Estratto di 30 pagine del libro Vulcani di Sabrina Mugnos

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VULCANI


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Sabrina Mugnos

VULCANI QUALI RISCHI?

UN’APPASSIONANTE ANALISI SCIENTIFICA

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Avvertenza Ringraziamo tutte le persone che hanno fornito il materiale fotografico e iconografico. L’editore è a disposizioni degli aventi diritto per quanto riguarda fonti iconografiche non identificate.

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revisione editing copertina stampa

Sabrina Reali Claudio Corvino, Valentina Pieri Matteo Venturi Tipografia Lineagrafica, Città di Castello (PG)

I edizione febbraio 2011 Collana “Scienza e Conoscenza”

© 2011 Macro Edizioni un marchio del Gruppo Editoriale Macro www.macroedizioni.it Via Bachelet 65, 47522 Cesena (FC) ISBN 978-88-6229-036-5

La Cellulosa utilizzata per la produzione della carta su cui sono stati stampati gli interni di questo libro proviene da foreste amministrate. La Cellulosa utilizzata per la produzione della carta su cui sono stati stampati gli interni di questo libro è sbiancata senza utilizzo di cloro (ECF). Questa carta è riciclabile.

Gli inchiostri utilizzati per stampare questo libro non contengono composti organici volatili, sono esenti da oli minerali e sono con base vegetale, ambientalmente compatibile.


Se avessi lasciato parlare solo la studiosa che è in me, vi avrei raccontato di montagne assassine che hanno ucciso e uccideranno ancora, vigliaccamente travestite da barocchi colli usciti dalle pennellate di un estroso artista. Ma sono una donna, testimone e vittima dell’eterno rincorrersi degli opposti come odio e amore, unione e abbandoni, pace e guerra; e vedo incarnata in quelle montagne, come in altri luoghi di questo pianeta vivo e inquieto, l’inesorabile legge del vivere che uccide per ridar nuova vita, che partorisce nuova vita con la promessa di uccidere, in un perenne ciclo che è nato insieme allo spazio e al tempo. Con la cenere delle stelle sono state cesellate le nostre carni, e sulle ceneri delle vittime delle tragedie sono sbocciate nuove vite. Gli uomini e la loro civiltà vanno e vengono, ma il pianeta che calpestano, e la sua ruffiana Luna, restano a guardare…


Il sipario si chiude solo momentaneamente, per dar tempo al pubblico di scambiarsi il testimone, ed alle scene di essere allestite nuovamente. Non ci è stata chiesta la volontà di prender parte a questo spettacolo, e non ci è stato insegnato a comprendere che la vita esiste solo sotto lo spettro della morte e che, forse, la morte non è la fine, perché fine ed inizio non esistono in nulla di ciò che ci circonda. E nonostante ciò ad ogni commedia il piccolo uomo partecipa col coraggio e l’ardore di una creatura eterna, ignorando consapevole il proprio destino. E l’universo, commosso, si alza ad applaudire. Sabrina Mugnos


Prefazione

N

egli ultimi anni i fenomeni naturali hanno causato numerose vittime e ingenti danni all’ambiente e, per la maggior parte dei casi, si è trattato di processi geologici. Per fare solo qualche esempio lo tsunami che nel dicembre 2004 ha travolto le coste dell’Oceano Indiano uccidendo oltre 250.000 persone è stato causato da un violento sisma; e sempre un terremoto ha raso al suolo la capitale di Haiti nel gennaio dello scorso anno portandosi via un altrettanto impressionante numero di vite umane. L’attività vulcanica, invece, è stata più magnanima; l’ultima grande eruzione del secolo scorso è avvenuta nelle Filippine nel 1991, quando il Pinatubo si è risvegliato dopo mezzo millennio di sonno. Le poche centinaia di vittime sono state causate dalle inondazioni di fango e ceneri (chiamate lahar) prodotte dalle piogge torrenziali di un uragano che ha colpito la zona proprio in concomitanza dell’eruzione. Ma se i vulcanologi non avessero preventivamente dato l’allarme (inducendo le autorità ad evacuare l’area circostante il vulcano) sarebbe stata una tragedia ben maggiore. Da allora i bracieri della Terra hanno continuato a fare quotidianamente il loro dovere in modo discreto (seppur causando sempre danni e disagi) fino alla primavera di quest’anno, quando sono balzati sulle cronache di tutto il mondo a seguito dell’eruzione dell’islandese Eyjafjoll, la cui cenere ha costretto a terra per una settimana gli aerei di mezza Europa. Occorre tenere a mente, però, che questo stato di “calma” è solo apparente e che i vulcani attivi (soprattutto quelli esplosivi) presenti sia in aree continentali che insulari rappresenta-


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no una minaccia reale e costante per centinaia di migliaia di persone, come ci ricordano i nostri Vesuvio e Campi Flegrei. Il rischio vulcanico, insomma, è concreto e attuale, e gli studiosi cercano di contenerlo attraverso ricerche sempre più approfondite. La ricostruzione accurata della storia eruttiva dei vulcani, la misurazione dei loro fenomeni con tecnologie all’avanguardia, nonché la simulazione numerica della loro complessa dinamica, sono alcuni dei principali obiettivi dei ricercatori. Questi ultimi sono, tuttavia, ben consapevoli di non poter, almeno per il futuro prossimo, dare certezze su quando e come un vulcano erutterà, ma solo stime probabilistiche affette da incertezze più o meno grandi. E su queste basi le autorità competenti sono chiamate al difficile compito di predisporre gli opportuni piani di mitigazione del rischio. D’altro canto l’attività vulcanica può essere anche innocua e spettacolare, ed è il motore che alimenta il ciclo vitale del nostro pianeta e di tutte le forme di vita che lo popolano. Nuove terre nascono, altre si rinnovano, mentre vecchie muoiono lentamente inabissandosi come relitti o andando in pezzi a seguito di colossali esplosioni. Una visione struggente e romantica della natura, insomma, magistralmente colta da Sabrina Mugnos. Studiosa (si è laureata all’università di Pisa), esperta divulgatrice scientifica ma anche indomita viaggiatrice ed esploratrice, Sabrina ha scelto di voler raccontare il mondo naturale che ci circonda attraverso l’occhio esperto di una professionista del settore, ma con la passione di chi nutre un amore profondo per la conoscenza e uno stupore ancora genuino in grado di contagiare chi la legge e, soprattutto, la ascolta. Immergendosi nel suo libro non si apprendono solo nozioni e spiegazioni chiare e semplici sui fenomeni vulcanici, ma ci si appassiona allo stile avvincente in cui vengono raccontate le vicende e gli aneddoti che circondano la loro storia, spesso narrati


Prefazione - 9

in prima persona dall’autrice nella forma di un diario di viaggio, che trasmette al lettore la sensazione di averli vissuti davvero. Il libro di Sabrina, unico nel suo genere sul panorama editoriale nazionale, è un saggio scientifico di alto profilo, ma anche un racconto appassionato e appassionante dei processi vitali del nostro pianeta. Sarebbe davvero un peccato non leggerlo! Augusto Neri Direttore della Sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia



Ringraziamenti

L

o so, è inusuale, ma questa volta credo che i primi ringraziamenti vadano proprio ai vulcani. Esplorarli, o forse sarebbe meglio dire affrontarli in tutti questi anni è stata un’esperienza di vita che mi ha fatto crescere come donna e come studiosa. In questi luoghi si impara, innanzitutto, ad aver rispetto per la natura, prendendo coscienza della sua enorme potenza e riconoscendo i suoi confini invalicabili. Siamo solo inquilini di questo mondo, e per sua gentile concessione. Nulla mi è mai stato più chiaro del fatto che oggi ho potuto raccontare queste meravigliose avventure solo perché mi è stato permesso di osservare e fare ritorno a casa, ricca di un patrimonio inestimabile che spero questo testo possa, almeno in parte, esprimere e trasmettere. Ogni viaggio amplia gli orizzonti della nostra mente, ed è proprio quando si perdono i punti di riferimento che si comincia a cercare. Quindi, per quanto possa valere il mio consiglio, suggerisco a tutti coloro che possono o potrebbero, di fare le valigie per andare ad incontrare se stessi in qualche luogo estremo di questo mondo. Grazie a tutti coloro che mi hanno accompagnato in questi anni, ma anche a chi è rimasto a casa ad aspettarmi, perché tornare conclude la grande impresa di staccarsi per partire, e spesso è l’amore di chi resta ad aspettare a dare la forza per affrontare i numerosi disagi che si affrontano nel viaggio. Grazie alla mia famiglia dalla quale tornerò sempre.


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E grazie ai miei editori, che non solo continuano ad aver fiducia in me e nelle mie ricerche, ma sanno farmi sentire libera di esprimermi senza pressioni o imposizioni alcune. Per quello che riguarda la stesura del testo ringrazio infinitamente il dottor Augusto Neri, Dirigente di Ricerca presso la sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, giĂ coordinatore del Progetto europeo Exploris per la valutazione del Rischio Vulcanico e uno dei massimi esperti a livello internazionale di Modellistica dei Processi Vulcanici. La sua collaborazione è stata fondamentale per la scrittura dei capitoli dedicati alla prossima eruzione del Vesuvio, ma anche per la supervisione generale del testo. E grazie in anticipo a coloro che devono ancora arrivare nella mia vita per nuove avventure. Vi aspetto! Sabrina Mugnos


Introduzione

N

ell’aprile del 2010 il traffico aereo di mezza Europa è andato in tilt a causa di una nube di cenere arrivata dalla fredda Islanda, emessa dal vulcano Eyjafjoll. La cenere, infatti, soprattutto quella talmente fine da essere invisibile ai normali radar, può danneggiare i motori delle aeromobili portando al loro blocco. Nonostante si sia trattato di un’eruzione di modesta entità, praticamente ordinaria per la natura geologica dell’isola, tanto è bastato per rendere rischiosi i voli dei maggiori scali internazionali portando alla loro paralisi. E così, le imprese di un piccolo braciere perfettamente sconosciuto, annidato silenzioso da secoli sotto una spessa calotta glaciale, sono finite sulla bocca di tutti, alimentate dal più accanito gossip catastrofistico. Guai a toccare il portafogli dell’economia internazionale, e tanto più ad intralciare i frenetici spostamenti degli occidentali! Eh già, perché solo un mese dopo, alla fine di maggio, i latino-americani Pacaya (Guatemala) e Tungurahua (Ecuador) hanno fatto vittime e costretto all’evacuazione migliaia di persone, così come l’indonesiano Sinabung alla fine di agosto, quando si è risvegliato dopo 400 anni di sonno ammantando di cenere Sumatra e lasciando senza tetto circa 30.000 persone. Eppure, sono stati totalmente snobbati dai media. Ma le catastrofi naturali sono tutt’altra cosa che noi, Sapiens Sapiens moderni, ancora non conosciamo perché si sono consumate sul nostro pianeta prima del nostro arrivo. Allora, quando montagne di roccia ancora cadevano di frequente dal cielo, e i continenti avevano altre forme e posizioni, veri e propri oceani di fuoco inondarono e avvelena-


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rono la superficie terrestre, proprietà di inquilini a quattro zampe o dotati di pinne e squame. Solo i nostri primissimi antenati assaggiarono la verga della natura violenta, e questo avvenne circa 74.000 anni fa, quando il vulcano indonesiano Toba mise a ferro e fuoco l’intero pianeta. Poi, da quella lontana e drammatica notte dei tempi, l’attuale umanità che ne uscì visse sonni più tranquilli, sebbene spesso funestati da fenomeni naturali violenti. Solo negli ultimi tre secoli potenti eruzioni vulcaniche hanno alterato il clima globale e scatenato carestie con centinaia di migliaia di vittime. Eppure questi rimangono eventi ancora modesti rispetto al reale potenziale distruttivo del nostro pianeta che per ora ci ha risparmiato ricordandoci, però costantemente, che questo stato di grazia non durerà in eterno. Il suo cuore è ancora rovente e lui continuerà a fare il suo mestiere, senza curarsi di chi scorrazza sul suo dorso. Nel frattempo, ci stiamo moltiplicando a vista d’occhio andando ad occupare spazi che non andrebbero invasi: oltre mezzo miliardo di persone si sono accampate alle falde di vulcani attivi, ammaliate soprattutto dalla fertilità delle loro terre. E nonostante sia noto il pericolo che incombe, la cosa non preoccupa al punto da far fagotto e andare altrove. Un esempio per tutti è lo splendido territorio napoletano. Il Vesuvio e i dirimpettai Campi Flegrei, due tra i più pericolosi sistemi vulcanici del mondo, sono letteralmente attorniati da centinaia di migliaia di persone che, evidentemente, si sentono rassicurate dal fatto che i colossi dormono da decenni, oltre che dai loro santi protettori. Ma la loro natura è proprio quella di sonnecchiare, talvolta anche per millenni, prima di scatenare dei cataclismi. Essi fanno parte di quella categoria di vulcani che gli studiosi definiscono grigi perché di un grigio desolante e spettrale tingono il paesaggio quando si risvegliano, con diluvi di pietre e cenere roventi seguiti da valanghe in-


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candescenti di gas, brandelli di magma e cenere veloci più del vento e devastanti quanto una detonazione nucleare. Purtroppo allo stato attuale delle conoscenze scientifiche non è possibile stabilire quando e in che modo si risveglieranno, sebbene tutta una serie di segnali premonitori dovrebbero annunciarlo almeno alcune settimane prima. Si possono però fare delle previsioni: sulla base di una gran mole di informazioni geologiche e storiche sulle vicissitudini passate dei vulcani, e il loro stato presente determinato dai dati strumentali una nuova generazione di vulcanologi (gli studiosi di Modellistica dei Processi Vulcanici) che ha sostituito al martello potenti elaboratori, simula tramite eruzioni virtuali ciò che potrebbe accadere, valutando l’impatto sulla popolazione e l’ambiente circostante. Il Vesuvio è il principale soggetto di tali studi, coordinati a livello internazionale proprio da esperti italiani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Lo si ritiene una sorta di bomba ad orologeria, il cui timer ha cominciato il conto alla rovescia dal tempo della sua ultima eruzione avvenuta nel 1944. Nell’attesa i napoletani vivono e convivono con le espressioni di sofferenza e terrore scolpite sui corpi fossilizzati delle vittime di Pompei ed Ercolano (due dei paesi spazzati via dalla grande eruzione del 79 d.C.), noncuranti di ciò che cova sotto le loro amate terre. Del resto le stesse autorità sembrano poco preoccupate, non avendo ancora fornito ai comuni delle zone a maggior rischio una versione definitiva del Piano Nazionale di Emergenza, una strategia di evacuazione approntata una quindicina di anni fa proprio per fronteggiare un’eruzione imminente. Il subbuglio mediatico scatenato dal piccolo Eyjafjoll, bontà sua, ha attirato l’attenzione anche sugli altrettanto inquietanti vulcani sommersi, di cui il nostro Mediterraneo è letteralmente gremito.


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L’area tirrenica in particolar modo, ospita dei colossi che rivaleggiano in dimensioni nientemeno che col gladiatorio Etna. Attualmente sono sopiti, ma potrebbero ridestarsi da un momento all’altro e produrre esplosioni ed eruzioni sottomarine; oppure potrebbe semplicemente distaccarsi qualche frana dalle loro pareti precarie fatte di roccia lavica, profondamente alterata dal perenne contatto con l’acqua marina. In tutti i casi, qualsiasi cosa accada sopra o sotto il mare, è una potenziale causa di tsunami, le muraglie d’acqua assassine che nel nostro piccolo mare ricamato da coste popolate da milioni di persone provocherebbero una strage. Taluni vulcani insomma sanno fare davvero paura, sebbene non siano popolari come sismi, uragani e alluvioni, molto più frequenti e di norma enormemente meno potenti. Ma non tutti i bracieri della terra sono dei serial killer: ci sono vulcani e vulcani e, quando non sono così iracondi, le loro evoluzioni sanno deliziare con spettacoli di selvaggia bellezza, permettendoci di dare una sbirciata a quello che era la Terra prima che gli esseri umani la eleggessero a loro dimora. Quando il magma arriva in superficie molto fluido e degassato sotto forma di lava può esibire fenomeni stravaganti, come incanalarsi in fiumi con rapide, mulinelli e cascate, oppure zampillare in aria dando vita a fontane e fantasie pirotecniche di ogni genere, così come è possibile ammirare alle isole Hawaii. E i paesaggi che si lascia alle spalle hanno forme e colori assolutamente peculiari, impossibili da emulare anche dal tocco del più abile degli artisti. Certo, viverci accanto non è cosa semplice; in fondo si tratta pur sempre di vulcani, e i danni all’ambiente e alle infrastrutture che producono sono spesso pesanti. Ma difficilmente uccidono, se non qualche curioso che si è avvicinato troppo. Loro, i buoni per intenderci, sono i rossi, perché è il rosso della roccia infuocata a far da cornice alle loro esibizioni.


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Rosso e grigio, grigio e rosso, i colori della passione e della disperazione della nostra umanità che accompagnano creazione e distruzione, il perenne ciclo con cui la natura si rigenera attraverso i suoi violenti sicari. Va detto, infatti, che la stessa attività vulcanica che stravolge e uccide ha anche creato le condizioni per lo sviluppo della vita, irrorando di gas l’atmosfera e scolpendo costantemente la superficie terrestre la cui “pelle” continua a rinnovarsi e rinvigorirsi grazie ad essa. Nuove terre nascono, vecchie e logore scompaiono e, nel frattempo, il suolo si trasforma in una feconda incubatrice prodiga di deliziosi frutti. I rossi costruiscono talvolta fagocitando, i grigi distruggono ma inseminando: genesi e apocalisse, due facce della stessa medaglia, perché nel sopraggiungere dell’una si profila all’orizzonte anche lo spettro dell’altra. In tutte le manifestazioni della natura non esiste la morte, ma solo il cambiamento e il rinnovamento. Se solo noi esseri umani facessimo nostra questa legge inesorabile incarnandola non in una pacata rassegnazione, ma in una ponderata filosofia esistenziale, forse vivremmo con più saggezza e serenità il nostro effimero passaggio su questo pianeta. Ma tornando a noi, al di la della mera descrizione del funzionamento di questi affascinanti fenomeni naturali, questo testo vuol fornire anche uno spunto di riflessione, quanto mai attuale, sul difficile rapporto tra l’uomo e il suo ambiente. A seguito dello scompiglio causato dal vichingo Eyjafjoll, mi è stato più volte domandato se la natura non si stesse trasformando, diventando più aggressiva e accanendosi contro l’uomo. Dalle pagine del libro emergerà chiaramente che non è così, ma è questa umanità ad essere diventata più fragile attraverso la sua tecnologia dalla quale ormai dipende totalmente. Per esempio, se la nostra attuale civiltà non fosse


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così legata agli spostamenti aerei, non si sarebbe neanche accorta della nube di cenere del vulcano islandese, così come non ci accorgeremmo delle tempeste solari se non avessimo un armamentario di satelliti in orbita, e una vera e propria ragnatela elettromagnetica che ci circonda permettendo di svagarci con i nostri giocattoli elettronici, e così via. In sostanza, se l’umanità rientrasse nei suoi ranghi di inquilina disciplinata di questo mondo, la natura le apparirebbe molto meno ostile. Sabrina Mugnos


CAPITOLO 1

Viaggio al centro della Terra


CAPITOLO 2

Paesaggi… di fuoco


CAPITOLO 3

Grigi presagi


CAPITOLO 4

Cronaca di una tragedia


CAPITOLO 5

Vesuvio, il pi첫 pericoloso del mondo


CAPITOLO 6

Vesuvio, conto alla rovescia


CAPITOLO 7

Il Grande Esodo


CAPITOLO 8

I Campi Flegrei, l’altra minaccia napoletana


Sommario

Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Capitolo 1. Viaggio al centro della terra . . . . . . . . . 19

1.1. Il pianeta che vive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

Capitolo 2. Paesaggi di fuoco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

2.1. Quando la terra si apre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 2.2. La geografia che cambia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 2.3. Islanda, storie di ghiaccio e fuoco . . . . . . . . . . . . . . . . 46 2.4. Il vulcano dal nome impronunciabile . . . . . . . . . . . . . . 60 2.5. Oceani di fuoco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 2.6. Gli umori di Pele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 2.7. Vulcani & vulcani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78

Capitolo 3. Grigi presagi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

3.1. Quando le placche si scontrano . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 3.2. Montagne assassine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 3.3. Quando calarono le tenebre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 3.4. Supervulcani, lo spettro dell’apocalisse . . . . . . . . . . . 100 3.5. Professione vulcano: la carta d’identità . . . . . . . . . . 110

Capitolo 4. Cronoca di una tragedia . . . . . . . . . . . . 115

4.1. Il ricordo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 4.2. Cosa accadde: la scienza racconta . . . . . . . . . . . . . . . 120


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Capitolo 5. Vesuvio, il più pericoloso del mondo. . . . 131 5.1. Un passato di fuoco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132 5.2. Il camino di Napoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145

Capitolo 6. Conto alla rovescia. . . . . . . . . . . . . . . . . 153 6.1. Si ausculta il gigante. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155 6.2. Osservazioni e ricostruzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161 6.3. Eruzioni virtuali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162 6.4. Cosa accadrà?. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169

Capitolo 7. Il Grande Esodo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177 7.1. Un minaccioso tricolore. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 178 7.2. Non farsi sorprendere. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182 7.3. Contrasti e perplessità. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .188

Capitolo 8. I Campi Flegrei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191 8.1. I Campi di Fuoco. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192 8.2. Tra scienza e magia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 8.3. Un passato eruttivo tormentato. . . . . . . . . . . . . . . . . . 197 8.4. Una pericolosa “altalena”. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199 8.5. Dalla padella alla brace… . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202 8.6. A proposito di Ischia… . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203 8.7. Professione “pericolo”. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 208

Capitolo 9. Quelli che popolano il mare: il rischio tsunami . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209 9.1. Eppur si muove…. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210 9.2. Pericolo tsunami . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215 9.3. Paura, maremoto nel Mediterraneo . . . . . . . . . . . . . . 223 9.4. Non solo vulcani. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232 9.5. La previsione e prevenzione dei maremoti nel Mediterraneo . . . . . . . . . . . . . . . . . 233 9.6. Cosa fare in caso di tsunami imminente . . . . . . . . . . 235


Indice - 335

Capitolo 10. Gli altri bracieri d’Italia . . . . . . . . . . . 237

10.1. Il tetto fumante d’Europa. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 238 10.2. Eolie: le sette perle del Mediterraneo. . . . . . . . . . . . 245 10.3. Quelli che non fanno più paura . . . . . . . . . . . . . . . . 259 10.4. Pantelleria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261

Capitolo 11. SOS Vulcani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265

11.1. Occhi aperti in terre vulcaniche. . . . . . . . . . . . . . . . 266 11.2. La minaccia silenziosa dei gas. . . . . . . . . . . . . . . . . 267 11.3. A tu per tu con un’eruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273 11.4. Il disagio della cenere. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 280

Capitolo 12. Effetto clima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 295 Capitolo 13. I vulcani e la vita: un ciclo di morte e rigenerazione . . . . . . . . . . . 301

13.1. Ancora tra i capelli di Pele…. . . . . . . . . . . . . . . . . . 302 13.2. Nasce nuova terra. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 305 13.3. … e vecchia terra scompare…. . . . . . . . . . . . . . . . . 307 13.4. … c’è chi gioca a nascondino… . . . . . . . . . . . . . . . 311 13.5. … e chi decide di dedicarsi all’agricoltura!. . . . . . . 314

Appendice. A proposito di Napoli, lo sapevate che…. 317

La Napoli sotterranea. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .317 La leggenda della Sibilla Cumana. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 320 PIZZA, la più famosa istituzione partenopea. . . . . . . . . . 322 Il miracolo di San Gennaro. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323 La leggenda di Partenope . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 324 Piccole curiosità. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 325 L’aria di Napoli. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 327

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 329 Siti internet di approfondimento . . . . . . . . . . . . . . . 331


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