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Premessa
Premessa
Nella primavera del 1941 le potenze dell’Asse invasero la Jugoslavia, che incapace di opporre una seria resistenza fu sconfitta in pochi giorni. Le truppe tedesche entrarono a Zagabria e fu proclamato lo Stato Indipendente Croato (Nezavisna Država Hrvatska, NDH) alla cui guida fu posto Ante Pavelić, leader degli ustaša, movimento separatista e ultranazionalista croato che, sostenuto fin dagli anni Trenta dall’Italia fascista con finanziamenti, armi e la possibilità di addestrare uomini, non aveva disdegnato negli anni precedenti l’utilizzo di metodi terroristici nella lotta politica contro il regime di Belgrado (clamoroso l’assassinio del sovrano jugoslavo a Marsiglia il 9 ottobre del 1934). Fino alla capitolazione italiana, lo Stato Indipendente Croato fu formalmente incluso nella sfera d’interesse di Roma ma di fatto rimase diviso in due zone d’occupazione distinte – italiana e tedesca – e l’Italia esercitò una reale influenza solamente nella parte direttamente occupata dalle forze della 2ª Armata.
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Il presente studio si propone quindi di ricostruire ed analizzare alcuni aspetti delle relazioni politico-diplomatiche, militari ed economiche intercorse tra l’Italia e lo Stato croato fino alla caduta del fascismo e al successivo armistizio dell’8 settembre 1943. Ufficialmente contrassegnate dal rapporto di alleanza, le relazioni italo-croate furono caratterizzate in realtà da una forte conflittualità a diversi livelli, generata da alcune fondamentali questioni, tra le quali primeggiava la disputa dalmata. Le tensioni non riguardarono solo i rapporti tra Roma e Zagabria ma determinarono ancor più una serie di attriti tra le autorità militari e le personalità politiche italiane all’interno dello stesso Stato croato: gli ambienti militari italiani fin dall’inizio si dimostrarono critici nei confronti degli ustaša al potere, mentre la Legazione Italiana a Zagabria – decisamente più conciliante con l’alleato croato fino a gran parte del 1943 – criticò gli atteggiamenti filo-serbi assunti da ufficiali e soldati italiani. L’intransigenza degli ustaša vicini alla Germania nazista in contrapposizione alla flessibilità che caratterizzò le posizioni del Poglavnik rappresentò poi un ulteriore ostacolo per l’imperialismo italiano; senza dimenticare infine, nel contesto quotidiano, i numerosi “incidenti” tra militari italiani e milizie croate.
L’intento principale è stato fornire un quadro generale dei rapporti tra i due Stati attraverso il confronto di documenti italiani e croati, con particolare attenzione ad alcuni contesti locali ed eventi che rappresentarono esempi particolarmente significativi. Infatti,
pur essendo disponibile una vasta produzione bibliografica sull’occupazione italiana della Jugoslavia durante la Seconda guerra mondiale, a cui in parte si rimanda nel corso del testo, meno gli studi pubblicati si sono concentrati nello specifico sulle relazioni tra le istituzioni diplomatiche, le autorità militari e la popolazione dell’Italia e dello Stato Indipendente Croato. La ricerca, inoltre, è stata a volte legata al dibattito sul topos degli italiani “brava gente”, questione volutamente ignorata in questa sede, dove si è preferito affrontare determinati temi – quali l’aperta ostilità tra l’alleato croato ed i militari italiani, la collaborazione del regio esercito con i serbi (četnici e bande anti-comuniste), l’atteggiamento dei militari italiani nei confronti della popolazione civile, le operazioni per la repressione del movimento di liberazione jugoslavo in Croazia e Bosnia-Erzegovina –quasi esclusivamente riportando gli avvenimenti in questione, senza adottare – o almeno tentando di non farlo – particolari linee interpretative.
Inevitabile iniziare delineando i principali temi (questione adriatica e proclamazione della Jugoslavia, politica estera fascista nei Balcani, sostegno italiano agli ustaša, accordi Ciano-Stojadinović) che nel periodo interbellico rappresentarono gli antefatti delle vicende del 1941-1943. Per la ricostruzione del biennio 1939-1941 sono stati utilizzati soprattutto i documenti conservati presso l’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (AUSSME), con particolare attenzione alla documentazione del Servizio Informazioni Militare (SIM) sullo Stato jugoslavo. In generale i documenti dell’AUSSME hanno consentito di ripercorrere le relazioni italo-croate non solo attraverso la ricostruzione delle operazioni militari ma affrontando una più ampia riflessione sul conflitto d’interessi tra Italia e Germania per l’egemonia nell’area balcanica formalmente concessa all’influenza italiana. Anche le raccolte di documenti e le pubblicazioni edite hanno assunto una particolare importanza per la ricostruzione degli eventi (soprattutto delle operazioni anti-insurrezionali) e l’interpretazione del sistema d’occupazione italiano.
La documentazione militare è stata quindi integrata dal materiale consultato presso l’Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri (ASDMAE), prezioso, ad esempio, per ricostruire l’iter che portò agli Accordi di Roma del 18 maggio 1941, e dell’Archivio di Stato di Zagabria, Hrvatski Državni Arhiv (HDA), ad integrare il quadro complessivo con particolare attenzione alle corrispondenze con i rispettivi governi delle legazioni croata e italiana a Roma e Zagabria e alla situazione del Governatorato italiano in Dalmazia. Nell’ultimo capitolo, infine, un paragrafo è stato dedicato ad un’analisi degli interessi economici contesi tra Italia e Croazia, in realtà ampiamente soffocati dall’ingerenza e dalla supremazia economica tedesca.
Lo Stato Indipendente Croato condivise con Italia e Germania le poche glorie e le tante miserie. Nel 1945, con la sconfitta del nazi-fascismo, la Jugoslavia venne ricostituita all’insegna del socialismo reale dal movimento partigiano di Tito, uscito vincitore dal conflitto con il sostegno degli Alleati. Gli eventi che investirono lo Stato croato in questi quattro anni furono tra i più sconvolgenti della Seconda guerra mondiale: gli ustaša di Pavelić uccisero centinaia di migliaia di serbo-ortodossi e decine di migliaia di ebrei e rom,
in nome di una “soluzione finale” della questione nazionale croata ricordata da alcuni storici come “Olocausto balcanico”. Le autorità militari italiane, coinvolte nella tragedia dai propositi imperialisti di Roma, si trovarono ad affrontare una situazione che avrebbe avuto importanti ripercussioni politiche, intervenendo in favore di serbi ed ebrei contro gli alleati ustaša. Anche in questo caso un ampio dibattito, più o meno equilibrato, ha cercato di interpretare nella recente bibliografia le reali ragioni che portarono a tale decisione, arrivando a conclusioni non del tutto univoche. È tuttavia appurato che tra la linea politica di Roma e quella adottata dalle forze armate sul territorio si verificò una progressiva divergenza che creò gravi incomprensioni e contrasti, sia tra Roma e Zagabria, sia tra le massime autorità politiche italiane e l’esercito. L’ordine categorico fu di non intervenire dinanzi alle violenze e disinteressarsi delle questioni locali, ma forte rimase la tentazione da parte italiana di allontanare gli ustaša – almeno dai territori dalmati direttamente annessi all’Italia – in quanto ritenuti i principali colpevoli della situazione generatasi nello Stato Indipendente Croato.
Desidero ringraziare vivamente una serie di persone a cui sono riconoscente per il sostegno fornito, intellettuale e materiale, senza il quale non sarebbe stato possibile realizzare il presente volume e, più in generale, le ricerche fin qui compiute: il Prof. Antonello Biagini e la Prof.ssa Giovanna Motta, Alessandro Gionfrida, Andrea Carteny, Alessandro Vagnini, Giuseppe Motta, Antonello Battaglia, Anida Sokol, Valeria del Sordo, Martina Bitunjac.
AB