IoArch 89 Aug-Sep 2020

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› PROGETTARE CON LE MACCHINE A sinistra, Machine Hallucination, 2019-2020, Artechouse NYC, New York. Video immersivo in risoluzione 16K prodotto tramite algoritmi che interpretando in modalità ‘machine learning’ più di 100 milioni di memorie fotografiche di New York presentano 1.025 future dimensioni possibili della città.

incominciato a ragionare sul ruolo dell’architettura come base cognitiva per l’immaginazione, per la memoria e per il sogno. È un contesto in cui prendono forma varie condizioni di stato, ed un punto di partenza per un’esplorazione. Chi sono gli architetti che preferisci?

Ho cinque eroi: Frank Gehry, Zaha Hadid, Tadao Ando, Toyo Ito e Daniel Libeskind. Un gruppo di maestri indiscussi, dove però Ando sembra essere una voce un po’ fuori dal coro, molto più ispirato alla grande architettura del secolo scorso.

Di certo Ando è differente, ma adoro la sua purezza, il suo modo di pensare e vedere la

luce in modo unico, al punto che la sua architettura diventa quasi immateriale. Penso sia un’incredibile fonte di ispirazione. Come vedi gli scenari futuri?

Con il quantum computing e, ovviamente, con l’intelligenza artificiale ne sapremo molto di più in termini di neuroscienze. È uno scenario forse remoto, ma credo potrebbe aprirci qualche orizzonte su ciò che chiamiamo “mente” e “anima”: temi di cui oggi ne sappiamo ben poco

Dall’alto, Infinity Room, 2015, Istanbul, installazione audio/video in un ambiente di 4 x 4 x 4 metri, e WDHC Dreams, Los Angeles: videoproiezione o meglio data sculpture, sui volumi della Walt Disney Concert Hall di Frank Gehry, dell’archivio digitale di 45 Tb della Los Angeles Philarmonic Orchestra reinterpretato attraverso reti neurali (in collaborazione con Google Arts and Culture e Parag K. Mital).

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