IoArch 79 Dec-Jan 2019

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Nader Tehrani «Nell’ambito della mia sperimentazione sulla muratura, mi hanno chiesto spesso se questa è un riflesso della mia eredità culturale. I miei pensieri mi hanno sempre riportato alle opere murarie in Iran, che vanno dal periodo della dinastia Seljuk fi no al periodo Safavid e Qajar. È difficile defi nire questo tipo di opere come spontanee, dato che per la maggior parte erano emerse da maestri locali la cui profonda consapevolezza delle tecniche di costruzione diede origine ad una forma di conoscenza condivisa, al punto da spingere una forma di artigianato informale verso una vera e propria disciplina architettonica. Ciò che ritengo più interessante è che l’intelligenza di queste opere proviene 'dal basso' e si manifesta nella scala delle trame in muratura, nelle masse murarie e nelle loro variazioni tipologiche. La ricchezza dell’architettura persiana ê il risultato di questo profondo e inerente approccio informale di maestranze esperte, la cui consapevolezza tecnica si è condensata al punto di trasformarsi in una vera e propria disciplina, capace di coinvolgere simultaneamente geometria, matematica e struttura» Nader Tehrani è Preside della Scuola di Architettura della Cooper Union a New York. Dal 2010 al 2014 ha diretto il Dipartimento della Scuola di Architettura del Massachusetts Institute of Technology. Il suo lavoro è stato oggetto di ampie rassegne presso il Museum of Modern Art di New York (Moma), il Museum of Contemporary Art di Los Angeles (La Moca), l’Institute of Contemporary Art (Ica) di Boston, ed è parte della collezione permanente del Canadian Center for Architecture. Direttore e fondatore dello studio Nadaaa, classificato al terzo posto nel 2014, 2015 e 2016 tra i primi 50 studi statunitensi nel repertorio di Architect Magazine.

BERNARD RUDOFSKY COSTRUIRE SECONDO CULTURA Architecture Without Architects, catalogo dell’omonima mostra itinerante curata da Bernard Rudofsky per il MoMA di New York nel 1964 e poi esposta, in undici anni, in altri 84 musei di 68 nazioni, lega necessariamente il nome e l’opera dell’architetto austriaco al tema dell’architettura senza architetti. Architecture Without Architects ancor oggi viene sfogliato come un catalogo di curiosità, dove è possibile osservare costruzioni 'particolari', sconosciute e spesso scomparse, senza riconoscere la valenza sovversiva di quest’opera. Nei fatti Architecture Without Architects rappresenta solo una piccola parte del lavoro di Bernard Rudofsky, che, dal 1934 al 1988, è interamente dedicato alla critica dell’architettura e degli architetti professionisti della prima età della macchina, dei modi di vivere determinati dalla società di massa e delle conseguenze dei 'necessari' processi della modernizzazione. Paradossalmente, il suo interesse per l’architettura anonima e la ricerca di una radice culturale dei modi di vivere lo resero famoso e allo stesso tempo ne determinarono l’emarginazione sia dall’apparato accademico che da quello professionale. D’altra parte considerando gli esiti del suo lavoro non poteva essere diversamente. Rudofsky infatti nell’intera sua opera e in particolar modo nelle mostre, con un preciso intento divulgativo, si rivolge non agli architetti né tantomeno all’accademia, ma ai dilettanti, al pubblico dei non addetti ai lavori. Il suo interesse per l’architettura senza architetti è principalmente definito da un'interpretazione non convenzionale dell’architettura, come conseguenza antropologica e culturale. I costruttori ignoranti, non-pedegreed, come li definisce Rudofsky, sono in grado di costruire le proprie architetture grazie al legame antropologico con la propria civiltà, con una cultura specifica. Analogamente ad Adolf Loos, Rudofsky pensa l’architetto moderno occidentale come incapace di convivere con la tradizione perché sradicato, non più legato a una cultura identitaria, ma allo stile. In tal senso l’opera di questo architetto anomalo è stata e ancora risulta sovversiva. Egli infatti preferisce le architetture dei costruttori anonimi, senza istruzione, a quelle dei grandi maestri, preferisce imparare dalle civiltà orientali, mediorientali e primitive, che studia attraverso i numerosi viaggi, una costante dell’intera sua vita, piuttosto che da quella occidentale, riconoscendo in esse una varietà che nella civiltà moderna e meccanizzata non era e non è più riscontrabile. Benché Architecture Without Architects abbia compiuto cinquantacinque anni, l’architettura anonima e il pensiero di Rudofsky oggi hanno assunto un valore inestimabile. Nell’epoca dello sviluppo globale potrebbero rimanere tra le poche testimonianze di un mondo in via di estinzione, dove i costruttori costruivano secondo cultura. Ugo Rossi

Ugo Rossi Architetto Ph.D, Ugo Rossi è autore del libro Bernard Rudofsky. The Architect (Clean, Napoli 2016). Ultimamente ha pubblicato il saggio Gio Ponti et Bernard Rudofsky: une rencontre inévitable nel catalogo della mostra Gio Ponti Archi-Designer (Éditeur MAD, Paris 2018/Silvana Editore, Milano 2018), presso il Musée des Arts Décoratifs di Parigi. Attualmente sta completando Many Visions of Modern Architecture, dedicato alle diverse accezioni del moderno e alle intersezioni tra storia e cultura critica nella pratica dell’architettura moderna e contemporanea.

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