Rivista Maria Ausiliatrice n.3/2018

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Maria Ausiliatrice

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RI VIS TA D E L L A BAS I LI C A DI TO R I N O – VA LDOCCO

BASIL IC A

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27–02–2004 n. 46) art. 1, comma 1 NO/TO

MARIA AUSILIATRICE

# Q UESTA

È LA MIA CASA, DA QUI LA MIA GLORIA!

6 “ABBIAMO BISOGNO DEGLI OCCHI DI MARIA”. IL SALUTO DEL RETTORE DON CRISTIAN

28 TRENT’ANNI FA GIOVANI PAOLO II A TORINO NEL CENTENARIO DELLA MORTE DI DON BOSCO

30 L’ABITINO DI DOMENICO SAVIO.

CONFORTO E SPER ANZA PER TANTE FAMIGLIE

ISSN 2283–320X


S A N T U A R I O BA S I L I CA M A R I A A U S I L I AT R I C E – TO R I N O

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BAS I LI CA MARIA A U S I L I AT R I C E 150° anniversario consacrazione Basilica Maria Ausiliatrice

“La Madonna vuole che la onoriamo con il titolo di Ausiliatrice” 2 0 1 8

09 GIUGNO

O r a r i o

Sabato

ore 10:00 Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino

(San Giovanni Bosco)

La Basilica “Maria Ausiliatrice” di Torino Invita alla

SOLENNE CELEBRAZIONE NEL 150° ANIVERSARIO DI CONSACRAZIONE DELLA BASILICA (1868 - 2018) Ore 10:00

Celebrazione:

Presiede Sua Ecc. Mons.

Renato Boccardo Arcivescovo di Spoleto - Norcia

AVVISO SACRO Santuario Basilica Maria Ausiliatrice – via Maria Ausiliatrice 32 Torino – tel 011.5224253 / 011.5224822 - e-mail: m.ausiliatrice@tiscali.it


Il Grande Quadro di Maria Ausiliatrice “la Madonna di Don Bosco” (1865-68) Il visitatore o pellegrino che si affaccia sulla Piazza Maria Ausiliatrice arrivando da Corso Regina Margherita, ha subito una inquadratura completa di come si inserisce la Basilica Maria Ausiliatrice nel contesto degli edifici che la formano. È un’immagine gratificante per il ritmo dei suoi contorni, le cui linee perimetrali orientano lo sguardo a soffermarsi sul prospetto della Basilica. L’interesse quindi è subito rivelato! Percorrendo la piazza c’è il tempo per una lettura immediata degli elementi che disegnano la facciata della Basilica, che per definizione è di stile neo classico palladiano. Diciamo subito che per chi conoscesse le chiese torinesi, potrebbe notare quanto questo stile architettonico si distingua da queste, per cui la stessa Basilica è stata definita la meno torinese delle chiese. Don Bosco era certamente a conoscenza della notorietà, sia in Europa come nel mondo, che questo stile godeva e che era diventato emblematico e sinonimo di estensione, di grandezza, per la grande diffusione avuta. BREVI PREMESSE STORICHE

La storia dell’ottocento che riguarda la parte centrale del secolo, ha subìto notevolmente l’influenza dello stile neoclassico, sia nell’architettura come nelle arti figurative, quindi anche la Basilica è un’espressione di ciò. L’architettura religiosa in Italia, soprattutto nelle chiese parrocchiali, adottò e diffuse questo stile. Superando l’entrata principale della Basilica di Maria Ausiliatrice si entra nella navata centrale e il nostro occhio ri-

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A TUTTO CAMPO

mane colpito da tutta la cubatura che da estensione alla navata. C’è la percezione di trovarsi in un ambiente esuberante di marmi, ori brillanti, cornici, stucchi, decorazioni, che fanno sbalzare dalle pareti le varie modalità architettoniche della struttura stessa. Ciò che induce a concentrare l’interesse dello sguardo e dell’analisi in questa visione d’insieme è senz’altro la grande pala dell’Ausiliatrice che si estende sul fondale del presbitero, supportata da un’altrettanto grandiosa cornice di santi, che sono stati propagatori della devozione mariana. La storia di questo quadro dice molto sull’impegno di don Bosco, nel far conoscere ai fedeli il grande valore che lui attribuiva a questa devozione. Don Bosco nella prima seduta con il pittore Tommaso Andrea Lorenzone, espresse il suo grandioso progetto sul tema da sviluppare e quando terminò l’ esposizione il pittore esclamò: «Ma… ci vorrebbe Piazza Castello!» naturalmente per realizzare quanto indicava don Bosco (ci penserà don Rua il successore di don Bosco nel 1889, affidando al pittore Rollini, la pittura della cupola centrale, a illustrare la grandiosa tematica espressa da don Bosco). ALCUNI CRITERI GUIDA PER LA LETTURA

È opportuno a questo punto, prima di descrivere il contenuto della pala fare un cenno di ambientazione storica e delle tendenze artistiche di quel periodo. L’800 è stato un secolo che già nel suo avvio, manifestava la tendenza di ispirarsi al classicismo greco-romano, mentre cercava qualcosa di “ingenerato” del tempo che viveva. Anche gli artisti si lasciavano imbrigliare, limitando le loro capacità nella convenzionalità. La critica più che definirli tali, li cita come bravi maestri di pittura a servizio della religiosità: l’arte è a servizio del culto. Prevalgono i criteri morali su quelli artistici. Gli artisti, do2

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vevano garantire più con la loro fede che con la loro arte. Don Bosco era molto interessato alle vicende del papato e della Chiesa in quel periodo di violenti attacchi verso loro, forse non si è mai confrontato con eventuali giudizi critici che le nuove tendenze gli avrebbero espresso. Prendiamo atto inoltre, che il popolo non poteva capire altri linguaggi se non quello della realtà immediata. La lettura che ci accingiamo a fare del quadro è già esplicitata da questi criteri guida, orientativi, per quanto riguarda la composizione, lo stile pittorico, le modalità delle vesti dei personaggi. UNA LETTURA DEL GRANDE QUADRO

Quella che è stata chiamata “la Madonna di don Bosco”, cioè l’Ausiliatrice, nel Grande Quadro appare in alto nel campo più luminoso dello spazio e al centro del medesimo. Gli fanno da cornice, gli angeli e gli Apostoli. Al centro in basso, come fosse suggerito, il richiamo della Basilica e di Valdocco. Quello che vediamo ora è quanto il pittore Tommaso Lorenzone propose a don Bosco nel bozzetto preparatorio e che egli dovette accettare, anche se un po’ dispiaciuto, per la riduzione notevole del suo progetto. La lettura teologica della raffigurazione offre varie considerazioni tematiche. La Madonna è chiamata Ausiliatrice perché è stata invocata come garante nei momenti più drammatici e contrastanti nella storia del popolo di Dio e ancor oggi è determinante il suo aiuto sia nelle cause personali, come nei grandi conflitti che purtroppo esplodono nel mondo. Don Bosco, con la sua preghiera O Maria,Vergine potente ha espresso in modo significativo il suo concetto dell’aiuto che l’Ausiliatrice dà a chi lotta per il bene, eppure ha condiviso che il pittore raffigurasse la Madonna come madre, regina, accogliente, con le braccia aperte e Gesù che


A TUTTO CAMPO

la imita, anziché guerriera: con spada e corazza. L’Ausiliatrice per don Bosco deve essere una Madonna che piaccia ai devoti, che susciti in loro sensazioni positive di confidenza, di fiducia, di abbandono filiale, anziché di conduttrice di eserciti. La rassegna dei personaggi del quadro, ad iniziare dall’alto, mettono in evidenza la Ss. Trinità, come ispiratrice e illuminatrice della Chiesa, Maria con il Bambino, al centro di questa luce, in piedi; gli Angeli che richiamano il “cielo”, Apostoli ed Evangelisti con i relativi simboli, che con Maria richiamano la Chiesa. Lo squarcio in basso, propone il collegamento con la terra e riproduce l’immagine della Basilica e di Valdocco. La Madonna e gli Apostoli sono presenze non terrestri ma già glorificate e sono figure rappresentate nella compostezza estatica, contemplativa, di esseri che godono della beatitudine definitiva. Noi ci esprimiamo in termini umani, limitati e quindi, per quanto sia stato abile il pittore ad armonizzare il tutto: colori, vestiti, gesti, si può constatare il limite di questo linguaggio figurativo, a confronto con la realtà celeste intuibile, ma invisibile per noi.

a movimentare con le loro varie caratteristiche plastiche, con decorazioni dorate, di rilievi assortiti di rosoni e fregi che fanno da cornice ad altrettante pale, dedicate a san Giuseppe, a san Domenico Savio, alla Santa Mazzarello, a don Bosco. Ogni altare, oltre il dipinto centrale, ha nelle insenature laterali, altri dipinti, a commento di santi o episodi vari. Dietro l’altare maggiore, nel passaggio che collega i due transetti del presbitero, sono impostati sei altari a ridosso della parete perimetrale dedicati a vari santi e al Crocifisso, con relative immagini di richiamo. All’entrata della Basilica sugli spazi a lato della bussola ci sono i dipinti del sogno della zattera e delle due colonne. Tutti questi dipinti di vari autori, sono di genere devozionale o descrittivo e in coerenza con lo stile figurativo dell’ambiente. Per il pellegrino, l’iconografia del santuario, per le caratteristiche di cui sopra, è di immediata acquisizione, perché sono immagini molto convenzionali e di interesse descrittivo. LUIGI ZONTA redazione.rivista@ausiliatrice.net

È DIVENTATA L’ICONA UFFICIALE

Questa immagine dell’Ausiliatrice è rimasta finora l’icona ufficiale per i fedeli a lei devoti e tale rimarrà ancora nel tempo. Non abbiamo motivi per pensare che in futuro, questa icona venga ripensata con altra fantasia, per riadattarla ad altra tipologia figurativa! Viviamo in tempi in cui anche la Madonna, appare, comunica e da questi episodi, notiamo variazioni nelle modalità di vestire e di presentarsi. Vero è che, anche in questo modo di comunicare supera in fantasia lo stesso don Bosco, tanto è innovativa! Nel perimetro della Basilica si inseriscono numerosi altari che contribuiscono MAGGIO-GIUGNO 2018

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CARLO MIGLIETTA

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MARIO SCUDU

A TUTTO CAMPO 1 IL GRANDE QUADRO DI MARIA AUSILIATRICE

FRANCESCA ZANETTI

14 «HO STUDIATO TUTTE LE FILOSOFIE…» MARIO SCUDU

“LA MADONNA DI DON BOSCO” (1865-68)

MARIA 16 IL NOME È UN PRESAGIO

LUIGI ZONTA

RETTORE 6 L A BASILICA È IN FESTA!

FRANCESCA ZANETTI

DON CRISTIAN BESSO

LA PAROLA 8 L A FEDE SI FONDA SULLA PAROLA DI DIO CARLO MIGLIETTA

10 IL CORPO: LA MODALITÀ IN CUI LA PERSONA È RESA PRESENTE MARCO BONATTI

CHIESA E DINTORNI 18 M ARIA, DONO DI DIO AMORE,

È IL NOSTRO AIUTO E IL NOSTRO SCUDO ANGELO DI MARIA

POSTER 21 COME UNA PIUMA ABBANDONATA AL VENTO MARIO SCUDU

CHIESA E DINTORNI 12 SANTUARI: LUOGHI PRIVILEGIATI DI VICINANZA CON DIO

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PIER GIUSEPPE ACCORNERO

domus mea ic

MARINA LOMUNNO

Direzione: Livio Demarie (Coordinamento) Mario Scudu (Archivio e Sito internet) Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)

Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 10152 Torino – Tel. 011/52.24.822

PER SOSTENERE LA RIVISTA:

Direttore responsabile: Sergio Giordani

Collaboratori: Federica Bello, Lorenzo Bortolin, Ottavio Davico, Marina Lomunno, Luca Mazzardis, Lara Reale, Carlo Tagliani

Intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice via Maria Ausiliatrice 32, 10152 Torino

Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21–4–80

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CENTOCINQUANTA 24 IL CARD. BASSETTI A CASA DI DON BOSCO

Progetto Grafico, impaginazione ed elaborazione digitale immagini: at Studio Grafico – Torino Stampa: Higraf – Mappano (TO)

Foto di copertina: Mario Notario Archivio Rivista: http://basilicamariaausiliatrice.it/ rivista-maria-ausiliatrice

BancoPosta CCP n. 21059100

IBAN: IT 15 J 07601 01000 0000210529100 BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX Carta di Credito su circuito PayPal: http.//rivista.ausiliatrice.net/abbonamento


GIULIANO PALIZZI

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ADMA

GIOVANI 26 UN DIO CHE «HABISOGNODIME» GIULIANO PALIZZI

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POSTER

38 M ARIA AUSILIATRICE E MADRE DELLA CHIESA REDAZIONE ADMA

40 «QUESTA È LA MIA CASA, DA QUI LA MIA GLORIA!»

DON BOSCO OGGI 28 GIOVANI, «SIATE INDISPENSABILI»

ADMA PRIMARIA

42 SULLE ORME DI DON BOSCO

ANDREA CAGLIERIS

AL FIANCO DEI GIOVANI

30 L’ABITINO CHE PORTA IL SORRISO

CARLO TAGLIANI

E LA SPERANZA ALLE FAMIGLIE

44 BUDINO TRICOLORE PER TRE CHIESE NEL 150°

LORENZO BORTOLIN

32 EDUCARE INSIEME NELL’ERA DIGITALE

ANNA MARIA MUSSO FRENI

LA REDAZIONE

34 CARISSIMI AMICI ANZIANI

"La verità vi farà liberi"

UNA VDB

36 L A FORMAZIONE SALESIANA A SERRAVALLE SCRIVIA (AL) ROBERTO MANDIROLA

(Gv 8,32)

Fake news e giornalismo di pace

Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commercialeCondividi allo stesso modo 3.0. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Rivista Maria Ausiliatrice, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. CC BY-NC-SA 3.0 IT

RivMaAus

rivista.ausiliatrice

Foto: ALTRI Mario Notario (1,3,6,18-19,21-23); Archivio RMA

(6,8-10,12,14,17,26-27,30-34,44); RisorgiMarche (16,); Anailug (28-29); CNOSFAP-Piemonte (36,37); ADMA Primaria (38-41); Missioni Don Bosco (42-43);

Domenica 13 maggio 2018 52a Giornata monDiale Delle ComuniCazioni SoCiali

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RETTORE

La Basilica è in festa!

DON CRISTIAN BESSO RETTORE rettore.basilica@ausiliatrice.net

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Carissimi lettori, la vita della Basilica si è come fermata in un silenzio colmo di preghiera e di meditazione durante i tre giorni del triduo santo. Sono state giornate caratterizzate da un’intensa partecipazione: molti fedeli hanno partecipato alle celebrazioni centrali dell’anno liturgico, formando un’assemblea che coniugava insieme i fedeli ordinari della Basilica, le famiglie e i giovani della Parrocchia ed alcuni gruppi di pellegrini. Particolarmente toccanti sono stati i due momenti del giovedì sera. Il superiore dei salesiani del Piemonte, l’Ispettore don Enrico Stasi ha lavato i piedi a dodici giovani dell’oratorio evidenziando così il comandamento dell’amore ed esprimendo ancora una volta quell’atteggiamento fondamentale di ogni

credente e di ogni comunità, l’umiltà colma di servizio, vissuta in modo esemplare da Gesù. Al termine della celebrazione eucaristica il Santissimo sacramento è stato portato in processione presso l’altare della reposizione, allestito nel transetto di sinistra, presso la cappella di san Giuseppe. Ancora, venerdì sera, la grande croce della Basilica avanzava silenziosa nella navata, si procedeva poi con l’adorazione: un bacio, uno sguardo, una carezza esprimevano la compartecipazione ai dolori del Figlio dell’Uomo, ma anche la certezza di trovare nel Crocifisso la forza e la speranza per portare e donare senso ai dolori dell’uomo di oggi… Sabato santo è stato il grande giorno del raccoglimento: molti fedeli si accostavano al sacramento della riconciliazione, solo la cro-


ce attraeva lo sguardo, mentre la Basilica gradualmente cambiava volto: si iniziavano, infatti, a preparare le celebrazioni pasquali. L’alleluia ha attraversato con intensità la Basilica durate la notte del sabato santo, mentre il cero nuovo brillava di luce piena, sfidando davvero le tenebre del sepolcro. Dopo le sante Messe della domenica, i vespri battesimali del pomeriggio, presieduti dal Direttore, don Guido Errico, ed inseriti all’interno dell’adorazione eucaristica, ci hanno fatto gustare l’intensità della gioia che davvero scaturisce dalla tomba vuota del Risorto e dalla Sua presenza intima nel Chiesa. IL CULMINE DEL 150°: IL 9 GIUGNO

Il mese di maggio quest’anno viene interamente caratte-

rizzato dall’immediata preparazione della celebrazione del 150° anniversario, sabato 9 giugno alle h. 10.00: eucaristia, presieduta da mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia. Alla presenza del Rettor Maggiore viviamo così i giorni della novena di Maria Ausiliatrice. Quest’anno la novena viene predicata da don Giovanni Zappino, in occasione del 50° anniversario dell’ordinazione sacerdotale (i nostri auguri per il 50° anche a don Teotimo Vittaz, che ha celebrato l’anniversario in aprile!). Certamente la processione del 24 raccoglie tutte le nostre attese: mentre ringraziamo don Bruno Ferrero per la preparazione del testo liturgico, vogliamo esprimere gratitudine anche ai tanti volontari e benefattori che sempre aiutano la

comunità salesiana nella preparazione della Festa. Maria SS., che invochiamo come Aiuto potente del popolo cristiano, davvero ci accompagni a servire l’umanità del nostro tempo. L’esperienza del credere, che trova in lei un modello perfetto, sia per ciascuno di noi un “allargare il cuore”: passando da sguardi talvolta miopi, poiché ripiegati su di sé, a sguardi dagli orizzonti vasti. “Abbiamo bisogno degli occhi di Maria” che sanno guardare oltre la Croce, che sono capaci di intravvedere i luoghi più remoti privi della presenza di Cristo, occhi che sanno scorgere quegli uomini e quelle donne più poveri, bisognosi di vero servizio materiale e spirituale.

è la nostra foresteria per ospitare: singoli, famiglie, piccoli gruppi; pellegrini

UFFICIO ACCOGLIENZA

tel. 011.5224201 – fax: 0115224680 accoglienza@valdocco.it www.accoglienza.valdocco.it MAGGIO-GIUGNO 2018

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LA PAROLA

La Fede si fonda sulla Parola di Dio Come leggere la Bibbia.  La nostra fede si fonda sulla Parola di Dio: la Chiesa ci partorisce alla fede dotandoci di due “gambe” per il nostro cammino: l’Eucaristia e la Scrittura. Ed è per questo che il nostro procedere sulla «via» (At 9,2) del Signore spesso è zoppicante: ci manca la “gamba” della Bibbia! Il Concilio Ecumenico Vaticano II così si è espresso in proposito: «La Chiesa ha sempre venerato le Divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai... di nutrirsi del pane della vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli. Insieme con la Sacra Tradizione, la Chiesa ha sempre considerato e considera le Divine Scritture come la regola suprema della propria fede; esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre, impartiscono immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare... la voce dello Spirito Santo» (Dei Verbum, n. 21). Al centro dell’evangelizzazione deve essere quindi riportata con forza la Sacra Scrittura, che è la grande lettera di amore, in ben settantatrè libri, che Dio stesso rivolge a noi. La Bibbia è il libro più tradotto (in più di duemilacinquecento

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lingue) e più diffuso della terra. Ma ciò non si è purtroppo spesso accompagnato ad un aumento della Fede, perché il Libro per eccellenza è stato lasciato inutilizzato a far bella mostra nelle nostre librerie, oppure è stato accostato con superficialità e ed ignoranza. CHE COSA NON È LA BIBBIA

Innanzittuto occorre specificare che cosa non è la Bibbia, onde evitare di strumentalizzarla. La Bibbia non è un libro di storia in senso moderno; gli antichi non intendevano, come invece facciamo noi, la storia come un “reportage”, una cronaca fedele e minuziosa dei fatti: per essi la storia era teologia, cioè scorgere dentro e al di sotto degli eventi l’intervento della divinità o del fato. Così tutti i numeri hanno spesso un significato simbolico. Prendiamo il numero “40”: esso indica non un tempo preciso, ma “un tempo voluto da Dio”. Così va inteso il viaggio di Israele per 40 anni nel deserto, o il digiuno di 40 giorni di Gesù prima delle tentazioni (Mt 4,2). Così Luca negli Atti pone l’Ascensione dopo quaranta giorni dalla Resurrezione (At 1,3), ma

nel suo Vangelo invece l’Ascensione avviene nel giorno stesso di Pasqua (Lc 24,50-52), per sottolineare che Resurrezione e Ascensione sono l’unico momento dell’“entrare nella gloria” (Lc 24,26): certamente Gesù Risorto fu visibile per un periodo preciso di tempo, che il Padre aveva stabilito, dopo di che egli non fu più reperibile nella nostra esperienza spaziotemporale. La Bibbia non è un libro di scienza: non se ne preoccupa affatto, ma usa la mentalità e i modi di dire di coloro che l’hanno scritta per esprimere i suoi valori. Come dice Agostino: «Non si legge nel Vangelo che il Signore abbia detto…: “Vi mando il Paraclito che vi insegnerà come camminano il sole e la luna”. Voleva fare dei cristiani, non dei matematici». E Galileo, citando il cardinal Baronio, ricorda la Bibbia è stata scritta per insegnarci «come si vada al cielo, non come vada il cielo». Così la Genesi non ha velleità storico-scientifiche, ma teologiche, espresse con i generi letterari del tempo dell’agiografo: la Saga, il primo “mezzo di conservazione” dei racconti storici, rielaborazione narrativa di nuclei storici; il Mito, che


presenta le realtà più profonde attraverso il simbolo, con carattere sapienziale. Lo scrittore sacro, ispirato da Dio, utilizza questi generi purificandoli e facendone tramite di Rivelazione. La Fede può quindi accettare anche l’ipotesi evoluzionista: la Genesi ci annuncia come Rivelazione solo che è stato un atto creativo divino a porre la massa originaria, e che l’uomo ha avuto un ulteriore specifico intervento di Dio per essere a sua «immagine e somiglianza» (Gen 1-2). La Bibbia non è nemmeno un libro di filosofia, disciplina ignota all’ebraismo. CHE COS’È LA BIBBIA

La Bibbia è invece la risposta di Dio ai grandi veri problemi di tutti gli uomini: donde vengo? Dove vado? Che senso ha la mia vita? Esiste un Assoluto? Come posso rapportarmi con lui? Esiste qualcosa oltre la morte? A queste domande gli

uomini hanno talora tentato un approccio filosofico, con ambigui risultati. Oppure un approccio “rivelativo”, accettando o rifutando le grandi Religioni che affermano che un Dio ha parlato: l’Ebraismo, il Cristianesimo, l’Islamismo. La Bibbia è il libro che ci testimonia che Dio si è rivelato in Gesù, e che lo ha risuscitato il terzo giorno: è questo il “kerigma”, il nucleo della fede, il suo cuore (1Cor 15,1-19). Tutta la Bibbia ci dà questo annuncio: sta a noi valutare la credibilità dei testimoni della Resurrezione, gente semplice, che ha pagato con la vita la sua proclamazione, ed accettare che Gesù sia Risorto, e quindi sia Dio, oppure valutare che tutto sia una bella favola, e che il corpo di Cristo sia stato trafugato (Mt 28,15). Ma l’aspetto testimoniale è solo la prima dimensione della Bibbia. Fede non è solo accet-

tare il puro fatto della Resurrezione: ciò ne è solo il fondamento («Anche i demoni credono, e tremano»: Gc 2,19). Fede è credere che se Cristo è Risorto, e quindi ha vinto la natura, e quindi è sopra-naturale, e quindi è Dio, ciò che ha detto è vero e mi impegna in un dialogo d’amore. Ecco quindi l’aspetto rivelativo della Bibbia, per comprendere il quale bisogna però averne accettato l’aspetto testimoniale, cioè avere accolto Gesù come Dio; perché la vera comprensione della Scrittura può avvenire solo nella Fede: per chi non crede la Bibbia è un libro antico, magari interessante, ma nulla più, per chi crede è invece, per eccellenza, la Parola. Nei prossimi articoli vedremo come leggere «il Verbo di Dio che si è fatto Libro» (E. Bianchi). CARLO MIGLIETTA redazione.rivista@ausiliatrice.net

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LA PAROLA

Il corpo: la modalità in cui la persona è resa presente

DAL VANGELO SECONDO MARCO (14, 12-16. 22-26)

Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mo10

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strerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 1 discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino


LA PAROLA

al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Stando al Cottolengo, girando per la Piccola Casa viene il dubbio: ma qui il fondatore ha instaurato il culto dello spirito o quello del corpo? Di là dal muro di cinta c’è Valdocco dei Salesiani, e sulle loro vetrate splende il motto “Da mihi animas, caetera tolle”. Solo l’anima. E di qua, come se ci fossero divisi il lavoro, solo il corpo. Migliaia di persone, da 150 anni, buttano la vita dietro i corpi più inutili di tutti, quelli dei Buoni Figli, o dei vecchi invecchiati fin da quando sono nati. A questi corpi inutili viene dedicato un amore, un servizio una cura che hanno pochi paragoni anche perché, qui, il denaro non ha lo stesso valore che fuori. Anzi, non ha proprio valore: il servizio è come in un hotel a 5 stelle, ma senza la piaggeria e l’occhio allenato del personale che misura se sei davvero ricco o se fai solo parte di un gruppo organizzato. Diceva il Cottolengo: «Non registrate ciò che la Divina Provvidenza ci manda; essa è più

pratica di noi nel tenere le partite, e non vogliate mai sapere il numero dei ricoverati, perché questo è un farle torto; non immischiatevi dei suoi affari; ché, state quieti, essa non ha bisogno di noi». IL CORPO DEL FRATELLO CHE VEDI È QUELLO DEL SIGNORE

E i corpi inutili hanno talmente tante esigenze che occupano tutto lo spazio della mente disponibile. Mangiare e dormire, lavarsi e lavorare; pregare in chiesa e passare la serata. E accudire loro rende tutto così pratico e concreto… Scriveva Guido Piovene: «Non ho visto luogo al mondo dove sia stato messo di più al bando tutto ciò che è illusorio, l’addolcimento devoto, la bugia pietosa, la commiserazione e la commedia del dolore». Il corpo, proprio in quanto mortale, è tuttavia quanto c’è di visibile dell’”anima”, è l’unico modo di raggiungere l’anima (la propria, almeno) stando dentro la storia. E il corpo che si vede, naturalmente, è quello del Signore, come è testimoniato nel Vangelo di oggi. MARCO BONATTI redazione.rivista@ausiliatrice.net

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CHIESA E DINTORNI

Santuari: luoghi privilegiati di vicinanza con Dio internazionali, ma chiaramente le indicazioni valgono per tutti. La fede semplice e umile dei credenti - Guadalupe in Messico, Santiago di Compostela in Spagna, Aparecida in Brasile, Lourdes in Francia, Fátima in Portogallo sono tra i più celebri luoghi dello spirito. LUOGO DI AMORE E DI TENEREZZA

Rilanciare i santuari, strumenti di evangelizzazione. È lo scopo del motu proprio Sanctuarium in Ecclesia di Papa Francesco, significativamente datato 11 febbraio 2017, memoria della Madonna di Lourdes, reso pubblico il 1° aprile 2017, un mese prima della visita (12-13 maggio) al santuario di Fátima nel centenario (1917-2017) delle sei apparizioni (13 maggio-13 ottobre) della Vergine ai tre pastorelli nella Cova da Iria. Sancisce che è il Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, presieduto dall’arcivescovo Salvatore Fisichella, e non più la Congregazione per il clero, ad avere competenza su pastorale, tutela e valorizzazione dei santuari «insostituibili per l’evangelizzazione». Sanctuarium in Ecclesia, come tutti i testi bergogliani, è molto concreto, nasce dall’anima eminentemente pastorale di Francesco, affronta una tematica non molto trattata dal magistero papale; introduce i santuari 12

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Il santuario «luogo di evangelizzazione e segno peculiare della fede semplice e umile dei credenti» sperimenta «la vicinanza di Dio, la tenerezza della Vergine Maria, la compagnia dei santi. Un’esperienza di vera spiritualità che non può essere svalutata, pena mortificare l’azione dello Spirito Santo e la vita di grazia». Questi luoghi «hanno plasmato l’identità di intere generazioni». «Nonostante la crisi di fede del mondo contemporaneo, nella vita frenetica dei nostri giorni, sono percepiti come spazi sacri dei pellegrini che trovano un momento di sosta, silenzio e contemplazione». Al santuario è generalmente connesso il pellegrinaggio – Osserva Papa Bergoglio: «Il grande afflusso di pellegrini, le celebrazioni liturgiche, la preghiera umile e semplice, le tante grazie che molti attestano di aver ricevuto e la bellezza naturale dei luoghi permettono di verificare che i santuari esprimono un’opportunità insostituibile per l’evangelizzazione». L’osmosi tra pellegrinaggio e vita di tutti i giorni è un valido aiuto alla pastorale, ravviva l’evangelizzazione con una testimonianza più convinta. La vita sacramentale e liturgica; la testimonianza della carità verso poveri, disabili, rifugiati e migranti; l’impegno catechetico trovano nel santuario i luoghi adatti per «la pedagogia dell’evangelizzazione». Il Dicastero della nuova evangelizzazione si occuperà del rilancio - Il Pontefice indica 7 punti: «1) erezione di santuari internazionali e approvazione degli statuti, a norma dei canoni


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1232-1233; 2) provvedimenti che favoriscano l’evangelizzazione e la religiosità popolare; 3) promozione di una pastorale organica come centri propulsori di nuova evangelizzazione; 4) promozione di incontri per favorire il rinnovamento della pastorale, della pietà popolare, del pellegrinaggio; 5) formazione degli operatori; 6) offerta ai pellegrini di assistenza spirituale ed ecclesiale; 7) valorizzazione culturale e artistica secondo la via pulchritudinis ». LA RIVELAZIONE DI CRISTO E LE RIVELAZIONI PRIVATE

Nella storia ci sono state rivelazioni private, ma poche sono state riconosciute dalla Chiesa: «Esse non appartengono al deposito della fede. Il loro ruolo non è quello di “migliorare” o “completare” la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente. Guidato dal magistero, il senso dei fedeli sa discernere e accogliere ciò che costituisce un appello autentico alla Chiesa. La fede cristiana non può accettare rivelazioni che pretendono di superare o correggere la Rivelazione di Cristo. È il caso di alcune religioni non cristiane e sette che si fondano sulle rivelazioni». Così afferma il «Catechismo della Chiesa cattolica»: 1) la Rivelazione di Cristo è completa e definitiva; 2) la Chiesa accetta le apparizioni private nella misura in cui possono aiutare a vivere la Rivelazione di Cristo «più pienamente». Attenzione a santoni, visionari, profeti - Il 12 maggio 1877 la Congregazione dei riti risponde ad alcuni vescovi, che chiedevano lumi sui fatti di Lourdes (1858) e di La Salette (1865): «Tali apparizioni o rivelazioni non furono né approvate né condannate dalla Sede apostolica, ma solo permesse come da credere con fede solo umana»: la concessione delle celebrazioni liturgiche non garantisce l’autenticità dei fatti. Il 24 febbraio 1978 Paolo VI approva le Norme sul modo di procedere nel valutare alcune apparizio-

NEI SANTUARI LA NOSTRA GENTE VIVE LA SUA PROFONDA SPIRITUALITÀ, QUELLA PIETÀ CHE DA SECOLI HA PLASMATO LA FEDE CON DEVOZIONI SEMPLICI, MA MOLTO SIGNIFICATIVE. (PAPA FRANCESCO, AULA PAOLO VI, 21/1/2016)

ni o rivelazioni, emanato dalla Congregazione per la dottrina della fede e ripubblicato sotto Benedetto XVI il 14 dicembre 2011. Questa la prassi: dopo che il vescovo ha appurato che non ci sono errori teologici nel messaggio, malattie psichiche nei veggenti, forme disoneste di lucro, se l’esame giunge a conclusione favorevole, spetta all’ordinario: «a) permettere alcune manifestazioni pubbliche di culto o di devozione, proseguendola vigilanza, pro nunc nihil obstare, per ora nulla si oppone; b) poi esprimere un giudizio de veritate et supernaturaliter, sulla verità e sulla soprannaturalità». I PRINCIPALI SANTUARI IN ITALIA E IN PIEMONTE

In Italia ci sono Loreto, Pompei, Padova. La Lombardia ha 234 santuario, l’Emilia-Romagna 142, il Piemonte 138. I principali sono: Madonna nera di Oropa (Biella); Consolata, Ausiliatrice e Belmonte (Torino); Madonna di Crea (provincia di Alessandria e diocesi di Casale Monferrato); Madonna del Sacro Monte di Varallo Sesia (provincia di Vercelli e diocesi di Novara); Regina Montis Regalis di Vicoforte (provincia di Cuneo e diocesi di Mondovì); Nôtre-Dame de la Guérison (Aosta) in faccia all’imponente ghiacciaio del Monte Bianco; Madonna del Rocciamelone (provincia di Torino, diocesi di Susa) il più alto a 3538 metri: la statua fu trasportata in vetta dagli Alpini nel 1899 e Leone XIII dettò l’epigrafe a Maria, castellana d’Italia, «proteggi i confini d’Italia». PIER GIUSEPPE ACCORNERO redazione.rivista@ausiliatrice.net

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«Ho studiato tutte le filosofie…»

Giustino, filosofo e martire del II secolo: uomo inquieto e in perenne ricerca. Fino a trovare la verità in Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto. Per questa “scoperta” vivrà, insegnerà, scriverà libri, soffrirà, sarà condannato e morirà martire. Non possiamo definire Giustino un uomo “post moderno”. Oggi infatti si dice che una verità vale l’altra, una religione vale l’altra. Che tutto è relativo: ai tempi che ognuno vive, ai parametri culturali, al carattere della personalità del credente, alle proprie paure e desideri inconsci, alla pressione del gruppo, ai condizionamenti sociali, al contesto familiare ecc. ecc. Si afferma inoltre che il processo di globalizzazione, 14

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irreversibile e irresistibile, toccherà e trasformerà il concetto di religione. La verità religiosa non sarà monolitica: si avrà una specie di sincretismo, teorico e pratico, un cocktail di credenze e valori presi dalle varie religioni. Si arriverà alla fine ad una “verità globale”, sintesi di tutte le verità necessariamente parziali. Gesù Cristo, per esempio, in questa miscela religiosa ‘perderà’ la sua divinità e diventerà semplicemente uno dei grandi, maestro di verità, non la Verità. Senza dimenticare che il regista ultimo di questa operazione culturale personalizzata sarà solo l’“io” del singolo, diventato la vera “misura di tutte le cose”. Giustino sarebbe così irriso dai “religiosi post moder-

ni” e da quelli indifferenti alla... religione. Questi gli direbbero di lasciar perdere, di non affannarsi, di vivere la propria vita, giorno per giorno, lasciandosi guidare dalle “piccole verità” quotidiane, le uniche disponibili e accettabili. Accontentarsi insomma di esse anche se “deboli” e provvisorie. La vita di Giustino è la sconfitta di questa ‘religiosità’ post moderna presente. ALLA RICERCA DELLA VERITÀ

Giustino nacque in Palestina all’inizio del II secolo, sembra, da famiglia romana, sicuramente agiata. La prova viene dai suoi viaggi e dalle scuole di filosofia frequentate. È un gio-


vane filosofo impegnato nella ricerca ardente della verità, dotato di una intelligenza pronta, acuta e sufficientemente critica da percepire i punti deboli dei sistemi filosofici allora dominanti. Frequentò e studiò quindi le vari filosofie: la stoica, la peripatetica, il pitagorismo e infine il platonismo, da cui fu molto affascinato (a differenza della altre), ma comunque non soddisfatto. Finché ebbe un incontro casuale (o provvidenziale?) presso Efeso. In riva al mare. Un vecchio saggio gli disse: «Tu sei amico del bel parlare, non certo amico di chi vuol agire secondo verità». Con umiltà seguì il suo consiglio e cominciò a leggere la Sacra Scrittura, a studiare i profeti che preparavano la venuta del Cristo. Tutto questo in tempo di persecuzioni violente. E Giustino rimase conquistato dal coraggio dei cristiani che affrontavano il martirio in coerenza con la propria fede in Cristo Gesù. Tutto questo lo convinse che il Cristianesimo era «la sola e vera filosofia». Una conversione totale a livello culturale, spirituale ed esistenziale. Era pronto ormai a difendere con gli scritti (Apologie) e con la vita questa “scoperta” a cui era arrivato dopo così lungo travaglio. Per questa ricerca incessante della verità, si è meritato una citazione nella Fides et Ratio di Giovanni Paolo II (1998). Eccola: «Quale pioniere di un incontro positivo col pensiero filosofico va ricordato san Giustino: questi pur conservando anche dopo la conver-

sione grande stima per la filosofia greca, asseriva con forza e chiarezza di aver trovato nel Cristianesimo “l’unica sicura e proficua filosofia”» (n. 38). DIFESA DELLA VERITÀ TROVATA, FINO AL MARTIRIO

Giustino ha riflettuto a lungo sulla Storia della Salvezza. Perno centrale di essa è l’interesse di Dio per l’umanità, attraverso Gesù Cristo, Verbo incarnato e Redentore. Cristo è per lui il Logos Eterno, la Ragione prima ed ultima di tutto l’esistente, la Luce dalla quale deriva ogni piccola luce presente nei filosofi (Semina Verbi ) e anche nei semplici uomini. Non c’è verità se non fondata su questa Verità, non c’è il più piccolo gesto di bontà e amore che non abbia in lui il suo oggetto e finalità. La sua presenza nella storia non è quindi incominciata in un luogo e tempo determinato. C’erano “cristiani” già prima di lui: sono quelli istruiti per vie misteriose dal Logos e lo hanno seguito senza conoscerlo direttamente. Giustino affermò con forza che solo in Cristo l’Antico Testamento ha il suo senso compiuto, perché in esso sono adombrate le tappe della salvezza.

centrò su Isaia (7,14). La Vergine che partorisce il Figlio di Dio, l’Emmanuele. Attraverso Maria, la «donna–vergine-chepartorisce», Giustino enunciò il principio della riconciliazione dell’umanità con Dio: da una donna era arrivata la disobbedienza e la morte (Eva) attraverso un’altra donna era arrivata la vita, Maria. L’Annunciazione quindi diventava l’inizio della salvezza, antitetico alla caduta nell’Eden (Genesi). È il famoso parallelo antitetico EvaMaria, presente la prima volta nei suoi scritti. Si intuisce da questi piccoli cenni il suo influsso sulla mariologia futura. Giustino con coraggio viveva e difendeva il Cristianesimo. Ma anche i suoi nemici erano risoluti a non lasciarsi “convertire” da quel filosofo neo-convertito. Fu denunciato infatti come cristiano e condannato. E così Giustino subì con coraggio e coerenza il martirio per Cristo. Moriva per quella Verità che aveva tanto cercato e che, trovata, aveva difeso fino a morire. Correva l’anno 166. MARIO SCUDU archivio.rivista@ausiliatrice.net

MARIA, LA NUOVA EVA

In questa prospettiva dell’Incarnazione, egli ha dato anche grande rilievo a Maria di Nazaret. Essa è vista come protagonista nel momento centrale della salvezza: la venuta del Logos, il Cristo. Tra le profezie si con-

Tratto in forma ridotta da: Anche Dio ha i suoi campioni di Mario Scudu Elledici, 2011 pagine 936 MAGGIO-GIUGNO 2018

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MARIA

Il nome è un presagio

Angela: mamma senza riserve e senza limiti.   In nomen omen un detto derivato dai Romani che credevano che nel nome della persona fosse indicato il suo destino. Per Angela fu davvero così, infatti è stata l’angelo tutelare della sua famiglia. Nell’immediato dopoguerra questa ragazza di buona famiglia era andata in sposa ad un “principe azzurro”, come lo vedeva lei, che l’aveva mandata a prendere con una carrozza per portarla all’altare. Era una storia con i presupposti della fiaba ma, in realtà fu tutto molto più difficile e faticoso. Il suo “principe” aveva ben presto rivelato le sue rigidità, lette dagli altri come esemplare rettitudine morale, ma giudicate da Angela eccessive e limitanti per una serena vita di coppia. Quando nacque la sua primogenita Angela ebbe la sensazione che fosse la prima cosa dav16

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vero sua, nata dal suo giovane corpo: piccola, morbida come una bambola. Allora non aveva certo potuto immaginare che in dieci anni di matrimonio avrebbe avuto otto figli! Ho visto una bellissima foto di tutti i figli di Angela ancora bambini: la più grande teneva in braccio il più piccolo e tutti in scala sorridevano al fotografo. Quanto amore e quanti sacrifici erano costati ad Angela tenere accesi quei sorrisi. TRASFORMARE L’ECCEZIONALE IN NORMALITÀ

Dopo la nascita dell’ottavo bambino si era ritrovata stremata ma non si è arresa, anche se le sue notti erano frammenti di sonno. Ricordo di averle sentito raccon-


MARIA

tare che sua madre una sera, quando i bambini erano ancora piccoli, aveva dormito a casa sua ed aveva contato stralunata che Angela si era alzata ben trentadue volte per accudirli! Lei le aveva risposto, quasi sorpresa, che era stata una notte normalissima: infatti, senza rendersene conto, mossa dall’amore per i suoi figli, Angela era riuscita a trasformare l’eccezionale in normalità. Aveva poi davvero superato se stessa quando uno dei maschi si era ammalato di tifo ed il pediatra si era fidato più di lei che dell’ospedale ed aveva preferito lasciare il malato a casa con la mamma. Angela lo aveva sistemato in una stanza in cui entrava solo lei, con rigore aveva sterilizzato se stessa e ciò che veniva a contatto col malato per preservare gli altri figli ed era andato tutto benissimo. A volte, quando usciva con tutti i suoi bambini, si sentiva guardata con stupore e su un tram, ad un controllore che le aveva domandato se fossero tutti suoi figli, fiera e combattiva lo aveva messo a tacere affermando di averne altri a casa! Al mattino presto era solita guardare i bambini dormire perché le sembrava di entrare nei loro sogni ed anche se era stanca per notti di poco sonno, ogni mattina era pronta a ricominciare.

figlio. Maria non aveva avuto paura della sua maternità eccezionale ed anche Angela sentiva la sua eccezionalità di madre perché il suo corpo era stato vaso ed aveva intrecciato la sua vita per settantadue mesi con quella dei suoi figli. Madri ammirabili, in modo diverso, certo, ma spinte entrambe dall’amore, senza riserve e senza limiti. La Vergine Madre era stata “figlia del suo figlio” ed Angela aveva capito che sono i figli a fare le madri e che le plasmano con il loro diverso modo di essere, lei aveva dato la vita ad otto figli e da loro aveva tratto la sua vita, lunga e gratificata nel vederli crescere bene, diventare adulti, sposarsi, avere figli, sempre uniti e solidali fra loro come lei li aveva educati. Angela ora non c’è più ma tanto è rimasto di quella madre stupenda che ha vissuto per le sue creature sentendo sempre su di sé lo sguardo di Maria, madre di tutti noi. FRANCESCA ZANETTI redazione.rivista@ausiliatrice.net

L’AMORE CREA AMORE E FELICITÀ PER GLI ALTRI

Angela è stata sempre felice insieme ai suoi bambini che l’hanno compensata della freddezza e della rigidità del marito, si è mossa nella vita degli altri misurata e composta in ogni gesto, raffinata e naturalmente elegante. Fondamentale è stata per lei avere una grande fede e rispecchiarsi nella figura di Maria come modello di madre. La Madonna, giovane donna, era nata alla maternità con il proprio figlio ed anche lei era nata tante volte, una per ogni MAGGIO-GIUGNO 2018

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Maria, dono di Dio Amore, è il nostro Aiuto e il nostro Scudo  Dovremmo sempre, nella nostra vita, riflettere e meditare su due grandi realtà: l’amore di Dio per noi, il suo perdono e la nostra fiducia in lui attraverso la preghiera, l’amore ai fratelli, guidati dall’intercessione di Maria. Sempre deve essere presente nel nostro cuore la Vergine Santa, Ausiliatrice, sempre dobbiamo sentire forte la sua fiducia e la sua protezione, perché noi non possiamo fare a meno di Maria, come non si può fare a meno di una mamma, se non a rischio di conseguenze molto gravi. In ogni occasione Dio vuole farci sperimentare in modo sempre più personale e profondo la sua bontà e in ogni circostanza ci offre Maria come dono perché ci convinciamo del suo amore. DIO SI PRENDE CURA DI OGNI UOMO

Dio ama tutti di amore infinito ed in modo particolare coloro che sono lontani da lui. Maria è mediatrice di questa grazia e di questo amore. Noi siamo avvolti dall’amore di Dio e di Maria, anche se, purtroppo, presi da tante preoccupazioni, non abbiamo sempre il tempo di alzare gli occhi al cielo. Il nostro Dio infatti è un Dio che vuole stare con noi per 18

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CHIESA E DINTORNI

O MARIA, VERGINE POTENTE, TU GRANDE E ILLUSTRE DIFESA DELLA CHIESA, TU AIUTO MIRABILE DEI CRISTIANI, TU TERRIBILE COME ESERCITO SCHIERATO A BATTAGLIA TU, CHE HAI DISTRUTTO DA SOLA TUTTI GLI ERRORI DEL MONDO, TU, NELLE ANGUSTIE, NELLE LOTTE, NELLE NECESSITÀ DIFENDICI DAL NEMICO E NELL’ORA DELLA MORTE ACCOGLICI NEI GAUDII ETERNI. AMEN (DON BOSCO)

condividere tutta la nostra vita, i singoli momenti della nostra giornata: gioire, soffrire lavorare e lottare con noi per darci la possibilità di essere un giorno veramente e per sempre tutti con lui. Maria ci invita a collaborare con Dio. Lei è fedeltà al quotidiano, la donna dell’attenzione alle situazioni concrete. Il suo esempio ci incoraggia a dire sempre sì a Dio in ogni istante e specialmente nella ripetitività delle azioni della nostra giornata, vale a dire in quel susseguirsi di fatti, sempre uguali che sembrano non dare novità né slancio. IL VALORE DEI PICCOLI GESTI

La grandezza della nostra vita sta nell’insieme di questi attimi, vissuti uno per uno per amore di Dio: Maria ha detto il suo sì attimo per attimo. E proprio in questo impegno di fare bene tutte le cose, come se fossero eseguite per la prima volta, sta la nostra volontà di farci santi, il segreto della generosità. In questi gesti ripetuti, nei momenti più naturali della nostra vita, Maria ci aiuta a

scoprire l’importanza degli altri per i quali lavoriamo, soffriamo e ci preoccupiamo. L’amore, la generosità verso gli altri non è fatta soltanto di grandi gesti, ma è l’attenzione alle sfumature, come il gesto della mamma che, sulla porta di casa, mette in ordine il colletto della giacca al figlio o al marito e gli dice: «sta’ attento, mi raccomando»! IL VALORE DELLA PREGHIERA

Il lavoro è segno di buona volontà, ma soprattutto il lavoro santificato dalla preghiera deve essere lo strumento della nostra evangelizzazione. Tutto per Dio per essere tutti di Dio. Non lasciamoci vincere né dalla stanchezza spirituale né dalla superficialità, ma con coraggio facciamo fruttificare i doni che Dio ci ha dato. L’esperienza della preghiera deve essere il respiro della nostra vita. Essa è ascolto della Parola, silenzio meditativo ed orante, adorazione come esperienza di comunione con Cristo. Preghiamo molto quindi, preghiamo sempre: tutto deve essere preghiera, tutto deve

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MARIA CI INVITA A COLLABORARE CON DIO. LEI E FEDELTÀ AL QUOTIDIANO, LA DONNA DELL’ATTENZIONE ALLE SITUAZIONI CONCRETE. IL SUO ESEMPIO CI INCORAGGIA A DIRE SEMPRE SI A DIO IN OGNI ISTANTE.

trovare il suo posto nella preghiera. L’amore alla Parola sia la nostra forza, il desiderio dell’Eucaristia il nostro insostituibile bisogno di Dio. Sia Maria il nostro aiuto, la nostra guida, la nostra maestra e madre. Chiediamo a lei di condurci ad una forte e vivificante esperienza di Cristo. A lei, con cuore sincero e fiducioso rivolgiamo la nostra preghiera; a lei, modello di ogni virtù, chiediamo aiuto, conforto e sostegno. PREGHIERA

O Madre di Dio, a te rivolgiamo la nostra preghiera. Sii per noi l’Aiuto, Protezione, Rifugio, Consiglio e Fiducia. O Madre del Salvatore, sii per noi Speranza di salvezza. Cristo, nel momento in cui tutto donava all’uomo: la sua Parola, la sua vita, a noi ti ha donata

© - Luigi Zonta

come Madre ed a te ci ha affidati come figli e tu Stella del Mattino, Porta del cielo, indicaci la via che, attraverso l’amore ai fratelli, ci porti al Padre. Insegnaci a pregare, a sentire presente il Signore, come lo hai sentito tu, in ogni istante della nostra giornata. Quando l’angoscia ci tormenta ed il dubbio ci rattrista, a te veniamo, Ausiliatrice, Madre del Buon Consiglio. Se ci opprime la sofferenza e la croce si fa pesante, ricorriamo ancora a te, Addolorata, Regina dei martiri, Consolatrice degli afflitti, Salute dei sofferenti. O Immacolata, Madre Purissima, preservaci dal maligno, schiacciagli il capo perché non abbia a colpirci e farci del male. Noi ti onoriamo Regina delle vergini e ti imploriamo: rendici sempre vigilanti e pronti al cenno del tuo e nostro Gesù. Non abbandonarci mai e non permettere che abbandoniamo Gesù e trascorriamo da egoisti la nostra esistenza. Non lasciare che ci riprendiamo il nostro dono, l’offerta della nostra vita. Se la debolezza ci vince, corri, corri in nostro soccorso, o Rifugio dei peccatori, Aiuto dei cristiani e Madre della Chiesa. Aiutaci, Maria, Madre e Ausiliatrice nostra, ad imitarti, a rivolgerci ogni giorno, ogni momento al Signore Dio che compie meraviglie negli umili, nei piccoli e nei poveri; aiutaci a dire come hai detto tu: «eccomi, sono qui: se hai bisogno di me, mi metto subito a tua disposizione». ANGELO DI MARIA redazione.rivista@ausiliatrice.net

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POSTER

Come una piuma abbandonata al vento MARIO SCUDU archivio.rivista@ausiliatrice.net

«Io sono come una piuma abbandonata al vento». È una frase autobiografica di una grande donna del Medio Evo, una monaca e mistica benedettina, dottore della Chiesa (2012): Ildegarda di Bingen. È autrice di un’opera altamente spirituale dal titolo Conosci le vie. Ma non si può conoscere quando e come Dio vuole comunicare con noi se non ci sforziamo, secondo Ildegarda, di lasciarci portare dal Vento di Dio che è il suo Spirito, dono del Cristo Risorto. Anche noi abbiamo bisogno di questo Spirito di Cristo per essere veri cristiani e discepoli coraggiosi come gli apostoli post Pentecoste. Abbiamo bisogno dello «Spirito della verità». Quale verità? Molto semplice: che Dio è nostro Creatore e Padre, che ci ama di un amore personale e non solo come parte dell’umanità; che conosce e chiama ciascuno di noi per nome, come conosce e chiama per nome tutte le stelle, anche se sono miliardi di miliardi. Abbiamo bisogno dello “Spirito del rinnovamento”. Il nostro «uomo vecchio» (Col 3,9-10) che impedisce o rallenta il cammino spirituale, è già vinto, attraverso la fede in Cristo Risorto (e i suoi sacramenti), ma non ancora definitivamente. Diventeremo una “nuova creatura” solo attraverso l’azione del suo Spirito. Lui può aiutarci, per vie misteriose, a rimodulare e aggiustare il nostro modo di pensare e giudicare (conversione), fino a saper leggere tutte le cose e avvenimenti nella prospettiva del Mistero di Dio e del suo amore. Abbiamo bisogno infine dello “Spirito dell’amore”. Solo lo Spirito del Cristo Crocifisso e Risorto può attuare (se noi lo “aiutiamo” con il dono della nostra libertà) la liberazione dal nostro egoismo, dal narcisismo sempre presente, dalle false sicurezze, dalle nostre illusioni e delusioni esistenziali e professionali, dalla nostra mancanza di coraggio spirituale e dall’assenza di una totale fiducia in Dio.


O Signore nostro Dio quanto è grande il tuo nome su tutta la terra… Se guardo il cielo opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato? Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi? un figlio d’uomo perché te ne curi?…. (Sal 8) … «A chi potreste paragonarmi? Quasi che io gli sia pari?... Levate in alto i vostri occhi e guardate Chi ha creato tali cose?». Egli fa uscire in numero preciso tutte le stelle e le chiama ciascuna per nome per l’onnipotenza e il vigore della sua forza non ne manca alcuna (Is 40, 25-26).



CENTOCINQUANTA

Il card. Bassetti a casa di don Bosco

© - Juzzolo

Come si addice nella Casa di don Bosco dove i giovani sono al centro della pastorale salesiana, sono stati i ragazzi e le ragazze del primo oratorio fondato dal nostro santo a Valdocco ad accogliere fuori programma, nel pomeriggio di venerdì 6 marzo, il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, invitato a Torino in occasione delle celebrazioni del 150° di consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice. Il cardinale, appena giunto nel cortile della Basilica è stato salutato a sorpresa con un battimani e subito si è seduto sulla gradinata in mezzo ai giovani improvvisando una catechesi, proprio come faceva don Bosco: «Oggi finalmente il freddo dei giorni scorsi 24

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sembra essere passato, c’è aria di primavera» ha esordito il card.Bassetti «anche se la vera primavera siete voi con la vostra vivacità, i vostri colori anche della pelle che ci dicono le nostre diverse provenienze: don Bosco vi ha insegnato la lingua della Pentecoste, ha parlato la lingua dell’amore e tutti l’anno capito: preghiamo che in tutti gli oratori del mondo si parli questa lingua». I ragazzi, emozionati, hanno consegnano al cardinale la felpa e la maglietta dell’oratorio Valdocco: «Le indosserò e penserò a voi, speriamo mi vadano bene», scherza. UNITI NELL’EUCARISTIA

La visita è seguita con la solenne concelebrazione con la famiglia sa-


DON BOSCO E PAPA FRANCESCO: COMUNI ORIGINI E STESSO AMORE PER I POVERI

zatrice. «Don Bosco – ha sottolineato Bassetti – diceva che “con le opere di carità ci chiudiamo le porte dell’inferno e ci apriamo il paradiso”. Papa Francesco ha detto che “essere artigiani della carità è come investire nel paradiso” e che i poveri sono il nostro “passaporto per il paradiso”. Giovanni Bosco e il Papa: due personalità differenti, espressione di due epoche storiche lontane, accomunati dalla stessa fede, dallo stesso amore per i poveri e anche dalle comuni origini piemontesi». Al termine mons. Nosiglia ha ringraziato così il card. Bassetti: «La sua presenza qui è segno della grande riconoscenza della Chiesa verso i figli di don Bosco: questa sera la diocesi di Torino ringrazia i salesiani per la comunione fraterna e la collaborazione uno stile che, ci auguriamo sia modello per tante altre diocesi». MARINA LOMUNNO redazione.rivista@ausiliatrice.net

CENTOCINQUANTA

lesiana nella Basilica voluta da don Bosco, dopo uno dei suoi “celebri” sogni in cui Maria gli apparve indicandogli il terreno dove costruire un luogo dove “Dio sia onorato in modo specialissimo”. «Un albero grande è nato dal cortile di Valdocco e da questa Basilica» ha sottolineato il Presidente della Cei nella sua omelia «i figli e le figlie di don Bosco sono accanto ai giovani di tutti i 5 continenti, in 132 paesi del mondo. Anche oggi, come nella Torino dell’Ottocento, ci sono moltitudini di giovani poveri o abbandonati a se stessi nel loro mondo ‘cibernetico’, fuori dalla realtà. Ecco perché il Papa ha indetto un Sinodo dei giovani: tutta la chiesa è chiamata ad avvicinarsi a questo mondo. Coltiviamo i sogni dei giovani come faceva don Bosco per trasformare le città d’Italia da luoghi di solitudine a spazi di vita e di speranza”.

IL CARD. GUALTIERO BASSETTI, È NATO A POPOLANO DI MARRADI (FI), DIOCESI DI FAENZA - MODIGLIANA, IL 7 APRILE 1942. ORDINATO PRESBITERO IL 29 GIUGNO 1966; ORDINATO VESCOVO L’8 SETTEMBRE 1994, VIENE PROMOSSO A PERUGIA - CITTÀ DELLA PIEVE IL 16 LUGLIO 2009 E CREATO CARDINALE NEL CONCISTORO DEL 22 FEBBRAIO 2014. È ANCHE PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA DAL 24 MAGGIO 2017.

© - Juzzolo

In serata la Basilica si è nuovamente gremita per ascoltare la Lectio magistralis del cardinale, accolto dall’Arcivescovo Cesare Nosiglia, dall’Arcivescovo emerito card Severino Poletto, dall’Ispettore dei salesiani per il Piemonte e la Valle D’Aosta don Enrico Stasi e dal rettore della Basilica don Cristian Besso, dal direttore della comunità di Maria Ausiliatrice don Guido Errico. Nella meditazione sul tema «La Chiesa in Italia e il cammino proposto da Papa Francesco», il presidente della Cei ha messo a confronto don Bosco e papa Francesco che «hanno avviato processi, più che occupare spazi, dando nuovo impulso alla Chiesa evangelizMAGGIO-GIUGNO 2018

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GIOVANI

Un Dio che «habisognodime»

«Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4,11-12). «Ma tu credi in Dio?». L’attrice risponde subito di sì! Ma poi generalizza che non si può vivere senza un principio superiore, un qualche assoluto. «Sì credo in Dio e questo Dio si chiama Gesù Cristo». È la mia risposta. «Dopo aver ascoltato tanti che si offrivano per aprirmi orizzonti di vita, finalmente ho trovato uno che ha detto e fatto cose che nessuno, mai nessuno mi aveva detto. Finalmente ho trovato uno che mi ha detto di smetterla di pensare che Dio sia un principio assoluto che vive lassù chissà dove, ecco invece un Dio che è sceso giù, si è fatto carne, si è fatto parola, vive insieme a me, passeggia per le mie strade, pranza con me a casa mia, mi ama come sono anche nel mio peccato, mi invita a 26

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portare la croce dietro di lui che è disposto a dare la vita per me…». CHE BELLO UN DIO COSÌ!

Non un Dio della domenica a cui andare a pagare una tassa settimanale ma un Dio feriale, ruspante, vivente, sorridente, rispettoso della mia libertà, che mai si mette al mio posto; non un Diomacchinetta, a gettone… butta fuori la ricetta ad hoc! No, no. Dio non fa niente senza di me, senza la mia risposta libera alla sua libera offerta. Il mio Dio ha un “volto umano”, nasce bambino e chiede di proteggerlo per donarlo a tutti. Non un Dio onnipotente che fa il bello e il cattivo tempo, che premia i buoni e castiga i cattivi, che manda la malattia per provare la nostra fede, non un Dio che minaccia inferno per tutti…, ma un Dio che non smette mai di offrirsi anche se la libera risposta spesso è latitante o trasgressiva. Un Dio che ha bisogno di me, che attende la mia libertà «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi


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apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20). Un Dio che chiama a collaborare per realizzare la redenzione, per portare avanti la sua offerta di salvezza all’umanità UN DIO CHE CHIAMA

Chiama da sempre, Chiama tutti. Chiama in tutte le ore. Abramo, Mosè, i profeti… Samuele! Chiama per nome. Ogni nome è una vocazione, una possibilità specifica e originale di vivere e lavorare con lui e per lui. Chiama Maria, la fanciulla di Nazaret, chiama Giuseppe suo sposo, chiama i pastori a Betlemme, chiama i Magi… Chiama Giovannino Bosco, ragazzino povero di un paesino del Monferrato… E con quanti rispondono lui fa “grandi cose!”. Che fatica però cogliere la chiamata e capire che è proprio lui cha chiama. Bisogna fare il palato al linguaggio di Dio, bisogna entrare in intimità con lui, stargli insieme, pregarlo, ascoltarlo soprattutto, aprirgli le orecchie e consegnargli il cuore. «In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore» (1Sam, 3-7). “CONOSCERE” IL DIO DI GESÙ

Dio chiama e chi lo ascolta diventa la sua voce verso quanti incontra. Don Bo-

sco ascolta, non capisce, ma subito si butta dietro di lui per diventare a sua volta un trascinatore di giovani a Dio testimoniando, con la sua vita, la sua passione educativa, la gioia di stare dalla parte di Dio. Domanda: perché le nostre chiese sono senza giovani, senza millenians? Cos’è che manca nella nostra vita, nelle nostre messe, nelle nostre feste per contagiarli come faceva Gesù in Palestina e don Bosco in Monferrato? Dobbiamo coltivare la dimensione estetica della fede, la “bellezza del credere”. L’incontro con Cristo che cambia la qualità della vita non può avvenire in un ambiente asettico e in un clima anestetizzante. Occorre far sperimentare la bellezza del credere nel Dio di Gesù per riconoscere la verità della sua Parola e lasciarsi trasformare dalla bontà della sua presenza. Lasciar cadere le incrostazioni dottrinali e morali che spesso paralizzano la Chiesa per rendere più umano il suo contatto con le nuove generazioni, in atteggiamento di ascolto di fronte alle attese, le illusioni, le risposte e i dubbi dei giovani per incontrarli in carne e ossa e offrire loro quel “giusto senso” dell’esistenza che ha la sua origine in Dio e che Gesù intende donare a tutti. GIULIANO PALIZZI redazione.rivista@ausiliatrice.net

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DON BOSCO OGGI

Giovani, «siate indispensabili»  1988. Trent’anni fa Giovanni Paolo II arrivava a Torino, seconda delle sue quattro visite pastorali in città, per il centenario della morte di don Bosco. Tre giorni, dal 2 al 4 settembre, che vale la pena di ripercorrere. LA “BUONANOTTE” DEL PAPA

La prima giornata, dopo il conferimento della cresima a ottocento ragazzi nel Palasport del Parco Ruffini, si chiuse a Valdocco insieme ai giovani del Confronto ’88, convegno internazionale convocato nel nome di don Bosco. Nel documento elaborato dai tremila partecipanti si chiedeva a insegnanti e animatori, laici 28

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o preti, di “educarci ai grandi valori dell'umanità” e di evitare che “si strumentalizzino i giovani con la logica dei consumi e la prepotenza delle ideologie”. La risposta del Papa fu quella di essere «ardimentosi» nella persuasione che «la verità di Cristo non è un’utopia, ma una rivelazione, che porta a compimento un disegno di amore». Sotto il tendone allestito nel grande cortile, Wojtyła volle poi dare la “buonanotte” a tutti, secondo una tradizione cara a don Bosco: «Sono molto diversi i giovani del 1988: oggi sono loro che vogliono dare la buonanotte al Papa! Sono diversi ma buoni. E, allora, lasciamoli cosi!».

DON BOSCO, PRETE VERO

La seconda giornata si aprì in Basilica all’insegna dell’incontro con il clero e i religiosi. Giovanni Paolo II ricordò un episodio della vita del santo dei giovani, quando, nel 1866, davanti all’allora Presidente del Consiglio Bettino Ricasoli difese con vigore la sua identità di «prete all’altare e in confessionale, prete in mezzo ai suoi ragazzi, prete a Torino, così come a Firenze, nella casa del povero, nella casa del re e dei ministri». Anche i sacerdoti odierni, sostenne il Papa, «devono avere costantemente la consapevolezza di essere ministri di Cristo». Seguì la visita a Castelnuovo, dove si tenne la beatificazione della giovane cilena Laura Vi-


le donne di oggi devono poter vedere una concretissima, singolarissima vicenda, vissuta non individualisticamente, in modo egocentrico – disse il Papa davanti alle seimila presenti, perlopiù Figlie di Maria Ausiliatrice –, ma solidale con l'intera storia umana e con l'intera creazione». Tutto attorno, ancora una volta, un tripudio di fazzoletti multicolori, immagini di don Bosco, sciarpe, bandierine bianco-gialle, i colori del Vaticano. Tre giorni indimenticabili.

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cuña, poi al Duomo di Chieri, per fare rientro allo Stadio Comunale di Torino dov’era atteso all’incontro con sessantamila ragazzi. Cristina e Livio, di Torino, lessero un saluto che introdusse i temi del dialogo: la fede, la morale, i problemi sociali diffusi nel mondo giovanile. «Siate indispensabili – gridò il Pontefice in un discorso ancora oggi attuale –: non per quello che potrete fare con le vostre sole forze umane, ma che potrete fare attraverso la fede». E ricordò ancora don Bosco «che è sceso tante volte a Roma, a bussare alla porta del Vaticano, e che forse non s'immaginava che un giorno sarebbe venuto un Papa a Torino per lui».

LA SANTA VERGINE CONSOLATA ED AUSILIATRICE, LE GRANDI E GENIALI FIGURE DEI VOSTRI SANTI, IN PARTICOLARE DON BOSCO, IL SANTO DEI GIOVANI, CHE RICORDIAMO NEL SUO CENTENARIO, VI AIUTINO A RICONOSCERE E A REALIZZARE IL VOSTRO PROGETTO DI VITA NEL SEGNO EVANGELICO DELL’AMORE PER L’UOMO DEL NOSTRO TEMPO. GIOVANNI PAOLO II AI GIOVANI, 3 SETTEMBRE 1988, TORINO, STADIO COMUNALE

ANDREA CAGLIERIS GIORNALISTA RAI E SEGRETARIO DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DEL PIEMONTE redazione.rivista@ausiliatrice.net

QUINDICIMILA IN PIAZZA

Il momento centrale e più solenne della tre giorni torinese del Pontefice: la messa in piazza Maria Ausiliatrice, proprio davanti alla Basilica. Quindicimila le persone giunte da tutta la città. Sul palco, con lui, il vescovo di Torino Anastasio Ballestrero, il Rettor Maggiore Egidio Viganò e i cardinali salesiani Rosalio José Castillo Lara, Alfons Stickler e Francisco Fresno Larrvain. Wojtyła parlò di una «sfida preoccupante», quella che riguarda «la nascita e la crescita della fede nel cuore dei giovani''. Sfida, aggiunse, ''tra le più urgenti e tra le più delicate e complesse». La giornata si era aperta in Basilica con un incontro con le religiose (lo aveva già fatto nell’aprile del 1980) sul ruolo della donna “nella società e nella chiesa”: «In voi MAGGIO-GIUGNO 2018

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L’abitino che porta il sorriso e la speranza alle famiglie bambini. E in basilica ne sono portati così di frequente che – altra sorpresa per visitatori e pellegrini – di tanto in tanto bisogna spostare i fiocchi in altra sede. All’origine di questo gesto, c’è un fatto di cui è stato protagonista proprio san Domenico Savio, il giovane allievo di don Bosco e protettore dei ragazzi. UN NASTRO CON LA MADONNA

San Domenico Savio disse alla sua mamma disse di imprestare quel fiocco «quando saprete che qualche vostra conoscente si trova in condizioni pericolose come foste voi in quel tempo» Chi entra per la prima volta in Basilica, appena vede la prima cappella a sinistra resta sorpreso. Tutt’intorno all’altare dove sono conservate le reliquie di san Domenico Savio, è un “trionfo” di nastri, fiocchi e cuori di stoffa azzurri, rosa e bianchi: sono il ringraziamento di tante mamme e papà per la felice nascita dei loro 30

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Il 12 settembre 1856, festa del Santo Nome di Maria, Domenico, quattordicenne, chiede a don Bosco un giorno di permesso per tornare a Mondonio (oggi frazione del Comune di Castelnuovo Don Bosco, in provincia di Asti) perché la madre, incinta, è molto sofferente. Quando lui arriva, le vicine di casa rimangono sorprese della visita e cercano di non farlo salire in camera. Lui, però, entra, abbraccia forte la mamma e poi esce. D’improvviso, lei non ha più dolori. Anche il medico, che arriva poco dopo con il padre, resta sorpreso del miglioramento. Più tardi, le vicine trovano al collo della mamma un nastro dov’è attaccato un pezzo di seta piegato e cucito come un abitino. Alla loro sorpresa, lei dice: «Ora comprendo perché mio figlio Domenico, prima di lasciarmi, mi volle abbracciare». A sua volta Domenico, tornato a Torino, ringrazia Don Bosco per il permesso e gli confida: «Mia madre è bell’è guarita: l’ha fatta guarire la Madonna che le ho messo al collo». Non solo: la sorellina, Maria Caterina, nasce senza problemi. La vicenda, già di per sé commovente, non è però finita. L’anno dopo


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Domenico torna a Mondonio perché ammalato e prima di morire (9 marzo 1857) confida alla mamma che proprio quell’“abitino” l’ha fatta guarire e le dice: «Vi raccomando di conservarlo con cura, e di imprestarlo quando saprete che qualche vostra conoscente si trova in condizioni pericolose come foste voi in quel tempo; perché come ha salvato voi, così salverà le altre. Vi raccomando però d’imprestarlo gratuitamente, senza cercare il vostro interesse». Gesto che la mamma farà più di una volta. Non basta: altre donne incinte o desiderose di un figlio, indossando una riproduzione di quell’“abitino”, grazie appunto all’intercessione di Domenico Savio, hanno ricevuto la grazia desiderata.

sione di Domenico Savio e per l’aver indossato o fatto indossare una riproduzione dell’“abitino”. LORENZO BORTOLIN redazione.rivista@ausiliatrice.net

I PELLEGRINI IN VISITA A TORINO-VALDOCCO POSSONO CHIEDERE L’“ABITINO” DIRETTAMENTE PRESSO IL NOSTRO SANTUARIO DI MARIA AUSILIATRICE. INOLTRE TUTTI I LETTORI CHE DESIDERANO RICEVERLO O REGALARLO POSSONO RICHIEDERLO PER LETTERA A: UFFICIO MESSE, VIA MARIA AUSILIATRICE 32 - VALDOCCO, 10152 TORINO, OPPURE TELEFONANDO AL NUMERO: 011.5224.822. OCCORRE PRECISARE IL COLORE - AZZURRO, ROSA O BIANCO – INDICANDO CHIARAMENTE L’INDIRIZZO PRECISO DEL RECAPITO. SARÀ LORO INVIATO PRONTAMENTE L’“ABITINO” CON IL MODULO DI CONTO CORRENTE POSTALE PER UNA OFFERTA DESTINATA A COPRIRE LE SPESE POSTALI.

SOTTO LA SUA PROTEZIONE

A ricordo di quel primo “abitino”, dal 1954, anno della canonizzazione del giovane, la direzione delle Opere Salesiane ha messo a disposizione delle mamme, e non solo, un “abitino”, impreziosito con l’immagine del giovane Santo. L’iniziativa è soltanto un mezzo per impetrare le grazie del Signore mediante l’intercessione di san Domenico Savio: l’“abitino”non è un amuleto, ma un invito a pregare, a frequentare i sacramenti della Confessione e della Comunione, ed a vivere con fedeltà i propri impegni. Ed asciuga le lacrime di tante mamme e porta il sorriso, il conforto, la benedizione e la speranza in tante famiglie. I molti fiocchi deposti nella cappella della nostra Basilica e le lettere che arrivano al nostro Santuario confermano che tante mamme e tanti bambini hanno ricevuto grazie proprio per l’intercesMAGGIO-GIUGNO 2018

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Educare insieme nell’era digitale

Una guida pratica per la sfida educativa dei giovani 2.0  Se nuove tecnologie rappresentano una sfida per la famiglia». Lo dice Papa Francesco e questo libro, intitolato Educare insieme nell’era digitale, di Alessandro Ricci e Zbigniew Formella, aiuta i genitori a fornire ai loro figli gli strumenti per non rimanere soli dinanzi a questa necessaria “sfida educativa”, che non a caso è anche il titolo della fortunata collana Elledici in seno alla quale questo libro è inserito. Ma don Valerio Bocci, direttore generale della Editrice Elledici, ricorda nella introduzione al volume, «come alla solitudine dei figli, paradossale in soggetti continuamente “on time e in rete”, molte volte corrisponde quella “educativa” dei genitori. Si sentono lasciati soli a capirli, consigliarli, sostenerli con un alto rischio di insuccesso, spiazzati dal potere fasci-

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noso dei nuovi media sulle loro parole ed esempio». INDICAZIONI CONCRETE PER GENITORI

Le pagine di questo libro sono riflesso di quanto la rivoluzione digitale abbia portato cambiamenti che hanno influenzato gli stili di vita, di comunicazione, di socializzazione, ponendo nuove sfide educative in particolare nella relazione tra genitori e figli, così da fornire ai genitori delle indicazioni di tipo pratico da un punto di vista psicoeducativo a sostegno della loro azione quotidiana di crescita; senza perdere mai di vista che la strada per salvaguardare i figli online e offline passa attraverso una sana relazione e un’educazione consapevole, che prepara i giovani a “navigare” bene nella vita. È infatti all’interno delle mura domestiche che un figlio struttura la sua personalità e apprende i primi valori relazionali


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care alle regole, all’affettività e ad essere critici e responsabili. GLI AUTORI

che saranno bagaglio per la sua crescita futura. Per farlo dovrà imparare a gestire i conflitti e ad esprimere i propri sentimenti e le emozioni, per meglio conoscere se stesso e per relazionarsi con gli altri. I capitoli del libro analizzano non solo i rischi ma anche le potenzialità che i media digitali offrono, per favorire una fruizione critica e informata. Dopo aver steso una mappa delle sfide educative alle quali sono chiamati i genitori in relazione con i propri figli, si passa ad indagare sugli effetti dei new-media nelle diverse fasi evolutive della crescita, analizzando anche i rischi della Rete. Infine si traccia un profilo dell’ideale genitore 2.0, capace di conoscere per prevenire, educando ad un uso consapevole dei media e richiamando il ruolo dell’adulto come riferimento per dare buoni modelli di operatività pratica. Da qui nasce la consapevolezza che per un genitore sia importante essere esperti di educazione e non di tecnologia, per edu-

Autori del libro sono Alessandro Ricci, psicologo-psicoterapeuta, analista transazionale, professore presso l’Istituto di Psicologia dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma e Professore della Scuola Superiore di Specializzazione in Psicologia Clinica presso il medesimo ateneo, mentre Zbigniew Formella, sacerdote salesiano, è Vice Decano della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, dove è professore ordinario della cattedra di Psicologia dell’Educazione. Due esperti di comunicazione educazionale che fanno di questo libro uno strumento unico, di agile e pratica fruibilità. LA REDAZIONE redazione.rivista@ausiliatrice.net

Don Aldo Rabino. Salesiano in campo e fuori campo di Monica Falcini. Elledici 2018 Pagine: 160

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Carissimi amici anziani  Mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza di anziana. Lo faccio volentieri. Come avete visto dal titolo ho scelto di iniziare con “carissimi” in quanto desidero raggiungervi con una lettera, questa, che indirizzo a ciascuno di voi, ed è perciò da considerare “personalizzata”. Sì, perché sono convinta che una lettera può essere paragonata ad una visita di una persona amica che si riceve in casa con gioia, che interrompe la solitudine e, dunque, tiene compagnia per uno spazio di tempo. Dopo questa premessa sono pronta a raccontarvi i miei ultimi nove anni e cioè dall’inizio del mio percorso come malata 34

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sino ad oggi ormai anziana. Era il mese di Ottobre 2009. Per aiutarmi spiritualmente via via che le difficoltà insorgevano, avevo chiesto di ricevere l’Unzione degli Infermi. Mi ero preparata a ricevere questo Sacramento, riflettendo su alcuni versetti del Cap. 2 della Lettera agli Ebrei (Eb. 2, 14-18) e in modo specifico su questi: «Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli». Quel «si prende cura» l’ho tenuto presente e, devo confidarvi che fino ad oggi è stato vero. Il Signore si è preso cura di me attraverso le persone ami-

che e lo ha fatto senza interruzione. Le ansie, devo precisare, non sono mancate. Razionalmente però, in me, emergeva il «si prende cura». E così mi ero trovata persona ammalata, seriamente; inoltre, i dati anagrafici mi avevano confermato che ero anche anziana. Proseguendo in questa situazione mi era stato suggerito di leggere, di seguito, il Vangelo di Marco, perché pareva più consono alla ricerca che intendevo intraprendere. Volevo infatti capire il comportamento di Gesù nei confronti dei soggetti in difficoltà. Mi dicevano che leggere un capitolo per volta non dà i frutti di uno sguardo d’insieme. Così era stato e


che sostiene, “in primis”, l’agire della Chiesa. E allora posso concludere che è giunto il tempo di orientarmi a scegliere Dio più che le opere di Dio. L’ultima pagina del libro “Il pane di ieri” di Enzo Bianchi, già Priore della Comunità di Bose, offre degli interrogativi e contemporaneamente una risposta di comportamento valida non solo per le persone anziane. Vi leggo gli interrogativi emersi: «Come sarà d’ora in poi il mio percorso? Troverò ispirazione nella speranza cristiana? Oppure, ma non vi è contraddizione, seguirò il sentiero che ho imparato da giovane alla scuola dei vecchi della mia terra? E sarà una vecchiaia segnata dalla malattia, dalle sofferenze?». La risposta: «Il mio compito, il compito di ciascuno di fronte alla vecchiaia che incalza non è prevederla, bensì prepararla, colmando la vita di quanto può sostenerci fino alla morte». A pensarci bene, cari Amici, è “preparare”, il verbo da tenere presente. Esso richiama insieme lavoro indaffarato e attesa colma di speranza. Come quando si prepara un buon pranzo per una persona cara che torna a noi. Preparare è anche mettere tutto in ordine, disporre ogni cosa nel migliore dei modi. Preparare, biblicamente, rimanda all’oggi vissuto con l’occhio fisso sul futuro. È vivere attendendo un incontro.

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avevo scoperto che siamo noi le prime persone ad attirare sempre l’attenzione di Gesù, le prime ad essere soccorse. E questo mi era stato ed è di grande conforto! Non vi pare che un valido riscontro l’abbiamo ai giorni nostri, attraverso i gesti di Papa Francesco? Continuando vicino a voi il mio racconto, devo dire – e non è una esperienza rara – che ho vissuto ore, giorni, in cui il sole della Fede si offuscava, non splendeva più: la solitudine faceva prepotentemente capolino, le persone un tempo vicine si facevano attendere, l’accompagnamento spirituale risultava povero; si affacciava anche alla memoria l’attività del passato, e, come sicuramente avrete fatto anche voi, mi chiedevo dove erano finite tutte quelle energie che avevo per il lavoro professionale, per la missione. Nonostante tutto, sogno ancora di realizzare ogni giorno qualche attività. Ad esempio, le prime ore del mattino mi sollecitano la volontà di iniziare qualche progetto. Purtroppo però dopo queste ore, ogni gesto si ridimensiona ed è come se fosse già sera, mentre i rintocchi delle campane mi avvertono che è solo mezzogiorno! Aggiungo che, attutiti questi ricordi e altre fantasie, ora mi tranquillizza abbastanza tenere presente che, in ciascuna fase della vita, esiste un “proprium”, anche quando l’età avanza, mentre sono sollecitata a credere che è la preghiera

Finché si è giovani immaginiamo di andare noi stessi incontro al Signore. Invece ad una certa età è il Signore che ci viene incontro per assumere il nostro destino eterno. Ritengo sia un aspetto che ci riguarda molto da vicino. Non vi pare che perciò non dovremmo avere paura e aspettare questo incontro rilassati? Cari Anziani, l’orologio e un po’ di stanchezza mi avvertono che si è fatto tardi. Con questa visita siamo stati in compagnia, abbiamo considerato alcuni aspetti della nostra vita. Ora ci salutiamo rendendo grazie al Signore, vivendo e offrendo i nostri anni come un dono, vissuto con gratitudine, perché «La vecchiaia si offre all’uomo come possibilità straordinaria di vivere non per dovere, ma per grazia» (K.Barth) sicuri che il Signore “si prende cura” di ciascuno di noi. Un caro e affettuoso saluto da UNA VDB redazine.rivista@ausiliatrice.net

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Il grande sogno di una piccola realtà: progetti, sfide, conquiste

La formazione salesiana a Serravalle Scrivia (AL)  Tutto ebbe inizio nel “secolo scorso”,

nel 1999, quando dopo un’attenta analisi delle esigenze formative del territorio, gli Enti locali di Serravalle Scrivia (Alessandria) chiesero al CNOS-FAP di creare un percorso professionale per giovani in difficoltà. Così nel settembre 1999, ebbe inizio l’attività formativa: il personale operante nell’ambito del progetto e i primi sei allievi furono accolti nei locali messi a disposizione dall’Istituto comprensivo “Martiri della Benedicta”. Nel maggio del 2003, a causa del terremoto, la sede fu temporaneamente spostata nel centro cittadino, dove rimase fino al maggio del 2005. A settembre dello stesso anno, si trovò un’occasione più adeguata nella struttura di via Romita, in zona “Ca’ del sole”. La sede è moderna e 36

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confortevole ed ha con due laboratori, informatico e commerciale, con arredi nuovi, grazie a don Stefano Colombo, all’epoca Delegato Regionale. Il CFP - situato accanto all’outlet McArthurGlen, importante bacino di risorse occupazionali per i nostri allievi - è in crescita esponenziale di iscritti: dai primi sei, oggi sono più di cento, senza contare gli adulti! DIVERSE OPPORTUNITÀ

«Perché ti sei iscritto qui?». «Perché chi ha frequentato si è trovato bene e me l’ha consigliato». Ci siamo fatti pubblicità così, prestando molta attenzione all’accoglienza e al servizio formativo. Il passaparola ha dato frutti. Attualmente questo CFP propone un’offerta formativa di tutto rispetto:


AL PASSO CON I TEMPI

Da alcuni anni sono state inserite nelle attività curricolari le lingue russo e cinese, con insegnanti madrelingua. È una delle più grandi sfide per gli studenti, ai quali sono impartite nozioni di grammatica e fonetica ed elementi di conversazione per accogliere il cliente nella sua lingua madre. Il settore si basa molto sulle capacità relazionali che intende così potenziare e i giovani l’hanno accolto con entusiasmo. L’offerta è stata estesa anche a utenti esterni ed ex allievi con la formazione continua. Al CFP di Serravalle Scrivia si salvaguarda l’integrazione degli allievi con difficoltà, dando a ciascuno l’opportunità di crescere e migliorarsi sul piano personale, sociale (relazionarsi con gli altri) e culturale (imparare ad imparare) così da affrontare il mondo nelle migliori condizioni e con strumenti adeguati: onesti cittadini e buoni cristiani, ci insegna don Bosco, è un aspetto peculiare dello stile educativo del CFP.

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dalla fascia dell’obbligo d’istruzione sino al diploma professionale nell’ambito dei servizi commerciali di vendita. Inoltre, rivolge la sua attenzione anche ai giovani che presentano un gap formativo tra i 18 e i 29 anni ed offre opportunità formative per gli adulti: dalle lingue straniere all’informatica, alla cucina. Il tutto senza dimenticare la motivazione per cui è nato, ospitando allievi diversamente abili in un percorso formativo ad hoc, seguiti dagli insegnanti durante le ore a disposizione, con la collaborazione di un operatore del Servizio Civile e di una volontaria.

Questi sono alcuni punti di forza del nostro CFP, che dal 2012 è sede operativa, gestita dai laici che hanno avuto l’aiuto iniziale della Casa Salesiana di Alessandria e portato avanti l’attività secondo il progetto di don Bosco, oltre che riconosciuti come “comunità” della ICP-Ispettoria dei Salesiani del Piemonte, come ha lasciato scritto don Enrico Stasi, dopo la sua ultima visita ispettoriale, che ringraziamo anche perché ci ha fatto dono della presenza giornaliera di don Leo Colcera. ROBERTO MANDIROLA DIRETTORE DEL CFP SERRAVALLE SCRIVIA

PER INFORMAZIONI: CFP SERRAVALLE SCRIVIA CNOS-FAP PIEMONTE VIA ROMITA 67 15069 SERRAVALLE SCRIVIA (AL) TEL. (+39) 0143.68.64.65 FAX (+39) 0143.60.85.57

STILE EDUCATIVO E SENSIBILITÀ

In una parola, uno stile funzionale, capace di produrre il cambiamento desiderato, commisurato al livello di partenza del soggetto e alla sua matrice cognitiva ed esperienziale, interessante perché rispondente ai bisogni dell’allievo. MAGGIO-GIUGNO 2018

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Maria Ausiliatrice e Madre della Chiesa  L’esperienza «ci fa vedere in modo luminosissimo che Maria ha continuato dal cielo, e con il più grande successo, la missione di Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei Cristiani che aveva incominciato sulla terra» (art. 1 del Regolamento dell’ADMA). Il titolo di Ausiliatrice è intimamente associato a quello di Madre della Chiesa: già Don Bosco lo aveva notato e segnalato in modo profetico, anticipando il solenne pronunciamento di Paolo VI al termine del Vaticano II e che papa Francesco ha stabilito come memoria liturgica, da celebrare il lunedì dopo la solennità di Pentecoste. Diamo lode a Dio per le meraviglie che compie, anche attraverso la vita dell’Associazione di Maria Ausiliatrice, in diverse parti del mondo. CROAZIA PRIMO GRUPPO ADMA (FOTO 1)

In occasione della festa di San Francesco di Sales (24 gennaio 2018) dieci donne hanno emesso il loro impegno come membri dell’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA). Questo è il primo gruppo ADMA della Croazia. CALCUTTA (INDIA) PRIMO GRUPPO ADMA ISPETTORIA MARIA AUSILIATRICE – FMA (FOTO 2)

Il 30 gennaio 2018 17 candidati hanno preso l’impegno di essere membri dell’ADMA. Madre Yvonne Reungoat, superiora generale delle FMA, ha consegnato il Regolamento, il distintivo e la tessera e si è rivolta ai nuovi membri dell’Associazio38

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ne, esortandoli: «A Gesù attraverso Maria, questo è quello che è successo alle nozze di Cana. Don Bosco ha preso ogni decisione sotto la guida di Maria. Portare le persone a Gesù nella Santa Eucaristia. Maria, nostra Madre, è lì per cogliere tutti i nostri bisogni. Sii devota a Maria Ausiliatrice; sii vicina a Gesù nella Santa Eucaristia. Abbi fede profonda perché Maria è lì vicino a te».


Il 2 febbraio 2018 il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, ha incontrato, presso il Santuario Nazionale di Maria Ausiliatrice a Fatumaca, circa 500 membri dei gruppi ADMA di Timor Est. Rivolgendosi a loro ha detto: «Sono profondamente colpito dalla fede e dall’affetto di tutti voi. Ci stiamo incontrando nello Spirito Santo. L’ADMA è un gruppo della Famiglia Salesiana formato da uomini e donne impegnati. Sono molto felice di vedere che le grandi cose di Dio stanno crescendo da radici semplici e umili. Se una cosa non è di Dio, perirà presto, se viene da Dio, Egli la sosterrà, crescerà e porterà frutti».

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TIMOR EST GRANDE INCONTRO DEL RETTOR MAGGIORE CON L’ADMA (FOTO 3)

lesiana promosso dall’ADMA, che si svolgerà dal 7 al 10 novembre 2019 a Buenos Aires, nel quartiere di Almagro. REDAZIONE ADMA redazione.rivista@ausiliatrice.net

ASSOCIAZIONE DI MARIA AUSILIATRICE

VENARIA REALE, ITALIA (FOTO 4)

Domenica 4 febbraio, in occasione della festa di don Bosco, presso la parrocchia salesiana di Venaria Reale, sobborgo di Torino, si è costituito un nuovo gruppo dell’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA). Durante l’Eucaristia, presieduta da don Pierluigi Cameroni, Animatore spirituale mondiale dell’Associazione, 38 nuovi soci hanno fatto l’adesione e il signor Renato Valera, Presidente Mondiale, ha consegnato il diploma di aggregazione all’ADMA Primaria di Torino-Valdocco. ARGENTINA RADUNO DELL’ÉQUIPE DI PREPARAZIONE AL CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MARIA AUSILIATRICE 2019 (FOTO 5)

Il 23 febbraio 2018 si è riunita l’équipe di preparazione all’VIII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice, evento di Famiglia SaMAGGIO-GIUGNO 2018

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«Questa è la mia casa, da qui la mia gloria!» ADMA PRIMARIA redazione.rivista@ausiliatrice.net

Storia della costruzione della Basilica di Maria Ausiliatrice (seconda parte). Celebrando il 150° di consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice (9 giugno 2018) PROGETTO

I cinque progetti per la nuova chiesa, firmati da don Bosco e dall’ingegnere Antonio Spezia, furono presentati all’ufficio comunale competente con data 14 maggio 1864: si trattava della «Pianta di una Chiesa dedicata a Maria Auxilium Christianorum da erigersi in Valdocco di Torino con oblazioni di divoti». Il prospetto della chiesa di Maria Ausiliatrice fa riferimento alla basilica veneziana di San Giorgio Maggiore (1566) dell’architetto veneto Andrea Palladio (1508-1580). Gli obiettivi di don Bosco nell’affronta40

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re l’impresa dell’edificazione erano chiari: voleva una chiesa grandiosa che fosse un monumento alla Vergine Maria, segno chiaro della sua presenza a sostegno della Chiesa, come al tempo di Lepanto o durante la prigionia di Pio VII. Incaricando l’ingegnere Antonio Spezia del progetto don Bosco voleva che «fosse in tali proporzioni che potesse accogliere un gran numero di devoti, e render l’onore dovuto all’Augusta Regina del Cielo». I lavori di costruzione, affidati all’impresa del capomastro Carlo Buzzetti, iniziarono nell’autunno del 1863. Terminati gli scavi, nell’aprile del 1864, don Bosco disse al Buzzetti: «Ti voglio dare subito un acconto per i grandi lavori». Così dicendo tirò fuori il borsellino, l’aprì e versò nelle mani di Buzzetti quanto conteneva: otto soldi, nemmeno mezza lira. «Sta’ tranquillo! La Ma-


POSA DELLA PRIMA PIETRA

Il 27 aprile 1865 fu celebrata con grande solennità la posa della pietra angolare della erigenda chiesa, che benedetta dal vescovo di Susa, Mons. Odone, venne collocata dal duca Amedeo d’Aosta, figlio di Vittorio Emanuele II, con la partecipazione del sindaco, del prefetto e di altri insigni personaggi. Don Bosco pubblicizzò il fatto con un fascicolo commemorativo e lanciò una grandiosa lotteria. I lavori procedettero pur tra difficoltà e battute d’arresto e nel maggio del 1867 venne collocata sulla cupola la statua rappresentante Maria Madre di Misericordia in atto di benedire i suoi devoti. Inoltre ciascuno dei due campanili, fiancheggianti la facciata, venne sormontato da un angelo in rame battuto e indorato, dell’altezza di due metri e mezzo. A destra: un angelo recante con la mano sinistra una bandiera, in cui a traforo nel metallo e a grossi caratteri, è scritto “Lepanto”. A sinistra un

altro, in atto di offrire con la mano destra una corona d’alloro alla Santa Vergine, che domina dall’alto della cupola. In un primo disegno anche il secondo angelo sollevava una bandiera sulla quale era, pur a traforo la cifra 19 seguita da due fori. Indicava una nuova data e cioè il mille novecento, ommesse le decine ed unità di anni, segno di un nuovo trionfo di Maria.

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CONSACRAZIONE DELLA CHIESA

La costruzione, tra alterne vicende, fu portata finalmente a termine nel 1868 e la chiesa fu consacrata il 9 giugno di quello stesso anno dall’arcivescovo di Torino Mons. Alessandro Riccardi. Per l’occasione oltre ai ragazzi degli oratori di Torino, giunsero quelli dei collegi di Mirabello e di Lanzo, che si distinsero sia per le esecuzioni musicali, sotto la direzione di don Giovanni Cagliero, che per la cura del servizio liturgico, sotto la guida di don Giuseppe Bongiovanni, già socio della Compagnia dell’Immacolata e fondatore di quella del SS. Sacramento.

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donna penserà a provvedere il denaro necessario per la sua chiesa».


DON BOSCO OGGI

Sulle orme di don Bosco al fianco dei giovani  «Ho deciso di seguire le orme di Don Bosco e di dedicare la mia vita ai giovani per “restituire” gratuitamente quanto gratuitamente ho ricevuto nell’infanzia e nella giovinezza. Avevo sette anni quando ho perso i miei genitori, sono stato allevato dai nonni insieme ai miei tre fratelli e, grazie a Dio, ho sempre incontrato persone pronte a darmi una mano senza chiedere nulla in cambio». A raccontarlo, con voce venata da un pizzico di emozione, è Hubert Twagirayezu, coadiutore salesiano nato a Massaka, in Rwan42

MARIA AUSILIATRICE N. 3

da, trentasei anni fa che vive e lavora nella missione di Namugongo, in Uganda. QUANDO UN LIBRO TRASFORMA LA VITA

Come hai incontrato Don Bosco sul tuo cammino? «Ricordo che era il 2000 e frequentavo le superiori. Un amico mi prestò una biografia di Don Bosco e, pagina dopo pagina, rimasi letteralmente folgorato dalla sua vita e dal suo esempio, al punto che ho deciso di diventare salesiano. Ho scelto di ispirarmi a Don

Bosco per renderlo vivo e attuale tra i giovani dell’Uganda, soprattutto tra i più poveri e i più bisognosi, perché sono consapevole di aver ricevuto molto e sento di dovere molto a chi è più debole e fa più fatica». Qual è la situazione dei salesiani in Uganda? «L’Uganda appartiene all’Ispettoria Africa Grandi Laghi, che raggruppa anche le missioni del Burundi e del Rwanda. In Uganda operano ventuno salesiani provenienti da diverse nazioni, dal Vietnam all’India,


dall’Italia alla Sierra Leone e alla Slovenia, suddivisi in quattro case. Si occupano, in particolare, dell’educazione spirituale e intellettuale dei giovani attraverso l’apostolato nelle parrocchie, negli oratori e nelle scuole e s’impegnano affinché tutti possano trovare il proprio posto nel mondo e diventare, come era solito raccomandarsi don Bosco, buoni cristiani e onesti cittadini». Come è germogliata la tua vita missionaria? «Gli anni della formazione li ho trascorsi tra il Rwanda e l’Italia, dove ho potuto sperimentare e imparare ad amare la bellezza e la ricchezza spirituale della famiglia salesiana. Attualmente faccio parte della comunità di Namugongo e mi occupo della gestione economica della Casa salesiana “Children and Life” di Kampala, in Uganda».

nimento dei giovani che ospitiamo e gestiamo una fattoria per l’allevamento del bestiame». L’Uganda si trova a essere terra di confine con nazioni devastate dalla guerra… «I conflitti tra le etnie continuano ad alimentare un flusso migratorio che pare inesauribile perché i rifugiati del Sudan, del Congo e del Burundi cercano asilo nel nord dell’Uganda. Per dare loro aiuto e conforto abbiamo avviato una missione, insieme ai salesiani della comunità di Ageel, che ci permette di prenderci cura di oltre quaran-

tamila rifugiati». Che cosa consiglieresti a un giovane che ti domandasse se valga la pena dedicare la propria vita alla missione? «Di dire il proprio “sì” con generosità e senza esitazioni perché servire i poveri rende la vita bellissima e, attraverso l’impegno e il sacrificio, consente d’intravedere la presenza di Dio tra coloro che soffrono». CARLO TAGLIANI redazione.rivista@ausiliatrice.net

UN CENTRO DI ACCOGLIENZA, UNA SCUOLA E MILLE ATTIVITÀ

Come è composta la tua comunità? «Siamo due sacerdoti e due coadiutori salesiani. Oltre alla Casa “Children and Life”, che si prende cura di circa centocinquanta ragazzi orfani, abbandonati e non di rado malati, ci occupiamo di una scuola elementare che ha visto la luce grazie al generoso contributo di tanti benefattori e amici di Missioni Don Bosco. Svolgiamo inoltre alcune attività agricole che ci consentono di contribuire parzialmente al mante-

Chiunque desideri approfondire o sostenere l’attività di Missioni Don Bosco Onlus in Sud Sudan può mettersi in contatto con l’Ufficio progetti,

ANCHE TU PUOI FARE QUALCOSA!

Missioni don Bosco Valdocco ONLUS

via Maria Ausiliatrice 32, 10152 Torino tel. 011 39 90 101 e-mail: info@missionidonbosco.org www.missionidonbosco.org MAGGIO-GIUGNO 2018

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DON BOSCO OGGI

Budino tricolore per tre chiese nel 150°

• TRE CONFEZIONI DI BUDINO DI GUSTO E COLORE DIVERSO: AMARETTO, CIOCCOLATO, VANIGLIA (O ALTRI, SECONDO LA PREFERENZA) • 1 LITRO E MEZZO DI LATTE • UNO STAMPO DA PLUM CAKE • CONFEZIONARE I BUDINI SECONDO LE ISTRUZIONI. VERSARLI NELLO STAMPO BEN INUMIDITO, UNO DOPO L’ALTRO, ASPETTANDO CHE OGNI STRATO SI SIA UN PO’ SOLIDIFICATO. L’OPERAZIONE DEVE ESSERE FATTA CON LENTEZZA, ALTERNANDO I COLORI IN MODO CHE QUELLO PIÙ SCURO DIVIDA I DUE PIÙ CHIARI. RAFFREDDARE IN FRIGORIFERO PER ALMENO TRE ORE, QUINDI IMMERGERE LO STAMPO VELOCEMENTE IN ACQUA CALDA E CAPOVOLGERE SU UN PIATTO DA PORTATA.

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«All’ora del tramonto… al di sopra delle case… scintilla ancora, sotto l’ultimo raggio di sole, l’alta statua dorata di Maria Ausiliatrice, ritta sulla cupola della sua chiesa solitaria, colle braccia stese verso le Alpi». Così scriveva nel 1867 Edmondo De Amicis, autore del libro “Cuore”, sulle cui pagine tutti ci siamo commossi. Lo scrittore aveva forse letto nel pensiero di don Bosco, che intendeva realizzare nel “campo del sogno, coltivato a meliga e barbabietole”, la Chiesa madre dell’opera salesiana, tanto grande da poter contenere tutti i giovani, dedicata a Maria Aiuto dei cristiani, sostegno della fede nei tempi tristi che correvano. Il campo del sogno fu acquistato, rivenduto e riacquistato: tempi tristi anche economicamente. Don Bosco aveva fretta di realizzare il sogno delle tre chiese viste a Valdocco: Pinardi, San Francesco di Sales, Maria Ausiliatrice. Possiamo immaginare la faccia trasecolata di Carlo Buzzetti, capomastro costruttore, quando,nel 1864, si vide consegnare, come acconto per i grandi lavori, la somma di otto soldi! (Impossibile

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quantificare in euro). La Madonna avrebbe provveduto il denaro necessario, operando, nel luogo della sua devozione, conversioni e guarigioni miracolose, come quella del senatore Cotta, personaggio di grande spicco, che gravemente malato e dato per spacciato dai medici, aveva promesso a don Bosco la somma di dodicimila lire, in caso di guarigione. Guarì e divenne il più grande sostenitore della costruzione. Affluivano a Valdocco soprattutto i risparmi della povera gente e i modesti gioielli offerti in voto da chi aveva trovato in Maria Ausiliatrice una speranza e un sostegno. Ancora il senatore Cotta, nel 1866, fornì l’aiuto necessario alla costruzione della cupola. Il 9 giugno 1868 si celebrava, nel santuario, la prima Messa. «Ogni pietra di questa chiesa è una grazia della Madonna» diceva, commosso, don Bosco. Il giornale torinese “L’Unità cattolica” scriveva: «La Chiesa è stata fabbricata dai poveri e per i poveri». Oggi, in tempi ancora tristi, l’anniversario merita un dolce particolare. ANNA MARIA MUSSO FRENI redazione.rivista@ausiliatrice.net


Ricordiamo che la prima santa Messa quotidiana celebrata nella Basilica di Maria Ausiliatrice

è officiata per tutti i benefattori dell’opera salesiana. La redazione

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