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Il materiale fotografico

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Appendice

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Le duecento immagini qui pubblicate provengono dalla Raccolta Darra conservata presso la Biblioteca Antonio Spagnolo di Verona, in apposite scatole, che ne contengono circa 15 ciascuna. A loro volta le scatole sono custodite in una cassetta di legno.

Le scatole recano le etichette di due case di produzione e sviluppo: la Cappelli di Milano, che si unirà in seguito alla più nota Ferrania, e la francese Jougla che, fondendosi con la Lumière darà origine all'Uni on Photographique Industrielle.

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T vetrini sono positivi (simili a delle diapos itive) di tipo stereoscopico, che permettono cioè, attraverso un apposito visore, di percepire l'oggetto rappresentato nella sua tridimensionalità.

Ogni piccola lastra, infatti, porta impresse due immagini affiancate, scattate contemporaneamente da macchine fotografiche dotate di due obiettivi distanti era loro come gli occhi di una persona.

Sopra una cinquantina di questi vetrini sono scritte delle didascalie. con grafie di almeno tre mani differemi, le stesse. si suppone, dì chi ha eseguito gli scatti. Gli altri invece ne sono privi e hanno richiesto lunghe

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Sui verrit1i svi/11ppati i11 positi110, assieme alla doppia i111111agi11e d1e permeue la percezio11e 1ridi111eusio11ale. si trovano spesso delle lirevi didascalie.

Appaiono scritie da almeno ,re mmii d!ffèremi, si s11ppo11e quelle dei farogrqfi. Così la raccolta rimira opera di vari autori. Nel testo queste didascalie originali vengo110 evidenziate dal colore.

ricerche per identificare i soggetti fotografati, non tutte andate a buon fine. Su alcuni resta il mistero, che si è cercato di svelare con intuizioni verosimili. Nemmeno si è trovato documento scritto né ottenuta testimonianza orale che permetta di conoscere la provenienza di questo materiale.

Per tentare un'ipotesi plausibile, vale la pena chiedersi in prima istanza chi poteva scattare fotografie nei campi di battaglia.

n Comando Supremo dell'esercito aveva organizzata fin dall'inizio delle operazioni una Sezione Fotocinematografica del Regio Esercito. di~tribuica in quattro reparti: fotografi di campagna, che agivano su terreno pianeggiante al seguito del Comando Supremo e delle Armate; fotografi di montagna; fotografi d'assedio; fotografi per ricognizioni aeree, a bordo di apparecchi. dirigibili e palloni frenati. Tutto questo era materiale riservato allo stretto uso strategico, oggi reperibile negli archivi ufficiali e in parte già disponibile in pubblicazioni autorizzate.

Negli anni deJ conflitto il Comando Supremo poteva concedere l'uso di questo materiale, debitamen- re selezionato, anche a editori di libri, quotidiani e periodici. Come gli articoli pubblicati sui giornali, anche le inunagini erano in genere sottoposte a una censura previa: non era perme~so, infatti, diffondere quelle di tipo strategico potenzialmente utili al nemico, né presentare scene di sconfitte. di distrnzione, di morti e feriti che potessero demoralizzare la popolazione e le truppe.

Vetrini sopra il sost~f?/IO dove i 1e11iva110 fatti asci11gare dopo lo s11il11ppo, e 1wo dei Pisori che perme/10110 di percepire l'i111111a)/it1e tridi111r11sio11ah•.

Anche i giornali e gli editori accreditati potevano inviare oltre ai corrispondenti i loro fotografi; questi però dovevano agire in stretto contatto con il Comando Supremo, dal quale prendevano indicazioni per recarsi sulle zone del fronte. Per fare qualche esempio, era gli editori si possono ricordare i Fratelli Treves, fra i quotidiani il «Corr iere della sera», diretto allora da Luigi Albertini, fra i periodici !'«Illustrazione italiana,>.

Vi erano però anche soldati e ufficiali che, avendo un reddito superiore alla media dei commilitoni, potevano acquistare l'apparecchio fotografico, le lastn.: e pagarne il successivo sviluppo. Proprio negli anni precedenti la guerra, la produzione di macchine fotografiche di questo tipo aveva raggiunto livelli rel ativamente alti, permettendo prezzi accessibili.

Durame il conflitto, come per la corrispondenza, anche l'eventuale diffusione d'inunagiui prodotte dai soldati passava, per le ragioni evidenziate, al vaglio della censura. Ma come le lettere e alcuni effetti personali. i vetrini da svil uppare potevano essere affidati a commilitoni in partenza per eventuali lic enze, diretti verso la residenza dei familiari. Oppure rimanevano custodite allo stesso modo del diario, che molti tenevano tra gli oggetti personali, nella prospettiva di portarlo a casa alla fine del combatti.mento, o, nella peggiore delle ipotesi, di lasciarlo in eredità ai propri cari.

Per l'incarico di alto uffic iale che rivestiva, non è improbabile che Dana abbia ottenuto, su richi esta ispirata da una sua passione. qualcuna di queste lastre direttamente dagli uffici centrali legati al Comando Supremo. In tale ipotesi si tratterebbe d'immagini dovute a veri professionisti: alcune della raccolta,scattate per esempio sul manco nevoso (sfondo particolarmente difficile da trasferire sul veicolo fotografico), fanno pensare, per ]"'alta definizione", che siano davvero frutto di specialisti. Diverso il caso d'immagini sfuocate o mosse (qualche volta intenzio nali?), dovute a imperizia, a fretta o a scrupo lo morale di appartenenti alla truppa.

Partendo da queste considerazioni e dalla varietà di luoghi, situazioni , arnù, personalità rappresentate, diventa verosimile attribuire la raccolta al tenente genrale medico Vitto1io Napoleone Darra.

È doveroso, in conclusione, osservare che sca ttare foto sui luoghi di battaglia era rischioso e non sempre permesso a chi la guerra la faceva . Rare allora risultano qui le immagini che mostrano azioni belliche in corso, mentre spesso presentano persone "in posa". anche fingendo scene di guerra. Ma gli effetti di rischio, distruzione, ferimento e morte, tipici di ogni guerra, sono suftìcientemente documentati.

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