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CHIRURGIA E SPAZIO: VA IN ORBITA IL PROGETTO “SUTURE IN SPACE”
« S uture in space è il primo esperimento che tenta di verificare ciò che accade ai tessuti umani feriti e suturati nello spazio».
Con queste parole il dottor Marco Bernini, chirurgo senologo presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze descrive l’esperimento in un’intervista doppia con Monica Monici coordinatrice del progetto “Suture in space”, del laboratorio congiunto ASAcampus, Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche, Università di Firenze, realizzata subito dopo il lancio di SpX-26 (Cargo Dragon 2) nello spazio.
L’esperimento, iniziato circa 7 anni fa, ha portato in orbita campioni di tessuti umani per testare come l’organismo sopravvive a traumi e ferite in condizioni di microgravità.
“Suture in space”: modelli di ferite suturate nello spazio
«Il processo di guarigione delle ferite è essenziale per la sopravvivenza dell’organismo. – spiega Monici – È complesso e si svolge in più fasi. Ho pensato che fosse interessante capire, se e come, l’assenza di gravità influenza il processo e ho proposto ad alcuni colleghi l’idea di preparare un progetto di studio su questo e sottoporlo all’Agenzia Spaziale Europea, che lo ha selezionato per svolgerlo sulla Stazione Spaziale Internazionale (ESA-ILSRA-2014). Il progetto è coordinato e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (C-ASI N. 2018-14-U.0-Suture in Space). Questi studi possono essere importanti per pianificare, dal punto di vista sanitario, le future missioni di esplorazione spaziale».
Il progetto è frutto di una collaborazione con diverse realtà europee e ita- liane: «Oltre ai ricercatori italiani, vi sono ricercatori di Università tedesche, olandesi e danesi. Ognuno ha un compito ben preciso, soprattutto per quanto riguarda le molte analisi fatte sui campioni riportati a Terra» continua Monici.
Aggiunge il dottor Bernini: «È un esperimento di suture chirurgiche non solo su cute, ma anche su vasi sanguigni. Questo progetto è motivo di orgoglio perché è la prima volta che viene tentato un esperimento simile su tessuti umani nello spazio».


Obiettivi e risultati attesi
«La possibilità di garantire, in ambiente spaziale, cure mediche adeguate e vicine agli standard terrestri è una sfida che richiede studi approfonditi – spiega Monica Monici -. L’esperimento ha tenuto conto di una molteplici- tà di fattori e variabili: le condizioni estreme, come la microgravità e le radiazioni, la durata delle missioni, il numero di attività ad alto rischio ad esse associate, la risposta dell’organismo umano a lunghi periodi di permanenza nello spazio».
La sperimentazione è partita lo scorso novembre dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral. I modelli di ferite in tessuti umani sono stati inseriti in contenitori dedicati e poi trasferiti con SpX-26 (Cargo Dragon 2) sulla Stazione Spaziale Internazionale per essere monitorati in un ambiente di microgravità.
Questo progetto ha lo scopo di fornire gli strumenti per poter curare le lesioni, ustioni e cicatrici nello spazio, secondo gli standard terrestri, in modo da poter agire tempestivamente sulle ferite degli astronauti in orbita direttamente sui veicoli spaziali.
Lo scopo è comprendere almeno parzialmente in che modo le condizioni alterate di gravità influenzino le fasi del processo di guarigione delle ferite. «Ovviamente questo è un primo passo. Altri esperimenti saranno necessari per approfondire le nostre conoscenze» continua Monici. È chiaro che con un solo esperimento non è possibile capire tutto.
«Con questo esperimento abbiamo raggiunto anche altri importanti risultati. Gli sforzi congiunti di tutti i partner hanno reso possibile sviluppare una tecnica di coltura che permette ai tessuti di sopravvivere per tempi abbastanza lunghi. Potrebbe quindi avere dei risvolti importanti per la cura delle ferite anche sulla Terra» spiega Bernini.
Una buona parte dei risultati del progetto “Suture in space” saranno disponibili entro la fine del 2023.



