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AMMINISTRAZIONE > PAG
Il nuovo monumento in ricordo
— Mirko Paulon — Sindaco di Tavernerio
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Il giorno 8 novembre 1951 una terribile frana fece straripare il torrente Cosia e sedici persone persero la vita mentre tre rimasero ferite. I corpi di due bambini non furono mai ritrovati. Gli altri furono trovati nel letto del torrente, altri addirittura nel lago di Como.
Il 15 maggio del 1952 la Commissione di Assistenza agli alluvionati, formata dal Sindaco Domenico Meroni e dai rappresentanti comunali, affidò allo scultore Pietro Clerici la costruzione del monumento alla memoria dei caduti in quel tragico evento. Un bronzo raffigurante il Cristo risorto fu posto al centro dei sedici tumuli eretti sulle tombe nel Cimitero di TavernerioSolzago come simbolo di memoria collettiva.
A 70 anni da quel tragico evento, i sedici tumuli realizzati in marmo verde erano ormai degradati e anche il bronzo raffigurante il Cristo risorto necessitava di manutenzione straordinaria. Ciò rendeva poco decorosa tutta l’area dedicata al ricordo dei caduti.
Nel 2021, in occasione del 70° anniversario dell’alluvione, l’amministrazione comunale decise di creare un nuovo monumento in memoria delle vittime che potesse anche conservarne le spoglie. Nello stesso tempo si sarebbe anche riqualificata l’area del cimitero di Tavernerio-Solzago in modo da destinare un degno spazio al ricordo di un evento che è rimasto indelebile nell’animo della nostra Comunità. L’idea concettuale del monumento è stata donata dall’artista Fabio Rossini che aveva realizzato anche un bozzetto disegnato e un modello in piccola scala. A fine 2021 sono iniziati i lavori per il nuovo monumento a partire dalle opere di esumazione delle spoglie delle vittime e dalla dismissione dei vecchi tumuli. Alla realizzazione del monumento hanno partecipato aziende e artigiani locali con il coordinamento dell’ufficio tecnico del comune, del consigliere Umberto Cattaneo e di Roberto Anghileri. Nell’ottobre 2022 il monumento è stato completato. Il monumento presenta una serie di sedici canne verticali, tante quante furono le vittime dell’alluvione, che salgono dal piano del pavimento, a imitazione di un organo. L’organo nell’immaginario collettivo risveglia l’idea di melodie serene, di musica, di pace e di preghiera. Davanti al monumento viene posto in posizione verticale, leggermente obliquo, uno dei vecchi coperchi tombali. La sua collocazione quasi verticale allude all’idea che la tomba sia stata scoperchiata dall’organo che sta emergendo dalla terra e stia salendo verso il cielo. Così le vecchie tombe vengono simbolicamente riutilizzate e reimpiegate nel rivestimento del nuovo monumento, per proseguire fisicamente in ricordo dei vecchi monumenti, per dire che il dolore ha lasciato posto alla resurrezione. Il colore delle canne è blu come il cielo ma diventa sempre più chiaro a mano a mano che si raggiunge la cima, fino a diventare bianco, come più chiari sono i germogli delle piante sulla loro punta. Il monumento eretto a seguito della tragedia è stato riparato e lucidato e riposto nella posizione originale.
Il 29 ottobre 2022, in presenza di alcuni parenti delle vittime, di Don Paolo, di una rappresentanza degli Alpini di Albese con Cassano e Tavernerio, del gruppo di Protezione Civile e di molti cittadini, si è proceduto alla tumulazione delle spoglie. Per Pierantonio e Giulio Meroni, i due fratellini i cui corpi non furono mai ritrovati, sono state inserite due rose bianche nelle celle dell’ossario a loro destinate. Nell’ossario riposano anche Meroni Francesco, marito di Lucia Sertori e papà di Pierantonio e Giulio, e sua figlia Maria Graziella Meroni, che, per loro desiderio, si sono congiunti ai loro cari.
L’8 novembre si è svolta la presentazione del nuovo monumento alla cittadinanza. Don Paolo e Don Alfonso, parroco di Lipomo e Rovascio, hanno benedetto il nuovo monumento. Alla cerimonia hanno presenziato il sindaco di Albese con Cassano, Carlo
Ballabio, l’assessore di Albavilla
Angela Bartesaghi, il gruppo
Alpini e la protezione civile di Albese con Cassano e
Tavernerio, la protezione civile di Albavilla, il comandante della stazione dei carabinieri di Albate Mario Iappelli, il comandante del comando di
Polizia di Albavilla, Albese con
Cassano e Tavernerio, Pasquale
Caputo e l’artista Fabio Rossini.
Inoltre, ha partecipato una rappresentanza di alunni e docenti dell’I.C. Don Milani
dell’alluvione del 8 novembre 1951
8 novembre 1951
Data di tristissimi ricordi. Una frana staccatasi dalla Cascina Poè (dovuta a molti fattori di incuria e certamente alle infiltrazioni di acqua dovuta alle piogge torrenziali che duravano da un mese) ha formato, nel letto del Cosia sottostante una diga instabile che, imbrigliando per alcuni istanti le acque del torrente, in quel momento abbondantissime, causò un vero lago di 50 metri d’altezza. La forza dell’acqua sfondando improvvisamente la barriera si precipitò violenta ed inesorabile sulle case costeggianti il letto del Cosia distruggendo uomini e cose. Tutto ciò avveniva senza che alcuno potesse accorgersi nel tempo brevissimo di qualche minuto. Erano le 18.18
(da uno scritto di Don Benzoni)
e del Consiglio Comunale delle Ragazze e dei Ragazzi che hanno letto un testo commemorativo. A seguire, la direttrice della scuola comunale di teatro Erika Renai ha letto dei testi dell’epoca che descrivono il tragico evento e il conseguente cambiamento del paese. La cerimonia si è chiusa con l’inno nazionale cantato da tutti i presenti. Il nuovo monumento in ricordo delle 16 vittime dell’alluvione del 8 novembre 1951 è stato un progetto complesso.
È un’opera d’arte e quindi è stato necessario rispettare l’idea dell’artista ma anche i vincoli strutturali e funzionali di un monumento funebre che accoglie le spoglie dei defunti. È forte anche il senso di responsabilità per un’opera che deve ricordare una tragedia ancora vivissima nell’animo della nostra comunità. Crediamo di aver raggiunto il risultato sperato.
Colgo l’occasione per ringraziare chi ha collaborato alla realizzazione del monumento per aver risolto tutti i piccoli e grandi problemi occorsi nella fase di realizzazione.

Potrete trovare alcune testimonianze fotografiche dell’epoca collegandovi al sito del Comune di Tavernerio tramite il seguente link: hiip://www.comune.tavernerio. co.it/c013222/zf/index.php/galleriafotografica/index/album/album/1
Il cibo è cultura… anche al cinema

Il legame tra italiani e mondo del cibo è forte, un rapporto che matura nella vita quotidiana, nel succedersi delle stagioni, ma che ha un’influenza importante e inevitabile
anche nelle diverse espressioni della cultura: arte, letteratura, teatro e, come vorrei raccontare in questo spazio, cinema. Il cibo è convivialità, storia, cultura. È una parte fondamentale della nostra vita, ne accompagna e scandisce i diversi momenti. È inevitabile, quindi, che acquisisca un posto di rilievo anche nei film del grande schermo. Alimentazione e cinema ricoprono entrambi un ruolo importante nella vita dell’uomo: il cibo è un bisogno fisiologico, mentre il cinema fin dalla sua nascita soddisfa la necessità di sfuggire per un attimo dalla realtà sognando ad occhi aperti.
Il cibo, non a caso, diventa subito protagonista dello schermo a partire dalle prime pellicole fino ai giorni nostri ricoprendo le più svariate simbologie: storiche, sociali, culturali, erotiche, nevrotiche e spirituali. Tutto ebbe inizio nel 1895, in uno dei primi lavori dei fratelli Lumière intitolato Le répas de bébé, dove venne ripresa una delle scene di vita familiare più intime: un bambino imboccato dai genitori. D’altra parte, nel cinema, come nel cibo, proiettiamo i nostri desideri e le nostre paure; cinema e cibo sono pietre miliari della comunicazione sociale e dello sviluppo relazionale.
Così, il cinema ha raccontato la fame, la convivialità, ha messo a fuoco la storica arte di arrangiarsi del popolo italiano e la nostra cultura, nella quale la cucina esprime più che altrove il luogo degli affetti, del gusto, dei desideri, dell’opulenza e della povertà, degli anni difficili e di quelli facili. La cucina intesa come tecnica e piacere del far da mangiare è al centro del racconto, mentre la cucina intesa come spazio dentro l’abitazione ne è un set fondamentale. Sia esso un ristorante o un semplice fornello di casa.
Ma la cucina è anche lo spazio nel quale mettere in risalto, talvolta in ridicolo, l’evoluzione culturale di un Paese. In tal senso, sono indimenticabili le scene con protagonisti Ugo Tognazzi e Vittorio De Sica ne I nuovi mostri, pellicola diretta da Dino Risi, Mario Monicelli ed Ettore Scola. Un altro vero classico è Il pranzo di Babette, film danese del 1987 che vinse l’Oscar come miglior film straniero. Qui il mondo del cibo si collega a quello religioso protestante. Da non perdere anche Julie & Julia, film che valse a Meryl Streep una nomination all’Oscar e un Golden Globe e che celebra la figura della cuoca
e scrittrice americana Julia Child, la quale ha insegnato alle casalinghe americane a cucinare.
Per chi invece volesse intrattenere i propri figli con un film d’animazione le scelte non mancano! C’è Ratatouille targato Disney Pixar, un omaggio al mondo della cucina e al valore profondo che il cibo ha nella nostra vita, attraverso le avventure del topo Remy, aspirante chef. E ci sono le opere del maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki, in primis La città incantata, ma anche Il castello errante di Howl e Il mio vicino Totoro. Dulcis in fundo, La fabbrica di cioccolato, sia nella versione originale di Mel Stuart del 1971, sia nell’ultima di Tim Burton del 2005. In entrambi i casi si tratta di capolavori capaci di far sognare, dentro quella fabbrica di cioccolato, grandi e piccini.
Come possiamo vedere, ancora prima che il cibo diventasse una piccola ossessione televisiva, dai talent show ai documentari, dai cooking show alla cucina in diretta nei programmi dell’ora di pranzo, il cinema aveva già considerato la rappresentazione degli alimenti come qualcosa di molto attraente e ricco di significato. Le scelte possibili sono tante, e questi sono solo alcuni esempi.
Non mi resta che augurarVi buona visione, ma soprattutto buon appetito.
Premi di studio
Durante la seduta del Consiglio comunale del 27/09/2022 è stato approvato il nuovo regolamento per la definizione dei criteri per l’attribuzione del premio di studio.
La novità riguarda sostanzialmente l’introduzione del premio anche per gli studenti che ottengono ottimi risultati all’esame di maturità e di laurea, aumentando quindi il contributo economico che l’Amministrazione mette a disposizione, che è più che raddoppiato rispetto al passato. “Come Amministrazione comunale abbiamo voluto ampliare la platea dei ragazzi che potranno avere accesso a questo premio, allargando il riconoscimento ai diplomati della scuola secondaria di secondo grado e ai laureati. Si tratta di una decisione che ci è sembrato giusto assumere in questo momento, perché pensiamo che possa essere uno stimolo per i nostri giovani ad impegnarsi ancora di più negli studi e sentirsi maggiormente parte integrante della nostra comunità, per la quale loro rappresentano una grande risorsa. Sono particolarmente soddisfatta anche della possibilità di offrire come premio un ingresso o abbonamento al cinema in alternativa ai buoni libro, perché va nella direzione di sostenere le sale del territorio e un settore che è stato tra i più duramente colpiti dagli effetti negativi della pandemia”.
Castagna, coltura e cultura millenaria
— Alessandro Bianchi — Assessore Bilancio, Politiche per le entrate, Equità, Urbanistica
Come ogni anno con l’arrivo dell’autunno molti di noi riscoprono la passione per un’attività antica, ma sempre appagante e spesso legata ai ricordi dell’infanzia, la raccolta delle castagne. Ed ecco che i boschi alle spalle del paese, ma anche quelli che dal Montorfano degradano fino alla brughiera, si popolano di allegre comitive famigliari. Un rito allegro e festoso che ci permetterà di gustare questi doni dell’autunno nei modi più ghiotti quali fumanti caldarroste, golose marmellate e deliziosi dolci. Ai più però sfugge il fatto che questo tipo di attività è strettamente dipendente dalla capacità dell’uomo di prendersi cura dei propri boschi. Possiamo dire che l’arte della coltivazione del castagno affonda le sue radici nella storia, sebbene i paleo botanici non siano concordi sull’originale distribuzione di questa pianta nel continente euroasiatico, tutti concordano sul fatto che i romani fecero della coltura del castagno uno dei principali segni della propria espansione territoriale. Il castagno, infatti, ha sempre garantito ottimo legname in grado di resistere per lunghissimo tempo all’immersione e alle intemperie, grazie all’alta concentrazione di tannini. Offre ottimi frutti in grado di conservarsi per moltissimo tempo dopo l’essicazione e in grado di produrre una farina particolarmente nutriente, e genera una grande quantità di fogliame, ottimo come lettiera per gli animali domestici. Inoltre, per la sua spiccata tendenza a formare polloni dopo il taglio dei tronchi principali, il castagno è utilissimo per la produzione della paleria di campo degli eserciti e per la produzione di legna da ardere. Se vi capiterà di verificarlo, vi accorgerete che gran parte dei tetti degli edifici più antichi dei nostri territori (chiese, ville, conventi) sono fatti con travi di castagno. Possiamo quindi affermare che quella della castagna non solo è una coltura millenaria, ma è un’attività forestale che ha portato con sé una rivoluzione tecnologica e d’uso del territorio che possiamo tranquillamente definire cultura e che accomuna l’intero bacino mediterraneo.
Ma, tornando a noi, il patrimonio boschivo del nostro Comune è molto ampio, circa 940 ettari del territorio comunale (l’80,9 %) sono infatti costituiti da boschi e tra questi quelli prevalenti sono certamente i boschi cedui (il 90% dei boschi) la cui specie principale è rappresentata proprio dal castagno. La ceduazione è l’antica pratica silvicola di taglio di alberi singoli con la costituzione di ceppaie in grado di produrre in brevi cicli grandi quantità di polloni.
Più rari sono gli esempi di selve castanili, ancora conservate, dedicate alla sola produzione di castagne e al pascolo del bestiame, qualche esempio in valle di Ponzate e attorno alle cascine di Solzago. Non sono però rari i casi di grandi castagni secolari, ormai circondati totalmente da bosco, ma un tempo inseriti in un contesto di prato pascolo costantemente brucato e/o sfalciato. Eppure fino agli anni ’50 dello scorso secolo, se vogliamo definire una data storica, fino all’alluvione del 1951, la principale attività produttiva del nostro Comune era proprio quella agricola famigliare con la presenza di numerosi insediamenti rurali inseriti proprio nel contesto dei boschi: le cascine pedemontane (Poè, Meriggetto, Costantina, Burdiga, Nisiate, Fontana sotto, Gilasca), la cascina S. Bartolomeo, le frazioni di Casina, Ponzate, Urago e Rovascio, l‘enorme complesso rurale della Cà Franca.
Nella nostra realtà comunale, la quasi totalità dei boschi è di proprietà privata ed è altamente parcellizzata con presenza di numerosissimi piccoli appezzamenti, a volte difficilmente identificabili. Purtroppo, ad eccezione di pochi illuminati contesti, l’abbandono ed il degrado sono la costante. A questa condizione, certamente legata alle modifiche socioeconomiche del territorio, si accompagna la scomparsa dei sentieri e delle strade forestali un tempo mantenute per poter raggiungere ed attingere le risorse forestali rappresentate da legna da ardere e da opera, foglie, frutti, pali e polloni per la creazione di ceste e strumenti di lavoro, indispensabili per l’antica cultura contadina dei nostri nonni.
Proprio nell’ottica di una riqualificazione complessiva del paesaggio boschivo ed una valorizzazione di un bene legato alla produzione di biomassa, utile a far fronte alle esigenze energetiche di questi ultimi anni, l’Amministrazione, attraverso la Redazione del nuovo Piano di Indirizzo Forestale (PIF) della Comunità Triangolo Lariano, vuole arrivare a produrre uno strumento il più possibile utile e conforme alle esigenze specifiche del proprio territorio comunale. Il PIF è uno strumento programmatorio che consente l’analisi e fornisce gli indirizzi per la gestione del territorio forestale ed in generale per la pianificazione territoriale.
Il PIF è a tutti gli effetti un piano di Settore del Piano Territoriale di Coordinamento e, come tale, abbraccia tutto il territorio, indipendentemente dalla proprietà, rientrando nel novero di “piani forestali sovraaziendale”, distinguendosi dal piano di assestamento, che ha invece come oggetto la singola proprietà o, raramente, più proprietà gestite in maniera collettiva. Più in generale possiamo dire che iI PIF permette di tutelare i boschi anche dove non sono presenti aree protette.
Nei prossimi mesi vorremmo approfondire attraverso incontri e serate a tema il valore del patrimonio boschivo del nostro comune nella certezza di poter mantenere viva la cultura legata ai boschi di castagno e con lei il valore ambientale e sociale del nostro splendido territorio.
Considerazioni sconsiderate sul cibo La cultura del cibo
— Fabio Rossini —
“Alla sera al rientro in baracca accucciate nei letti a castello, si incominciava a parlare di minestre e pietanze, di tante minestre da sentirne il profumo e di tante pietanze da sentirne il sapore e parlando si scrivevano ricette sui ritagli bianchi dei giornali”…
Così scrivevano le sorelle Maria Camilla e Maria Alessandra Pallavicino nel 1944-45 durante la loro prigionia nel campo di concentramento di Ravensbruck, sottocampo di Rechlin, 90 km a nord di Berlino, dal quale furono poi liberate dall’armata rossa. Provavano a dimenticare la fame che le lacerava, parlando di “meravigliose pietanze” e discutendone l’esecuzione fino a “litigare per le divergenze di come avrebbero dovuto essere preparate”.
Non so perché, ma questo episodio, che è solo uno dei tanti raccontati da prigionieri scampati alla shoah, richiama le innumerevoli odierne trasmissioni televisive di cucina, alcune diventate storiche occasioni per costruirvi intorno uno spettacolo. Che legame ci può essere tra queste due esperienze così diverse, la prima tragica, la seconda amabile intrattenimento?
Dietro i discorsi dei prigionieri è facile pensare che ci fosse il tentativo di dimenticare la fame, ma è probabile che inconsciamente vi fosse anche il desiderio di allontanare lo spettro della tragedia che incombeva sulle loro teste.
E dietro le trasmissioni culinarie della televisione? Non credo ci sia il tentativo di dimenticare la fame. Ma si può pensare che dietro vi sia l’inconscio desiderio collettivo di allontanare un disagio che ci coinvolge tutti in quanto cittadini dell’occidente?
Tutti avvertiamo che la nostra civiltà ha lasciato cadere i valori sui quali si basava la vita dei nostri nonni e in parte anche dei nostri padri. Ora le nostre divinità sono la scienza e la tecnica e, nonostante il grande benessere che esse ci hanno portato, avvertiamo confusamente di aver smarrito la strada. Alcuni dicono che l’occidente stia realizzando il significato del suo nome: tramontare. Ecco, la collettività sente inconsciamente questo disagio e si consola col BMW (chi può) o con le crociere o con altre attività più simpatiche e meno costose, come la cucina... Ma forse sono solo considerazioni sconsiderate suggerite dal tema del cibo. Molto spesso ci scordiamo dell’importanza che ricopre il cibo nelle nostre vite. Mangiare non significa solamente riempirsi lo stomaco, ma indica un modo di vivere, dove mi trovo, chi sono. Chi non ha mai sentito l’espressione: “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”. Sembra di facile interpretazione tale aforisma, ma le interpretazioni che questa può assumere sono svariate; a me, ad esempio, piace intenderla in chiave culturale.
Ogni popolo ha dei piatti che lo caratterizzano, che lo contraddistinguono dagli altri, prelibatezze che sono motivo di orgoglio perché parte integrante della loro identità. Tutti noi cresciamo con i frutti che la nostra terra nativa ci offre e questo ci connette indissolubilmente con il luogo in cui cresciamo e viviamo. Un rapporto di amore tra uomo e natura. Ma non ci limitiamo, anzi è doveroso non limitarsi ai piatti della propria tradizione, è bene scoprire, assaporare e degustare le leccornie che possono offrirci i nostri vicini.
Anthelme Brillat-Savarin diceva: “la scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella”. La stella ci guida, ma è il piatto che ci illumina. Conoscere un piatto di una data zona ci permette di creare un legame con quel luogo, con quelle persone e sentire un po’ più nostro anche quel posto perché la pancia ha memoria, una gran buona, memoria.
Ma se da un lato le squisitezze che adornano le nostre tavole sono diverse a seconda del posto in cui ci troviamo, la convivialità è uguale per tutti e in qualsiasi regione. Il modo migliore per dimostrare ad una persona l’importanza che gli diamo, il bene che gli vogliamo, è invitarlo alla nostra tavola e facciamo il possibile per offrirgli il meglio che abbiamo e che sappiamo fare; è così per tutti, in qualsiasi angolo del pianeta. Non importa in quale paese del mondo ci troviamo, la pancia parla la stessa lingua. Mi ritrovo molto nelle belle parole espresse dal nostro chef Antonino Cannavacciuolo quando dice: “a tavola ci si incontra, si chiacchiera, ci si rilassa, si ride… talvolta ci si punzecchia, ma il buon cibo fa da paciere. È capace di restituire il buonumore persino al termine di una giornata faticosa”. Questo per dire che la tavola è il posto in cui ci si riunisce con gli altri, amici e parenti, in cui si creano nuovi legami, dove ci si ritrova con persone che non si vedono più da tempo… dove germoglia l’amore. Per concludere, il cibo è vita.
— Patryk Viesti —
Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei. La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella.
Fondazione Rosa dei Venti onlus: i nostri primi 25 anni di accoglienza, cura e attenzione verso l’altro…
— Margherita Neroni — Ufficio Progetti Comunicazioni ed Eventi Fondazione Rosa dei Venti Onlus
Il 2023 sarà per Fondazione Rosa dei Venti onlus un anno importante perché si celebreranno i primi 25 anni di attività nel campo della ricerca e soprattutto nel campo della cura delle fragilità psichiche nei giovani adolescenti minori. Correva l’anno 1997 quando infatti il dottor Luca Mingarelli e la dottoressa Monica Luisa
Cavicchioli posero le basi per la costituzione di un’associazione prima, e di una fondazione poi, che diventò operativa proprio nel 1998, considerati da sempre punto di partenza della grande avventura.
Un’avventura, ma anche una grande sfida che ha visto nascere e crescere la prima comunità terapeutica del privato sociale a livello nazionale, dapprima con sede a Erba e successivamente a Casnate con Bernate. Dal 2014 la Fondazione ha rilevato la ex fabbrica di imbottigliamento dell’acqua Plinia del Tisone, situata in un meraviglioso bosco a Solzago, piccola frazione di Tavernerio (CO), e dal 2017 ha fissato in questo luogo la sua sede operativa, ingrandendosi, ampliando e diversificando la proposta dei servizi a tutto il territorio nazionale. Oggi la Fondazione è costituita da due Comunità Terapeutiche con i rispettivi Centri Diurni a Casnate con Bernate e a Tavernerio, due strutture di Residenzialità Leggera in entrambe le sedi, l’Ambulatorio Plinio con focus sulla salute mentale aperto al pubblico e una fitta rete di servizi territoriali e rivolti alle scuole.
Il 2017, anno di trasferimento nella nuova sede, è stato anche l’inizio di un nuovo capitolo sul fronte delle attività complementari a quelle specificamente di cura poiché è stato costituito l’ufficio Comunicazione Progetti Eventi e Fundraising che ha permesso alla Fondazione di crescere ulteriormente e diventare punto di riferimento sul territorio per attività creative e ricreative aperte al pubblico a tema natura, arte e benessere fisico e interiore. Tutte le attività della Fondazione sono naturalmente a supporto delle attività di cura legate ai minori, quindi alle comunità, ai centri diurni e a tutti i servizi da essa gestiti.
L’ampliamento dei servizi della Fondazione è nato soprattutto dall’esigenza di far fronte alle nuove, e sempre crescenti richieste del territorio, determinate dall’aumento delle fragilità psichiche e delle criticità determinate da diversi fattori come la recente pandemia, ma anche di uso e abuso della tecnologia e il conseguente ritiro sociale.
Il 2023 sarà dunque un anno di festa con diversi appuntamenti, almeno 6 tra gennaio e dicembre, legati al progetto formativoeducativo e terapeutico della Trattoria Sociale sviluppato in collaborazione con ristoranti e chef del territorio e volto a insegnare un mestiere ai ragazzi ospiti delle comunità e dei servizi della Fondazione, ma anche pensato per creare un ponte verso l’esterno sul tema delle relazioni e delle attività della nostra organizzazione. Valeria Margherita Mosca, esperta di foraging, Davide Caranchini del ristorante Materia di Cernobbio, Mauro Elli del ristorante Il Cantuccio di Albavilla e Marco Rossi del ristorante Al Rustico di Lambrugo, per fare solo alcuni esempi, guideranno i nostri giovani ospiti nella creazione di pietanze a chilometro zero. Il cibo sarà al centro della rassegna inteso come elemento da ideare, creare e condividere. Le Trattorie Sociali sono aperte al pubblico e rappresentano la base delle attività di raccolta fondi della Fondazione.
Nel calendario degli eventi aperti a tutta la popolazione saranno due i momenti importanti: a maggio la IV Festa dei Rododendri, pensata per valorizzare il parco di Villa Plinia e la sua esplosiva e colorata fioritura primaverile e a settembre la ormai tradizionale Festa dell’Acqua Sorgiva, arrivata alla sua VII edizione e considerata appuntamento fisso per chi ama trascorrere una giornata all’insegna del benessere fisico e interiore in armonia con la natura.
Trattandosi di un anno di celebrazioni, nel mese di marzo presso la Fondazione si terrà un convegno scientifico sulla salute mentale con ospiti e personalità di rilievo provenienti da tutto il territorio nazionale e, a data ancora da definire, una minirassegna cinematografica (4 appuntamenti) di sensibilizzazione sul disagio psichico in età adolescenziale rivolta per lo più alle scuole, ma aperta alla popolazione tutta.
Nel corso di tutto il 2023 sono previste delle azioni di valorizzazione del percorso artistico presente nel parco di Villa Plinia, prima tra tutte quella volta a far rientrare l’opera Specchio D’Acqua di Enrico Cazzaniga, omaggio al simbolo del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, nei circuiti turistici del triangolo lariano. Un’opera dall’alto valore metaforico in stretta connessione con i principi sui quali si basa l’operato della nostra Fondazione (come ad esempio cura, trasformazione del sé…) e che riteniamo importante condividere con il territorio. L’opera oggi è visitabile negli orari di apertura del parco.
Proprio grazie alle relazioni attive sul territorio è stato inoltre possibile avviare il progetto Geek in – Geek out, di cui la cooperativa sociale “Questa Generazione” è il capofila. In virtuosa collaborazione con il Comune di Tavernerio, Fondazione Rosa dei Venti per tutto il 2023 e sino al mese di settembre offrirà al territorio uno sportello di supporto psicologico gratuito ai giovani della fascia di età 15-34 anni che si trovano alle prese con tutti i problemi postpandemici e, grazie al bellissimo parco di Villa Plinia, offrirà al territorio laboratori artistici e percorsi in natura guidati da esperti del mestiere.
Fondazione Rosa dei Venti onlus sarà lieta di condividere i suoi spazi e le sue iniziative in sinergia con tutte le istituzioni del territorio, nonché con associazione e aziende che ne condividono mission e valori.
Per maggiori informazioni: www.rosadeiventi.org comunicazione@rosadeiventi.org
Sala da pranzo di Villa Fogazzaro-Roy di Oria Valsolda
Ammirata durante la visita guidata del 16 luglio 2022. — Associazione Raggi di Luce —
Una tavola imbandita, perfetta, quando l’eleganza chiama la condivisione, quando la vista arriva prima del gusto.
Non tutte le tavole sono così sontuose, ma anche su quelle più modeste il cibo è elemento di incontro, di aggregazione sociale e condivisione allegra. L’Associazione, essendo ricreativa e culturale, pone sempre molta attenzione nel mettere in comunicazione le persone anche attraverso il cibo, creando così un ponte ideale tra noi e gli altri.
La storia del cibo è la storia dell’umanità, il cibo non è soltanto sostentamento, è un gesto d’amore, è anche poesia e serve a nutrire l’anima. L’11 dicembre presso l’Auditorium di Tavernerio ritorna la Tombola Natalizia, aperta a TUTTI, organizzata dall’Associazione. Tutti i premi in palio sono prodotti alimentari, come anche quelli destinati ai vincitori delle gare di Burraco. Ecco, una gioiosa condivisione del cibo. E dopo aver apprezzato tutte queste bontà, rimettiamoci in forma con i nostri numerosi corsi di attività motoria.

L’Associazione augura un sereno Natale ed un prosperoso anno nuovo.


Per crescere un bambino ci vuole un villaggio*
— Il direttivo di Magolibero —

Siamo i ragazzi del MAGOLIBERO, siamo tre mamme e un papà che, come tutti i genitori, vorrebbero vedere i propri piccoli riempirsi di bellezza e gioire delle piccole cose che rendono le persone grandi, sensibili e attente al mondo.
È quasi passato un anno da quando abbiamo ereditato questa Associazione genitori, direttamente dai fondatori, i quali possiamo dire, ci hanno fatto un grande regalo, poiché mese dopo mese, l’abbiamo sentita sempre più nostra!
Così l’abbiamo ridipinta a nostro piacimento, partendo dal nome che ci è piaciuto così tanto, rispecchiando il nostro bisogno di Magia e Libertà.
Abbiamo pensato alle esperienze che avrebbero reso felici i nostri figli e insieme a loro tutti i bimbi del paese, col desiderio profondo di creare una “comunità di bambini “ purtroppo spaesati da oltre due anni di COVID e per questo ancora più incuriositi (soprattutto i più piccoli) nel fare aggregazione, nel creare legami di appartenenza al paese e ai suoi contesti. In una società sempre più disgregante e individualista, vorremmo tornare a vedere i bambini che si ritrovano come una volta nei cortili.
Siamo partiti col cercare uno spazio, dove incontrarsi, nel quale identificarsi e stare bene: il nostro Centro civico Livatino! Ci trovavamo inizialmente il lunedì dopo scuola, per una merenda e due chiacchiere, poi abbiamo pensato a una proposta domenicale una volta al mese, ogni volta nuova e che sviluppi immaginazione, socialità e spensieratezza, quelle caratteristiche di cui gli adulti possono nutrirsi dai bambini. I nostri eventi sono pensati per bambini della materna e delle elementari accompagnati dai loro genitori. Dopo una grande Festa di Presentazione a tutti, realizzata nel mese di maggio, con un gran sole, tantissimi bimbi e uno spettacolo teatrale; siamo partiti con le Domeniche artistiche!
Sino ad ora, nel mese di ottobre, abbiamo sperimentato la “ Spin-art” attraverso un laboratorio di CIRCOLARTE con due fantastiche professioniste, oltre alla nostra spaventosa festa di Halloween dove abbiamo coinvolto tutta la famiglia. A novembre invece la narrazione della splendida Carla Giovannone, che ha raccontato le sue bellissime storie. A dicembre sperimentiamo “i millefogli di Celine” per immergerci nella magia natalizia attraverso tecniche artistiche manuali.
Dal mese di Ottobre, è anche partito il nostro corso di Teatro improvvisato e Danza creativa, in collaborazione con l’Associazione “È arte, formazione, cura”, tutti i lunedì pomeriggio; un’occasione per scoprire che la danza è per tutti, nasciamo danza, per liberare gesti innati che appartengono a ciascuno in base alle proprie caratteristiche, senza parole o gesti a memoria, tipici del teatro classico, si crea il proprio movimento unico al mondo, che insieme alle mille diversità degli altri diventa ricchezza e arte. Il corso ha già occupato tutti i posti, ma ripartirà a gennaio con nuove possibilità. Quasi tutti i progetti saranno finanziati grazie al Bando di Regione Lombardia rivolto ai minori!
Stiamo collaborando magnificamente con le altre Associazioni del paese, come con la Cooperativa Nuova Umanità, la Proloco, gli Amici di Seba, Nati per Leggere, perché insieme è più bello e più semplice! Vogliamo in particolare modo ringraziare tutte le famiglie che hanno partecipato e che parteciperanno ai nostri eventi, credendo che per crescere... servano gli altri, non si diventa grandi da soli, è necessario farlo insieme!
Chiunque volesse darci una mano, proporci delle idee o avesse solo bisogno di Magia e di Libertà, lo aspettiamo a braccia aperte e può contattarci all’indirizzo info@magolibero.it
La vita è come il mare: a volte serena e tranquilla, a volte agitata e tempestosa, tanto da diventare pericolosa come quando arriva quell’onda anomala che non ti aspetti, che ti travolge, che ti fa sentire disorientato e che se ti trascina sott’acqua richiede tanta energia e forza per riemergere e tornare a respirare, così da rimettersi a navigare.
L’associazione di promozione sociale “Séstante”, che prende il nome appunto dal congegno nautico, si è da poco costituita per dare sostegno alle persone affette da Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA) e alle loro famiglie, per aiutarle a ritrovare la rotta. Ma cosa sono i DNA?
I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA), o Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), sono psicopatologie caratterizzate da alterazione delle abitudini alimentari ed eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo, e tra queste si possono citare l’Anoressia Nervosa, la Bulimia Nervosa e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (in inglese Binge Eating Disorder). Queste psicopatologie comportano delle gravi conseguenze a livello individuale, con uno sconvolgimento reale della propria vita: un ritiro sociale e scolastico, un’ossessione sul conteggio delle calorie e sul proprio aspetto fisico, una diminuzione delle relazioni sociali, un peso molto al di sotto della norma, che può portare fino alla situazione più infausta, ovvero la morte.
Questi disturbi colpiscono prevalentemente il sesso femminile, nonostante negli ultimi anni siano in aumento anche nei maschi. Queste patologie insorgono maggiormente negli anni dell’adolescenza. L’età di esordio è, perlopiù, tra i 10 e i 30 anni con due picchi intorno a 14 e 18 anni. La fascia d’età di prevalenza del Binge Eating Disorders (BED) si estende invece fino ai 65 anni.
È importante mettere l’accento sul periodo dell’adolescenza in quanto, proprio in questa fascia d’età, la compresenza con altri aspetti psicopatologici è elevata, in particolare con i disturbi della personalità, le condotte autolesionistiche, il rischio suicidario, i disturbi ossessivocompulsivi, i disturbi depressivi e i disturbi d’ansia, condotte devianti e uso di sostanze e in alcuni casi le psicosi.
Negli ultimi anni si è purtroppo registrato un progressivo abbassamento dell’età di esordio, con manifestazioni già in bambini/e delle scuole elementari e medie. Questo si rivela molto preoccupante in quanto le risorse cognitive, emotive e psicologiche a disposizione sono diverse da quelle di un/a ragazzo/a con età maggiore.
Il disturbo alimentare è solo ciò che più prepotentemente appare, ma, nel profondo, c’è una grande difficoltà a riconoscere la propria identità di fronte ad un mondo esterno sempre più esigente, complesso, ed un mondo interno fatto di emozioni che non si riescono a gestire e a canalizzare. Ecco che allora agire e controllare, in modo disfunzionale e distorto, il proprio regime alimentare attraverso le privazioni o gli eccessi, diviene illusoriamente l’unico modo “di avere un potere” di fronte agli eventi interni ed esterni della propria esistenza. Giusy racconta: “La mia paura è sempre stata quella di riuscire ad esprimere veramente me stessa e le mie emozioni. Mi sembrava che nessuno ascoltasse la mia voce, nessuno mi vedesse. Allora ho trovato il modo di attirare l’attenzione degli altri su di me: il peso sempre più basso”.
Nella recentissima attualità, la prevalenza dei DNA ha subito un importante aumento come espressione della crisi associata alla pandemia del COVID-19. Tra il febbraio 2020 e lo stesso mese del 2021 l’ADI (Associazione Italiana Dietetica e Nutrizione Clinica) ha segnalato un incremento medio del 30% dei casi di disturbi alimentari.
Le persone affette da DNA presentano un quadro clinico complesso, caratterizzato sia da problematiche psichiatriche che somatiche, che rende necessari interventi di tipo multidisciplinare, specifici, precoci e fra loro integrati, per ridurre il rischio di ricadute frequenti e di cronicità.
Quando in famiglia ci si accorge di avere una persona affetta da DNA, si scatena il dramma: un’onda di sensi di colpa, di vergogna, di inadeguatezza, di impotenza, tutti ne sono travolti. Un vero e proprio tsunami. È un fenomeno difficile da comprendere e la famiglia si sente sola, abbandonata e non sa che direzione prendere, quando, invece, potrebbe essere essa stessa una vera e propria risorsa per aiutare i figli nel loro percorso riabilitativo. Ecco, quindi, l’importanza di avere un’associazione che faccia da punto di riferimento per aiutare le famiglie a fronteggiare la situazione e a confrontare le proprie esperienze con quelle di altre famiglie che hanno avuto o hanno la stessa problematica. L’associazione “Séstante” ha come obiettivi: divulgare e informare sui DNA, formare i propri volontari per consentire interventi di supporto appropriati e adeguati, e in ultimo, ma non per importanza, supportare progetti e percorsi terapeutici e riabilitativi, anche in collaborazione con altre associazioni e/o le strutture del Servizio Pubblico. L’associazione è formata da chi è direttamente interessato, da familiari di pazienti che soffrono di un DNA, da psicologi e psicoterapeuti, da operatori ed ex-operatori con esperienza nell’ambito del servizio sanitario e da quanti aderiscono in qualità di volontari all’ideazione e realizzazione delle attività dell’associazione.
È attivo uno sportello informativo e orientativo gratuito a cui si accede tramite contatto telefonico (3387414546) o tramite mail sestante@ sestanteaps.it e dal quale è possibile avere sostegno, supporto e informazioni sull’associazione stessa e sui vari servizi, dislocati sul territorio, attinenti ai DNA.
— Sabrina Mantegazza —
Si ringraziano per la collaborazione: il presidente di “Séstante” - Vito Gasparro - La vice-presidente di “Séstante” - Giusy Zanetti
Il Mantello di San Martino
— Federica Trombetta —
Il “Mantello di San Martino” continua ad essere una bellissima realtà del nostro territorio. Il Progetto è nato nel 2018 grazie alla collaborazione tra l’amministrazione Comunale, le Parrocchie di Tavernerio,
Solzago e Ponzate e il Banco di
Solidarietà di Como.
Le braccia di questo servizio, ormai conosciuto e ben avviato, appartengono a oltre venti persone che, settimana dopo settimana, mese dopo mese, continuano con generosità ed impegno a offrire il loro tempo. L’idea di creare un servizio in risposta ai bisogni dei cittadini in difficoltà nacque sulla scrivania della giunta guidata da Rossella Radice e la sua denominazione richiama, non a caso, il gesto del vescovo Martino di Tours, a cui la chiesa parrocchiale di Tavernerio è dedicata.
Secondo la tradizione, Martino, allora giovane soldato pagano arruolato nell’esercito romano, fu sorpreso da un violento temporale mentre viaggiava a cavallo attraverso la Gallia; cercando riparo notò sul ciglio della strada un mendicante che, semi nudo e completamente fradicio, pativa il freddo. Non avendo altro da offrire, Martino tagliò in due il suo mantello e ne offrì una parte in dono al pover’uomo.
Il fenomeno conosciuto come estate di S. Martino, ovvero il ritorno a condizioni climatiche più miti nel periodo centrale del mese di novembre, prende spunto proprio dalla leggenda che racconta come, improvvisamente, dopo questo gesto, il cielo si schiarì e la temperatura si fece più mite e piacevole. Si narra, infine, che, durante la notte, Gesù, rivestito della metà del mantello di Martino e con le sembianze del povero assistito, apparve in sogno al giovane soldato invitandolo alla conversione.
Il gesto di generosità di Martino viene letto, quindi, come la spinta profonda e radicale al cambiamento e un grande invito ad occuparsi sempre dei più bisognosi.
Questa vicenda, al di là dei contenuti magari un poco romanzati per chi non è credente, di fatto però comprende due elementi che “vestono” perfettamente il senso del Progetto: il concetto del dono, dell’offerta incondizionata e gratuita e il senso del calore e dell’accoglienza che traspare dal gesto.
In quest’ottica, l’attività che i volontari svolgono di fatto parte proprio dal “dono” che i cittadini fanno durante le collette. Nel corso del 2022 sono state organizzate due collette, nei giorni 5/6 marzo e 15/16 ottobre, e sono state inoltre incrementate attività in rete con la Cri, sezione di Lipomo, e con lo staff dell’ufficio Servizi Sociali del Comune, entrambi partners fondamentali nel continuo rifornimento di generi in carenza. Il lavoro di gestione del magazzino e l’organizzazione delle consegne è un processo articolato e in continua evoluzione: da gennaio a dicembre sono state effettuate oltre 270 consegne di pacchi in favore di oltre 30 famiglie, ciascuno confezionato tenendo conto delle esigenze di ogni nucleo, delle priorità e, quando possibile, anche dei gusti. Complessivamente, nel corso dell’anno sono stati distribuiti oltre 900 kg di pasta, 350 kg di riso, 250 kg di farina, 160kg di tonno, 300lt di olio, 380 kg di legumi, 300kg di biscotti, 250 di zucchero, oltre 400 kg di cioccolato, marmellate e miele. In occasione delle festività del S. Natale, dell’Epifania e di Pasqua le consegne vengono “arricchite” da prodotti tipici sia per gli adulti che per i bambini, come panettoni, pandori, uova di cioccolata o dolcetti vari, mentre, nel mese di settembre, viene consegnata anche una buona fornitura di materiale scolastico ad alto consumo: quaderni, penne, gomme, pennarelli, album da disegno.
Oltre alle famiglie già seguite, dal mese di marzo il bisogno si è significativamente ampliato con l’arrivo di 5 nuclei di nazionalità ucraina che, in seguito alla situazione drammatica generata dalla guerra, hanno trovato ospitalità ed accoglienza nel nostro Comune. Nella prima colletta la risposta da parte della cittadinanza è stata davvero straordinaria: ci sono voluti giorni per sistemare in magazzino quanto raccolto e per diversi mesi abbiamo avuto gli scaffali pieni!
Entrare mensilmente nelle case delle famiglie, incontrarsi e confrontarsi in modo cordiale e mai invasivo ha consentito negli anni la costruzione di rapporti di fiducia tra le famiglie e i volontari.
Spesso la condivisone di bisogni o di necessità immediate, anche diverse da quelle alimentari, ha generato processi relazionali significativi con soluzioni concrete ed efficaci: la ricerca di una lavatrice funzionante, un letto singolo per il bambino ormai cresciuto, una bicicletta per andare a fare la spesa più velocemente, la ricerca di un lavoro... tutte situazioni a cui i volontari, con la semplice condivisone e il coinvolgimento di altre realtà vicine, sono riusciti a trovare risposta. Il mantello è l’immagine della cura e della generosità verso chi soffre. San Martino, che con il suo mantello avvolge le persone, ha un forte valore simbolico: il nostro Mantello vuole continuare ad essere l’immagine della cura e dell’accoglienza incondizionata.
Grazie a: • alla Parrocchia di Tavernerio che mette a disposizione uno spazio adeguato a immagazzinare tutti i prodotti e per il confezionamento dei pacchi, oltre ad ospitare gli incontri periodici e le riunioni organizzative dei volontari; • a Don Paolo per aver garantito la continuità nel comodato d’uso dei locali e per la disponibilità al continuo via vai dei volontari; • al Comitato CRI, sezione di Lipomo in particolare ad Anna Martinelli e a Livilla Drago; • all’assessora Elisa Frigerio, all’Assistente sociale e alla preziosa Nadia per il supporto e il sostegno operativo; • alle ditte Vivenda, Fumagalli e Cantaluppi per i generosi contributi; • a tutta la popolazione per la costante presenza e per il continuo supporto, ad ogni singolo cittadino il più sentito GRAZIE!
Èstato questo il titolo della serata organizzata giovedì 27 ottobre presso l’auditorium comunale di Tavernerio, da AIB
Tavernerio, Gruppo volontari antincendio di Tavernerio odv, Gruppo di Protezione
Civile, in collaborazione con
NaturalMeteo, gruppo di appassionati di meteorologia; la serata è stata moderata da
Andrea Citeroni, volontario
AIB Tavernerio,
Una serata che ha avuto il patrocinio dei comuni di Tavernerio e di Albese con Cassano, nonché il supporto della Commissione Cultura di Tavernerio e l’aiuto pratico ed organizzativo, della Consulta Giovani di Tavernerio.
L’idea dell’evento nasce in seno al gruppo volontari AIB Tavernerio e trova subito l’approvazione del Presidente Marco Longhi che si mette a disposizione nell’agevolare i volontari incaricati della realizzazione.
Di fondamentale importanza l’immediata disponibilità di Stefano Casartelli DOS (direttore operazioni di spegnimento) della Comunità Montana Triangolo Lariano, di Fabio Fioramonti e Simone Mura, divulgatori e membri di NaturalMeteo e del Dott. Giacomo Tettamanti, naturalista e funzionario del comune di Tavernerio.
Gli obbiettivi che ci siamo posti nel pensare e organizzare l’evento sono stati il desiderio di condividere, comunicando in modo semplice e facilmente comprensibile, tutte le problematiche che si innescano a seguito degli innegabili cambiamenti climatici in atto. raccontando brevemente la storia della meteorologia e della Protezione Civile italiana, per ascoltare poi Fabio e Simone che ci hanno condotto nell’affascinante mondo dello studio del clima, da come nascono le previsioni meteorologiche a quali sono le cause di eventi meteorologici sempre più anomali, quali violenti nubifragi alternati a lunghi periodi di siccità.
Abbiamo fatto un salto indietro nel tempo con l’analisi, magistralmente e dettagliatamente spiegataci dal Dott. Giacomo Tettamanti, dell’alluvione che nella sera del 8 novembre del 1951 ha interessato il centro di Tavernerio.
La frana ha prima ostruito il corso del torrente Cosia, poi il cedimento della barriera formatasi, ha prodotto un’ondata di piena che ha strappato la vita di 16 persone e arrecato ingenti danni all’abitato del centro paese.
Stefano Casartelli ci ha intrattenuto, dapprima spiegandoci come interpretare le allerte meteo di Protezione Civile, differenti in funzione del loro colore che ne stabilisce l’importanza, per poi raccontarci l’evoluzione del grave incendio sviluppatosi nell’ottobre del 2017 nei boschi sopra Tavernerio. Questo evento ha coinvolto diversi Gruppi AIB della Comunità Montana Triangolo Lariano nelle operazioni di spegnimento e successivamente di bonifica, operazioni nelle quali il nostro Gruppo si è distinto in tutte le fasi, forte della grande conoscenza del territorio e delle indubbie specifiche competenze.
L’importanza della previsione (non solo meteorologica) e prevenzione è stata fortemente rimarcata in tutti gli interventi fatti; il lavoro che con programmazione e costanza svolgiamo come Gruppo volontari di Protezione Civile è quanto di meglio si possa fare per tutelare e scongiurare che eventi atmosferici sempre più anomali, ma con una drammatica frequenza, si trasformino in eventi tragici per le persone e dannosi per il territorio.
Numeroso il pubblico che ha partecipato e apprezzato la serata, conclusasi alle 23.00 con un lungo applauso e con le congratulazioni rivolte ai relatori per le loro competenze e la loro disponibilità.
