corpo d'Armata, dopo aver sostenuto anch'essi violenti scontri, raggiunsero il Torre.

La cavalleria si era reimpadronita del suo ruolo ed era, per certi versi, con la sua maestosità, l 'unjca Arma che moralmente infondeva sprezzo del pericolo e coraggio e materialmente difendeva 1 'Armata in ritirata. TI Reggimento Cavalleggeri di Saluzzo, su tre squadroni, da Povoletto si trasferì a Cividale passando a disposizione del comando di tappa. Da lì iniziò ad esplorare la zona, contenendo l'avanzata e fornendo informazioni sugli Austro-Tedeschi, che parevano inarrestabili nella loro progressione. Gli squadroni del Reggimento si unirono successivamente al Il0 Gruppo Squadroni dei Cavalleggeri Umberto 1 e passar·ono alle dipendenze del XXVIII Corpo d'Armata. Con questa unità assunsero la

111 Associazione Nazionale Arma di cavalleria, Cenni storici ... , cit.

difesa della vallata del Chiarò di T01Teano, diedero alta prova delle loro qualità militari e si scontrarono numerose volte con le truppe nemiche, riuscendo a trattenerle, suscitando ammirazione anche tra loro e facilitando il ripiegamento delle proprie colonne.

Nelle prime ore del mattino i Cavalleggeri di Sa/uzzo ricevettero dal comando della 211 Divisione di Cavalleria l'ordine di trasferirsi a San Gottardo.

La 2a Divisione di Cavalleria, composta dalla m Brigata, Lancieri di Milano e Lancieri di Vittorio Emanuele Il, e dalla IV Brigata, Lancieri di Aosta e Lancieri di Mantova, quest'ultima agli ordini del colonnello brigadiere Arnaldo FiJippini,1t3 si trovava, il 25 ottobre, nella zona di Premariacco e Pavia di Udine, dove riceveva, dal Comando della 2a Armata, l'ordine di spostarsi sulla destra del fiume Torre, tra Udine e Tricesimo, per sorvegliare le provenienze dalle vallate che portano al fiume stesso.

Nel pomeriggio del 27 la IV Brigata di Cavalleria, agli ordini del colonnello Lostia di Santa Sofia, venne impiegata per ostacolare l'avanzata delle avanguardie avversarie, che erano arrivate in piano e tentavano di passare il Natisone poco oltre Cividale. Con violente azioni di fuoco, protrattesi sino a notte, riuscì a trattenere gli Austro-Tedeschi ed a frustrarne i tentativi di passaggio del fiume ai guadi di Crupignano, Borgo Viola e Firmano. Poiché altre forze nemiche erano riuscite, a nord di Cividale, ad avanzare in direzione di Moimacco, fu giudicato inutile protrarre oltre la resistenza lungo il fiume e la Brigata, dopo avere caricato a notte inoltrata il nemico tra Moimacco e Ziracco per aprirsi la via, ripiegò in ordine, subendo però sensibili perdite, sulla destra del Torre. 114

Nella stessa giornata la 2a Divisione di Cavalleria, rinforzata dal 3° Gruppo Battaglioni Bersaglieri Ciclisti (Il, ID e IV Battaglione) e dai due squadroni dei Cavalleggeri di Sa/uzzo, passava agli ordini del generale Sagramoso, comandante del XIV Corpo d'Armata ed incaricato della difesa sul Torre. Ne riceveva l'incarico di esplorare il settore Ci vidale-lpplis-Manzano per respingere i reparti nemici che scendevano in pianura e per trattenere, mantenendone il contatto, quelli di maggiore consistenza. Ormai però la situazione era compromessa: il 1ipiegamento di civili e militari creava caos e confusione e le notizie sugli invasori erano parziali e foriere di valutazioni spesso errate. L'esplorazione, anche per non far scoprire subito al nemico la presenza di forze dì cavalleria, veniva affidata ai ciclisti, mentre i reparti montati si concentravano nei pressi di Feletto Umberto, a ridosso dell'occupazione del Torre, per essere mandati, vista la loro capacità di movimento, dove la situazione l'avesse richiesto.

Nelle prime ore del mattino del 28 ottobre la Divisione si schierava, fronte ad est, tra Santa Foca e Beivars con la III Brigata, colonnello brigadiere Manfredini a nord e la IV a sud, ed ordinava ai Cavalleggeri di Sa/uzzo del colonnello Ajroldi di Robbiante di prendere posizione tra Beivars e San Gottardo per prolungare lo schieramento verso sud.

Mentre il Reggimento si trasferiva da Salt sulla destra del Torre, i] nemico attaccava la linea di resistenza, riuscendo a forzarla nei pressi di Beivars. Gli squadroni di Sa/uzzo, sentiti i colpi di fucileria, si diressero in quella direzione e, dopo una cruenta lotta a cavallo, spiazzarono l'avversario, incredulo nel vedersi attaccato da cavalieri, e riuscirono a ritardarne l'avanzata ed a proteggere il ripiegamento delle truppe verso Udine.

Conseguito lo scopo, il Reggimento si portò verso San Gottardo, da dove, con successive resistenze che facilitarono il deflusso delle fanterie, ripiegò con i] grosso della Divisione, trasferendosi verso Colugna e giungendovi ridotto a soli 120 cavalieri.

115

113 Che aveva fatto una splendida carriera durante la guena e aveva dato prove di capacità e di coraggio tali da diventare in breve comandante di brigata. 11 • Alberto TRENTI, tenente colonnello di cavalleria. Le nostre divisioni di cavalleria nel ripiegamento dall'Isonzo al Piave, estratto da "Rassegna dell'esercito italiano", Fase. VIl-VIlJ, (2° sem.), 1925, Roma. Stabilimento poligrafico per l'amministrazione dello Stato, 1925. IIS Ibidem.

Ponte sul Torre, aprile 1917: sullo sfondo l'Ntopiano di Doberdò.

Pieris, i ponti dalla riva destra nel 1917.

Il comandante della Divisione, vista la situazione creatasi lungo la linea del Torre, occupò allora la linea Feletto Umbert<rColugna-Canale Ledra sino a Molino Nuovo, schierando da nord-est a sud-ovest il 3° Gruppo Bersaglieri Ciclisti ed i resti del Reggimento, ormai ridotto a pochi uomini e misto ad altri reparti. Con tale occupazione il Comando di Divisione tendeva alla protezione delle colonne della 2a Armata che si ritiravano a nord del Canale Ledra dirette al Tagliamento. L'intento era di contrastare al nemico l'avanzata verso ovest a mezzo di puntate offensive, partenti dalla linea protetta dal notevole ostacolo rappresentato dal canale, non di sacrificarsi interamente, nemmeno di resistere ad oltranza su quel canale. La spiegazione è d'obbligo in quanto gli ordini furono diversamente interpretati. Senonché, nel pomeriggio, il tratto di fronte tra Colugna e Feletto, fortemente premuto dagli Austro-Tedeschi, che attuavano una tattica nuova di nuclei avanzanti muniti di mitragliatrici portatili e che sviluppavano un volume di fuoco notevole, fu superato e la linea di difesa ripiegò al torrente Cormor, passando per Tavagnacco, Pagnacco, Plaino.

Verso sera il comandante delle retroguardie della 2a Armata, generale Sagramoso, ordinava alla Divisione di operare su Udine, per ricacciare dalla città i reparti nemici che, secondo notizie giunte, dovevano essere di scarsa consistenza numerica. Da sicure informazioni pervenute al Comando della Divisione di Cavalleria risultava, per contro, che Udine era saldamente occupata e quindi il risultato dell'azione, ostacolata anche dal sopraggiungere della notte, diveniva assai incerto se non privo di logica. Il Comandante della Divisione ordinò quindi alle truppe dipendenti di eseguire puntate solo a sud del Canale e alla Divisione di Cavalleria nel suo insieme di portarsi sul Ledra, a sud di Torreano, collegandosi e sinistra con i Cavalleggeri di Saluzzo e a destra stendendosi fino a Santa Caterina. Il suo compito era impedire le infiltrazione del nemico verso nord, per assicurare il ripiegamento delle colonne arniche, che si ritiravano dal Torre al Tagliamento, al nord del Ledra. Il Comando della Divisione comunicò che in un primo tempo si sarebbe trasferito a Castellerio ed in un secondo tempo a Moruzzo e che in quella località avrebbero dovuto essere avviate le notizie.

Il Comandante della ID Brigata, Manfredini, in ottemperanza all'ordine, si avviò con la sua Unità alla propria destinazione di Torreano. Giunto alla stazione ferroviaria si portò in posizione di attesa, nei campi a ovest della strada tra le quote 136 e 123, coi reggimenti affiancati, fronte al canale Ledra, circa un chilometro a sud di Torreano. L'incarico di sbarrare ed occupare i ponti e di sorvegliare il canale stesso fu assegnato ai vari squadronj, ripartendo fra loro le zone comprese tra il Cormon e Santa Caterina. Il Comandante della Brigata ordinò di sbarrare e minare i due ponti con cavalieri appiedati e sezioni mitragliatrici del Vittorio Emanuele Il, che i tre ponti più ad ovest venissero tenuti dai Lancieri di Milano e che le singole postazioni difensive dei ponti fossero collegate fra loro, lateralmente ed a nord con il grosso della Brigata con il quale lui sarebbe rimasto per intervenire alla bisogna.

Sistemate le difese, il brigadiere Manfredini ispezionò personalmente i ponti, rilevò che quello di Santa Caterina era difeso da un reparto di Arditi mandati da Martignacco e, data la grandissima importanza del ponte stesso, dispose, di sua iniziativa, che i Lancieri rimanessero ugualmente in rinforzo, tanto più che gli Arditi erano senza mitragliatrici ed armati solo di moschetto. Al giungere della sera Manfredini ordinò di ricoverare uomini cavalli. Il cielo era da tregenda: pioggia e freddo su tutto e tutti rendevano ancora più cupa la scena. La notte fu lunghissima.

La mancanza di passaggi sul Tagliamento nel tratto Pinzano-Codroipo intanto stava costringendo il centro della 2a Armata a staccarsi dall'ala destra ed affluire verso la sinistra, nella zona di San Daniele, per passare il fiume ai ponti di Comino e di Pinzano. Questo ebbe come conseguenza la necessità di prolungare quanto più possibile la difesa della testa di ponte di San Daniele, estendendola sino al Canale Ledra, per dar modo ai Corpi d'Armata dell'ala sinistra e del centro (IV, XII, XXVIl e XXVIlI) di passare.

Per cercare di risolvere favorevolmente la crisi della 2a Armata e progressivamente anche della 3a, in marcia di ripiegamento verso il tratto della Delizia-Latisana, assumeva ora importanza strategica per la difesa la linea del Tagliamento nel tratto montano, costituita dalle Prealpi Carniche, specialmente nei passaggi di Comino e di Pinzano. La caduta della linea Monte Festa-Monte Ragogna e qualunque infiltrazione nemica attraverso le Prealpi verso la piana di Maniago avrebbero infatti compromesso irrimediabilmente la resistenza sul Tagliamento e l'ordinato ripiegamento delle due Armate. Per questo il Comando Supremo aveva formato con la 20a e la 33a Divisione un Corpo d'Armata speciale, agli ordinj de] generale Di Giorgio, con giurisdizione dal Tagliamento a Trasaghis e Pinzano. Tre divisioni venivano ino]tre mandate nelle giornate del 29 sulle Prealpi Carniche a difesa dell'alto Tagliamento, in attesa di ricevere altre due divisioni di fanteria che stavano scendendo.

La testa di ponte di San Daniele, delimitata ad oriente dal Canale Ledra, venne messa il giorno 29 alle dipendenze del generale Sanna, comandante della 33° Divisione. Essa comprendeva la fronte Ragogna-San Daniele-Maiano-Cornino e doveva essere presidiata dalla 163 Divisione, da una Brigata del XXVffi Corpo d'Armata, da quattro battag1ioni della 33a Divisione, da cinque compagnie mitragliatrici del Corpo d'Armata speciale e da due gruppi di artiglieria in posizione su Monte Ragogna. Le tre autoblindomitragliatrici, poste al quadrivio ad est di San Daniele, dovevano intanto gettarsi sulle colonne nemiche che fossero riuscite a varcare il Ledra, a protezione del quale era schierata la 2a Divisione di Cavalleria, col compito di sorvegliare le provenienze da Pagnacco e da Udine.

Mentre venivano adottare le misure atte a trattenere il più a lungo possibile l'invasore, la 148 Armata germanica, vera massa di manovra del nemico, era già schierata nella pianura friulana e si proponeva di adoperare la propria ala destra per precedere le unità italiane al Tagliamento, ai ponti di Comino e di Pinzano. L'ala sinistra sarebbe stata diretta verso sud-ovest, in modo da tagliare alla 3a Armata la strada prima che questa giungesse al Tagliamento stesso e da chiuderJa in una gigantesca sacca: se la manovra avesse avuto successo, sarebbe stata la fine del Regio Esercito italiano.

Intanto il 29 ottobre 1917, alle 2 del mattino, il Comando della Divisione comumcava da Moruzzo che il comando del XIV Corpo d'Armata ordinava alla Divisione di sbarrare la strada Udine-Ponte di Bonzicco, fronte ad est e ad est di San Vito di Magagna. Egli ordinava pertanto alla fil Brigata di spostarsi a ovest di San Vito di Fagagna, per costituire a est di esso il centro dello sbarramento, da prolungare verso sud fino a Plasencis e San Marco coi Bersaglieri Ciclisti e verso nord avvalendosi della IV Brigata. In ottemperanza a questa indicazione, il comandante della fil Brigata ordinò la raccolta degli elementi distaccati ai ponti e diede le disposizioni per la marcia della Brigata, che giunse a destinazione intorno alle 5 del mattino e fu disposta in posizione di attesa ad ovest. Il collegamento a nord con la IV Brigata era tenuto dal Reggimento Vittorio Emanuele Il, che sbarrava anche due nodi stradali posti immediatamente ad ovest del paese.

Verso mezzogiorno arrivarono gli Austro-Tedeschi, preceduti da un violento fuoco di artiglieria, che si limitò per il momento a ferire due cavalli del reggimento Vittorio Emanuele Il. A questo punto il Comandante della Brigata ordinò che i reggimenti si appostassero quanto più possibile vicini al ciglio, per diminuire l'efficacia del fuoco. Le pattuglie inviate in perlustrazione intanto riferivano che fanterie nemiche, di forza imprecisata e con mitragliatrici in testa, avanzavano verso San Vito. Il colonnello Manfredini ordinò allora ai Reggimenti di appiedare metà delle forze e di prendere posizione sul ciglio unicamente con le armi dei due Squadroni Mitragliatrici, ma senza rispondere al fuoco, per non smascherarsi, in attesa del momento più opportuno. Lentamente il fuoco e le direttrici di marcia avversarie andavano però spostandosi verso nord, dando l'impressione di cercare di aggirare il fianco sinistro della Brigata. Verso le 14 un ufficiale riferì che la IV Brigata, attaccata dal nemico, stava ripiegando verso il ponte di Ceseano.

Manfredini chiese al collega, comandante della IV, di tornare indietro e venire a rincalzo dell'ala sinistra della sua III per contenere quanto più possibile nemico, ma non ebbe risposta. La situazione,

Cavalleria in marcia, ottobre 1917.

Ripiegamento al Piave, ottobre 1917.

molto fluida, cambiava di minuto in minuto e gli eventi, anche i più insignificanti, cominciarono ad avere un effetto a catena, facendo sfuggire di mano la situazione. Alle ore 14.45 il Comando della Divisione trasmise l'ordine di tenersi in collegamento col generale Di Benedetto a San Vito di Fagagna; ma non lo si poté eseguire perché quel generale non era più là. In questa situazione di incertezza, dopo due ore, intorno alle 16, la Divisione ordinò di ripiegare ordinatamente, combattendo se del caso, sul Ledra. Manfredini ordinò allora ai Reggimenti di montare a cavallo e, senza alcuna molestia da parte del nemico, per San Vito raggiunse verso le 20 la IV Brigata, già dislocata immediatamente a nord della strada San Daniele-Ponte Pieli. La marcia era stata molto lenta, dapprima per i continui incroci con colonne di fanteria e di artiglieria, poi, nelle vicinanze di San Daniele, coll'enorme ingombro causato dai carri fermi lungo la strada. A destinazione, la III si mise all'addiaccio dietro la IV, data l'importanza di ponte Pieli e la necessità di occuparlo quanto più saldamente possibile. A questo punto però sorse un dubbio, che diventò un problema e incise sulla funzionalità della catena di comando. Dal colloquio avuto col comandante interinale della Divisione, il comandante della III Brigata si formò il convincimento che l'indomani mattina, 30 ottobre, le truppe della Divisione di Cavalleria avrebbero dovuto svolgere un'azione ritardatrice di fuoco sul Ledra e, successivamente, ripiegare oltre il Tagliamento sotto la protezione della testa di ponte già in costituzione e formata da fanteria ed artiglieria. 11 30 ottobre si presentò anch'esso come una classica giornata autunnale, con temperatura fredda e pioggia continua ed insistente. Nella notte appena trascorsa, la Sezione Mitragliatrici del Reggimento Milano, appostata al ponte Pieli, si era opposta a tentativi nemici di impadronirsi del ponte, controbattendo il fuoco delle mitragliatrici e delle nuove pistole revolver del nemico. Nel frattempo il ponte era stato minato. Sempre nella notte il comandante della III Brigata, in seguito agli accordi presi la sera, aveva ordinato al comandante del Reggimento Vittorio Emanuele li di inviare una pattuglia ufficiali a riconoscere il ponte sul Tagliamento, in moda da poterne usufruire, all'occorrenza, per il passaggio della Brigata sulla destra del Tagliamento. Adesso, al primo albeggiare, il brigadiere Manfredini ordinò che ciascun reggimento appiedasse metà della forza e lasciasse i cavalli in posizione arretrata ed al coperto, poi dispose la Brigata in ordine di combattimento. Verso le 8 la pressione nemica contro il ponte di Pieli e le adiacenze aumentò di intensità. Manfredini allora ordinò che la Sezione Mitragliatrici appostata e gli appiedati dei reggimenti Milano e Vittorio Emanuele II si spostassero di conseguenza. Il combattimento andò immediatamente intensificandosi, coinvolgendo l'ala destra della IV Brigata (Lancieri di Mantova) e la sinistra della III (Lancieri di Milano). La superiorità del nemico, grandemente favorito dal terreno, apparve subito manifesta. Verso le 8.40 il Comando di Milano comunicò che gli Arditi si erano ritirati da Arcano, avviandosi verso San Daniele, come pure il plotone di cavalleggeri incaricato della difesa del ponte di legno. Pochi istanti dopo, il ponte Pieli ed il ponte in legno furono fatti saltare. Erano quasi le 9. Il colonnello brigadiere Manfredini ritenne di aver ormai adempiuto il compito di trattenere il nemico durante la notte e nelle prime ore del mattino, per consentire alle truppe incaricate di costituire la testa di ponte di stabilirsi sulle loro posizioni. In considerazione del fatto che col ripiegamento degli Arditi sulla destra della IV Brigata, la sua sinistra veniva a mancare di qualsiasi appoggio e venivano a trovarsi in pericolo anche i cavalli, fortemente scossi e ormai visibilissimi dalle alture dominanti di Arcano, mandò al Reggimento Milano l'ordine di ripiegare ordinatamente, per scaglioni successivi dalla sinistra, sotto la protezione del Vittorio Emanuele Il. Quest'ultimo rimase in posizione fino alla fine del movimento di Milano, al termine del quale si ritirò a sua volta.

Intorno alle 9.30 la Brigata, a cavallo, si trovava raccolta nei pressi del cimitero di San Luca e là Manfredini riceveva dall'ufficiale a disposizione del comandante interinale della Divisione l'ordine di recarsi a San Daniele per comunicazioni di servizio. Manfredini però ritenne opportuno non muoversi. Del resto, come dargli torto? L'ordine era stato redatto alle 7.30, cioè circa due ore prima

Nella pianura friulana: terza linea di difesa della 3a Armata.

Trincee italiane di q. 121 dopo essere state conquistate dagli Austro Ungarici, novembre 1917.

ed ormai la situazione era completamente cambiata; inoltre, data la distanza del cimitero di San Luca da San Daniele e la difficilissima percorribilità de1la strada, gli sarebbe occorso un tempo non indifferente per andare al Comando della Divisione e tornare. Infine. in quel momento San Daniele era sotto un violento bombardamento, visibilissimo dal cimitero di San Luca e non si poteva proprio credere che il comandante della divisione fosse rimasto là, sotto le granate, per cui il viaggio sarebbe stato inutile. Cosa fare, allora? Manfredini si regolò in base agli intendimenti espressigli dal comandante interinale della Divisione la sera precedente e si avviò alla testa della Brigata per Ragogna al ponte di Pinzano, con Vittorio Emanuele in testa e Milano in coda. Come avanguardia, la Brigata era stata preceduta dal reggimento Aosta.

Oltre Ragogna, all'incirca a mezzogiorno, Manfredini venne fermato dal generale Badoglio, che gli ordinò d'arrestare la Brigata e raccoglierla sulla strada. Eseguì, ma intanto il Reggimento Milano - che aveva perso il collegamento col Vittorio Emanuele li a causa delle sfavorevoli condizioni di percorribilità della strada, congestionata da innumerevoli quantità di carri salmerie e pedoni - proseguiva per il ponte di Pinzano, che poi oltrepassò, recandosi a Valeriano. Proseguì fino a Valeriano anche lo Squadrone Mitraglieri del reggimento Vittorio Emanuele Il, che procedeva in coda anch'esso.

Dopo circa un'ora di sosta, Manfredini, vista vana l'attesa di Milano, seguito dal comandante di Vittorio Emanuele II e dai due squadroni del reggimento stesso, tornò indietro verso San Daniele. Erano le 13 circa quando Manfredini, adesso a Ragogna, trovò il comandante interinale della Divisione che gli ordinò di fermarsi e radunare il Reggimento Vittorio Emanuele II. Fatto ciò, furono inviate pattuglie alla ricerca di Milan.o, della IV Brigata, dei Battaglionj Bersaglieri Ciclisti e degli Arditi, coll'ordine di farli immediatamente tornare a Ragogna. Non si ottenne nulla, perché tutti i reparti avevano già oltrepassato il ponte di Pinzano ed erano ormai sulla destra de] Tagliamento.

Nel pomeriggio de1Jo stesso giorno 30, giunse a Ragogna il comandante titolare della divisione, tenente generale Litta Modignani, che riprese il comando e riuscì a riprendere il controllo dell'unità.

Durante la notte sul 31 il comandante della Brigata distaccò il reggimento Milano, co.l compito di costituire una linea di osservazione formata da gruppi di squadroni vari, collegati tra di loro verso gli sbocchi dei monti nel piano, per avvertire in tempo circa eventuali infiltrazioni nemiche.

Il 1 ° novembre vedeva la IV Brigata ferma a Basaldella. Nel pomeriggio e nella notte sul 2 fu fatta segno di forte bombardamento nemico dalla sponda sinistra del Tagliamento, che però non provocò nessun danno ag1i uomini e ai cavalli; anche il tempo fu clemente e ritornò il sereno. Il 2 novembre, a causa del bombardamento subito nella notte, il Comando delle Divisione ali' alba ordinò alla III Brigata di trasferirsi nella zona Medino-Sottomonte. La marcia fu effettuata con un intervallo di mezz'ora fra reggimento e reggimento. Il giorno dopo alle o.re 10 il comando della Divisione ordinava che entrambe le Brigate si raccogliessero ad est del Meduna, tra Colle e Ciago, per quanto possibile al coperto dall'osservazione, la III a nord ovest dj Sequals, la IV a nord di Spilimbergo, e ordinò di mandare pattuglie in osservazione.116

L'abbandono del compito loro affidato da parte della III e IV Brigata fu certamente un atto non conforme allo spirito della Cavalleria ed al dovere dell'ubbidienza. Di conseguenza i comandanti delle Brigate furono irnmediatamente destituiti, va comunque precisato che agirono per preservare l'integrità delle truppe e l'efficienza del reparto in vista di un possibile migliore impiego. Certamente

116 AUSSME, 142S 8E - III Brigata di Cavalleria ottobre - novembre 1917. Ottobre I 917: non è possibile segnare esattamente, giorno per giorno, le operazioni svolte daUa Brigata nel periodo di tempo compreso tra il primo e il 24 ottobre. perché il relativo diario, alla partenza da Buttrio il 25 sera, fu riposto neJla cassa cancelleria del Comando e andò poi smarrito nella giornata del 30 col carro bagaglio del Comando stesso. Non si ebbero peraltro, nel periodo di cui trattasi, a segnalare attività degne di rilievo: iJ Comando della Brigata ed il Reggimento Lancieri di Milano continuarono ad accantonare come prima a Buttrio, il Reggimento Lancieri Vittorio Emanuele fl a Pavia di Udine.

Opere di difesa in terza linea nella pianura friulana ai piedi del Carso.

Ripiegamento con civili nell'ottobre 1917.

la situazione era talmente chiara ed il compito di protezione del ripiegamento della fanteria, che la Cavalleria aveva svolto fino ad al1ora, era stato così continuo, che non poteva esservi dubbio alcuno sulla funzione del canale del Ledra. Esso consenti va il deflusso delle truppe e dei carri affluenti al ponte di Pinzano, non poteva quindi dar luogo ad equivoci, specie per ufficiali di grado così elevato e con alle spalle una carriera b1illante, quali i due comandanti di Brigata. La linea del Ledra doveva essere difesa ad oltranza, salvo preciso ordine in contrario. Il comandante della ill Brigata, che era il più elevato in grado e il più anziano dei due ed al quale spettava la maggiore responsabilità di avere preso l'iniziativa del ripiegamento sulla destra del Tagliamento, giustificò poi il suo operato. Egli affermò che, da un colloquio verbale avuto la notte del 29 al 30 col comandante interinale della Divisione, aveva desunto che si stesse formando una testa di ponte a Pinzano e che la 2° Divisione di Cavalleria dovesse pertanto trattenere il nemico il tempo necessario a completarla, per poi passare sulla destra del Tagliamento. Sostenne inoltre che la mancanza di ordini specifici da parte del comandante de1la Divisione nella notte dal 29 al 30, e soprattutto il mattino del 30, gli aveva fatto · confermare come giusto atto l'iniziativa di ripiegare.11 7

La 3a Divisione, mentre si trovava in marcia di trasferimento ai quartieri invernali, era stata richiamata improvvisamente per arginare l'offensiva nemica. Sbarcò dai treni a Conegliano e fu inviata ad Aviano, non essendo giunta in tempo per passare il Tagliamento. Di là prese gli ordini da Sua Altezza Reale il Conte di Torino, comandante delle truppe mobili, e fu mandata a Croce di Venchiaruzzo per proteggere, in unione ad altri reparti di cavalleria, le estreme retroguardie che si ritiravano dal Cellina al Piave fra la pedemontana Aviano-Polcenigo-Vittorio e la provinciale UdineTreviso. Da Croce di Venchiaruzzo, essendo giunte notizie che il nemico, passato il ponte di Pinzano, premeva sulla 2a Divisione, la 3a si mosse per soccorrerla. Procedette manovrando in massa e sotto l'azione del tiro nemico, al quale seppe sottrarsi con opportuni spostamenti, fin verso il ponte Giulio. Qui giunto, e saputo da proprie pattuglie che il nemico manovrava verso sud e procedeva con le sue avanguardie verso San Foca, il comandante decise sotto la sua responsabilità di non proseguire nella direzione ordinatagli, ma di portare velocemente l'intera Di visione proprio a San Foca per rinforzare una brigata, che sapeva aver ricevuto ordine di trattenervisi. E fu una vera fortuna l'aver presa tale decisione, perché quella Brigata, ritenendo forse di aver sufficientemente protetto l'estrema retroguardia, si era già ritirata. La Divisione, con successivi appiedamenti tra San Foca e la BreteUa, riuscì a trattenere fino a sera ]e truppe nemiche, ritirandosi poi, come da ordine, verso la Livenza.

Senonché, giunta sull'imbrunire a Vigonovo, le pervenne dal generale Montuori il contrordine di tornare ad Aviano per appoggiare due divisioni, che dalla montagna dovevano sboccare in piano verso Maniago. La Divisione passò così la notte completamente isolata a più di 12 chilometri oltre la linea degli avamposti. La notte permise di controllare tutta la sottostante pianura e confermarne la completa invasione da parte degli austro-tedeschi. Questo confermò ulteriormente le informazioni ricevute e cioè che dalla pedemontana non scendevano truppe, perché in questo caso Aviano sarebbe stato occupato, dato che anche la 2a Divisione si era già ritirata al di là del Livenza.

La 3\ poco prima dell'alba, ricevette quindi dal generale Montuori l'ordine di ripiegare dietro gli avamposti e s'incanalò sulla strada Aviano-Polcenigo, ma, quando la testa si trovava quasi a Polcenigo, ricevette l'ordine di ritornare nuovamente verso Aviano per il compito già accennato. Ritornata ancora sui suoi passi trovò Castel d'Aviano già fortemente occupato, tuttavia riuscì a trattenere il nemico sino a che, per un successivo ordine del generale Etna, ripiegò definitivamente, mantenendo il contatto sulla sponda destra del Livenza.

Il giorno seguente, abbandonando le fanterie sulla linea del Livenza per portarsi su quella del Monticano, la divisione esplicò il compito di protezione a nord della strada provinciale Udine-

117 AUSSME, B 4 9651, 2" divisione, l28D e 1615B.

Treviso, nella zona di colle Umberto, restandovi fino a notte inoltrata e portandosi successivamente a San Fior e San Vendemiano, sempre a contatto col nemico. Lì mantenne, appiedata, la sua posizione fino alla sera successiva, nella quale come da ordine, passò il Monticano e, verso l'alba, in seguito a nuove disposizioni, varcò il Piave.

All'intera attività della Divisione parteciparono due battaglioni di bersaglieri ciclisti, una squadriglia di automitragliatrici blindate ed un gruppo di batterie.118

La 1 a Divisione di Cavalleria, comandata dal maggiore generale Piero Filippini e formata dalla I Brigata del generale Annibale Gatti, coi Cavalleggeri di Monferrato e di Roma, e dalla II Brigata del generale Giorgio Erno Capodilista, con Genova Cavalleria e i Lancieri di Novara , era stata messa a disposizione della 3a Armata il 25 ottobre, mentre si trovava nei quartieri invernali fra Treviso e Padova. Aveva raggiunto Lestizza-Mortegliano e le era stato assegnato il compito di opporsi al nemico nel tratto Risiano-Palmanova- zona di congiunzione tra la 23 e la 3a Armata- e di proteggere contemporaneamente il fianco nord dell'Armata. L'azione della Brigata del generale Erno Capodilista è stata già descritta all'inizio, per cui ci limiteremo qui a descrivere le operazioni di guerra durante la protezione delle due Armate.

Il 25 ottobre il comando della 1 a Divisione di Cavalleria era ritornato nelle sue precedenti sedi di Pravisdomini e Ozzano. Il 28 il comando della II Brigata da Mortegliano si portò nelle prime ore del mattino a Palmanova. Il Reggimento Genova aveva il compito di respingere forti nuclei sulla linea Orgnano-Risano-Pozzuolo del Friuli.

Il giorno successivo la 1 a Divisione di Cavalleria, in seguito ad ordine del comandante del IV Corpo d'Armata, generale Lombardi, assunse uno schieramento davanti alle linea Pozzuolo del Friuli-Pasian Schiavonesco-Lumignacco, fronte a Udine con la I Brigata a Pasian Schiavonesco e la II a Pozzuolo del Friuli. Quest'ultima con in testa Genova e seguita da Novara, raggiunse verso le 17 .30 Pozzuolo del Friuli, che venne occupata senza difficoltà, e durante la notte vi si asserragliò. Genova si vide affidata la metà orientale del paese, col compito di guardare le provenienze da Udine, Sammardenchia e Lavariano; Novara ebbe la metà occidentale, con la sorveglianza degli sbocchi di Mortegliano, Santa Maria di Sclaunicco e Carpeneto: dappertutto burrasca e pioggia ininterrotta.

Il 30 ottobre, alle 4, giunse l'ordine di cooperazione col comandante la 7a Divisione di Fanteria generale Ravelli, che conteneva le disposizioni per l'attacco coordinato al nemico che avanzava da Campoformido in direzione di Codroipo. Tale attacco doveva essere sferrato contemporaneamente da tre colonne di fanteria - Brigata Lucca, Brigata Bergamo e 3° Reggimento Fanteria Piemonte che dovevano attestarsi alle 11 sulla linea Carpeneto-Sclaunicco-Galleriano. Il 5° Squadrone di Genova Cavalleria, al comando del capitano Lampugnani, alJe 8.30 passò a disposizione del comandante della 7a Divisione a Santa Maria di Sclaunicco.

Alla 1 a Divisione di Cavalleria era stato affidato l'incarico di informare ogni mezz'ora il comando della 7a sulla consistenza delle truppe nemiche nella zona Canale di Ledra-Udine-fiume Torre e sud di Palmanova, ma la ia Divisione in quel momento era di fatto costituita dalla sola brigata del generale Erno Capodilista.

Le pattuglie, inviate alle prime luci sulla fronte stabilita, segnalarono subito la presenza di nuclei nemici armati di mitragliatrici nei pressi di Terrenzano. Avute queste notizie, il comandante la brigata diede ordine di rinforzare la difesa del paese con tutti gli appiedati disponibili ed informò i comandanti della 73 Divisione e della 1 a di Cavalleria.

Verso le 11, cioè all'ora per cui era previsto l'attacco italiano, gli Austro-Tedeschi lanciarono il loro, eh~ venne respinto dalle mitragliatrici di Genova Cavalleria. Il comandante della 1 a Divisione ordinò di tenere Pozzuolo fino all'arrivo dei rinforzi; da Mortegliano infatti doveva arrivare un bat-

111 AUSSME, B 4 9651, 3• divisione, 1280 e J619C.

Il sistema di difesa sulla destra del Torre.

taglione di bersaglieri, che però non giunse mai. La pressione del nemico andava crescendo, ma Erno tenne, anche perché il comandante della 7a Divisione di Fanteria, informato della situazione, gli aveva fatto sapere, a voce, che la resistenza a Pozzuolo andava fatta ad oltranza e che faceva affidamento sul valore e sul sacrificio della Il Brigata di Cavalleria. Dopo mezzogiorno, gli attacchi si susseguirono sempre più violenti. Il 4° Squadrone di Novara, al comando dell'appena promosso capitano Giovanni Sezanne, caricò nuclei nemici facendoli ripiegare su Terrenzano, subendo notevoli perdite, ma facendo parecchi prigionieri, che concordemente affermarono che una brigata nemica era già arrivata a Terrenzano, seguita da parecchie divisioni. Alle ore 16.30 il combatti.mento si intensificò al massi.mo. Il nemico riuscì a sfondare lo sbarramento di Terrenzano e incominciò a penetrare in paese. Il 4° squadrone di Novara caricò nuovamente, permettendo allo squadrone mitragliatrici di Genova di disimpegnare le sue amù. Le perdite intanto si facevano sempre più gravi. Alle 17 .30 la situazione si fece critica, perché gli Austro-Tedeschi erano riusciti a sfondare anche gli sbarramenti della parte di Carpeneto, difesi strenuamente dal 1 ° Squadrone e dallo Squadrone Mitragliatrici di Novara, accerchiando il paese. Si combatté con indomito valore sulla piazza e sulla strada, mentre dalle finestre di alcune case le mitragliatrici nemiche iniziavano un violentissimo fuoco. Dopo otto ore di combattimento continuo, e quando ogni ulteriore resistenza appariva ormai vana, il generale Erno Capodilista ordinò di rimontare a cavallo e ripiegare su Santa Maria di Sclaunicco, aprendosi un varco in qualunque modo ed a qualunque costo. Come già narrato, il ripiegamento avvenne in circostanze estremamente difficili. Alcuni reparti di Novara, usciti da un altro sbocco, furono bersaglia-

La carica di Stupizza, 1917: la cavalleria si avvicina agli sbarramenti mentre i fanti li aprono.

ti appena fuori del paese da fuoco di mitragliatrici e fucileria e costretti a ripiegare in direzione di Mortegliano attraverso la campagna, aprendosi la strada con la lancia e la sciabola, caricando ripetutamente l'avversario e subendo forti perdite.

Alle 18.30 i resti della Brigata erano riuniti in Santa Maria di Scalunicco. Il comandante la 7a Divisione, informato dell'accaduto e della situazione, ordinò che la Brigata di Cavalleria raggiungesse la destra del Tagliamento percorrendo la direttrice Talmassons-Aris-Rivignano-ponte di Latisana. Le perdite erano state alte, quasi il 50% della forza impiegata. Il Comando Brigata aveva perso tre cavalieri e tre cavalli; Genova 16 ufficiali e 300 tra morti, feriti e dispersi di sottufficiali e truppa, con 340 cavalli,Novara l'intero Stato Maggiore del reggimento e in totale 16 ufficiali, 164 tra morti, feriti e dispersi di sottufficiali e truppa e 185 cavalli.

Il 1° novembre la Brigata ricevette l'ordine di raggiungere Pordenone. Il 4 la l3 Divisione si attestò al guado di Croce di Vencbiaruzzo ed iniziò il servizio di protezione alle colonne di fanteria che ripiegavano dietro la Livenza per il ponte di Brugnera. Il 7 novembre ricevé l'ordine di passare sulla destra del Piave per il ponte gittato dal Genio a Lovadino e di restare a Lovadino: per lei la ritirata del Friuli era finita. 119

Al momento di Caporetto, la 4a Divisione si trovava già in Piemonte nei quartieri invernali. Ricevuto l'ordine di ritornare al confine orientale, venne messa ad esclusiva disposizione dell'inten-

119 AUSSME, 142 S 6E, Comando della II Brigata di Cavalleria, )3 Divisione, mesi di ottobre - novembre 1917.

dente generale e si trasferì a Oderzo con tutti servizi, meno una sezione del 24° Autoreparto e metà della Sussistenza. Le sue Brigate VII e VIII furono utilizzate per il servizio di protezione ferroviaria fra Tagliamento e Piave, affidato precedentemente alla 3a Divisione di Cavalleria dal 30 ottobre, per assicurare la piena libertà e regolarità del movimento, in quel momento fortemente compromesso da militari sbandati e da profughi.

La 3a aveva quindi dovuto vigilare le linee Treviso-Casarsa, Treviso-Motta dj Livenza, MestreSan Donato e Piave-Portogruaro-ponte di Latisana, con l'ordine di tenere le stazioni sgombre da borghesi e miljtari sbandati, respingendo i primi fuori dalle stazioni e fermando e indrappellando i secondi in zone di concentramento, ricorrendo a qualunque mezzo. Doveva poi percorrere le linee mantenendole sgombre a qualunque costo; allontanare rapidamente da tutti i treni in movimento nelle stazioni di sua competenza tutti i civili e militari sbandati; tra questi ultimi, individuati specialmente tutti quelli appartenenti al 6° Reggimento Genio Ferrovjeri, li doveva avviare a una delle più vicine località di concentramento fra Portogruaro, Casarsa, Pordenone, Sacile, Conegliano, e Treviso. Invece i drappelli in servizio dei Ferrovieri del 6° Genio dovevano essere lasciati circolare nelle stazioni, lungo le linee ed i ponti ferrovieri.

Garantito il movimento ferroviario, la Cavalleria doveva estendere la sua attività alle vie ordìnarie - cioè alle strade - arrestando i militari sbandati a raccogliendoli nei luoghi dì concentramento. Infine doveva "Proteggere gli impianti.fissi delle stazioni, il materiale rotabile e di trazione nonché le comunicazioni telegrcifi.che e telefoniche delle stazioni e lungo la linea. Impedire e reprimere con qualunque mezzo il saccheggio di carri ferroviari delle stazioni. Richiedere il concorso dei carabinieri e delle armate Seconda e Terza."

Il 2 novembre alla 3a Divisione Cavalleria subentrò la 4a con le stesse consegne e continuò a pattugliare costantemente la riva destra del Piave.120

Durante quei tragici. giorni, specie sulla fronte della 28 Armata, da subito la Cavalleria ebbe due compiti precisi, il primo certamente "rallentare l'avanzata degli invasori", ma anche dì evitare nel modo più assoluto la più piccola infiltrazione per scongiurare il panico sia fra le truppe in ritirata, sia, e maggiormente, nelle colonne di civiU in fuga di fronte all'invasore.

Con questo compito limitato nessuna manovra a largo raggio era possibile, date anche le condìzioni di spirito della maggior parte delle truppe, la presenza tumultuosa nelle colonne di civiU, la maggior parte donne e bambini, il fantastico groviglio di carri e altre impedimenta che ingombravano ogni strada. Sarebbe stata sufficiente infatti l'azione di nuclei celeri nemici, di avanguardìe ardite, con armj automatiche, per impedire qualsiasi riorganizzazione che consentisse di resistere con la fanteria. Qualsiasi sortita sarebbe stata pericolosa se avesse trascurato le infiltrazioni dei numerosi piccoli nuclei avanzanti, che si dirigevano verso sud-ovest penetrando sul fianco e nelle retrovie della 3a Armata, il cui ripiegamento procedeva laborioso ma ordinato. 121

L'O AUSSME, 142 S l 7E, VU Brigata, 4" Divisione di Cavalleria, ottobre - novembre 1917. 121 Per dare un'idea dell'importanza del compito di sorveglianza delle linee affidato alla Cavalleria, bisogna tener presente quanto fosse importante a sua volta il mantenimento del traffico ferroviario per la salvezza dell'Esercito. Al 26 ottobre 1917 si trovavano in zona di guerra 120 locomotive e 4.000 carri ferroviari di vario genere. Preso dall'urgenza dell'evacuazione, il colonnello Oscar Spinelli, capo del servizio ferroviario della 3" Armata da San Giorgio di Nogaro aveva ordinato ravvio dei treni a "distanza di segnale", cioè senza rispettare il previsto intervallo di dieci minuti fra un convoglio e l'altro. Rischiava la fucilazione anche per un solo incidente ferroviario che si fosse verificato in seguito a tale ordine, contrario a tutti i regolamenti. Andò bene. Grazie a lui ed alla cavalleria, che teneva sgombre e proteggeva le linee e le stazioni, garantendone il funzionamento, i ferrovieri civili e militari riuscirono a spostare in ventiquattr'ore a Cervignano tutto quello che e;a a Gradisca, Sagrado, Ronchi, ViJla Vicentina ed Aquileia. Tra il 28 ed il 29 il traffico si spostò sempre più verso l'interno ed il 30 la quasi totalità del materiale era già oltre il Tagliamento. Facendo la spola in continuazione. protetti dalla Cavalleria. 104 treni avevano salvato l'intera 3° Armata.

La cavalleria passa gJj sbarramenti

La carica di Stupizza, I 9 I 7: passati gli sbarramenti, la cavalleria si prepara a caricare.

Nei primi giorni dell'offens.iva nemica, ]e quattro d.ivisioni di cavalleria non erano certamente nella loro piena efficienza organica e non erano neppure ben sistemate strategicamente, tutte riunite in una zona conveniente fra il Tagliamento e il Torre come riserva mobile nelle mani del Comando Supremo. Se questo fosse avvenuto, l'impiego di tale massa avrebbe forse potuto lasciare perplesso l'avversario sull'opportunità o meno di sboccare in piano e questa massa avrebbe certamente potuto operare con successo contro le colonne che si affacciavano in pianura da Tarcento e da Cividale. In una carica disperata indubbian1ente ne avrebbe ritardata o resa difficile l'avanzata nonché impedito il congiungimento.

Ma, come già esposto, due divisioni erano dislocate, in parte per ragioni di ordine pubblico, in Lombardia e in Piemonte, le altre due erano in marcia verso le sed.i invernali e, per giunta, non si trattava di divisioni al completo. Gli organici dei loro reggimenti erano ridotti perché da ognuno era stato sottratto uno squadrone per adibirlo come T.S., in sosthuzione di altrettanti squadroni sparsi all'interno del paese, a loro volta adibiti al servizio di ordine pubblico. Erano stati inoltre ridotti gli organici degli squadroni per ricavarne i cavalli necessari alle nuove formazioni d'artiglieria. Le Divisioni erano poi prive dei propri battaglioni ciclisti che, fin dall'inizio o quasi della guerra, erano stati assegnati alle Grandi Unità di fanteria; erano in parte senza le batterie a cavallo, anche perché impiegate sul fronte come artiglieria da campagna. Erano quindi divisioni per modo di ciire: più che altro delle brigate rinforzate.

Sulla costituzione di una riserva mobile formata con le quattro divisioni di cavalleria122 c'è da specificare quanto segue. In un momento della storia dell'esercito, quando quasi tutto si trovava al fronte, sistemare migliaia d.i uomini nelle retrovie, senza compiti immediati ma in prospettiva d'impiego eventuale, poteva suscitare, da parte dei combattenti, sentimenti non amichevoli nei confronti dell'Arma. I fanti potevano essere indotti a farsene una cattiva opinione, che inevitabilmente avrebbe lasciato il fronte per diffondersi all'interno della Nazione.

Per quanto riguarda poi "1 'increscioso dibattito" relativo alla III Brigata di Cavalleria e all'interpretazione di quel famoso ordine verbale, tipo d'ordine che tra l'altro in quei momenti era abituale123, esso non riguardò che l'interpretazione, data dal comandante della III Brigata, ad un colloquio incidentale, avvenuto la sera del 29 col comandante la Divisione. Il colloquio non fu convalidato da nessuna prova scritta, ed in quel momento di concitazione poteva anche sfuggire la necessità di apporre burocraticamente un timbro su una situazione. C'è però da dubitare che ufficiali così elevati in grado ed abituati a non discutere gli ordini abbiano ritenuto di assumersi arbitrariamente la responsabilità d 'abbandonare la posizione che, secondo gli unici e soli ord.ini ricevuti, avrebbero invece dovuto difendere. Il ripiegamento volontario rimane un enigma difficilmente risolvibile. Resta il fatto che fu prematuro, in quanto la pressione nemica non era eccezionale -e lo prova il fatto che non subirono perdite - pur essendo però 1isultato che i reparti d.i fanteria, compresi i Bersaglieri Ciclisti e gli Arditi, a loro volta "compresero male" gli ordini. Essi si ritirarono infatti dalla linea del Ledra prima della cavalleria, che si trovò priva di protezione ai fianchi, per cui a questo punto viene da domandarsi: come hanno fatto a capire male in tanti, e tutti nello stesso modo, se l'ordine era stato emanato ed in modo tanto chiaro?

Oltrepassato il Tagliamento, il compito assegnato alle Grandi Unità di Cavalleria sulla destra del fiume era stato duplice: concorrere con le retroguardie di fanteria alla protezione del ripiegamento delle colonne di fanteria della 2a Armata; coprire, in concorso con le retroguardie parziali della regione Casarsa-Ponte della Delizia, il fianco destro della 3a Armata da incursioni di truppe celeri nemiche.

in AUSSME, B 4 9651, 2• Divisione. m Va comunque notato che, nei riguardi dell'occupazione del Ledra, nessun altro ordine, né verbale né scritto, che parlasse di ripiegamento era stato emanato dal Comando della 2° Divisione; e questo lo ammisero anche i comandanti di Brigata, i quali giustificarono la propria azione d'iniziativa come imposta propiio dalla mancanza di ordini da parte del comandante interinale della Divisione.

La linea d'osservazione s·estendeva per circa 25 chilometri da Pinzano al ponte della Delizia e interessava una regione, sulla destra del Tagliamento, facilmente percorribile in qualsiasi direzione da truppe celeri nemiche. Il compito di protezione immediata del ripiegamento della 2a Armata venne dato alle due divisioni, ad un distaccamento misto quello di coprire il fianco della 3a dalle incursioni sulla direttrice ponte della Delizia-Casarsa; una divisione era in riserva per rinforzare l'azione dove fosse stato necessario.

In conseguenza delJe disposizioni emanate, che si dimostrarono rispondenti alla situazione e che permisero il ripiegamento indisturbato delle due Annate dietro la linea del Piave, inizialmente una divisione veniva a trovarsi dislocata verso Sequals e Spilimbergo, una nella zona di Domanins, il distaccamento speciale a Casarsa e la riserva a Vincbiaruzzo, in corrispondenza del guado di Meduna, che dava più sicuro affidamento di passaggio in qualunque ora, anche della notte. L'azione della 2a Divisione di Cavalleria, che collaborò in stretto collegamento con il Corpo d'Armata speciale del generale Di Giorgio, era in direzione degli sbocchi di Travesio e di Pinzano, da dove sarebbero dovute arrivare la 36a e la 63a Divisione di Fanteria, in ripiegamento. La Divisione, costantemente aggiornata sulla situazione ed in stretto collegamento con il corpo speciale Di Giorgio, anche dopo che questo, a causa degli scontri era stato ridotto a soli 4.400 fucili ed era stato costretto ripiegare dietro il Meduna, si mantenne in potenza di fronte allo sbocco di Travesio. Il suo compito era di agire eventualmente in concorso con le truppe che avessero cercato di aprirsi il passo verso il sud. Qui rimase fino alle 5 del mattino del 5 novembre, quando il nemico, vinte le resistenze al ponte di Sequals e passato il Meduna, la costrinse a ripiegare verso Panna, da dove sarebbe poi dovuta muovere verso sud, per sbarrare al nemico almeno il passaggio del torrente Col vera. Ma le truppe in pianura non ebbero alcun indizio di un'azione in corso verso le pendici meridionali delle Prealpi Carniche che indicasse la presenza delle due attese divisioni di fanteria. In aggiunta, la regione prealpina dove risultava dirigersi il nemico dopo aver sfondato la linea di Comino, non era tale da consentire - anche a non voler considerare il diverso compito comunque assegnato alle truppe mobili italiane - qualsiasi efficace impiego di cavalleria. Le comunicazioni fatte a] comando delle retroguardie fin dalle 18.30 de] 4 novembre 1917 dal comandante il settore sinistro, il generale Etna, attraverso il comando delle truppe mobili, e cioè che "le divisioni 36a e 63° che devono scendere delle Prealpi Carniche non sono ancora entrate in azione sul fianco destro del nemico. Ho ricevuto l'ordine che si aprano ad ogni costo il passo verso ovest" e le analoghe comunicazioni del comando della 23 Armata, non lasciavano dubbio che le due divisioni avrebbero cercato di sboccare in piano in un'altra direzione. Ed era naturale che fosse così, date le difficoltà di sboccare fra il Tagliamento ed il Meduna, visto che il nemico, sfondata la linea di Comino, aveva potuto dilagare sulle pendici meridionali delle Prealpi Carniche ed impadronirsi dei punti di passaggio. Ciò nonostante, la 2a Divisione di Cavalleria, informata della situazione, prese durante la notte dal 4 al 5 tutte le disposizioni per dare eventualmente una mano ai reparti che da nord avessero tentato di aprirsi il varco e ciò non appena si fosse avuto un indizio qualsiasi di combattimento nella zona prealpina.

Ma non se ne ebbe alcuno, né in quella notte né per tutta la giornata del 5, mentre le tre divisioni si aggiravano fra Cellina e Meduna per contrasrare e ritardare l'avanzata nemica verso ovest; non arrivò alcuna notizia sicura delle divisioni di fanteria, nonostante la presenza, soprattutto, della III e IV Brigata. La sera del 5 il comando della 2a Armata ordinò al generale Etna: "occorre domani - 6 novembre - fare un ultimo tentativo durante la nostra sosta sulla Livenza per sostenere la raccolta delle 63a e 36° divisione verso la Livenza stessa." Tale compito venne affidato alla 3a Divisione di Cavalleria la quale, nella notte dal 5 al 6, era rimasta, come abbiamo visto, oltre la linea degli avamposti, nella zona di Aviano. Durante la stessa notte fu eseguita un'ampia esplorazione in direzione est, verso Travesio, per avere notizie di eventuali combattimenti e poter accorrere a sostegno, a qualunque costo, delle due attese divisioni di fanteria. Poiché le informazioni raccolte furono concordi

Stupizza: la cavalleria si avvia all'obiettivo.

Reduci da!Ja carica tornano alla base di partenza.

nell'escludere indizi dj combattimento in corrispondenza della zona montana, dalla quale dovevano provenire le truppe, il generale Etna, fra le 13 e le 14 del giorno 6 giudicò "mancata l'opportunità di impiegare in aiuto della 63° e 36° divisione le truppe messe a sua disposizione". La 33 Divisjone di Cavalleria fu quindi rimessa in libertà e riprese il primitivo principale compito di protezione del ripiegamento della 2a Armata.

Dopo lo sfondamento della linea di Comino, avvenuto fra il 3 ed il 4 novembre, il 4 le fanterie del corpo speciale Di Giorgio in~iarono alle 15 il ripiegamento dietro il Meduna: erano trascorsi due giorni, il nemico non si trovava 01mai più di fronte altro che le truppe mobili ed era stato trattenuto efficacemente dalle unità di caval1eria ad est del Cellina.

Le due divisioni di Cavalleria furono fermate da truppe nemiche operanti nelle Prealpi Carniche, terreno dove la cavalleria non avrebbe assolutamente potuto agire. A questo punto vale la pena di ricordare lo stato generale delle unità e degli elementi costituenti le retroguardie: erano in parte elementi stremati dopo l'enorme logorio subito nel ripiegamento dal Torre al Tagliamento-Saluzzo, ad esempio, contava poco più di 200 cavalleggeri - e coi cavalli dimezzati. Era umanamente da e.scludere in quella situazione qualsiasi manovra azzardata che, se poteva dar luogo a qualche episodio brillante, avrebbe rischiato di compromettere lo scopo principale che alle Grandi Unità era stato affidato e cioè di proteggere il ripiegamento dei resti delle Grandi Unità elementari e complesse dietro alle quali bisognava arrestare o almeno rallentare il più possibile il nemico, per salvare l'onore e l'integrità della Patria.124

Quasi tutti i reparti delJ' Arma furono impegnati, in modi e forme differenti, durante il ripiegamento al Piave. La mutata situazione diede nuova linfa e dinamicità alla volontà d'azione che l'Arma racchiudeva in sé; non a caso il figlio di Cadoma, Raffaele, futuro comandante di Divisione e a capo della Resistenza di lì a meno di trent'anni, prestava servizio nei Lancieri di Firenze, a riconoscimento del valore dell'Arma in seno all'Esercito. Adesso la guerra di movimento le consentiva di tornare sul campo nelle vesti che le erano consone.

Con lo schieramento dell'Esercito sulla linea Grappa-Piave, a suo tempo preparata e rinforzata da Cadoma proprio in previsione di una simile situazione, si concludeva il primo ciclo della Grande Guerra.

Il ripiegamento diede immediatamente nuova forza alla Nazione ed all'Esercito e permise di riorganizzarsi e prepararsi alla battaglia decisiva. L'arretramento poi, ingigantito da un catastrofismo nazionale sempre presente - e quello s'ì specificatamente italiano - non era dei più gravi. Negli altri fronti gli arretramenti e le avanzate si erano verificati nelle stesse proporzioni, ma a nessuno venne mai in mente di farne una disgrazia nazionale, anzi.

Dopo la ritirata, alla Cavalleria furono affidati, in collaborazione con i Carabinieri, compiti di polizia militare, compiti certo non graditissimi, ma indispensabi]j per far riacquistare a11'Esercito sbandati, disertori, dispersi o uomini comunque fuori dai ranghi. I Cavalieri disponevano non solo della mobilità necessaria per quel servizio, ma anche della saldezza morale indispensabile per assolvere un compito sotto molti aspetti non facile.

Dopo le prove dell'autunno 1917, i reggimenti di Cavalleria furono riordinati e rinforzati nel1' armamento e negli organici. In ogni squadrone fu aumentata la forza del nucleo ciclisti. Si volevano evidentemente aumentare le possibilità di movimento su strada con un mezzo meno logorabile, meno costoso, meno visibile, più duttile e che, tutto sommato, poteva esser inteso come un primo preludio al1a definitiva sostituzione, nel tempo, della locomozione animale.

12 • A USSME, B 4 9651, Comando generale dell'arma di cavai leria.

La carica di Stupizza, è finita: si recupera un cavallo scosso.

This article is from: