Vacanze da leggere 3

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Vacanze 3

•Il principe senza paura

•Hänsel e Gretel

Vacanze 3

C’era una volta un principe che non aveva paura di niente. Un giorno, decise di partire in cerca di avventure.

Cammina cammina, arrivò nei pressi della casa di un gigante. Nell’immenso cortile, c’erano degli enormi birilli e una palla. Al principe venne voglia di giocare. Tirò la palla e i birilli caddero con grande frastuono.

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Il gigante si affacciò alla finestra e urlò:

– Come ti permetti di giocare con i miei birilli?

– Vedi, tu non sei l’unico che riesce ad abbatterli! – replicò il principe coraggioso.

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Il gigante scese in cortile e, guardando il principe dall’alto in basso, gli chiese:

– Visto che credi di essere così forte, perché non vai a cogliermi una mela dall’albero della vita? Si trova in un giardino recintato e sorvegliato da bestie feroci. Davanti alla mela c’è un anello nel quale è necessario infilare la mano. Nessuno finora è mai riuscito a farlo.

– A che cosa ti serve la mela? – gli chiese il principe.

– Non è per me, ma per la mia fidanzata che la desidera tanto – rispose il gigante.

Il gigante era sicuro che il principe non sarebbe stato capace.

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Sicuro di riuscire nel difficile compito, il principe attraversò campi e vallate, finché non giunse davanti al cancello del giardino incantato. C’erano animali feroci di tutti i tipi che facevano la guardia: tigri, linci, leopardi e leoni.

Le bestie erano addormentate, così il principe scavalcò la recinzione senza difficoltà e raggiunse il melo.

L’impresa era davvero ardua ma l’uomo coraggioso non provò la minima paura nel compierla.

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Salì sull’albero, infilò il braccio nell’anello e colse il frutto.

L’anello gli si strinse intorno al polso ed egli si sentì all’improvviso pervaso da una forza grandissima.

Con un solo colpo abbatté il cancello e uscì dal giardino.

Uno dei leoni si svegliò e seguì il principe come un cagnolino.

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Il principe tornò dal gigante e gli consegnò la mela.

– Coglierla non mi è costata nessuna fatica –disse.

Il gigante, tutto contento, portò la mela alla sua fidanzata.

La ragazza chiese al gigante dove fosse finito l’anello magico.

– L’ho lasciato a casa. Torno subito a prenderlo – mentì il gigante, deciso a strappare con la forza l’anello al principe.

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Il principe e il gigante lottarono a lungo, ma quest’ultimo non riuscì a portare via l’anello al suo avversario, quindi giocò d’astuzia.

– Fermiamoci un attimo e rinfreschiamoci nel fiume – propose.

Il principe accettò. Si spogliò, si tolse l’anello dal braccio e si tuffò nelle acque fresche del fiume.

Allora il gigante raccolse l’anello e tentò di fuggire, ma il leone se ne accorse, lo rincorse e riprese l’anello.

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Il gigante era furibondo. Possibile che non riuscisse a vincere quel piccolo ometto? Si nascose dietro a un albero e, quando il principe gli passò vicino, lo afferrò a tradimento e lo ferì agli occhi. Poi lo prese per mano e lo condusse sopra una roccia altissima.

Il leone si accorse che il principe correva un pericolo gravissimo. Si scagliò contro il gigante, che perse l’equilibrio e precipitò nel burrone.

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L’animale guidò poi il suo amico presso un ruscello dall’acqua trasparente, gli spruzzò gli occhi e il principe non solo ritornò a vedere, ma la sua vista non era mai stata così limpida e chiara.

Tutto gli apparve bello, aveva sconfitto il gigante pericoloso e aveva trovato un nuovo amico: il leone.

Il principe riprese il cammino in cerca di avventure. Il leone lo accompagnava seguendolo ovunque.

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Un giorno, arrivarono in vista di un nero castello, immerso in una nuvola scura come la notte.

– Un incantesimo opprime questo luogo –esclamò il giovane intrepido.

Toccò il portone del castello che si spalancò senza rumore.

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Si ritrovò in un cortile nero, con un muro nero e nere finestre.

Davanti all’ingresso della costruzione, c’era una fanciulla bellissima, ma era avvolta e come tenuta prigioniera da un velo di tristezza.

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– Ah, come sarei felice se tu potessi liberarmi dall’incantesimo! – gli disse la ragazza.

– Non ho paura di niente. Dimmi che cosa devo fare – le chiese il principe.

La ragazza gli spiegò che avrebbe dovuto trascorrere tre notti nel castello senza mai spaventarsi, senza mai lamentarsi, qualsiasi cosa fosse successa.

Così il principe entrò nel salone nero del castello e si sedette su una sedia, anch’essa nera come l’inchiostro.

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Fino a mezzanotte ci fu un gran silenzio. Quando il principe stava per addormentarsi, si udì un immenso frastuono. Da ogni angolo, da ogni fessura uscirono tantissimi mostriciattoli orrendi. Si accovacciarono in mezzo alla stanza e, acceso un fuoco, cominciarono a giocare a carte.

Il principe senza paura continuava a dormire. All’inizio non si era accorto di nulla. Eppure i mostriciattoli facevano anche parecchio rumore.

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Quando un mostriciattolo perdeva, gridava:

– Qui c’è qualcuno che non è dei nostri! Se perdo, la colpa è sua!

Allora si scagliava contro il principe, lo picchiava, lo pizzicava e lo trascinava per terra.

Ma egli sopportava tutto senza un lamento.

Era davvero un principe senza paura! Era coraggioso e neanche questa terribile prova lo stava minimamente mettendo in difficoltà.

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Al mattino, quando la flebile luce del giorno illuminò il nero salone, i mostriciattoli si rintanarono nei loro buchi. Il principe era ferito e talmente esausto che non riusciva neppure a muoversi. Allora arrivò la fanciulla malinconica con in mano un’ampolla. Lo bagnò con il suo contenuto e il principe si sentì risanato.

– Hai superato la prima notte, ma te ne restano altre due.

Il principe senza paura non si perse di animo. Era pronto a superare anche quella terribile prova.

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La notte seguente, i mostriciattoli ferirono di nuovo il principe. La mattina venne la triste fanciulla e, come il giorno prima, risanò il principe con l’acqua contenuta nell’ampolla.

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La terza notte, i mostriciattoli tornarono e gli si gettarono addosso tutti insieme.

Il principe non disse una parola, non si lagnò, sopportò tutto con grande coraggio.

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Quando il giorno spuntò, Il principe era disteso sul pavimento, il suo petto era sollevato da un lieve respiro.

Entrò la fanciulla, lo bagnò con l’acqua dell’ampolla e, a un tratto, sparì tutta la sua sofferenza.

Il principe aprì gli occhi, il salone era avvolto dalla luce del sole. Tutto brillava di splendidi colori, d’oro e d’argento.

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La fanciulla era in piedi e risplendeva di gioia. Era bella come l’aurora.

– Alzati e solleva in alto per tre volte la tua spada – gli disse, – così il mio castello sarà libero per sempre.

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Il principe sollevò tre volte la spada.

Si sentì un urrà e la fanciulla, che era una principessa, gli disse:

– Sei davvero il principe più coraggioso dell’universo!

– E tu sei la fanciulla più bella che esista. Vuoi essere mia sposa?

Così il principe senza paura e la principessa si sposarono e unirono i due regni sotto un’unica bandiera: sul vessillo era ricamato un leone rampante.

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Hänsel e Gretel

Vicino a un grande bosco viveva un povero taglialegna con la moglie e i due figli: il ragazzo si chiamava Hänsel e la bambina Gretel.

Non avevano di che sfamarsi tanto erano misere le loro condizioni e il padre di notte non dormiva per cercare una soluzione. Una sera, mentre si rigirava inquieto nel letto, la moglie gli disse:

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– Ascolta marito mio, domattina all’alba prenderemo i bambini per condurli nel bosco. Daremo loro un pezzetto di pane e accenderemo un fuoco. Poi li lasceremo lì. Non possiamo più sfamarli.

– No moglie mia! – disse l’uomo. – Non ho cuore di abbandonarli. Sarebbero sbranati dalle bestie feroci…

– Ma così moriremo tutti di fame! – lo interruppe la donna. E insistette così tanto che alla fine il marito acconsentì.

Quella notte però anche i due bambini non riuscivano a dormire per colpa della fame e sentirono tutto ciò che la madre aveva detto al padre.

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Gretel pianse lacrime amare pensando al triste destino che li aspettava, ma Hänsel provò a consolarla:

– Non temere Gretel! Ho avuto un’idea…

Infilò la giacchetta e uscì di soppiatto nel cuore della notte. La luna splendeva alta in cielo e illuminava i sassolini bianchi facendoli brillare come tante monete d’argento. Hänsel ne infilò più che poté nelle tasche e, protetto dall’oscurità e dal silenzio, tornò a letto.

– Dormi serena, Gretel – disse. – Vedrai che ce la caveremo.

Il mattino dopo, prima che il sole sorgesse, la madre li svegliò: – Alzatevi bambini, ché dobbiamo andar nel bosco a far legna. Ecco, prendete un pezzetto di pane ciascuno, ma non mangiatelo troppo presto perché non avrete altro cibo per tutto il giorno.

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Così Gretel nascose il pane nel grembiule perché Hänsel aveva le tasche piene di sassolini e tutti insieme presero il sentiero del bosco.

Durante il tragitto Hänsel si fermò più volte per guardare indietro, verso casa.

– Hänsel, che hai da guardare? – gli chiese il padre. – Su, muoviti!

– Oh babbo, guardo il mio gatto bianco che è sul tetto per salutarmi!

– Non essere sciocco! – rispose la madre, – non c’è alcun gatto, sono i riflessi del sole sul camino!

Ma quel che Hänsel guardava non era mica il gatto! Erano i piccoli ciottoli bianchi che aveva seminato lungo la strada, uno di seguito all’altro.

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Giunti in mezzo al bosco, il padre chiese ai bambini di raccogliere un po’ di legnetti secchi, così da accendere un fuoco per non gelare. Hänsel e Gretel fecero un mucchietto di rami spezzati e quando il fuoco fu acceso la madre disse:

– Riposatevi al calduccio mentre noi andremo a far legna più in là. E aspettate qui finché non torneremo a prendervi!

I due fratelli sedettero accanto al piccolo falò e quando fu mezzogiorno ciascuno mangiò il proprio pezzetto di pane. Credevano che il padre fosse ancora nel bosco perché sentivano battere i colpi sul legno, ma era soltanto un ramo che egli aveva legato ad un albero e che il vento faceva sbattere di qua e di là. Aspettarono a lungo, i due bambini, e si addormentarono, ma nessuno tornò a prenderli. Quando si risvegliarono, era già notte fonda.

Gretel, disperata, iniziò a piangere, ma Hänsel provò a consolarla:

– Non temere Gretel, aspettiamo che sorga la luna. E vedrai che rischiarerà il cammino.

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Quando la luna fu alta, il ragazzo prese per mano la sorella. I sassolini bianchi brillavano come monete nuove di zecca, indicando loro il sentiero.

Camminarono per tutta la notte, senza fermarsi mai, e poco prima dell’alba giunsero di nuovo a casa. Che grande gioia provò il povero padre nel rivederli! Anche la madre finse di rallegrarsi, ma in cuor suo era turbata.

Non passò molto tempo che la fame tornò a bussare alla porta della famiglia.

Una sera Hänsel e Gretel, protetti dall’oscurità della loro stanzetta, sentirono la madre dire:

– Siamo ancora senza nulla da mangiare! Quel che resta è solo una mezza pagnotta di pane e poi più niente. Dobbiamo liberarci di loro! Già una volta i bambini hanno ritrovato la strada di casa. Dovremo portarli nel bosco più profondo, stavolta, e lasciarli lontano dal sentiero, così non sapranno più riconoscere il cammino.

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Il padre si sentiva profondamente affranto.

Pensava sconsolato che per un genitore sarebbe stato meglio dividere l’ultimo boccone con i propri figli, invece che abbandonarli, ma poiché aveva già ceduto una volta, fu costretto a cedere anche la seconda.

I bambini erano rimasti svegli e avevano sentito quel discorso.

– Dormi, cara Gretel – disse per consolare la sorella. – Vedrai che il buon Dio ci aiuterà.

Giunse l’alba, i due fanciulli vennero svegliati e a ciascuno fu dato un pezzetto di pane ancor più piccolo dell’altra volta. Lungo il sentiero Hänsel sbriciolò in tasca la sua parte, fermandosi ogni tanto per gettare a terra le mollichine.

– Insomma Hänsel, perché ti fermi sempre a guardare indietro? – gli chiese il padre.

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– Guardo il mio piccione che sta sul tetto per salutarmi! – rispose il ragazzo.

– Povero sciocco! – riprese la madre. – Non è il piccione, sono i riflessi del sole sul camino!

Così poco a poco Hänsel sbriciolò tutto il suo pane lungo il sentiero.

I due fratelli vennero condotti nel profondo del bosco, dove non erano mai arrivati in vita loro. Di nuovo fu acceso il fuoco e la madre disse loro di riposarsi e stare tranquilli ché, una volta finito di fare la legna, i genitori sarebbero tornati a prenderli. A mezzodì, Gretel divise il proprio pane con Hänsel dato che egli il suo l’aveva sparso lungo il cammino, ma passò anche la sera senza che nessuno tornasse a riprenderli, quei poveri bambini.

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Hänsel provò a consolare la sorella dicendole che bastava aspettare la luna, che quando sarebbe stata alta in cielo di certo avrebbe illuminato le briciole di pane e loro avrebbero potuto ritrovare la strada di casa. E in effetti la luna salì ma… delle briciole neanche l’ombra.

Gli uccelli del bosco le avevano mangiate.

– Troveremo lo stesso la via! – disse Hänsel

prendendo per mano la sorella, ma non fu così. Vagarono per il bosco tutta la notte e tutto il giorno, fino a che, stanchi e stremati, si addormentarono. Al risveglio, ripresero il viaggio, senza riuscire però a uscire dal bosco. Erano deboli e affamati poiché non avevano altro da mangiare che qualche bacca raccolta da terra. Ma il terzo giorno, dopo aver vagato nel fitto della foresta fino al mezzodì, giunsero nei pressi di una casetta fatta di… di…

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Di pane e focaccia, con le finestre di cristalli di zucchero!

– Gretel, guarda! Ora sì che potremo fare un ottimo pasto e saziarci a volontà – disse Hänsel.

– Ecco, guarda, io mangerò un bel pezzo di tetto e tu… tu mangia un po’ di finestra: è dolce!

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Ma mentre Gretel mordicchiava il suo pezzetto di zucchero, i fratelli udirono una vocina che dall’interno della casa diceva: Chi è che mangia indisturbato la mia casetta di panpepato?

I bambini scambiarono uno sguardo, poi risposero: È il vento che sembra un sussurro, è il bambinello del cielo azzurro!

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E continuarono a mangiare senza farsi

distrarre: Hänsel tirò via dal tetto un bel pezzo di focaccia, mentre Gretel staccò dalla finestra un cerchietto di zucchero per rosicchiarlo.

Ecco allora che, d’un tatto, la porta della casetta si apri e ne uscì fuori una vecchina.

Hänsel e Gretel ne furono così spaventati da lasciar cadere tutte le prelibatezze che tenevano in mano. Allora la vecchia signora scosse il capo e disse:

– Oh poveri bambini, chi vi ha condotto qui? Entrate pure e restate con me. Siete i benvenuti!

Prese i due fratelli per mano li condusse nella sua casetta. Apparecchiò la tavola e servì loro una cena deliziosa, con latte, tante frittelle dolci, mele e noci. Poi, per farli riposare bene, preparò due lettini con lenzuola candide e profumate, e li mise a dormire.

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Ma le cose a volte non sono come sembrano. La vecchina, così buona e così gentile, era in realtà una terribile strega che attirava i bambini nel bosco con la sua casetta di pane dolce. Che gran giorno di festa era quello per lei. Ne aveva presi addirittura due!

Il mattino successivo, di buon’ora, la donna entrò nella stanzetta dove dormivano i fratellini sfregandosi le mani soddisfatta.

– Non mi sfuggiranno – disse. – Saranno proprio un buon boccone per me!

Con le mani rugose afferrò Hänsel, lo trascinò fino alla cantina e lo rinchiuse in una gabbia. Quando il ragazzo si svegliò, trovandosi circondato da quella grata oscura, iniziò a urlare con tutto il fiato che aveva in gola, ma nessuno poteva sentirlo laggiù.

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La vecchia strega con uno scossone svegliò anche Gretel:

– Su, alzati poltrona! Muoviti! Vai al pozzo e prendi dell’acqua. Riempi un pentolone in cucina e prepara qualcosa di buono per tuo fratello.

Gretel non capiva perché la vecchina fosse all’improvviso diventata così cattiva, ma la strega rispose allo sguardo smarrito della bimba dicendo:

– Tuo fratello è chiuso in una gabbia giù in cantina. Eh già, proprio in una gabbia, come un pollo. E sai perché? Perché voglio ingrassarlo. Non è pronto per essere mangiato: è troppo magro. Sbrigati, bambina, cucina qualcosa per lui!

Gretel era molto spaventata, per questo non riusciva ad opporsi alla strega. Passava le giornate a preparare lauti pranzi al fratello imprigionato, versando tutte le lacrime che custodiva nel cuore. Ogni giorno la vecchia strega scendeva in cantina e chiedeva ad Hänsel se aveva mangiato.

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– Sì, ho mangiato! – rispondeva lui.

– Fammi sentire le dita se sono ingrassate.

Allora Hänsel, che era molto furbo, allungava dalla gabbia un ossicino di pollo. La strega, che era debole di vista, pensava che quel bimbo fosse ancora troppo magro.

Dopo qualche settimana però, ormai stanca di aspettare, la strega disse a Gretel di andare a prendere dell’acqua e di accendere il fuoco.

La povera Gretel prese il pentolone fra mille singhiozzi e accese il forno per cuocere il pane che la strega aveva impastato per celebrare quel giorno di festa.

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Al momento di infornare il pane, la strega spinse Gretel verso il forno.

– Avvicinati, su! Bisogna controllare che sia abbastanza caldo – disse, con l’intenzione di buttare la bimba tra le fiamme.

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Ma la fanciulla intuì le cattive intenzioni della strega e cercò di guadagnare tempo.

– Fammi vedere come devo fare… – provò a dire.

– Che grande sciocca che sei, bambina! Ti faccio vedere io – rispose la strega. – Ecco, guarda, sali la scaletta, metti la faccia dentro, poi ti sporgi così e…

Gretel raccolse tutte le forze che aveva e diede un grosso spintone alla strega, così da farla cadere dentro il forno.

Poi subito chiuse il grande sportello di ferro e tirò la sbarra per non farlo riaprire.

Gretel scappò in cantina per liberare il fratello:

– Hänsel siamo salvi! La strega è morta! – urlò. Allora Hänsel saltò fuori dalla gabbia come un uccellino quando viene liberato e insieme i due bambini piansero lacrime di gioia, si abbracciarono e si baciarono.

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Non avevano più nulla da temere ormai, così presero a frugare in tutte le stanze della casa e quel che trovarono li lasciò senza fiato: la casetta di pane era piena di perle e pietre preziose, ogni stanza custodiva ceste piene di tesori. I due fratelli se ne riempirono le tasche prima di andare via per sempre da quella dimora maledetta.

Presero di nuovo la strada del bosco e dopo qualche ora di cammino giunsero sulla riva di un grande fiume che non potevano attraversare perché non c’erano né ponti, né passerelle.

Gretel notò un anatroccolo bianco che nuotava e pensò di chiedergli aiuto:

Cara anatra, anatrina, anatroccolo, ad Hänsel e Gretel basta un aiuto piccolo!

Facci salire nel tuo candido manto e noi saremo salvi come per incanto.

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Udite queste parole, l’anatroccolo si avvicinò per far salire i due bambini, ma Gretel disse al fratello:

– No! In due peseremo troppo. Il nostro amico dovrà traghettarci fino all’altra sponda del fiume uno alla volta.

E così fece l’animale.

Hänsel e Gretel ripresero quindi il cammino, quando... si accorsero che il bosco cominciava a farsi familiare. Riconobbero il sentiero, gli alberi, il paesaggio, fino a che da lontano intravidero il camino della loro casetta.

Allora iniziarono a correre a perdifiato per riabbracciare il loro padre.

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Il povero uomo, da quando aveva abbandonato i figli, non aveva più avuto un’ora di pace. Adesso invece… non poteva credere ai suoi occhi! Che gioia poterli riabbracciare!

Hänsel e Gretel rovesciarono le tasche per mostrare al genitore tutti i gioielli e le ricchezze che avrebbero posto fine alle loro pene. Così da quel giorno la loro piccola famiglia visse per sempre felice e contenta, in pace e armonia.

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Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini

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