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PRIMA DEL GENERE, C’È LA PERSONA
Per il professor
Paolo Valerio, presidente dell’ONIG (Osservatorio Nazionale sull’Identitа di Genere), fare informazione sulle identità di genere è un mezzo per promuovere inclusivamente una cultura che veda nelle differenze una risorsa da valorizzare e non un ostacolo.
È necessario sostituire la cultura basata su un’ideologia patriarcale, sessista, genderista, ed eteronormativa, che fa riferimento agli stereotipi di genere.
Lo psicoterapeuta racconta, attraverso la sua esperienza e le realtà di cui fa parte, quanto sia importante aprire le menti per creare una società più inclusiva, in cui tutti e tutte abbiano le stesse opportunitа e gli stessi diritti.
Infatti, lo statuto delineato dall’ONIG, secondo un approccio affermativo, si basa su due principi fondamentali: il non binarismo di genere e la depatologizzazione. Una persona transgender non è malata, è una persona che ha il diritto di veder riconosciuto il genere percepito, con il quale si identifica, indipendentemente dal sesso assegnato alla nascita. Ha il diritto che le venga offerto un intervento svolto in un’ottica affermativa, cioè, culturalmente informato e sensibile ai bisogni e che prenda in considerazione: il peso del minority stress, l’autonomia e la resilienza. È importante, inoltre, contribuire a ridurre le barriere sociali e culturali che possono interferire con il benessere psicofisico, sessuale e sociale delle persone transgender.
«Nel ’95 arrivò nel mio studio una ragazza dall’aspetto molto femminile inviata a consulto da un collega uro-andrologo – spiega Valerio –con la richiesta di essere aiutata a fare quello che all’epoca si chiamava ‘cambio di sesso’». Oggi la terminologia è cambiata Le persone transgender, cioè coloro che non si identificano con il genere assegnato alla nascita sulla base dell’apparenza dei genitali esterni, chiedono di intraprendere un percorso di transizione che consenta di vivere pienamente nel genere percepito in cui si identificano, che può essere maschile, femminile o non binario.
«All’epoca ero già professore universitario e psicoterapeuta – continua Valerio – conoscevo le questioni legate all’orientamento sessuale, ma dal punto di vista clinico non avevo mai incontrato una persona che volesse intraprendere questo percorso». Il professore consigliò alla ragazza di rivolgersi a una sua collega che aveva più esperienza,