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Un nuovo inizio

— Flavio Pavoni — Dirigente scolastico Istituto Comprensivo di Tavernerio

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Dopo due anni, condizionati pesantemente dall’emergenza pandemica, l’anno scolastico si è aperto all’insegna di un ritorno quasi totale alla normalità.

Questo significa riprendere il filo di un discorso educativo e didattico più ricco ed articolato, su due fronti.

Il primo, di immediata evidenza, è la possibilità di arricchire ed ampliare l’offerta formativa, con progetti didattici mirati e il ritorno alle uscite sul territorio ed alle visite guidate. Ogni ordine di scuola (infanzia, primaria e secondaria) ha definito il proprio programma da inserire all’interno del P.O.F. annuale.

Il secondo fronte, altrettanto importante, è quello degli apprendimenti.

Due anni di pandemia hanno lasciato cicatrici profonde.

Gli alunni ne hanno risentito, in primis, sul piano delle relazioni. Educare è un’attività per sua natura relazionale, tra alunni e docenti e tra compagni di classe. La Didattica a Distanza (DAD) che pure è stato l’unico strumento disponibile, nella fase acuta della pandemia, per mantenere un rapporto con la scuola, certamente non può sostituirsi alla relazione interpersonale diretta.

Gli alunni ne hanno risentito sul piano degli apprendimenti. Non solo nelle nostre classi, ma a tutti i livelli dell’istruzione, comprese le scuole superiori, ci si è resi conti che sono mancati parti importanti non tanto del cosiddetto “programma” di studi (che per precisione non esiste più da tempo), ma nell’acquisizione delle competenze e dei contenuti.

A ciò si unisce un fenomeno altrettanto negativo, da tempo oggetto di numerosi studi a livello scientifico: l’influenza dell’uso distorto dei nuovi mezzi di comunicazione (Social, Internet, smartphone).

I bambini (già in età precoce) e i ragazzi leggono poco, si distraggono facilmente, hanno difficoltà a concentrarsi e a mantenere l’attenzione, sono spesso impulsivi. Quanti errori nelle loro prove di verifica derivano dalla fretta e da una scorretta comprensione della consegna!

A ciò si aggiunge la crescente complessità delle classi, per il sempre crescente aumento di alunni ed alunne con bisogni educativi speciali.

Il corpo docente è ben cosciente di queste difficoltà e mette in campo tutte le risorse per affrontarle.

Per completare il panorama sullo stato dell’arte dell’Istituto Comprensivo è doveroso dare qualche altra informazione.

La pandemia ha solo rallentato ma non fermato il continuo sforzo di innovazione e aggiornamento a livello strutturale e strumentale.

La Scuola ha partecipato con successo a numerosi bandi PON ottenendo i relativi fondi. Sono in corso le procedure per perfezionare gli impegni di spesa e gli acquisti. DIGITAL BOARD: 56.908,11 Euro di finanziamento che sono stati impiegati per sostituire le vecchie LIM con i nuovi Monitor Touch da 75 e 65 pollici, dotando così le aule di una tecnologia d’avanguardia.

EDUGREEN: 25.000 Euro di finanziamento che sono stati impiegati per acquistare due serre da interni, casette, kit ed attrezzi per la semina, orto rialzato, kit per energie rinnovabili.

STEM: 16,000 Euro di finanziamento per l’acquisto di un Banco Making mobile Scientifico tipo Sciencebus Modular completo di esperimenti in ambito STEM (Scienze – Robotica – set programmabili – kit sensori modulari), kit realtà virtuale e piattaforma contenuti didattici

CABLAGGIO: in corso per potenziare la rete interna in sinergia con i fondi messi a disposizione dal Ministero per lo Sviluppo Economico finalizzato a dotare le scuole di una connettività a banda ultra larga (Piano Scuole Connesse).

Notizie in breve dalla scuola

— Flavio Pavoni — Dirigente scolastico Istituto Comprensivo di Tavernerio

1Anniversario alluvione Tavernerio 2Formazione Apple

I video dei lavori realizzati dalle classi della scuola secondaria nell’anno scolastico scorso in occasione dell’anniversario della frana di Tavernerio sono stati pubblicati nei canali social della scuola. Il 26 ottobre si è svolto una interessante giornata di formazione condotta da specialisti della APPLE.

La sessione formativa del mattino ha interessato la classe 2 A della scuola secondaria (individuata tramite sorteggio). Gli alunni sono stati guidati alla scoperta del “Viaggio di Ulisse” attraverso il coding e il pensiero computazionale: una attività didattica trasversale che utilizza iPad e la robotica educativa, con riferimento sia all’ambito umanistico (Italiano, Storia, Geografia, Arte) sia a quello scientifico (Coding, Matematica, Scienze, Tecnologia). Nel pomeriggio ha avuto luogo la sessione riservata ai docenti. Anche in questo anno scolastico su iniziativa dei docenti di Italiano, l’Istituto Comprensivo ha aderito all’iniziativa #ioleggoperchè che si è svolta dal 5 al 12 Novembre.

Come al solito, i libri acquistati in questo periodo presso le librerie indicate andranno a incrementare la biblioteca scolastica del nostro istituto e al termine della raccolta, gli Editori contribuiranno con un numero di libri pari alla donazione nazionale.

Il tema scelto per l’iniziativa di quest’anno è “LEGGERE PER COSTRUIRE UN MONDO PIÙ INCLUSIVO”.

3Io leggo perchè

Per ogni ulteriore informazione si può consultare il sito: hiips://www.ioleggoperche.it

Vivenda

— Federico Maselli —

Prodotti di alta qualità, preparazioni sane e genuine, grande attenzione ai flussi produttivi e alle diete speciali, percorsi di educazione alimentare per favorire la condivisione, compartecipazione e socializzazione durante il pranzo. Si presenta così il servizio mensa per i bimbi delle scuole comunali di Tavernerio curato dalla Vivenda Spa.

Fondata nel 2004, l’azienda specializzata nella ristorazione collettiva e nel global service è parte integrante del Gruppo

La Cascina Cooperativa, la cui storia inizia molto tempo prima, più precisamente nel 1978, quando, su suggerimento di Don Giacomo Tantardini, alcuni studenti universitari romani e fuorisede decisero di aprire una mensa per i propri colleghi.

Da allora, La Cascina Cooperativa è cresciuta costantemente fino a divenire oggi una delle principali realtà manageriali, con diecimila dipendenti e più di 36 milioni di pasti preparati ogni anno. Le accresciute dimensioni e la vocazione di Gruppo nazionale non hanno mutato nel tempo le peculiarità dell’azienda, da sempre radicata su tutto il territorio e attenta all’occupazione delle fasce più deboli del mercato del lavoro.

“Una macchina può fare il lavoro di cinquanta uomini ordinari, ma nessuna macchina può fare il lavoro di un uomo straordinario”. È anche nel pensiero del filosofo statunitense Elbert Green Hubbard che si rivela l’essenza di quello che, nei suoi 44 anni di vita, è divenuto il motore fondante di tutto il Gruppo: sviluppo tecnologico e innovazione sì, ma la persona sempre al centro. Perché, se da una parte il management si mostra particolarmente sensibile alle novità del mercato anche in ottica di sostenibilità ambientale, dall’altra gli investimenti principali sono rivolti al personale, che, con manualità ed esperienza, rende quel servizio, quell’attività, quel lavoro unici e straordinari. la Vivenda Spa garantisce il rispetto della normativa vigente in materia di igiene, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in modo conforme alle linee guida per la ristorazione scolastica nazionali, quelle per la ristorazione collettiva scolastica della Regione Lombardia, agli standard stabiliti dal capitolato

speciale e in piena attuazione del manuale di autocontrollo aziendale. Ogni giorno la Vivenda Spa seleziona prodotti bio, dop, igp e a Km 0, servendosi di fornitori certificati e affidabili. Il servizio di ristorazione tiene conto anche delle differenti esigenze alimentari legate a fattori allergici, a particolari patologie e a diversi credo religiosi. Così, nella composizione dei menù, si privilegiano le produzioni derivate da agricoltura biologica, filiera corta e Km 0. I vantaggi dei prodotti a Km 0 si evidenziano non solo nella riduzione di fattori legati all’inquinamento e riscaldamento globale (riduzione di trasporto e imballaggi), ma anche nella possibilità di acquistare prodotti locali più freschi e di stagione che non abbiano perso le proprietà organolettiche. È una scelta più sostenibile per l’ambiente, più economica e in grado di valorizzare le realtà locali.

Per migliorare la vita durante la pausa pranzo e offrire ai piccoli commensali ambienti confortevoli, sicuri e accoglienti, la società del Gruppo La Cascina Cooperativa si occuperà del

Ogni giorno la Vivenda Spa seleziona prodotti bio, dop, igp e a Km 0, servendosi di fornitori certificati e affidabili.

rifacimento dei refettori; il luogo in cui i bambini mangiano, oltre che sicuro e funzionale, deve puntare a essere bello, socializzante e allegro, per contribuire ad associare le sane abitudini alimentari a emozioni positive: insomma, un vero e proprio “Ristorante dei Bambini”.

Il piano di educazione alimentare che Vivenda propone nasce dall’esperienza di esperti maturata nel corso degli anni ed è finalizzato a favorire maggiormente il consumo della frutta e verdura da parte dei bambini, informandoli circa i principi e i valori di una corretta e sana alimentazione, educandoli alla cultura della sostenibilità, salute e consumo consapevole. Partendo da tale presupposto, l’educazione alimentare a scuola può essere, quindi, un’importante parte del processo pedagogicoeducativo al quale Vivenda Spa intende contribuire attraverso la costruzione di itinerari didattici e multidisciplinari sul tema dell’alimentazione.

Diversi gli obiettivi che la Vivenda Spa si propone: incentivare il consumo di frutta e verdura tra i bambini; l’apprendimento e l’atteggiamento positivo verso l’esplorazione e curiosità; realizzare un più stretto rapporto tra il produttorefornitore e il consumatore, indirizzando i criteri di scelta e le singole azioni affinché si affermi una conoscenza e una consapevolezza nuova tra “chi produce” e “chi consuma”; offrire ai bambini più occasioni ripetute nel tempo per conoscere e verificare concretamente prodotti naturali diversi in varietà e tipologia, stagionalità, per potersi orientare con più consapevolezza in una scelta sostenibile sia sotto il profilo nutrizionale che di impatto ambientale.

La commissione mensa

— Sabrina Manicardi —

La Commissione Mensa dell’Istituto Comprensivo di Tavernerio è stata istituita nel 2007. È formata da genitori i cui figli usufruiscono del servizio mensa – possibilmente in numero di due rappresentanti per ogni grado di istruzione (infanzia, primaria, secondaria di primo grado) – da rappresentanti della

Scuola e della Società che gestisce il Servizio. Ha un Presidente e un Segretario ed un proprio regolamento che definisce funzioni e scopi. La Commissione ha decadenza biennale.

La Commissione Mensa svolge un compito di controllo, con un ruolo propositivo per il miglioramento del servizio. Essa raccoglie le segnalazioni delle famiglie e si pone come tramite verso il Comune ed il gestore del servizio. È presente nella vita scolastica tramite ispezioni periodiche per “toccare con mano” (e forchetta) quello che anche i nostri figli mangiano in mensa.

Durante le ispezioni, la Commissione rileva gradimento e criticità dei menù giornalieri, verificando la qualità e la quantità dei pasti, la coerenza tra i menù previsti e quelli effettivamente serviti. Per ogni ispezione vengono compilate la scheda di valutazione ed il verbale, che vengono diffusi ai membri della Commissione ed alle famiglie (tramite i rappresentanti di Classe). Sulla base delle ispezioni, delle segnalazioni delle famiglie e gli incontri regolari con i gestori del Servizio, vengono proposte alternative o modifiche al menù. Ogni modifica deve essere sottoposta all’ATS di Como per approvazione prima di essere attuata.

Le ispezioni effettuate NON sono concordate con il gestore del servizio, per dare maggior veridicità a quanto rilevato.

Per contattare la Commissione Mensa è attiva l’e-mail commissionemensa.tavernerio@gmail.com Scrivete a questo indirizzo per: • ricevere informazioni sull’operato dalla Commissione

Mensa; • trasmettere comunicazioni di interesse della Commissione; • comunicare modifiche di indirizzo e-mail al fine di ricevere i verbali delle ispezioni; • indicare il proprio nominativo per effettuare un’ispezione.

Ricordiamo infatti che qualsiasi genitore può chiedere di partecipare ad un’ispezione mensa, accompagnato da un membro della Commissione. È un’opportunità importante per valutare in prima persona i menù proposti e l’organizzazione del servizio.

Per partecipare è sufficiente fare richiesta all’indirizzo e-mail indicato sopra.

All’inizio dell’Anno Scolastico 2022/2023 si è reso necessario il rinnovo della componente Genitori (causa passaggio dei figli ad altro grado scolastico e per sopraggiunti impegni).

Se hai voglia

(e un pochino di tempo) da dedicare a questa importante iniziativa, scrivi a

commissionemensa.tavernerio@gmail.com

Chi sono Slow Food e Slow Food Como

— Antonio Moglia —

Piacere, siamo Slow Food Como, il movimento del “mangiare lento”, ed il nostro principale interesse, in sintesi e citando il nostro slogan, è il «cibo buono, pulito e giusto».

Carissimi cittadini di Tavernerio, permetteteci di sfruttare questo piccolo spazio cartaceo che fa capolino in tutti i vostri salotti e tra le vostre letture per presentarci. A noi i convenevoli, dunque. Piacere, siamo Slow Food Como, il movimento del “mangiare lento”, ed il nostro principale interesse, in sintesi e citando il nostro slogan, è il «cibo buono, pulito e giusto»; ossia quel cibo che è buono non solo perché appetitoso, ma anche perché frutto di una catena produttiva etica e locale, rispettosa dell’ambiente e promotrice di procedure zootecniche e lavorative virtuose, che non ricorrono all’ uso di sostanze chimiche e che hanno riguardo del benessere e della salute delle persone, degli animali e della società. Siamo infatti convinti che l’unico modo per aspirare ad un mondo migliore sia agire in direzione di un cibo “migliore”. Fondata nel 1986 a Bra (Cn) dal gastronomo Carlo Petrini, Slow Food conta oggi più di un milione di soci volontari, uniti in difesa del «cibo buono, pulito e giusto», diffusi in più di 169 paesi del mondo e raccolti nelle ramificazioni locali dell’associazione; tra cui, quella di Como.

Da anni, la Condotta di Como opera nel territorio provinciale con l’obbiettivo di coinvolgere e sensibilizzare le persone organizzando, ad esempio, dei momenti conviviali di scambio culturale ed incontro gastronomico come cene tematiche, visite ai produttori, dibattiti sui temi alimentari, momenti formativi di degustazione e lezioni frontali negli istituti di scuola superiore. Inoltre, promuovendo iniziative editoriali locali e nazionali, coinvolgendo la ristorazione locale in progetti ed iniziative o incentivando la cultura dell’orto e la realizzazione di orti urbani.

Per qualsiasi informazione, non esitate a contattarci sui nostri social oppure www.slowfoodcomo.it slowfoodcomo@gmail.com

La Comunità del cibo di Slow food Como

— Antonio Moglia —

Aseguito del Congresso internazionale di Slow Food che si è tenuto a Chengdu (Cina) nel 2017, la creazione di «Comunità del cibo» ha assunto un’importanza centrale nell’attività della nostra associazione.

Le «Comunità del cibo» sono modelli concreti di “Food policy” che hanno il compito di riunire sul territorio i molteplici soggetti socio-economici che lo popolano, quali i referenti istituzionali, le organizzazioni d’impresa, gli operatori ed esperti del settore, i produttori e, naturalmente, i consumatori. Lo scopo è quello di tutelare e promuovere un sistema agroalimentare locale, corretto da un punto di vista ambientale, economico e sociale. Sulla base di esperienze analoghe in altri territori d’Italia e del mondo, nei primi mesi del 2022, la Condotta di Como ha gettato le prime fondamenta per la creazione di una rete locale di persone, competenze e valori, che prenda la forma di una «Comunità del Cibo». Questa prima esperienza di rete locale, nata con l’obiettivo di tutelare e valorizzare le tradizioni alimentari del territorio, è stata resa possibile dal lavoro congiunto di un gruppo di produttori locali, con quello dei giovani studenti dell’Istituto agrario “San Vincenzo” e del Comune di Albese con Cassano. Ed ha richiamato fin da subito l’entusiasmo dei partecipanti, uniti dal comune interesse per un progetto volto a sviluppare conoscenza e formazione, a promuovere relazioni e a tutelare non solo la biodiversità del cibo locale, ma anche la sua tradizione.

Il Mercato della Terra di Albese con Cassano: il primo progetto importante della Comunità del cibo lariano.

A partire da giugno si è avviato in via Don Sturzo, a cadenza mensile (ogni ultimo sabato del mese), il Mercato di Albese con Cassano. Il Mercato, che aderisce ai principi seguiti da Slow Food, presenta un’ampia e diversificata offerta di prodotti di filiera corta (il raggio massimo è di 40 km, secondo le regole!): dal ricco paniere di prodotti lattiero-caseari, ai banchi della carne e degli insaccati, e poi frutta e verdura, farine, pane e lievitati, olio, confetture e conserve, miele, vino, birra e bevande.

Al mercato ogni prodotto diventa occasione di conoscenza per accrescere la propria sensibilità alimentare, sia attraverso le degustazioni guidate, i laboratori ed i corsi brevi organizzati nei giorni di fiera, sia attraverso il semplice dialogo coi produttori, pronti a raccontare le storie delle loro aziende, o con gli esperti.

Dalla colazione alla cena all’insegna dell’inclusione

— Ernesto Ronchi — vicepresidente cooperativa sociale il Gelso

Il Civico si caratterizza dal 2018 per essere un ambiente accogliente, inclusivo, aperto a tutta la popolazione locale all’interno del quale si può gustare del buon cibo, dalla mattina alla sera, sia nella quotidianità della settimana che per eventi extra, organizzati insieme ad associazioni del paese e ad amici e clienti che vogliono condividere con noi spazi, idee e valori.

Come Cooperativa Sociale il Gelso abbiamo intrapreso questo cammino, investendo nella ristorazione per creare opportunità lavorative a ragazzi con disabilità e personale svantaggiato, creando uno spazio sociale dove il cibo è protagonista e, attraverso di esso, si vivono relazioni positive e proficue e si creano momenti di convivialità in un mix di naturalezza, spontaneità e semplicità.

Dal mattino si possono gustare colazioni con la nostra Cinzia e con Sabrina, per poi trascorrere delle pause pranzo serene e tranquille nella saletta sul retro con il nostro Davide che ha sempre un sorriso e una battuta pronta per tutti e serve i piatti preparati da Antonio e Cinzia.

Nel pomeriggio, le famiglie, i ragazzi delle scuole, gli anziani, gli studenti universitari possono fare un break, una merenda, insieme a tutto il nostro staff.

Dalle 18 in poi ci sono gli aperitivi e, in occasioni speciali, il Civico si trasforma al servizio dei propri amici, andando incontro alle esigenze dei ragazzi del progetto Vivicivico, preparando ad esempio delle cene ad hoc il venerdì sera per i giovani e, quando veniamo chiamati in causa, siamo pronti ad offrire cene sociali, cene di Natale e cene culturali.

Durante tutto il periodo estivo si organizzano apericene e cene con musica, oltre a preparare i pranzi per il Grest organizzato dagli amici dell’oratorio. Il nostro Civico utilizza il cibo in un modo nobile, cercando di non sprecare nulla e ha uno scopo sociale: dare l’opportunità di inserimento nel mondo del lavoro a chi nella società avrebbe maggiori difficoltà.

Grazie ai nostri amici e clienti che ci vengono a trovare e ci scelgono quotidianamente per il nostro cibo, continueremo ad andare avanti con i nostri progetti, all’insegna dell’inclusione e della socializzazione intergenerazionale.

“Se accanto alla biblioteca avrai l’orto, non ti mancherà nulla”

(Cicerone, Epistolae ad familiares)

— Gruppo commissione cultura —

Tratto da “Il cibo come cultura” di Massimo Mantovani. L’idea di Cibo si collega volentieri a quella di Natura, ma il nesso è ambiguo e fondamentalmente improprio. Nell’esperienza umana, infatti, i valori portanti del sistema alimentare non si definiscono in termini di “naturalità” bensì come esito e rappresentazione di processi culturali che prevedono l’addomesticamento, la trasformazione, la reinterpretazione della Natura.

Res non naturalis definirono il cibo i medici e i filosofi antichi, a cominciare da Ippocrate, includendolo fra i fattori della vita che non appartengono all’ordine “naturale” bensì a quello “artificiale” delle cose. Ovvero, alla cultura che l’uomo costruisce e gestisce.

Tale connotazione accompagna il cibo lungo tutto il percorso che lo conduce alla bocca dell’uomo. Il cibo è cultura quando si produce, perché l’uomo non utilizza solo ciò che trova in natura (come fanno tutte le altre specie animali) ma ambisce anche a creare il proprio cibo, sovrapponendo l’attività di produzione a quella di predazione.

Il cibo è cultura quando si prepara, perché, una volta acquisiti i prodotti-base della sua alimentazione, l’uomo li trasforma mediante l’uso del fuoco e un’elaborata tecnologia che si esprime nelle pratiche di cucina. Il cibo è cultura quando si consuma, perché l’uomo, pur potendo mangiare di tutto, o forse proprio per questo, in realtà non mangia di tutto bensì sceglie il proprio cibo, con criteri legati sia alle dimensioni economica e nutrizionale del gesto, sia ai valori simbolici di cui il cibo stesso è investito.

Attraverso tali percorsi il cibo si configura come elemento decisivo dell’identità umana e come uno dei più efficaci strumenti per comunicarla. ….

Il mio piatto del cuore

— Tunay Ylmaz —

Ricordo che la mia mamma, per il mezzogiorno o per la cena, anche quando c’erano degli ospiti, cucinava il “melemen”. Un piatto facile e veloce, tipico della cucina turca. Bastavano dei pomodori, che lei andava a prendere nel nostro orto.

A casa avevamo un orto e pure un giardino con alberi di mele bianche e rosse.

Allora, la mamma affettava i pomodori, aggiungeva la cipolla, un peperoncino verde piccante, aglio, olio, sale e pepe e un po’ d’acqua e uno o più uova. La fiamma cuoceva il tutto e la pietanza era bella pronta da mangiare con il pane morbido. A me il piccante piaceva anche da bambino e mi piace ancora adesso. Poi tutta la famiglia si sedeva a tavola.

Li rivedo tutti: il mio papà Halis, la mamma Servinaz, i miei fratelli Ferhat e Mahmut, mia sorella maggiore Selda, e poi c’ero io, Tunay e la sorella minore Gul, che in italiano vuole dire Rosa.

Il “melemen” lo mangiavamo tutto l’anno perché i pomodori, bene o male, li avevamo sempre. È il mio piatto del ricordo, il piatto del mio cuore. Anche se la cucina turca è varia e ha tante ricette anche di dolci, io preferisco il salato e il “melemen” qualche volta me lo cucino anche qui, a Solzago, dove vivo e lavoro da 11 anni.

Calorie... della Magia del Natale

— Chiara M.M. —

In questi giorni di Avvento mi sono scontrata con una riflessione che scaturisce dall’avere tre figli di età molto diverse. Il grande è davvero grande e Babbo Natale inizia a suscitare più perplessità che felicità; insomma, lo lascia a digiuno. Stesso discorso per questo Gesù Bambino che porta l’ultima versione della Nintendo Switch, che per mamma e papà è veramente troppo costosa.

Chissà poi perché ti arrabbi mamma quando cade per terra... Mica l’hai pagata tu… o sì? Mi stai dicendo la verità?

Ehm...

La sorella è nella magia più totale. Si addormenta con speranza, si sveglia con il soggiorno pieno di pacchetti. Sai, quella pienezza da merendina Kinder, che stai per vomitare e dopo due minuti hai fame ancora.

Mamma, perché devo comprare un regalo al mio compagno di classe, ci pensa Babbo Natale!

Ehm...

La piccola non capisce ancora un granché, ma durante le pubblicità urla “mioooo”… poi strappa carta, dice “WOW” e mette da parte. Insomma, mangia ciò che trova, basta che sia commestibile.

Basta dire “mio”. Ok, per l’anno prossimo mi organizzo meglio.

Ehm...

Non pensavo di tramandare questo spirito del Natale e mi rattristo un po’. Anche perché io non ho mai sfruttato per mio interesse questa magia, ma i tempi cambiano.

Il Natale è ricordare la nascita di Gesù, di quel Gesù che si dona a noi, che ci sazia per sempre chiedendoci di essere a “sua immagine e somiglianza”.

Ecco Chiara, grazie, così muore tutta la magia… Delle lucine scintillanti, delle renne e del “Ho ho ho” che giunge dalla fredda Lapponia, di quegli elfi dispettosi e invadenti che l’anno scorso sono saltati fuori dai calendari dell’Avvento.

A beh, capirai… una perdita immensa.

Mi piacerebbe invece che ci si accorgesse che è proprio quando tutto ciò scompare che il Natale si riempie di quella magia indispensabile per grandi e piccini.

Magia di un regalo che arriva da chi non ti aspetti e che ha pensato a te. Grazie... ne avrò cura.

Magia di donare del tempo pensando a qualcun altro. Toc Toc, permesso… cosa ti rende felice?

Magia di poter esprimere un desiderio senza aspettarsi l’eccesso. Scusami… lo vorrei tanto.

Cosa ci rimane di un Natale così? Forse non l’ennesima bambola di Elsa, ma sicuramente la certezza di essere amati da Dio e dal prossimo. E ancora di più? L’occasione di dimostrare questo Amore agli altri. Scusate se è poco… riempie più dell’intero pranzo di Natale!

E se invece di un “Ho ho ho”! (cos’HAI?!) concludessimo con tre Oh! di stupore e gratitudine?

Cibo & Cinema

— Gianni Molteni —

Cibo e cinema hanno da sempre un legame molto forte. Il cibo è convivialità, storia, cultura. È una parte fondamentale della nostra vita, che ne accompagna e scandisce i diversi momenti ed era inevitabile quindi che acquisisse un posto di rilievo anche nei film del grande schermo. A volte è parte imprescindibile della vicenda raccontata, altre volte diventa protagonista di una scena o addirittura di una sola battuta. Alcuni film raccontano le ricette e l’amore con il quale eseguirle.

LA GRANDE ABBUFFATA

Marco Ferreri (1973). Questo film è un cult del cinema gastronomico. I protagonisti sono quattro uomini benestanti che si riuniscono per un “seminario gastronomico” in una villa nei dintorni di Parigi.

Di fatto, insoddisfatti delle loro vite, decidono di suicidarsi con un’abbuffata di cibo e sesso. In questo caso i bisogni primari e i piaceri della vita, in un delirio d’inappagabile ingordigia, diventano un modo paradossale per suicidarsi, ma anche una critica alla società dei consumi. Il cibo diviene metafora di decadenza, mancanza di valori e morte.

BIG NIGHT

Stanley Tucci e Campbell Scott (1996). È la storia di due fratelli italoamericani, Primo e Secondo Pileggi. I due non riescono ad andare d’accordo sulla gestione del loro ristorante: Primo, lo chef, non vuole cedere a compromessi in cucina, mentre Secondo, maître, è più accondiscendente e incline ad assecondare i gusti della

clientela statunitense. Big Night racconta molto bene questo aspetto fondamentale del mondo della ristorazione e del rapporto tra cliente e ristoratore e mostra quanto una cucina possa significare in termini di appartenenza culturale. Passano ore in cucina per confezionare una cena degna di un re, confezionando una miriade di piatti, tra cui il timpano di maccheroni ripieno di polpette, uova, salame, ragù e ricoperto di sfoglia: un’impresa davvero eccezionale che fa venire l’acquolina in bocca a tutti gli spettatori.

RATATOUILLE

Brad Bird e Jan Pinkava (2007). L’imperdibile lungometraggio di animazione è forse uno dei film sul cibo più visti e apprezzati di sempre. È molto probabile che la maggior parte di voi conosca già le vicissitudini di Rémy, topino molto dotato che sogna di diventare chef. Il cibo è qui raccontato dal punto di vista di chi ne è totalmente innamorato, esaltandolo sotto ogni aspetto, edonistico in particolare. Indimenticabile è la scena del commovente assaggio della Ratatouille da parte di Anton Ego critico gastronomico.

IL PRANZO DI BABETTE

Gabriel Axel (1987). È uno dei capisaldi tra i film di cucina, un vero classico dove il mondo del cibo si collega a quello religioso. Tratto dall’omonimo racconto di Karen Blixen, è ambientato in un piccolo villaggio della Scandinavia.

Qui Babette, cuoca parigina in fuga dalla repressione della Comune di Parigi, è accolta da due anziane sorelle Martina e Philippa, figlie di un pastore luterano deceduto. Durante un sontuoso banchetto preparato da Babette, la bontà del cibo conquista i commensali appagandoli nel corpo e nello spirito e riattivando un sentimento comunitario ormai perduto.

CHOCOLAT

Lasse Hallström (2000). Grande classico imperdibile, soprattutto se siete amanti del cioccolato. Nelle vicende di Vianne, che apre una cioccolateria in un piccolo paese francese di stampo cattolico in periodo di Quaresima, il cioccolato è onnipresente in ogni sua forma. Rappresenta per gli abitanti la tentazione a cui si sono sempre opposti, ma è anche l’elemento che li porterà ad aprirsi alla novità, aiutandoli a lasciarsi andare verso un cambiamento nelle loro vite.

I NUOVI MOSTRI

Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola (1977). All’interno del film Scola si occupò del racconto comico “Hostaria!” in cui, attraverso una grande parodia, i titolari di un’attività, cuoco e cameriere, impersonati da Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, hanno una violenta lite di gelosia durante il lavoro, utilizzando così il cibo come elemento di difesa e offesa. Nonostanteciò le pietanze sono servite ai clienti che le trovano buonissime.

Una grande caricatura, insomma non solo della vita dei ristoratori, ma anche di fatti e misfatti che possono avvenire all’insaputa degli avventori.

UN AMERICANO A ROMA

Steno (1954). Alberto Sordi, uno degli attori che ha fatto la storia del cinema italiano, con spirito e leggerezza cerca di immedesimarsi in una figura che molti italiani sognavano nel dopoguerra: l’americano. Un mito e stile di vita che molti conoscevano solamente attraverso il cinema e le riviste. Sordi si veste come crede facciano gli americani e cerca di assumere le loro abitudini e modi di fare, incluse le loro

abitudini gastronomiche. Parlando da solo sostiene che gli americani si nutrono di pane, marmellata, mostarda, yogurt e latte e si prepara una pietanza bizzarra, scartando un piatto di maccheroni perché «io sono americano, io non magno maccheroni». Dopo un morso schifato all’intingolo americano, scambia i piatti e cita la frase poi diventata celebre: «Maccarone mi hai provocato e ora io ti distruggo, mo te magno».

IL PADRINO

Francis Ford Coppola (1972). I film italoamericani di mafia contengono moltissime scene legate al cibo, in particolare alla fase di preparazione delle varie pietanze e al momento di consumo, rappresentando così scene di convivialità e dell’importanza della famiglia.

Nel primo film della trilogia di Francis Ford Coppola si vede un giovane Al Pacino che impara e osserva mentre Clemenza - uno dei caporegime della famiglia Corleone - confeziona il ragù con «un poco d’olio, ci friggi uno spicchio d’aglio poi ci aggiungi tomato e anche un poco di conserva. Friggi e attento che non si attacca; quando tutto bolle ci cali dentro salsicce e pulpetta, poi ci metti uno schizzo di vino e nù pucurille ‘e zucchero».

QUEI BRAVI RAGAZZI

Martin Scorsese (1990). Nel film ‘mafioso’ diretto da Martin Scorsese il cibo svolge un ruolo fondamentale. Quasi tutte le scene in cui accade un omicidio avvengono appena prima o appena dopo un pasto, uno strumento utilizzato per dimostrare la crudeltà dei personaggi, la cui fame non è minimamente sciupata dopo aver commesso un reato. La scena più importante del film legata al cibo si svolge in carcere, quando alcuni dei membri della gang si ritrovano insieme dietro le sbarre a scontare la pena. In carcere non c’è molto da fare, quindi si dedicano alla preparazione meticolosa di pasti sontuosi dagli ingredienti difficilmente reperibili in prigione, come gli spaghetti con le polpette.

Anche in questo caso Scorsese utilizza il cibo come strumento, qui per dimostrare come il loro potere permetta di vivere una vita comoda e senza sacrifici, anche in carcere.

MISERIA E NOBILTÀ

Mario Mattoli (1954). Una delle scene più celebri in cui è raffigurato il cibo in una pellicola italiana è quando Totò in euforia totale assieme alla compagnia per la ricezione di un pasto sontuoso - inizia a mangiare gli spaghetti, saltando sul tavolo e afferrandoli direttamente con le mani. A causa della fame sofferta (e per il timore di soffrire ancora) prosegue nel riempirsi le tasche di spaghetti, che penzolano fuori in modo comico. Totò è stato uno dei comici più famosi italiani della storia, e questa scena è il risultato di un’improvvisazione tutta sua.

I SOLITI IGNOTI

Mario Monicelli (1958). Nel capolavoro di Monicelli, la banda di rapinatori falliti si consola con la pasta e ceci trovata nella cucina che dovevano scassinare: non tutto è perduto, la pancia, almeno, è piena.

Chi non ricorda la celebre scena del film, quando i ladri più iellati e simpatici del cinema italiano, scavando un cunicolo sotterraneo, invece di arrivare al tesoro del Monte di Pietà, sbucano in una cucina qualunque dove, per il colpo mancato, si consolano con la pasta e ceci e gli involtini al sugo? Una curiosità: il copione prevedeva pasta e fagioli, fu Mastroianni, uno dei ‘ladri’, a chiedere che fosse sostituita con la pasta e ceci, che, sul set, mangiò poi in piena naturalezza, con Vittorio Gassman, Tiberio Murgia e Capannelle.

PRANZO DI FERRAGOSTO

Gianni di Gregorio (2008). Il film narra la deliziosa storia di un figlio alle prese con la madre, una nobildonna decaduta e leggermente caratteriale, cui vanno ad aggiungersi la mamma dell’amministratore e quella del medico. Il pover’uomo si trova allora a dover organizzare un pranzo di Ferragosto per le simpatiche vecchiette, cercando di barcamenarsi tra battibecchi, manie, diete e quant’altro.

Il menù: la pasta al forno che una di queste divora nonostante i divieti del figlio medico e il pesce pescato nel Tevere. E allora il cibo diventa il mezzo per unire più generazioni e per abbattere le distanze.

LO CHIAMAVANO TRINITÀ

E.B. Clucher (1970). Una delle scene iconiche è quella in cui Terence Hill entra in una locanda del Vecchio West e si abbuffa di una padella di fagioli in pochissimi secondi, come se non avesse mangiato da giorni.

Proprio l’attore, anni fa, durante la presentazione della versione home video di un suo film raccontò un curioso aneddoto: “Per girare quella scena io ho digiunato per 36 ore, sono arrivato molto affamato, quella padella me la sono mangiata tutta.”

Questo è il risultato di una passione verso il cinema e di una ricerca, sebbene parziale, sul web con la speranza di sollecitare curiosità in chi ha fin qui letto.

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