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IV - I PIANI OPERATIVI
Il Piano Italiano
Analizzate in funzione della Grecia , le possibilità operative dall'Albania evidenziavano un'unica origine, .il semicerchio appoggiato al mare Durazzo-Elba san -Berat-Valona, dal quale si dipartivano due direttrici operative eccentriche: la macedone-tessala e l ' epirota.
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La prima di esse puntava decisamente dal Korçano verso la Macedonia, in particolare verso il porto di Salonicco, ed in seconda istanza scendeva verso Sud in direzioneAtene -Pireo. L' importanza del porto di Salonicco derivava dall'essere la via attraverso la quale l'Inghilterra avrebbe potuto inviare rapidamente rinforzi all'esercito greco, ed inoltre dal provocare riflessi di primo piano sul possibile intervento della Bulgaria. Dal canto suo, altrettanto se non più importante era la Tessaglia, e pervenire a Larissa voleva dire tagliar fuori le forze della Macedonia orientale e della Tracia da un lato e quelle dell'Epiro dall'altro .
La seconda direttrice, quella epirota, consentiva l'acquisizione di tutta la regione sino ad Arta-Preveza, con la possibilità di ulteriori sviluppi di seconda fase sia verso Missolungi sia verso Atene.
Le direttrici macedone ed epirota miravano in sostanza a perseguire uno scopo circoscritto, mentre quella tessala , strettamente connessa con la prima , tendeva all ' occupazione di quasi tutta la Grecia. Fra la tessala e l'epirota esisteva una possibilità di concorso, anche se non indispensabile, dal momento che il loro collegamento attraverso il Pindo non avrebbe pregiudicato un ' azione che si fosse ripromessa di rivolgersi solo ali ' Epiro; questo sarebbe stato isolato dalla chiusura del passo di Metsovo, fronte ad Est o ad Ovest a seconda di chi avesse preso la decisione.
Il piano operativo italiano definitivo fu diramato il 20 ottobre 1940 . Esso disponeva che l'inizio delle ostilità fosse contemporaneo per l'avanzata in Epiro e lo sbarco a Corfù; l'occupazione dell ' Epiro doveva venire estesa alle posizioni dominanti da Sud e da Est il golfo di Arta, in vista dell'ulteriore avanzata e per consentire lo sbarco di GG .UU. in rinforzo; infine la Divisione Bari, giunta direttamente dall'Italia, una volta occupata Corfù sarebbe passata alle dipendenze del Comando Superiore d ' Albania. Il 24 dello stesso mese, peraltro, fu deciso che l'occupazione di Corfù sarebbe stata effettuata solo se fosse stato possibile sbarcare in due punti e sempre che le condizioni del mare lo avessero consentito, che quella di Cefalonia dovesse aver luogo in un momento successivo e che quella delle altre isole fosse differita a tempo indeterminato .
Una volta giunti rinforzi in misura sufficiente, avrebbe avuto inizio la seconda fase partendo dall'Epiro con obiettivo Atene, lungo le direttrici Arta-Larnia -Atalanti -Tanagra ed Agrinion -Missolungi-Atene. Le truppe del Korçano dovevano tenersi inizialmente sulla difensiva attiva per poi, adeguatamente rinforzate, passare all'offensiva in direzione di Florina e Kastoria per attrarre su di loro le forze greche della Macedonia In caso di grave deterioramento della situazione interna greca, con conseguente collasso dello strumento militare, il prosieguo dell'operazione avrebbe potuto attuars i anche senza i rinforzi preventivati.
In Epiro dovevano agire tre complessi di forze : il XXV Corpo d'Armata della Ciamuria, la Divisione Julia ed il Raggruppamento del Litorale, con l'eventuale intervento della Divisione Piemonte tenuta in riserva.
II Corpo d'Armata Ciamuria doveva rompere con il grosso delle forze (Divisione Ferrara rinforzata) le difese greche del nodo di Kalibaki, agevolare l'avanzata di tali forze con un'azione avvolgente per la destra (Divisione Siena) ed un'altra sussidiaria per la sinistra (aliquota della Divisione Centauro), completare e sfruttare velocamente il successo in direzione di Gianina ed Arta (Divisione Centauro). La Divisione Julia, operando su due colonne, doveva raggiungere il più rapidamente possibile il passo di Metsovo e coprire il fianco sinistro attraverso l'occupazione dei passi della catena del Pindo. Al Raggruppamento del Litorale erano assegnati tre distinti obiettivi: Luros per il 3° Rgt. Granatieri, Preveza per i Lancieri di Aosta ed Arta per i Lancieri di Milano. Da Arta, doveva impedire l'afflusso di unità greche , predisporre lo sbocco su Missolungi ed agevolare lo sbarco di rinforzi a Preveza e ad Arta stessa.
Cartina n. 5 - Le direttric i operative dall'Alban ia alla Greci a (da Montanari M. , «L'esercito italiano nella campagna di Grecia». Roma , USSME, 2° edizione, 1991, pa g. 91).
Il XXVI Corpo d'Armata nel settore Korçano era preposto ad assicurare le posizioni di confine con un atteggiamento prevalentemente dinamico , ad occupare i tratti di confine utili per uno sbocco offensivo, ad ingannare il nemico simulando un attacco contemporaneo all'inizio delle operazioni in Epiro.
IL
Piano Greco
Il piano di guerra greco, elaborato nel 1939 dopo l'occupazione italiana dell'Albania, si fondava sull'eventualità di doversi battere su due fronti, quello albanese e que ll o bulgaro, e prevedeva che lo sforzo principale italiano si sarebbe manifestato in direzione di Korça-Florina-Salonicco, con azioni a raggio limitato in Epiro, corrispondendo in ciò effettivamente agli intendimenti italiani di quel tempo. Ne era conseguita la decisione di abbandonare dopo una semplice azione ritardatrice di contenimento sia l'Epiro che la Macedonia occidentale, con difesa separata della Macedonia orientale a protezione di Salonicco e della Tessaglia a protezione di Atene. In coincidenza con la vera e propria mobilitazione dell'esercito iniziata il 17 agosto 1940 fu predisposta una nuova pianificazione nella quale, per quanto riguardava la minaccia italiana, assunse un'importanza sempre maggiore la cerniera del Pindo, elemento di compartimentazione fra Epiro e Macedonia occidentale ma anche di giunzione fra le difese dei due settori. Secondo il nuovo piano, una sola posizione era da difendere ad ogni costo e sino all'ultimo, il passo di Metsovo
La resistenza ad oltranza era prevista su due linee successive : la più avanzata, ad una ventina di chilometri dal confine, si appoggiava a destra ai massicci montuosi del Gamila e dello Smolika, proseguiva sul nodo stradale di Kalibaki e raggiungeva il mare, seguendo il fiume Ka]amas; la seconda utilizzava il corso del fiume Arta dal passo di Metsovo alle sue foci nello Jonio, presso la città omonima. Le due linee trovavano proseguimento in Macedonia.
Le predisposizioni difensive greche si riferivano comunque ad un insieme di misure intese ad opporre una prima, quanto più valida possibile, resistenza all'invasione per consentire il completamento della mobilitazione dell'intero esercito. Di conseguenza, il raffittimento delle difese dopo i primi combattimenti, la successione degli ordini, le progressive modifiche al dispositivo e l 'evoluzione della catena di comando avrebbero dovuto essere considerati più come correlati alla dinamica degli eventi che non come il prodotto di un piano organico programmato per fasi ben distinte s in dal tempo di pace.
1. - L' ATTACCO ITAL IAN O (28 OTTOBRE-9 NOVEMBRE 1940)
Le truppe italiane lasciarono le rispettive linee di partenza fra le 5.30 e le 6 di lunedì 28 ottobre 1940 , sotto una pioggia torrenziale.
Nel settore centrale, il XXV Corpo d ' Armata Ciamuria attaccò con la Ferrara e la Siena tenendo in riserva la Centauro , che avrebbe dovuto sfruttare il successo non appena sfondato il nodo di Kalibaki. Una colonna della Ferrara, con alcuni carri armati, riuscì ad impossessarsi del ponte di Perati sul fiume Yojussa prima che i greci lo facessero saltare, e le altre colonne di fanteria ne approfittarono per procedere oltre. Ma lo stato delle strade , viscide di fango ed in alcuni tratti franate od interrotte e la forte resistenza nemica, supportata dal! ' azione di qualche aereo che disturbava i lavori di riattamento, resero oltremodo lento ed oneroso il movimento , nonostante l'impegno, la tenacia e lo slancio di tutti i reparti. Particolarmente molesto si rivelò il tiro del1'artiglieria greca che , pur non essendo molto fitto , risultò ben studiato ed efficace. I pezzi erano accuratamente mascherati od in caverne e sfuggivano ali' individuazione, per cui nei punti di passaggio obbligato e nei tratti scoperti il fuoco provocò numerosi danni. Aggiungasi la maggior portata delle batterie greche, che trovandosi oltre la gittata di quelle italiane non potevano venire contrabbattute
Tutti i predetti fattori rallentarono la nostra progressione, spezzettando le colonne d'attacco in molti scaglioni ai quali la Centauro cedette, poco alla volta, gran parte dei proprì mezzi, così da essere assorbita dalla lotta non come Grande Unità organica bensì suddivisa in tronconi.
La Siena fu chiamata ad operare sul medio Kalamas, partendo dalla sua zona di schieramento fra Del vino e Konispoli , un settore prettamente montano e privo di rotabili. Ciò impose una serie di provvedimenti iniziali per consentire il superamento di specifiche difficoltà: costruzione e miglioramento di mulattiere , gittamento di passerelle su numerosi torrenti , costituzione di depositi avanzati di viveri e munizioni, requisizione ed inquadramento di numerose salmerie albanesi, ecc. Un complesso di apprestamenti che, comunque , non avrebbero potuto avere adeguato seguito durante la progressione offensiva per le carenze logistiche organiche. Infatti, il ritardato impiego degli automezzi e della maggior parte delle artiglierie, in attesa che la mulattiera principale venisse trasformata in sentiero rotabile , e l ' insufficienza di salmerie causarono difficoltà di alimentazione che crescevano man mano che i reparti procedevano in territorio greco. La Divisione non soltanto si trovò nell'impossibilità materiale di passare il Kalamas, largo una cinquantina di metri e profondo circa tre, inguadabile dato lo stato di forte piena che ne aumentava lo scorrere impetuoso fra sponde incassate, ma risentì anche di serì problemi logistici.
Dal I 0 al 4 novembre si procedette alla preparazione per il forzamento del fiume, ed il giorno successivo l'azione riprese su tutto il fronte epirota. La Centauro fu incaricata di sfondare fra Kalibaki e Paliokastro, mentre la Ferrara doveva agevolare l'azione di rottura della divisione corazzata e garantire i fianchi delJa penetrazione successiva.
Da parte greca, mentre il Comando Supremo era disposto a considerare con una certa elasticità la linea di condotta da seguire in Epiro, - in attesa che si chiarisse la situazione sul Pindo a propos ito della quale restava fermo l'assoluto impegno di tenere saldamente il passo di Metsovo - il comandante dell'8 a Divisione gen. Katsimitros, visto l ' andamento dei primi scontri ed il rapporto di forze esistente, decise di insistere nella difesa sulla linea del Kalamas, a meno che una manovra di avvolgimento non lo avesse costretto ad abbandonare Kalibaki .
Alle 10 del 5 novembre, venuto a mancare il concorso aereo nonostante fosse stato coordinato con diversi tempi di intervento in funzione degli obiettivi ravvicinati e di quelli più arretrati, le colonne italiane iniziarono il movimento che , da subito, fu lento e stentato a causa dell'ottima organizzazione del fuoco dei greci . Qualche successo si verificò quà e là, ma non nella misura auspicata . ln particolare la Centauro non poté giocare le proprie carte, essendosi trovata di fronte ad ostacoli naturali (terreno acquitrinoso) ed artificiali (tre ordini di putrelle in ferro sistemate in corrispondenza di un ampio fossato) per essa non superabili. La situazione cominciò a farsi pesante, non tanto per le perdite nel personale, tutto sommato contenute, quanto per quelle relative ai mezzi. Se infatti dal 28 ottobre al 5 novembre la Ferrara e la Centauro, con i relativi supporti di corpo d'armata , ebbero complessivamente 645 perdite (147 morti, 458 feriti e 40 dispersi) su 22.000 effettivi, nei ranghi della sola Centauro le perdite degli automezzi oscillarono fra il 25 ed il 30% e per i carri armati s i avvicinarono al 50% .
Nonostante le due divisioni, nel tardo pomeriggio del 7 , fossero state costrette ad attestarsi sulle posizioni faticosamente raggiunte in prossimità del Kalamas , il fiume fu infine oltrepassato dalla Siena la cui penetrazione più a Sud era stata coronata da successo Dopo ripetuti tentativi, infatti , a metà giornata del 5 novembre una passerella con natanti gittata per la terza vo lta non fu più interrotta dal fuoco nemico, e due battaglioni del 32° Fanteria superarono il Kalamas travolgendo le resistenze greche Durante la notte la testa di ponte venne saldamente consolidata, ed il giorno seguente venne allestita anche una passerella rinforzata, riuscendo in tal modo a stabilire il collegamento regolare con l'altra sponda.
Pur non facendo parte del Corpo d'Armata Ciamuria, nel settore epirota agì sull'ala destra anche il Raggruppamento del Litorale, che sin dall'inizio incontrò difficoltà analoghe a quelle della Siena. Anch'esso, facilitato da una resistenza greca meno tenace rispetto a quella incontrata da quest'ultima, riuscì comunque a forzare il Kalamas contribuendo con l'altra Grande Unità alla costituzione dell'ampia testa di ponte che a ndava dalle alture di Varfani al mare. Il Raggruppamento del Litorale fu l'unico complesso di forze che affrontò una situazione operativa simile a quella ipoti zzata nel piano offensivo, e mise a profitto le circostanze senza indugio per cui le tre colonne che lo componevano scesero verso Sud lungo le rispettive direttrici di movimento raggiungendo lgoumenitsa. Ma s in dal mattino del 7 novembre il Comando Superiore A lban ia, consapevole che l'azione offensiva si era ormai esaurita, ordinò al 3° Granatieri ed ai due reggimenti di cavalleria Aosta e Milano , che si erano spinti oltre il Kalamas rispettivamente fino alle località di Plataria, Murtos e Margarition, di ritornare entro la testa di ponte .
Nel settore centro-sinistro del fronte, quello del Pindo, la Julia mosse decisamente verso il passo di Metsovo. Sulla catena del Pindo, costituita da una lung a dorsale estendentesi dal massiccio del Grammos al predetto passo, i movimenti risultavano più agevoli in senso trasversale che non long i tudinale , rendendo quelli con quest'ultimo andamento più esposti alle offese provenienti da Est. I punti cruciali dello scarso sistema di comunicazioni erano rappresentati dai passi di FurkaSamarina e di Metsovo. Il possesso del primo, situato più a Nord, era condizione iIÌdispensabile per quaJunque movimento ve rso Est, sia nell 'alta che nella media valle del fiume Sarandaporos, mentre il possesso del secondo r.ichiedeva notevoli forze per mettere la difesa in grado di proteggersi dalle offese provenienti da Nord-Est e da Est. Ne derivava come, stante la zona di raccolta e l'obiettivo assegnato allalulia , il movimento doveva necessariamente svolgersi con direzione Nord Ovest-Sud Est, quella cioè meno favorevole come andamento delle comunicazioni.
La Julia si articolò in due raggruppamenti di forze, con l '8° Rgt. alpini su tre colonne ed il 9° su due , corrispondenti ai ri spettivi battaglioni. Date le accennate difficoltà di transito , specie per le salmerie, risultò indispensabile che ogni colonna avesse sufficiente forza ed autonomia logistica per poter vincere da sola le prevedibili resistenze e, nel contempo, per concorrere all ' azione di quelle laterali. Si rese pertanto necessario adottare drastiche misure quali lasciare indierto, alle basi di Erseke e Leskov iku, tutto il carreggio, gran parte del corredo della truppa , dei sottufficiali e degli ufficiali , le cucine e le mense; riservare le salmerie esclusivamente al trasporto di viveri , munizioni , materiale sanitario e delle tras missioni; utilizzare i pochi quadrupedi noleggiati sul posto per il trasporto delle munizioni e dei materiali del genio. Da rile vare che qu e ste predisposizioni avrebbero poi penalizzato tutto il resto della campagna dal momento che , in seguito agli eventi successivi, la quasi totalità del materiale lasciato nelle basi di partenza sarebbe andato perduto . All'alba del 28 ottobre il confine venne varcato di slancio dagli alpini, travolgendo i posti di frontiera e catturando armi automatiche, munizioni e materiale vario. Le colonne si aprirono la strada fino al Sarandaporos superando le difese, forti soprattutto alle due ali, ed all'imbrunire i battaglioni Gemona e Cividale dell '8° Rgt. occuparono il monte Stavros. Alle prime luci del 29 l'avanzata riprese sotto una pioggia torren z iale che trasformava i sentieri in fiumi di fango, provocava la subitanea piena del Sarandoporos e dei suoi affluenti ed ostacolava anche le comunicazioni radio. Cominciarono casi di assideramento, ma l'ostacolo principale era il Sarandoporos , che venne superato a guado solo con molte difficoltà. Tutte le resistenze opposte dai reparti greci vennero invece regolarmente infrante con vigore Il 31 1' 8° Alpini prese saldamente possesso de] nodo di Furka, mentre il 9° raggiunse le pendici settentrionali dello Smolika. Se l ' importante obiettivo di Furka era stato assicurato, tuttavia l'asprezza della marcia , il freddo intenso specie notturno e la fitta pioggia continua avevano rallentato sensibilmente il movimento rispetto alle previsioni. Urgeva dunque accelerare l'avanzata su Metsovo , anche per superare la crisi dei rifornimenti che cominciava a farsi sentire.
Dal punto di vista greco , soprattutto la rapida occupazione dello Stavros pose subito in crisi l'organizzazione difensiva , e la minaccia della separazione delle forze del Pindo da quelle della Macedonia occidentale si presentò come imminente. Ma il Comando Supremo ellenico corse con pronte zza ai ripari, da un lato ordinando di inviare sul Pindo tutte le unità più vicine, che erano numerose, e dall'altro precisando al comandante dell'8° Divisione che il suo compito principale era quello di impedire l'invasione della Te s saglia lungo la direttrice Gianina -Metsovo -Trikkala; solo in seconda istanza doveva preoccuparsi di opporsi ad una penetrazione verso le regioni dell'Etolia e dell' Acarnania, dato che sul basso corso del fiume Arachtos e nella zona di Agrinion-Arta erano già disponibili reparti della 3a Divisione di fanteria del r Corpo d'Armata di stanza a Patrasso.
Il 30 ottobre il gen. Alexandros Papagos , Capo di Stato Maggiore Generale, decise di modificare lo schieramento togliendo il settore del Pindo dalle dipendenze della SAMO (Sezione d' Armata Macedonia Occidentale) per affidarlo al II Corpo d'Armata al comando del gen Demetrios Papadopoulos, organismo in grado di condurre localmente la lotta ed i alimentarla in modo autonomo Alla sera dello stesso giorno, il quadro generale si era già modificato per effetto del I' arrivo delle nuove truppe: da un lato 5 battaglioni alpini italiani, isolati dalla loro base, e dall'altro la 1a Divisione greca (gen. Basileos Vrachnos) che aveva appena assunto la responsabilità del settore con il compito di consolidare l'arresto della penetrazione avversaria , ridurre progressivamente la s acca ed infine eliminarla con azioni condotte in rapporto alle forze disponibili .
Il Comando Supremo greco cominciò a gettare nella lotta , a mano a mano, quanto aveva di pronto, accelerando nel contempo il completamento delle operazioni di mobilitazione. Il provvedimento presentava indubbiamente alcuni aspetti negativi , del resto inevitabili, quali la ridotta preparazione del personale , lo scarso amalgama, l'annullamento dei pregressi vincoli organici , i continui cambiamenti nel dispositivo. Ma ad essi si contrapponevano in positivo due importanti fattori di compensazione, il combattere per la difesa del territorio nazionale e la repentina percezione che il temuto attaccante avrebbe potuto essere non solo arrestato ma addirittura vittoriosamente respinto. Allo scoramento dei primi 2-3 giorni subentrò pertanto una carica di orgoglio ed entusiasmo , che vide le popolazioni del Pindo aiutare i propri soldati portando a spalle, in quelle asperrime condizioni ambientali, munizioni e materiali varì.
Di fronte, i reparti del I.a Julia , s tremati dopo una settimana di combattimenti ed in possesso di viveri e foraggi per so lo cinque giornate, si trovarono arroccati a lla testata della Vojussa, a Vovusa, ancora lontani dati 'obiettivo di Metsovo, ingolfati in un'ernia che stava per essere strozzata alla base sullo stesso fiume, fra il monte Gamila ed il nodo fortificato di Kalibaki, sulla sinistra dell 'a lto Kalama s.
Ormai le truppe grec h e co nfluite nel settore avevano raggiunto una consistenza amp iament e sufficiente per schiacciare la Julia , che ne prese coscienza e strinse i denti, sapendo che il peggio era in arrivo. Nella prima settimana di novembre vi furono infatti una serie di violenti attacchi che gl i alpini riuscirono bravamente a contenere, costretti peralt ro a ripiegare su po sizion i più arretrate con epicentro Konitza e ad iniziare il trasferimento verso Premeti per il riordino della Divisione, dopo aver ceduto la respon sa bilità del settore alla Bari giu nta nel frattempo da Il 'Italia a seguito della rinuncia allo sbarco a Corfù, con organici ridotti e pressoché priva di salmerie e di buona parte delle artiglierie.
Nel settore si nistro del fronte, quello del Korçano, l'inizio delle ostilità fu caratterizzato da un 'at tività piuttosto vivace dei minori reparti di fronti e ra più avanzati, cui fece seguito il 1° novembre l'atta cco della 9a Divisione e della 4" Brigata grec he contro il nostro XXVI Corpo d' Armata, rappresentato però in pratica dalla sola Parma e da un certo numero di suppo rti di corpo d'armata (la Pi emon te era per gran parte mantenuta in ri se rva ed i primi repa rti della Venezia e dell'Are zza sarebbero affluiti solo nei giorni s ucces s ivi). Se pur conte nuto , l 'a ttacco e le sue risultanze- not evo li perdite nelle file italiane e presupposti favorevoli per una reiterazione degli sforzi da parte greca - costrinsero il gen. Nasci a decidere per lo sgo mbero di tutte le posizioni e a dar vita ad un'organizzazione d ifensiva arretrata ad occidente della conca di Bilisthti.
In realtà , non soltanto l 'attacco italiano si era arenato, ma sul fianco sin istro si andava profilando una minaccia della quale non era an cora possibile apprezzare le dimensioni ma che certamente era da considerarsi molto seria, tenendo conto che tutte le nostre for ze erano ormai proiettate in prima lin ea, che mancavano riserve strategiche mentre quell e tattiche era no as sa i limitate.
2. - LA CONTROFFENSIVA GRE CA (IO NOV E MBRE-3 DICEMBRE J940)
Non appena parve ch iaro il fall imento del no stro attacco, il 9 novembre Mussolini nominò Comandante Superiore delle Forze Armate Albania il gen. Soddu (c he per altri 20 giorni avrebb e mantenuto le cariche di Sottosegretario alla Guerra e di Sottocapo di Stato Maggior e Generale , cedute poi al ge n. Guzzoni) in sostituzione di Visconti Prasca, e convocò pe r il giorno seg uente una riunione alla quale parteciparono i principali esponenti militari. Nel corso di essa, il capo del governo addebitò a Jacomoni ed a Visconti Prasca gli infondati presupposti informativ i iniziali dai quali erano discese poi le incongrue disp os izioni operative, illu s trò le direttive per lo Stato Maggiore Gen erale in merito ad una nuova orga nizza zione di coma ndo d e ll o scacch iere, ordinò che da allora in poi la divi s ione di fanteria di linea fosse strutturata su tre regg imenti di tre battag l ioni ciasc u no , e dispose per l'invio in Alb a nia di altre 7 divisioni ed il di s locamento in Pug l ia di altre 3 di ri serva.
Soddu dette corpo al nuovo ordinamento che, in relazione al previsto afflusso dall'Italia di altri coma n di e GG .UU., configurava il rinnovato Comando Superiore FF.AA. d'Albania come un Gruppo d 'Armate che il 15 nov em bre era cost ituito come segue: Conumdo Superiore FF.AA. Albania (gen . Ubaldo Soddu)
9n Armata (ge n. Mario Vercellino, poi Al essa ndro Pirzio Biroli)
- I II Corpo d'Armata (gen Mario Arisio)
A Divisione Fanteria Venezia (gen. Silvio Bo nini)
A Divisione Fanteria Arezzo (gen . Ernesto Ferone)
- XXVI Corpo d'Armata (gen . Gabriele Nasci)
A Divisio ne Fanteria Parma (gen . Giuseppe Grattarola)
A Divisione Fanteria Piemonte (gen . Adolfo Naldi)
JJC'Armata (gen . CarJo Geloso)
- VIII Corpo d'Armata (gen. Emilio Bancale , poi Gastone Gambara)
A Divisione Fanteria Bari (gen. Mario Zaccone, poi Achille D'Havet, poi Matteo Negro)
A Divisione Alpina Julia (gen. Mario Girotti)
- XXV Corpo d'Armata (gen . Carlo Rossi)
A Divisione Fanteria Ferrara (gen . Licurgo Zannini)
A Divisione Fanteria Siena (gen. Gualtiero Gabutti, poi Giulio Perugi, poi Angelico Carta)
A Divisione Corazzata Centauro (gen. Giovanni Magli)
A Raggruppamento Litorale (gen. Carlo Rivolta) .
Nella prima decade di novembre, visto il favorevole andamento delle operazioni ed il soddisfacente svi luppo della mobilitazione e della radunata, il Comando Supremo greco s i pose l'interrogativo dell'atteggiamento strateg ico da assumere, tenendo presente l'inizio della stagione inverna le.
Il gen. Papagos , sicuro ormai di avere arrestato la spi nta italiana sulla ben predisposta posizione difensiva i n Epiro e sul Pindo e dopo aver preso qualche <<pegno» s ul confine macedone, raccolse le proprie forze per passare alla controffensiva contro uno schierame nto italiano pressoché filiforme. Sotto l'aspetto operativo, predispose un piano avente come scopo la conquista del monte Morova, a Nord-Est del massiccio del Grammos, e la disponibi lità della conca di Erseke, affidandone l'esecuzione alla SAMO. Qualunque decisione sull'ulteriore sviluppo dell'offensiva venne considerata prematura e di non possibile pianificazione. Ad obiettivo raggiunto, la prosecuzione dello sfo rzo, cioè l'occupazione di Korça e dei relativi sbocchi vallivi occidentali , avrebbe dovuto costituire non altro che lo sfruttamento del successo - rappresentato dalla creazione di un vuoto fra i due dispositivi macedone ed epirota conseguente al ripiegamento italiano - e non una seconda ini ziativa offensiva da impiantare ex novo.
L'Epiro era il settore che, per il momento, Papagos co nsi derava secondario. Quì si trattava semplicemente di raggiungere il Kalamas, e possibilmente il confine, esercitando uno sforzo lungo la direttrice Gianina-Argirocastro e gravitando a cavaliere dell'importante rotabile da Konitza al nodo di Perati.
L'esercito greco raggiunse le linee di partenza la sera del 13 novembre, ed all'alba del giorno s uccessi vo sferrò la controffensiva cogliendo le forze ital iane nella fase c ritica della ristrutturazione dell'articolaz ione di comando . Nel Korça no operava il III Corpo d'Armata (gen. Gheorgios Tsolakoglou , s u 3 divisioni di fanteria), sul Pindo il II (gen . Demetrios Papadopoulos , su 2 divisioni di fanteria più una brigata di cavall eria), in Epiro il I (gen . Panaghiotis Demestikas, su 3 divisioni di fante ri a più una di cavalleria).
Il nostro sc hi eramento, penalizzato da ampie soluzioni di continuità, presentava l'ala destra (XXV Corpo d'Armata) spinta in avanti, l'ala s inistra (III e XXVI Corpo d'Armata) arretrata ed il centro (Vlll Corpo d'Armata) diluito su ampio fronte. Ai greci si offriva la possibilità di tener ferma la loro sinistra, aprirsi con la destra lo sbocco su Korça, aggirare il centro e cadere su Perati e, poiché a tergo della nostra destra non esistevano riserve, proseguire in direzione PremetiKlisura -Tepeleni , il che avrebbe molto probabilmente equivalso all'annientamento de ll ' intero corpo di spedizione italiano .
Probabilmente la fragilità dello schieramento italiano non fu valutata nella misura adeguata. Da parte greca, sarebbe stato necessario non azzardare ma quanto meno osare, ed in questo senso né Papagos né i suoi sottordin i di grado elevato dimostrarono di essere preparati a condurre azioni di gue1Ta di carattere ardito, risolutivo.
Il III Corpo d'Armata aggirò il massiccio del Morova ed il 22 entrò a Korça, respingendo le unità italiane della 9a Armata sul margine settentrionale della conca dove fu infine arrestato; il II scavalcò la dorsale Grammos - Pindo e si impadronì dell'area Erseke-Leskoviku, aprendo una breccia di circa 30 km.; il I attaccò in tre direzioni , verso Konitza-Perati, verso Kakavia e sul basso Kalamas . La precarietà della situazione delle truppe italiane si manifestò sin dai primi giorni in tutta la sua drammatica ampiezza, e per nostra fortuna i greci non ebbero la percezione delle grandi possibilità che si offrivano loro con l'ampia falla di Erseke. Essa non solo aveva consentito di incunearsi fra le due armate italiane, ma avrebbe altresì permesso di avvolgerne le due ah interne e di inoltrarsi, liberamente o quasi, verso Berat e Valona.
Il conseguimento di uno qualsiasi di questi due obiettivi avrebbe messo lo schieramento italiano in una crisi gravissima, forse non superabile La perdita di Berat avrebbe significato la separazione del gruppo di armate in due tronconi, dei quali uno si sarebbe addossato al confine jugoslavo e l'altro al mare con assai gravi difficoltà per assumere un altro dispositivo a protezione dei porti. La caduta di Valona avrebbe tolto uno dei principali punti di sbarco e reso ancora più difficoltosi i rifornimenti dall'Italia.
La vastità cieli' intero fronte, la discontinuità e la scarsa consistenza del nostro schieramento, la mancanza di predisposizioni difensive alle spalle, i tamponamenti delle falle ed i logoranti contrattacchi locali condotti da reparti dannosamente frammischiati ed ormai privi di vincoli organici reggimentali e divisionali, le perdite di personale, aqni e materiali, le carenze logistiche indussero Soddu a considerare l'opportunità di ordinare un ripiegamento generale.
Un provvedimento necessario, perché il volere a tutti i costi continuare a tenere quanto più si poteva del territorio albanese con forze insufficienti stava inevitabilmente conducendo ad un impiego frammentario ed illogico delle GG . UU. che giungevano dall'Italia 5• Occorreva in sostanza adottare rapidamente una soluzione che garantisse di poter fronteggiare per un periodo anche lungo la controffensiva greca; che impedisse, con il supporto di forti capisaldi naturali non facilmente espugnabili, la trasformazione di successi tattici locali dell'avversario in successi strategici; che permettesse l'afflusso regolare delle riserve e la loro raccolta a tergo di buone posizioni, così da poter condurre contrattacchi adeguati; desse il modo, contemporaneamente, di preparare i me zzi per la futura ripresa offensiva .
Il 3 dicembre trovò le due armate italiane in fase di avanzato ripiegamento condotto fra cruenti combattimenti di contenimento : la 9a su una linea costituita dai rilievi montani ad Est di Pogradec-massiccio del Kamia-stretta del fiume Devoli nel suo tratto medio, a circa una dozzina di chilometri a Nord del monte Ostravice nella cui zona era stata stabilita la saldatura fra le due GG.UU.; la 1l " su una linea sottostante di pochi chilometri la congiungente monte Qarishta-Klisura-Tepeleni -riva destra Vojussa-altopiano del Kurvelesh -Porto Palermo.
5 Le GG. UU. affluite in Albania entro il 3 dicembre 1940 furono le seguenti: Comand i 9" e 11a Armata, III ed VIII C.A , Divisioni Fanteria Modena (gen A lessandro Gloria), Bari (gen. Mar io Zaccone, poi Achille D'Havet, poi Matteo Negro), Taro (gen. Gino Pedrazzoli), Divisioni Alpine Tridentina (gen. Ugo Santovito) e Pusteria (gen Amedeo De Cia, poi Giovanni Esposito) Ad esse andava aggiunta la Divisione Fanteria Motorizzata Trieste (gen. Alessandro Piazzoni), che però trasferì in Albania solo il comando ed il rgt. di artiglieria; il resto rimase nella penisola salentina con compiti di difesa costiera, ed alla fine di dicembre la G U. assunse la denominazione di Di visione Alpina Speciale, articolata sul 2° Rgt. Alp i ni, su un rgt. di cava l leria appiedato e due bgt.ni della Cuneo, entrando a far parte del Corpo d ' Annata Speciale del gen Giovanni Messe
Nel frattempo, a Roma erano maturati una serie di eventi con rilevanti implicazioni a carico dei massimi livelli politici e militari. Fra il 15 ed il 16 novembre Badoglio aveva incontrato il Feldmaresciallo tedesco Wilhelm von Keitel, capo dell'O.K.W. , e parlando della questione greca si era espresso in considerazioni attraverso le quali declinava qualsivoglia responsabilità personale addossandola invece interamente a Mussolini, suscitando ne il risentimento e l'intendimento di sostituirlo . Il 23 apparve su Regime Fascista un articolo del suo direttore Roberto Farinacci, membro del Gran Consiglio del Fascismo ed autorevole esponente politico anche se piuttosto «scomodo» e come tale tenuto quasi sempre lontano dai centri decisionali , che costituiva un esplicito atto d'accusa di imprevidenza ed intempestività nei confronti dello Stato Maggiore Generale e del suo capo. Due giorni dopo, durante un colloquio con Mussolini , Badoglio chiese una piena ritrattazione da parte del giornale pena le proprie dimissioni dalla carica, proposito messo in atto il giorno successivo dopo che il capo del governo aveva cercato di minimizzare la portata dell'accusa di Farinacci, negando peraltro che la si potesse sconfessare pubblicamente.
I due interlocutori convennero ad ogni modo di aggiornare ogni .reciproca decisione ad una settimana dopo, al rientro di Badoglio da una breve licenza concordata ad hoc.
Il 29 novembre Mussolini nominò il gen. Guzzoni Sottocapo di Stato Maggiore Generale e Sottosegretario di Stato alla Guerra, avvertendo nel contempo il gen. Ugo Cavallero di essere in predicato per succedere a Badoglio. L'assunzione della carica sarebbe avvenuta il 4 dicembre, in concomitanza con il rientro di Badoglio che, nonostante avesse manifestato la disponibilità a recedere dall'intento dimissionario, venne messo in libertà. La nomina di Cavallero coincise con un episodio riguardante Soddu e che, oltre a metterne a fuoco un aspetto temperamentale, ribadiva la difettosa impo stazione con la quale si era dato avvio alla campagna ed attraverso la quale essa era stata s ino allora gestita.
Soddu ne aveva assunto la direzione con un ottimismo che si era parecchio attenuato di fronte alla realtà. A 11' inconsistenza del presupposto politico - la sommossa in Grecia diretta a rovesciare il governo Metaxas che sarebbe dovuta scoppiare a seguito della nostra avanzata - si erano associate le disfunzioni organizzative in tutti i campi e la carente e superficiale visione della condotta militare. In quest'ultimo ambito , un elemento importante era rappresentato dall'azione dicomando ai varì livelli. A prescindere dall'ingiustificato e soverchio ottimismo iniziale, dopo lo smarrimento derivante dalla constatazione che il nemico si batteva validamente era subentrato infatti , per quasi automatico contrasto, l ' errore opposto, passando dall'eccessiva sottoval uta z ion e dell'esercito greco alla sua supervalutazione. Questo fenomeno psicologico in negativo, d'altra parte inevitabile, aveva dato luogo ad una timidezza comportamentale e ad una psicosi dell'accerchiamento , e di fronte a tale stato di cose ed a taluni gravi episodi di ingiustificato abbandono di posizioni anche importanti l 'azione di comando non era apparsa, nel suo complesso, adeguata alle circostanze.
A Tirana, dopo poco meno di un mese dall'assunzione della carica, Soddu non era pertanto incline ad una visione positiva delle prospettive, e questo suo stato d'animo si era proiettato nella facoltà concessa ai due comandanti d'annata Vercellino e Geloso di scegliere il momento del ripiegamento, rinunciando in pratica ad una diretta azione di comando e di manovra nel corso di un'operazione così complessa. Lo sc hieramento troppo avanzato dell'ala destra dell ' 11" Armata imponeva che essa per prima si ritirasse , protetta sul fianco dalla 9a tenuta ferma. Lasciando , invece, arbitri i due comandanti di definire a loro g iudizio l ' inizio del ripiegamento delle rispettive GG.UU., avrebbe potuto accadere che entrambe indietreggiassero in contemporanea ovvero, per assurdo, che ripiegasse addirittura la 9a prima dell'l 13 •
Proprio il 4 dicembre Soddu palesò a Guzzoni tale stato d'animo pessimistico, comunicandogli per via telefonica e poi epistolare il s uo parere circa l'impossibi lità di continuare le opera- zioni e la necess ità di un a soluzione diplomatica del con flitto it a lo-g reco Ne ll'agit azione prodotta a Roma da questa affermazione, il più freddo fu probabilmente Guzzoni che, recatosi da Mussoli ni , dichiarò decisamente che la c ri si militare, lungi dall'essere senza speranza, poteva essere s up erata A qu es ta inc oraggia nte opin ion e si assoc iò Cava llero , che s ubi to dopo, s u o rdine del Du ce, decollò per l'Albania per un esame globale e dir etto della s ituazione.
3. - L 'AZ IONE DI ARRES TO E D I C ONTENIMENTO (4 DICEMBRE ]940-1 2 MA RZO 194 1) l greci, superiori numericamente, in grado di avvicendare in lin ea i reparti più provati, dotati di ottime artiglierie sapientemente impiegate, sostenuti da una migliore organizzazione logistica e galvanizzati dai successi ottenuti continuarono ad avanzare anche se contrastati quì e lì da decisi contrattacchi .
L'e ntrata in scena di Cava ll e ro fu apportatrice di ca l ma e di energia in un am biente che aveva ragg iunto un elevato gra do di tensione e di s corag g iamento. Nei tre g iorni dell a s ua perm ane n za in Albania , oltre agl i incontri con i m ass imi vertici operativi , ispezi onò accuratamente il porto di Dura zzo e prese cont atto con l'Intendente Superiore, gen. Antonio Scuero, c he gli espose se nza rem ore la grav ità della s i tuazione lo g istica che s i compendiava nell a carenza assoluta di viv er i di ri serva, di muni zio ni, di materiali delle trasmi ss ioni , di a utom ezzi, di m ateriali da costruzione ed in un 'o rgani zzaz ione delle lin ee d i tappa ancora embri o nale.
R ie ntrato a R oma, presiedette due riuni o ni , una co n lo Stato Maggiore Eserc ito e l ' altra con i Sottosegretari di Stato p er le 3 For ze Armate, co n il Capo di Stato Ma ggiore della M .V.S.N. e con a ltri esponen ti dello Sta to Ma ggiore Esercito, entrambi focali zza te sull a preca rietà lo g istica e s ui provvedimenti da attuare rapidam e nte p e r fronteggiare la c ri s i. In particolare, furono stab ili ti i criteri da segu ire per i trasporti, sa nzionando c he tutte le unità sa reb bero st ate in viate via mare mentre i compl e menti ed i rifornim e nti in piccoli quan t itativi p er via aere a, utiliz zando anche i velivo li Ju 88 ap pena giunti dalla Germania; inoltre , si presero decisioni per l'incremento della poten z ialità d e i t re porti albanes i Vennero anche concordati l 'afflusso prioritario di due divisioni , la Acq ui e la Cuneense, e l'appro ntamento rapido di a ltre quattro , Cuneo, Legnano, Brennero e Lupi di Tosc ana.
Prima che le misure adotta te avessero potuto sortire i loro e ffetti sarebbe natura lm e nte inte rcorso un certo tempo, durante il qua le sarebbe stato indi spe nsabil e resistere sull e po s izio ni raggiunte, se nza più cedere terreno, ponendo fine alle man ovre di dpi eg am e nto e d imp osta ndo un a dec isa manovra d i arre s to c he salvaguardasse il mantenimento degli o biettivi s trategici essen ziali , Elbasan, B erat e Valona. D ' altro ca nto, allorché era emerso in tutta la su a cru da asprezza il f allimento della no stra offen siv a ini ziale, s i era reso necessario un r ad ica le cambiamento d i indiri zzo. Occorreva a rre s tare l ' inattesa e forte controffensiva g rec a i n e ntrambi i se ttori, macedone ed epirota , e raccogl iere, so tto la p rotez ione di un «muro » da formarsi al più presto , una mas sa di manovra con GG.UU. fresche o riordinate con la quale att ivare, appena poss ibile, una r ip resa d e l1' ini z ia tiva.
D a parte g rec a c'era e uforia , anc he se paca ta. O ra le loro truppe erano a ddirittura o lt re i confini a lbane s i, e dei tre obie tti vi i ni zia lmente fi ssa ti - K o rça, la rotabile collegante questa con P erati e l 'arteria Santi Qu ar an ta-Del v in o- Kak avia - i primi due eran o s tati con seg uiti integ ralmente mentre il terzo ap pariv a c hiaram e nte raggiungibile con un ulteri ore sfo rzo. Dec iso a conse rvar e l'ini zia tiva fin c hé pos s ibile ed a n o n c onced e re pau se, a nche se g li e ra sconosc iuta la cris i dicomando c he turb ava la condotta delle op erazioni itali ane e non era adeg uatamente valutato lo stato di s p oss atez za delle no s tre truppe, Papagos fi ss ò i nuovi o biettivi c he , in corrispondenza della direttri ce Gianina-Va lona , dovevano co nsolidare il possesso del nod o Tepeleni -Klisura id e ntificandoli in al c uni ril ievi montu os i sul Ku rveles h , ad O vest di Tepeleni ed ai lati del fiu me Osum, qu esti ultimi controllanti g li s bocchi da Nord s u Kli s ura. La manovra s i s arebbe a ncora basa ta su un a rotaz ione di tutto il dispo s itivo ver so Nord, con perno d a ll 'a la de s tra.
Il 9 dicembre lo schieramento italiano si estendeva per circa 140 km. di ampiezza (in linea d'aria) sul margine meridionale del sistema difensivo albanese: estremità Sud-Ovest del lago di Ohrida-massiccio del Tomori-Cerevode- zona antistante poco meno di una decina di chilometri gli abitanti di Klisura e Tepeleni-altopiano del Kurvelesh -P orto Palermo. La 9a Armata aveva compiuto un ulteriore arretramento rispetto alle posizioni occupate il giorno 3. Le pessime condizioni climatiche avevano acuito i disagi delle truppe e reso ancora più difficili i rifornimenti; è pur vero che avevano provocato un rallentamento degli attacchi greci nelle alte valli dello Skumbi e del Devoli , ma già si erano andati profilando nuovi concentramenti di reparti, specie alla giuntura dei due nostri corpi d ' armata III e XXVI. Nel settore dell' 11a Armata, il nemico era stato contenuto nella valle dell 'Osum nonostante i suoi violenti sforzi, ma la parte più debole e vulnerabile di tutto lo schieramento della G . U. era rappresentato dall'ala settentrionale dal Tomori a K li sura Infatti i poderosi complessi del Tomori e del Kurvelesh, collegati dal solco Tepeleni-Klisura scavato nel cuore di un'altra struttura orogenetica quale era quella del Nemerçke-Trebeshines, pur costituendo forti elementi di ostacolo a favore del difensore (specie nella stagione invernale) , presentavano tuttavia nel loro interno numerose zone di facilitata penetrazione per l'attaccante, ed il punto di maggior vulnerabilità era rappresentato dall'insinuarsi fra Trebeshines e Tomori dell ' area di Qarishta, relativamente percorribile.
Gli attacchi greci venivano condotti di solito da formazioni serrate, con grandi urla selvagge e clongore di trombe: un tentativo di terrorizzare l'avversario od un modo per ottenere sincronia d'azione, anche se con l'andar del tempo presentò l'inconveniente di far mancare la sorpresa. Nell'intenso concentramento di fuoco con il quale erano preparati ed appoggiati gli attacchi, trovavano largo ed efficace impiego i mortai medi, usati con caratteristiche di vera e propria artiglieria, cioè a massa , a distanze anche oltre i 3 km., con osservatori' distanti dalle postazioni delle armi.
Sul fronte della 9" Armata , la lotta si protrasse con vicende alterne. La reale consistenza della G.U. , senza considerare i rinforzi ed i complementi in viaggio di trasferimento, era di circa 27.000 uomini, un insieme non omogeneo e stremato diluito su una settantina di chilometri in linea d'aria di fronte semicircolare In ambito logistico, il disordine e l'aleatorietà dei rifornimenti ordinari' comportarono un'allarmante carenza di munizioni, giunta in certi momenti ad una vera e propria indisponibilità di quelle per mitragliatrice e di bombe a mano Particolarmente in crisi si venne a trovare la destra del XXVI Corpo d'Armata , con numerosi casi di congelamento soprattutto in quei reparti dove il personale, costituito quasi interamente da elementi delle regioni meridionali d'Italia, era maggiormente vul nerabil e alla aspre condizioni climatiche in atto; costretta all'indietreggiamento, q uesto aveva ampliato la separazione con l'l la Armata, con il pericolo di un aggiramento di questa G .U. nella valle dell'Osum che fu sventato grazie all'arrivo dei reparti della Cuneense (gen. Roberto Ferrero, poi Emilio Battisti). Questa divisione alpina, sbarcata in Albania il 14 dicembre preceduta di un giorno dalla Acqui (gen. Adamo Mariotti, poi Luigi Mazzini), sarebbe stata poi seguita dalle altre 3 di fanteria preventivate (Cuneo-gen. Carlo Melotti; Brennero-gen. Paolo Berardi; Lupi di Toscana-gen. Ottavio Bollea, poi Gustavo Reisoli-Mathieu), affluite tra il 22 ed il 31 dicembre.
Si trattava comunque di GG.UU. rappresentate in linea, al momento, soltanto parzialmente, a livello di un reggimento o addirittura di qualche battaglione, mentre alcune di quelle già impiegate sul fronte, come ad esempio la Parma e la Tridentina, erano ridotte a i minimi termini. Gravissima era la deficienza delle salmerie, che s i ripercuoteva dannosamente sulle possibilità di so - meggio delle batterie e degli approvvigionamenti, aggravata dalla enorme lunghezza degli itinerari di rifornimento e di sgombero.
Se era indubbio che la gravosità dei combattimenti si faceva sentire anche sui greci, era altrettanto vero che la superiorità numerica consentiva loro il cambio delle divisioni in linea e che il disporre dell'iniziativa permetteva di attaccare quando e dove volevano e di sospendere la lotta allorché lo ritenevano opportuno. L'offensiva ellenica divenne pertanto sempre più ordinata e minacciosa, e per quanto la maggior parte delle penetrazioni che quà e là si verificavano fossero via via annullate da furiosi scontri corpo a corpo, non fu possibile arrestare più di tanto la progressione nemica. Il 30 dicembre il gen. Nasi ritenne inevitabile portare l'opposizione sulla seconda linea difensiva, quella di arresto, retrostante di circa 6 km. rispetto alla prima, quella di resistenza.
Sul fronte dell' 1 P Armata, nel momento in cui essa si portava sulle posizioni di TepeleniKlisura, la Pusteria , giunta in linea a scaglioni di battaglione, senza artiglierie e senza salmeriele prime la raggiunsero dopo alcuni giorni, mentre delle seconde un'aliquota sarebbe arrivata molto più tardi dall'Italia e la parte rimanente sarebbe rimasta ai porti d'imbarco - stava disponendosi fra il Qarishta ed il Tomori con l'unica possibilità di sbarrare abbastanza saldamente la valle dell'Osum senza tuttavia migliorare lo schieramento, specialmente alla sua destra dove la Julia teneva il monte Fratarit, anche se ormai giunta al limite di ogni ragionevole risorsa. Nei 40 giorni dall'inizio della campagna alla prima settimana di dicembre, la divisione aveva perduto 94 ufficiali e 2170 fra sottufficiali e truppa e disponeva di una dozzina di cannoni efficienti il cui trasporto doveva essere effettuato a spalla essendo i muli. quasi tutti inservibili.
Il problema del collegamento fra le due armate italiane, cui fin dall'inizio aveva inferto un colpo durissimo la caduta di Erseke, avrebbe potuto essere risolto da un comandante che, sordo alle affannose richieste di aiuto dal fronte e noncurante delle perdite di terreno che inevitabilmente ne sarebbero conseguite, fosse riuscito a raccogliere nelle retrovie una massa di 5-6 divisioni e con una potente controffensiva avesse rovescitato la situazione tattica, risolvendo in ta] modo anche tutta la crisi. Il che era comunque subordinato al fatto che si riuscisse a creare in Italia un'organizzazione idonea a far arrivare sollecitamente in Albania, in ordine e complete, le GG.UU di rinforzo, ed a concretare un intervento in massa dell'Aeronautica
L'attacco greco per aprirsi una strada verso 1' interno dell'Albania, ma soprattutto rivolto alla sconfitta delle armate italiane, si svolse in dicembre a cavaliere di 4 direttrici : quella della valle dell'Osum nella zona di contatto fra 9a e 11 a Armata, quella della Vojussa-Deshnices (il fiume parallelo all'Osum decorrente sull'altro versante, quello Ovest, del Qarishta) con Klisura come primo obiettivo, quella Dhrinos-Vojussa, con Tepeleni come obiettivo immediato, e quella della val Sushiça (posta fra il litorale ed il crinale Ovest del Kurvelesh) che avrebbe consentito d i aggirare le difese fra lo stesso Kurvelesh ed il Logora insinuandosi verso la bassa Vojussa Un successo sulle prime due direttrici avrebbe separato le nostre due armate ed aperto la via su Berat lungo il corso dell'Osum, mentre l'aggiramento della stretta del Devoti avrebbe posto in critica situazione la 9a Armata. La conquista di Tepeleni, oltre alla vasta risonanza che ne sarebbe derivata in tutti i Balcani data la grande rilevanza della città sin dai tempi della dominazione turca, avrebbe dato ai greci, insieme all'avanzata in va] Sushiça, il controllo della rada di Valona, u no dei due polmoni del gruppo di armate italiane.
All'inizio della battaglia, 1'8 dicembre, il rapporto di forze era di 2 ad 1 a favore dei greci. Questi attaccarono duramente lungo tutte e quattro le direttrici e ciò, unitamente alla strenua resistenza dei difensori, fu la ragione principale per la quale in nessun punto riuscirono a conseguire un successo tattico di tali proporzioni da consentire sviluppi strateg ici . La superiorità complessiva risultò infatti insufficiente per determinare una vittoria decisiva su ampio fronte, per raggiungere la quale sarebbe stato necessario dirigere lo sforzo con la massa più rilevante soltanto su una -44- o due delle direttrici operative. Ma il comando supremo ellenico, pur conoscendo le nostre debolezze ed avendo certamente intuito il particolare valore strategico di talune direttrici, specie de lle prime due, non seppe concretare alcuna manovra con le rise rve che stavano affluendo e le s uddivise in modo pressoché uniforme su tutto il fronte , consentendo così alla difesa di resistere ovunque, pur abbandonando qualche tratto di terreno , e soprattutto concedendole il tempo di ricevere i rinforzi dall'Italia.
Il 19 dicembre le due armate italiane erano rima s te prive di contatto tattico , la 9a era s tata costretta a flettere la propria ala destra mentre I' 11 a, già in seri e angustie per Klisura , venne posta improvvisamente in crisi dal ripiegamento della Modena sul Kurvelesh e soprattutto dal cedimento della Siena con il conseguente abbandono di Porto Palermo. Tutto il fronte dell' 11 a Armata sussultava in un alternarsi di brevi pause e di urti violenti ; molti erano i tratti pericolanti, ma la minaccia del litorale (il nemico, occupata Himera, era arrivato a poco più di 50 km. da Valona) fece passare il resto in secondo piano. A garantire l'integrità di Valona e del suo retrotena, fu posto alle dipendenze dell'11a Armata il Corpo d'Armata Spe ciale (gen. Giovanni Messe), giunto in Albania a novembre al completo delle strutture di comando ma privo di truppe. Venne schierato nel settore del litorale, comprendendo reparti della Acqui, della Siena, della Divisione Alpina Speciale (gen. Alessandro Piazzoni) e di supporti di C.A.
La linea era adesso decisamente sfavorevole alla difesa, in parte perché battuta dalle posizioni avversarie stabilite quasi sempre in quote più elevate ed in parte perché la catena del Cikes, costituente per la sua impervia natura un aspro diaframma tra la cimosa costiera e la val Sushiça, determinava una zona di discontinuità. Non solo, ma le posizioni sul litorale risultavano molto più avanzate di quelle della val Sushiça. Tali circostanze rappresentavano una ragione di debolezza della difesa ed un motivo di costante preoccupazione. Da aggiungere che le inten s e ed incessanti piogge avevano dato origine ad irruenti torrenti, che stavano trasformando le zone pianeggianti del fondo valle e le stesse rotabili in un'unica plaga fangosa, mentre nelle posizioni elevate imperversavano violente bufere e prolungate nevicate. Il fango , in particolare , esercitava un'influenza straordinariamente ostile sulle operazioni , perché in molti casi letteralmente le paralizzava. Isolava per giorni e giorni interi settori, impedendo i rifornimenti e gli sgomberi, per cui molti feriti morivano per l'impossibilità di essere ricoverati in ospedale, inghiottiva parte delle salmerie tanto che le piste erano disseminate di carogne di muli affioranti dal torrente di fango, e causava anche vittime umane Un sasso sul quale potersi sedere era diventato un vero e proprio miraggio.
Inoltre, i lavori pur alacri compiuti fra gli ultimi di novembre ed i primi di dicembre non avevano potuto conferire al terreno che una sistemazione del tutto rudimentale, rappresentata da qualche abbozzo di trincea nei punti più importanti, reticolati a siepe semplice sulle più facili vie di comunicazione, caposaldi quà e là appena tracciati. Mancavano invece apprestamenti più sostanz iali: trinceramenti, postaz ioni, camminamenti, ricoveri, strade. Sui monti la neve cadeva in abbondanza, il freddo era sempre più pungente; molti reparti, dall'inizio della campagna , non avevano potuto provvedersi d'un riparo e cuocersi il rancio.
Non era ancora ultimato l'afflusso delle unità del Corpo d'Armata Speciale che i greci ripresero l'offensiva. Sulla direttrice di Valona essa prese l'avvio contro i resti della Siena; iniziò il 22 dicembre, assunse particolare violenza dal 26 al 28 in val Sushiça e si spostò nel periodo 28 - 30 sul litorale, dove si sarebbe poi manifestato con intensità massima durante tutta la giornata del 4 gennaio 1941. Il 27 dicembre la situazione dell' 11'1 Armata poteva essere così sintetizzata: all'ala destra (Corpo d'Armata Speciale), la continuità degli attacchi greci in val Sushiça aveva determinato uno stato di fatto di reale gravità agli effetti della sicurezza di Valona, dalla quale lo sbarramento a Sud di Brataj distava appena una quarantina di chilometri; all'ala sinistra (VIII C.A.), seria era la minaccia nella valle dell 'Osum dove la Pusteria, assalita frontalmente e sul fianco, era stata costretta a piegare creando una soluzione di continuità con la posizione di Cerevode, protetta al momento so]o dall'inguadabile O sum; al centro (XXV C.A.), il solco Tepeleni-Klisura permaneva esposto a minaccia a causa della pressione avversaria sul Qarishta e su l Fratarit, perni della difesa settentrionale di Klisura.
Sul Qarishta l'attacco greco, teso a sfondare il fronte della Julia ed a proseguire verso la catena del Trebeshines , cominciò il 23 dicembre applicato nel punto di sutura fra la divisione alpina e la Bari , alle pendici del Fratarit. Nonostante la nostra resistenza veramente epica ed i disperati contrattacchi, la breccia fu aperta e mantenuta, ed il 29 i pochi difensori rimasti furono travolti. Nella Julia, tutti i comandanti di battaglione e di compagnia e quasi tutti i comandanti di batteria erano caduti ai loro posti, morti o feriti.
Il 30 dicembre Mussolini sostituì lo sfiduciato Soddu con Cavallero, che mantenne anche la carica d:i Capo di Stato Maggiore Generale.
Fu un momento importante, perché coincise con un'inversione di tendenza sia sul piano politico che su quello militare Data la gravità della s ituazione , Mussolini sin dal giorno 20 aveva prospettato l 'u rgente necessità di richiedere un intervento tedesco in ambito diplomatico e militare insieme, - quest'ultimo avrebbe potuto essere diretto (l'invio in Albania di una divisione alpina) od indiretto (di alleggerimento, mediante un'azio ne su Salonicco attraverso la Bulgaria) - intento che Cavallero era riuscito a tenere in sospeso recandosi nuovamente in Albania, convocando a rapporto Soddu, Vercellino e Geloso, riattivando il tono morale almeno degli ultimi due, fornendo assicurazioni circa il prossimo afflusso dall'Italia di ulteriori rinforzi, e nel contempo, impartendo direttive operative per una ripresa dell ' iniziativa e, soprattutto, per una maggiore determinazione nell'azione di comando a tutti i livelli. L'assunzione di tale posizione gli consentì di rassicurare Mussolini circa il capovolgimento morale in atto su tutto il fronte e, ancor più, in merito all'esecuzione dell'ordine di resistenza ad oltranza sul bastione Progonat-Tepeleni-Klisura (la prima località era s u l Kurvelesh, a circa 25 km. in linea d'aria a Sud Ovest di Tepeleni) impartito perentoriamente dal capo del governo il 24 . Ma proprio in quegli ultimi giorni del 1940 la situaz ione persisteva ad essere ancora pesante. Il «muro» non reggeva, era privo della adeguata solidità e continuavano i crolli settoriali , ardui da rabberci are, attraverso la creazione di raccordi retrostanti, a seguito dell'avvenuto addossamento al margine sette ntrionale della fascia montana costituente l'estremo, esile diaframma di separazione dalle aree strategiche. Gli attacchi ed i contrattacchi o non potevano essere sferrati perché nuove mo sse dell'avversario costringevano ad un diverso impiego delle forze, o erano ant icipati e si sviluppavano s u formazioni nemiche in movimento offensivo, o non raggiungevano lo scopo cozzando contro sc hieramenti robusti, o si rive lavano troppo precipitosi o sco nsideratamente predisposti ovvero, infine, ad essi erano preposte unità frettolosamente allestite, appena aà.ivate in Albania e quindi non ancora ambientate e molto spesso prive dell 'adeguato addestramento.
Per l'ev entualità di un ulteriore ripiegamento generale, Cavallero predispose uno schieramento difensivo a blocchi dei quali uno era nel ridotto di Valona e l'a ltro a protezion e dell'Albania settentrionale . Circa l'azione controffensiva globale, da sviluppare in un seco ndo tempo allorché se ne fossero poste le premesse a livello tanto operativo quanto ordinativo e logistico, il Comandante Superiore progettò di svilupparla in due fasi : conquista del Korçiano, con obiettivo la conca omonima ed il controllo del nodo di Bilishti; sfr uttamento del successo affidato ad una nuova armata lungo la direttrice Korça-Erseke -Perati-Kalibaki , mediante una mano vra frontale da parte dell' 11a Armata ed una di avvolgimento dell'ala nemica a cura della nuova G.U . - Un progetto certamente brillante, anche se la realizzazione dei presupposti per attuarlo non poteva essere valutata come inferiore ai 3-4 mesi. -46-
Il 2 gennaio 1941 Cavallero dispose la costituzione di un nuovo Corpo d ' Armata - il IV (gen. Camillo Mercalli), formato dalla Pusteria, dalla Lupi di Toscana e dalla Siena più un Gruppo di cavalleria - con il compito di contromanovrare nei confronti delle provenienze nemiche dalle valli del Tomori, Osum e Vojussa , ed il 9 dette il via alla ripresa dell'iniziativa nei settori di Valona e Berat, nel primo dei quali 1 ' azione non poté essere effettuata poiché il giorno precedente i greci sferrarono a loro volta un'offensiva per l'occupazione di Berat. Nel corso di essa perdemmo l'importante posizione del monte Topajanit sul massiccio del Qarishta, circa 4 km . a Nord del Fratarit, che vanamente si cercò di riconquistare , ma soprattutto si resero necessario l'abbandono di Klisura e nuovo arretramenti che portarono la linea di contatto ad assumere un andamento sghembo formato da tre salienti nemici con vertici a] Tomori, al Trepelit (sul versante Nord del Qarishta) e sul Trebeshines. Il gruppo Trebeshines-Shendeli, tutto su quote variabili dai 1700 ai 2500 mt., è formato da due allineamenti ravvicinati interrotti dalla profonda gola costituita dal corso della Vojussa fra Tepeleni e Klisura; a Sud di questa forra si erge il boscoso massiccio del Golico.
Cavallero, dopo la perdita di Klisura, orientò l'impiego delle forze disponibili per la reazione nel settore di Berat, dispose che il previsto contrattacco da Tepe leni verso Klisura venisse messo in atto non appena possibile e le condizioni climatiche lo consentissero , e mantenne le predisposizioni relative alla manovra di alleggerimento da Valona L'offensiva ellenica , incentrata nella zona del Qarishta, venne contenuta e la contromanovra su Klisura, dopo cinque giorni di sanguinosi scontri che ci costrinsero ad un nuovo ripiegamento dalle posizioni sulle pendici Sudorientali del Trebeshines, valse comunque ad attenuare la pressione nemica su Berat e costituì il primo evento reattivo che influì sulla condotta greca delle operazioni.
Verso la fine di gennaio, infatti, il Comando Supremo ellenico rinunziò all'azione a fondo su Berat a causa della grave minaccia esercitata dal nostro XXV C.A. contro le truppe operanti fra l'Osum e la Vojussa per eliminare inn anzitutto il cuneo avanzato costituito appunto dalla predetta G .U. italiana, mossa che avrebbe permesso ai greci di tentare contemporaneamente la conquista di Tepeleni per aggiramento. Si trattava, in sintesi, di attaccare dal Golico e sul Trebeschines e , occupato lo Shendeli, penetrare nella valle che sbocca nella Vojussa a Nord della città e quindi a tergo della sua difesa.
Mentre era in corso la preparazione della contromanovra su Klisura, Mussolini ed Hitler si incontrarono il 19 gennaio a Berchtesgaden, ed il Fi:ihrer illustrò il prossimo intervento tedesco nei Balcani. Keitel offrì a Guzzoni un corpo d'armata di 30 000 uomini (2 divisioni da montagna) per l'Albania che il secondo, prendendo in considerazione in linea di massima l'offerta , ridusse all'eventuale concorso di una sola divisione alpina alleggerita. La decisione della Germania di intervenire nei Balcani, favorita dall'entrata della Bulgaria nel Patto Tripartito avvenuta il 3 gennaio, comportò nei vertici politico-militari italiani l'assoluta necessità di porre fine ad ogni costo alla lunga battaglia di logoramento in Alban ia e di passare alla controffensiva prima della comparsa tedesca nell'area balcanica. Questa, mirante sul piano generale ad assicurare alla Germania una posizione egemonica in tutto il Sud -Est europeo, aveva su quello contingente l'obiettivo di impadronirsi di Salonicco; il rapporto delle forze e le condizioni del terreno facevano presumere che l'avanzata tedesca sarebbe stata molto più rapida di quella italiana, pervenendo in anticipo ad Atene anche perché era possib il e che la Grecia non opponesse alle truppe tedesche una resistenza ostinata, preferendo la loro occupazione a quella delle nostre .
Sotto il profilo strategico, Tepeleni era comunque semplicemente un momento della manovra per il raggiungimento dell'obiettivo sul quale ormai si concentrava tutta l'attenzione del comando supremo ellenico: Valona. La battaglia per Tepeleni ebbe inizio il 13 febbraio, ed in due fasi separate da una momentanea stasi si protrasse sino a metà marzo, coincidendo nella parte terminale con la controffensiva italiana in val Deshnices.
SINTESI OPERATIVA (Gennaio-Febbraio '41)
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Ca rtina n. 6 - Si nte s i ope rativa gen naio - fe bbraio 1941 (da Stefani F., «La s to ria della don rina e degli ordinamenti dell'Eserc ito It ali ano », Rom a, USS ME , 1985, voi. 11 , to mo 2 ° pag 146).
La prima fase , a s perrima e s anguinosa da e ntrambe le parti , fu impostata dai greci s ulle posizioni del Golico e dello Shendeli, e fu caratterizzata dall'alternarsi di atti tattici e di episodi simili per la loro durezza a quelli dei combattimenti della prima guerra mondiale. I greci, ad ogni modo, non riuscirono ad aggirare da Nord Tepeleni; conseguirono indubbi risultati tattici, ma non raggiunsero l'obiettivo strategico L ' attacco a fondo condotto su un ristret t o tratto di investimento fu arrestato grazie all'accanita resistenza del XXV C.A. ed al congruo impiego delle su e artiglierie e di quelle dell'VIII, che avevano seriamente ostacolato lo sviluppo della manovra. Dal 20 al 26 febbraio vi fu una pausa legata alla durezza delle condizioni climatiche , che comportò per i combattenti di ambo le parti un puro problema di sopravvivenza : a centinaia i congelati furono sgomberati, ed ogni attività operativa dovette essere sospesa.L'innevamento era copioso, il termometro segnava temperature inferiori ai -15° ed un vento gelido e violento impediva perfino di mantenere distesi i teli da tenda sulle buche scavate nella neve.
La seconda fase ebbe luogo tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo, ed ebbe un decorso non meno aspro e cruento. I greci attaccarono in forze il Golico e conquistarono temporaneamente alcune quote importanti mettendo in crisi il settore più delicato della posizione dì resistenza italiana, non concedendo tregua attraverso il reiterare degli attacchi. Poi mutarono direzione puntando lungo il solo versante destro della vaJJe della Vojussa , a mezza costa e verso il basso , per isolare le difese dall ' altro; riuscirono a far cadere la spalla sinistra dello s barramento di fondo valle e cercarono di insinuarsi su Dragoti, località e nodo stradale fra Tepeleni e Klisura , ma alfa fine, tra l' 11 ed il 12 marzo, dovettero arrestarsi avendo ormai esaurito del tutto la loro capacità offensiva. Cominciarono a sentire come la situazione stesse per sfuggire loro definitivamente di mano.
La nostra strenua battaglia d'arresto condotta dai primi d i dicembre in poi aveva dato i suoi frutti, l'azione difensiva era progressivamente diventata più solida e consistente nono s tante la povertà dei mezzi, le condizioni climatiche al limite delle possibilità umane e l ' impraticabilità delle vie di comunicazione Ma anche l'apparato logistico aveva cominciato a funzionare: furono potenziati i porti di Durazzo e Valona e la media giornaliera di scarico , da meno di 2000 tonnellate in dicembre , salì a 3000 in gennaio ed a 4000 in marzo con punte di 5000. Da dicembre a marzo si costruirono ex novo 130 km. di strade , se ne migliorarono 436 e se ne sottoposero a manutenzione circa 2000.
Anche l'afflusso di nuove GG.UU. continuò, se pur in termini tuttora disordinati quando si consideri che occo1Teva circa un mese di tempo perché ognuna di esse disponesse di tutti i proprì elementi al completo sul posto. Fra il I 0 gennaio ed il 15 marzo 1941 giunsero in Albania le seguenti Divisioni : legnano (gen. Vittorio Ruggero, poi Amedeo De Cia) - Pinerolo (gen . Giuseppe De Stefanis) - Cacciatori delle Alpi (gen. Angelo Pivano) - Cagliari (gen. Giuseppe Gianni, poi Paolo Angioy) - Sforzesca (gen. Antonio Ollearo) - Forlì (gen. Giunio Ruggero) - Puglie (gen. Alberto D' Aponte) - Casale (gen. Enea Navarrini), alle quali si sarebbero poi aggiunte , entro il 20 aprile, la Firenze (gen . Paride Negri), la Messina (gen. Francesco Zani) e la Marche (gen . Riccardo Pentimalli).
Sarebbe bastato che a li ' inizio delle ostilità ne fosse stata presente ancor meno della metà per dare alla campagna un ben d iverso andamento.
4 - LA CONTROFFENSIVA lTALIANA IN VAL DESHNICES (9-13 MARZO 1941)
Si è detto che la battaglia di Tepeleni aveva coinciso, nella sua fase finale, con la controffensiva italiana in val Deshnices. Questa, ideata inizialmente quale operazione di concorso per arre - stare la pressione greca sul fronte di Tepeleni, fu s ucce ssivamente ampliata, anche in vista dell'evoluzione in atto della situazione politica, ed assunse un intento strategico anche se le lin ee della manovra permasero immutate.
Le varie direttive emanate sin dal febbraio vennero completate per approssimazioni successive 11 concetto operativo prevedeva la rottura della linea nemica a cavallo della val Deshnices con primo obiettivo Suka, località a circa una dozzina di chilometri a Nord di Klisura, e come secondo Klisura stessa, la protezione dei fianchi del contingente operante in tale direzione con contemporanee azioni s ia ad Est della catena dei Mali (una lunga dorsale separante le due valli del1'0sum e del Deshnices) che ad Ovest, dallo Shendeli verso il Trebeshines, ed infine la recisione dei collegamenti delle truppe greche operanti sull'alto.
La controffensiva ebbe inizio il 9 marzo, affidata al IV C.A. (Cacciatori delle Alpi, Pusteria) all'VIII (Pinerolo, Cagliari, Puglie e Bari) ed al XXV (Sorzesca, Julia, Raggruppamento CC.NN. Galbiati, 2° Rgt. Bersaglieri più un Gruppo alpino). La riserva dell' 11 a Armata venne costituita su due divisioni (Siena e Legnano), mentre la Centauro rimase come riserva del Comando Superiore; l'Armata fu inoltre rinforzata con 6 gruppi di artiglieria pesante appena sbarcati. In vis ta dell 'azione, una settimana prima era arrivato in Albania Mussolini, che sino alla vigilia dell'attacco si recò in visita presso i comandi e le truppe, approvando tutto quanto era stato concentrato e non influ endo comunque mai con la propria presenza sul piano operativo né, durante l 'offensiva, sull'andamento della manovra .
Dopo alcuni promettenti successi iniziali ottenuti con l'elinùnazione dei dispositivi avanzati delle difese greche, le colonne attaccanti vennero prima o poi quasi tutte arrestate in corrispondenza della linea di resistenza nemica. Anche il concorso aereo si rivelò meno efficace di quanto sperato, quanto meno sotto l'aspetto qualitativo, perché il bombardamento eseguito da alta quota non poteva ottenere l'effetto desiderato mentre venne meno l'apporto dei bombardieri operanti in picclùata che avrebbe potuto essere risolutivo. Il 10 l'azione fu ripresa ma, ad eccezione della Pinerolo, le altre GG.UU. non ottennero alcun progresso; il giorno seguente l'attacco venne ripetuto, ma la situazione rimase pressoché immutata e la battaglia assunse tutte le caratteristiche delle operazioni di logoramento già viste nel corso della prima guerra mondiale I nuovi tentativi dei giorni 12 e 13 diretti a sfondare in tratti diversi da quelli dei giorni precedenti, fallirono anch'essi di fronte alla tenace resistenza opposta da un avversario molto attivo anche nelle reazioni di movimento . Particolarmente cruenti, con sanguinoso tributo da parte soprattutto della Bari e della Siena, furono i combattimenti lungo le pendici Nord del costone che da Monastero portava a q . 731, che sarebbe poi assurta a «zona sacra» simboleggiante il sacrificio dei nostri soldati.
Dopo cinq ue giorni di durissimi combattimenti che non avevano conseguito alcun successo, lo stesso Mussolini ordinò la sospensione dell'offensiva affinché venissero riesamin ati gli intendimenti della manovra, rivisto ildispositivo , riordinate le unità, dato impulso al miglioramento difensivo delle posizioni raggiunte e degli sbocchi per la ripresa degli attacchi Cavallero avrebbe voluto spos t are l'asse di sviluppo dalla val Deshnices al litorale , secondo il vecchio progetto sempre rimasto in piedi ma mai potuto attu are Il Duce scartò la proposta perché l'operazione sul , fronte di Valona sarebbe stata oltremodo onerosa, ed o rd inò di proseguire gli sforzi intrapresi nella considerazione che l'unica zona, sul fronte dell ' 1I3 Armata, dove il successo italiano avrebbe potuto avere un nome era quella di Klisura.
Il giorno 19 Cavallero emanò le nuove direttive per una ripresa della controffensiva, dopo una breve sosta necessaria per completare il riordino delle unità, schierare le nuove artiglierie in arrivo dall'Italia e completare l'afflusso di due nuove divisioni provenienti anch'esse dal territorio nazionale, la Casale e la Firenze. La pianificazione della nuova azione rispecchiava l'intendimento della precedente, puntare cioè decisamente su Klisura e dare il più largo resp iro al setto re di Tepeleni, tendendo in prima fase a recidere il saliente dello Shendeli Il 20 Mussolini, che durante la pausa aveva ispezionato il settore della 9a Armata, prima di rientrare a Roma tenne un nuovo rapporto a tutti i comandanti impegnati nella ripresa della controffensiva precisando che l'attacco avrebbe dovuto essere ripreso prima che fosse stato sparato un solo colpo di cannone da parte tedesca. Era chiaro il riferimento alla preannunciata decisione germanica di iniziare l 'offensiva contro la Grecia per i primi giorni di aprile, alla quale sarebbe stato gradito si fosse associato un concomitante attacco italiano nel settore della 9a Armata. li 26 la ripresa delle operazioni, che avrebbe dovuto consistere in due spallate risolutive sulla catena dei Mali ed in un'azione offensiva verso Korça dal settore di Pogradec, affidata alla 9a Armata e con obiettivo Bilishti, fu fissata per il 31 , ma gli eventi politici maturati il giorno successivo in Jugoslavia determinarono l'annullamento del piano per la precedenza da dare alle operazioni in questo territorio e per la conseguente sottrazione di forze da destinare alla frontiera albano-jugoslava.
5 . - LE OPERAZIONI CONTRO LA JUGOSLAVIA (6-17 APRILE 194 l)
La Germania aveva deciso di agire contro la Grecia sin dal gennaio 1941, e nei mesi successi vi aveva concentrato un'annata in Romania . II 1° marzo era stata ottenuta l'adesione della Bulgaria al Patto Tripartito (Germania, Italia e Giappone), e dal giorno seguente la Wehrmacht aveva iniziato la penetrazione in quella nazione per attraversarla e schierarsi al confine con la Grecia. Il 19 dello stesso mese Hitler inviò alla Jugoslavia un ultimatum di 5 giorni per aderire anch'essa al Patto Tr ip artito, cosa che avvenne il 25; ma la reazione a Belgrado fu immediata , e nella notte ebbe luo go un colpo di stato (ispirato dall ' Inghilterra, che il 6 marzo aveva cominciato a sbarcare in Grecia un corpo di spedizione) che depose il reggente Paolo Karagjorgejevic e mise sul trono il diciottenne Pietro II ed al governo il gen. Dusan Simovic. 11 27 il Fi:ihrer emanò le diretti ve per l'occupazione della Jugoslavia, che ebbe inizio il 6 aprile contemporaneamente alla dichiarazione di guerra alla Grecia; le truppe tedesche, costitui te dalla 12a (gen. Wilhelm von List) e 23 Armata (gen. Maximilian von Weichs), irruppero in Ju goslavia attraverso il vecchio confine austriaco, l'Ungheria e la Bulgaria, dalla quale penetrarono nel territorio ellenico.
Alle operazioni parteciparono anche forze ungheresi e romene e per l'Italia la 2a Armata (gen. Vittorio Ambrosio) dalla Venezia Giulia e tre corpi d'armata dall'Albania. Questi ultimi erano i seguenti: XIV (gen . Cesare Maria De Vecchi - Divisioni Puglie e Cuneense), XVII (gen. Giuseppe Pafundi - Divisioni Messina, Centauro, Raggruppamento CC.NN. Diamanti), Corpo d'Armata di formazione (gen . GabrieleNasci - Divisioni Arezzo e Firenze), integrati ciascuno da unità minori e support i varì.
Gli intendimenti operativi tedeschi prevedevano tre fasi: l'occupazione di Salonicco e l 'eliminazione di ogni contatto terrestre fra Jugo slavia e G recia, un'azione offensiva concentrica su Belgrad!o per neutralizzare la Jugoslavia, ed infine un attacco contro la Grecia con penetrazione fino al Peloponneso. Secondo il piano germanico, l'Italia avrebbe dovuto : sferrare un'offensiva dalla fronte giulia con obiettivo Spalato per alleggerire l'analogo sforzo tedesco dalla Bulgaria; operare sul mare per distruggere la flotta jugoslava; riprendere l'iniziativa contro la Grecia solo dal momento in cui, in seguito alla messa fuori combattimento della Jugoslavia, si avesse avuta la certezza di poter arrivare al Peloponneso in contemporanea con la 123 Armata tedesca avanzante dalla Bulgaria. La linea di separazione tra le forze dei due Paesi sarebbe stata segnata dalla catena del Pindo.
Il Comando Supremo italiano aderì a questo piano, significando però come le nostre forze avrebbero assunto nei confronti de ll a Jugo slavia un atteggiamento prevalentemente difensivo: ferma res tando , infatti, la fat tibilità del!' operazione dall a fronte g iulia, il problema er a dato all a pers is te nte peri co losità n e l se ttore di Te peleni , località per noi di vitale imp ortanza e da difendere a qualunque costo, dal quale pert ato non si sa rebb ero potute sottrarre altre forze, il c he av rebb e reso molto probl e matica l 'azione s u Skoplie la quale era quindi prefe ribile rimanesse limitata a i tede sc hi , che di lì av rebb e ro poi potuto puntare s u Dibra. o ~e.~e.Y)cl..O..
In effetti, il progredire della guerra contro la Gr ecia non aveva fatto perdere di vista al Comando Superiore Albania il problem a jugoslavo, anche se il nostro a pparato bellico in loco aveva rag gi unto una buona cap acità difen siva , come e ra stato posto in e videnza dalla battaglia di Tep eleni , ma non ancora offe ns i va idon ea ad un 'azio ne di rottura, come aveva dimostrato l'iniziativa in va l Des hnices . Cavallero, senza interrompere del tutt o i preparat i v i per l'offensiva e se nza diminu ire la vigilanza d el setto re Tepe l e ni, tra sferì a Tiran a il comand o del ne ocos tituito X IV C.A. affidandogli la difesa antijugoslava da l mar e fino alla linea di alcuni caposaldi a circa 45 -50 km. a Sud-Est di Tir ana verso il la go Ohrid a, e d emandò alla 9a Armata il controllo del t ratto di frontiera in co rrispondenza del predetto lago. Nel setto re del XV II C.A. , il proposito difen sivo di Cavall ero s i incentrò s ul tenere la zona di Scutari, re sis tere nel Ko ssovo e sbarrare gli a ccess i dall'area di Dibra al bacino dello Skumbi.
Ini zi ate il 6 aprile le ost ilit à, vi fu un te ntativo jugoslavo a No rd del braccio oriental e del lago di Scuta ri ed a cavallo del fiu me Drin nella zona di Kuke s ( in val Skumbi), p era ltro en e rgic amente respinto. Il 15 le nostre truppe iniziarono ad avanzare s u due colonn e ve rso le Bocche di Cattaro e R agusa, c he furono occupate il 17 con Cetinj e se nza aver incontrato rilevanti resis te nze m a solo attardate dalle int erruzioni dei pon ti. Nel settore orientale del fronte le unità italiane, ini z ialmente schierate a difesa dell'inviolabilità de I Drin a protezione de gli acce ss i verso Tirana, il 9 prese ro ad avanzare, anch'esse su due co lonn e, ve r so la conca di Dibr a e di Struga; la progressione fu molt o lenta , s ia per le pessime co ndizioni metereologiche c he aveva no accentuato la impercorribilità di un terre no ridotto ad acquitrino e sia per la carenza dei co llegamenti e per l e defic ienze derivanti dalla affrettata orga nizzazio ne , ma si co nclu se. infi ne p ositiva mente pochi giorni dopo.
Il 14 april e una pattuglia tedesca g iun se a Kuke s e stab ilì il collegamen to con il 72° Fanteria d e lla Di visione Puglie; un altro incontro con i tedeschi era avvenuto il 12 a K a rlovac , protagonisti p er l'Italia i reparti della 2a Arm ata che il g iorno precede nte si e ra mo ssa al ] ' attacc o della linea fo rtificata di frontiera. Nella m edes ima g iornata venne oc cupata Lubi ana, e ne i gio rni seguenti al tre colon ne dell a stessa G. U. av anz arono rapidamente lungo la costa adriati ca: il 14 fu raggiunta Zar a, c he era stata validam e nte di fesa dal n os tro local e presidio , e d il 17 Rag usa, attuand osi così il r.icongiun g imento con l e forze prove nient i dall'Albania.
Per quant o riguardava la G ermania, il 9 fu co nqui s tata Salonicco, attivando l 'i ni zio dei preparati v i per l'abbandono del territorio ellenico da parte del co rpo di s pedizione inglese (c he dop o l'entr ata dei tedesc hi nell a Macedoni a Or ientale e d in Tr ac ia era ve nuto a trov a rs i ser iame nte mina cciato), il 10 Zaga bria e d il 15 Sarajev o. Il 17 l a Ju goslavia capi to lò, ed il re e Simovi c ripararono d a pprima a Gerusalemme e p oi a L ondra. S ubito dopo la resa del propri o eser c i to, la J ugoslavia venne smembrata: parti della Slove nia fu ro no ann esse all ' I ta li a ed all a Germani a, ed il r esto d e l territorio diviso in tre Stati (C roazi a , Montenegro e Serbia) occupat i dalle forze de Jl ' Asse.
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Sebbene avessero perso ogni speranza di poter contenere ]'avanzata tedesca, i greci persistettero nel proposito di impedire comunque un successo italiano, e fra il 3 e 1'8 aprile attaccarono la linea della nostra 9a Armata, che alla fine di marzo, come si è detto in precedenza, stava preparando la ripresa de11 'azione offensiva sulla catena dei Mali e verso Korça con obiettivo il nodo di Bilishti, poi non messa in atto per gli eventi politici maturati in Jugoslavia.
L'attacco greco si sviluppò fra il 3 ed il 4 con grande impeto, mirando alla rottura del fronte della G .U. e d avendo come obiettivo Elbasan (da raggiungere seguendo le direttrici di sempre, le valli dello Skumbi e del Devoli ), e durò sino al 7 senza conseguire, nonostante alcuni successi locali, ris ultati tattici decisivi in virtù della ferma resistenza opposta dai nostri reparti; il completo spegnimento si ebbe il 9 allorché la 9a Annata passò alla controffensiva proiettando una colonna verso Gostivar ed una verso Struga , mentre il grosso venne mantenuto pronto a spostare l'azione su Pogradec per determinare la rottura della linea greca e la riconquista del Korçiano non appena si fosse delineato il crollo dell'avversario nel settore di Dibra.
Il Comando Superiore Albania mise nel frattempo a punto le direttive operative da attuarsi al primo segnale di ripiegamento greco. Il piano di manovra di Cavallero tendeva, tenendo conto della direttrice Florina-Bilisthti sulla quale già procedeva un'aliquota della Wehrmacht nonché dell 'a ndamento in atto del fronte e delle vie di comunicazione, a raggiungere il più celermente possibile il nodo di Bilisthti per puntare poi in direzione di Erseke-nodo di Kalibaki (punto di confluenza di tutte le comunicazioni che dall'Albania adducevano rispettivamente in Macedonia ed in Epiro), e pro segu ire infine da quì verso Gianina e Missolungi.
In particolare, la 9a Armata doveva svolgere un'azione aggirante su Korça-Perati -Kalibaki con due corpi d'armata (III e XXVI) lasciando ne altri due (IV, da inquadrare nel proprio ambito , e XIV) a presidio delle frontiere albanesi, mentre l ' 1P doveva avanzare fino alla linea KonispoliKakavia-Perati con i corpi d'armata «speciale», VIII e XXV, al quale era demandata l'occupazione dell 'Epiro e dell' Acarnania, lasciando il XVII a disposizione del Comando Superiore per altre esigenze. Il tutto sempre che non fosse sopraggiunto un collasso dell'avversario, nel qual caso l'imperativo era di sfondare ovunque e di avanzare tagliandogli ogni direz ione di ritirata.
Il 12 aprile il comando supremo greco ordinò alle truppe d'Albania di dare inizio alla ritirata, diradando progressivamente il fronte. Il 14 la 9" Armata, forzato il Devoli, occupò Korça, il 15 Bilisthti, il 17 Erseke. La progressione della G. U. fu lenta a causa delle difficoltà opposte dal terreno (guadi dei torrenti stretti e difficili, dislivelli sensibili, calanchi, sentieri tortuosi e fangosi) e delle numerosi ss ime interruzioni stradali che, anche se talvolta non difese, comportavano lunghi tempi di arresto; fu altresì cruenta, perché i greci, nonos tante i molti prigionieri ed i grossi quantitativi dì materiali loro catturati, continuavano a battersi bene; risentì anche della precaria organizzazione, perché troppo rapido era stato ancora una volta il pas sagg io dalla difensiva all'offensiva . Nel primo mattino del 22 la compagnia mitragliatrici del 4° Bersaglieri arrivò al ponte di Perati, trovandolo occupato da un reparto tedesco che, adducendo 1'avvenuto annistizio fra la Germania e la Grecia stipulato il giorno prima a Larissa, vietò categoricamente il passaggio al reggimento La.ncieri di Milano proteso ad incalzare la retroguardia ellenica. Episodi analoghi s.i ripeterono in ogni settore del fronte .
Per quanto concerneva l ' 11 a Armata, nella cui area i greci avevano iniziato a sviluppare laprogettata azione verso Valona e Berat, la G U iniziò il proprio movimento il 13 lungo la direttrice Tepeleni-Argirocastro -biv io di Kalibaki-Gianina-Missolungi per raggiungere l'allineamento Konispoli-Kakavia -Perati ed occupare l ' Epiro e l 'Ac arnania. Anch'essa incontrò una dura resistenza e difficoltà rilevanti connesse alle strade, dove tutti i ponti erano stati fatti saltare, nu-
Att.~ tCO fulla;no
_...,. At.ucco gre co - Unu del fronte del 9 dlc 19<40
- - Linea. de l fronte del 1 gc n 1941
••
•
•• Linea del fronte del 11 a.pr. 1941 merosi erano i campi minati speditivi e frequentissime le interruzioni, assai facili in quell'ambiente montano dove le rotabili correvano spesso a mezza costa od in profonde incisioni. Nonostante tutto il 17 riconquistò Klisura, ed in quello stesso giorno lo schieramento delle retroguardie avversarie dal Tornori al mare era crollato: la sinistra dell'Armata, con la Pusteria, attestava ad Erseke; al ce ntro la Bari risaliva la valle della Vojussa verso Premeti, mentre in quella del Dhrinos la Ferrara e la Casale si avvicinavano ad Argirocastro; l 'ala destra, alquanto più arretrata, era a Porto Palermo. Fra il 19 ed il 22 reparti della Bari, della Cagliari e della Cacciatori delle Alpi ebbero ragione della testa di ponte di Perati, congiungendosi con quelli della 9a Armata giunti in contemporanea, dei quali s'è detto sopra, ed obbligati anch'essi dalle truppe tedesche a fermarsi.
IO 20 ,. ..
Ca rtina n. 8 - Schema riassuntivo della campagna italo-greca (da AA. VV., «Sto ria della 2° guerra mondiale», Milano - Rizzo li, Bristol-Purnell, 1966- 1967, 1° voL, pag . 41 6.
L'ult ima offensiva italiana, affidata a GG. UU. appiedate prive di velocità penetrativa, si risolse per entrambe le armate in una lenta progressione ritmata più dal grado di opposizione avversaria che dal loro impeto. Essa non assunse mai le caratteristiche di una vera e propria manovra strategica ma si espresse attraverso una serie di scontri sistematici, non coordinati, spesso incongruamente diretti.
La 9a e l' 11 a Armata pervennero al vecchio confine al bano -greco, ma la loro penetrazione non acquisì le connotazioni di manovrabilità, audacia e velocità quali la situazione politico-strategica in corso avrebbe richiesto. Ne conseguì solo una parziale compensazione, sotto l'aspetto morale e psicologico, per tutti gli enormi sacrifici ai quali i loro uomini erano stati sottoposti, con gli altri militari e militarizzati operanti comunque in Albania, per circa 6 mesi di durissime condizioni operative ed ambientali6
Ad accrescere l'amarezza e la delusione contribuì l'implicita ascrizione della resa ellenica al merito della 123 Armata germanica. Ciò ha un suo fondamento di verità, ma solo apparente, perché in pratica i tedeschi non fecero che accelerare una conclusione a quel punto inevitabilmente a noi favorevole, dal momento che l'esercito greco, ormai logorato, aveva dovuto rinunciare alla superiorità complessiva che, passata infine nelle nostre mani, non avrebbe potuto che co nsolidarsi. L'armi stizio greco-tedesco siglato il 21 suscitò le proteste di Mussolini nei confronti di Hitler, al quale richiese che non si considerassero interrotte le ostilità senza che l ' Italia fosse presente alle trattative. La Grecia aveva chiesto infatti di capitolare, ma soltanto alla Germania ; il gen. Tsolakoglou, facente funzioni di comandante dell'armata dell'Epiro, costretto a cedere di fronte alla conditio sine qua non, rappresentatagli dai tedeschi, che la definizione delle trattative era comunque connessa all'esplicita formulazione di resa anche all 'Italia, saputo che la linea di demarcazione delle zone di influenza dei vincitori correva da Igoumenitza a Gianina , si premurò di diramare l'ordine di portare le truppe a Sud di tale linea affinché non cadessero in mano italiana.
Il 22 aprile 1941, comunque, la resa senza condizioni di tutte le forze armate greche venne offerta anche a l gen. Geloso, delegato in tal senso da Cavallero, ed il «cessate il fuoco» venne
6 Alla metà di aprile 1941, la forza i ta li ana presente in A l bania - articolata su 24 div is ioni di fanteria , 5 alpine, 1 corazzata più numerose unità non i ndi visionate (1 rgt. granatieri, 3 rgt. bersaglieri, 3 rgt. cavalleria, 2 grup pi alpini «va lle» , 4 btg. alpini, 4 grupp i art. alpina) e molti reparti cli CC.NN nonché unità cli artig li er i a, del genio e dei servizi - era la seguente: 491. 73 I uomin i (20 .813 ufficiali + 470 .9 I 8 tra sottufficiali e truppa) ai quali erano eia aggiungersi 11.718 militari albanesi (487 ufficiali + 11.231 tra sottufficiali e truppa ), dotat i complessivamente di 65 320 quadrupedi, 13 169 automezzi e 4.738 motomezzi. Al totale ciel personale andavano so mmati altri 13 211 uomini (651 ufficia l i + I 2.560 tra sottufficiali e truppa) ricoverati in locali stabilimenti san i tari di Intendenza. Mancano dati precisi in merito alle «Centurie Operai» costituite, soppe re ndo al ritardato anivo dei reparti «artieri» del Genio, al fine di pro vvede re ai lavori di fortificazione campale e di riassettamento e manutenzione s tradale ; la co nsistenza dei lavoratori civ ili incorporati in tali strutture può essere valutata fra le 3.500- 4 .000 unità -56 - firmato a notte inoltrata dai plenipotenziari ellenici ed italo-tedeschi. Il giorno seguente, a Salonicco , ebbe luogo la firma della <<Convenzione di capitolazione>> che sanzionava ufficialmente la fine de ll e ostilità. Il completamento delle operaz ioni italiane avvenne con l'occupaz ione di Corfù il 28 e delle isole di Cefalonia, Zante ed Itaca il 30 aprile.
7. - LE PERDITE
Le perdite italiane (forze terrestri) s ubite durante la campag na italo -greca, comprese quelle relative alle operazioni contro la Jugoslavia e conteggiando anche quelle conseguenti a malattie e congelamenti, ammontano ai seguenti tota] i: morti= 13 .755 feriti = 50.874 dispersi = 25 067 (per la maggior parte caduti sul campo) malati = 52.108 congelati = 12 368
Totale = 154.172
Da parte greca, le perdite sare bbero state di 13.408 morti, 42.485 feriti ed oltre 10.000 congelati, 4.253 dispersi.
8. - LE RICOMPENSE AL V.M.
Furono assegnate 1O medaglie d ' oro al v.m. alle seguenti unità combattenti del Regio Esercito:
- 3° Rgt. Granatieri di Sardegna e d'Albania
- 13° Rgt. Fanteria Pinerolo
- 47° Rgt. Fanteria Ferrara
- 48° Rgt. Fanteria Ferrara
- 4 ° Rgt. Bersaglieri
- 5° Rgt. Alpini Tridentina
- 8° Rgt. Alpini Julia
- 9° Rgt. Alpini Julia
- 14° Rgt. Artiglieria Ferrara
- 3° Rgt. Artiglieria da montagna Julia.
Le medaglie d'oro individuali furono in totale 126, delle quali 122 «alla memoria» e 4 a viventi 0
0 Le medag li e d ' oro concesse al personale della Regia Aeronautica furono 11 , tutt e «alla memoria».
U n'altra medaglia d'oro al v.m. eia ascriversi alla campagna italo -greca dovrebbe essere considerata anche quella assegnata al comandante (ten. vasc. Giovanni Barbini) di una torpediniera in servizio cli scorta ad un convoglio per l'Alba nia , con una motivazione i cui dati temporali e toponimici co rrispondono infatti rispettivamente al 12 novemb r e 1940 ed al «Basso Adriat ico».
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Una serena e, per quanto possibile, obiettiva analisi della campagna italo -greca porta ad una serie di considerazioni che, sia pure in una dimensione necessariamente sintetica, possano fra l'altro fare ammenda dei tanti luoghi comuni che hanno sempre caratterizzato la maggior parte della letteratura nostrana sull'argomento, in parte per pedissequa ripetitività ed in parte per mirata strumentalizzazione.
La campagna contro la Grecia, che sotto il profilo politico e strategico aveva una sua indubbia ragion d'essere, venne impostata sul presupposto che il Paese, sconvolto da una sommossa interna antigovernativa e da presunte pulsioni irredentiste epirote, non si sarebbe opposto alla nostra penetrazione la quale si sarebbe pertanto ridotta ad una marcia militare anziché ad un'azione offensiva vera e propria. Tale presupposto di base si rivelò in pratica del tutto inconsistente.
La decisione di Mussolini di entrare in guerra senza avere in mano nessuna delle carte politiche su11e quali si era illuso, od era stato illuso, di poter contare fu l'errore di fondo di tutta l'operazione, alla quale si associò quello di non poter disporre di uno strumento militare in grado di tradurre in pratica il progetto politico-strategico una volta che questo si fosse rivelato di meno agevole attuazione.L'Esercito cominciò infatti a pagare, per la propria parte , il conto del compromesso stabilitosi durante 20 anni tra Mussolini e l'intero apparato militare, nei confronti del quale la condotta del capo del governo era riconducibile ad una mediazione personale svoltasi però sempre entro i limiti concessi dai singoli gruppi di potere con le stellette , nessuno dei quali, in cambio del sostegno alla politica estera del Duce, aveva ammesso intrusioni nella gestione della propria sfera. Nel quadro di una guerra europea, dalle dimensioni certamente più impegnative rispetto a quelle dei precedenti conflitti in Etiopia ed in Spagna, le prime risultanze funzionali in negativo si erano già palesate nel corso delle operazioni contro la Francia del giugno 1940, anche se la loro brevità, lo specifico contesto nel quale si erano svolte e l'esito comunque favorevole avevano fatto sì che sulle stesse si fosse affrettatamente glissato.
A parte l'arbitraria sottovalutazione del potenziale bellico greco nelle sue componenti morali ed operative, un altro sbaglio fu quello di dare inizio alle ostilità mentre era in corso il congedamento di circa la metà degli uomini alle armi, con conseguente indisponibilità di GG.UU. di pronto impiego e gravi carenze ordinative e soprattutto addestrative .
Altra manchevolezza non meno grave, anzi per certi aspetti ancor più determinante, fu quella di non aver considerato ed affrontato in termini adeguati il problema logistico, affrontando la campagna con una struttura stradale, portuale ed aeroportua le in Albania assolutamente non in grado di sostenere il peso dell ' alimentazione organizzativa e tattica delle operazioni .
Il problema logistico fu gravemente condizionato da due fattori negativi: la decisione di iniziare una guerra in ambiente aspramente montano, con rete di comunicazioni primordiale, alle soglie dell'inverno, con GQ.UU. non convenientemente ordinate , e la superfic iali tà ed il dilettantismo con i quali fu affrontato il necessario ricorso ai trasporti marittimi L'inopportuna scelta stagionale si rifletté sulla precarietà dell'equipaggiamento invernale le cui scorte, calcolate sulla base delle necessità di pace, non avrebbero potuto sostenere la rapida usura della vita operativa. Da questa ser ie di manchevolezze derivò, per il Comando Superiore Albania, la dura necess it à di subire l 'i nizia tiva dell'avversario, superiore in forze, e di ricorrere a tutti gli espedienti per evitare un disastro, espedienti che si prestavano alle più ampie critiche ma che erano i sol i che potevano essere adottati in quelle tragiche circostanze. Così avvenne che reparti appena sbarcati, senza armi pesanti e senza salmerie, fossero inviati al fronte dove entravano immediatamente in combatti mento; altri furono smembrati, con grave danno per il rendimento; battaglioni complementari, senza armamento pesante, senza materiali, f urono impiegati a turare falle, a contrattac-59- care. Da quì gli sfasci organici , i frammischiamenti caotici, le immissioni precipitose in linea di reparti non addestrati in Italia né ambientati in loco ed in più , spesso, privi dei mezzi organici ancora in viaggio od in sosta nei porti di imbarco o di sbarco. La prematura o l'intempestiva entrata in azione di reparti impreparati al combattimento e lo sconvolgimento obbligato dei vincoli organici furono la causa di ripetute delusioni ed amarezze e l'origine di molti episodi, anche se non di tutti, di sbandamento collettivo, dai quali derivarono , come anelli di una catena, ricorsi adulteriori ripieghi ancora più affrettati e meno remunerativi.
Fin da subito l'ampiez za delle fronti venne ad as s umere un ruolo negativo pressoché insostenibile. Tra la metà di novembre 1940 e la metà di marzo 1941 si consumò il dramma italiano. Occorreva scegliere se tenere le posiz ioni di contatto ad ogni costo in attesa di rinforzi, oppure se sganciarsi e portarsi su una linea più economica per riorganizzare il dispositivo La scelta era d ' altronde obbligata. La resistenza in posto appariva precaria e com unqu e attuabile finché consentito dai greci, troppi essendo g li elementi sfavorevoli che la condizionavano (la chiara crisi delle truppe, l' impossibili tà di impedire penetrazioni negli ampi intervalli a stento controllati, il vuoto fra le due armate in corso di costituzione , le gravissime carenze di natura logistica). D'altra parte , retrocedere in quelle condizioni sotto la pressione del nemico presentava il rischio di essere travolti e messi in rotta , senza possibilità di raccogliersi su una posizione arretrata approntata con altre truppe. In sostanza, un qualunque sfondamento sulla posiz ione di resistenza o durante l'arretramento avrebbe comportato il pericolo di un rovescio di dimen sioni incontrollabili.
Inizialmente fu dunque quasi inevitabile ricorrere ad un provvedimento che i comandanti tutti accettarono perché con l'acqua alla gola: tamponare le falle che si aprivano in rapida succesione quà e là, utilizzando i reparti a mano a mano che ,arrivavano dall ' Italia, rompendo i vincoli organjci divisionali e reggimentali e perfino trascurando il fatto che troppo spesso, appunto, i battaglioni sbarcavano senza salmerie e mezzi di vario tipo. Si deve perciò ammettere che, almeno nella stragrande maggioranza dei casi , non ricorrendo a questi estremi espedienti (certamente deprecabili nelle normali circostanze) le grav i falle verificatesi sul fronte non sarebbero state risolte in modo abbastanza soddisfacente. Non si deve confondere la spregiudicatezza - in casi disperati lodevole - con l ' incapacità; i comandi ben sapevano di contravvenire alla normale prassi ed anche alla logica, ma si risolvevano a farlo perché premuti da esigenze imprescindibili.
I comandanti in campo dunque, almeno non tutti , non meritano l'accusa di grossolana insipienza sempre e comunque addebitata loro, anche se taluni non si dimostrarono certo all'altezza della situazione. Essi ebbero a che fare con gli inevitabili effetti di una incongrua iniziativa politico - militare che aveva dato luogo ad una vera e propria avventura con forze , strutture e mezzi insufficienti ri spetto ad obiettivi abbozzati sul tamburo.
I capi si trovarono anch'essi, chi per un verso chi per un altro, dinnanzi a problemi inattesi. I comandanti d'armata e di corpo d'annata arrivarono in Albania e cominciarono a frontegg iare la si tuazione senza un comando (o quanto meno improvvisato all'ultimo momento ed alla meglio), senza supporti operativi e senza servizi, con organi di Intenden za a stento adeguati alle esigenze di pace. Precaria anche la s ituazione delle trasmissioni, con assenza di veri e propri «Cent ri» che consentissero le indispensabili comunicazioni fra Comando Superiore, comandi d'armata e di corpo d'armata; que s ti ultimi erano anche privi di staz ioni radio per la connessione con g li aerei da osservazione. Tutti i comandi d'::irmata e di corpo d'armata erano gi unti in Albania senza i loro organi di collegamento , con difficoltà notevoli quindi nell'esercizio del comando. T comandanti di divisione si videro costretti ad impiegare i propri reparti a mano a mano che sbarcavano a Durazzo ed a Valona. Quasi tutti, inoltre, rivestivano un grado inferiore a quello dell'unità comandata, con la formula <<i.s.g.» ( «incaricato de l grado superiore»).
Non va sottaciuto, d'altra parte, nemmeno il severo apprezzamento complessivo espresso da Geloso sui comandanti di alto livello, secondo il quale alcuni non avevano dimostrato sufficienti doti di carattere, robustezza fi s ica, capacità tecnico-professionale ed iniziativa in uno con l'amore della responsabilità. Troppi forse, secondo il comandante dell ' 11 a Armata, erano giunti ad un grado elevato in virtù di «sgobbo impiegatizio e senza aver ben compreso cosa significhi impiego dell'elemento uomo e cosa voglia dire impiego attivo delle unità sul campo di battaglia».
La cura per le condizioni del soldato non mancò, però essa si estrinsecò frequentemente nella semplice preoccupazione tecnica di organizzare nel miglior modo possibile i servizi e con appelli retorici privi di sostanziale efficacia . C'erano battaglioni che non avevano mai visto il loro comandante di divisione, e l'assenza dell'impulso morale derivante dalla presenza fisica di questi fu un male che avrebbe potuto essere evitato.
Fu anche palese la inesperienza di giovani ufficiali di Stato Maggiore proiettati di colpo, senza adeguato tirocinio pratico, a posti di responsabilità operativa. Purtroppo , non sempre l 'ufficiale risultò professionalmente preparato a svolgere le sue funzioni, anche se quando si dimostrò palesemente inferiore al compito per carenze d'animo, di carattere e fisiche il biasimo non poteva ricadere in teramente su di lui bensì sull'inadeguata opera di selezione e formazione a monte.
Il merito del positivo esito dell'azione difensiva va comunque ascritto al gen. Cavallero, che all'atto dell'assunzione diretta della responsabilità delle operazioni ricevette un'eredità molto pesante : una diffusa depressione morale, una linea di difesa appena imbastita e dalle maglie troppo larghe, un complesso di forze che viveva alla giornata, il tutto associato ad una marcata prevenzione nei propri confronti. Accettò peraltro l ' incarico senza batter ciglio, e si dispose alla creazione del «muro» con serena alacrità. Ottimista per innata conformazione, volle rafforzare sul piano esteriore tale caratteristica per ripristinare serenità e fiducia in tutto l'ambiente e cercare di porre rimedio ad errori non suoi. 11 fervore e l'alacrità delle quali dette prova fecero sì che s .i riuscisse a superare il penoso momento ed a risalire la china, anche se va riconosciuto come a gennaio del 194 l 1a fase più critica fosse già passata.
Il problema psicologico , d'altro canto, costituiva un 'altra delle componenti negative del nostro apparato militare ed era strettamente connesso alle carenze di ordine tecnico. Le truppe provenienti dall 'I talia, non appena impiegate, rivelavano gravi deficienze di addestramento; quasi tutti i richiamati arrivavano senza avere una minima conoscenza delle armi automatiche ed, in particolare, della mitragliatrice Breda 37. Molti dovevano andare al fuoco senza aver mai neanche provato a lanciare una bomba a mano. Le truppe non avevano saputo o potuto reagire agli in .izia li e per loro imprevedibili insuccessi, erano state subito prese dall ' ossessione delle infiltrazion i greche, dal terrore dei mortai, da ll a preoccupazione di essere catturate. L'unico antidoto era affidato ali 'azione dei comandanti di grado inferiore; ma, dec i mata dal nemico la maggior parte degli ufficiali in S .P.E. (sino al te rmin e della campagna, ad esemp io, su 59 reggimenti d i fanteria ben 1Odei colonnelli comandanti sarebbero caduti in combattimento alla testa dei loro reparti), battaglioni e compagnie erano rimast i in mano ad ufficiali di complemento, e non tutti giova ni ssimi, che avevano mostrato anch'essi grav i lacune sotto l'aspetto addestrativo. I comandanti dei minori reparti difettavano di iniziativa e trovavano difficoltà nell'esercizio del comando per risolvere un problema tattico anche modesto.
La mancanza di un addestramento di fondo cost i tuì in effetti il nodo cruc iale dal punto di vista dell'efficienza operativa. Il sistema addestrativo it a lian o, motivi di ferma e d i forza bilanciata a parte (pur se rilevanti), non resse alla prova del fuoco. L'addestramento individuale e di pattug lia, ad esempio, era del tutt o in consistente: il soldato, o meglio il militare in genere, non era assuefatto all'esercizio ginnico-sportivo, era privo di que ll a fiducia nei propri mezzi fisici che deriva dall'allenamento alla lotta personale, al corpo a corpo , né era ab i tuato alla marc ia fuori strada in ambiente di combattimento . Negli ultimi anni erano state anche adottate nuove armi (mitragliatrice Breda 37 , mortai da 45 e 81, cannoni da 47 /32, mitragliere da 20) ma distribuite largamente solo nel periodo 1939-1940, con le dotazioni non ancora al completo almeno per talune di esse. Evidentemente, quasi tutti gli uomini in congedo, non richiamati nel 1940, ignoravano i predetti recenti materiali che costituivano l'armamento principale della fanteria. Inoltre, paradossalmente, il nuovo materiale in un certo senso nocque sul piano psicologico, perché si ritenne di essere «a posto», e fu un altro grave errore.
Ma oltre a11e deficienze tecniche ed addestrative, perdurava un'impostazione dottrinaria ed ordinativa del tutto incongrua. Nessuna delle azioni offensive o controffensive in grande stile sviluppate durante la campagna conseguì risultati apprezzabili. Anche quando vennero impiegate GG UU. con un sufficiente grado di efficienza compless iva, tali azioni non andarono al di là di qualche risultato tattico locale e furono utili solo perché costrinsero il nemico a stornare forze da un settore al]' altro e ad alleggerire la pressione sulle aree vitali più delicate.
Nell'azione offensiva, le fanterie italiane riuscivano solo ad avvicinarsi alle posizioni greche senza quasi intaccarle. L' avanzata , scarsamente articolata perché destinata ad investire uniformemente, a cavallo di un'unica direzione, un tratto del fronte, veniva agevolmente neutralizzata. Arrestate le teste delle colonne procedenti in parallelo , tutto si fermava e si impietriva; le unità avanzate si immobilizzavano allo scoperto e non erano più capaci né di proseguire né di tornare indietro. I reparti, privi cli articolazioni manovriere, procedevano a gregge e non riuscivano ad esprimere per intero il volume di fuoco automatico di cui disponevano per non arrecarsi reciproci danni Tale modo di procedere, inoltre, privava il movimento della scioltezza e della flessibilità necessarie all'impiego delle armi automatiche ed allo sfruttamento tattico del terreno sia ai fini offensivi che di protezione.
Nell'azione difensiva, la ricerca della continuità della linea di resistenza prevalse s u quella della profondità della posizione. Le caratteristiche del terreno accentuarono la tendenza, insita nella dottrina in vigore , alla proiezione in avanti dei var:i' elementi difensivi con conseguenti vuoti alle spalle Rotta la linea di resistenza, spesso costituita da un velo sottile di fuoco delle armi automatiche, l'attacco avversario trovava la strada aperta per proseguire in profondità e se le penetrazioni furono spesso modeste, ciò dipese più dalla scarsa capacità delle unità greche a completare e sfruttare i successi che non dalla robustezza dei tamponamenti operati dalla difesa. Le reazioni di movimento erano orientate prevalentemente più alla riconquista delle posizioni perdute, così come prescriveva la dottrina in vigore, che non alla distruzione delle forze penetrate. I1 passaggio dalla posizione di resistenza a centri di fuoco, intesa nel senso di occupazione continua, a quella organizzata a robusti caposaldi cooperanti atti a resistere anche se oltepassati da infiltrazioni nemiche, iniziata fin dalla metà di novembre 1.940 almeno nell'ambito qi taluni dei corpi d'armata impe gnat i, esaltò le possibilità di resistenza e di tenuta delle posizioni e dette ben presto i suoi frutti . La resistenza divenne più solida e duratura e la difesa, nel suo insieme, guadagnò in elasticità ed in reattività di fuoco.
Assai più copiosi sarebbero stati i frutti della nuova organizzazione se le divisioni fossero state ternarie anziché binarie, in grado cioè di costituire un sistema di caposaldi su più ordini cooperanti anche nel senso della profondità. A proposito della divisione binaria che, frutto dell' «Ordinamento Pariani »del 1939, proprio nel 1940 aveva acquistato la fisionomia definitiva, forse mai le decantate possibilità di uno strumento operativo furono così clamorosamente sment ite dagli eventi bellici a brevissima di stanza di tempo.
Né si può sottacere un altro aspetto importante della nostra condotta bellica sul fronte grecoalbanese , e cioè la mancata cooperazione aeroterrestre. È opportuno innanzitutto premettere, per quanto concerne l'ut il izzazione dell'arma aerea in quello scacchiere, che il denso accumulo di nubi costituiva una barriera di notevole contrasto alla navigazione aerea e specialmente all ' impiego militare, perché le quote super.iori degli ammassi nuvolosi, con la base fra i monti, oltrepassavano generalmente i. 600 metri. Sino al termine della campagna i comandi e le unità non riuscirono a rendersi conto del perché la nostra superiorità aerea non potesse manifestarsi in tutta l a sua potenza. A monte di tale incomprensione, c'era una sostanziale carenza conoscitiva delle reciproche esigenze ed un'assai difettosa organizzazione nell 'aerocooperazione.
D'altra parte, la dottrina di impiego dell'aviazione tendeva alla concezione di una guerra aerea a sé stante. Infatti il bombardamento - il mezzo principale delle forze aeree - era riservato al campo strategico; lo speciale intervento in campo tattico , attuato spesso durante la guerra di Spagna, era ritenuto di carattere eccezionale, perché soltanto il concorso di particolarissime circostanze poteva giustificare un'azione del genere, considerata antieconomica sotto tutti gli aspetti e di rendimento non proporzionato al rischio ed al costo dei mezzi.
Anche l'attacco al suolo, da quote molto basse contro obiettivi di varia natura, era considerato normalmente nell'ambito strategico come integrazione del bombardamento. Inevitabile dunque lo «scollamento» fra le due forze armate. L'Esercito, in fondo, si era sempre piuttosto disinteressato del concorso diretto che poteva ricevere dall'Aeronautica, ma non appena constatò l'insufficienza dei propri mezzi per battere il nemico chiese l'intervento dal cielo. E quando la fanteria, rapidamente logoratasi, cominciò a reggere a stento, richiese l'aiuto deJI'aviazione. Solo allora l'attenzione dell'Aeronautica si spostò sul campo di battaglia.
Il grande motivo che indusse i Comandi ad invocare l'intervento aereo fu l'insufficienza, o meglio l'assenza, di artiglieria pesante e pesante-campale per un'efficace azione di preparazione, di interdizione vicina e lontana e di controbatteria . Però gli obiettivi di artiglieria in un terreno dalle forme aspre e rotte non costituivano certamente l'ideale per il bombardamento orizz-ontale e, d'altro canto, l'esiguità numerica degli aerei da bombardamento a tuffo disponibili in tempo successivo (gli Ju 87 tedeschi) non avrebbe consentito di utilizzare tale specialità per un periodo prolungato ed in formazioni più consistenti, anche se il suo contributo facili tò in non pochi casi (completando l'azione con spezzonamento e mitragliamento a bassa quota) il duro compito delle fanterie. D'altra parte, in tema di cooperazione aeroterrestre si era ai primiss i mi passi - come del resto in tutti gli eserciti dell ' anteguerra ad eccezione di quello germanico (nella concezione d'impiego della divisione corazzata, i tedeschi preparavano infatti l'avanzata con pesanti bombardamenti aerei, quindi lanciavano, vera massa contundente e lacerante, le unità motocorazzate e, finalmente le fanterie - quasi sempre motorizzate - seguivano per consolidare il successo) - e mancava perciò anche l'idea di una normativa e di una organizzazione idonee ad assicurare l'intervento aereo nel quadro della risoluzione di un problema tattico.
Un'ultima considerazione va fatta in merito ad un altro fra i non pochi luoghi comuni che hanno da sempre accompagnato acriticamente la maggior parte de1le rievocazioni della campagna italo -greca, e che cioè sia stata essa a determinare il rinvio dell'inizio da parte tedesca dell'Operazione Barbarossa, l'attacco all'URSS . Tutto nacque dalle affermazioni del Feldmaresciallo von Rundstedt secondo le quali i prepativi de l s u o gruppo d'armate erano stati ostacolati dal tardivo arrivo delle divisioni corazzate che avevano preso parte alla campagna balcanica, delle quali sia i mezzi che gli uomini necessitavano pertanto rispettivamente di revisione e riposo. Tali dichiarazioni, ribadite dal Feldmaresciallo von Kleist che comandava le unità corazzate agli ordini di Rundstedt, furono peraltro smentite da altri generali tedeschi, che evidenziarono come il ruolo principale dell'offensiva contro la Russia non fosse quello affidato al gruppo d'armate del fronte meridionale di von Rundstedt ma quello attribuito invece al gruppo d'armate centrali del Feldmaresciallo von Bock.
Non fu quindi la campagna di Grecia a provocare il rinvio dell'attacco all'Unione Sovie ti ca. Hitler aveva già messo in conto quell 'i mp egno militare quando aveva inserito nel programma del 1941 l'invasi one dell a Grecia come passo preliminare a quella della Ru ss ia. La decisione derivava dal timore di uno sbarco inglese in Grecia e della conseguente necessità di garantire il fianco dest ro delle armate che dovevano marciare verso Est mediante la preventiva oc cup azione , a titolo precauzionale, della costa della Tracia meridionale fra Salonicco ed Alessandropoli. Il fattore decis ivo nella decisione di cambiare la tabella dei tempi fu l'inaspettato colpo di stato che ebbe luogo in Jugoslavia il 26 marzo, con il rovesciamento del governo filo-Asse. Hitl er fu così irrit ato da quella clamorosa notizia da decidere quel giorno stesso di scatenare contro la Jugoslavia una massicc ia offensiva. L'impiego di altre forze terrestri ed aeree richiesto da un 'i niziativa di questo genere non poteva che comportare un impegno maggiore di quello che avrebbe comportato la sola campagna di Grecia, ed è per questo che Hitler fu costretto a prendere l'irrevocabile (e fata le) decis i one di accantonare per il momento il suo proposito di iniziare l'offensiva contro la Russia. In conclusione, la campagna italo-greca, in base alle premesse c he l'avevano determinata ed alla dinamica degli eve nti che erano seguiti, si sarebbe potuta concludere con un disa stro militare, l'espulsione dell'Italia dai Balcani , dalle implicazioni enormi anche sul piano politico e psicologico ge neral e. I motivi per cui ciò non avvenne furono essenzialmente di ordine morale. A forze numericam e nte superiori, coraggiose e tenaci, meglio armate, equipaggiate ed ordinate, utilizzanti una tecnica di impiego di elevato rendimento, più addestrate, più abituate al particolare ed aspro ambiente naturale e climatico, le unità :italiane opposero, nella gran de maggioranza, una forza d'animo, una volontà di resistenza ed una capacità di adattamento alle circostanze ed alle difficoltà raramente riscontrabili nella storia militare.
Il miglior compendio di tale ass unto c i sembra possa essere identificato nell'affermazione espressa dal gen. von Rintelen, addetto militare tedesco in Italia ed ufficiale di collegamento presso lo Stato M agg ior e Generale, un a volta g iunto in Albania nella prim ave ra del 1941 a capo di una missione militare: «Nessuna delle divisioni di fanteria tedesche, anche se scelta fra le phì addestrate, avrebbe potuto vivere e combattere in terreni ed in condizioni così difficili».