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Cecilia Chailly: «Una vita con le mie arpe»

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Cirò Rosso D.O.C

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Cecilia Chailly (Milano, 2 febbraio 1960) è un’arpista, compositrice, cantante e scrittrice, figlia del compositore Luciano Chailly, sorella di Riccardo, direttore d’orchestra. A 19 anni entra nell’orchestra della Scala di Milano come prima arpa e in seguito collabora con il Piccolo Teatro di Giorgio Strehler, intraprendendo un’intensa attività concertistica che la porterà a esibirsi alla Queen Elizabeth Hall di Londra. Ho intervistato per voi questa grande artista e sono certo che vi sorprenderà. Cecilia a soli 19 anni era prima arpa alla Scala di Milano, un traguardo incredibile. Sì, avevo 19 anni quando Mimma Oliva De Poli, storica arpista dell’orchestra della Scala, mi chiamò per sostituirla nello Schiaccianoci, il cui primo ballerino era Nurejev. Avevo un mese di tempo per prepararmi, e così dovetti interrompere le sperimentazioni e gli studi in Conservatorio, che ancora frequentavo, per preparare tre atti di balletto, come prima arpa, che comprendevano anche tre minuti di assolo. Fu un’emozione grandissima, già dalla prima prova. Alla fine dello spettacolo mi piaceva rimanere nella buca dell’orchestra per applaudire Rudolf, che adoravo, e lui rispondeva gettandomi delle rose. Ha collaborato con i grandi della canzone d’autore, prima tra tutti Mina. Ricordi ed emozioni. Ricorderò sempre quella telefonata di Mina che, fingendosi una segretaria, si presentò come la signora Mazzini. Con una voce anonima, dicendo

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CECILIA CHAILLY

«UNA VITA CON LE MIE ARPE»

A cura di CARLO KAUFFMANN

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che mi aveva vista in tv su Rai 3, nella trasmissione Fuori Orario, mi chiese se volevo registrare a Lugano. Ad un certo punto però si svelò: «Veramente… io sarei Mina». La cosa mi stupì ma mi divertì molto. Quando arrivai a Lugano, appena entrata in studio, alle 10 del mattino, mi chiese se volessi bere un whisky. «Grazie, magari dopo le registrazioni», le risposi. Così mi misi a registrate il primo take, la prima traccia, improvvisando sulla sua canzone, e subito dopo lei mi disse: «Adesso puoi bere il whisky perché, ricordati, quando c’è stoffa, è sempre buona la prima». Quando registrai il mio album, anni dopo, fu registrato quasi tutto di fila e con pochissime ripetizioni, e mi ricordai di quella sua frase. Senza dimenticare, tra gli altri, De Andrè e Dalla… Con Fabrizio De Andrè, che mi chiamò per una parte in “Anime Salve”, fu amicizia al primo incontro. Parlavamo per ore di astrologia, di esistenzialismo… Mi commuoveva il modo diretto con il quale comunicava con i suoi fans, alla fine del concerto, dedicandogli tempo, ricordandosi di tutti come fossero amici intimi. Anche questo atteggiamento mi fu molto di esempio. Volle fortemente che facessi un duo con suo figlio Cristiano, con il quale ho collaborato in diversi concerti. Fu molto emozionante suonare al concerto in sua memoria a Genova, e un onore poter interpretare la sua canzone “Inverno”, fra i musicisti pop più popolari e a lui più vicini. Lucio Dalla s’innamorò del mio album “Anima”, che voleva produrre lui ma alla fine lo feci con Warner, anche se mi disse che, quando gli diedi il master ancora inedito, l’aveva ascoltato per tre giorni consecutivi. Era un gran personaggio, molto simpatico e con quell’emilianità che un po’ mi appartiene, essendo figlia di un ferrarese. Duettai con lui al sax in alcuni concerti in Sicilia, e anche con lui si parlava per ore ed ore. Quando ci si incontra, a volte, fra artisti, si hanno un sacco di cose da scambiare, anche su argomenti che non hanno nulla a che fare con la musica. C’è qualcosa che accomuna le anime, mentre si viene travolti dalla voglia di scambiarsi idee, suggestioni e pensieri. Ha scritto un romanzo e ne sta preparando un altro… ci può dare qualche anticipazione? Avrò scritto venti inizi, dopo aver pubblicato “Era dell’amore”, ma adesso forse ho azzeccato la storia, probabilmente perché ho deciso di non ispirarmi a me ma a mia madre e alla sua love story con mio padre, che fu davvero romantica, da romanzo, appunto. E glielo devo. È lei che ci ha creati, anche come artisti, in famiglia, ed è giusto parlare un po’ di lei e renderle omaggio. I prossimi appuntamenti dove potremo trovare la sua “magia” artistica? Dopo il “Concerto all’alba” in Toscana a fine agosto, sarò il 18 settembre a Cernobbio, nell’ambito della rassegna “Parolario” dedicata quest’anno a Dino Buzzati. Parlerò del suo binomio con mio padre, con il quale ha creato alcune splendide opere, veri gioielli operistici del ’900 che tengo a promuovere, nella speranza che i teatri li ripropongano al più presto. Le ultime rappresentazioni di Ferrovia Soprelevata, al Piccolo Teatro di Milano, un’opera scritta negli anni ’50 che aveva strumenti come la chitarra elettrica, ritmiche jazz ed era molto avanti, ha riscosso un tale successo, anche fra i giovani, al punto che si è creata una specie di rissa, per riuscire ad entrare. Vorrà dire qualcosa? Ancora una curiosità: ho letto in un suo post la frase «fu come ballare un valzer», citando una cena recente con Piero Angela. Fa sempre parte dell’incontro fra anime. Quando si incontrano persone speciali, che siano artisti o meno, si balla un valzer di emozioni, perché la comunicazione non resta solo verbale, ma qualcosa si accende, mentre le parole “danzano”. Così fu anche con lui, quella sera a cena, fra quelle tante persone che in quel momento era come se non ci fossero. Mi è successo anche con altre persone eccezionali che nella mia vita, che non è sempre stata soltanto una danza, ho comunque avuto la fortuna d’incontrare.

Photo credit Giovanni Gastel 24oreNews

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