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di Balazs Juhász “

Noi credevamo

L’Italia e il revisionismo ungherese

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di Balázs Juhász 333

Tra le conseguenze maggiormente paradossali della dissoluzione dei grandi imperi multinazionali, vi fu l’umiliazione dell’Ungheria, la nazione che maggiormente si era battuta per il riconoscimento dei propri diritti, fimo a subire il brutale intervento russo del 1849. Con la finis Austriae e la nascita di nuovi stati nazionali l’Ungheria perse infatti i due terzi del territorio che aveva nel 1914. L’Italia, che dal 1915 aveva perseguito lo smembramento dell’impero danubiano e riconosciuto le «nazionalità oppresse» con l’eccezione della jugoslava, dovette presto constatare di aver in realtà lavorato per i suoi antagonisti, Francia e Inghilterra, che appoggiarono una coalizione di stati successori, la Piccola Intesa, diretta non solo contro i revanscismi austriaco e ungherese, ma anche contro il revisionismo italiano, propagandato con lo slogan dannunziano della «Vittoria mutilata». Ciò produsse una convergenza opportunistica tra Budapest e Roma, sfociata col tempo in una vera alleanza. Il compromesso austro-ungherese del 1867 era stata la risposta obbligata di Francesco Giuseppe alla crisi dell’impero multietnico1. Contrariamente alla tesi ufficiale, dall’accordo non era nato affatto uno stato nazionale ungherese, ma soltanto un secondo soggetto multietnico, cointeressato perciò al mantenimento dell’impero a spese delle minoranze nazionali incluse nei due stati (quella italiana a Fiume e in Dalmazia entrò nello stato ungherese). Unici temperamenti furono, nel 1868, il riconoscimento di una limitata autonomia politica al regno croato e la garanzia dei diritti culturali delle minoranze, salva restando l’unità della «nazione ungherese». Al momento dello sfacelo il governo ungherese cercò di salvare i confini del 1867, riconosciuti dalla convenzione militare di Belgrado, firmata dal comandante dell’Armée d’Orient, generale Louis Franchet d’Espéry, ma questa fu quasi subito disconosciuta dall’Intesa, smantellando l’amministrazione ungherese nei territori occupati e spostando continuamente le linee armistiziali a danno dell’Ungheria.2 Il governo di Budapest tentò dei compromessi, ma, sostenuti dall’Intesa, i rumeni li rifiutarono e gli slovacchi li ritrattarono al momento della conferenza

1 Mappa n° 75. Le etnie costitutive di stato della Monarchia Austro-Ungarica, 1910 (online terkeptar.transindex.ro). 2 Ormos Mária, «A belgrádi katonai konvencióról», Történelmi Szemle 1979/1. pp. 19–39.

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di pace.3 L’Intesa accolse le richieste cecoslovacche di aree industriali, linee ferroviarie e miniere, negando la zona industriale di Miskolc e le miniere di carbone di Salgótarján per non mettere a rischio la sopravvivenza dello stato ungherese. Tutti invece protestarono contro il saccheggio di vari complessi industriali da parte delle truppe rumene di occupazione, che comprometteva il pagamento delle «riparazioni» imposte all’Ungheria a favore degli altri stati successori.4

La Repubblica dei Consigli di Béla Kun cercò di difendersi come meglio poteva. Il 9 maggio 1919 l’esercito rosso, inquadrato da ufficiali patrioti, attaccò la Cecoslovacchia, avanzando di 150 chilometri. Quando Béla Kun accettò l’ultimatum dell’Intesa, e in cambio del ritiro delle truppe rumene abbandonò l’Ungheria superiore riconquistata, l’esercito si sgretolò, per poi finire di esistere dopo un attacco fallimentare contro le forze rumene.5 Col tacito consenso dell’Intesa i rumeni6 avanzarono fino al Danubio. Nell’agosto 1919 avevano già occupato Budapest e parte del Transdanubio, suscitando preoccupazioni dell’Intesa oltre che di Cecoslovacchia e Jugoslavia. Le truppe rumene si ritirarono solo molto lentamente, mentre quelle jugoslave rimasero nell’Ungheria meridionale sino all’estate del 1921. Il nuovo stato jugoslavo incorporò il Regno di Croazia7, la provincia di Baranya, benché non richiesta dalla delegazione serba a Parigi e i territori multietnici di Voivodina e Banato. Quest’ultimo fu conteso dalla Romania e altri conflitti riguardarono Fiume, la Dalmazia, Cattaro, il Montenegro e perfino Klagenfurt e Marburg (Maribor). Il progetto di un corridoio slavo tra Praga e Fiume, per separare Austria e Ungheria e garantire uno sbocco adriatico al nuovo stato cecoslovacco8 non fu accolto9. Peraltro le frontiere cecoslovacche

3 Sugli incontri magiaro-romeni di Arad del novembre 1918 v. Szarka László, «Iratok az 1918. novemberi aradi magyar–román tárgyalások történetéhez», Regio–Kisebbség, politika, társadalom 1994/3. pp. 140–166. Sull’accordo tra Milan Hodža e il ministro della guerra ungherese Albert Bartha v. Szarka László, A szlovák autonómia alternatívája 1918 őszén. Online su nogradhistoria.eu. 4 ASDMAE Conferenza della Pace 23, 3. N° 40434. 5 Romsics Ignác, Magyarország története a XX. században, Budapest, Osiris, 2005. p. 132. 6 Mappa n° 183 La creazione della Grande Romania dopo la Prima Guerra Mondiale online al sito terkeptar transindex.ro. 7 Mappa n° 174. La creazione della Jugoslavia. N° 174a: I problemi con l’Italia e con l’Austria. 1918-1920. N° 174b: Correzioni di frontiera con la Romania nel Banato, 1922. N° 174c: Le richieste jugoslave non realizzate dopo la Prima Guerra Mondiale online al sito terkeptar transindex.ro.) 8 Mappa n° 18. I progetti jugoslavi e cechi sul corridoio slavo. Romsics Ignác, A trianoni békeszerződés, Budapest, Osiris, 2007.3 p. 91 9 Mappa n° 163. La creazione della Cecoslovacchia. N° 163a: Richiesta massima, 1918. N° 163b: I confini progettati della Slovacchia, 1914. N° 163c: La decisione del Consiglio degli Ambasciatori sulla divisione del territorio di Salgótarján tra la Cecoslovacchia e l’Un-

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furono disegnate con criteri puramente strategici, badando a includere le fortezze e la linea ferroviaria Arad-Nagyvárad-Nagykároly-Szatmárnémeti-Csap-Kassa, benché la popolazione di questi territori fosse in larghissima maggioranza ungherese. Fu inclusa anche la Rutenia, per non abbandonarla ai bolscevichi10 .

II rapporti italo-ungheresi maturarono lentamente. L’Italia era in competizione con la Jugoslavia per la spartizione di territori ex-ungheresi11 e fu solo per l’insistenza del generale Roberto Segre (1872-1936), capo della commissione armistiziale di Vienna12 che l’Italia fornì armi, tessili e alimenti alla Repubblica dei Consigli consentendole di resistere al blocco dell’Intesa.13 A Parigi Nitti tentò di alleggerire le condizioni di pace imposte all’Ungheria e nell’autunno 1919 Roma fece un primo tentativo di conciliazione tra Budapest e Bucarest14. La posizione di Nitti sull’Ungheria si aggiungeva alla tesi di Lloyd George, che per primo aveva sostenuto la necessità di alleggerire le condizioni di pace ungheresi, ma naturalmente, come emerge dal carteggio tra Vittorio Scialoja e Nitti dell’8-10 marzo 1920, l’appoggio italiano alle richieste ungheresi non era disinteressato.15 In quel momento l’Italia mirava ad acquisire una zona d’influenza economica e politica nell’Europa danubiana attraverso la Piccola Intesa tra i nuovi stati nazionali, inclusa la Jugoslavia: il sostegno all’Ungheria mirava perciò a calmarne i timori e le rivendicazioni16. Proprio grazie a questa politica l’Italia ottenne la pre-

gheria, 1923. terkeptar transindex.ro. 10 Mappa n° 17. I tracciati ferroviari ungheresi discussi alla conferenza di pace. Romsics

Ignác, A trianoni békeszerződés, Budapest, Osiris, 2007.3 p. 87. 11 DDI 6/I. Nr. 264, 279, 306, 334, 350, 359, pp. 131, 138, 151, 163, 172, 176. Sulla suddivisione delle zone di occupazione v. DDI 6/I. Nr. 863, p. 462. 12 AUSSME E–11, 8, 16. N° XII-E-555/2. 13 AUSSME E–11, 8, 17. Nota senza N° prot. di Béla Kun a Segre, Budapest, 21 aprile 1919; ACS Carte Orlando, 76, 1612, 8. N° 3721/051725; AUSSME E–8, 116, 3. N° 995; DDI 6/ III. N° 812., pp. 813–814.; ASDMAE AP 1919-1930, 1738. N° 747; AUSSME E–8, 117, 7. N° 02019; AUSSME E–11, 8, 17. N° 8479 P.M.; AUSSME E–8, 116, 2. I° allegato del doc. N° 455. Op. Arm. Con Segre operava l’addetto militare Guido Romanelli (18761930), autore di un rapporto pubblicato nel 1964 [Nell’Ungheria di Béla Kun e durante l’occupazione romena. La mia missione (maggio–novembre 1919), Udine] e ripubblicato a cura di Antonello Biagini nel 2002 (USSME). V. pure Szabó Mária, A Romanelli-misszió.

La missione Romanelli, Budapest, HM Hadtörténeti Intézet és Múzeum, 2009. 14 ASDMAE Conferenza della Pace, 9, 25. Senza N° di prot. Vittorio Cerruti a Tittoni, Budapest, 6 settembre 1919. Sull’ulteriore corso delle discussioni magiaro-rumeni v. Romsics Ignác, «Olaszország és a román–magyar megegyezés tervei, 1918–1938», Valóság 1993/6. pp. 61–82. 15 ACS Carte Nitti, 30, 98, 2. N° 5779 R/571.; ACS Carte Nitti, 30, 98, 2. N° 5784 R.; AUSSME E–8, 132, 4. N° 590.; ACS Carte Nitti, 30, 98, 2. N° 5793. 16 Hadtörténelmi Levéltár, Országos katonai hatóságok, I. 46, A magyar kormány megbízottja a katonai szövetségközi ellenőrző bizottságnál. 1. doboz. Összefoglaló jelentés és napló;

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sidenza della Commissione Interalleata di Controllo rimasta in Ungheria dal 1921 al 1927. Nel 1921 il nuovo primo ministro István Bethlen (1874-1946) inaugurò una politica moderata, con lo scopo di giungere ad una revisione consensuale del trattato. Nel 1922 l’Ungheria fu ammessa nella SdN e nell’estate 1923 L’Italia fece un nuovo tentativo di conciliazione tra Ungheria e Romania17, promettendo poi in settembre anche aiuti militari18. La svolta avvenne però solo nel 1927, con la cessazione del regime di controllo militare e il trattato di amicizia con l’Italia (firmato il 5 aprile sul Campidoglio). Il trattato rifletteva il rovesciamento della politica balcanica dell’Italia, che, abbandonata la speranza di sottrarre alla Francia l’egemonia su Jugoslavia e Piccola Intesa, puntava adesso a contenere quello che Roma interpretava come un cordon sanitaire francese. Forte dell’appoggio italiano, nel discorso di Debrecen Bethlen rilanciò la richiesta di revisione. L’appoggio di Lord Rothermere (1868-1940), proprietario del Daily Mail col famoso articolo del 21 luglio 1927 «Hungary’s place under the Sun»19, dette l’impressione, in realtà infondata, di un fronte anglo-italiano contro la creatura balcanica della Francia.20

Il trattato italo-ungherese giovava alle esportazioni agricole ungheresi ma riguardava anche e principalmente il riarmo clandestino, come dimostrò la scoperta, avvenuta il 1 gennaio 1928 alla dogana austro-ungherese di Szentgotthárd, di un carico di armi italiane per Budapest. Ancora una volta, però, Roma non riuscì

DDI VII/3. N°. 490, 502. 17 MNL OL K64, 9, N° 1923-41-314 (292); ASDMAE GM 162, 2, N° 197; MNL OL K64, 9, N° 1923-41-416; ASDMAE GM 162, 2, N° 1830/523. 18 Juhász Balázs, «Kísérlet a titkos olasz–magyar katonai és politikai együttműködésre 1922 őszétől 1924 januárjáig», Hadtörténelmi Közlemények 2016/3. pp. 808–832. 19 «Hungary’s Place in the Sun–Safety for Central Europe». Harold Sidney Harmsworth 1st Viscount Rothermere, My Campaign For Hungary, Eyre and Spottiswoode, 1939. Nel 1930 Lord Rhotermere espresse simpatie per Hitler, nella convinzione che volesse restaurare la monarchia in Germania. 20 Zeidler Miklós, A revíziós gondolat, Budapest, Osiris, 2001. pp. 57–58.

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a mediare tra Ungheria e Romania. Il generale Averescu aveva fatto qualche apertura, ma una volta ottenuta la ratifica italiana del protocollo di Parigi sullo stato della Bessarabia, a Bucarest tornò a prevalere la fazione filo-francese capeggiata da Ion Brătianu e la chiusura romena fu ulteriormente ribadita nel 192821 .

Le uniche pedine a disposizione dell’Italia erano però Ungheria e Albania, e nessuna delle due era di grande aiuto. L’idea di aggiungere l’Austria, con l’ingerenza negli affari interni attraverso l’Heimwehr e l’asse con Dolfuss e l’austrofascismo nacque proprio dal colloquio Mussolini-Bethlen del 2 aprile 1928 a Milano.22 Il governo Bethlen cadde però nel 1931 per effetto della crisi innescata dalla Grande Depressione e nel 1932 salì al potere il leader Gyula Gömbös (18861936) che ottenne da Mussolini un maggior sostegno al riarmo e alle rivendicazioni territoriali verso Romania e Jugoslavia, frenate invece da Hitler. Volente o nolente, dopo l’Anschluss l’Ungheria si allineò sempre di più alla Germania ottenendo in cambio vaste porzioni della Slovacchia meridionale e della Rutenia subcarpatica. Parallelamente al revisionismo diplomatico (giugno 1933 Patto a Quattro23; aprile 1935 Fronte antitedesco di Stresa; settembre 1938 Conferenza di Monaco; novembre 1938 e agosto 1940 primo e secondo arbitrato di Vienna) tutti i governi ungheresi continuarono però a pianificare azioni di forza unilaterali, nonostante le condizioni disastrose dell’esercito24 .

Ufficialmente i protocolli di Roma del 1934 davano vita ad un blocco economico, ma gli indicatori dimostrano che la vera ragion d’essere non era geoeconomica ma puramente geo-diplomatica. Pur essendo poco più che pesi morti, Austria e Ungheria accreditavano la rivendicazione italiana di poter in qualche modo controllare la nemesi della finis Austriae. Anche nel caso del Patto a Quattro, l’appoggio mussoliniano al revisionismo fu soprattutto un modo di contrastare la Germania, contrapponendo una «via italiana», pacifica e responsabile, a quella brutale e bellicista impersonata da Hitler.25 Quando nell’aprile 1934 Gömbös

21 Giuliano Caroli, «Un’amicizia difficile: Italia e Romania (1926-1927)», Analisi storica 1984/3. pp. 284–286., 302., 304–305. DDI, VII/4. N° 586.; Karsai Elek (red.), Iratok az ellenforradalom történetéhez, IV, Budapest, Kossuth, 1967, N°. 22. 22 Karsai Elek (red.), Iratok az ellenforradalom történetéhez, IV, Budapest, Kossuth, 1967, Nr. 103. 23 Francesco Salata, Il Patto Mussolini, Milano, Momdadori, 1933; Anselmo Vaccari (cur.),

Il Patto Mussolini, Roma, Signorelli, 1933; Giancarlo Giordano, Storia diplomatica del

Patto a Quattro, Bologna, Forni, 1976; FrancoAngeli, 2000. 24 Lóránd Dombrády, A Magyar Királyi Honvédség, 1919-1945, Zrínyi Katonai Kiadó, 1987. 25 Ormos Mária, Franciaország és a keleti biztonság 1931–1936, Budapest, Akadémiai, 1969, pp. 192–193., 210–211; Halmosy Dénes, Nemzetközi szerződések 1918–1945. A két világháború közötti korszak és a második világháború legfontosabb külpolitikai szerződései, Budapest, Közgazdasági és Jogi Könyvkiadó, 1983. pp. 326–329.; Pritz Pál,

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«Giustizia per l’Ungheria, la grande mutilata!» (discorso di Mussolini durante la visita di Horty nel, novembre 1936)

consegnò a Mussolini la mappa delle limitate rivendicazioni ungheresi, il duce ne elogiò la ragionevolezza, contrapponendola alla miope intransigenza degli altri stati successori della Monarchia.26 Gioco rischioso, considerato che la sfera d’influenza italiana era in realtà un fascio di debolezze e che di fatto si contribuiva a spianare la al revisionismo hitleriano. Comunque anche Budapest ne traeva vantaggi, perché infine grazie all’arbitrato italiano e tedesco parte della Slovacchia, chiamata dagli ungheresi Ungheria Superiore ritornò alla madrepatria.27

Magyarország külpolitikája Gömbös Gyula miniszterelnöksége idején 1932–1936, Budapest, Akadémiai, 1982. p. 115. 26 Zeidler Miklós, «Gömbös Gyula», in Romsics Ignác, Trianon és a magyar politikai gondolkodás 1920–1953. Tanulmányok, Budapest, Osiris, 1998. p. 88.; Zeidler Miklós, A revíziós gondolat, Budapest, Osiris, 2001. pp. 150–155. 27 Galeazzo Ciano, Diario 1937–1943, a cura di Renzo De Felice, Milano, Rizzoli, 2010, pp. 198, 204–207.

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La (mancata) collaborazione italiana nella pianificazione bellica

A partire dall’aprile 1928 il sostegno italiano all’ammodernamento delle forze ungheresi si andò sempre più intensificando, anche allo scopo di bilanciare l’influenza francese in Cecoslovacchia e Romania e la dipendenza economica e militare dell’Ungheria dalla Germania. Un gran numero di ufficiali ungheresi furono inviati in Italia per corsi di formazione e aggiornamento istruzione e una delle ragioni del sostegno congiunto italo-ungherese all’austrofascismo di Dollfuss fu di poter far transitare attraverso l’Austria materiale bellico italiano per l’Ungheria.

Nell’agosto-settembre 1929 i vertici militari ungheresi si recarono in visita in Italia28 e Gömbös (allora sottosegretario alla difesa) propose a Mussolini la creazione di quattro commissioni tecniche: pianificazione operativa, armamenti, industria (materie prime e capacità produttive) e questioni agrarie e finanziarie29 . Il duce, che aveva l’interim della guerra, limitò tuttavia la cooperazione ai soli armamenti, col pretesto che estenderla alla pianificazione operativa e allo scambio di risorse industriali, alimentari e finanziare avrebbe richiesto una armonizzazione troppo vasta delle rispettive politiche nazionali e il coinvolgimento dei rispettivi ministri degli esteri. Ma la vera ragione era che non si voleva far prendere visione ai militari ungheresi, ritenuti filo-tedeschi, dei piani operativi italiani, i quali presupponevano una Germania ostile.

Di cooperazione strategica italo-ungherese in funzione anti-jugoslava tornò a parlare il ministro degli esteri ungherese in vista della prima visita ufficiale di Gömbös a Roma in qualità di presidente del consiglio, nel novembre 1932. Ma il premier respinse la proposta, osservando che tanto il governo italiano, quanto lo stato maggiore ungherese erano pessimisti circa una guerra contro la Jugoslavia, ed era ancora troppo presto per sottoporre la questione ai rispettivi stati maggiori30 . In realtà la cautela sulla Jugoslavia non era tanto di Mussolini, quanto dei vertici militari italiani, consci come quelli ungheresi che un eventuale conflitto avrebbe inevitabilmente comportato l’intervento francese e della Piccola Intesa e che le forze italiane e ungheresi non erano in grado di sostenere una guerra su due fronti.31

All’ordine del giorno non c’era l’aggressione alla Jugoslavia, ma solo il riarmo

28 ASDMAE AP (1919-30), 1767, 8188. Gazzera 18 dic. 1929, n° 25199 e allegati. 29 Archivio Storico Diplomatico del MAE, Affari Politici 1919-1930, 1765, 8178. De Astis 8 ottobre 1929, n° 2542/1038/A51. In allegato il rapporto di Oxilia n° 473 dell’8 ottobre 1929, che è pure in DDI, 7a serie, VIII, Roma, 1972, n° 55. 30 Magyar Nemzeti Levéltár Országos Levéltára [Archivio Nazionale Ungherese, Budapest, d’ora in poi MNL] K 64 1932-23-621 a. e d. 31 Anche le priorità erano diverse: l’Italia vedeva come nemico numero uno la Jugoslavia, mentre nei progetti dello S. M. ungherese questo era la Cecoslovacchia, e la Jugoslavia era solo al terzo posto dopo la Romani.

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ungherese, di cui si cominciavano a vedere i primi effetti grazie agli aiuti militari italiani32. Ma nel 1934 l’attentato ustascia di Marsiglia contro re Alessandro I e le tensioni italo-jugoslave riapersero il dossier. Nell’incontro con Mussolini del 6 novembre Gömbös chiese una consultazione tra i rispettivi stati maggiori: il duce acconsentì in linea di massima,33 ma sul momento non se ne fece nulla. Bloccata a livello governativo, la cooperazione strategica italo-ungherese fu però avviata a livello servizi. Fu infatti il capo del SIM, generale Mario Roatta (1887-1968), ad accogliere, il 4 maggio 1935, la proposta del tenente colonnello László Szabó, addetto militare ungherese a Roma dal 1932 al 1943, di stabilire una consultazione permanente, e non solo riguardo alla Jugoslavia, ma anche alla Germania.34

Il piano italo-ungherese del 1936 contro la Jugoslavia

Poco dopo, in occasione della sua visita a Roma, lo stesso ministro della difesa ungherese, generale József Somkuthy (1883-1961), sostenne la necessità di predisporre piani operativi congiunti, perché altrimenti un conflitto italo-jugoslavo si sarebbe inevitabilmente internazionalizzato. La tesi di Somkuthy era che la Jugoslavia avrebbe adottato la difesa in profondità riuscendo a sbarrare il passo alle forze italiane e a mantenere la linea di collegamento con la Cecoslovacchia. Questo successo avrebbe consentito l’intervento della Piccola Intesa al fianco della Jugoslavia e l’inevitabile coinvolgimento dell’Ungheria. Invece un attacco simultaneo dall’Italia e dall’Ungheria avrebbe consentito di occupare rapidamente la Slovenia, impedendo l’afflusso di aiuti dalla Cecoslovacchia e dissuadendo così un intervento della Piccola Intesa. Un piano di guerra basato su questo presupposto fu elaborato da Somkuthy nell’estate 1936. I documenti consentono di ricostruirlo solo a grandi linee, ma in sostanza ipotizzava la ritirata jugoslava sulla linea Zagabria Ovest-Nagykanizsa invece che Maribor–Celje–Zagabria Ovest (Brežice)–Fiume ipotizzata dal generale Alberto Pariani (1876-1955), capo di S. M. dell’esercito e sottosegretario alla guerra. L’intervento delle forze ungheresi, inizialmente non contemplato, era previsto al

32 Prima del 1934 l’Italia fornì all’Ungheria 65 carri veloci L3/35 e appena un paio di addestratori Ansaldo AC.3. Fra il 1935 e il 1939 le forniture italiane salirono a circa 240 aerei (76 caccia Fiat CR-30; 52 CR.42 Falco; 14 ricognitori Meridionali Ro.37 Lince e 36 Caproni Ca.310 Libeccio, poi rivelatisi poco efficienti e restituiti; 5 trasporti Savoia Marchetti SM.75 e 50 addestratori Nardi FN305). A partire dal 1940 seguirono 70 bombardieri Caproni Ca.135; 65 caccia da attacco al suolo Breda Ba.65; 70 Caproni Reggiane Re.2000 Falco I e la licenza di costruzione dei MÁVAG Héja (ne furono costruiti da 170 a 203 e su uno di essi morì István Horty, figlio del Reggente). Cfr. Stephen L. Renner, Broken Wings:

The Hungarian Air Force, 1918-45, Indiana U. P., 2016. 33 DDI, 7a serie, XVI, Roma, 1990, n° 112 34 Hetés–Morva 1968. n° 79.

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solo scopo di assecondare l’offensiva italiana in Slovenia. Questa doveva consistere in una manovra attraverso l’Austria su Lubiana e poi attraverso l’Ungheria sulla direttrice Nagykanizsa–Zagabria. Qui dovevano entrare in azione anche gli ustascia croati, col compito di paralizzare le forze jugoslave, per poi congiungersi con le forze italiane e puntare direttamente su Belgrado. Gli ungheresi dovevano invece occuparsi della Cecoslovacchia. Il piano era però irrealistico, perché non teneva conto delle possibili reazioni romene e tedesche, della vulnerabilità ungherese al potere aereo della Piccola Intesa e della mancanza di difese anticarro e di artiglierie in grado di battere le fortificazioni cecoslovacche. Inoltre la guerra d’Etiopia aveva mutato la politica italiana verso la Germania. Questa aveva forti interessi sia in Jugoslavia che in Romania e, non volendo provocarla con un cataclisma geopolitico nell’area danubiana, Mussolini archiviò definitivamente il piano, pur dicendo agli ungheresi che era solo sospeso in attesa di un pretesto, ad esempio un eventuale inasprimento delle sanzioni internazionali.35

Il grandioso allargamento del Międzimorze (Intermarium) alla Scandinavia, ai Balcani e all’Italia concepito da Piłsudski dopo il fallimento del tentativo di ridare vita alla confederazione polacco-lituana aveva favorito la speranza italiana di poter includere la Polonia in un «asse orizzontale» con Austria e Ungheria ad egemonia italiana.36 Mussolini pensava di far leva sulla tradizionale amicizia

35 Ágnes Rózsai, «Adalékok a Gömbös-kormány katonapolitikájához», Hadtörténelmi közlemények, 1969, N. 4, pp. 646-647.; MNL K 100. 1936. 36 MNL OL K64, 77, N° 30/főn.pol.-1938.; MNL OL K64, 81., N° 25/5323; Diplomáciai

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tra ungheresi e polacchi, ma in mezzo c’era il cuneo cecoslovacco iper-armato dagli anglo-francesi in funzione antitedesca, antirussa e anti-italiana. Non a caso l’Italia appoggiò poi, anche con l’invio del 1° e del 4° stormo caccia, il primo tentativo ungherese di procurarsi una frontiera comune con la Polonia: azione peraltro tardiva, e fermata da un semplice divieto tedesco.37 La voglia di tenersi vicina l’Ungheria, in quanto membro del mai realizzato «asse orizzontale», nella seconda metà degli anni ’30 mirava quindi a dimostrare una reale autonomia di Roma da Berlino. Insomma, sia come membro dell’«asse orizzontale», sia come membro del blocco anti-jugoslavo, l’Ungheria era parte del bluff sulla zona d’influenza italiana. Nel 1939 il successore di Gömbös, Pál Teleki (1879-1941), antisemita ma filo-britannico, si oppose al passaggio di forze tedesche per l’attacco alla Polonia, ma in cambio di parte della Transilvania dovette aderire al Tripartito e si suicidò per non avallare l’attacco tedesco alla Jugoslavia.

Iratok Magyarország Külpolitikájához 1936–1945, vol. II, a cura di Zsigmond László, Budapest, Akadémiai, 1965. N° 125., 136. 37 MNL Ol K100, 1938, N° 926/621.k.a.-1938.; Zsigmond László (cur.), Diplomáciai Iratok Magyarország Külpolitikájához 1936–1945, III, Budapest, Akadémiai, 1970. N° 4142, 51-52, 56-59, 62-63; ACS Min. Aer. Gab. AA. GG. 1938. b. 72, f. c. 9, sc. V, n° 12/9. Homyák Csaba, «A kárpátaljai akció (1938)», Aetas 1988/1. pp. 5–27.

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