Revée News 03 - Marzo 2024

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COME AIUTARE I PAZIENTI CON OBESITÀ CONTRASTARE LA DISINFORMAZIONE CON LA RICERCA SCIENTIFICA CONTRO IL CARCINOMA MAMMARIO COVID E FAKE NEWS: INNOVAZIONE E RICERCA PROF. BUSETTO: COME AIUTARE I PAZIENTI CON OBESITÀ CONTRASTARE LA DISINFORMAZIONE CON LA RICERCA SCIENTIFICA CONTRO IL CARCINOMA MAMMARIO Periodico di informazione sul mondo della Chirurgia e del Benessere n. 2mese 03/24Registrazione presso il Tri bunale di Torino n. 21 il 17/10/2023

CONGRESSO NAZIONALE AICPE

2024

12 | 13 | 14 APRILE 2024

Palacongressi - RIMINI

congresso.aicpe.org

ROMA | Sabato 23 MARZO 2024

MASTOPLASTICHE SECONDARIE: STRATEGIE E TECNICHE CHIRURGICHE A CONFRONTO

Direttori Scientifici: Ernesto Maria Buccheri, Paolo Vittorini

2° 1°

IL PASSATO: DALLA LIPOSUZIONE AL LIPOFILLING IL PRESENTE: DAI DEVICE AVANZATI ALLA TERAPIA AUTOLOGA RIGENERATIVA | LIVE SURGERY BOLOGNA | Sabato 6 LUGLIO 2024

Direttori Scientifici: Bruno Bovani, Angelo Trivisonno

ROMA | Sabato 28 SETTEMBRE 2024

LA FEMMINILIZZAZIONE DEL VOLTO: DALLA BELLEZZA FEMMINILE ALLA TRANSIZIONE DI GENERE

Direttori Scientifici: Erminio Mastroluca, Giovanni Salti

3° 4°

ROMA | Sabato 19 OTTOBRE 2024

CHIRURGIA E TECNOLOGIA NEL BODY CONTOURING DEL TRONCO

Direttori Scientifici: Alessio Caggiati, Marco Sonnino

NAPOLI | Venerdì 8 - Sabato 9 NOVEMBRE 2024

RINOPLASTICA CHIRURGICA VS RINOPLASTICA MEDICA | LIVE SURGERY

Direttori Scientifici: Adriano Santorelli, Salvatore Taglialatela

2nd PAN EUROPEAN INTERACTIVE COURSE - AICPE COURSE

PALERMO | Venerdì 22 - Sabato 23 NOVEMBRE 2024

ADVANCED BREAST PLASTIC SURGERY COURSE MASTERCLASS IN BREAST AESTHETICS & SAFETY WITH LIVE SURGERY

Direttori Scientifici: Egidio Riggio, Giovanni Zabbia

6° 5°

PAN EUROPEAN INTERACTIVE COURSE

2nd

MILANO | Sabato 14 DICEMBRE 2024

LO SGUARDO: CHIRURGIA E MEDICINA

Direttori Scientifici: Gabriele Muti, Luca Piovano

aicpe.org

MEDICI E CHIRURGHI 2
2024 AICPE EDUCATIONAL PROGRAM
CORSI AICPE
2024
messaggio pubblicitario
11°

La salute nel mondo digitale: OBESITÀ, FAKE NEWS E PREVENZIONE DEL TUMORE

La diffusione di false informazioni mina gli sforzi di prevenzione e sensibilizzazione. La pandemia ha evidenziato ulteriormente le disuguaglianze nei sistemi sanitari e nei comportamenti alimentari, e affrontare le sfide della salute richiede una visione ampia e un impegno concertato. La facilità del viralismo social sta portando a un numero crescente di “guru digitali” che diffondono consigli e facili soluzioni a problemi spesso complessi che necessiterebbero invece di un approccio medico e multidisciplinare.

Così mentre i social media pullulano di “consigli” dubbi e ricette miracolose, abbiamo quindi deciso di dedicare il focus di questo numero a un fenomeno in aumento: l’obesità. L’obesità non è solo una questione estetica, ma una condizione medica complessa che aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e altre patologie croniche. È dunque necessario porre l’attenzione sulla corretta informazione, sfatare miti e dare voce ai professionisti.

Lo ha spiegato bene nella sua intervista Martina Benedetti, infermiera e divulgatrice scientifica, parlando del suo libro “Salvarsi dalle bufale e dalle fake news.” La metodologia della ricerca è un antidoto al fenomeno dilagante della disinformazione. Per fare ricerca clinica, serve che il ricercatore abbia il metodo giusto per approcciare alle notizie in modo adeguato.

È cruciale separare i fatti dalle false informazioni, specialmente quando si tratta di questioni di salute. Ecco perché anche in questo numero abbiamo dato ampio spazio ad un altro argomento a noi caro: la prevenzione del tumore e in particolare del tumore al seno, proseguendo l’obiettivo divulgativo di Revée NEWS

Buona lettura.

Debora Pasero, direttore responsabile

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Editoriale

Per segnalare convegni/eventi scrivere a press@revee.it

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Accreditamento ECM

Con patrocinio SICPRE - 1° Giornata di approfondimento

“Chirurgia plastica pediatrica” aprile 2024

Torino

Accreditamento ECM

11° Congresso Nazionale AICPE aprile 2024

Rimini

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Accreditamento ECM

SICPRE e Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

Tutto il grasso minuto per minuto

maggio 2024

Rimini

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Congresso SYRIO - accreditamento

“Prevenzione,

diagnosi e trattamento dei danni del

pavimento pelvico: gravidanza, parto e dopo parto maggio 2024

Torino

EVENTI E CONVEGNI 4 EVENTI E CONVEGNI
Presidente M. Guana PREVENZIONE, DIAGNOSI E TRATTAMENTO dei DANNI DEL PAVIMENTO PELVICO: GRAVIDANZA, PARTO E DOPO O PARTO SVILUPPO DELLE COMPETENZE OSTETRICHE Partecipazione in presenza con crediti ECM MEETING ANNUALE TORINO 17 – 18 maggio 2024 SEDE Best Western Plus Hotel Genova Via Paolo Sacchi, 14/b - Torino
ECM LA CHIRURGIA DELLA MAMMELLA: LA CHIRURGIA DELLA MAMMELLA: HOT TOPICS E LINEE COMPORTAMENTALI HOT TOPICS E LINEE COMPORTAMENTALI NELLE BREAST UNIT LOMBARDE NELLE BREAST UNIT 1 0 M A G G I O 2 0 2 4 V A DELL EREMO /11 - LECCO IINFORMAZIONI NFORMAZIONI I co o r cono ce 5 c ed ECM per Med o h ru G N T CA MED C ON OG RAD O E A g p p g bb g ph p b d A f CM è h p p 90% d P d CM S d b AN SC g M M G F R con patrocinio di: Sa u o Au or à M T D t G A ST L Car a Magn D r t o e Bre s Un ASS Lec o 9 30 g DE-ESCALAT ON DEL RATTAMENTO DEL TUMORE MAMMAR O g L DEST NO DEL L NFONODO ENT NELLA P d S d F i Cor ado n er V ana Ga mbe t R D s u s one 11 00 ATTEGG AMENT A CONFRONTO LA COMUN CAZ ON DELLA D AGNO M d t g d h L d d p d g p d p - g p d A d o o a o osa a o a L d p 16 00 pens ro d Re one Lombard C d LA CHIRURGIA DELLA MAMMELLA: HOT TOPICS E LINEE COMPORTAMENTALI NELLE BREAST UNIT LOMBARDE maggio 2024 Lecco 10 Congresso Regionale Lombardo ANISC MASTER sul lifting FIRENZE 18 maggio 2024 STARHOTELS MICHELANGELO Viale Fratelli Rosselli, 2 Firenze CERVICO-FACCIALE Corso di aggiornamento RES ECM RESPONSABILE SCIENTIFICO Daniele Fasano ISCRIZIONI E INFORMAZIONI SU PROVIDER ECM SEGRETERIA ORGANIZZATIVA www.clustersrl.it MASTER sul lifting CERVICO-FACCIALE maggio 2024 Firenze 18 Corso di aggiornamento RES ECM E TU, COSA FARESTI? Cosa ho fatto - Cosa avrei potuto fare maggio 2024 Bologna 25 24/ Congresso annuale GTVER Corso di Aggiornamento ECM RES SANTA MARGHERITA LIGURE (GE) 27 / 28 maggio 2024 SKIN CANCER 2024 Terza edizione BEST WESTERN HOTEL REGINA ELENA Via Milite Ignoto, 44 Santa Margherita Ligure (GE) ISCRIZIONI E INFORMAZIONI SU Francesco Spagnolo Andrea Pietro Sponghini www.clustersrl.it Skin Cancer Retreat maggio 2024 Santa Margherita Ligure (GE) 28 27/ Corso di Aggiornamento ECM RES

Periodico di informazione sul mondo della Chirurgia e del Benessere

Direttore responsabile

Debora Pasero

Edito da REVEE SRL

corso Quintino Sella, 131 - Torino C.F. 10818580010

Redazione c/o

Scoprinetwork Srl

via Palazzo di Città, 2/b - Chieri (TO)

Tel: 011 6990187 e-mail: press@revee.it

Interviste a cura di

Erika Zaffalon, Vittoria Savino, Debora Pasero Impaginazione e grafica

Simona Inglese

Supervisione scientifica:

Dr.ssa Elena Lucattelli, specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica presso U.O.C. - Ospedale A.

Franchini, Santarcangelo di Romagna

Prof. Marco Gonella, psicoterapeuta

della ASL Città di Torino specialista in psicologia clinica e docente a contratto della Scuola di Psicologia Clinica dell’Università degli Studi di Torino

Dott. Paolo Zona, Amministratore

Delegato di Cluster s.r.l. e provider ECM accreditato al Ministero della Salute

Stampa

Societa’ Tipografica Ianni Srl, Via Circonvallazione, 180 - Santena (TO)

Immagini:

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Registrazione Tribunale di Torino n. 21 il 17/10/2023

Numero 2. Chiuso in redazione Giovedì 21 marzo 2024

Sfogliabile anche su

La salute nel mondo digitale

Eventi e convegni OBESITÀ

Busetto: come aiutare i pazienti con obesità

Diastasi Italia: rete di professionisti specializzati

Grasso anomalo sulle gambe: potrebbe essere lipedema

Lipedema e linfedema: il dottor Corda spiega le differenze

Pastorini: obesità e salute mentale

Lotta all’obesità: il benessere parte dall’infanzia

Chirurgia estetica del volto: armonia e innovazione

Breast Units: approccio multidisciplinare contro il tumore al seno

La Rete Oncologica e il manifesto contro il dolore

Un viaggio nel ruolo cruciale dell’anatomopatologo

Innovazione e ricerca contro il carcinoma mammario

Gluteoplastica: tecniche e sfide etiche nella chirurgia estetica

Pagaie Rosa: lo sport è terapia

Covid e fake news: contrastare la disinformazione con la ricerca scientifica

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SOMMARIO
Editoriale

PROF. BUSETTO: PROF. BUSETTO: COME AIUTARE I PAZIENTI CON OBESITÀ

L’obesità è controllabile, è curabile, nel senso che noi abbiamo sempre più mezzi per aiutare i nostri pazienti a perdere peso e a mantenere il peso nel tempo

L’ obesità è una patologia cronica molto complessa.

Le persone che ne soffrono si sentono spesso stigmatizzate da una società condiscendente, addirittura brutale, senza sapere che è una condizione medica, psicologica e addirittura sociale.

Luca Busetto, professore associato di Medicina Interna a Padova nonché presidente della SIO (Società Italiana Obesità) e coordinatore della Obesity Management Task Force, si batte da anni a favore delle persone affette da obesità attraverso l’educazione sul tema e migliorando l’accesso alle cure.

Obesità, una patologia cronica difficile da tenere sotto controllo

Mentre alcune società scientifiche ancora si chiedono se chiamare l’obesità “condizione” o “patologia”, per Busetto la situazione è molto chiara. «L’obesità è una malattia complessa», afferma, «che soprattutto nei casi più gravi richiede un trattamento multidisciplinare. Deve comprendere un inquadramento di tipo medico, soprattutto per le complicanze; un’educazione dal punto di vista nutrizionale; infine un’educazione all’attività fisica». La difficoltà nel trattarla e nel darle una definizione precisa risiede anche nella sua complessità.

Ma quali cause portano questa condizione, e

perché è ora di sfatare i miti su questa patologia? «Nella maggior parte dei casi l’obesità “comune”, ha una base genetica, c’è una familiarità molto importante» inizia Busetto, spiegando anche che ci sono rarissimi casi in cui è puramente genetica. «Ma poi ci sono i fattori ambientali, spesso identificati solo con l’alimentazione o con l’eccesso di calorie, ma non è questo il caso» continua il professore. «Ci sono fattori ambientali come le alterazioni del sonno che facilitano l’insorgenza dell’obesità, farmaci, qualità di cibi che possono causare l’obesità o facilitarne l’insorgenza. E poi si sta molto discutendo oggi anche del ruolo possibile degli inquinanti endocrini ambientali, cioè di sostanze che sono presenti nell’ambiente e che possono alterare il funzionamento dei nostri meccanismi di regolazione.»

Tutti questi fattori contribuiscono alla “epidemia di obesità” che la società sta affrontando. «Viviamo in un ambiente obesogenico, in cui c’è una continua disponibilità di cibo e riceviamo costanti pressioni che ci spingono a mangiare». In più, l’obesità non è una malattia dalla quale si guarisce solo stando a dieta, come

si potrebbe banalmente pensare. «È controllabile, è curabile, nel senso che noi abbiamo sempre più mezzi per aiutare i nostri pazienti a perdere peso e a mantenere il peso del tempo. Ma è comunque una malattia cronica, e quindi anche il trattamento, deve essere inteso sia dal medico che dal paziente, come un trattamento a lungo termine» insiste Busetto, specificando l’importanza di un programma a lungo termine per evitare recidive.

La speranza dei nuovi farmaci e delle moderne pratiche

innovative

“L’obesità è la porta d’ingresso verso altre patologie” dice un detto della Comunità Europea. In effetti, la condizione causa una serie di altri problemi via via più gravi, portando il paziente a un effetto domino di patologie anche potenzialmente debilitanti. «Senz’altro porta alle malattie metaboliche come diabete tipo II, ipertensione, dislipidemie, un aumentato rischio di trombosi e conseguentemente poi tutte le malattie cardiovascolari come l’infarto. Ma ha anche un aumentato rischio di malattie che

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sono più legate all’accumulo del tessuto adiposo e alla sua distribuzione, per esempio problemi respiratori e insufficienza respiratoria, e in più problemi meccanici e di fertilità e un aumentato rischio di cancro» osserva il professor Busetto.

Fortunatamente, la ricerca scientifica nel campo dell’obesità sta lavorando

per offrire nuove soluzioni alle persone obese, come farmaci innovativi precedentemente utilizzati contro il diabete. «Abbiamo già dei farmaci, ma hanno un’efficacia moderata sul peso corporeo. Ci sono però delle nuove molecole che sono molto vicine alla messa in commercio anche in Italia e in Europa, che sono molto più promettenti» afferma Busetto. Secondo il professore, questi nuovi farmaci innovativi saranno estremamente utili per trattare la patologia e tenerla sotto controllo.

Il trattamento farmacologico sarà più opportuno per i pazienti che non hanno raggiunto i livelli

più gravi al contrario, la chirurgia bariatrica è già perfettamente attrezzata per risolvere i casi a stadi avanzati. «Penso che nei prossimi anni assisteremo a dei grandi cambiamenti nella terapia farmacologica dell’obesità» dice con ottimismo.

Ma nessun trattamento farmacologico può sostituire l’informazione. Parlare della malattia ed educare pazienti e famiglie aiuterebbe le persone che soffrono di questa patologia a superare gli stigmi. Inoltre, darebbe uno scossone alla comunità scientifica che non è ancora convinta al 100% di voler classificare l’obesità come malattia. Questo rallenta la ricerca, e soprattutto impedisce a chi ne soffre di accedere ai vantaggi del Sistema Sanitario Nazionale. «Il grosso problema sarà rendere i nuovi farmaci disponibili, perché ovviamente sono innovativi ma il costo è alto» puntualizza il professore.

Luca Busetto, professore associato di Medicina Interna a Padova, presidente SIO (Società Italiana Obesità) e coordinatore della Obesity Management Task Force

MEDICI E CHIRURGHI L’intervista completa su revee.news

Il ruolo della SIO e dei centri convenzionati contro l’obesità

«La SIO si occupa dell’obesità sul versante scientifico, educazionale, clinico e politico» racconta Busetto. La Società Italiana Obesità, fondata a Bologna nel 2000, ha da sempre lottato per una corretta informazione a riguardo di obesità e di chi ne soffre. Per facilitare l’accesso alle cure e garantire alle persone con obesità di essere seguite da professionisti seri e preparati, l’associazione ha stilato una mappa di centri convenzionati e una serie di standard da rispettare. «La continua sensazione di essere visti come degli individui in fondo inferiori o meno abili ha effetti molto importanti sulla personalità delle persone obese sulla loro voglia di impegnarsi e paradossalmente riduce la loro voglia di accedere alle cure» continua il dottore, spiegando l’importanza di sensibilizzare alla questione anche chi non soffre di obesità.

Busetto ci tiene anche a sottolineare che i centri convenzionati dalla SIO devono anche offrire sostegno psicologico ai pazienti, perché la patologia ha una forte connotazione mentale che non può essere ignorata. «“Dai, mangia un po’ di meno” oppure “ma sforzati a fare un po’ di attività fisica”: queste frasi sono magari anche dette con volontà positiva, come se bastasse spronare le persone con obesità per guarire, ma invece hanno spesso un effetto negativo, perché le persone con obesità sentono questa cosa, la vivono tutti i giorni, la vivono da quando erano bambini, se avevano l’obesità già da bambini» afferma, evidenziando il fardello psicologico che chi ha un fisico non conforme allo standard deve subire ogni giorno.

Busetto conclude ricordando che oltre a una comunità scientifica, la SIO vuole anche avere un peso politico per portare un cambiamento vero a chi soffre di obesità. «È un po’ strano che una molecola che abbiamo già in commercio sia a carico

del Servizio Sanitario Nazionale se il paziente ha il diabete e sia a carico del paziente se soffre di obesità, no?» è la domanda retorica che pone il professore. Nonostante sia un discorso molto ampio, che esula dalla medicina prettamente scientifica, Busetto non demorde. «Se esistono delle terapie più efficaci, sicure, che migliorano lo stato di salute dei miei pazienti, farò di tutto come presidente della società italiana dell’obesità per aumentare la disponibilità di questi farmaci» conclude.

DIASTASI ITALIA: RETE DI PROFESSIONISTI SPECIALIZZATI

La diastasi è la separazione o l’allentamento dei muscoli retti dell’addome.

È una patologia che colpisce soprattutto le donne dopo il parto, ma che può manifestarsi in pazienti obesi o persone con traumi addominali causati da attività fisica agonistica. Diastasi Italia nasce nel 2015 per dare informazioni corrette e gratuite a chiunque avesse questa problematica poco conosciuta ma molto importante.

«Diastasi Italia è una rete di professionisti, divisi per regione, preparati sulla

diastasi addominale. Da fisioterapisti a preparatori atletici, nutrizionisti e chirurghi. In questo modo, uomini e donne hanno la possibilità di entrare nel circuito di valutazione di questa patologia», dichiara Claudia Fabretti, presidente dell’Associazione Diastasi Italia, fisioterapista e osteopata del gruppo.

Data la poca informazione intorno alla diastasi addominale, non tutte le figure mediche e paramediche sono in grado

ASSOCIAZIONI 10 L’intervista completa su revee.news
Claudia Fabretti, presidente dell’Associazione Diastasi Italia, fisioterapista e osteopata del gruppo

di valutarla, dandole la giusta importanza. La diagnosi può avvenire tramite ecografie eseguite da ecografisti specializzati in questo tipo di verifica, risonanze magnetiche, ma anche tac se il chirurgo lo richiede.

Su Facebook ci sono due pagine divulgative: Diastasi Italia Official Group che riguarda solo le donne e Diastasi Uomo. «Ogni pagina ha tutto il canale di professionisti concentrati sulla diagnosi, valutazione e trattamento - continua Fabretti -. Guidiamo i pazienti e cerchiamo di aiutarli in modo tale che possano essere indirizzati nella maniera più giusta verso una diagnosi corretta».

Diastasi “non per sole donne”

Falsi miti e fake news sono dietro l’angolo. È importante riuscire a districarsi per un’informazione veritiera, ma non sempre è facile. La diastasi addominale colpisce sia donne sia uomini, senza un preciso distinguo. «Questa patologia riguarda una donna su tre nel post parto, ma non dipende dalla tipologia di parto. Succede durante la gra-

vidanza perché la muscolatura si allarga, si apre, si “lateralizza” nell’addome per far spazio alla crescita del feto - spiega Fabretti -. A volte la linea alba si rompe o si sfilaccia, per cui si crea un allentamento sia della muscolatura sia del tessuto connettivo, tale per cui non sempre si riesce a ritornare in una situazione di normalità o alla condizione in pre-gravidanza. Può incidere una percentuale genetica, la dimensione del feto, ma anche il peso preso in gravidanza».

Gli uomini possono anch’essi essere colpiti da diastasi. In questo caso, la problematica è ancora più sconosciuta proprio perché la si considera prettamente una condizione femminile, con una sintomatologia legata al post parto. «Gli uomini spesso non sono a conoscenza di cosa potrebbe succedere con un’errata gestione del proprio corpo e della parete addominale. La diastasi potrebbe essere causata anche da un’intensa attività fisica, portata a livelli agonistici. Coinvolge però anche persone obese, di ambo i sessi, e pazienti ex bariatrici. Le cause sono svariate, purtroppo succede senza che ci sia qualcosa di correlabile alla patologia», conclude la fisioterapista.

www.diastasiaddominale.com

revee.news 11 MARZO 2024
| diastasitaliaofficialgroup

Dr. Gianluca Sapino, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica presso l’Ospedale Universitario di Losanna

Il lipedema è una patologia che ha attirato l’attenzione della comunità medica negli ultimi anni.

Si tratta di una malattia cronica, che si presenta con un accumulo anomalo di grasso negli arti inferiori e che si sviluppa quasi sempre in modo asimmetrico. Ne abbiamo parlato con il dottor Gianluca Sapino, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica

GRASSO ANOMALO SULLE GAMBE: POTREBBE ESSERE LIPEDEMA

presso l’Ospedale Universitario di Losanna per analizzare quanto sia importante la diagnosi precoce e soprattutto quali sono i trattamenti e le prospettive chirurgiche relative al lipedema.

«Per lipedema si intende una patologia infiammatoria del tessuto adiposo localizzato prevalentemente a livello degli arti inferiori, ma anche superiori, che causa ai pazienti che ne sono affetti dei dolori cronici – entra nel merito il chirurgo – È una

patologia debilitante che crea difficoltà importanti nella vita di tutti i giorni e anche nell’esecuzione di semplici attività come camminare».

Al momento non esistono esami specifici per diagnosticare la malattia. «Tipicamente è presente un tessuto adiposo eccedente, anche rispetto al resto del corpo, che si localizza a livello degli arti inferiori o degli arti superiori –spiega il medico – Chi è affetto da lipedema tende, ad esempio, ad avere

MEDICI E CHIRURGHI NEL MONDO 12 L’intervista completa su revee.news

ematomi o lividi anche senza che vi siano stati dei traumi accompagnati a un dolore esacerbato solo alla palpazione superficiale» continua Sapino.

Lipedema: i trattamenti indicati

Il primo approccio al lipedema è di tipo conservativo. «Quasi tutti i pazienti, dopo una diagnosi di lipedema, cominciano a seguire un trattamento conservativo eseguito tramite l’aiuto di angiologi e/o fisioterapisti, con l’utilizzo di guaine compressive» aggiunge Sapino. Si mira così a ridurre meccanicamente il gonfiore nelle aree colpite. Questo trattamento, sebbene non risolutivo, può apportare sollievo significativo ai pazienti a patto che «sia intensivo e duri almeno un anno». L’obiettivo è di ridurre l’infiammazione delle cellule adipose interessate e diminuire di conseguenza la sintomatologia.

L’intervento chirurgico diventa un’alternativa quando il trattamento conservativo non è sufficiente o il paziente richiede interventi più incisivi. «Si può ricorrere alla liposuzione con ultrasuoni, con l’iniezione di soluzioni

acquose, o la cosiddetta Power Assisted Liposuction (ndr. rimozione di tessuto adiposo dal corpo durante interventi chirurgici generali)».

Tecnologie differenti, che permettono al chirurgo di rimuovere in maniera specifica e precisa le aree affette da questo tipo di distrofia.

Lipedema e linfedema: facciamo chiarezza

È fondamentale distinguere il lipedema dal linfedema, poiché entrambe le condizioni presentano sintomi simili, ma hanno cause diverse. Mentre il lipedema è legato a una proliferazione anomala del tessuto adiposo, il linfedema è causato da un difetto nel drenaggio linfatico. La diagnosi corretta è cruciale per un trattamento efficace:

«In pazienti in cui il sistema linfatico è perfettamente funzionante, si parla di lipedema – precisa Sapino – quando invece l’ingrandimento “degli arti” non è legato a una proliferazione atipica e anormale del tessuto adiposo, ma ad un difetto nel drenaggio linfatico, si parla di linfedema».

Ad oggi i pazienti affetti da lipedema sono nella quasi totalità di sesso femminile. «Si suppone che vi sia un’influenza non solo genetica, ma anche ambientale, probabilmente ormonale, alla genesi di questo tipo di patologia – riporta il chirurgo – È interessante notare come, sebbene sia una patologia relativamente recente la prevalenza è in continua crescita e ad oggi si stima che un soggetto femminile su otto o nove possa essere affetto da questo tipo di distrofia».

E dal punto di vista chirurgico? «L’intervento di lipoaspirazione in soggetti affetti da lipedema è un intervento in costante miglioramento. Questo perché la patologia è relativamente recente e la cura va incontro alle esigenze delle pazienti».

Spesso questi pazienti richiedono più sessioni di chirurgia perché si è di fronte a casi avanzati: «Talvolta per un ritardo di diagnosi – soppesa Sapino – Un solo intervento non sempre è sufficiente per affrontare la patologia. Spesso sono interventi che vanno pianificati a distanza di tre quattro mesi l’uno dall’altro, in modo da permettere di risolvere buona parte del problema».

revee.news 13 MARZO 2024

LIPEDEMA E LINFEDEMA: IL DOTTOR CORDA SPIEGA LE DIFFERENZE

Il dottor Domenico Corda, medico linfologo e fisiatra, tratta di linfologia e malattie linfostatiche da 25 anni.

È un linfologo a tempo pieno, e nella sua carriera si è occupato di linfedema ma anche di lipedema, che fino a qualche tempo fa si pensava fosse una malattia legata proprio al sistema linfatico. Invece, le recenti osservazioni hanno smentito questa ipotesi. Lipedema e linfedema hanno delle differenze, e l’esperto dottor Corda le ha studiate a fondo.

Cos’è il lipedema e che differenza c’è con il

linfedema

Il lipedema e il linfedema sono patologie che, a prima vista, potrebbero sembrare affini, tanto che anche il nome è simile e potrebbe essere frainteso. Eppure, sono malattie diverse, e il lipedema non ha niente a che fare con l’edema. «Il termine Lipedema è stato fuorviante per questi anni» conferma Corda. «In realtà la parola edema ha ingannato tutti e per questi ottant’anni il lipedema è

stato curato come se fosse una malattia edematosa del sistema linfatico, con la stessa terapia che veniva e viene utilizzata per il linfedema». La CDP, cioè la fisioterapia decongestiva complessa, è un insieme di terapie utilizzate proprio per trattare gli edemi e il linfedema in particolare, ma non è efficace per trattare il lipedema.

Questa malattia rimane comunque poco conosciuta e dalle cause non chiarissime, e sono proprio le differenze tra linfedema e lipedema che aiutano a definirla. «Allo

MEDICI E CHIRURGHI 14 L’intervista completa su revee.news

stato attuale delle conoscenze possiamo definire il lipedema come una patologia o una sindrome che colpisce l’organo adiposo, influenzata da un processo infiammatorio in seno a quest’ultimo» continua il medico, affermando che anche se il lipedema non è ancora stato compreso a fondo, si sa almeno che non è legato al sistema linfatico. «Adesso almeno sappiamo che cosa il lipedema non è e con che cosa è stato confuso per quasi ottant’anni, considerando che non presenta nessuna alterazione del sistema linfatico a differenza del linfedema».

Le ricerche recenti infatti hanno confermato l’assenza di edema o di problemi al sistema linfatico nei pazienti che soffrono di lipedema puro (ovvero senza altre comorbidità), utilizzando ecografie e risonanze magnetiche. Per questo è nata la ILA (International Lipoedema Association), di cui Corda fa parte insieme ad altri 70 linfologi di fama internazionale, che ha stilato un consensus document innovativo. «Nel 2018 ab-

biamo redatto questo documento che parte dalla base, un paradigma shift, una rivoluzione copernicana, perché si basa sul fatto che il lipedema non è una patologia del sistema linfatico e neanche una patologia edematosa. Questo ha quindi comportato delle variazioni nel pianificare delle terapie per queste pazienti che ad esempio spendono tuttora un sacco di soldi per fare un drenaggio linfatico manuale» afferma Corda.

Dr. Domenico Corda, medico linfologo e fisiatra, esperto di linfedema e lipedema e socio fondatore dell’ILA

I sintomi del lipedema e quando compaiono

Il lipedema è una patologia con una forte componente di familiarità. Spesso i sintomi del lipedema in una ragazza giovane possono essere ritrovati anche nella madre o nella nonna, e altre volte possono saltare delle generazioni perché la malattia non colpisce quasi mai persone di sesso maschile. «È una patologia che è influenzata e che ha a che fare con gli estrogeni – aggiunge Corda – e anche se non abbiamo ancora scoperto il rapporto tra estrogeni e recettori del tessuto adiposo, sappiamo che gli estrogeni in qualche modo regolano questo rapporto». Questo è visibile dai modi diversi con cui il tessuto adiposo si deposita a seconda del sesso.

I sintomi classici del lipedema partono solitamente con le prime mestruazioni e cominciano a essere più evidenti dai 14-16 anni. «I segni sono quelli talvolta di un esa-

Non si può guarire da questa malattia ma si può contenere, contrastare e infine migliorare
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gerato dismorfismo, quindi un’alterazione della simmetria dei rapporti normali tra parte inferiore del corpo e parte superiore, quindi le ragazze che hanno un puro lipedema trovano gambe grosse e una vita molto stretta, e poi un torace normale» continua Corda, sottolineando che a volte il lipedema può anche colpire gli arti superiori. A differenza del gonfiore tipico del linfedema, quello del lipedema è un gonfiore “solido”, che gli inglesi chiamano comunemente “swelling”.

Ma è il dolore il sintomo più evidente per chi soffre di lipedema. «Quando le pazienti si presentano alla mia attenzione presentano soprattutto come segno gambe grosse, e poi però come sintomo principale il dolore» spiega il dottore. In assenza di dolore ci si può trovare davanti a un caso di lipoipertrofia, ma se insieme al gonfiore c’è il dolore allora la diagnosi si sposta verso il lipedema.

Terapia e chirurgia contro il lipedema

Spesso negli anni passati i medici, confondendo il lipedema con linfedema o obesità, prescrivevano terapie o interventi chirurgi-

ci sbagliati o fuori misura, come la chirurgia bariatrica. In realtà il lipedema puro non ha niente a che vedere né con l’obesità né con il sistema linfatico; tuttavia, il dolore nella deambulazione e la difficoltà nell’accettare l’asimmetria del proprio corpo può portare le pazienti a diventare sovrappeso od obese. «Il paziente intanto viene sottoposto a una visita lunga non per la diagnosi di lipedema, che per un esperto non richiede molto tempo, quanto per fare una valutazione complessiva del paziente e soprattutto per valutare se ci sono delle comorbidità» afferma Corda, evidenziando come sia molto difficile informare correttamente le pazienti che magari per anni si sono sentite dire di essere affette da linfedema.

Tra le cose più complesse da far capire alle pazienti è che il lipedema non è una malattia da cui si può guarire. Tuttavia è possibile contenerla e migliorare sensibilmente la qualità di vita grazie a nuove tecniche che sono state sviluppate. Corda spiega che l’utilizzo di una calza a compressione detta tutore è uno degli strumenti più indicati per trattare il lipedema. «Il lipedema è un processo infiammatorio dell’organo adiposo,

non risponde ai classici antinfiammatori steroidei o non steroidei come i FANS, ma risponde molto bene alla calza terapeutica, una calza speciale, quindi alla compressione». L’utilizzo di questa calza è da accompagnarsi ad attività fisica quotidiana, come un’oretta di camminata a passo sostenuto, per avere i migliori risultati. Il tutore è utile anche in questo, perché mitiga molto il dolore provato dalle pazienti affette di lipedema che spesso non riescono a praticare attività fisica non per volontà, ma semplicemente perché il dolore è troppo forte.

Una volta intrapreso questo percorso di terapia detto “conservativo”, Corda continua dicendo che è anche possibile affidarsi a interventi di chirurgia plastica o bariatrica. «La terapia chirurgica ci aiuta, ma bisogna stare attenti a non fare la bariatrica nei pazienti che hanno solo un lipedema puro e non fare liposuzione nelle pazienti obese» mette in guardia il dottore. Per arrivarci, però, il consensus document dell’ILA consiglia di assicurarsi che la paziente segua la terapia conservativa per almeno un anno. «La liposuzione non è la soluzione ai nostri problemi, non porta a

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guarigione del lipedema, e interviene solo asportando una certa quantità di tessuto sottocutaneo. La malattia resta». In questo caso, oltre alla calza contenitiva sono utili anche le guaine contenitive post-operatorie per assicurarsi la riuscita a lungo termine di questi interventi chirurgici.

Lipedema e obesità: si possono prevenire?

Il lipedema, essendo una malattia genetica ancora con una matrice non chiarissima, non può essere prevenuto. Tuttavia è possibile prevenire e gestire le comorbidità per avere comunque una qualità di vita alta: la più grave è l’obesità, spesso derivata da una situazione di scarsa attività fisica. Uno dei pilastri del trattamento del lipedema è proprio una corretta nutrizione. «La nutrizione è importante, perché la malattia può peggiorare se associata all’obesità, il lipedema è una patologia del tessuto adiposo sottocutaneo» specifica Corda. «Prendere peso aumenta la quantità di tessuto adiposo sottocutaneo, quello poi colpito dalla patologia. Quindi, assolutamente, se la pa-

ziente è in sovrappeso o obesa la riduzione del peso è un momento fondamentale».

È anche utile intervenire sin dalla giovane età, sia per identificare che per trattare il lipedema. Nelle ragazze giovani è facile confondere la patologia con altre malattie come l’obesità, o con problemi di natura prettamente estetica come la cellulite o la ritenzione idrica.

«Più si interviene con il controllo vicino all’esordio, più si ha un mantenimento di una silhouette normale» sottolinea Corda, evidenziando come i problemi legati all’estetica siano particolarmente marcati in giovane età.

«Questa è la fase in cui si dovrebbe intervenire tempestivamente ed è invece proprio quella fase in cui sfugge ai più» insiste il dottore, affermando che sensibilizzare sia i pazienti sia i dottori a questa malattia di cui si conosce ancora poco è fondamentale tanto quanto terapia e chirurgia, anche per rimarcare le differenze tra lipedema e linfedema ed evitare trattamenti errati e dannosi.

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PASTORINI: OBESITÀ E SALUTE MENTALE

Salute mentale e immagine di sé sono due concetti che vanno di pari passo con l’obesità, uno dei mali più presenti nella società moderna.

Il 10% della popolazione italiana soffre di obesità, e ognuna di queste persone ha un problema specifico che può essere risolto da un percorso personale che porti all’accettazione di sé e del proprio valore. Marco Pastorini, psicologo psicoterapeuta esperto nei disturbi del comportamento alimentare e nelle problematiche in ambito sessuale, da tempo collabora con gli altri specialisti per aiutare le persone obese a ritrovare la propria immagine.

Marco Pastorini, psicologo e psicoterapeuta esperto nei disturbi del comportamento alimentare e nelle problematiche in ambito sessuale

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Obesità e salute mentale

L’obesità è una malattia estremamente complessa, ed è difficile da ridurre a una definizione unica. In generale è una patologia molto impattante a livello fisico che costringe chi ne soffre a modificare vita, abitudini e vita sociale. «Vengono compromesse sia funzioni generali come il sonno e la vita di coppia, sia funzioni semplici legate all’autonomia, dall’allacciarsi le scarpe all’accompagnare il figlio a giocare al parco» spiega lo psicologo. «Il corpo, che di solito è una fonte di benessere, diventa invece un impedimento e fonte di numerose problematiche fisiche».

L’obesità mette in crisi anche l’immagine positiva che ciascuno ha del proprio corpo, problematica che lentamente costringe le persone a isolarsi dalla società. «Una persona affetta da obesità fa più fatica a mostrare il proprio corpo, e si sente a disagio in alcune situazioni, come quando si va al mare. Ma a volte viene vissuto con grande sofferenza persino il guardare il proprio riflesso allo specchio o in vetrina» continua Pastorini. Questa mancanza di autostima è un trampoli-

no di lancio per molte altre malattie psicologiche come la depressione.

«Se non trovo nessuno che mi possa aiutare o comprendere, il cibo rappresenta un alleato e un rifugio» afferma. E una dieta senza strategia e senza supporto di professionisti non fa altro che peggiorare la situazione. «Quando una persona affetta da obesità prova ad affrontare dei percorsi di dieta, c’è sempre il rischio che questo percorso di cambiamento diventi un’illusione, perché spesso la dieta fallisce e risulta in una delusione che riattiva il circolo vizioso. Abbiamo a che fare con un costante vissuto di inadeguatezza».

L’importanza dell’immagine di sé

Un rapporto positivo con la propria immagine è indispensabile per vivere serenamente. L’obesità va a intaccare questo rapporto, e questo è uno dei punti che accomuna buona parte delle persone sovrappeso. «Quando abbiamo un rapporto complesso con il nostro corpo insorge una sorta di sfiducia» spiega Pastorini. «Il corpo ci serve a esplorare il mondo e a relazionarci con gli altri. Se

ci mette a disagio perché ce ne vergogniamo, non possiamo più fare conto su un aspetto fondamentale della nostra socialità».

Per ritrovare l’autostima perduta, le persone con obesità devono seguire un percorso psicologico per tornare a vedere il corpo e il cibo come amici affidabili. «Devono passare dall’essere dei nemici a essere degli alleati. Quindi il lavoro dello psicologo è quello di accompagnare la persona attraverso un cambiamento non solo personale, ma attraverso un’esplorazione del proprio rapporto col cibo e col corpo».

In questo percorso è normale poi trovare la radice del proprio malessere. Le persone possono soffrire di obesità fin da bambini, e quindi avere un’immagine di sé diversa da chi diventa sovrappeso da adulto. In entrambi i casi è importante chiedersi cosa abbia scatenato il deterioramento del rapporto col cibo. «Qual è il motivo per cui a un certo punto ho perso il controllo nel mio rapporto con il cibo? Cos’è che mi ha mandato in tilt? Bisogna ricercare nel passato cosa ci ha mandato in crisi per evitare che si ripresenti in futuro».

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Il ruolo dello psicologo nella cura dell’obesità

Quando si parla di cura per l’obesità è facile pensare a dietisti o, nei casi più gravi, chirurghi bariatrici. In realtà, curare le persone con obesità è un lavoro lungo e complicato e che va affrontato su più livelli per garantire sereni tà e costanza al paziente. «Come tutte le problema tiche che hanno a che fare col cibo, l’obesità è una patologia che deve essere affrontata in équipe: quindi da uno psicolo go, un dietologo nu trizionista o dietista e poi eventualmente un chirurgo bariatri co» afferma Pastorini. E nel caso della chi rurgia bariatrica, è ne cessario eseguire un identikit del paziente per capire se quella sia davvero la soluzione giusta.

Inoltre, l’intervento di uno psicologo aiuta i pazien ti con obesità a rintracciare le

cause della malattia e a tenerle sotto controllo, specie quando si incontrano disturbi alimentari come il DAI (Disturbo da Alimentazione Incontrollata). «Il cibo e il mangiare voracemente rappresentano una modalità per gestire la rabbia, la frustrazione, e altri stati emotivi pesanti». E infatti,

confinati in casa ha esacerbato questo tipo di “fuga”. «Non dobbiamo mai dimenticare che il cibo rappresenta anche un canale di condivisione reale di vita sociale», continua, e se questa condivisione è negativa allora si può incappare in disturbi alimentari.

Infine, lo psicologo è fondamentale per aiutare il paziente ad avere aspettative sane. Dalla gestione del tempo e delle emozioni a un percorso sportivo studiato per garantire costanza negli anni, chi soffre di obesità ha ampio margine di miglioramento per la propria vita. «Molto spesso però l’immagine di sé che il paziente ha e l’immagine corporea che vorrebbe ottenere va attualizzata» spiega Pastorini, per evitare delusioni offrendo aspettative irrealistiche. «Si fa quindi un percorso sulle emozioni, un percorso sulla gestione del tempo, un percorso sull’immagine corporea, per attualizzare e valorizzare il proprio corpo».

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Guaine addominali Post-Operatorie

L’obesità è una malattia che può avere molte cause differenti, da quelle prettamente fisiche a quelle psicologiche, che spesso si fondono per dare vita a una patologia estremamente complessa da curare e con molti effetti negativi sulla persona e sulla società.

Margherita Gulino, medico specialista in igiene e medicina preventiva, è direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL TO5 e direttore del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione, spiega in quale modo si muove il Sistema Sanitario per contrastare l’insorgenza di questa malattia, a partire dall’educazione dei bambini e dei genitori.

L’obesità in giovani e adulti: i dati dell’OMS e la sorveglianza delle ASL

L’obesità è una delle malattie più comuni del nostro secolo, ed è presente in maniera trasversale in tutte le fasce sociali. «Secondo i dati dell’OMS, purtroppo, nell’età com-

presa tra i cinque e i diciannove anni sono presenti ben cinquanta milioni di obesi per quanto riguarda le femmine e settantaquattro milioni per quanto riguarda i maschi» afferma Gulino, evidenziando la gravità della situazione per ben 124 milioni di ragazzi già a rischio di patologie cronico-degenerative in giovane età.

Per tenere sotto controllo i numeri crescenti di obesità infantile e adulta, anche l’Italia ha attivato un sistema di sorveglianza affidato alle singole ASL. L’ultimo studio è stato effettuato nel 2019 e purtroppo i risultati non

sono incoraggianti: l’Italia ha un indice di obesità piuttosto alto. «Il 20% dei bambini in età scolare era sovrappeso, quasi 2 bambini su 10, e il 9%, quindi quasi 1 bambino su 10, era obeso.»

Questi studi non vengono fatti solo per avere un mero dato statistico sul livello di salute della popolazione. «I dati servono a fare degli interventi mirati di prevenzione primaria su questi fattori di rischio e quindi migliorare la salute dei nostri bambini. Ma attraverso questa sorveglianza si arriva anche al contesto familiare, perché coinvolgiamo i genitori» spiega Gulino.

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Dr.ssa Margherita Gulino, medico specialista in igiene e medicina preventiva, direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL TO5

LOTTA ALL’OBESITÀ: IL BENESSERE PARTE DALL’INFANZIA

Purtroppo, nei bambini, una scorretta alimentazione e l’abitudine a condurre uno stile di vita sedentario predispongono in futuro al sovrappeso o all’obesità

L’importanza dell’informazione: insegnare una corretta alimentazione alle famiglie

Patologie come l’obesità possono derivare da una scorretta educazione alimentare che parte dai

genitori e si riflette sui bambini. Durante gli studi, quindi, si individuano per prima cosa le abitudini scorrette. «I nostri bambini non fanno tutti colazione, e se la fanno non la fanno bene. Le merende sono fatte troppo spesso e con cibi poco nutrienti e ad alto valore calorico come le brioches ricche di grassi, o con le classiche bevande zuccherate».

Per questo l’Azienda Sanitaria Locale di Torino 5 ha messo in campo molti progetti per le scuole. «Abbiamo fatto un lavoro multidisciplinare e sinergico con gli istituti, con le amministrazioni comunali e con le famiglie per offrire interventi di formazione» spiega Gulino. «I bambini imparano meglio rispetto agli adulti, e sono portatori

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di interesse presso le famiglie. Insegnando a un bambino raggiungiamo i suoi nonni e i suoi genitori» afferma.

Ogni progetto proposto dall’Azienda Sanitaria gestita da Gulino ha come obiettivo quello di educare alla corretta alimentazione, alla lettura delle etichette dei cibi preconfezionati e all’importanza dell’attività fisica. E spesso, i bambini sono anche più preparati degli adulti. «Abbiamo creato un gioco dove i bambini sono più bravi degli adulti a scovare nelle etichette dei prodotti l’alimento nutriente intruso» racconta Gulino, evidenziando l’abilità dei più piccoli nell’acquisire “life skill” che rimarranno importantissime anche da adulti.

Superare l’obesità con la prevenzione grazie alla ASL

Nell’ambulatorio di prevenzione, Gulino incontra soprattutto persone clinicamente sane e agisce sulla prevenzione dei disturbi alimentari. Il percorso di controllo dura per un minimo di 6 mesi e, attraverso un team multidisciplinare, dà ai pazienti gli strumenti per tenere sotto controllo il peso e gestire in autonomia le proprie scelte sportive e alimentari. «Rilevando le informazioni necessarie, diamo una consulenza nutrizionale ritagliata proprio come un abito direttamente sul bambino e sulla sua famiglia».

Ma il lavoro della Gulino si svolge anche con servizi alla collettività che vanno oltre i singoli progetti scolastici. Ad esempio si occupa di controllare e valutare i servizi mensa dedicati alle “fasce delicate” nelle scuole e nelle RSA. «Valutiamo se i menù forniti dalle ditte sono corretti, almeno da un punto di vista qualitativo e quantitativo, verificando che abbiano i livelli essenziali di nutrienti, e in più controlliamo che le strutture siano sicure ed eroghino il pasto dichiarato» conclude Gulino.

Per combattere l’epidemia di obesità non servono solo misure drastiche. La prevenzione è estremamente efficace perché impedisce alle persone di internalizzare idee scorrette e, quindi, le mette sulla buona strada per avere una vita sana partendo dall’infanzia fino all’età avanzata. L’impegno di Gulino e dell’ASL TO5, sia a livello individuale che a livello collettivo, è indispensabile perché la corretta educazione alimentare viene spesso dimenticata da una società sempre più frenetica e in cerca di pasti veloci e ipercalorici ma qualitativamente scarsi.

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CHIRURGIA ESTETICA DEL VOLTO: ARMONIA E INNOVAZIONE

Nella chirurgia estetica, il volto è una delle zone più comuni di intervento e sicuramente tra le più richieste.

Non facile da trattare, merita particolare attenzione, perché come si sa il volto è il nostro biglietto da visita e anche un piccolo “errore” può inficiare la riconoscibilità

di una persona. Ne abbiamo parlato con il professor Alessandro Gualdi, responsabile dell’ Unità Operativa di Chirurgia Plastica IRCCS HSR e professore di Chirurgia Plastica all’Università Vita-Salute San Raffaele e di Chirurgia estetica del Volto all’Università degli Studi di Milano Bicocca. Il professor Gualdi è conosciuto soprattutto per il suo impegno nell’ottenere risultati estremamente naturali e armonici.

Estetica del volto: tecnica a favore dell’armonia

Dr. Alessandro Gualdi, Specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica

Dottore di Ricerca in Chirurgia Plastica e responsabile dell’ Unità Operativa di Chirurgia Plastica IRCCS HSR e professore di Chirurgia Plastica all’Università Vita-Salute San Raffaele e di Chirurgia estetica del Volto all’Università degli Studi di Milano Bicocca

Il professore Alessandro Gualdi è un chirurgo plastico con oltre vent’anni di esperienza nella chirurgia estetica, con particolare attenzione alla chirurgia del volto. «La mia carriera è stata dedicata alla ricerca di risultati estremamente naturali e armoniosi nel campo della chirurgia estetica del volto», afferma Gualdi. Ha scritto numerosi testi e pubblicato articoli scientifici sull’argomento, dimostrando un impegno straordinario per la perfezione nell’estetica del viso. Il suo studio, noto come il Milan Face Institute, è uno dei principali centri per visite e interventi chirurgici del volto, tra cui rinoplastica,

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blefaroplastica e ringiovanimento facciale.

Secondo il Professore, le richieste nella chirurgia del volto variano in base all’età e alle esigenze dei pazienti. «Dai ragazzi più giovani agli adulti più maturi, il desiderio di migliorare l’aspetto del volto è diffuso», dice.

Gli interventi del volto più richiesti

Tra gli adolescenti a vincere è l’otoplastica: «Per i ragazzi più giovani, l’intervento più richiesto è l’otoplastica, noto anche come correzione delle orecchie a sventola», afferma il professor Gualdi. Questo intervento è spesso motivato dal desiderio di correggere orecchie prominenti che possono essere oggetto di bullismo. «È fondamentale che ci sia la volontà dei genitori e la motivazione dei giovani pazienti per il successo di questo intervento», aggiunge.

La rinoplastica è tra le richieste che vanno per la maggiore tra i giovani adulti. È un intervento comunemente richiesto da persone che hanno già una certa consapevolezza di sé e che desiderano migliorare la forma e la funzione del loro naso. Il professor Gualdi spiega che

la decisione di sottoporsi a una rinoplastica dovrebbe essere presa con attenzione, specialmente per i pazienti più giovani. «È essenziale che abbiano un’indicazione chiara e una maturità sufficiente per affrontare l’intervento», sottolinea.

Con l’avanzare dell’età la scelta verte sulla blefaroplastica: «La blefaroplastica, che riguarda il ringiovanimento delle palpebre superiori o inferiori, è un intervento richiesto da persone più mature, spesso sopra i cinquant’anni», dice il professor Gualdi. Gli uomini, oltre alle donne, si avvicinano a questo tipo di chirurgia poiché lo sguardo affaticato può diventare un problema a causa della vita moderna, che richiede un continuo utilizzo di dispositivi digitali ed esposizione a immagini.

Ma tra tutti il ringiovanimento del volto è quello più richiesto. Secondo Gualdi, infatti, il ringiovanimento del volto è una delle procedure più eseguite, con pazienti di varie età. «Questo intervento non ha limiti di età specifici, ma è più comune tra i pazienti di età più avanzata – afferma il chirurgo – L’obiettivo principale è creare risultati naturali e mantenere l’armonia del volto».

Da Aristotele al futuro della chirurgia estetica

«La tecnologia e le tecniche stanno sempre avanzando, consentendo risultati sempre più naturali e minimamente invasivi – racconta Gualdi che condivide la sua visione sul futuro della chirurgia estetica – È fondamentale un approccio personalizzato con la consulenza e il coinvolgimento attivo dei pazienti nella pianificazione del loro intervento».

In un mondo in cui l’aspetto fisico gioca un ruolo importante, la chirurgia estetica svolge un ruolo significativo nell’aiutare le persone a raggiungere la loro migliore versione di sé stesse: «La mia idea è di essere sempre molto cauti, soprattutto con la medicina estetica – consiglia Gualdi – È chiaro che diventa un mercato, è anche molto facile». Ma abusarne, ispirandosi a volti famosi senza che ci sia una reale necessità rischia di creare le cosiddette “bambole di gomma”: «Dagli Stati Uniti, ad esempio, hanno dei canoni un po’ più forti dei nostri, in Italia abbiamo una visione più moderata della chirurgia estetica, ma non perché non vogliamo dare risultati. Cerchiamo di guidare il paziente e io sono ispirato dalla scuola aristotelica».

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BREAST UNITS: APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE CONTRO IL TUMORE AL SENO

L’ Ambulatorio Open è il tentativo di bypassare il centralino, la prenotazione, visti i tempi di attesa spesso troppo lunghi, per dare risposte tempestive.

L’ approccio multidisciplinare è spesso la chiave per affrontare con successo le sfide più complesse e la lotta contro il tumore al seno non fa eccezione.

In un’epoca in cui la diagnosi precoce e la qualità delle cure sono fondamentali, centri come l’Ambulatorio Open presso la Fondazione Policlinico Campus Biomedico

di Roma rappresentano una luce di speranza per molte donne che si trovano ad affrontare questa battaglia.

L’obiettivo delle Breast Units

Le Breast Units sono centri dedicati a cui rivolgersi quando una donna scopre di avere un sospetto di tumore. Spesso, infatti, ci si trova da soli ad affrontare un percorso complicato. Grazie a queste uni-

tà, la paziente è accolta da tutto il team multidisciplinare e usufruisce degli accertamenti rapidi per approfondire la diagnosi. «L’iter corretto per una donna che ha qualche indicazione da approfondire circa la diagnosi di un sospetto nodulo al seno è quello di rivolgersi alle Breast Units, in qualsiasi fase della diagnosi – spiega il Professore Vittorio Altomare, responsabile della Breast Unit della Fondazione Policlinico Campus Biomedico

MARZO 2024 revee.news 29 L’intervista completa su revee.news

di Roma -. L’ Ambulatorio Open è il tentativo di bypassare il centralino, la prenotazione, visti i tempi di attesa spesso troppo lunghi, per dare risposte tempestive. Considerando che molte volte, questi allarmi strumentali o clinici, per fortuna non si rivelano veritieri di forma tumorale».

L’ aspetto più importante per le Breast Units è la multidisciplinarietà. In quesi centri, infatti, convergono le specialistiche necessarie alla risoluzione del problema. Il chirurgo oncologo, l’oncologo medico, il radioterapista e lo specialista della diagnosi nell’anatomia patologica e il chirurgo plastico nel caso di intervento di ricostruzione. Il percorso

che deve affrontare il paziente è molto difficile e doloroso, ecco perché in queste équipes si aggiungono tutti i professionisti che concorrono all’ottimizzazione delle cure del paziente, come lo psicologo, il sociologo ma anche il fisioterapista. «La donna con un sospetto si presenta da noi senza prenotazione, con una richiesta pubblica, quindi Servizio Sanitario Nazionale, di visita senologica urgente e noi in giornata siamo in grado di fare la visita, l’eventuale indagine strumentale, la mammografia, l’ecografia e la cosiddetta core biopsy, ossia l’ago aspirato moderno», racconta Altomare.

É quipe di professionisti per una prestazione di qualità

La discussione periodica dei casi clinici è un altro aspetto molto rilevante delle Breast Units. «Una volta a settimana, si organizza un meeting multidisciplinare per decidere insieme la strategia di trattamento più opportuna a seconda della paziente – spiega il Professore –. In letteratura, è descritto che, chi si rivolge ai centri di senolo-

gia, ha una possibilità di guarire del 18-20% in più rispetto a chi si rivolge a un professionista singolo. È una percentuale alta e questo è possibile grazie alla multidisciplinarietà».

L’unità multidisciplinare, oltre alla possibilità di guarire, deve garantire la qualità di prestazione. Il criterio di valutazione dipende anche dalle complicazioni che possono verificarsi e che, sebbene non mettano a rischio la vita della paziente, possono influenzarne la qualità della vita. «Gli organi competenti come la Regione Lazio, il Ministero, ci sottopongono a periodici controlli di qualità e noi specialisti siamo obbligati a seguire le linee guida. Se esci fuori da quelle, vieni declassato come centro di riferimento della senologia – spiega il professore – . Noi attualmente siamo in progressiva crescita, con numeri riconosciuti da organi competenti, intorno ai 350/400 nuovi tumori all’anno. Abbiamo raggiunto una qualità di prestazione molto alta, soprattutto l’Ambulatorio Open. Ogni mese, circa 100 persone vengono in questi ambulatori con un 30-40% di donne alle quali viene confermata una diagnosi di tumore. Il 60-70% di donne , invece, può tornare a casa senza

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aspettare quaranta giorni».

L’evoluzione della chirurgia e progetti futuri

In ottica di eventi sulla prevenzione, il professore Altomare annuncia che domenica 7 aprile si svolgerà la settima edizione di “Bicinrosa”. Il progetto portato avanti dalla Fondazione Policlinico Campus Biomedico. Si tratta di una passeggiata in bicicletta per Roma che sensibilizza sulla prevenzione e cura del tumore al seno. “Bicinrosa” raccoglie tre obiettivi che necessitano di essere divulgati il più possibile non solo alle donne, ma a tutti. «Rivolgersi ai centri dedicati e specializzati come le Breast Units per una diagnosi precoce e un trattamento adeguato. Seguire una corretta alimentazione con una dieta equilibrata e ricca di nutrienti. Infine, praticare attività fisica, ed ecco perché la bicicletta. La sua immagine richiama, infatti, la mobilità sostenibile e quindi anche la riduzione dell’inquina-

mento. Questa iniziativa promuove un messaggio di speranza per sostenere la ricerca contro il tumore al seno e per promuovere stili di vita corretti», spiega Altomare.

La chirurgia della mammella è in continua evoluzione. Oggi, a differenza del passato, si cerca di conservare il seno in modo da renderlo esteticamente accettabile per le pazienti. «Ci sono molte tecniche che il senologo dedicato, il chirurgo oncologo devono saper eseguire e che prevedono accorgimenti piccoli ma importanti di ricomposizione della ghiandola mammaria. Ad esempio, mediante l’uso di lembi superficiali, cutanei, soprattutto quando la

donna ha un accumulo di grasso che può risultare fastidioso in età post menopausale, per noi, in realtà, può essere molto utile – spiega Altomare -. Riusciamo, infatti, ad utilizzare quella parte per compensare ciò che abbiamo dovuto rimuovere per il tumore. È estremamente importante che la chirurgia sia eseguita da mani esperte».

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Prof. Vittorio Altomare, responsabile della Breast Unit della Fondazione Policlinico Campus Biomedico di Roma

Negli ultimi anni, il professore Massimo Aglietta, ex professore ordinario di oncologia medica presso l’Università di Torino e attuale direttore della Rete Oncologica della Regione Piemonte, ha svolto un ruolo di fondamentale importanza nella promozione dell’accesso a terapie avanzate e nell’affrontare il dolore nei pazienti oncologici.

In questa intervista, il professore Aglietta svela i dettagli e gli obiettivi della Rete Oncologica, oltre a condividere il suo coinvolgimento in un manifesto che si impegna a combattere il dolore nei pazienti.

La missione della Rete Oncologica

La Rete Oncologica è nata più di vent’anni fa in Piemonte e ha costantemente aumentato la sua importanza. «Il suo principale obiettivo è garantire una uniformità nei trattamenti oncologici in tutta la Regione. – spiega Aglietta – Questo si traduce nella creazione di sistemi di connessione e collaborazione tra i vari ospedali, con l’obiettivo di

Prof. Massimo Aglietta, ex professore ordinario di oncologia medica presso l’Università di Torino e attuale direttore della Rete Oncologica della Regione Piemonte

gestire i pazienti in modo ottimale in tutte le fasi della malattia».

Per fare questo il Professore collabora con altri due medici il dottor Comandone, direttore della SC Oncologia del Presidio Ospedaliero Gradenigo di Torino, la cui Struttura è stata riconosciuta centro di eccellenza per le cure palliative nell’ambito dell’ultimo congresso ESMO e il dottor Airoldi coordinatore Regionale dell’AIOM Associazione Italiana di Oncologia Medica.

«La Rete Oncologica opera su tre livelli – entra nel merito Aglietta – Diagnostica ad alto livello, programmi di screening e cure palliative».

Questi tre livelli rappresentano le fasi in cui la Rete opera per migliorare e ottimizzare le cure dei pazienti oncologici. Nello specifico il primo livello la “Diagnostica di Alto Livello” è la rete costituita dai centri diagnostici collegati tra gli ospedali e creano percorsi diagnostico-terapeutici, che identificano i tempi ottimali per eseguire gli esami.

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Il secondo livello sono i programmi di screening:

«L’obiettivo – prosegue Aglietta – è di ridurre il numero di casi di cancro attraverso una maggiore prevenzione».

Ma la prevenzione non sempre basta. La Rete Oncologica si preoccupa infatti anche delle terapie palliative, garantendo cure adeguate e di qualità ai pazienti in fase terminale, sia a domicilio che in strutture protette.

«La Rete Oncologica coinvolge una vasta gamma di professionisti, tra cui il dottor Comandone, che si occupa dell’organizzazione territoriale, e il dottor Airoldi, responsabile della parte ospedaliera - continua Aglietta – Io, come coordinatore del progetto, definisco le strategie e l’indirizzo da seguire per raggiungere gli obiettivi stabiliti. La collaborazione è fondamentale, coinvolgendo più di milleduecento professionisti tra medici, operatori sanitari e specialisti per creare percorsi di cura uniformi».

LA RETE ONCOLOGICA E IL MANIFESTO CONTRO IL DOLORE

Manifesto contro il dolore nei pazienti oncologici

Tra le azioni a tutela dei malati oncologici il professore Aglietta è stato coinvolto in un manifesto che si impegna a combattere il dolore nei pazienti oncologici. «Questo impegno è basilare, poiché il controllo del dolore è spesso trascurato ma cruciale per la qualità della vita dei pazienti –sottolinea Aglietta – L’obiettivo non è solo creare nuove iniziative, ma anche sensibilizzare ed educare il personale medico e le autorità regionali sull’importanza di valutare e gestire il dolore in modo adeguato».

Il manifesto cerca di promuovere schede uniformi per la valutazione del dolore in tutta Italia, garantendo che il livello di dolore sia quotidianamente indicato nelle cartelle cliniche dei pazienti.

Il professore Aglietta e la Rete Oncologica stanno lavorando per ottimizzare il trattamento del cancro e migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici.

«Il nostro impegno nella gestione del dolore – conclude Aglietta – è un passo importante verso un futuro in cui il sollievo dal dolore sia parte essenziale della cura dei pazienti con il cancro».

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UN VIAGGIO NEL RUOLO CRUCIALE DELL’ANATOMOPATOLOGO

L’anatomopatologo contribuisce alla diagnosi delle lesioni mammarie, fornendo informazioni essenziali per la definizione del percorso terapeutico.

Formulare diagnosi di malattia attraverso l’esame dei tessuti.

Quello dell’anatomopatologo è un ruolo chiave in campo oncologico. L’anatomia patologica analizza le alterazioni macroscopiche e microscopiche che colpiscono i tessuti dell’organismo umano, causate dai processi morbosi negli organi. A spiegare questa complessa branca della medicina è la dottoressa Francesca Pietribiasi, laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in anatomia patologica, direttrice della Struttura Complessa di Anatomia

Patologica presso l’ASL di Torino 5, Regione Piemonte che racconta il suo percorso professionale e il ruolo fondamentale che ricopre nella gestione delle patologie mammarie. Un’introduzione al mondo della senologia, un campo cruciale per la diagnosi e il trattamento dei tumori.

Un percorso di passione e impegno

La dottoressa Pietribiasi ha iniziato la sua carriera molti anni fa, collaborando con illustri esperti nel campo della patologia mammaria, tra cui il pro-

fessor Bussolati e la professoressa Sappino: «Mi hanno subito trasmesso la loro passione, il loro interesse per la patologia mammaria che è tuttora il mio principale campo di studio e di approfondimento nell’ambito della mia Asl», esordisce Pietribiasi. Questa esperienza ha trasformato infatti la sua passione in una dedizione professionale, portandola a diventare direttrice di Struttura Complessa di Anatomia Patologica dell’ASLTO5. L’anatomopatologo svolge un ruolo chiave all’interno del team multidisciplinare che si occupa di patologia mammaria.

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Dr.ssa Francesca Pietribiasi, laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in anatomia patologica, direttrice della Struttura Complessa di Anatomia Patologica presso l’ASL di Torino 5, Regione Piemonte

In collaborazione con chirurghi, radiologi e oncologi, spiega Pietribiasi «l’anatomopatologo contribuisce alla diagnosi delle lesioni mammarie, fornendo informazioni essenziali per la definizione del percorso terapeutico».

Dal prelievo alla diagnosi

La dottoressa entra nel merito del processo dettagliato di diagnosi che inizia con il prelievo di tessuti sospetti attraverso biopsie. «Questi campioni vengono sottoposti a una serie di passaggi chiamati processazione – descri-

ve Pietribiasi – culminando nella formulazione di una diagnosi precisa da parte dell’anatomopatologo». Oltre a determinare la natura benigna o maligna della lesione, «oggi l’anatomopatologo fornisce informazioni dettagliate come il grado di invasività e altri fattori prognostici predittivi». Il referto istopatologico diventa una guida terapeutica, influenzando le decisioni sul trattamento adiuvante. La dottoressa

sottolinea che «è molto importante che tutti i patologi scrivano un referto che sia completo, riproducibile e soprattutto confrontabile». Una necessità per garantire la qualità delle informazioni fornite e soprattutto per permettere a diversi team medici la migliore e univoca interpretazione. La completezza del referto da parte del patologo è determinante, ad esempio come nel caso dei test genomici, per evitare che-

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mioterapie inopportune, in pazienti che non hanno un rischio di recidiva con la sola ormonoterapia.

Prospettive future per l’anatomopatologo

La medicina si evolve costantemente, e la senologia non fa eccezione. La dottoressa Pietribiasi condivide alcune delle ultime novità nel campo, tra cui la crescente importanza della chemioterapia neoadiuvante, il ruolo del microambiente tumorale e i progressi nell’analisi genetica con test multi-genici. «Sicuramente in futuro ci verranno, già un po’ succede, in

aiuto anche dei sistemi di intelligenza artificiale, di analisi di immagine, ma per lo più la valutazione resta morfologica».

L’impegno in SenoNetwork

La dottoressa ha un ruolo attivo in SenoNetwork Italia, il Network dei Centri Italiani di Senologia, contribuendo al coordinamento regionale per il Piemonte e la Valle d’Aosta. Ha lavorato per incentivare la partecipazione dei centri di senologia e migliorare la qualità delle diagnosi attraverso controlli regolari.

«Stiamo lavorando per spingere i centri di senologia a partecipare a controlli di qualità dell’attività – conclude Pietribiasi ricordando l’obiettivo del convegno “Attualità in Senologia, che si è tenuto ad ottobre – Queste iniziative sono l’occasione per approfondire ulteriormente le conoscenze e discutere degli sviluppi più recenti nel campo».

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INNOVAZIONE E RICERCA CONTRO IL CARCINOMA MAMMARIO

Nella lotta contro il carcinoma mammario, una nuova frontiera della chirurgia senologica si apre all’insegna dell’innovazione e della ricerca.

Gli interventi robotici e mini invasivi offrono alle donne con tumore al seno una speranza concreta e un trattamento all’avanguardia contro questa malattia devastante.

A parlare delle repentine scoperte è Antonio Toesca, chirurgo senologo con vent’anni di esperien-

za, attualmente a capo della senologia chirurgica presso l’Istituto Oncologico di Candiolo a Torino.

Secondo il dottor Toesca, l’aumento dei casi di tumore al seno tra le donne giovani negli ultimi anni solleva diverse questioni sia per i chirurghi che per le pazienti. «Fattori come predisposizione genetica, stile di vita e condizioni ambientali contribuiscono a questo trend, sottolineando l’importanza della diagnosi precoce e della sensibilizzazione alla prevenzione», aggiunge.

Dr. Antonio Toesca, chirurgo senologo con vent’anni di esperienza, attualmente a capo della senologia chirurgica presso l’Istituto Oncologico di Candiolo a Torino

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Chirurgia mini invasiva e carcinoma mammario

Per affrontare queste sfide, il dottor Toesca ha introdotto la chirurgia mini invasiva e robotica della mammella. «Questo tipo di intervento prevede l’asportazione della ghiandola mammaria attraverso piccole incisioni nascoste all’ascella, consentendo una conservazione ottimale dei tessuti mammari e una ricostruzione immediata del seno durante lo stesso intervento».

I principali vantaggi di questa tecnica includono una minore invasività, cicatrici ridotte e un recupero più rapido per le pazienti, consentendo loro di tornare più velocemente alla vita quotidiana e familiare.

«Recenti studi condotti in Italia hanno confrontato i risultati della chirurgia

mini invasiva robotica con quelli della chirurgia tradizionale, dimostrando un minor impatto sulla qualità di vita delle pazienti sottoposte a interventi robotici», spiega Toesca. «Questi risultati sono stati pubblicati su importanti riviste scientifiche, evidenziando l’efficacia di questa tecnica nel migliorare l’esperienza post-operatoria delle pazienti».

Il dottor Toesca sottolinea che la chirurgia mini invasiva robotica è indicata soprattutto nei casi in cui non è possibile conservare la mammella, come nel caso di mutazioni genetiche o necessità di interventi profilattici. «Tuttavia, questa tecnica può essere considerata anche per pazienti che desiderano preservare la cosmesi e l’integrità corporea».

Tecnologia sempre più accessibile

Sebbene questa tecnica sia ancora limitata a pochi centri specializzati a causa dei costi elevati, il dottor Toesca auspica che diventi sempre più accessibile in tutti i centri di cura, garantendo a tutte le donne un trattamento avanzato e meno invasivo.

«In conclusione, la chirurgia senologica sta vivendo una fase di rapida evoluzione grazie agli avanzamenti tecnologici, offrendo alle donne nuove opzioni per affrontare il carcinoma mammario con minor impatto sulla loro vita quotidiana e una migliore conservazione della loro salute e bellezza», conclude il dottor Toesca.

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GLUTEOPLASTICA: TECNICA E SFIDE ETICHE NELLA CHIRURGIA ESTETICA

Negli ultimi anni, la chirurgia estetica ha sperimentato una crescita significativa in diversi settori, e uno dei trattamenti attualmente in voga è la gluteoplastica.

Questo intervento, progettato per migliorare la forma e le dimensioni dei glutei, è diventato una scelta sempre più popolare tra coloro che cercano di perfezionare la propria immagine corporea. In questo articolo, esploreremo le ragioni dietro questa tendenza, le diverse tecniche utilizzate e le considerazioni etiche associate a questo inter-

vento. Il dottor Adriano Santorelli, rinomato chirurgo plastico con sede a Napoli, ha condiviso la sua esperienza nel campo della chirurgia estetica, concentrandosi proprio sulla gluteoplastica. La sua expertise spazia dalla chirurgia estetica ai trattamenti non invasivi.

Gluteoplastica: unione di arte e scienza

Il dottore ha spiegato che il termine “gluteoplastica” deriva dalla combinazione delle parole “gluteo” e “plastica”, sottolineando l’obiettivo di modellare e

rimodellare i glutei. Questo intervento, che può includere protesi glutee, è relativamente breve, eseguibile in anestesia spinale e offre risultati estetici visibili.

«Non ha nessuna componente funzionale – spiega il medico- sebbene alcuni trattamenti, per esempio l’acido polilattico piuttosto che il trapianto di grasso, possono migliorare l’inestetismo della cellulite».

L’intervento più comune, l’inserimento di protesi glutee, richiede circa un’ora.

L’obiettivo principale di

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tali interventi è l’aumento del volume, migliorando l’estetica e contribuendo significativamente all’autostima del paziente.

Il post-intervento è cruciale per il successo del trattamento. Il dottore ha sottolineato le differenze nelle cure post-operato rie tra interventi con pro tesi e procedure meno invasive come l’utilizzo di acido ialuronico. Il pazien te deve seguire una te rapia antibiotica e giorni di riposo nel primo caso, mentre nel secondo può riprendere rapidamente le normali attività quoti diane.

Glutei instagrammabili

Il dottore ha discusso delle sfide legate alle in fluenze dei social media.

«Le richieste eccessive sono sempre dietro l’an golo – ammette Santorelli

– Purtroppo nel mio me stiere credo che la miglio re gestione sia quella di educare il paziente».

Spiegare i rischi e le limi tazioni delle procedure è fondamentale per evitare aspettative irrealistiche.

«Oltre certi limiti, si rischia di entrare in una “terra di nessuno”, perdendo il controllo del processo».

Le richieste di assomigliare a personaggi famosi come Angelina Jolie o Kim Kardashian possono portare ad aspettative irragionevoli.

«Ovviamente questo non è un sintomo positivo quando incontriamo

Dr. Adriano Santorelli, chirurgo plastico con sede a Napoli

MARZO 2024

PAGAIE ROSA: LO SPORT È TERAPIA

«L a nostra forza è poter percorrere un cammino insieme dopo la malattia».

Le parole di Mariagrazia Punzo, presidente dell’Associazione Pagaie Rosa Dragon Boat ONLUS di Castel Gandolfo, mettono l’accento su quanto sia importante, per una donna che è stata operata di cancro al seno, pagaiare e fare attività sportiva per tornare a una nuova normalità.

Dallo sport del Dragon Boat all’associazione Pagaie Rosa

«Anni fa i medici sostenevano che le donne operate al seno non dovessero fare nessun tipo di sforzo – precisa Punzo – per scongiurare l’insorgenza

del linfedema». Questa convinzione è stata completamente ribaltata da un medico sportivo canadese, che ha identificato nel gesto della pagaiata dello sport Dragon Boat, una terapia utile alle donne operate di cancro al seno.

«Nel movimento per far avanzare la barca – spie-

ga la presidente dell’associazione – c’è un ciclo di carico e scarico che favorisce un drenaggio naturale». Oltre ai benefici fisici, inoltre, c’è una grossa carica emotiva che coinvolge le pagaiatrici: «Io dico sempre che siamo tutte sulle stessa barca –continua Punzo – e non è solo una metafora ma un luogo fisico».

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Infatti, tra queste donne si sviluppa una sorellanza che è più forte della fatica della terapia. «Il medico canadese lo ha capito e ha deciso di portare a gareggiare le pagaiatrici – continua Punzo – queste donne hanno iniziato a viaggiare e nel 2002 sono approdate in Italia». In occasione del campionato mondiale di Dragon Boat a Roma la squadra di pagaiatrici canadesi ha conosciuto Orlanda Capelli, tamburina della nazionale italiana e donna operata di tumore al seno, che ha saputo cogliere questo importante messaggio di coraggio.

«Lei ha iniziato a lavorare per far nascere in Italia un’organizzazione di questo tipo – spiega la presidente – ed è nata la prima squadra italiana di Dragon Boat: le Pink Butterfly e l’associazione Pagaie Rosa».

L’attività fisica non è solo aggregazione ma anche terapia

«Sulla base della nostra esperienza – spiega la presidente delle Pagaie

Rosa – mostriamo come questo sport ci fa bene». C’è una grande attenzione al quadro clinico delle donne che aderiscono all’associazione perché alcune hanno metastasi ossee o sono in recidiva. «Anche quando si esce in barca con la testa piena di pensieri non positivi –spiega Punzo – sappiamo che riusciamo a raggiungere la riva grazie alle nostre compagne». Inoltre, il movimento della pagaiata è molto naturale e fa rilassare la mente: «dopo un po’ che stai all’aria aperta e ti confronti con l’acqua sembra quasi di meditare» continua la presidente.

« Adesso l’attività sportiva è consigliata dai medici – spiega Punzo – ma a me piacerebbe che il farmaco diventasse l’attività sportiva ». Dovrebbe essere consigliata come se fosse una medicina specifica perché le donne devono essere indirizzate verso ciò che è meglio per loro. « Il nostro lavoro come associazione consiste anche nel collaborare con i medici e fare prevenzione – commenta la presi -

dente – per aiutare con un’attività di consiglio ».

L’associazione, inoltre, è impegnata in altre lotte sociali come l’istituzione della giornata nazionale del tumore metastatico. «Le nostre battaglie si dirigono nell’ottica del benessere della donna» precisa Punzo. Perché, spesso, le donne trascurano la propria salute e rimandano i controlli, e per questo motivo la prevenzione è fondamentale.

Inoltre, lo sport del Dragon Boat può essere fatto a tutte le età perché si pagaia sempre insieme, ognuna secondo le proprie possibilità.

«Il concetto principale di ciò che facciamo – conclude Punzo – è che noi siamo il motore della barca. Sappiamo che nelle nostre braccia c’è forza che è la nostra linfa vitale e non conosce età».

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Mariagrazia Punzo, presidente dell’associazione Pagaie Rosa Dragon Boat Onlus

COVID E FAKE NEWS:

CONTRASTARE LA DISINFORMAZIONE CON LA RICERCA SCIENTIFICA

La metodologia della ricerca è un antidoto al fenomeno dilagante della disinformazione.

Per fare ricerca clinica, serve che il ricercatore abbia il metodo giusto per approcciare alle notizie in modo adeguato.

Nel 2020, la foto di Martina Benedetti, con il volto segnato dalla mascherina e stremato dai turni durante la pandemia, ha fatto il giro del mondo. Diventando così il simbolo degli infermieri impegnati in prima linea a prestare soccorso negli ospedali.

«La passione per la ricerca c’è sempre stata. Ho unito la mia anima letteraria, romantica con quella scientifica, bisognosa di

trovare spiegazioni scientifiche e reali», dichiara Martina Benedetti, infermiera nell’Unità di terapia intensiva dell’ospedale N.O.A, Nuovo Ospedale Apuane, con esperienze pregresse in area critica, in ambito cardiologico e cardiochirurgico.

Quando non è in reparto, l’infermiera Benedetti dedica gran parte del suo tempo alla scrittura e allo studio sulla metodologia della ricerca assieme alla Fondazione GIMBE, con la quale attualmente collabora. «Mi occupo di divulgazione scientifica e racconto il mondo della sanità a 360°, sia per quanto riguarda la salute sia per le varie problematiche riguardanti il mondo sanitario – dichiara Benedetti-. Sto lottando con i miei piccoli mezzi quotidianamente per far passare il concetto di sanità e del mondo sanitario equo, accessibile, pubblico e universale».

La scrittura come “autocoscienza dell’anima”

Il 16 febbraio è uscito “Salvarsi dalle bufale e dalle fake news.” scritto da Benedetti, edito da Nutrimenti. Lo scopo del libro,

come afferma l’autrice, non è quello di elencare le fake news, bensì di mostrare le potenzialità della metodologia della ricerca come unica strada in grado di salvarsi dalla disinformazione. «I dati sull’incremento della disinformazione e delle fake news sono preoccupanti. Sono stata vittima di fake news, passando a debunker di fake news, le ho vissute da paziente e da operatrice sanitaria –afferma Benedetti -. Tutto quello che c’è stato e che c’è di vago nella comunicazione sanitaria, specialmente in pandemia, è stato deleterio. Si può parlare di “morti da disinformazione”».

Social media contro le fake news

In un mondo bombardato da notizie, addestrare il pensiero logico, farsi delle domande e porsi dei dubbi è la priorità. Altrettanto importante è la ricerca delle fonti oltre a una corretta digitalizzazione che renderà ancora più semplice la ricerca di contenuti e il destreggiarsi in rete per le nuove generazioni.

«Non mi piace definirmi influencer, preferisco divulgatrice scientifica.

Non guadagno grazie ai miei followers, ma con il mio lavoro quotidiano di reparto e al mio lavoro di divulgatrice e scrittrice – continua l’infermiera -. Dietro ai cinque minuti di spazio televisivo, ci sono ore, giornate, settimane e mesi di studio. Tutto quello che faccio, lo faccio perché mi piace e perché mi porta avanti la passione sia verso il mio lavoro sia verso il voler raccontare il mondo sanitario a 360° e senza filtri».

Il periodo di pandemia ha avuto un impatto comunicativo notevole. Prima del 2020, i social media erano prettamente utilizzati per puro divertimento, con poca divulgazione scientifica, mentre erano altri i canali che si occupavano di informazione. Negli ultimi tre, quattro anni, c’è stato un boom di aperture di nuovi canali social, come Tik Tok. «Il mezzo non va criticato, va solamente studiato. Nel caso di Tik Tok, è stato spesso usato male, per fare disinformazione, ma ci sono anche pagine interessanti che uso per informarmi – spiega l’infermiera -. Possiamo e dobbiamo imparare a difenderci dalle bufale e capire se un input è buono per noi, così da capire se accoglierlo o meno».

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Salute mentale, fisica e dovere morale

La professione infermieristica è un lavoro di responsabilità. La salute mentale e fisica sono essenziali per prestare le giuste attenzioni e le cure necessarie ai pazienti. Trovare un equilibrio della mente, del corpo e il dovere morale di prestare soccorso non è sempre facile. Ecco perché chiedere

aiuto a un professionista può fare la differenza, cercando supporto quando necessario.

«Nel momento in cui ho sentito che il mio equilibrio stava vacillando, rischiando così che potesse rompersi, non ho esitato a rivolgermi a un professionista. Bisogna fare qualcosa, perché se non ci si prende cura di chi deve curare la popolazione, falliamo in partenza», conclude Benedetti.

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Revée News 03 - Marzo 2024 by Revée NEWS - Issuu