Revée News 04 - Luglio 2024

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Editoriale

Riconoscersi e accettarsi: IL RUOLO DEI PROFESSIONISTI DELLA SALUTE

Ci sono due concetti che ritornano tra gli intervistati di Revée NEWS: riconoscersi e accettarsi. Questi principi sono anche il filo conduttore dell’edizione estiva di Revée NEWS, che tratta temi attuali come l’affermazione di genere, i tumori della pelle, l’evoluzione della chirurgia estetica e la chirurgia plastica nei bambini.

La transizione di genere è un percorso complesso che richiede coraggio e determinazione. È un processo che non si limita al cambiamento fisico, ma coinvolge aspetti psicologici ed emotivi, consentendo alle persone di allineare la propria immagine esteriore con l’identità che sentono dentro di sé.

In questo numero affrontiamo un altro tema di grande rilevanza medica: la prevenzione dei tumori alla pelle, i progressi dei trattamenti e la cura delle cicatrici. I dati dell’AIRC mostrano che il melanoma è il terzo tumore più frequente sotto i 50 anni in Italia. Gli screening programmati e l’attenzione ad eventuali cambiamenti e comparsa di nuovi elementi cutanei sono cruciali per una diagnosi precoce e un intervento tempestivo.

Un altro focus di approfondimento è dedicato all’evoluzione che la chirurgia estetica ha fatto negli ultimi decenni, offrendo soluzioni sempre più sicure e personalizzate per chi desidera migliorare il proprio aspetto e che in ambito pediatrico, assume un ruolo essenziale per la qualità di vita dei bambini.

Il percorso verso l’accettazione di sé è sempre più centrale e raggiungibile con il supporto di professionisti qualificati. Medici, chirurghi e psicologi aiutano i pazienti a riconoscersi e accettarsi, consentendo loro di vedersi per ciò che realmente sono.

Buona lettura.

Debora Pasero, direttore responsabile

EVENTI E CONVEGNI

Per segnalare convegni/eventi scrivere a press@revee.it

72° Congresso Nazionale SICPRE ottobre 2024 Messina 12 10/

Corsi AICPE in ultima pagina

Periodico di informazione sul mondo della Chirurgia e del Benessere

Direttore responsabile

Debora Pasero

Edito da REVEE SRL

corso Quintino Sella, 131 - Torino C.F. 10818580010

Redazione c/o Scoprinetwork Srl via Palazzo di Città, 2/b - Chieri (TO) Tel: 011 6990187 e-mail: press@revee.it

Interviste a cura di Erika Zaffalon, Vittoria Savino, Patrick Fasolis, Debora Pasero Impaginazione e grafica

Simona Inglese

Supervisione scientifica:

Dr.ssa Elena Lucattelli, specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica presso U.O.C. - Ospedale A. Franchini, Santarcangelo di Romagna

Prof. Marco Gonella, psicoterapeuta

della ASL Città di Torino specialista in psicologia clinica e docente a contratto della Scuola di Psicologia Clinica dell’Università degli Studi di Torino

Dott. Paolo Zona, Amministratore

Delegato di Cluster s.r.l. e provider ECM accreditato al Ministero della Salute

Stampa

Societa’ Tipografica Ianni Srl, Via Circonvallazione, 180 - Santena (TO)

Immagini:

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Registrazione Tribunale di Torino n. 21 il 17/10/2023

Numero 3. Chiuso in redazione Lunedì 15 luglio 2024

Sfogliabile anche su

Editoriale

Riconoscersi e accettarsi

Eventi e convegni

TUMORE DELLA PELLE

Melanoma: nuovi metodi e implicazioni per la prevenzione

Tumore della pelle: parlarne è già prevenzione

Intervenire con la multidisciplinarietà sui tumori della pelle

Riconoscere i tumori della pelle: dai Basaliomi ai Melanomi

Andrea Becchi: quando il tatuaggio è rinascita

Disforia di genere: l’importanza della chirurgia

Disforia di genere: riconoscerla nei bambini

Affermazione di genere: adeguare il corpo alla mente

Chirurgia plastica pediatrica: dalla parte dei bambini

Malformazioni oltre le apparenze: la sindrome di Poland

Grasso: tutte le sue potenzialità

Risultati naturali e benessere: l’evoluzione della chirurgia estetica

Cosa vuol dire chirurgia conservativa?

AICPE ONLUS: chirurgia plastica in missione

MELANOMA:

MELANOMA: NUOVI METODI E IMPLICAZIONI PER LA PREVENZIONE

L’approccio multidisciplinare rappresenta il presupposto essenziale per mettere a disposizione del paziente la migliore strategia terapeutica

I l melanoma cutaneo rappresenta una sfida crescente per la comunità medica, con un aumento significativo dei casi negli ultimi decenni.

Recentemente, alcuni esperti del settore si sono riuniti a Torino per discutere le più recenti innovazioni nel trattamento e nella prevenzione di questa patologia.

Il Congresso dal titolo “Non solo Melanoma”, organizzato dal dottor Franco Picciotto, dirigente medico presso l’azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, in collaborazione con la Clinica Dermatologica Universitaria di Torino, ha visto la partecipazione di centinaia di professionisti provenienti da diverse discipline, riflettendo l’importanza del trattamento multidisciplinare nel contesto oncologico.

«L’approccio multidisciplinare rappresenta il presupposto essenziale per mettere a disposizione del paziente la migliore strategia terapeutica – introduce Picciotto – Il congresso ha coinvolto i migliori esperti del settore in ambito nazionale e il programma è stato incentrato non solo sul melanoma ma anche su altre neoplasie cutanee, comprese quelle rare, e mi riferisco al carcinoma a cellule di Merkel».

Vaccini e nuove tecniche terapeutiche

«Ricordo che i tumori cutanei rappresentano circa il venti per cento di tutta la patologia oncologica e sono in con-

tinua ascesa in termini di incidenza», illustra il dottor Picciotto. Gli avanzamenti nel trattamento del melanoma hanno rivoluzionato il panorama terapeutico. «Oggi i medici oncologi hanno a disposizione categorie di farmaci (immuno terapici, terapia bersaglio molecolare) che hanno completamente ribaltato lo scenario, diagnosticando frequentemente il melanoma in stadio avanzato – prosegue il medico – La novità è rappresentata dalla possibilità di impiegare, in alcuni pazienti, il vaccino mRNA - molto simile tecnicamente a quello del covid - associato a un classico trattamento adiuvante».

La prevenzione nei tumori cutanei

La prevenzione rimane fondamentale nel contra stare il melanoma. « la di prevenzione primaria quando riguarda lo stile di vita - continua Picciotto - bisogna evitare le scotta ture, i giovani e i bambini sono l’anello debole per la prevenzione primaria:

è necessaria un’esposizione solare attenta e non eccessiva. C’è però ancora molta strada da fare e manca una vera campagna educazionale a livello nazionale sul modello di quelle condotte in tempi recenti in Australia o negli Stati Uniti» .

Si tratta campagne necessarie per sensibilizzare il pubblico sull’importanza di evitare l’esposizione eccessiva ai raggi solari e promuovere la diagnosi precoce attraverso la vigilanza dei nei. «La prevenzione secondaria invece è proprio la diagnosi precoce e mi riferisco in modo particolare al monitoraggio dei nevi – distingue Picciotto – Si racco-

Dr. Franco Picciotto, dirigente medico e specialista in Dermatologia presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino

manda pertanto una visita annuale di controllo da un dermatologo, in particolare ai soggetti che hanno un numero di nevi superiore a cinquanta».

Nonostante un aumento costante dei casi, i progressi significativi nella diagnosi precoce e nelle terapie hanno contribuito a migliorare le prospettive di guarigione. Tuttavia, una maggiore educazione sanitaria è essenziale per ridurre ulteriormente l’incidenza della malattia e migliorare la salute pubblica. A livello di incidenza? « La sua incidenza è incrementata al punto che negli ultimi vent’anni il numero dei casi è addirittura raddoppiato. In Italia i nuovi casi stimati per anno sono circa quindicimila».

L’incidenza del melanoma

«I dati del 2020 riportano che nel nostro Paese circa centosettanta mila

cittadini hanno una diagnosi pregressa; nella popolazione italiana il melanoma costituisce il secondo tumore più frequente nei maschi sotto i cinquant’anni ed è il terzo più frequente nelle donne sotto i cinquant’anni. Esiste inoltre una variabilità geografica nell’incidenza del melanoma in Italia, con un evidente trend decrescente al Nord rispetto al Sud – motiva Picciotto –Al nord l’esposizione solare è intermittente al Sud è costante».

Circa il 10% dei pazienti affetti da melanoma ha una predisposizione ereditaria alla malattia, indicando la necessità di monitorare attentamente gli individui a rischio. Questi includono coloro con una storia familiare di melanoma o di scottature durante l’adolescenza, carnagione chiara e capelli biondo-rossi, efelidi, un elevato numero di nevi, modifiche nei nevi esistenti o la comparsa

di nuovi in età adulta, e la presenza di nevi congeniti di grandi dimensioni. Tuttavia, grazie ai progressi nella prevenzione e nella diagnosi precoce, il melanoma in fase iniziale può essere trattato efficacemente con interventi chirurgici, sottolineando l’importanza del ruolo del dermatologo nel riconoscere lesioni sospette o a rischio.

«La sopravvivenza a cinque anni del melanoma ha raggiunto l’87%. Per ridurre i casi è necessaria una vigorosa campagna educazionale, sostenuta ad esempio dal Ministero della Salute, in primis in collaborazione con altri ministeri quali la Pubblica Istruzione, il Ministero della Difesa rivolta a un target più esposto quali adolescenti e giovani, con l’obiettivo di migliorarne lo stile di vita e ridurre l’esposizione ai raggi ultravioletti», conclude il dottor Picciotto.

LA DERMATOCHIRURGIA E LA DERMATOLOGIA DEI TUMORI CUTANEI NON MELANOCITARI: TRADIZIONE E INNOVAZIONE programma

Introduzione e guida al Congresso – Dr. Silvio Abatangelo (Milano)

• Le corna in dermatologia – Prof. Stefano Veraldi (Milano)

• I tumori cutanei non melanocitari: dalla diagnosi alla cura per fronteggiare l’epidemia – Prof. Franco Bassetto (Padova)

1ª SESSIONE – SESSIONE CHIRURGICA

moderatori: Dr. Andrea Franzetti (Milano) – Dr. Silvio Abatangelo (Milano) – Dr. Marco Marconi (Milano)

MILANO

sabato 9 novembre 2024

Sala Convegni Enterprise Hotel

• Novità in ambito dermopatologico per lo studio e la cura del carcinoma squamocellulare – Dr. Adriano Piris (Boston, USA)

• La costruzione di un team multidisciplinare: procedure e controlli Dr. Stefano Crippa (Luton, UK)

• La Chirurgia di Mohs – Dr. Tito Luigi Cipollini (Milano)

• L’evoluzione della diagnostica intraoperatoria dei margini di resezione: dati preliminari – Dr. Tito Brambullo (Padova)

3ª SESSIONE – SESSIONE DI VULNOLOGIA

• Lesioni epiteliali del distretto temporo auricolare e trattamento delle metastasi linfonodali – Prof. Franco Parmigiani (Monza-Brianza)

• Lesioni epiteliali del distretto mediofacciale e trattamento delle metastasi linfonodali – Dr. Giampiero D’Addazio (Ancona)

• Le tecniche chirurgiche di ricostruzione del volto dopo demolizione oncologica – Prof. Francesco Klinger (Milano)

• Tecniche Ricostruttive del distretto testa collo: highlights su labbra e scalpo – Dr. Marco Pedrazzoli (Milano)

• La gestione dei tumori cutanei non melanocitari in ambulatorio e in sala operatoria – Dr. Maurizio Cavallini (Milano) - Dr. Luciano Lanfranchi* (Milano)

2ª SESSIONE – SESSIONE DI DERMATOLOGIA E ONCOLOGIA

moderatori: Dr.ssa Gabriella Valente (Monza-Brianza) –Dr. Camillo Di Bella (Monza-Brianza) – Dr. Fernando Bianchi (Milano)

• Indicazioni, vantaggi e limiti delle terapie nell’approccio alle lesioni precancerose (cheratosi attinica) e cancerose. Un focus sulla fotodinamica Dr. Giuseppe Spadola (Milano)

La gestione dermatologica dei tumori cutanei non-melanoma: protocolli e risultati – Dr. Mario Valenti (Milano)

PROVIDER ECM E SEGRETERIA ORGANIZZATIVA

Il Congresso è accreditato presso il Ministero della Salute per l’acquisizione di crediti formativi ECM in modalità RESIDENZIALE per le seguenti figure professionali: Medico (tutte le discipline), Infermiere, Farmacista, Fisioterapista.

ID ECM 2091-411407

COD OB 2 – Linee guida – protocolli – procedure Crediti formativi assegnati – n. 4,2 crediti formativi

moderatori: Prof. Franco Bassetto (Padova) – Dr. Marco Guizzardi (Milano)

• Vulnologia e tumori cutanei non melanocitari: un binomio imprescindibile Dr. Claudio Ligresti (Asti)

• L’importanza della gestione vulnologica delle complicanze in dermatochirurgia – Dr.ssa Clara Maino (Monza)

• Modulazione delle cicatrici mediante laser terapia – Dr. Matteo Tretti Clementoni (Milano)

4 ª SESSIONE – SESSIONE DI TELEDERMATOLOGIA E DERMOTECNOLOGIA

moderatori: Dr. Giuseppe Faillace (Milano) – Prof. Franco Bassetto (Padova) – Dr. Silvio Abatangelo (Milano)

• La videodermatoscopia nella diagnosi dei tumori cutanei non melanocitari – Dr. Marco Marconi (Milano)

• Dermanet: il futuro sempre più attuale per la gestione dei tumori cutanei – Dr. Francesco Brucchi (Milano)

*Relatori in attesa di conferma

MODALITÀ DI ISCRIZIONE

Il Congresso è in modalità residenziale ed è rivolto a un massimo di 180 partecipanti. La partecipazione è gratuita con iscrizione online obbligatoria. L’iscrizione è da effettuare connettendosi al sito www.expopoint.it e selezionando l’evento di riferimento. La partecipazione sarà garantita sino ad esaurimento dei posti disponibili.

segreteriacongressi@expopoint.it | www.expopoint.it

TUMORE DELLA PELLE: PARLARNE È GIÀ PREVENZIONE

L’attenzione post-operatoria è parte fondamentale del trattamento dopo un tumore della pelle

La pelle è il più grande organo del corpo umano, svolgendo un ruolo cruciale nella protezione dai danni esterni.

I melanomi, una forma di cancro della pelle, originano dalle cellule pigmentate della cute, i melanociti. La prevenzione, attraverso l’uso di protezione solare e l’autoesame regolare della pelle, è essenziale per rilevare precocemente eventuali segni sospetti e garantire un trattamento tempestivo.

Il dottor Andrea Lisa, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed este-

tica, ha condiviso la sua vasta esperienza nel campo della chirurgia oncologica cutanea. Con una formazione specializzata a Milano e diverse esperienze lavorative in rinomate strutture mediche, il dottor Lisa si è dedicato in particolare alla chirurgia oncologica mammaria e cutanea.

Tumori della pelle: melanocitari o non?

«La cute, come sappiamo, è l’organo più esteso del corpo umano e per questo anche i tumori della pelle sono i più frequenti, sia nell’uomo che nella donna», precisa il medico.

Quando si parla di tumori della pelle è bene fare delle distinzioni. Sulla diagnosi dei tumori cutanei, il dottor Lisa ha delineato le differenze tra melanocitari e non-melanocitari, sottolineando la necessità di monitorare i cambiamenti dei nei e di prestare attenzione a sintomi come la “non guarigione di ulcere cutanee”.

«Il principale fattore di rischio di questa patologia ovviamente è l’esposizione al sole precoce che può tenere conto dello sviluppo anche in soggetti molto giovani» sottolinea Lisa.

La diagnosi precoce è fondamentale, e il der-

matologo svolge un ruolo cruciale nella valutazione dermatoscopica e clinica. Nel caso di tumori cutanei, come il melanoma, il cambiamento dei nei dovrebbe suscitare preoccupazione. Il discorso sulla predisposizione genetica è importante, ma la prevenzione, soprattutto attraverso una diagnosi precoce, è fondamentale.

Il supporto degli influencer

Talvolta anche social e vip hanno un ruolo cruciale nella prevenzione. Nonostante la spettacolarizzazione delle malattie, Lisa ha evidenziato l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica.

«In un certo senso è un vantaggio che ne parlino, perchè le persone iniziano a preoccuparsene – motiva il medico – magari prima non sapevano neanche che potesse esistere un’eventualità, mentre con, ad esempio, la testimonianza di Valentina Ferragni che ha ammesso di aver avuto un’operazione per rimuovere un tumore della pelle, iniziano a controllarsi».

Dr. Andrea Lisa, specialista in Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica. Lavora presso IEO (Istituto Europeo di Oncologia) - Milano

Quindi influencer, come Valentina Ferragni, che ha condiviso la sua esperienza con un tumore cutaneo, può essere vantaggiosa. Contribuisce, infatti, a rompere il tabù e a spingere le persone a preoccuparsi della propria salute.

Il medico ha poi affrontato il tema delle cicatrici risultanti dalle procedure di asportazione dei tumori cutanei. Ha spiegato dettagliatamente le diverse tecniche di ricostruzione cutanea. Compresi i lembi e gli innesti, sottolineando l’importanza della scelta dell’approccio chirurgico in relazione alla posizione e alle dimensioni della lesione.

La normalità dopo un tumore della pelle

Il dottor Lisa ha enfatizzato: «L’attenzione post-operatoria è parte fondamentale del trattamento dopo un tumore alla pelle», sottolineando il ruolo dei massaggi nel favorire il processo di guarigione e riduzione delle cicatrici. Ha evidenziato che la gestione post-operatoria contribuisce a ottenere esiti cicatriziali migliori, riducendo la fase infiammatoria e promuovendo il rimodellamento del tessuto.

Nel corso dell’intervista, Lisa ha sottolineato che, oltre a trattare la malattia, la sua

attenzione è rivolta sempre più al benessere complessivo del paziente. Ha evidenziato l’evoluzione nel campo della chirurgia plastica ricostruttiva, passando da un approccio puramente risolutivo a un approccio più centrato sul paziente, cercando di minimizzare l’impatto psicologico attraverso una migliore gestione delle cicatrici.

«Ogni paziente è unico e richiede un approccio personalizzato», ha concluso il chirurgo mettendo in evidenza che la chirurgia plastica ricostruttiva mira non solo a rimuovere la malattia, ma anche a consentire ai pazienti di tornare alla vita quotidiana nel modo più simile possibile a prima della diagnosi.

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INTERVENIRE CON LA MULTIDISCIPLINARIETÀ SUI TUMORI

« L’85% dei casi di tumori della pelle è trattata e curabile già solo con la terapia chirurgica.

C’è però un 15% che può essere a rischio. Oggi, quindi, è importante valutare bene quello che è l’approccio per il paziente», così sottolinea la professoressa Stefania Tenna, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica presso il Campus Bio-Medico di Roma e referente per il gruppo multidisciplinare sul trattamento dei tumori cutanei.

La strategia terapeutica da usare per i tumori cutanei, i più frequenti nella popolazione, si è notevolmente modificata negli ultimi anni. La multidisciplinarietà, ossia la strategia che accorpa specialisti di diversi settori per delineare la linea terapeutica migliore, è la chiave del trattamento oncologico. «Tutti i

Prof.ssa Stefania Tenna, specialista in Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica. Lavora presso il Campus Bio-Medico di Roma ed è referente per il gruppo multidisciplinare sul trattamento dei tumori cutanei

trattamenti di patologie neoplastiche beneficiano di un approccio da parte di più specialisti – afferma Tenna -. Nel nostro

caso, quando esistono tumori che tendono a recidivare, particolarmente aggressivi, è molto utile lavorare con il genetista, l’anestesista. Ti possono, infatti, supportare sia in una scelta chirurgica sia in una scelta medica».

DELLA PELLE

Fattori di rischio e linea di trattamento dei tumori della pelle

Esistono diversi fattori di rischio associati ai tumori alla pelle. Primo fra tutti: l’esposizione ai raggi ultravioletti. Tuttavia, la predisposizione a sviluppare tumori cutanei è, inoltre, legata a una propensione genetica, a una carnagione chiara, lentigginosa, occhi chiari e chi ha molti nei. A incidere è anche l’uso di farmaci immunosoppressori assunti per altre patologie.

«I tumori non sono tutti uguali. Nel caso di quelli della pelle, esistono due principali gruppi: quelli che partono dall’epidermide, i cheratinociti, che

sono carcinomi e quelli che partono dai melanociti, ossia i melanomi – spiega la professoressa -. Questi ultimi sono più pericolosi ed è su questi che è fondamentale il controllo dei nei, della pelle, eseguito dai dermatologi».

Il trattamento è primariamente chirurgico, con una biopsia come primo step. L’anatomopatologo analizzerà la lesione rimossa mediante un’incisione per poi elencare tutte le caratteristiche del tumore. Spiegare, quindi, se è superficiale oppure se rischia di causare problemi più importanti.

Le zone più colpite sono quelle foto esposte, come il volto. Qui, la figura del chirurgo plastico rico-

struttivo è fondamentale perché, come ricorda Tenna: «In presenza di un’ampia demolizione, il chirurgo plastico ricostruttivo consente di ripristinare sia la funzione sia la forma ed estetica di quel distretto anatomico». Oltre alle ampie escissioni, ci sono poi altre terapie come la laserterapia, l’elettrochemioterapia, la radioterapia. Tutto ciò diventa poi argomento di discussione a seguito del referto istologico.

Rete di professionisti sul territorio

Quando i pazienti si rivolgono ai gruppi multidisciplinari consolidati, ai centri accreditati, l’iter

procede in modo lineare. Il problema si manifesta in termini di integrazione territoriale degli specialisti isolati sul territorio. Al Campus Bio-Medico di Roma è attivo da quasi un anno un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA), elemento fondamentale di governo delle reti oncologiche, dedicato proprio ai tumori cutanei. Nell’ambito del PDTA, il gruppo di esperti di diverse discipline attua secondo le più moderne linee guida, le buone pratiche cliniche per rispondere con efficacia ed efficienza alla richiesta di salute dei cittadini.

«Quello che noi al Campus Bio-Medico stiamo cercando di fare, come gruppo multidisciplinare, ma come stanno facendo anche altri colleghi nelle regioni d’Italia, è di collegarci in una rete e cercare di unire il territorio – continua Tenna -. In questo modo,

gli specialisti liberi professionisti possono rivolgersi nei nostri centri per cercare anche una seconda opinione o semplicemente indirizzare il paziente a un livello di trattamento successivo superiore». La multidisciplinarietà contribuisce quindi a migliorare l’efficacia ed efficienza delle cure ai pazienti. A questi ultimi viene restituita una strategia derivante dall’esperienza di più figure che, settimanalmente, si ritrovano per studiare ed elaborare il caso.

Lo scenario attuale è quello di sempre più pazienti con maggiore consapevolezza verso questo tipo di tumore, soprattutto nel caso dei melanomi. Sempre più campagne pubblicitarie insistono sulla prevenzione dell’esposizione ai raggi solari e al controllo dei nei. Tuttavia, non sembra essere così per i non melanocitari, paradossalmente la maggioranza assoluta dei tumori. «I pazienti tendono a essere sorpresi dalla necessità di aumentare l’approccio chirurgico, ingrandire la cicatrice, dover intervenire o aggiungere una terapia. Questo perché se ne parla meno e non c’è tanto la percezione che, anche un carcinoma cutaneo possa diventare aggressivo», conclude Tenna.

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CONOSCERE I TUMORI DELLA PELLE: DAI BASALIOMI AI MELANOMI

Itumori della pelle sono neoplasie che originano dalle diverse cellule costituenti la cute.

A seconda del tipo di cellula da cui si sviluppano, questi tumori possono variare significativamente in termini di aggressività. Dal carcinoma a cellule basali, ossia il basalioma, meno aggressivo, e carcinoma a cellule squamose, fino ad arrivare al melanoma e al raro carcinoma a cellule Merkel.

La predisposizione genetica influisce di parecchio sull’insorgenza di tumori della pelle con specifiche alterazioni che possono sviluppare una neoplasia cutanea. Tuttavia la ge-

netica da sola non basta. Tra i fattori predisponenti alla tumorigenesi rientra anche l’esposizione solare mal eseguita. I danni indotti dai raggi UV causano infatti mutazioni nelle cellule della pelle, favorendo la proliferazione di cloni cellulari alterati che possono evolvere in tumori maligni.

Il dottor Tiziano Pallara, chirurgo plastico che esercita a Roma, con sedi anche in Calabria, in Puglia, negli Istituti Fisioterapici Ospitalieri, in particolare all’Istituto Dermatologico San Gallicano, spiega come sia aumentata la consapevolezza nelle persone sulla tematica: «Ora i pazienti arrivano alla

visita informati di quelli che sono i danni che il sole può determinare a lungo andare sulla nostra pelle. Queste tipologie di tumori sono spesso una prerogativa delle persone anziane, di chi lavorava nei campi, sulle strade, cioè in un contesto e in un periodo in cui l’utilizzo dei filtri solari non era di prassi e quindi neanche esistevano».

Tumori dei tessuti molli e ricostruzione “like with like”

La pelle è l’organo più esteso del corpo umano e funziona da barriera protettiva contro gli agenti

esterni. È composta da diversi strati, ognuno con funzioni specifiche e caratteristiche distintive. Quello più superficiale è costituito dalla cute, a seguire l’ipoderma, il muscolo fino ad arrivare all’osso. «I tumori ai tessuti molli si originano dalle cellule che compongono i tessuti connettivali al di sotto della cute. Sono un po’ più rari rispetto a quelli cutanei e determinano l’insorgenza di altri tumori. Spesso vengono diagnosticati in una fase più avanzata, ciononostante nella maggior parte dei casi sono suscettibili di trattamento chirurgico - descrive Pallara -. Quando possibile, l’intervento chirurgico permette l’asportazione completa della lesione e una contestuale ricostruzione. Se eseguita da personale esperto, è possibile una quasi restitutio ad integrum della zona operata. Permette una ricostruzione “like with like”, cioè un tessuto simile a quello asportato».

Il dottore sottolinea la possibilità di ricorrere a terapie adiuvanti come la radioterapia o la chemioterapia. Inoltre, è altrettanto fondamentale fare un corretto follow-up post intervento perché queste tipologie di tumori tendono a recidivare.

Intervenire precocemente sui tumori della pelle

I tumori della cute, se non trattati tempestivamente, hanno la capacità di invadere i tessuti circostanti. Questo richiede un approccio chirurgico molto più invasivo che necessita di una ricostruzione non sempre fattibile. Asportare una qualsiasi lesione della cute determina un’alterazione del profilo estetico, ma anche funzionale. Basti pensare ai tumori del labbro, del naso o dell’orecchio, che possono trasformare in modo anche drammatico i connotati del volto, richiedendo interventi di ricostruzione adeguati.

Le modalità di trattamento dei tumori cutanei hanno subito notevoli passi avanti. Nel momento in cui la lesione è a uno stato

avanzato, si possono adottare cure alternative come l’immunoterapia, ossia una terapia selettiva nei confronti di cellule maligne.

«Per i tumori della cute, quasi sempre, si riesce a ottenere una risoluzione tramite un intervento chirurgico. Il segreto è procedere quando la lesione è quanto più piccola possibile. Intervenire precocemente permette di avere anche un grado di invasività chirurgica minore», conclude Pallara.

ANDREA BECCHI: QUANDO IL TATUAGGIO È RINASCITA

L’ arte del tatuaggio ha radici antiche, risalendo addirittura ancor prima dell’antico Egitto.

Nel corso della storia, varie culture hanno ideato nuovi modi per ornare il proprio corpo, attribuendo a ciascun tatuaggio un significato: di passaggio, di vittoria, di rinascita. Con Andrea Becchi, tatuatore dal 1994 e proprietario del Cluster Tattoo Studio abbiamo approfondito anche la tematica del “tatuaggio con finalità medica”. Questo tipo di modificazione corporea, approvata anche dal Piemonte e dalla Liguria nel 2022, mira a restituire serenità ed estetica a quelle persone che, a seguito di operazioni come il tumore al seno, portano cicatrici simbolo di malattie gravose e sconfitte con fatica e sudore.

Il significato del tatuaggio

Colorati, in bianco e nero, con infiniti stili. I tatuaggi sono tanti e diversi, e ognuno di essi ha un si gnificato. «I motivi che spingono le persone a farsi un tatuaggio sono molti ed estremamen te personali» commenta Andrea Becchi, tatuatore dal 1994, proprietario del “Cluster Tattoo Studio Torino. «C’è chi colleziona momenti, chi luoghi e chi ricordi o semplicemente chi ha piacere di avere un tatuaggio in un determi nato stile».

Molto spesso quando si affronta un momento difficile e delicato della propria vita si tende a voler imprimere sul proprio corpo un ta tuaggio a rappresen tare una sfida supe rata. «Una difficoltà,

una malattia o una battaglia vinta sono tra le motivazioni più forti che spingono una persona a imprimere in modo permanente un segno sulla propria pelle. Si tende a portare con sé simboli di

virtù che hanno aiutato a superare ostacoli di una certa importanza».

«In tanti anni é capitato spesso di dover coprire o mascherare cicatrici. Che siano dovute a incidenti o interventi chirurgici le cicatrici vengono a volte vissute in maniera molto negativa» spiega Becchi, che nella sua carriera ha aiutato con la sua arte molte persone in difficoltà a causa di queste cicatrici. «Coprire o mascherare con un tatuaggio questi segni è stato per loro un’autentica liberazione, una vera e propria rinascita che li ha messi nuovamente nella condizione di spogliarsi senza vergogna».

La cura del tatuaggio

Il tatuaggio medico eseguito per mascherare una cicatrice di solito ha delle tempistiche abbastanza lunghe: secondo Becchi, l’ideale sarebbe effettuarlo dopo 2 anni dalla cicatrizzazione, per avere una pelle il più stabile ed elastica possibile. «Occorre studiare una grafica che “inganni” lo sguardo per nascondere in modo intelligente la cicatrice senza dover lavorare in maniera eccessiva la pelle in una zona fragile».

Invece, per quanto riguarda la cura del tatuaggio in sé, è importante preoccuparsi soprattutto del supporto su cui esso si trova. «Far guarire un tatuaggio solitamente richiede giusto qualche attenzione e la guarigione si risolve, nella maggior parte dei casi, in una decina di giorni» afferma Becchi.

Invece, ciò su cui bisogna porre attenzione è la pelle su cui il tatuaggio si posa. «Idratare e proteggere la pelle, se risulta normalmente utile per preservarne l’invecchiamento, lo diventa ancor di più per proteggere i tatuaggi. Il sole soprattutto non è molto amico dei tatuaggi, a maggior ragione se colorati, e durante l’esposizione al sole è necessario proteggerli con creme a fattore di protezione alto affinché la definizione e brillantezza dei colori venga preservata il più a lungo possibile».

La

difficoltà del tatuaggio a finalità medica

Un tatuatore che si occupa di casi delicati non può essere solo un artista, ma un vero professionista che conosca a fondo la pelle e le diverse zone del corpo. «Creare un ta-

tuaggio permanente può significare a volte risolvere problematiche di tipo estetico o medico. Occorre avere competenza sia per quanto riguarda le geometrie del corpo sia per quanto riguarda i pigmenti e i toni più naturali» continua Becchi.

Fortunatamente, l’importanza dell’opera di questi professionisti sta ottenendo riconoscimenti concreti, anche in Piemonte. «Nel 2017 la regione Piemonte ha istituito dei corsi di abilitazione per la professione dei tatuatori con un monte ore che più recentemente é stato alzato. Questo per cercare di arrivare ad avere una figura professionale maggiormente preparata».

L’obiettivo è formare dei professionisti a tutto tondo con anche una conoscenza medica delle zone che vanno a trattare. «Nel caso specifico del tatuaggio a finalità medica mi auguro che si possa arrivare ad avere presto una figura professionale specializzata che sappia da una parte gestire una situazione per il cliente molto delicata, anche dal punto di vista emotivo, e dall’altra creare un disegno credibile e realistico» conclude Andrea Becchi.

DISFORIA DI GENERE: DISFORIA DI GENERE:

L’IMPORTANZA DELLA CHIRURGIA

Sentirsi bene con se stessi è il miglior modo di vivere bene.

L’ identità di genere è ciò che una persona sente interiormente di essere.

La disforia di genere si manifesta quando una persona sperimenta un forte disagio dovuto a un’incongruenza tra la propria identità di genere e il sesso biologico. Mauro Barone, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, e dottore di ricerca in scienze biomediche integrate e bioetica presso il Policlinico Campus BioMedico di Roma, ci offre uno sguardo approfondito sul suo lavoro e sulla delicatezza della chirurgia di transizione legata proprio alla disforia di genere.

La fragilità di non riconoscersi

«Mi occupo principalmente di chirurgia estetica e anche di ricerca – spiega Barone -. In particolare, mi dedico alla chirurgia di transizione del volto. I pazienti che soffrono di disforia di genere si rivolgono a me per completare il loro percorso e realizzare la loro visione del proprio aspetto».

La disforia di genere è una condizione complessa in cui una persona non si riconosce nel proprio sesso biologico. «È una patologia vera e propria in cui una persona vive come appartenente all’altro genere, ma ha un corpo che appartiene al genere opposto rispetto a come si sente di essere – afferma Barone -. Questa condizione porta a grandi disagi fisici, psicologici e relazionali. Possiamo definire le persone che soffrono di disforia di genere come persone fragili».

Uno dei problemi principali è la mancanza di comprensione e di educazione nella società attuale. «Le persone non sono educate a capire e ad accettare chi soffre di disforia di genere – spiega Barone -. Molte volte, queste persone vengono sminuite o addirittura messe da parte. È una condizione anche culturale e bisognerebbe parlarne sempre di più».

Dr. Mauro Barone, medico-chirurgo, specialista in Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica, e dottore di ricerca in scienze biomediche integrate e bioetica presso il Policlinico Campus BioMedico di Roma

Disforia di genere: il percorso alla transizione

Il percorso di transizione richiede vari passi, a partire dall’approccio psicoLa prima cosa da fare è rivolgersi a centri specializzati di disforia di genere. Una volta ottenuto il benestare psicologico, si può iniziare il percorso ormonale o chirurgico», prosegue il medico. L’aspetto legale è altrettanto importante: «Una persona che decide di fare una transizione deve essere riconosciuta legalmente nel genere con cui si identifi-

Nonostante le difficoltà burocratiche in Italia, esistono percorsi multidisciplinari che coinvolgono diverse figure professionali. L’approccio deve essere multidisciplina– sottolinea Barone -. Oltre al chirurgo plastico, coinvolge psicologi, endocrinologi, psichiatri, medici estetici, urologi e ginecologi».

La chirurgia plastica gioca un ruolo cruciale nella transizione. « Il chirurgo plastico è l’unico che può applicare una vera e propria trasformazione. Quando si parla di transizione, si può adottare il termine ‘trasformazione’ perché effettivamente si transita da un genere all’altro », afferma Barone.

È fondamentale non creare aspettative irrealistiche nei pazienti. « Le persone devono avere consapevolezza del proprio corpo e delle possibilità della chirurgia. Questo è particolarmente importante per chi fa la transizione, perché spesso arrivano già con una grande consapevolezza del loro corpo ».

Riconoscersi allo specchio

La soddisfazione maggiore arriva quando il percorso di transizione si completa con il volto. «Quando i pazienti raggiungono il comfort con il proprio corpo, raggiungono un equilibrio psicofisico che dovremmo vivere tutti – marca il chirurgo -. Sentirsi bene con se stessi è il miglior modo di vivere bene».

Barone enfatizza l’importanza di non giudicare il corpo degli altri lasciando la libertà di essere se stessi e conclude:

«Ogni corpo è unico e valido. La scelta di sottoporsi a interventi di chirurgia estetica è strettamente personale e da non giudicare.
La

cosa più importante è educare la società a non essere severi con il proprio corpo e a non giudicare il corpo degli altri, soprattutto quando si parla di disforia di genere».

DISFORIA DI GENERE: RICONOSCERLA NEI BAMBINI

Come si determina l’identità di genere?

La disforia di genere è una dimensione molto precisa: «Parliamo di un disagio profondo rispetto alla propria appartenenza al genere assegnato alla nascita».

Così, la dottoressa Damiana Massara, psicologa e psicoterapeuta presso l’ASL To5, ha condiviso la sua vasta esperienza e le sue profonde conoscenze riguardo alla disforia di genere nei bambini. Massara, che ha iniziato il suo percorso professionale negli

anni ’80 presso il Consultorio di Sessuologia del Mauriziano di Torino, ha fondato insieme ad altri colleghi l’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere, un’associazione che raccoglie professionisti e persone coinvolte nell’ambito dell’identità di genere.

Nei bambini, questo disagio si manifesta con comportamenti e richieste specifiche, come desiderare di indossare indumenti tipicamente usati dal genere opposto o affermazioni chiare come la convinzione di cambiare fisicamente crescendo. La Dottores-

sa sottolinea che non si tratta di semplici variazioni di comportamento, ma di una dimensione permanente e centrale all’identità del bambino.

Secondo Massara, «sono affermazioni molto precise e chiare, quando parliamo di disforia di genere nei bambini». È importante non confondere queste manifestazioni con variazioni temporanee o stereotipi di genere. La disforia di genere è una questione identitaria profonda e non una semplice preferenza per attività o abbigliamento tipicamente associati all’altro genere.

Dott.ssa Damiana Massara, psicologa e psicoterapeuta presso l’ASL TO5 - Lavora nell’ambito della presa in carico della Disforia di genere

Il ruolo cruciale dei genitori

La sofferenza dei bambini con disforia di genere, infatti, deriva spesso dalle reazioni negative dell’ambiente circostante, più che dalla disforia stessa. La reazione dei genitori, degli insegnanti e della società in generale può influenzare significativamente il benessere del bambino. «Il problema dei bambini con disforia di genere è come vengono trattati». Massara ha enfatizzato l’importanza del supporto familiare: «I genitori hanno una importanza fondamentale nel comunicare ai bambini che sono accettati come sono».

La psicoterapeuta sottolinea che l’identità di genere è una costruzione sociale, che dipende da fattori psicosociali e biologici, e non può essere influenzata dall’educazione o dalle aspettative dei genitori. «I genitori non c’entrano niente perché l’identità, la percezione e la costruzione della nostra identità ha una caratteristica molto complessa.»

Impatto sociale e supporto

La dottoressa Massara ha anche discusso l’importanza di un ambiente sociale positivo per prevenire il disagio psicologico nei bambini con disforia di genere. «Il potersi esprimere senza stigmatizzazione, senza giudizio, in un ambiente sicuro rende questi bambini più forti».

La dottoressa ha sottolineato come la resistenza, da parte di certi nella società, nell’accettare persone con disforia di genere può avere conseguenze pericolose, risultando spesso in tentativi di suicidio o altri comportamenti auto lesivi.

Non sempre è necessario rivolgersi ad uno specialista, se si riesce ad integrare l’esperienza di questi bambini all’interno della

famiglia. Nei casi in cui questo non è possibile o ci sono difficoltà si può rivolgere ad uno specialista: «Gli specialisti hanno un senso quando c’è della sofferenza, possono aiutare con la transizione dal punto di vista sociale poi, con l’approssimarsi della pubertà, si può cominciare a valutare se è necessario utilizzare una terapia bloccante o affermativa».

Evoluzione del concetto di genere

Secondo la dottoressa Massara, il concetto di genere sta cambiando nella società attuale. «Se un ragazzo attualmente mette l’orecchino, nessuno reagisce, diverso sarebbe accaduto all’epoca di mio padre». Tuttavia, c’è ancora molto da fare, specialmente per quanto riguarda l’accettazione degli adulti. La dottoressa ha espresso ammirazione per le nuove generazioni che stanno portando avanti una rivoluzione nella percezione dell’identità di genere: «Io sono convinta che l’identità di genere fluida, non binaria, individualizzata, è la rivoluzione che i ragazzi di questa generazione stanno portando nel mondo».

AFFERMAZIONE DI GENERE: AFFERMAZIONE DI GENERE:

ADEGUARE IL CORPO ALLA MENTE

L’affermazione di genere è un vero e proprio atto di riconoscimento della propria identità. Per le persone transgender, questa è una strada di rinascita. Un modo per vivere autenticamente e senza il peso di un’identità forzata.

Giulia Lo Russo, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica presso il Day Surgery Center Maurizio Bufalini di Firenze, ricorda come, attraverso la chirurgia, si possa «Rafforzare un’identità a una persona nata in un corpo sbagliato e che ha capito di dover adeguare il corpo alla mente. Non più come prima cercando di adeguare la mente al corpo. Far capire a tutti, persone comprese, che potevano liberarsi e andare incontro a questa strada».

Approccio multidisciplinare per le persone transgender

Alla base di questa disciplina, c’è un ap proccio multidiscipli nare. Di fronte a qual siasi realtà, attività, i chirurghi plastici sono abituati a collaborare. Questo vale anche per quanto riguarda le persone trans. Nonostante non rientrino nella patolo gia, hanno bisogno di una medicina e di una chirurgia in stretta collaborazione.

«Le persone trans iniziano il prima possibile ad avere un ascolto, a essere riconosciute. Vanno da uno psicologo esperto nel riconoscere questa realtà, che è essenzialmente identitaria – spiega Lo Russo -. Dopodiché se lo ritiene necessario, si passa all’endocrinologo per un’eventuale terapia bloccante oppure, se l’età è più avanzata, si può procedere con ormoni analoghi al genere desiderato. Infine, per accedere alla chirurgia, in Italia, è necessario che la persona trans ottenga una sentenza del tribunale. Tutto questo viene portato da un giudice che decide se permettere o meno il percorso chirurgico, ovviamente pressoché irreversibile».

Sensibilizzare sull’affermazione di genere

Educare e sensibilizzare il pubblico sulle questioni transgender è di primaria importanza. Abbattere quindi pregiudizi e promuovere una cultura di tolleranza e supporto sono passi fondamentali. Si persegue così questo tipo di percorso in modo sicuro e con dignità. In termini comunicativi, le università sono più indietro rispetto agli studenti di medicina e alla popolazione, nonostante l’alto riscontro nei giovani medici.

sentazione e di comprensione adeguata. I medici e la società in generale devono essere formati anche sulla sensibilità culturale e sull’uso appropriato del linguaggio. «La comunicazione, come ci si deve esprimere, deve diventare una pratica comune soprattutto dei medici, ma anche di chiunque, come qualcosa di molto ben conosciuto. Tuttavia, c’è ancora molto lavoro da fare», afferma Lo Russo.

Intervenire, ad esempio, su donne trans, significa effettuare una serie di interventi che necessitano di uno staff multidisciplinare. Dal chirurgo plastico per la mastoplastica additiva e femminilizzazione del volto al chirurgo maxillo-facciale, otorinolaringoiatra, foniatra, logopedista e urologo. Sono tante le persone che devono collaborare. In Italia, da qualche anno esiste il SIGIS. Una società che si occupa di unire tutte queste figure», dichiara la dottoressa.

«Personalmente, penso di aver fatto tanta comunicazione su questo argomento. Nella mia pratica clinica, mi capita di aver desiderio di raccontare certe storie – continua la dottoressa -. Non sono un’influencer, ma ho visto che, negli ultimi anni, questo ha aiutato tante persone a livello di famiglia nel riconoscere questa dimensione».

La riconoscibilità, soprattutto degli uomini e ragazzi trans, ha subito un ritardo significativo, riflettendo una mancanza di rappre-

Questo campo della chirurgia è in continua evoluzione. Rispetto a soli dieci anni fa, le differenze sono ampiamente osservabili. Si è abbassata, infatti, l’età di chi decide di intraprendere un tipo di percorso come questo. Sono, inoltre, sempre meno le persone che non vengono comprese e lasciate sole. L’intervento di creazione del torace maschile, che consiste nella rimozione della ghiandola mammaria risparmiando e rimodellando i tessuti cutanei sovrastanti è un intervento rapido, di superficie e non troppo doloroso. «Per me è un onore. Dopo una settimana, quando tolgono le fasce, i pazienti si guardano e, oltre a essere molto felici, sono guariti e stanno bene», conclude Lo Russo.

Dr.ssa Giulia Lo Russo, specialista in Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica. Lavora presso il Day Surgery Center Maurizio Bufalini di Firenze

CHIRURGIA PLASTICA PEDIATRICA: DALLA PARTE DEI BAMBINI

Un bambino che ha vissuto bene l’esperienza dell’intervento di chirurgia plastica pediatrica guarisce meglio

Ezio Gangemi, medico specialista in chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva, lavora presso l’Ospedale Maria Vittoria dell’ASL Città di Torino della Struttura Complessa di chirurgia plastica, chirurgia della mano e microchirurgia.

Dr. Ezio Gangemi, specialista in Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica. Dirigente medico presso l’Ospedale Maria Vittoria dell’ASL Città di Torino della Struttura Complessa di Chirurgia Plastica, chirurgia della mano e microchirurgia

Nell’intervista illustra come instaurare un rapporto di fiducia con bambini e genitori possa aiutare a ottenere un buon risultato negli interventi di chirurgia plastica pediatrica.

Gli interventi di chirurgia plastica pediatrica

La chirurgia plastica pediatrica si occupa delle patologie cutanee e dei tessuti molli nella fascia di età che va dagli 0 ai 16 ». Spiega Gangemi.

Come primo obiettivo di questa chirurgia, oltre all’aspetto curativo, c’è una particolare attenzione al ripristino della funzione e della normale autonomia del distretto corporeo operato. «È molto importante, in questo ambito, sia l’aspetto funzionale che quello estetico» precisa il chirurgo.

Per questo motivo, la chirurgia plastica pediatrica, è una branca che può cambiare il decorso della vita di un neonato o di un adolescente» continua Gangemi. Essa agisce sia dal punto di vista della crescita del paziente, agendo su un difetto o una malformazione, che dal

punto di vista psicologico. «Ripristinando le normali condizioni – spiega il chirurgo – un ragazzo riesce a migliorare il suo inserimento sociale».

Questo tipo di chirurgia può operare su patologie malformative, traumi o su superfici estese. Tra le malformazioni sulle quali è possibile intervenire ci sono quelle cranio-facciali come la labiopalatoschisi. «Questo ambito però può interessare anche le malformazioni della mano come la polidattilia, la mano palmata o l’assenza del pollice». Si può intervenire anche nel caso delle orecchie a sventola o della ginemacostia, che producono un riscontro psicologico elevato. «Nell’ambito traumatologico si può intervenire su ustioni, morsi di animali, fratture e distorsioni» precisa il chirurgo. Infine, si possono effettuare interventi di chirurgia di superficie per le cisti dermoidi, l’unghia incarnita e le malformazioni dell’orecchio nell’area preauricolare.

Il post-operatorio nella chirurgia plastica pediatrica

«Occorre fare una premessa: anche se si interviene su una patologia minore, essendo il bam-

bino molto piccolo o addirittura neonato, deve essere sempre addormentato».

È, quindi, necessario avere una struttura con persone dedicate, perché dopo l’intervento il paziente deve essere tenuto in osservazione e ha bisogno di circa 2 o 3 ore per smaltire il farmaco utilizzato per l’anestesia.

«È importante avere un anestesista di tipo pediatrico – precisa Gangemi – perché il bambino deve vivere l’esperienza dell’intervento chirurgico in maniera consona e non deve essere spaventato da ciò che ha vissuto».

In base alla patologia da trattare il percorso del post-operatorio varia; nel caso di malformazioni si prevede un percorso riabilitativo. Nel caso in cui le malformazioni fossero più complesse sono necessari più interventi.

«Ciò significa instaurare con i genitori un legame in modo da ottenere un buon risultato» continua il chirurgo.

«In questo modo sia il piccolo paziente che i genitori svolgono un ruolo attivo di mediazione, che produce un risultato anche sull’intervento» conclude il chirurgo.

MALFORMAZIONI OLTRE LE APPARENZE: MALFORMAZIONI OLTRE LE APPARENZE: LA SINDROME DI POLAND

Si tratta di una specie di missione per la loro felicità, che spero vivamente possano risolvere per dedicarsi a quello che è importante per loro

In un mondo in cui l’immagine corporea ha sempre più importanza, tutto ciò che comporta malformazioni o anomalie fisiche, come la Sindrome di Poland, provoca un’alterazione anche psicologica nei pazienti.

«La Sindrome di Poland è un’aplasia del muscolo grande pettorale associabile anche ad altri muscoli. Dal piccolo pettorale e aplasie costali ad asimmetrie della gabbia toracica, ipoplasie mammarie, ma anche alterazioni dell’arto ipsilaterale. Di solito è unilaterale, ma può anche essere bilaterale», afferma la dottoressa Maria Victoria Romanini, pediatra e chirurgo plastico, ricostruttivo ed estetico presso l’Istituto Giannina Gaslini di Genova.

È una patologia riscontrabile già dalla nascita, anche se diventa palese durante lo sviluppo. Il target di riferimento è, infatti, costituito perlopiù da adolescenti. «Contraendo i muscoli pettorali, si può osservare da subito un’asimmetria dei due lati – spiega Romanini -. Nei piccoli lattanti si vede meno, ma durante la crescita è più evidente vista l’assenza o la dimensione

ridotta di una mammella rispetto all’altra che invece comincia a crescere».

Intervenire prima dei diciott’anni, quando tendenzialmente si stabilizza l’immagine corporea, e quindi cominciare un percorso ricostruttivo entro quell’età, significa risolvere parte del problema permettendo ai pazienti di continuare la loro vita normalmente.

Per ogni alterazione, un programma personalizzato

Non tutti i casi sono uguali, serve un programma personalizzato in base alle alterazioni che il paziente presenta. «Innanzitutto si richiede un’ecografia renale, addominale, una ecocardiografia ed un elettrocardiogramma per escludere altre anomalie – continua la dottoressa -. Le patologie associabili sono molteplici tra cui Pectus Excavatum quando il petto va molto in dentro, Pectus Carinatum quando invece va molto in fuori. Rientrano qui anche aplasie della mammella, del capezzolo, ipoplasia della mammella e aplasia di altri muscoli della parte toracica, addominale o della

parete posteriore oltre che alterazioni dell’arto ipsilaterale come la sindattilia».

Si può agire chirurgicamente attraverso diverse tipologie di intervento, anche mediante il lipofilling dal forte potere rigenerativo, grazie al quale può non essere necessario l’utilizzo di una protesi. «È possibile optare per ricostruzioni con il lipofilling utilizzando il proprio grasso, aiutando anche i tessuti molli. Si può utiliz-

zare un espansore in caso di eccessiva asimmetria del capezzolo rispetto all’altra parte del torace», dichiara Romanini.

In questo campo, la chirurgia si è evoluta verso procedure meno invasive, cercando di fare il più possibile in un unico intervento. «Adesso, nell’età pediatrica e a seconda dell’elasticità della gabbia toracica – racconta la dottoressa – si possono fare anche terapie mediche che prima non esiste-

vano. È possibile intervenire con un Vacuum Bell, ossia un apparecchio che i pazienti mettono a casa, migliorando un po’ la parete toracica oppure con un bustino nel caso di sterno in fuori».

Convivere con la Sindrome di Poland

La dottoressa ricorda, inoltre, la non obbligatorietà dell’intervento. È infatti possibile convivere con questa malformazione senza necessariamente ripararla o correggerla. Sono i pazienti che devono decidere di intervenire. Ecco perché la componente psicologica è molto rilevante. Occupandosi principalmente di malformazioni toraciche, anomalie mammarie e asimmetrie mammarie e toraciche, l’obiettivo che Romanini si pone è quello di fare una ricostruzione il più simmetrica possibile.

«È un lavoro molto soddisfacente e io ci tengo particolarmente. Si tratta di una specie di missione per la loro felicità, che spero vivamente possano risolvere per dedicarsi a quello che è importante per loro, senza più pensare al fatto che abbiano avuto una malformazione», conclude la dottoressa.

Dr.ssa Maria Victoria Romanini, pediatra e Chirurgo Plastico, ricostruttivo ed estetico. Lavora presso l’istituto Giannina Gaslini di Genova

GRASSO: TUTTE LE SUE POTENZIALITÀ

Man mano che impariamo a conoscere le potenzialità e le possibilità di utilizzo notiamo aspetti sempre più incoraggianti e differenziati

«L e possibilità di utilizzo del grasso sono sempre più incoraggianti». Il professor Alessandro Innocenti dell’Università di Firenze e medico specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica sottolinea le numerose capacità rigenerative del grasso a partire dal lipofilling.

Per

ricostruire si

inizia dal grasso

«Il lipofilling mammario è un intervento per rimuovere le adiposità localizzate – spiega il professore – e permette di riutilizzare il grasso prelevato». È possibile quindi trasferirlo da un’area donatrice a

una ricevente effettuando un intervento con uno scopo volumizzante. Una volta prelevato il tessuto adiposo viene centrifugato per separare la fase ematica da quella oleosa che non può essere re-iniettata, perché potrebbe causare reazioni flogistiche molto intense all’interno del tessuto.

«Gli accumuli vengono distribuiti in linee multistrato in modo da circondare l’area da un tessuto vitale a 360° – continua Innocenti – perché il lipofilling è un innesto a tutti gli effetti».

Infatti, il grasso è un’unità vivente e necessita di innescare delle connessioni vascolari con l’area ricevente.

«Il processo di vascolarizzazione dura circa 15 giorni – spiega Innocenti – ed è importante evitare grossi movimenti». In questo caso le trazioni potrebbero rompere i vasi sanguigni, compromettendo il risultato dell’intervento.

«Come tutti gli interventi c’è un rovescio della me-

daglia» precisa Innocenti, perché si possono formare cisti oleose che danno vita a un granuloma. Si è anche ipotizzato che l’utilizzo del grasso possa interferire con la biologia di un tumore, di natura aggressivo e attivo. «I dati scientifici scoraggiano questo timore – spiega il professore – perché non

sembra ci siano motivazioni per cui questa tecnica debba essere esclusa».

Grasso: una seconda pelle

Il grasso ha anche una proprietà rigenerante. «Aiuta le persone ustionate a rigenerare la cute

lesionata che è diventata sclerotica e secca ». Nelle regioni dotate di grande mimica la lesione può interferire, in maniera sensibile, con le funzionalità delle parti colpite. Per risolvere questo problema si utilizza il grasso che ammorbidisce sorprendentemente la pelle.

« Il grasso ha una grande potenzialità antige -

nica – continua Innocenti – quindi non può essere donato ». Solo in casi di emergenza può essere donato: ad esempio nei grandi ustionati che hanno un sistema immunitario gravemente compromesso.

« È possibile, tuttavia, conservare il grasso per l’autotrapianto presso le apposite banche » precisa Innocenti.

Le proprietà del grasso sono oggetto di studio da oltre trent’anni anche se, ad oggi, si utilizza solo una piccola parte delle sue capacità. « Man mano che impariamo a conoscere le potenzialità e le possibilità di utilizzo – conclude Innocenti – notiamo aspetti sempre più incoraggianti e differenziati ».

Prof. Alessandro Innocenti, dell’Università di Firenze, medico specialista in Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica

RISULTATI NATURALI E BENESSERE: L’EVOLUZIONE DELLA CHIRURGIA ESTETICA

La naturalezza dei risultati è ciò che la maggior parte delle donne si aspetta a seguito di un intervento di chirurgia estetica.

Questo contribuisce ad aumentare la loro autostima, sentendosi più sicure e attraenti.

«Nelle mie pazienti, vedo trasformazioni letteralmente come quelle dal bruco alla farfalla. Molte volte, però, questa farfalla non riesce a volare. Questo perché la trasformazione è avvenuta solo nel corpo», afferma Fulvio Palmieri, chirurgo plastico, estetico a Zurigo.

La chirurgia estetica è un campo in continua evoluzione e vanta strumenti e tecniche sempre più sicuri e sofisticati. I progressi in quest’ambito hanno permesso di sviluppare procedure meno invasive e più efficaci, riducendo i rischi e migliorando i tempi di recupero. Non solo, oltre ad au-

Dr. Fulvio Palmieri, M.D

specialista in Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica. Opera presso Zurigo

mentare la soddisfazione dei pazienti, le procedure all’avanguardia contribuiscono anche a generare una maggiore fiducia nel sottoporsi a interventi estetici.

Spesso le aspettative circa un intervento generano diversi problemi nella comunicazione tra medico e paziente. Si rischia così di sfociare in veri e propri contenziosi medico-legali.

«È capitato che una ragazza di 19 anni, con seno tuberoso, si sottoponesse a un intervento di ricostruzione con protesi bilaterale. L’intervento non ha avuto nessuna complicanza e il risultato naturale era stupendo. Tuttavia, al controllo, la paziente era insoddisfatta perché le insicurezze che prima aveva per la malformazione sono aumentate – spiega Palmieri -. Ora non riesce a gestire le nuove attenzioni che gli uomini nutrono nei suoi confronti. Paradossalmente si sente ancora più insicura».

Per accettare trasformazioni come questa e quindi riuscire ad affrontare situazioni di disagio, possono essere necessarie sedute di psicoterapia. Affidarsi a esperti che intervengono sul piano psicologico aiuta i pazienti a elaborare il cambiamento, migliorando il loro benessere emotivo.

Nuove tecnologie per orientare i pazienti

Nel variegato mondo della medicina e della chirurgia estetica servono nuove tecnologie per orientare i pazienti. Grazie alla sua esperienza circa le tecniche da impiegare, acquisita in Argentina, Brasile e Svizzera, il dottor Palmieri sottolinea come il chirurgo estetico debba essere un coach della bellezza.

«Credo che il medico che si occupa di estetica indirizzi i pazienti sui risultati che prevedono l’armonia, l’eleganza e la sensualità invece di inseguire le mode del momento. Spiego ai miei pazienti che si può giocare molto sull’abbigliamento, sul trucco o l’acconciatura. Tuttavia, per il proprio corpo bisogna sempre puntare alla naturalezza del risultato, che non passerà mai di moda».

cambiamento, incidono sull’aumento di autostima, sicurezza e sensualità.

L’aumento di valore che ne deriva ha dimostrato anche la possibilità di abbattere il contenzioso medico-legale, ma non solo. Aumenta la fidelizzazione dei pazienti incentivando un processo di passaparola.

Questi temi sono stati discussi dal dottor Palmieri durante “Make aesthetic surgery great again!”, il workshop tenutosi il 1° luglio 2024 in diretta streaming su Instagram alla pagina @zurich_plastic_surgery.

Tecnologie all’avanguardia e strumenti innovativi, tra cui l’intelligenza artificiale e tecniche recentemente sviluppate nella psicologia del

«Strumenti come l’Intelligenza artificiale portano a correggere. Vanno, però, sempre orientati dal chirurgo estetico che, nel ruolo di coach, realizza un obiettivo naturale e armonico», conclude Palmieri.

COSA VUOL DIRE CHIRURGIA CONSERVATIVA?

La chirurgia conservativa rappresenta un’evoluzione nella cura del tumore della mammella.

Questo approccio si collega al concetto di de-escalation therapy: sempre meno interventi demolitivi sull’ascella e sulla mammella, per un minor impatto psicologico, fisico e quindi un miglior outcome da un punto di vista funzionale ed estetico. Secondo il Professor Alessandro De Luca, specialista in Chirurgia Generale, docente universitario dell’Università Sapienza di Roma, Ricercatore presso il Dipartimento di Chirurgia e responsabile scientifico dell’Associazione di Promozione Sociale “I Girasoli”, i due capisaldi della chirurgia conservativa per trattare il tumore sarebbero: la multidisciplinarietà e la medicina di precisione.

«Il chirurgo non è più al centro del percorso di cura del tumore della mammella. Esistono, infatti, diversi protagonisti con le diverse specialità che ruotano attorno al paziente che rappresenta il vero centro del percorso multidisciplinare – spiega De Luca –. Inoltre, si parla sempre più di una medicina tailored, di un approccio su misura e personalizzato. Tra le novità terapeutiche c’è la chemioterapia neoadiuvante, ossia l’esecuzione di una terapia medica prima dell’approccio chirurgico che permette di raggiungere migliori risultati oncologici e rende le pazienti eleggibili a trattamenti chirurgici meno aggressivi».

La prevenzione e le campagne di sensibilizzazione: come combattere il tumore della mammella

La prevenzione è un argomento sempre più comune, le attività di divulgazione e sensibilizzazione anche sui social sono in continua crescita. Tuttavia, sembrerebbe che le nuove generazioni siano incapaci di acquisire le informazioni necessarie.

«Ad oggi, su scala nazionale, l’aderenza delle donne ai programmi di screening regionali, ai percorsi dia-

gnostici, raggiunge circa il 60-65%. È presente una notevole eterogeneità su scala nazionale se prendiamo in considerazione le diverse regioni. Questo perché l’attività divulgativa e informativa non è presente allo stesso modo sul territorio», afferma De Luca.

Parlare di prevenzione significa anche fare una distinzione tra prevenzione primaria e quella secondaria. Nel primo caso, si fa riferimento a una serie di interventi legati all’igiene comportamentale, a uno stile di vita corretto e sano per non incorrere in fattori di rischio legati all’insorgenza del cancro e delle patologie cardio-metaboliche.

«Quando le donne accedono ai nostri ambulatori, siamo sempre pronti a indagare le attività quotidiane e lavorative. Al di là della diagnosi e delle terapie del caso, vengono forniti consigli comportamentali: una dieta povera di grassi saturi di origine animale, l’abolizione dell’attività tabagica e l’eliminazione della sedentarietà, fattori che hanno un’incidenza rilevante anche per la cancerogenesi», ricorda De Luca.

Alla prevenzione primaria si associa quella secondaria. «Noi oggi non abbiamo la possibilità di evitare che l’evento cancro si manifesti, ma possiamo detectarlo nella sua fase

Alessandro De Luca, specialista in Chirurgia Generale, docente universitario dell’Università Sapienza di Roma, Ricercatore presso il Dipartimento di Chirurgia e responsabile scientifico dell’Associazione di Promozione Sociale “I Girasoli”

precoce, quando è ancora curabile con un approccio conservativo – spiega il Professore -. La chirurgia conservativa offre un approccio meno invasivo ed impatta il meno possibile sulla psiche e sul fisico delle pazienti favorendo una rapida ripresa delle attività quotidiane e lavorative».

Iniziative e progetti de “I Girasoli”

“I Girasoli” è l’Associazione di Promozione Sociale presieduta dalla dottoressa Benedetta Cerasani e di cui il professor De Luca è responsabile scientifico. L’associazione svolge attività divulgative formative e di sportello oncologico in Abruzzo e nella regione Lazio. Focus delle attività sono la prevenzione secondaria, la diagnosi precoce, le campagne vaccinali ed il trattamento delle patologie epidemiologicamente più

frequenti come il tumore della mammella, l’HPV, e tanto altro. «Le tematiche sanitarie emergenti come i disturbi del comportamento, saranno il focus principale del congresso che si terrà il 24 maggio, durante il quale si parlerà anche del costo della bellezza. Attraverso l’uso dei social media, infatti, il perseguimento dell’estetica della bellezza sta alterando i comportamenti soprattutto delle nuove generazioni, interferendo anche nella loro crescita» afferma De Luca.

Tra le altre attività di cui si occupano “I Girasoli”, ci sono anche quelle di carattere assistenziale. Si interviene in quelle cosiddette “aree grigie”; ossia, zone in cui la popolazione ha difficoltà ad accedere ad attività di screening e dove l’informazione “sanitaria” non è così diffusa. «Tra le attività di peer counseling e di assistenza, penso a progetti

Prof.

come la “Banca del Capello” che offre ai pazienti oncologici la possibilità di avere una parrucca durante il percorso chemioterapico – continua il Professore-. Inoltre, le girasoline e la stessa Presidentessa si trasformano in driver per accompagnare i pazienti nei percorsi diagnostici ed in quelli terapeutici, donando loro sostegno durante le sedute di chemioterapia. Oppure ancora, il semplice sostegno telefonico, il “telefono senza fili” utilizzato dalle operatrici sanitarie e dalla stessa dottoressa Cerasani che, permette alle pazienti di trovare ristoro, conforto e soluzioni».

L’importanza dello sport per la riabilitazione postintervento

Uno dei progetti dell’ associazione “I Girasoli” è di carattere rieducativo-riabilitativo per le donne operate di tumore della mammella attraverso l’attività ludico-sportiva del fioretto. Grazie a questo sport, è possibile migliorare la funzionalità dell’articolazione scapolo omerale, omo laterale al sito dell’intervento chirurgico.

«Lo sport è fondamentale a tutti i livelli e a tutte le età. Ci aiuta ad affrontare gli impegni più duri nella quotidianità e ci permette di relazionarci e di connetterci con altre persone. È importante quindi da un punto di vista educazionale per le pazienti, per noi operatori sanitari, per chi non ha malattie e per chi sostiene le persone malate. È un elemento educativo fondamentale che permette di raggiungere obiettivi spesso inaspettati, evidenziando i benefici della chirurgia conservativa nel percorso di guarigione. Lo sport unisce tutti e ci permette di raggiungere obiettivi che probabilmente non sapevamo neanche di poter raggiungere», conclude De Luca.

ASSOCIAZIONE

AICPE ONLUS: CHIRURGIA PLASTICA IN MISSIONE

Paraguay, Togo, Beirut, Ucraina. Nei dieci anni dalla sua costituzione AICPE Onlus, l’associazione no profit costola dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica, ha organizzato insieme ai propri chirurghi volontari, missioni umanitarie nel mondo.

A raccontarne gli esordi è il dottor Marco Stabile, presidente di AICPE Onlus, chirurgo specialista in chirurgia plastica, attualmente direttore dell’Unità Operativa di chirurgia dell’Azienda Ospedaliera di Piacenza presso l’Ospedale San Giovanni.

Passione e determinazione: come nasce AICPE Onlus

«Già da tempo avevo iniziato ad andare in missione in Africa per interventi di chirurgia plastica – ripercorre Sta-

bile – L’idea di creare l’associazione è nata così». Un caffè, due chiacchiere tra colleghi e pronti ad aiutare: «Io e il dottor Bernardi (ndr. Claudio Bernardi attuale presidente AICPE) ci siamo domandati come ampliare il nostro staff e organizzare una raccolta fondi – continua il presidente – Così seduti a un tavolo, all’hotel Baglioni di Firenze, abbiamo fondato l’AICPE Onlus».

Le prime missioni umanitarie sono state in Togo, presso l’ospedale Afgnan, a circa due ore di auto dalla capitale. «Nel frattempo, però – continua Stabile -, In Africa è scoppiata l’ebola e ci siamo dovuti fermare».

Al ritorno in Italia, Stabile incontra a Pisa il dottor Bruno Balmelli, specializzando paraguaiano, che ogni anno effettuava 5 missioni nel suo Paese. «Gli abbiamo chiesto se potessimo aiutarlo – ripercorre Stabile – così la seconda missione è stata in Paraguay». In seguito, il Presidente insieme al collega dottor Bernardi, hanno aperto una nuova missione in Benin che purtroppo è stata arrestata a causa della pandemia.

«A breve andremo in Zambia, in appoggio a una missione umanitaria organizzata da medici americani» anticipa il Presidente dell’associazione. «Hanno chiesto un supporto perché durante la Pandemia si sono accumulati molti pazienti» spiega Stabile.

Oltre le missioni umanitarie

«AICPE Onlus ha anche aiutato, nel corso della sua storia, le popolazioni che hanno subito delle tragedie» riporta Stabile. Nel 2020 dopo l’esplosione nel porto di Beirut: «Abbiamo raccolto 10.000 dollari». Gli aiuti dell’associazione non sono destinati solo all’estero, ma anche all’Italia. «Durante il Covid, l’Ospedale San

Giovanni di Piacenza, a 20 km da Codogno, è stato il primo Covid Hospital e in quel periodo non si trovavano respiratori» ricorda Stabile. In quell’ occasione, il Consiglio dell’associazione, ha deciso di stanziare 25.000 euro per acquistare gli ultimi respiratori disponibili.

«Sempre durante la Pandemia abbiamo inviato in Paraguay 100 caschi per la respirazione dei pazienti ricoverati».

Le missioni di AICPE Onlus seguono le emergenze sanitarie: a marzo 2022 il dottore è stato in Ucraina per portare aiuti umanitari nell’ospedale di Sumy al confine con la Russia. «Con un po’ di commozione ho chiamato il Consiglio direttivo e abbiamo stanziato 20.000 euro e noleggiato un pulmino con cui trasportare tutto il materiale».

Gli obiettivi per il futuro di AICPE Onlus

«Formare i medici in loco è importantissimo» precisa Stabile. Bisogna creare una cultura della formazione, in modo da preparare il personale e renderlo in grado di proseguire l’operato dei nostri chirurghi.

«Per il futuro abbiamo l’obiettivo di mantenere le missioni in essere – precisa Stabile – e creare una “scuola” per formare i chirurghi in loco dedicati alle patologie di chirurgia plastica».

Dr. Marco Stabile, Past President di AICPE Onlus, specialista in Chirurgia Plastica, ricostruttiva ed estetica, ex direttore dell’Unità Operativa di chirurgia dell’Azienda Ospedaliera di Piacenza presso l’Ospedale San Giovanni

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