Claudio Cristiani
SPAZIO
ARTE
Storia dell’arte
•Nuove metodologie didattiche
•Apprendimento per competenze
•Educazione civica e Patrimonio
Laboratori artistici
ercorsi trasversali
•Mappe e verifiche per la didattica inclusiva
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Claudio Cristiani
A ARTE SPAZIO
Storia dell’arte
Le pagine Mappa, Verifica, Lettura attiva dell’opera, Laboratorio sono a cura di Maria Isabella Mariani.
Coordinamento redazionale: Silvia Civerchia, Emanuele Palazzi
Redazione: Stefania Bigatti, Luca Brecciaroli, Silvia Civerchia
Consulenza didattica: Marta Mancini, Silvia Tiano
Progetto grafico e impaginazione: Alessandra Coppola, Daniele Montalbini
Copertina: Alessandra Coppola, Barbara Bonci
Illustrazioni: Ivan Stalio, Oliver Mensa, Claudia Ciuffetti
Cartografia: LS International Cartography, Claudia Ciuffetti
Coordinamento digitale: Paolo Giuliani
Supervisione contenuti digitali: Ombretta Fusco
Redazione digitale: Silvia Di Loreto
Le parti ad alta leggibilità di quest’opera sono state realizzate con il font leggimi © Sinnos editrice
Stampa: Gruppo Editoriale Raffaello
Il Gruppo Editoriale Raffaello mette a disposizione i propri libri di testo in formato digitale per gli studenti ipovedenti, non vedenti o con disturbi specifici di apprendimento.
L’attenzione e la cura necessarie per la realizzazione di un libro spesso non sono sufficienti a evitare completamente la presenza di sviste o di piccole imprecisioni. Invitiamo pertanto il lettore a segnalare le eventuali inesattezze riscontrate. Ci saranno utili per le future ristampe.
Tutti i diritti sono riservati.
© 2022
Raffaello Libri S.p.A
Via dell’Industria, 21 60037 Monte San Vito (AN) www.grupporaffaello.it info@grupporaffaello.it
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Ristampa:
6 5 4 3 2 1 0 2028 2027 2026 2025 2024 2023 2022
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Spazio Arte è il nuovo corso di Arte e immagine per la Scuola secondaria di primo grado: in questo spazio, che prende molteplici forme, si trovano tutti gli strumenti didattici che permettono di conoscere, apprezzare e vivere l’arte attraverso esperienze significative.
Storia dell’arte - Volume A
Lo spazio collettivo, del patrimonio
I contenuti si sviluppano su un percorso che facilita l’apprendimento, attraverso una struttura che consente di procedere per gradi di approfondimento e di lavorare trasversalmente su architettura, pittura e scultura. Ricco di curiosità, attività laboratoriali, focus sul patrimonio artistico e percorsi di educazione civica, il testo cattura l’attenzione, guida alla scoperta graduale, all’analisi dei contesti e delle opere, all’approfondimento.
Linguaggio dell’arte - Volume B
Lo spazio dell’espressione artistica
Un innovativo manuale teorico e pratico per insegnare a studenti e studentesse a decodificare i messaggi visivi e a interagire con essi in modo attivo e critico. Comprende: i codici visivi, le tecniche artistiche, i temi operativi e la comunicazione visiva. Gli argomenti trattati sono quelli tradizionali, ma si è voluta offrire una nuova prospettiva didattica che privilegia la creatività degli studenti e delle studentesse attraverso laboratori e compiti di realtà che stimolano la formazione di un personale modo di sentire, percepire e interpretare la realtà. Il volume offre inoltre uno sguardo inedito sul panorama dell’arte contemporanea e una sezione dedicata all’educazione civica, con particolare attenzione alla parità di genere, all’ambiente e ai beni culturali.
Il mio Album da disegno
Lo spazio personale
Un vero e proprio album con 12 laboratori da realizzare utilizzando le più svariate tecniche, partendo dall’osservazione e dalla percezione della realtà. Contiene Il mio museo, uno spazio personale e un compito di realtà speciale in cui ragazzi e ragazze indossano i panni di un direttore o una direttrice alle prese con l’allestimento di una mostra. Gli studenti e le studentesse dovranno riflettere e scegliere con attenzione gli adesivi delle opere d’arte da incollare nelle sale del proprio poster Il mio museo
Risorse digitali
Lo spazio digitale
Inquadrando il QR code presente in apertura di ogni Unità del volume, si entrerà in uno spazio digitale che si presenta come la sala di un museo virtuale, ricco di contenuti pronti in un clic.
Oltre 90 video lezioni di sintesi e di approfondimento sulle opere e sugli artisti più importanti.
Più di 80 gallerie di immagini con numerose opere d’arte aggiuntive.
Oltre 50 letture guidate delle opere d’arte, con esplorazione dei dettagli.
16 videotutorial sulle tecniche artistiche a cura della youtuber Ombretta Fusco, autrice del canale Arte per Te. Navigazione interattiva delle linee del tempo, audiolettura integrale a cura di speaker professionisti, alta leggibilità e visualizzazione del testo modificabile, grazie al formato epub, esercizi e verifiche interattive.
Tour virtuali a Roma: visite guidate a tema, con aneddoti e curiosità, camminando virtualmente tra le meraviglie della capitale.
Inoltre, percorsi per l’Educazione civica, in risposta agli obiettivi dell’Agenda 2030: La figura femminile nella storia dell’arte.
Guida per l’insegnante
Una guida ricca di materiali e risorse per la classe: programmazione triennale per competenze, compiti di realtà, idee per la flipped classroom, schede CLIL, esempi di UdA, percorsi per l’Esame, test d’ingresso, verifiche su due livelli, laboratori aggiuntivi, modelli operativi...
Volume semplificato
Lo spazio inclusivo
Tutte le lezioni di Storia dell’arte e sui codici visivi in versione semplificata, ad alta leggibilità, con esercizi dedicati e audiolettura specifica per studenti con DSA.
Contiene il Glossario di Arte e immagine in sei lingue: Inglese, Spagnolo, Francese, Romeno, Cinese e Arabo.
Com’è fatto il libro
Il volume è diviso in 11 Unità che corrispondono alle grandi scansioni cronologiche della storia dell’arte, dalla Preistoria fino ai giorni nostri. Ogni Unità inquadra il periodo storico-artistico attraverso un percorso che va dal generale al particolare.
Entrare nell’arte...
Dopo aver analizzato il contesto geostorico e quello artistico, le chiavi di lettura permettono di «entrare idealmente» nell’arte di ogni periodo attraverso i concetti principali e le idee guida che lo caratterizzano.
Contesto geostorico
Apertura dell’Unità
Una doppia pagina che cattura l’attenzione per inquadrare subito il tema e avere i giusti riferimenti spazio-temporali, grazie alla linea del tempo sulla quale scorrono gli eventi storici e le opere più rappresentative per un primo apprendimento attraverso le immagini.
Contesto artistico
Vite da artisti
Splendide immagini ci invitano ad entrare negli studi degli artisti più rappresentativi, per raccontarci le loro storie e ciò che li ha resi grandi.
Glossario
Le parole evidenziate sono spiegate nel Glossario in fondo al volume.
Disegni ricostruttivi
Numerose illustrazioni dettagliate permettono di osservare e analizzare gli antichi complessi architettonici all’epoca del loro massimo splendore.
Lezione
Le pagine di studio sono chiare e ben integrate alle immagini, per favorire l’apprendimento.
Il percorso «La figura femminile nella storia dell’arte» affronta il tema del genere in maniera trasversale: guida attraverso un confronto tra le modalità rappresentative nel tempo e aiuta a riflettere sul ruolo di artista al femminile. Nel testo si propone la fruizione dei video indicativamente a conclusione di ogni anno scolastico, per ripercorrere attraverso una inedita chiave di lettura le principali tappe del percorso storico-artistico affrontato.
I «Tour di Roma» sono vere e proprie visite guidate virtuali e accompagnano gli studenti e le studentesse alla scoperta di Roma e dei suoi segreti.
Lettura dell’opera
Un’analisi guidata, approfondita e puntuale dei capolavori dell’arte, visti da vicino.
Com’è fatto il libro
Educazione civica
Il nostro patrimonio
Una rubrica speciale per approfondire e valorizzare il patrimonio artistico e culturale italiano.
Educazione civica
Arte e cittadinanza
Pagine di approfondimento nelle quali si affrontano temi di attualità partendo da spunti storici e artistici.
Vivi l’arte
Permette di sviluppare la competenza digitale attraverso una ricerca sul Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
Debate
Le pagine di Arte e cittadinanza offrono spunti per il dibattito in classe.
Competenti in arte
Attività operative utili a creare collegamenti tra i diversi periodi dell’arte. Richiamando alla memoria contenuti già studiati e confrontandoli con le nuove acquisizioni, diventa possibile individuare continuità, svolte, rotture e sviluppi all’interno del lungo cammino della storia dell’arte. Alcune attività sono da svolgere in gruppo (apprendimento cooperativo).
Mappa
Una mappa al termine di ogni
Unità aiuta a schematizzare i contenuti e facilita il ripasso.
Sia la mappa sia la verifica si prestano alla didattica inclusiva
Verifica
Esercizi e domande sulle conoscenze consentono di fare il punto su quanto studiato alla fine di ogni Unità.
Lettura attiva dell’opera
Oltre alla verifica dei contenuti, al termine di ogni Unità viene proposta la «lettura attiva» di un’opera d’arte rappresentativa del periodo, per verificare le capacità di studenti e studentesse di coglierne gli aspetti fondamentali.
Laboratorio
Prendendo come modello le tecniche usate nel passato, viene spiegato come realizzare, passo dopo passo, vasi, mosaici, rosoni, dipinti... come nel volume del Linguaggio dell’arte.
Glossario
Più di cento termini specifici della Storia dell’arte raccolti, spiegati e tradotti anche in Inglese (CLIL).
Risorse digitali
Video utili anche per la flipped classroom.
Galleria immagini
Approfondimenti, attività e verifiche interattive e autocorrettive presentate attraverso Google Moduli.
NTENUTI
Il libro digitale è concepito per essere utilizzato in classe con la LIM e a casa dallo studente: è ricco di strumenti che permettono la creazione, la personalizzazione e la condivisione dei contenuti.
Collegandoti all’indirizzo raff.link/libro-digitale troverai la descrizione dettagliata di tutti gli strumenti.
PER TABLET E SMARTPHONE
La realtà aumentata permette di attivare i contenuti digitali tramite il proprio device.
Inquadra il QR Code con una fotocamera e un’app a tua scelta: visualizzerai i contenuti del libro digitale.
Per ogni Unità didattica ti troverai nella stanza di un Museo virtuale, contenente le risorse digitali relative al periodo di riferimento.
condivi
la pagina con le tue note, generando un PDF o un’immagine da condividere all’interno della classe virtuale.
Audiobook
Ogni testo è stato letto, in tutte le sue parti, da speaker professionisti.
didattica
Alta leggibilità
Puoi aumentare la dimensione del testo e modificare il font (tra cui leggimi © Sinnos editrice).
È possibile attivare la traduzione in altre lingue di tutto il testo o di alcune parti.
Puoi accedere al dizionario di italiano.
Puoi creare documenti, come presentazioni, linee del tempo e mappe concettuali, e condividere tutto il materiale con la classe.
È possibile aggiungere dei collegamenti a risorse multimediali esterne al libro (documenti, immagini, video, audio, web link).
Troverai una ricca strumentazione per la scrittura e per la consultazione.
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1 2
La Preistoria e le prime civiltà
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... preistorica 4
ARTE E CIVILTÀ
Il Paleolitico 6
LETTURA DELL’OPERA
La «Cappella Sistina» della Preistoria 6
La Venere di Willendorf, simbolo della fertilità 8
Graffiti e incisioni della Valcamonica 9
ARTE E CIVILTÀ
Dal Neolitico all’Età del bronzo 10
LETTURA DELL’OPERA
Stonehenge: un grande calendario di pietra 12
IL NOSTRO PATRIMONIO
Il complesso nuragico di Barumìni 14
C HIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... mesopotamica ed egizia 16
ARTE E CIVILTÀ I Sumeri 18
LETTURA DELL’OPERA Lo Stendardo di Ur 19
ARTE E CIVILTÀ
I Babilonesi e gli Assiri 20
LETTURA DELL’OPERA
La porta di Ishtar 20
Un corteo di guerra 21
ARTE E CIVILTÀ
Gli Egizi: tombe alte fino al cielo 22
LETTURA DELL’OPERA La piramide di Cheope 23
ARTE E CIVILTÀ Grandi sepolcri scavati nella terra 24
ARTE E CIVILTÀ I grandi complessi religiosi 26 ARTE E CIVILTÀ
DELL’OPERA I simboli del potere di un re-dio
ARTE E CIVILTÀ
ARTE E CIVILTÀ
specchio di una civiltà elegante
ARCHITETTURA
Il teatro 60
SCULTURA
L’evoluzione della scultura greca 62
LETTURA DELL’OPERA
La lenta evoluzione del kouros: alla ricerca della perfezione 62
Un discobolo perfetto 65
I Bronzi di Riace 67
PITTURA
La pittura greca 68
SCULTURA
L’arte nell’Età ellenistica 70
LETTURA DELL’OPERA
Laocoonte: la forza e la disperazione 71
ARTE E CITTADINANZA
Andranno restituite? 72
74
75
LETTURA DELL’OPERA
Una scena di pesca 86
Il banchetto nella Tomba dei leopardi 87
ARCHITETTURA
Roma, una città di marmo 88
LETTURA DELL’OPERA
Un anfiteatro «colossale» 92
ARCHITETTURA
Ponti, acquedotti e terme 94
ARCHITETTURA
Le abitazioni private: domus e insula 96
IL NOSTRO PATRIMONIO
Pompei: la città sepolta 98
SCULTURA
Le sculture dei Romani 100
LETTURA DELL’OPERA
Lucio Cecilio Giocondo 100
SCULTURA
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
L’altare di Zeus 76
LABORATORIO
Modellare un vaso greco 77
Archi trionfali e colonne onorarie 102
LETTURA DELL’OPERA
La colonna di Traiano 103
PITTURA
La pittura e i mosaici 104
LETTURA DELL’OPERA
I quattro stili della pittura romana 105
Da Pompei alla Villa del Casale 107
UNITÀ 3 78
L’arte etrusca e romana
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... etrusca e romana 80
ARCHITETTURA
L’architettura etrusca 82
SCULTURA
La scultura etrusca 84
LETTURA DELL’OPERA
La rappresentazione di Apollo 85
PITTURA
La vita dipinta nelle tombe 86
ARTE E CITTADINANZA
La tolleranza difficile 108
MAPPA 110
VERIFICA 111
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
Uno scrigno di marmo che celebra la pace 112
LABORATORIO
Crea un mosaico come gli antichi Romani 113
UNITÀ
4 114
L’arte nell’Alto Medioevo
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... dell’Alto Medioevo 116
ARTE E CIVILTÀ
L’arte paleocristiana 118
LETTURA DELL’OPERA
I simboli dei primi cristiani 119
ARTE E CIVILTÀ
Gli edifici di culto 120
LETTURA DELL’OPERA
Il sarcofago di Giunio Basso 121
ARTE E CIVILTÀ
Lo splendore dell’arte bizantina 122
LETTURA DELL’OPERA
Il gioiello di Istanbul 123
ARTE E CIVILTÀ
Ravenna: l’Oriente in Italia 125
LETTURA DELL’OPERA
Il buon pastore 125
I cortei di Giustiniano e Teodora 128
ARTE E CIVILTÀ
L’arte islamica 130
LETTURA DELL’OPERA
La moschea di Cordoba 130
ARTE E CIVILTÀ
Tra Longobardi e Carolingi 132
LETTURA DELL’OPERA
Il tempietto longobardo 132
L’altare d’oro di Sant’Ambrogio 135
C HIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... romanica 136
ARCHITETTURA
Un nuovo stile: il Romanico 138
ARCHITETTURA
Le varianti del Romanico in Italia 140
LETTURA DELL’OPERA
San Miniato al Monte 141
IL NOSTRO PATRIMONIO
Pisa: la Piazza dei Miracoli 144
ARCHITETTURA
Architettura e arte nei monasteri 146
SCULTURA
La scultura a servizio della fede 148
LETTURA DELL’OPERA
Un Giudizio universale 148
La Genesi di Wiligelmo 151
PITTURA
La pittura: in continuità con la tradizione bizantina 152
LETTURA DELL’OPERA
La sconfitta del drago 153
ARTE E CITTADINANZA
L’arte dell’accoglienza 156 MAPPA 158 VERIFICA 159
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA Come una regina del mare 160
LABORATORIO
Modella a sbalzo come Vuolvinio 161
UNITÀ 5 162
L’arte gotica
C HIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... gotica 164
ARCHITETTURA
L’architettura gotica 166
ARCHITETTURA
I racconti su vetro delle cattedrali 170
LETTURA DELL’OPERA
Uno «scrigno di luce» nel cuore di Parigi 172
ARCHITETTURA
Il Gotico in Italia 174
LETTURA DELL’OPERA Il caso particolare del Duomo di Milano 175
IL NOSTRO PATRIMONIO
Castel del Monte 178
SCULTURA
La scultura: riemerge la figura umana 180
SCULTURA
La scultura gotica in Italia 184
LETTURA DELL’OPERA
Dal Romanico al Gotico: due stili a confronto 185
I pulpiti di Nicola e Giovanni Pisano 186
PITTURA
La pittura gotica in Italia: da Cimabue a Giotto 188
LETTURA DELL’OPERA
Maestà di Santa Trinità 188
I crocifissi di Cimabue e Giotto a confronto 190
VITE DA ARTISTI
Giotto: il primo artista 191
PITTURA
Giotto 192
LETTURA DELL’OPERA
Il bacio di Giuda 195
PITTURA
Il Gotico senese 196
LETTURA DELL’OPERA
Annunciazione 19 7
Un soggetto laico: l’Allegoria e gli Effetti del Buon Governo 198
PITTURA
Il Gotico internazionale 200
LETTURA DELL’OPERA
Adorazione dei Magi 201
ARTE E CITTADINANZA
Le cento città d’Italia 202
MAPPA 204
VERIFICA 205
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
Il Campanile di Giotto 206
LABORATORIO
Dipingi su tavola come Cimabue 207
UNITÀ 6 208
Il Quattrocento
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... del Quattrocento 210
VITE DA ARTISTI
Filippo Brunelleschi - DonatelloSandro Botticelli - Jan van Eyck 212
ARCHITETTURA
Una città per gli esseri umani 214
IL NOSTRO PATRIMONIO
Pienza: la città del papa 216
ARCHITETTURA
Brunelleschi 218
LETTURA DELL’OPERA
La cupola di Santa Maria del Fiore 221
ARCHITETTURA
Leon Battista Alberti 222
LETTURA DELL’OPERA Il Tempio Malatestiano 222
Santa Maria Novella 223
SCULTURA
Brunelleschi e Ghiberti: il rinnovamento della scultura 224
LETTURA DELL’OPERA
Chi ha vinto la sfida? 225
SCULTURA Donatello 226
LETTURA DELL’OPERA
Due David di Donatello 227
SCULTURA I Della Robbia 229
PITTURA Masaccio 230
LETTURA DELL’OPERA
Tributo della moneta 230
Trinità 231
PITTURA
Paolo Uccello 232
LETTURA DELL’OPERA
Disarcionamento di Bernardino della Carda 232
PITTURA
Antonello da Messina 233
LETTURA DELL’OPERA
San Girolamo nello studio 233
PITTURA
Beato Angelico 234
PITTURA
Piero della Francesca 235
LETTURA DELL’OPERA
Pala di Brera 236
Flagellazione di Cristo 237
PITTURA
Mantegna 238
LETTURA DELL’OPERA
Cristo morto: il ritratto del dolore 239
PITTURA
Botticelli 240
LETTURA DELL’OPERA
Calunnia 241
La Primavera misteriosa 242
PITTURA
I pittori fiamminghi 244
LETTURA DELL’OPERA
Ritratto dei coniugi Arnolfini 245
ARTE E CITTADINANZA
L’arte negata, offesa alla libertà 246
Il Cinquecento
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte ... del Cinquecento 254
VITE DA ARTISTI
Leonardo da Vinci - Michelangelo Buonarroti - Raffaello Sanzio - Andrea Palladio 256
PITTURA Leonardo 258
LETTURA DELL’OPERA
Sant’Anna, la Vergine e il Bambino 259
La Gioconda 261
Un’Ultima Cena voluta dal Moro 262
IL NOSTRO PATRIMONIO
Santa Maria delle Grazie a Milano 264
ARCHITETTURA
L’architettura nei grandi centri culturali 266
LETTURA DELL’OPERA
Sagrestia nuova di San Lorenzo 266
Cupola di San Pietro 268
SCULTURA
Michelangelo 269
LETTURA DELL’OPERA Il percorso di un artista: dalla Pietà vaticana alla Pietà Rondanini 270
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
Il mistero della Resurrezione 250
LABORATORIO
Disegna in prospettiva come Brunelleschi 251
Un David perfetto scolpito nel marmo sbagliato 271
PITTURA Michelangelo 272
LETTURA DELL’OPERA Tondo Doni 272
Giudizio Universale 273
La volta della Sistina 274
PITTURA Raffaello 276
LETTURA DELL’OPERA
Sposalizio della Vergine 277
Scuola di Atene 278
PITTURA
Giorgione
280
LETTURA DELL’OPERA
La tempesta 281
PITTURA
Tiziano 282
LETTURA DELL’OPERA
Incoronazione di spine 283
PITTURA
Tintoretto 284
LETTURA DELL’OPERA
Ritrovamento del corpo di san Marco 284
PITTURA
La pittura «di maniera» 286
LETTURA DELL’OPERA
Due Deposizioni a confronto 287
SCULTURA
La scultura manierista 290
LETTURA DELL’OPERA Perseo 290
ARCHITETTURA
L’architettura manierista 292
LETTURA DELL’OPERA
Basilica Palladiana 293
L’ultimo capolavoro: il Teatro Olimpico 294
ARTE E CITTADINANZA
Mecenatismo ieri e oggi 296
MAPPA 298 VERIFICA 299
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
Ritratti a confronto 300
LABORATORIO
Progetta una piazza come Michelangelo 301
UNITÀ 8 302
Il Seicento e il Settecento
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... del Seicento 304
VITE DA ARTISTI
Gian Lorenzo Bernini - CaravaggioGiambattista Tiepolo - Antonio Canova 306
ARCHITETTURA
Nasce un nuovo stile: il Barocco 308
ARCHITETTURA Bernini 310
LETTURA DELL’OPERA Il Baldacchino di San Pietro 310 Il colonnato che abbraccia i fedeli 311
ARCHITETTURA
Borromini 312
LETTURA DELL’OPERA Sant’Ivo alla Sapienza 313
IL NOSTRO PATRIMONIO
Piazza Navona: geni a confronto 314
SCULTURA Bernini 316
LETTURA DELL’OPERA Un David in movimento 317
PITTURA Caravaggio 318
LETTURA DELL’OPERA Canestra di frutta 318
Morte della Vergine 321
Vocazione di san Matteo 322
PITTURA I pittori «caravaggeschi» 324
LETTURA DELL’OPERA Giuditta decapita Oloferne 325
PITTURA I Carracci e Guido Reni: naturalismo e classicismo 326
LETTURA DELL’OPERA L’eleganza di Atalanta e Ippomene 327
PITTURA
La pittura olandese del «Secolo d’oro»328
LETTURA DELL’OPERA
L’arrivo di Maria de’ Medici a Marsiglia 330
PITTURA
Velázquez e il Barocco in Spagna 331
LETTURA DELL’OPERA
Las Meninas e la finzione del ritratto 332
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... del Settecento 334
ARCHITETTURA
Le grandi regge e il Rococò 336
LETTURA DELL’OPERA
La Reggia di Caserta: una «Versailles italiana» 337
PITTURA
Tiepolo 340
LETTURA DELL’OPERA
La Sala Imperiale di Würzburg 341
ARCHITETTURA
Il ritorno alle forme classiche: il Neoclassicismo 342
LETTURA DELL’OPERA
Teatro alla Scala 343
SCULTURA
La scultura neoclassica 344
LETTURA DELL’OPERA
Amore e Psiche 346
Le tre Grazie 347
PITTURA
La pittura neoclassica 348
LETTURA DELL’OPERA
La morte del rivoluzionario Marat 3 49
PITTURA
Il Vedutismo veneziano 352
ARTE E CITTADINANZA
Architettura e ideali politici 354
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
Un monumento a Vittorio Alfieri... 358
LABORATORIO
Riproduci... come i vedutisti del Settecento 359
L’Ottocento
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... del primo Ottocento 362
VITE DA ARTISTI
Francesco Hayez - Claude MonetVincent Van Gogh - Antoni Gaudí 364
PITTURA I pittori del Romanticismo 366
LETTURA DELL’OPERA La zattera della Medusa 366
La libertà guida il popolo 367 Viandante sul mare di nebbia 369
PITTURA Il Romanticismo storico in Italia 372
LETTURA DELL’OPERA I Vespri siciliani 372 Il bacio del patriota 373
PITTURA Goya 374
LETTURA DELL’OPERA 3 maggio 1808: fucilazione 375
PITTURA Il Realismo in Francia e in Italia 376
LETTURA DELL’OPERA Funerale a Ornans 376 Il pergolato 379
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... del secondo Ottocento 380
PITTURA
Manet e Degas: oltre la tradizione 382
LETTURA DELL’OPERA Colazione sull’erba 382
PITTURA
La nascita dell’Impressionismo 384
PITTURA
Impressionismo, fotografia e cinema 386
PITTURA Monet 388
LETTURA DELL’OPERA I papaveri: due quadri in uno 390
PITTURA
Renoir 392
LETTURA DELL’OPERA
Ballo al Moulin de la Galette 394
PITTURA
Morisot 395
PITTURA
Cézanne 396
PITTURA
Il Puntinismo e il Divisionismo 398
LETTURA DELL’OPERA
Il Quarto Stato 399
PITTURA
Van Gogh 400
LETTURA DELL’OPERA
La quiete apparente di una Notte stellata 402
PITTURA
Gauguin 405
LETTURA DELL’OPERA
Da dove veniamo? Che cosa siamo?
Dove andiamo? 406
PITTURA
La Belle Époque 408
SCULTURA
Rodin 410
ARCHITETTURA
Architettura in ferro e vetro 412
ARCHITETTURA
Tra Ottocento e Novecento: l’Art Nouveau 414
LETTURA DELL’OPERA
La Sagrada Familia 416
IL NOSTRO PATRIMONIO
Il villaggio operaio di Crespi d’Adda 418
ARTE E CITTADINANZA
Patria e Nazione 420
422
423
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
Dipingere il «male di vivere» 424
LABORATORIO
Dipingi la realtà come gli impressionisti 425
UNITÀ 10 426
Il primo Novecento
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... del primo Novecento 428
VITE DA ARTISTI
Henri Matisse - Pablo PicassoUmberto Boccioni - Marc Chagall 430
ARCHITETTURA
Una nuova architettura: il Bauhaus 432
ARCHITETTURA
Fra Razionalismo e Art Déco 432
ARCHITETTURA
L’architettura di regime 436
PITTURA
L’Espressionismo: la pittura dei sentimenti 436
LETTURA DELL’OPERA L’urlo 438
Invalidi di guerra che giocano a carte 440 La danza della vita 442
PITTURA Il Cubismo 444
PITTURA Picasso 446
LETTURA DELL’OPERA
Guernica: una tragedia in bianco e nero 448
SCULTURA
Il Futurismo: un nuovo rapporto tra le forme e lo spazio 450
LETTURA DELL’OPERA
Forme uniche della continuità nello spazio 451
PITTURA
La pittura futurista 452
LETTURA DELL’OPERA La città che sale 452
SCULTURA
La reazione al Futurismo 454
LETTURA DELL’OPERA Testa meccanica 454
PITTURA
Una «scuola» di ar tisti indipendenti 456
LETTURA DELL’OPERA
Anna Zborowska 456
Ebreo rosso 457
PITTURA
L’arte astratta 458
LETTURA DELL’OPERA Cosacchi 458
NUOVE FORME
L’arte bizzarra di Dada 460
PITTURA
L’immobilità metafisica 462
LETTURA DELL’OPERA
Le muse inquietanti 462
PITTURA
Il Surrealismo 464
LETTURA DELL’OPERA
La persistenza della memoria 465
La firma in bianco 467
ARTE E CITTADINANZA
Arte e propaganda politica 468
MAPPA 470
VERIFICA 471
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
La realtà del sogno 472
LABORATORIO
Tra pittura e collage... come i Cubisti 473
Il secondo Novecento e l’arte contemporanea
CHIAVI DI LETTURA
Entrare nell’arte... del secondo Novecento 476
VITE DA ARTISTI
Henry Moore - Andy WarholKeith Haring - Christo 478
ARCHITETTURA
Dalla ricostruzione all’architettura high-tech 480
LETTURA DELL’OPERA
Il Centre George Pompidou 482
ARCHITETTURA
Dal Postmoderno a oggi 483
LETTURA DELL’OPERA
Piazza Italia 483
Il Museo Guggenheim di Bilbao 484
IL NOSTRO PATRIMONIO
Ivrea, città industriale 486
SCULTURA
La scultura, fra tradizione e modernità 488
LETTURA DELL’OPERA
Figura giacente 489
SCULTURA
Le nuove frontiere della scultura contemporanea 490
LETTURA DELL’OPERA
Sfera con sfera 491
PITTURA
L’Arte informale 492
LETTURA DELL’OPERA
Donna I 492
Pollock: l’azione e l’opera 49 4
Sacco e oro 49 7
PITTURA
La Pop Art 498
LETTURA DELL’OPERA
Cow Triptych (Cow Going Abstract) 499
PITTURA
Andy Warhol 500
LETTURA DELL’OPERA
Gold Marilyn Monroe 501
PITTURA
Il Graffitismo 502
NUOVE FORME
L’Arte povera 504
LETTURA DELL’OPERA
Venere degli stracci 505
NUOVE FORME
Land Art 506
NUOVE FORME
Body Ar t, Performance e Happening 508
LETTURA DELL’OPERA
ANT 84. Antropometria senza titolo 508
NUOVE FORME
Installazioni e Arte concettuale 510
LETTURA DELL’OPERA
Montagna di sale 511
NUOVE FORME
Video Ar t e Computer Art 512
LETTURA DELL’OPERA
Superstrada elettronica 512
ARTE E CITTADINANZA
Un nuovo rapporto fra arte e natura 514
MAPPA 516
VERIFICA 517
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
Un nuovo Rinascimento
dopo la pandemia 518
LABORATORIO
Ritrai con il colore come Warhol 519
GLOSSARIO
La Preistoria e le prime civiltà
X millennio a.C.
Introduzione dell’agricoltura e dell’allevamento
30000 a.C.
Pitture rupestri
nella Grotta di Chauvet
IV millennio a.C.
Prime città-stato in Mesopotamia
IV millennio a.C.
Invenzione della scrittura
III millennio a.C.
Unificazione dell’Alto e del Basso Egitto
21000 a.C. Venere di Willendorf 2800-1
a.C. Cromlech di Stonehenge
2500 a.C. Piramidi di Giza
2500 a.C. Stendardo di Ur
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XVIII sec. a.C.
Primo Impero babilonese
2100 a.C. Ziggurat di Ur
1500 a.C. Tempio di Karnak
VII sec. a.C.
Regno assiro di Assurbanipal II
VI sec. a.C.
1250 a.C. Tempio grande di Abu Simbel
575 a.C. Porta di Ishtar
Entrare nell’arte... preistorica
I primi gruppi umani
Circa 35 000 anni fa, nell’ultima parte dell’Era paleolitica (iniziata circa 2 milioni di anni prima), fece la propria comparsa l’homo sapiens sapiens. Si trattava di esseri umani che vivevano di caccia e della raccolta di quanto la natura produceva spontaneamente, riuniti in piccoli gruppi nomadi che si spostavano da un luogo all’altro abitando perlopiù nelle grotte.
In Età neolitica i gruppi umani iniziarono a dedicarsi all’allevamento e all’agricoltura e lentamente divennero stanziali.
Sorsero i primi villaggi fatti di capanne in legno o in pietra, di cui rimangono numerose tracce in Europa.
CHIAVI di
LETTURA
I principali siti preistorici in Europa.
1 Tra arte, magia e religione
La realizzazione dei dipinti dell’Età paleolitica era probabilmente accompagnata da gesti rituali, che oggi potremmo considerare legati alla magia o alla religione, finalizzati a garantire il controllo sulle forze della natura.
Oceano
Atlantico
2 Le «veneri» e il culto della fertilità
Tra le prime sculture a essere realizzate vi furono le cosid dette «veneri»: statuette che avevano la funzione magicoreligiosa di propiziare la fertilità. Queste statuette erano oggetto di partico lare venerazione e ad esse si fa risalire il culto «della dea madre», associato anche alla terra, generatrice di vita.
Venere di Grimaldi (proveniente dai Balzi Rossi, presso Imperia), 20 000 a.C. ca. Saint‑Germain‑en‑Laye, Musée d’Archéologie Nationale.
L’arte è nata con gli esseri umani
Fin dagli albori della propria storia, l’essere umano ha dimostrato di essere un artista: pittore, scultore e, ci insegnano gli storici della musica, anche musicista. Nessuna delle espressioni artistiche che conosciamo oggi era estranea ai nostri antenati che vissero migliaia di anni fa. Dipinti e sculture risalenti alla Preistoria, come le pitture parietali (cioè realizzate sulle pareti delle grotte) del Paleolitico, costituiscono le prime manifestazioni artistiche e stupiscono per la bellezza e per le emozioni che, a distanza di millenni, ancora sanno suscitare.
Bisonte, 35 000-11 000 a.C. Grotta di Altamira, Spagna.
3 Le prime costruzioni in pietra
4 Civiltà e comunità
Nel Neolitico sorsero le prime costruzioni in pietra, i dolmen, che avevano perlopiù la funzione di tombe. Costituiscono importanti testimonianze del culto tributato ai defunti, almeno a quelli di un certo rango. Se ne trovano sparsi in tutta Europa, dal Galles alla Puglia, con caratteristiche molto simili.
Dolmen della Chianca, 3000 a.C. ca. Bisceglie.
Tra la fine del Neolitico e l’inizio dell’Età del bronzo sorsero i primi complessi megalitici: importanti testimonianze di una civiltà che andava maturando all’interno delle comunità. La loro costruzione, infatti, suppone una capacità già evoluta di progettare e di organizzare il lavoro in gruppo, per realizzare qualcosa di importante per la collettività.
Cromlech di Stonehenge, 2800-1500 a.C.
Piana di Salisbury, Regno Unito.
Il Paleolitico
Nelle grotte le prime espressioni artistiche
La Grotta di Lascaux, in Francia, è uno dei primi siti in cui sono stati rinvenuti, perfettamente conservati, dipinti e incisioni rupestri. Il luogo fu scoperto per caso nel 1940, quando un gruppo di giovani escursionisti, calandosi nella grotta, si trovò di fronte a immagini di una bellezza straordinaria.
Le suggestive immagini che si trovano nella Grotta di Lascaux sono in parte dipinte e in parte incise nella roccia. Per realizzarle, le donne e gli uomini del Paleolitico si servirono delle dita o di pennelli fatti con peli di animali, grazie ai quali riuscivano a creare le sfumature.
I colori, predominanti il rosso, l’ocra e le tinte brune, erano ricavati da impasti di terre colorate, mentre i contorni neri erano tracciati con pezzi di carboni di legna bruciata.
L’esecuzione di questi dipinti suppone anche una suddivisione e una specializzazione dei lavori: vi era chi procurava i materiali dai quali poi altri ricavavano i colori, e poi vi erano gli «artisti» veri e propri, che tracciavano e coloravano le figure sulle pareti. Per raggiungere le parti più alte della grotta si aiutavano con scale rudimentali ricavate dai tronchi degli alberi.
La «Cappella Sistina» della Preistoria
La Grotta di Lascaux è stata definita la «Cappella Sistina» della Preistoria. Al suo interno vi sono oltre 600 figure dipinte e altre 1500 incise sulle pareti di ambienti che si susseguono in una serie di gallerie e di «sale». Qui, circa 16 000 anni fa, i popoli del Paleolitico hanno lasciato una testimonianza formidabile non solo della loro abilità nel tracciare figure ferme o in movimento, ma anche del loro gusto per il colore e della loro sensibilità.
Volta della Sala dei tori, 15 000-14 500 a.C., pitture rupestri. Grotta di Lascaux, Francia.
COMPETENTI IN ARTE
Tra le prime immagini incise e dipinte nel Paleolitico, sono molto raffigurati gli animali. Osserva le immagini su queste pagine e scrivi quali tipi di animali riesci a individuare.
• Si tratta di animali che ancora oggi vengono cacciati?
• Indica sulle immagini gli animali che non sai identificare e confrontati con i compagni e le compagne di classe.
rupestri.
Mani in una grotta
In Patagonia, regione meridionale dell’Argentina, esiste una grotta che si chiama Cueva de Las Manos, «Grotta delle mani»: dall’immagine riprodotta qui a fianco è facile rendersi conto del motivo del nome.
Le pareti di questa grotta, infatti, sono quasi interamente coperte da impronte di mani realizzate per lo più con la tecnica dello spruzzo in un periodo che risale a circa 13 000 anni fa. Talvolta esse si sovrappongono o sono accostate a immagini di animali, con un evidente riferimento alla caccia. Il colore predominante è il rosso, ricavato da minerali ferrosi come l’ematite
Piccoli e destrorsi
Dalle impronte rimaste sulle pareti della Cueva de Las Manos si ricavano almeno due informazioni interessanti su coloro che millenni fa le hanno realizzate. Anzitutto essi erano destrorsi: le impronte sono quasi tutte della mano sinistra, il che significa che hanno usato la destra per distribuire il colore intorno alla mano appoggiata contro la roccia. In secondo luogo, erano di corporatura piuttosto minuta, perché le dimensioni delle mani sono simili a quelle di un ragazzo di 12 o 13 anni. Insomma, erano uomini e donne che per la loro grandezza erano molto simili a te.
Le Grotte di Chauvet
e di Altamira
Sempre in Francia, ancora più antica della grotta di Lascaux è quella di Chauvet (dal nome dello studioso Jean-Marie Chauvet, che la scoprì nel 1994). I dipinti che vi si trovano risalgono a oltre 30 000 anni fa e colpiscono per la straordinaria varietà di animali raffigurati e per il dinamismo che essi comunicano.
Alcuni particolari dei dipinti nella Grotta di Chauvet sono curiosi, ad esempio la presenza di rinoceronti, che evidentemente nel Paleolitico erano diffusi anche nella Francia meridionale. Contemporanei a quelli di Lascaux sono invece i dipinti rupestri che si trovano nella Grotta di Altamira, nella Spagna settentrionale, a ridosso della costa atlantica. Anche in questo caso si tratta di un complesso di ambienti che si snodano per oltre 250 metri, nei quali sono raffigurati animali e cacciatori
Scultori per caso
La nascita della scultura rivela in modo chiaro come l’essere umano sia naturalmente portato a essere un artista. Inizialmente, infatti, scolpire significava modellare utensili di vario genere (ad esempio pugnali o punte per lance e frecce ricavati scheggiando pietre) che presto l’essere umano iniziò ad abbellire.
Il gusto per la decorazione degli oggetti di uso quotidiano è visibile nei propulsori, strumenti in osso che servivano per lanciare lontano pietre o aste, dunque impiegati soprattutto nella caccia.
Arte per la vita
L’evoluzione della scultura si manifestò anche nella realizzazione di opere che avevano un significato più profondo. Tutto ciò che aveva a che fare con l’inizio e la fine della vita (momenti che suscitavano grandi interrogativi e timori) iniziò ben presto a essere oggetto delle prime manifestazioni artistiche
Tra le sculture più antiche vi sono le «veneri», figure femminili di dimensioni comprese fra i 5 e i 25 cm che servivano a propiziare la fertilità, come ad esempio la Venere di Willendorf.
Propulsore con uccello scolpito (proveniente da Le Mas d’Azil), 18 000-14 000 a.C., corno di renna. Saint-Germain-en-Laye, Musée d’Archéologie Nationale.
I propulsori erano spesso modellati con figure di animali, come questo alla cui base è stato scolpito un uccello.
La Venere di Willendorf, simbolo della fertilità
Alla donna, in quanto capace di generare figli, era fatta risalire simbolicamente l’origine dell’esistenza e per questo le parti del corpo direttamente coinvolte nella generazione (il ventre) e nel mantenimento della vita (il seno) erano esaltate e rappresentate in grandezza esagerata e sproporzionata rispetto al resto della figura.
Tutte queste caratteristiche si trovano sulla Venere di Willendorf (che prende il nome dalla località austriaca dove è stata rinvenuta nel 1908). La scultura, alta quanto il palmo di una mano, è in pietra calcarea ricoperta di ocra rossa.
Il volto non è caratterizzato, così da far risaltare in maniera ancora più evidente la fisicità e gli elementi coinvolti nella procreazione.
Come per tutte le veneri preistoriche, la mancanza dei piedi dipende probabilmente dal fatto che la statuina doveva poter essere conficcata nel terreno, così da renderlo fertile per il sostentamento della comunità.
Venere di Willendorf, 21 000 a.C. ca., pietra calcarea, h 11 cm. Vienna, Naturhistorisches Museum.
Graffiti e incisioni della Valcamonica
SAPEVI CHE...
Le origini di un simbolo
Incisa novantadue volte, sempre in modo differente, la «rosa camuna» è un simbolo misterioso. Il suo significato è ancora sconosciuto, ma resta evidente dalle incisioni che aveva una grande importanza. Spesso viene raffigurata circondata da guerrieri che danzano, quasi volessero difenderla. Nel 1975, un gruppo di designer, tra i quali Bruno Munari, rielaborò graficamente il disegno della «rosa camuna» ricavandone un logo, una rosa camuna bianca su campo verde, adottato come simbolo della Regione Lombardia
Rosa camuna, VII-I sec. a.C. Valcamonica, Foppa di Nardo.
In una delle valli più estese della Lombardia, la Valcamonica, si trova un ricchissimo patrimonio di testimonianze risalenti ai primi abitanti di queste terre, i Camuni, che vi si insediarono intorno al XIII millennio a.C Lungo l’intera vallata si può passeggiare attraverso otto parchi archeologici e osservare oltre 200 000 figure incise nella roccia in un periodo che va dalla fine dell’Era paleolitica fino all’epoca romana.
I soggetti, rappresentati con le tecniche della martellina (la pietra è picchiettata con una sorta di martello) e del graffito (incisione su pietra), sono scene di caccia, riti propiziatori, sacrifici e cerimonie religiose dei Camuni. Le incisioni rupestri dei Camuni furono scoperte nel 1909 dal geografo bresciano Walther Laeng e nel 1979 la vasta area archeologica della Valcamonica è stata il primo sito italiano ad essere riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio mondiale dell’umanità.
Guerrieri e animali, III millennio a.C., incisioni rupestri. Valcamonica, Parco Archeologico Comunale di Seradina e Bedolina.
Simbolo della Regione Lombardia.
ca., incisioni rupestri. Valcamonica, Capo di Ponte.
Dal Neolitico all’Età del bronzo
Menhir, dolmen e cromlech
Durante il Neolitico, in diverse regioni europee gli esseri umani abbandonarono il nomadismo e iniziarono a vivere stabilmente in gruppi più o meno numerosi. A questo periodo risalgono i megaliti, grandi pietre che, a seconda della forma e dell’uso, sono chiamate in modo diverso:
• menhir (nell’antica lingua bretone «pietra lunga»), grossi massi di pietra di forma allungata che venivano conficcati nel terreno. Potevano essere isolati, oppure collocati uno vicino all’altro. Avevano la funzione di indicare la presenza di tombe, oppure di segnalare un percorso sacro;
• dolmen (nell’antica lingua bretone «tavola di pietra»), strutture costituite da due o tre menhir che supportano una lastra di pietra orizzontale. Erano edificati sopra tombe individuali o collettive scavate nella terra sottostante;
• cromlech (nell’antica lingua bretone «circolo»), costruzioni complesse di forma circolare che servivano a delimitare un’area considerata sacra. Il cromlech più famoso, anche per le sue dimensioni, è quello di Stonehenge, nel Regno Unito.
Cromlech di Stonehenge, 2800-1500 a.C., pietra arenaria, diametro 100 m. Piana di Salisbury, Regno Unito.
SAPEVI CHE...
Menhir... e fumetti
I fumettisti francesi Uderzo e Goscinny sono diventati famosi per avere inventato le avventure di Asterix e Obelix. Uno dei compiti di Obelix è quello di trasportare sulla schiena grossi menhir, che spesso non raggiungono la destinazione voluta perché vengono prima scagliati, come enormi proiettili, contro i nemici. Le avventure sono ambientate nel I secolo a.C., durante la guerra tra Galli e Romani. Ora, anche se è vero che nell’antica Gallia erano presenti complessi megalitici risalenti al Neolitico, è escluso che nel I secolo a.C. qualcuno si desse ancora la briga di portare in giro dei menhir. Il compito assegnato al simpatico Obelix rappresenta quindi un anacronismo che non ha nulla a che vedere con la verità della storia dei megaliti.
Il sistema trilitico
I dolmen e i cromlech erano costruiti usando il cosiddetto sistema trilitico. Si tratta di una tecnica costruttiva basata sull’uso di tre pietre (raramente quattro), delle quali due verticali conficcate nel terreno (chiamate piedritti) ne sostengono una terza, posta in orizzontale sulla loro sommità (detta architrave). Se i piedritti e l’architrave sono ben posati, la struttura che ne risulta è solida e il peso viene scaricato verso terra in maniera equilibrata, dando stabilità alla costruzione.
Schema ricostruttivo di struttura trilitica.
Complessi megalitici nell’Età del bronzo
L’evoluzione degli esseri umani è avvenuta con fasi e ritmi differenti nelle varie parti del mondo, per cui è possibile riscontrare costruzioni megalitiche in civiltà di epoche successive al Neolitico. L’esempio più vicino a noi è quello della civiltà nuragica, che fiorì in Sardegna a partire dal 1800 a.C. e si prolungò fino alla conquista romana, intorno al II secolo a.C. Le numerose grandi costruzioni in pietra presenti sul territorio sardo risalgono quindi all’Età del bronzo, epoca in cui si raggiunse un’elevata padronanza nella lavorazione dei materiali, testimoniata anche da interessanti manufatti artistici.
La civiltà dei nuraghi
La civiltà nuragica sarda prende il nome dai nuraghi, costruzioni cilindriche organizzate su diversi piani che potevano raggiungere anche i 20 metri di altezza. Erano composte da grossi massi di pietra («nuraghe» deriva dalla parola sarda nurra, che significa «ammasso di pietre») sovrapposti senza l’uso di malta: una tecnica che si definisce «muratura a secco». I nuraghi erano integrati all’interno di un villaggio e avevano probabilmente una funzione di difesa della popolazione, che in caso di pericolo vi trovava rifugio.
Nei villaggi più grandi potevano esserci anche più nuraghi di diverse dimensioni: in questo caso si parla di complesso nuragico.
Gruppo di due guerrieri, VIII sec. a.C., bronzo. Cagliari, Museo Nazionale di Cagliari. Questo gruppo di bronzetti, che rappresenta guerrieri in atteggiamento di preghiera, è stato rinvenuto nel villaggio santuario ad Abini, in provincia di Nuoro.
Stonehenge: un grande calendario di pietra
Il complesso megalitico più famoso al mondo è il cromlech di Stonehenge, nell’Inghilterra meridionale. Costruito in fasi successive tra il 2800 e il 1500 a.C., era formato in origine da 30 megaliti, sulla cui sommità erano collocate delle enormi lastre in pietra. Oggi solo una parte del cromlech di Stonehenge è rimasta intatta, ma le tracce sul terreno permettono una ricostruzione precisa del suo aspetto originario
All’interno di questo «recinto sacro» c’erano cinque grandi triliti, altre pietre più piccole e una grande lastra chiamata «pietra dell’altare», che serviva probabilmente come punto di osservazione del ciclo solare. Intorno al cromlech di Stonehenge vi erano altri anelli di pietre, buche e persino un fossato. Tutti questi elementi delimitavano un’area ben precisa.
Il lungo viale d’ingresso era allineato in modo da coincidere con il punto in cui sorgeva il Sole nel solstizio d’estate
All’alba, la luce del sole penetrava nel cromlech attraverso la Pietra di Heel e andava a colpire la pietra dell’altare. A partire da quel momento, facendo riferimento ad altri massi del complesso era possibile stabilire in modo preciso il succedersi dei mesi e delle stagioni. Le 56 buche scavate nel terreno, che si trovano lungo il fossato, indicano probabilmente il tempo stimato tra il verificarsi di due eclissi lunari.
è di 100 metri, ma tutta l’area del complesso è molto più ampia. Il monolite più grande utilizzato è alto 9 metri e pesa circa 40 tonnellate. Tutte queste grandi pietre furono trasportate sul luogo facendole rotolare su tronchi di legno Si tratta di pietra arenaria proveniente da almeno 30 chilometri di distanza. Per innalzare questi enormi massi, i costruttori ricorsero alla tecnica impiegata per i dolmen: scavavano grosse buche nella quali facevano scivolare la base della pietra e poi la raddrizzavano utilizzando delle funi. Poi, costruendo una sorta di impalcatura costituita da diverse piattaforme in legno sovrapposte, issavano la lastra orizzontale. Si tratta di un lavoro che richiedeva molto tempo e molte persone!
Disegno ricostruttivo del cromlech di Stonehenge.
Tutta l’area del cromlech era delimitata da un fossato. L’ampio spazio interno era considerato sacro.
In una delle buche che circondano il complesso, ogni anno veniva collocata una grossa pietra, che veniva spostata di volta in volta in quella successiva: questa modalità permetteva di calcolare gli anni che intercorrevano tra un’eclissi lunare e l’altra.
La Pietra di Heel era punto di riferimento per stabilire il calendario solare: si trova sull’asse diretto verso la posizione del Sole all’alba del solstizio d’estate.
Il complesso nuragico di Barumìni
VIVI L’ARTE
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L’area archeologica
Il complesso nuragico di Barumìni, situato nella parte centromeridionale della Sardegna, è rimasto sepolto per secoli ed è stato riportato alla luce a partire dagli anni Quaranta del Novecento. Nel 1997 è stato inserito dall’UNESCO tra i siti Patrimonio dell’umanità.
Si tratta di una vasta area archeologica nella quale, intorno a un nuraghe di oltre 17 metri d’altezza, emergono decine di abitazioni (circa 200): un intero villaggio che si andò accrescendo nel corso dei secoli e che fu abitato a partire dal II millennio a.C. fino all’VIII secolo d.C.
Costruzioni ingegnose e creative
A una prima e superficiale osservazione, nuraghi come quelli di Barumìni appaiono come grandi torri in pietra a tronco di cono piuttosto rozze. Eppure, nella costruzione di questi edifici sparsi ovunque nell’isola è stata posta una sapienza particolare: non hanno fondamenta e sono stati eretti senza fare uso di malta per tenere unite le pietre direttamente sulla terra o sulla roccia. I massi, apparentemente grezzi, sono squadrati e presentano incastri completati dall’inserimento di pietre più piccole tra una fila e l’altra, così da livellare gli strati e rendere la struttura più solida.
SAPEVI CHE...
Le case delle fate: domus de janas
Le domus de janas erano un tempo ritenute le dimore di creature fantastiche (janas), che potevano essere fate oppure streghe dispettose. In questi piccoli rifugi scavati nella roccia (domus), le janas si sarebbero rifugiate per tessere fili d’oro e d’argento.
In realtà queste sono tombe antichissime (risalgono a un periodo compreso fra il III e il II millennio a.C.) nelle quali i defunti erano deposti spesso con un corredo funerario. Ne sono state scoperte finora circa 3500 sparse in tutta la Sardegna.
A che cosa servivano?
Circa la funzione dei nuraghi sono state fatte le ipotesi più diverse. Erano semplici abitazioni, oppure fortezze, torri d’avvistamento, luoghi di sepoltura, osservatori astronomici...? In realtà, nessuna di queste ipotesi è da scartare perché, tra i circa 7000 nuraghi presenti in Sardegna, si è scoperto che non tutti hanno avuto la stessa funzione. Così, se è vero che i nuraghi non sorsero principalmente come fortezze, è altrettanto vero che alcuni furono usati per scopi militari e questo accadde anche a quello di Barumìni.
Entrare nell’arte... mesopotamica ed egizia
I primi imperi della
storia...
A partire dal IV millennio a.C., in una vasta porzione di territorio che si estende tra Africa e Asia nota con il nome di Mezzaluna fertile, nacquero grandi regni e potenti imperi. Nella Mesopotamia, la terra compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate, sorsero le prime città-stato fondate dai Sumeri: centri indipendenti l’uno dall’altro che conobbero fin da subito una notevole fioritura economica e culturale. Successivamente, nello stesso territorio si affermarono gli imperi degli Assiri e dei Babilonesi. Contemporaneamente, lungo il fiume Nilo sorse il potente impero degli Egizi, destinato a durare per oltre tre millenni.
L’area della Mezzaluna fertile.
Mar Mediterraneo
BASSO
EGITTO
Menfi Rosetta
El Giza Saqqara
ANATOLIA
Til Barsip
Gerusalemme Gaza
SINAI
Nilo Asyut Karnac (Tebe)
Luxor (Tebe) Assuan
ALTO EGITTO
MarRosso
Abu Simbel
Khorsabad
Ninive
Nimrud
Assur
Dur Kurigalzu
Tigri Eufrate
Babilonia
Susa
Ecbatana Pasargade Persepoli
DESERTO ARABICO
CHIAVI di
LETTURA
1 Arte tra religione...
L’arte dei Sumeri trova la sua prima ispirazione nella religione. Questo è un tratto caratteristico di tutte le ci viltà antiche: statue di divinità edifici sacri, oggetti di vario genere impiegati per il culto sono tra le espressioni artistiche più antiche della storia dell’umanità.
Statuetta raffigurante Salim (proveniente da Mari), 3000 a.C. Damasco, National Museum of Damascus.
..e potere
Oltre alla religione, grande importanza ricopriva nell’arte delle prime civiltà anche l’esaltazione e la celebrazione del potere regale. Nell’impero assiro, per esempio, accanto al tempio, sorgeva il palazzo del re, decorato con sculture che esaltavano la figura del sovrano e le sue imprese militari.
Assurbanipal dopo la battaglia di Elam (frammento proveniente dal Palazzo di Ninive), 645 a.C. ca. Parigi, Musée du Louvre.
...e le prime grandi civiltà
Nelle città-stato dei Sumeri si svilupparono raffinate forme artistiche e fu inventata la scrittura. La civiltà dei Sumeri influenzò in maniera decisiva anche i popoli che in seguito conquistarono le loro città, creando i primi grandi imperi. Tracce ancora più importanti sono quelle rimaste in Egitto, che segnalano una straordinaria fioritura in tutte le espressioni della cultura: dalle arti figurative, agli studi di astronomia alla letteratura. I grandi monumenti funebri e gli imponenti edifici dedicati al culto delle innumerevoli divinità, ma anche i dipinti e gli oggetti di uso quotidiano, rimangono come testimonianza di una delle più raffinate civiltà della storia.
Ingresso del tempio di Abu Simbel, 1250 a.C. ca. Assuan, Egitto.
3 Il culto dei defunti
4 Le tombe dei faraoni
Anche l’arte egizia è strettamente legata alla religione e, in particolare, al culto riservato ai defunti. Pitture, sculture di grandi e piccole dimensioni, persino oggetti di uso quotidiano di straordinaria bellezza sono stati rinvenuti nelle tombe e avevano una funzione precisa: accompagnare il defunto nella sua vita nell’oltretomba.
1255-1265 a.C.
Nelle civiltà mesopotamiche spesso la figura del sacerdote coincideva con quella del sovrano. In Egitto, invece, il faraone è egli stesso una divinità, incarnazione di Horus, figlio di Ra, il dio-Sole. A lui venivano innalzate statue di dimensioni colossali e lo stesso edificio-simbolo della civiltà egizia, la piramide, è una tomba destinata ad accogliere il corpo del faraone.
I Sumeri
La ziggurat, centro della città sumera
La civiltà mesopotamica risale al IV millennio a.C. e venne fondata dai Sumeri. Fra il Tigri e l’Eufrate vennero edificate le prime importanti città, ciascuna delle quali era autonoma (si parla infatti di città-stato) e sorgeva intorno alla ziggurat
La ziggurat era una grande piramide a gradoni costruita in mattoni che costituiva il centro religioso perché, alla sua sommità, era collocato il tempio dedicato alla divinità
La sommità della ziggurat era piatta. Era il luogo in cui i sacerdoti officiavano i riti e scrutavano il cielo e le stelle.
protettrice della città. Era inoltre il centro economico, perché al suo interno vi erano magazzini e depositi dove venivano conservati i prodotti agricoli; infine, era anche il centro culturale, perché alcuni ambienti erano riservati ai giovani che apprendevano l’uso della scrittura per diventare scribi. Intorno alla ziggurat sorgevano le dimore dei sovrani e dei sacerdoti e, poco più distante, le più modeste abitazioni dei cittadini.
In cima alla ziggurat vi era un tempio al quale potevano accedere solo i sacerdoti.
Statuetta raffigurante Ebih-Il (proveniente da Mari), 2400 a.C., alabastro. Parigi, Musée du Louvre.
Le scale potevano essere una o più di una. La scalinata centrale era riservata ai sacerdoti.
Le offerte votive
I gradoni consentivano di innalzarsi verso il cielo, sede della divinità.
Disegno ricostruttivo di una ziggurat.
Gli scavi archeologici compiuti in prossimità dei templi mesopotamici hanno riportato alla luce piccole statue in alabastro o diorite raffiguranti persone in atteggiamento di preghiera, che per questo vengono chiamate oranti. Si tratta molto probabilmente di offerte votive. La scultura aveva la funzione di sostituire la persona reale, occupata a svolgere le faccende quotidiane, nelle azioni di culto da rendere alla divinità. Le figure sono rappresentate frontalmente e appaiono piuttosto rigide, con particolari anatomici semplificati e spesso sproporzionati. Nelle statuette colpisce la rappresentazione del volto: gli occhi grandi e spalancati, colorati con l’innesto di lapislazzuli, manifestano stupore di fronte alla divinità; l’espressione è sempre serena e fiduciosa.
18 Unità 1 • La Preistoria e le prime civiltà
Lo Stendardo di Ur
Una delle testimonianze più interessanti dell’arte sumerica è costituita dal cosiddetto Stendardo di Ur, una scatola di legno di circa 50 cm di lunghezza e 22 di altezza. Risale al III millennio a.C. ed è stato rinvenuto in una tomba nella città di Ur. Ogni faccia della scatola è decorata con intarsi colorati inseriti su uno strato di bitume spalmato in modo uniforme sul legno. I due pannelli più lunghi dello stendardo riportano l’uno episodi di guerra, l’altro raffigurazioni che riguardano i festeggiamenti per la pace seguiti alla vittoria. Entrambi sono suddivisi in tre fasce sovrapposte, che vanno lette dal basso verso l’alto. Le immagini rappresentano una testimonianza importante non solo sotto il profilo artistico, ma anche dal punto di vista storico, perché permettono di conoscere alcune caratteristiche della civiltà sumerica. Le figure sono in conchiglia e madreperla (di colore bianco), lo sfondo è in lapislazzulo (blu), mentre le cornici sono realizzate in madreperla, lapislazzuli e corniole (rosso).
Nel pannello dedicato alla pace (riprodotto sotto) è illustrato un banchetto imbandito per celebrare la vittoria militare.
La figura del sovrano è facilmente riconoscibile, perché è più grande degli altri personaggi raffigurati.
Due coppieri servono da bere al re e agli altri invitati al banchetto.
Carro militare (particolare del pannello raffigurante la guerra sullo Stendardo di Ur), 2500 a.C. Londra, British Museum.
Nel pannello della guerra, scopriamo che i carri erano provvisti di ruote piene formate da due semicerchi uniti intorno al mozzo. Proprio la ruota è una delle invenzioni attribuite ai Sumeri e lo stendardo ce ne offre conferma.
Funzionari e capi militari festeggiano insieme al re. Tutti i personaggi sono raffigurati con il volto di profilo, il busto in posizione frontale, le gambe e i piedi ancora di profilo
Un musico suona la lira, una piccola arpa in uso presso i popoli mediorientali.
Alcuni animali vengono condotti al sacrificio Servi (o schiavi di guerra) portano il bottino: oggetti, cibo e animali.
Le fasce sono divise da elementi decorativi
Stendardo di Ur (pannello della pace), 2500 a.C., legno intarsiato, 50 × 22 cm. Londra, British Museum.
I Babilonesi e gli Assiri
La grande città di Babilonia
Nella seconda metà del XVIII secolo a.C., le città-stato dei Sumeri furono conquistate dai Babilonesi, che fondarono il primo grande impero mesopotamico. Molti dei loro edifici, giunti fino a noi, testimoniano una civiltà ricca e fiorente, tesa a esaltare la grandezza di sovrani che per secoli estesero e consolidarono il loro dominio nella terra fra il Tigri e l’Eufrate. La città di Babilonia, capitale dell’impero, presentava edifici imponenti: alte ziggurat e palazzi diventati famosi per i loro giardini pensili, cioè costruiti su terrazzamenti. Tutte opere architettoniche che lasciano supporre capacità di progettazione e tecniche costruttive di altissimo livello.
La porta di Ishtar
Porta di Ishtar di Babilonia, 575 a.C. ca., mattonelle di terracotta colorata e smaltata, 14,73 × 15,70 × 4,35 m. Berlino, Pergamonmuseum.
BSAPEVI CHE...
«Una Babilonia!»
L’espressione comune «è una Babilonia» indica una situazione confusa o di disordine. Il detto si rifà a un testo della Bibbia (Genesi 11, 1-9) secondo il quale, agli albori della storia, gli esseri umani parlavano tutti la stessa lingua. Quando però decisero di costruire una torre alta fino al cielo, Dio, sentendosi sfidato, li punì facendoli parlare lingue diverse e impedendo loro di intendersi. La confusione fu tale che i lavori per l’edificazione della torre cessarono. La torre era detta «di Babele»: Babel è il nome originale di Babilonia.
abilonia era circondata da mura possenti, nelle quali si aprivano otto porte monumentali come quella dedicata a Ishtar, dea dell’amore e della guerra. La porta è completamente ricoperta da mattonelle di terracotta trattate con una miscela colorata a base di vetro che ne rende lucida la superficie. Su un fondo blu brillante risaltano animali come leoni e tori, ma anche creature fantastiche sacre alle divinità. Nel 1930 questa famosa porta fu ricostruita nel Pergamonmuseum di Berlino con i materiali recuperati dagli scavi archeologici.
L’arte a servizio del potere
I sovrani babilonesi si servirono della scultura per manifestare il loro prestigio e il loro potere. Sulle pareti dei palazzi vennero scolpite grandi scene che ne esaltavano le gesta: celebrate a volte con statue e monumenti.
Vi erano anche opere di dimensioni più piccole, come le stele, che avevano spesso come soggetto le imprese compiute dal sovrano, oppure riportavano iscrizioni con cui venivano fatte conoscere le leggi che i sudditi erano tenuti a rispettare, come la famosa stele con il Codice di Hammurabi.
Stele del Codice di Hammurabi, 1750 a.C., basalto, 225 × 65 cm (parte superiore). Parigi, Musée du Louvre.
Il re Hammurabi di fronte al dio della giustizia, Shamash.
Gli Assiri: un popolo di guerrieri
Nell’VIII secolo a.C. Babilonia fu conquistata dagli Assiri, una popolazione di guerrieri che, al pari dei Babilonesi, si pose anch’essa in continuità con la cultura sumerica.
L’arte assira è principalmente legata alla celebrazione dei sovrani e alle loro imprese militari. Numerosi sono i rilievi che descrivono battaglie, ritrovati soprattutto negli scavi archeologici di Ninive (oggi Mosul, in Iraq), antica capitale dell’impero assiro.
COMPETENTI IN ARTE
L’immagine riportata sotto ritrae il re assiro Assurbanipal II durante una battuta di caccia. Pare che quello della caccia fosse un soggetto molto apprezzato dagli Assiri, ma con un significato molto diverso rispetto a quello che abbiamo visto studiando l’arte preistorica. Osserva l’immagine e rispondi.
• Che cosa vuole comunicare?
• La raffigurazione ha un significato magico-religioso oppure di altro tipo?
• Quali differenze noti rispetto alle immagini delle pagine precedenti, riferite alle scene di caccia di epoca preistorica?
Assurbanipal a caccia (frammento proveniente dal Palazzo di Ninive), 650-620 a.C., alabastro. Londra, British Museum.
Un corteo di guerra
Il rilievo celebra una grande vittoria del re Assurbanipal. Un particolare presente nell’immagine testimonia lo sviluppo tecnologico di quel popolo: la ruota non è più piena come quella sumera, ma a raggi, più robusta e leggera.
Anche dal punto di vista artistico si nota un’evoluzione. Le persone sono ritratte completamente di profilo, con proporzioni più realistiche e con maggiore cura dei dettagli. Prigionieri elamiti dopo la battaglia di Elam (frammento proveniente dal Palazzo di Ninive), 645 a.C. ca., alabastro, 163 × 77 cm. Parigi, Musée du Louvre.
Gli Egizi: tombe alte fino al cielo
Dimore per l’eternità
Le testimonianze più importanti della civiltà egizia ci vengono dalle tombe delle necropoli e dai templi. Soprattutto i luoghi di sepoltura di sovrani, o persone appartenenti a famiglie d’alto rango, sono ricchi di reperti utili a ricostruire la vita quotidiana e la cultura degli antichi Egizi. Essi credevano che il defunto avrebbe proseguito la sua esistenza all’interno della sua tomba, perciò veniva sepolto insieme a oggetti di vario genere (da quelli di uso domestico a statue, armi e arredi), che gli avrebbero consentito di mantenere le abitudini che aveva avuto durante la vita terrena.
La piramide e i suoi significati simbolici
Le tombe regali più importanti e famose dell’antico Egitto sono le piramidi. A questi imponenti edifici erano riconosciuti diversi significati simbolici. Tra i molti, vi era quello della scala che serviva per raggiungere il cielo: questo significato era attribuito soprattutto alle piramidi a gradoni, che furono le prime a essere edificate. Più suggestiva, però, è l’identificazione della piramide con un raggio di sole che dall’alto, con la sua forma triangolare, si diffonde sulla Terra. Se si pensa che il faraone era ritenuto figlio del dio-Sole Ra, è affascinante pensare che dopo la morte egli continuasse a vivere dentro un raggio di sole.
Piramide del faraone Gioser, 2660 a.C. ca., h 62 m. Menfi, Necropoli di Saqqara. Piramide a gradoni.
Necropoli di Giza, XXVI sec. a.C. Il Cairo, Piana di Giza. Piramidi a facce lisce.
La piramide di Cheope
Le piramidi più famose sono quelle che costituiscono il complesso funerario di Giza dove, accanto a sepolture minori, sorgono quelle maestose e imponenti dei faraoni Cheope, Chefren e Micerino, costruite fra il 2620 e il 2500 a.C.
Tra le piramidi di Giza, la più grande è quella innalzata per il faraone Cheope. Fu costruita fra il 2580 e il 2540 a.C. circa e in origine arrivava fino a 147 metri di altezza, mentre i lati della base misuravano intorno ai 240 metri. Oggi queste misure sono un poco ridotte a motivo dell’erosione e del venir meno degli strati di copertura
La struttura interna della piramide era molto complessa: oltre alla camera destinata ad accogliere il corpo del faraone, vi erano cunicoli e passaggi segreti che servivano anche a scoraggiare i saccheggiatori di tombe. Poiché lo scopo principale della piramide era quello di conservare la mummia del sovrano, talvolta questa veniva nascosta in una camera segreta, in modo che non cadesse in mano ai profanatori.
Lastre di marmo disposte a intercapedine che scaricano il peso del soffitto ai lati della camera sepolcrale
Camera del re
della regina
Grandi sepolcri scavati nella terra
Le tombe della Valle dei Re
A partire dal Nuovo Regno (circa 1580 a.C.), cessò l’uso di costruire le pira midi e le tombe reali iniziarono a essere scavate in un luogo nascosto le montagne che circondano Tebe (oggi Luxor): la Valle dei Re. La scelta fu dettata soprattutto da motivi di sicurezza: era necessario fare in modo che le tombe non venissero svuotate dei tesori che conte nevano e che il riposo del faraone fosse rispettato per l’eternità. Nonostante tutte le precauzioni, però, anche le tombe della Valle dei Re furono saccheggiate già nell’antichità da parte di predoni che, pur di impadronirsi delle ricchezze che custodivano, ignoravano le maledizioni scritte sulle pareti dei sepolcri contro coloro che avessero osato disturbare il sonno dei faraoni.
Statua del faraone Tutankhamon (proveniente dalla tomba del faraone), 1325 a.C. ca., legno ricoperto di pece nera, bronzo e oro, h 163 cm. Il Cairo, The Egyptian Museum.
Maschera funeraria in oro del faraone Tutankhamon. XIV sec. a.C., legno, oro e gemme, 54 × 39 × 49 cm. Il Cairo, The Egyptian Museum.
Una tomba ancora intatta
Vi è però una tomba che è giunta fino a noi pressoché intatta, con tutti i suoi tesori all’interno: quella di Tutankhamon («immagine vivente di Amon»), un faraone vissuto circa 3300 anni fa, salito al trono ad appena 10 anni e morto in circostanze rimaste misteriose quando ne aveva 18. Nella tomba di Tutankhamon i ladri penetrarono per due volte ed entrambe le volte i sacerdoti la risistemarono e sigillarono. Poi venne costruita un’altra tomba che la nascose definitivamente e non venne più profanata. Così, quando nel 1922 un gruppo di archeologi guidati dall’inglese Howard Carter, dopo mesi di ricerche scoprì la tomba di Tutankhamon, nessuno immaginava di trovare una sepoltura ancora capace di offrire un’idea completa e precisa di come fossero sepolti i faraoni.
SAPEVI CHE...
La maledizione di Tutankhamon
Una scritta posta su un sigillo all’ingresso della tomba di Tutankhamon avverte che «La morte colpirà con le sue ali chiunque disturberà il sonno del faraone». Questa maledizione rimase pressoché ignorata finché, un anno dopo la scoperta del sepolcro, il finanziatore della spedizione archeologica, Lord Carnarvon, non fu colpito da un’infezione che lo portò alla morte, a soli 57 anni. In realtà l’uomo era già malato da tempo, ma da quel momento si diffuse la leggenda della «maledizione del faraone», che contribuì a rendere ancora più affascinante la storia della scoperta della tomba.
Tuttavia, quello di Carnarvon fu l’unico caso di una morte avvenuta poco tempo dopo la scoperta: Howard Carter, protagonista del ritrovamento, morì di morte naturale 16 anni dopo e tutte le persone che parteciparono alla spedizione morirono in età avanzata. Insomma, pare non vi fosse nessuna vera maledizione (e se vi era non si dimostrò molto efficace).
Oggi la mummia di Tutankhamon riposa nella tomba che per oltre 3000 anni aveva custodito il suo segreto, chiusa nel sarcofago originale in legno dorato.
1 Anticamera 2 Camera sepolcrale
3 Stanza-deposito
Alla tomba si accedeva attraverso un corridoio che dava accesso a un’anticamera 1 dove era contenuta una grande quantità di oggetti appartenuti al faraone, tra cui il letto funebre e un carro smontato, mentre due statue di soldati in legno ai lati della porta della camera sepolcrale 2 avevano il compito di proteggere il riposo di Tutankhamon. Dietro l’anticamera vi era una stanza-deposito 3 colma di preziosi oggetti di uso quotidiano. Nella camera sepolcrale si trovavano quattro grandi «cappelle» (simili a casse) in legno dorato, poste una dentro l’altra, l’ultima delle quali conteneva a sua volta tre sarcofaghi, posti anch’essi uno dentro l’altro: uno in pietra, uno in legno dorato e l’ultimo in oro massiccio, del peso di 110 chili, che conteneva la mummia del faraone.
Annessa alla camera sepolcrale, separata da una porta murata, c’era la stanza del tesoro 4 , contenente arredi preziosi e una grande cassa di legno laminato in oro dove erano contenuti i canopi, cioè i vasi nei quali erano conservate le interiora del faraone asportate durante le operazioni della mummificazione.
Capolavori dell’arte egizia
Tra gli oggetti più belli e preziosi rinvenuti nella tomba di Tutankhamon vi è una maschera d’oro massiccio, del peso di circa 10 kg, che costituisce un vero e proprio capolavoro dell’arte egizia. Si tratta di una sorta di «casco protettivo» che era appoggiato sul volto del sovrano e ne riproduceva le fattezze. È formato da due lastre d’oro battuto e sbalzato, senza saldature, con incastonate paste vitree e pietre dure. Vi era poi un trono in legno dorato con un prezioso schienale che mostra il faraone insieme alla moglie che lo unge con oli profumati. All’interno della tomba furono rinvenuti ben 700 oggetti che, ognuno a suo modo, testimoniano in che modo venivano sepolti gli antichi sovrani dell’Egitto.
Trono di Tutankhamon (proveniente dal tesoro del faraone), XVI - XIII sec. a.C., legno, foglia d’oro, argento, paste vitree e pietre dure, h 102 cm. Il Cairo, The Egyptian Museum.
I grandi complessi religiosi
I capitelli delle colonne potevano essere decorati in modi diversi. Vi erano quelli che riproducevano la pianta di papiro 1 , quelli a forma di fiore di loto 2 , oppure di palma 3 o, ancora, con la figura della dea Hator 4
Il tempio: dimora della divinità
Gli Egizi veneravano moltissimi dèi, ma gli edifici di culto più importanti erano quelli dedicati ad Amon-Ra, il dio-Sole.
I templi erano considerati la dimora della divinità sulla Terra ed erano quindi edifici grandiosi e riccamente decorati. Si articolavano in una successione di cortili e grandi sale attraverso le quali si raggiungeva il luogo più sacro, ossia la cella dove era custodita la statua della divinità. Contrariamente alle piramidi, edifici massicci e pieni, i templi egizi si distinguevano per le altissime colonne che circondavano i cortili e sostenevano i soffitti delle ampie sale (perciò dette ipostile) dove avevano accesso i sacerdoti o il faraone. Tutti gli ambienti erano riccamente decorati e colorati con tinte brillanti.
Alcuni templi erano invece scavati nella roccia (ne è esempio il tempio di Abu Simbel, vedi p. 17).
I luoghi di culto più importanti erano composti da numerosi edifici, fatti erigere dai faraoni che via via si succedevano sul trono. Ad esempio, il complesso religioso di Karnak, presso Tebe, si andò accrescendo lungo un periodo di 1600 anni, diventando, insieme a quello vicino di Luxor, il più imponente dell’antico Egitto.
Disegno ricostruttivo con spaccato del tempio di Karnak.
La grande sala ipostila di Karnak, illustrazione da una rivista di Arti grafiche di William Gamble, «Penrose: Pictorial Annual», 1908-1909. Londra.
Statue colossali, sfingi e obelischi
Oltre a onorare la divinità cui erano dedicati, i templi avevano an che la funzione di esaltare il sovrano che ne ordinava la costru zione e che vi veniva celebrato attraverso statue, iscrizioni, rilievi e dipinti. Ai lati delle porte monumentali che introducevano nel com plesso religioso, generalmente venivano innalzate statue di grandi dimensioni raffiguranti il faraone, ma vi erano anche altre impor tanti sculture, come le sfingi, figure dal corpo di leone e la testa uma na (o di ariete, in altri casi), che avevano la funzione di custodire l’ingresso del tempio.
L’obelisco è una delle componenti più caratteristiche dell’architettura egizia. Durante la plurimillenaria storia del Paese ne furono innalzati a centinaia, soprattutto nei complessi religiosi. L’obelisco era un bolo di Amon-Ra, la divinità solare. La sua forma alludeva a un gio di sole che congiungeva la Terra con il cielo. Ogni faccia di queste enormi stele in pietra era decorata con geroglifici che celebravano la grandezza del dio e la potenza del faraone che le aveva fatte innalzare.
COMPETENTI IN ARTE
Molti obelischi dell’antico Egitto sono stati letteralmente razziati e si trovano oggi in diverse città d’Italia e d’Europa, a volte posti al centro di importanti piazze. La più alta concentrazione è a Roma, dove sono stati portati in epoca imperiale. Uno di essi, per esempio, risalente al VI secolo a.C., è alto ben 30 metri e si trovava nella città di Eliopoli (vicino al Cairo): fatto portare a Roma da Augusto, oggi è collocato nella piazza Montecitorio, di fronte al palazzo del Parlamento.
• Insieme all’insegnante, individuate gli altri 12 antichi obelischi di Roma. Ma fate attenzione, non tutti sono originali: alcuni sono delle copie fatte fabbricare dagli imperatori...
SAPEVI CHE...
Un obelisco a Washington
Come le piramidi, anche gli obelischi hanno sem pre esercitato un grande fascino e hanno alimen tato l’immaginazione di architetti e artisti di ogni epoca. Quando gli americani decisero di edifi care un monumento a George Washington nel la città che porta il suo nome, la capitale degli Stati Uniti, l’architetto Robert Mills (1781-1855) progettò un obelisco di dimensioni straordi narie. La sua costruzione si prolungò, con diverse interruzioni, per 40 anni e quando fu inaugurato, nel 1888, con i suoi 169 metri di altezza era l’edificio più alto del mondo.
Obelisco del faraone Ramses II, XIII secolo a.C., granito rosso, h 23 m. Luxor, ingresso del tempio.
La scultura egizia
Una scultura «viva»
Nell’antico Egitto, le sculture erano parti integranti delle strutture architettoniche. Potevano essere in granito o in pietra di altro tipo, a seconda dei luoghi e dell’importanza del soggetto rappresentato. Le statue, soprattutto, avevano un valore particolare, perché erano dotate di una forza vitale: in qualche modo rendevano presente la persona che veniva raffigurata, che si trattasse del sovrano o di una divinità. Nelle tombe dei faraoni, addirittura, erano collocate diverse statue del defunto, cosicché, se per qualche motivo il suo corpo fosse andato perduto, la sua anima avrebbe potuto vivere attraverso quelle raffigurazioni. Spesso venivano messe nelle tombe anche piccole sculture che raffiguravano servitori intenti alle attività più diverse: anch’essi avevano il compito di assistere il defunto durante la sua vita ultraterrena.
Cantanti e un suonatore d’arpa, XIV sec. a.C., rilievo. Tell el-Amarna, Tomba del sacerdote Meryra.
Statuetta di schiava che filtra la birra, fine III millennio a.C. ca. Firenze, Museo Egizio.
Busto della regina Nefertiti, 1350 a.C. ca. Berlino, Aegyptisches Museum.
La diffusione dei rilievi
Oltre alle statue, grande importanza hanno i rilievi che si trovano sulle pareti dei templi e nelle tombe. Si tratta di sculture che non sempre hanno carattere celebrativo o religioso, ma talvolta presentano soggetti che ritraggono scene di vita quotidiana. Sui monumenti più grandi, come templi, tombe e obelischi, venivano scolpiti anche i geroglifici, con l’accuratezza e la raffinatezza di vere opere d’arte. Le sculture in rilievo erano dipinte con tinte vivaci che contribuivano a rendere ancora più vivide le figure.
I simboli del potere di un re-dio
Tutta l’arte dell’antico Egitto è ricca di simboli, che accompagnavano soprattutto le raffigurazioni dei sovrani. Il faraone, infatti, in quanto ritenuto incarnazione del dio Horus, univa nella propria persona i simboli del potere politico e quelli delle divinità. Osserviamo, ad esempio, le rappresentazioni di Tutankhamon e di Amenofi III.
Il flagello (nekhekh) è lo scettro simbolo del dio Osiride e del potere politico del faraone.
Il faraone indossa il nemes, un copricapo di uso quotidiano, sul quale spiccano l’avvoltoio e l’ureo (il cobra), simboli rispettivamente della dea Nechbet, signora dell’Alto Egitto, e della dea Uadjet, signora del Basso Egitto.
L’unione dei due simboli stava quindi a indicare la sovranità su entrambi i regni.
Amenofi III, 1350 a.C. ca., granito, 130 × 95 cm. Luxor, Luxor Museum.
La sovranità su entrambi i regni era espressa anche dalla doppia corona che univa quella bianca, simbolo del dominio dell’Alto Egitto, a quella rossa, che indicava la sovranità sul Basso Egitto.
Gli Egizi non portavano la barba, ma il faraone ne esibiva una finta (posticcia) durante le feste e le apparizioni pubbliche.
Generalmente la portavano dritta, come simbolo di regalità.
La barba posticcia ricurva verso l’alto era tipica del dio Osiride, signore dell’oltretomba.
Il pastorale (bastone tipico dei pastori), chiamato heca, indica il ruolo di guida del popolo, ma anche la signoria su tutto il bestiame dell’Egitto. Era il simbolo del potere economico.
Sarcofago d’oro del faraone Tutankhamon (particolare della parte superiore), 1325 a.C. ca., oro massiccio e pietre dure, h 187,5 cm. Il Cairo, The Egyptian Museum.
La pittura egizia
Uno stile rimasto invariato nei secoli
Le testimonianze della pittura egizia sono giunte a noi soprattutto attraverso i dipinti rinvenuti nelle tombe e dimostrano la loro funzione religiosa legata al culto dei morti. Prevalgono le raffigurazioni delle divinità (soprattutto quelle legate all’oltretomba), ma sono frequenti anche scene di vita quotidiana. Poiché gli Egizi credevano che il defunto avrebbe proseguito la propria vita nella tomba, sulle pareti dei sepolcri sono riprodotti aspetti dell’esistenza terrena: dai momenti di svago al lavoro dei servitori. È interessante osservare che lo stile tipico della pittura egizia è rimasto pressoché invariato per oltre trenta secoli, rispondente a regole e misure che l’hanno reso inconfondibile. Esso veniva applicato sia dipingendo sulle pareti sia disegnando sui fogli di papiro o su qualsiasi altro supporto (legno, pietra ecc.).
La figura umana, in particolare, doveva essere riprodotta secondo regole precise: per questo gli Egizi elaborarono un canone (cioè un insieme di regole) che ne stabiliva in modo rigoroso le proporzioni e la posizione.
Scene di vita quotidiana, 1398-1388 a.C., affresco. Sheikh Abd el-Qurna, Tomba dello scriba Nakht.
Un arpista cieco suona durante un banchetto, affresco. Sheikh Abd el-Qurna, Tomba dello scriba Nakht.
In questo dipinto della tomba dello scriba Nakht, sono raffigurati momenti di vita quotidiana. Nella rappresentazione del musicista cieco sono da notare la posizione inusuale del piede e i rotoli di grasso sull’addome: dettagli solitamente assenti nelle raffigurazioni ufficiali.
Regole precise per ritrarre la figura umana
Disegnata all’interno di un reticolo a quadretti, la figura umana doveva essere alta 18 quadretti e ogni quadretto doveva avere la dimensione del pugno di una mano. Il volto, dalla fronte al mento, doveva occupare 2 quadretti, il torso, dal collo all’ombelico, 5 quadretti, dall’ombelico al ginocchio altri 5 quadretti, dal ginocchio alla caviglia 5 quadretti e l’ultimo quadretto era per il piede, che doveva essere sempre raffigurato di profilo. Di profilo dovevano essere raffigurate anche le gambe e il bacino, mentre il torso, sino alle spalle, era ripreso di fronte. La testa tornava a essere di profilo, ma con l’occhio frontale. Le proporzioni usate nella pittura valevano anche per la scultura e tutti i tipi di rappresentazione.
Colori brillanti e ricerca del realismo
I pittori egizi amavano i colori brillanti e decisi. Molto usato era il rosso (che veniva ricavato dalle terre ricche di ferro), i colori bruni e i gialli (ottenuti dalle terre del deserto), il nero (da legno combusto), il bianco (dal carbonato di calcio), mentre il verde e il blu erano i colori più preziosi, ottenuti macinando lapislazzuli, malachite o minerali di rame. I contorni erano tracciati spesso con un colore
più scuro, in modo da farli risaltare sullo sfondo chiaro. Le figure erano rappresentate sempre in modo abbastanza statico (anche quando sono in movimento) e appiattite sulle pareti, prive del senso della profondità. Tuttavia, i pittori egizi si sforzavano di dipingere con un certo realismo, soprattutto quando ritraevano gli animali o descrivevano qualche dettaglio particolare.
Contadini che raccolgono il grano, 1410 a.C., affresco. Sheikh Abd el-Qurna, Tomba dello scriba Menna. COMPETENTI IN ARTE
Alcuni dettagli dell’arte egizia e di quella sumerica sembrano coincidere. D’altra parte, non bisogna dimenticare che le due civiltà, quella egizia e quella mesopotamica, furono contemporanee. Qui puoi vedere una parte dello Stendardo di Ur, che hai già avuto modo di analizzare a p. 19. Osserva le figure: la loro posizione, le proporzioni, i dettagli...
• Scrivi le somiglianze che noti con le immagini che hai studiato in queste pagine (in particolare con quella che vedi qui sopra).
Stendardo di Ur (pannello della pace), 2500 a.C., legno intarsiato, 50 × 22 cm. Londra, British Museum.
La funzione religiosa della pittura
Le testimonianze più importanti della pittura dell’antico Egitto sono presenti nei templi e nelle tombe, non soltanto perché si tratta dei luoghi meglio conservati, ma perché l’arte egizia aveva principalmente una funzione di carattere religioso. I dipinti presenti nei templi avevano lo scopo di onorare ed esaltare la divinità, mentre nelle tombe dovevano accompagnare il defunto nella sua vita nell’oltretomba.
Le rappresentazioni che si trovano nelle tombe, in particolare in quelle di re e regine, o di persone di rango elevato, non di rado ritraggono il defunto impegnato nelle sue occupazioni quotidiane, nei suoi svaghi, o in compagnia delle divinità dell’oltretomba. Meravigliose decorazioni erano dipinte anche sui sarcofaghi e spesso accompagnavano iscrizioni con preghiere e formule magiche tratte dal Libro dei morti (antico testo funerario) che dovevano aiutare il defunto ad affrontare il lungo viaggio verso l’incontro con gli dèi nel mondo dei morti. Le medesime iscrizioni si trovano anche lungo le pareti delle tombe, come nel caso di quella fatta costruire per la regina Nefertari.
A caccia lungo il Nilo
Questo famoso dipinto proviene dalla tomba di un funzionario no al XV secolo a.C., di nome che qui viene ritratto insieme alla moglie e alla figlia mentre è impegnato a cacciare gli uccelli in una palude lungo il fiume Nilo. L’artista ha usato una vasta gamma di co lori e ha saputo produrre bellissime ture. Le proporzioni dei personaggi sono rigorosamente inscritte nel dell’arte egizia e tutta la scena suggerisce un senso di movimento e di voli. Inoltre, la varietà degli animali che vi è raffigurata fornisce importanti indicazioni sulla fauna che era possibile incontrare lungo le rive del fiume.
Nebamum è raffigurato molto più grande della moglie e della figlia: questo era un espediente per sottolineare la maggiore importanza di un personaggio. Nella mano destra tiene per le zampe tre uccelli che è riuscito a catturare.
Da un canneto di papiri si levano in volo alcuni uccelli, forse disturbati dal gatto, che sembra anch’esso impegnato nella caccia. Si distinguono poi diversi altri animali: oche, anatre, farfalle
Nebamum e la famiglia navigano su una piccola barca fatta di giunchi. Sotto di essa si vedono nuotare dei pesci (tra cui un pesce palla), mentre sulla superficie dell’acqua galleggiano fiori di loto.
Lo scriba Nebamum a caccia di uccelli a Sheikh Abd el-Qurna), 1350 a.C., affresco. Londra, British Museum.
La scritta in caratteri geroglifici descrive il soggetto del dipinto: «Nebamum si diverte e considera quanto è bella la vita nell’oltretomba».
Gli abiti della moglie di Nebamum e i gioielli che tutti indossano rivelano l’elevato ceto sociale al quale apparteneva la famiglia.
La figlia di Nebamum con la mano sinistra cerca di raccogliere dall’acqua un fiore di loto, mentre con la destra si tiene alla gamba del padre per non cadere in acqua.
PALEOLITICO
30000 - 10000 a.C.
PITTURA
• Pitture rupestri
SCULTURA
• Statuette dette
«veneri»
ARCHITETTURA
• Grandi costruzioni in pietra NEOLITICO
10000 - 4000 a.C.
MenhirDolmenCromlech Nuraghe
Lo scopo dell’arte è magico, rituale e propiziatorio.
LE PRIME MANIFESTAZIONI ARTISTICHE
L’arte ha una funzione religiosa e celebrativa ed è al servizio del potere dei sovrani.
MESOPOTAMIA (Sumeri-Babilonesi-Assiri)
4000 a.C. - 6° sec. a.C.
ARCHITETTURA
• Grandi palazzi
• Templi
• Ziggurat
SCULTURA
• Bassorilievi
• Stele
PITTURA
• Terracotta smaltata
EGITTO
4000 a.C. - 6° sec. a.C.
ARCHITETTURA
• Piramidi
• Templi
SCULTURA
• Statue colossali
• Sfingi
• Obelischi
PITTURA
• Scene religiose o di vita quotidiana su pareti o su papiri
1. Completa il seguente brano cerchiando l’alternativa corretta. Le prime manifestazioni artistiche risalgono al [Paleolitico / Neolitico]. Sulle pareti delle grotte erano dipinte o incise scene di [vita quotidiana / caccia]. Nelle grotte sono state ritrovate anche [colossali / piccole] statue dette «veneri», che erano simbolo di fertilità. Nel Neolitico i menhir e [gli obelischi / i dolmen] indicavano luoghi di sepoltura, mentre i [cromlech / nuraghi] indicavano luoghi sacri.
Le civiltà nate in Mesopotamia e in Egitto svilupparono grande abilità nell’architettura e nell’arte figurativa. La ziggurat è l’edificio tipico della Mesopotamia: sulla sua cima sorgeva il [palazzo del re / tempio]. Gli antichi Egizi costruirono splendidi [templi / palazzi] per gli dèi e tombe alte fino al cielo per i faraoni, chiamate [nuraghi / piramidi]. L’interno delle tombe egizie era dipinto con uno stile che [non cambiò / cambiò spesso] nel corso dei secoli.
2. Osser va le immagini, associa ciascuna opera al suo nome e indica se si riferiscono all’arte preistorica, mesopotamica o egizia.
3. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
Sarcofago di Tutankhamon
Porta di Ishtar
Nuraghe di Barumìni
Stendardo di Ur
Obelisco di Luxor
Graffiti della Valcamonica
Pitture rupestri di Chauvet
1. L’arte dei primi esseri umani aveva una funzione magica e religiosa.
2. Nelle pitture e nelle incisioni rupestri non compare mai la figura umana.
3. Il cromlech di Stonehenge era probabilmente un osservatorio astronomico.
4. La Porta di Ishtar era la porta di accesso alla città di Ninive.
5. Il palazzo del re assiro Assurbanipal era coperto di rilievi che celebravano le sue imprese.
6. Le piramidi sono tombe rupestri.
4. Come dipingevano gli Egizi? Osser va bene l’affresco, quindi rispondi alle domande.
• In quale posa venivano rappresentate le figure umane?
• Che cosa hanno inventato gli Egizi per rappresentare i personaggi secondo precise proporzioni?
• Per quale tipo di edificio veniva realizzato un affresco come questo?
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
Un volto enigmatico
La Sfinge, imponente statua monolitica eretta a protezione dell’accesso al tempio nella necropoli di Giza, è frutto della raffinata genialità egizia. La colossale costruzione (misura circa 20 metri di altezza, 19 di larghezza e 73 di lunghezza) è stata scolpita nella sporgenza di una roccia, un unico grande blocco di pietra calcarea, e rappresenta un essere zoomorfo: ha corpo di leone e testa umana. Il viso, misterioso, impenetrabile, dal sorriso enigmatico, riproduce probabilmente i lineamenti idealizzati del faraone Chefren. Il massiccio corpo leonino, dalle lunghissime zampe anteriori, sebbene privo di armonia e proporzionalità, simboleggia il potere del sovrano.
PER SAPERNE DI PIÙ
1. Intorno alla Sfinge sono sorte molte leggende e miti: scoprili facendo una ricerca sul web.
2. Nel linguaggio comune il termine «sfinge» ha un particolare significato. Sai dire qual è e da che cosa è stato originato?
, 2590 a.C., pietra
Osserva e rifletti
1. Alle spalle della Sfinge ci sono le tombe dei faraoni. Da ciò puoi dedurre che le finalità dell’opera erano (puoi scegliere più di una risposta): funerarie decorative celebrative esortative
2. La Sfinge ha una posa (puoi scegliere più di una risposta): statica solenne dinamica composta
3. Quali elementi propri della raffigurazione del faraone puoi individuare nel volto della Sfinge?
Disegna come i pittori egizi
Il reticolato che vedi nella pagina è simile a quello che impiegavano i pittori egizi per calcolare le misure delle figure che dovevano riprodurre. Utilizzando lo stesso metodo di questo antico popolo e seguendo le indicazioni fornite sotto, prova anche tu a realizzare il disegno di una figura umana.
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Traccia sul foglio quadrettato il disegno a matita del soggetto scelto, rispettando il canone che hai studiato. Copialo con la carta da lucido e riportalo sul foglio bianco.
Crea ora l’effetto del papiro stendendo con un pennello grande sul foglio bianco un velo d’acqua in cui hai preventivamente sciolto una goccia di caffè.
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Procurati i seguenti materiali: foglio da disegno quadrettato, foglio da disegno bianco, carta da lucido, matita, riga, fotografia con persone, caffè, colori acrilici, pennelli, pennarello indelebile nero e bianco.
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Quando lo sfondo è asciutto, procedi a colorare le figure con gli acrilici rosso, bruno, giallo, verde, blu e oro. Infine, con un pennarello indelebile nero, rifinisci i contorni delle figure tracciando una linea decisa. Puoi arricchire la composizione inventando pittogrammi e geroglifici da inserire ai lati del tuo disegno.
L’arte nel mondo greco
III millennio a.C.
Nascita della civiltà minoica a Creta
ARTE MINOICA
1700 a.C. Palazzo di Cnosso
XV sec. a.C.
Invasione di Creta da parte dei Micenei
ARTE MICENEA
1500 a.C. Profilo di donna micenea
XII sec. a.C.
Crollo della civiltà minoica
1300 a.C.
Porta dei leoni a Micene
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XI sec. a.C.
Crollo della civiltà micenea
VIII sec. a.C. Nascita delle póleis in Grecia
VII-VI sec. a.C. ETÀ ARCAICA
Fine IV-Fine I sec. a.C. ETÀ ELLENISTICA
585 a.C. Kouros 190 a.C. Nike di
447-432 a.C. Partenone
VI-IV sec. a.C. ETÀ CLASSICA 445 a.C. Doriforo di Policleto
350 a.C. Teatro di Epidauro
Entrare nell’arte... greca
Nel cuore del Mediterraneo...
Intorno al 2500 a.C. nell’isola di Creta, importante snodo per i traffici commerciali nel bacino del Mediterraneo, nacque la civiltà cretese (o minoica). Verso il 1450 a.C. Creta fu invasa dai Micenei (o Achei), abitanti del Peloponneso. La fusione fra le tradizioni dei conquistatori con quelle dei Cretesi diede origine alla civiltà micenea. L’egemonia degli Achei ebbe fine intorno alla metà del XII secolo a.C. dopo il quale, nel periodo noto come Età arcaica sorsero in Grecia ricche e potenti città-stato (póleis) come Sparta, Atene e Corinto, dove fiorì la civiltà greca. La cultura dei Greci si propagò anche nelle colonie fondate soprattutto in Sicilia e nell’Italia meridionale, che prese il nome di Magna Grecia (Grande Grecia).
CHIAVI di LETTURA
I principali centri della civiltà greca.
1 Le civiltà dei re: Creta e Micene
Le testimonianze più importanti dell’architettura cretese e di quella micenea sono costituite dai palazzi: grandi edifici che esprimono la centralità della figura del sovrano.
Metaponto Paestum
Mar Tirreno
Selinunte Agrigento
Mare Adriatico Mar Ionio
Crotone Peloponnneso
Principali centri della: civiltà cretese
civiltà micenea
Grecia classica
Magna Grecia
Grecia ellenistica
Mar Nero
Pergamo Pella Delfi Olimpia
Micene Pilo
Mar Egeo
Corinto
Epidauro
Tirinto Argo Sparta
Mar Mediterraneo
Creta
Cnosso Malia Festo Atene
2 La ricerca dell’equilibrio
Il tempio è l’edificio che più di tutti rappresenta la civiltà dell’antica Grecia. Rispecchia nella sua architettura la ricerca del perfetto equilibrio nelle misure e nelle forme.
sec. a.C.
3 L a bellezza delle forme
Gli scultori greci dell’Età classica erano alla ricerca continua della bellezza e della perfezione nelle proporzioni. Le sculture, per lo più in bronzo, ritraevano divinità, eroi mitici, scene di guerra e atleti impegnati in gare sportive.
Guerriero di Riace, V sec. a.C. Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale.
... la grande civiltà della Grecia antica
La civiltà greca raggiunse il massimo splendore intorno al V secolo a.C. e in tutte le città vennero costruiti templi, teatri e altri edifici pubblici ornati con statue di divinità o di atleti. Alle manifestazioni artistiche si accompagnarono anche la fioritura della letteratura, delle scienze naturali, della filosofia, degli studi matematici... Il centro più significativo della civiltà greca fu la pólis di Atene, dove sono rimaste alcune fra le testimonianze più importanti di un’arte che raggiunse una perfezione tale da essere considerata un modello da seguire per molti secoli. Alla fine del IV secolo a.C. le póleis greche furono sottomesse da Alessandro Magno e nei secoli successivi si andò affermando la civiltà ellenistica, che vide il diffondersi dell’arte e della cultura della Grecia anche nelle regioni dell’Asia fino al fiume Indo.
a vita e le storie dipinte sui vasi
Le pitture che decorano i vasi greci riproducono sia soggetti di carattere mitologico sia scene di vita quotidiana. I pittori tendevano all’eleganza delle forme, alla propornelle figure e alla riproduzione fedele della realtà.
Creta: la civiltà dei palazzi
Le città-palazzo nell’isola di Minosse
Intorno al 2500 a.C. sull’isola di Creta, nel cuore del Mediterraneo, sorse una civiltà conosciuta anche come «minoica», dal nome del leggendario re Minosse. Era caratterizzata dalla presenza di grandi palazzi (si parla addirittura di «città-palazzo») che comprendevano, oltre alla dimora del sovrano, anche luoghi di culto, magazzini dove erano stivate le riserve di cibo, botteghe e semplici abitazioni. Il palazzo cretese era dunque un centro politico, economico, religioso e in esso si svolgevano tutte le attività più importanti della comunità.
I Cretesi erano dediti soprattutto all’agricoltura e ai commerci e pare fossero pressoché estranei alle attività militari: a differenza delle altre grandi civiltà antiche, quella cretese era del tutto pacifica. Anche per questo motivo i palazzi erano privi di mura difensive e si aprivano verso l’esterno con eleganti colonnati o giardini pensili.
Il Palazzo di Cnosso: un labirinto di splendore
Grandi palazzi sorsero in diverse parti dell’isola di Creta; i più importanti erano a Cnosso, Festo e Manlia, ma il più famoso e meglio conservato è quello di Cnosso, costruito a partire dal 1700 a.C.
Nel corso dei secoli successivi, l’edificio venne progressivamente ingrandito fino a raggiungere una superficie di oltre 20 000 m2. Intorno al cortile centrale si snodavano i numerosi edifici, tutti collegati l’uno all’altro con colonnati, corridoi, scalinate che seguivano le irregolarità del terreno.
La civiltà dei palazzi continuò a prosperare fino al 1450 a.C. circa, quando fu stroncata da un violento maremoto che sconvolse l’isola di Creta provocando il crollo di molti edifici.
Al cataclisma seguì poi l’invasione dell’isola da parte dei Micenei.
Ingresso all’ala est, 1550-1450 a.C. Creta, Palazzo di Cnosso.
Il mito del Minotauro
Secondo un mito antico, il re Minosse aveva fatto costruire a Creta un grande e inestricabile labirinto nel quale rinchiudere il Minotauro, una creatura mostruosa dal corpo umano e dalla testa di toro. Il Minotauro si cibava di carne umana e per nutrirlo venivano sacrificati ragazzi e ragazze provenienti anche da alcune città della Grecia continentale, come Atene. La parola labirinto deriva da lábrys, l’ascia bipenne simbolo del potere regale; labrynthos era il luogo in cui era esercitato quel potere, quindi il palazzo del re. Possiamo dunque dedurre che il mitico labirinto del Minotauro non fosse altro che l’intricato Palazzo di Cnosso.
La scoperta di Cnosso
Iresti del Palazzo di Cnosso furono scoperti nel 1900 dall’archeologo inglese Arthur Evans, che guidò le operazioni di scavo fino al 1935. In realtà, il palazzo era già stato riportato quasi completamente alla luce nel 1905, grazie all’opera di centinaia di sterratori e archeologi. Nei trent’anni successivi, però, Evans proseguì nell’opera di restauro degli edifici, talvolta decidendo per soluzioni non condivise dagli studiosi di oggi. Scelse ad esempio di ripristinare e completare gli affreschi, dei quali restavano solo alcuni frammenti, con criteri che lasciavano ampio margine alla creatività dei restauratori. La ricostruzione del Palazzo di Cnosso, così come la conosciamo oggi, è ancora in larghissima parte quella che fece Evans un secolo fa e permette di farsi un’idea di quello che doveva essere l’immenso complesso di edifici.
Una vasta parte del palazzo era occupata dai magazzini. Su un ampio spiazzo si aprivano poi le botteghe e i laboratori degli artigiani.
Il cortile centrale era il cuore del palazzo. In esso si svolgevano le celebrazioni religiose più importanti e le manifestazioni sportive, che spesso avevano anch’esse un valore religioso.
Sul cortile centrale si affacciava l’edificio che accoglieva la sala del trono e altri ambienti di rappresentanza.
Sul lato sud vi era un monumentale ingresso che introduceva agli edifici più importanti.
Sul cortile centrale si aprivano anche gli edifici dedicati al culto. Il più grande era un tempio strutturato su tre livelli
Le abitazioni si aprivano sull’esterno con logge, porticati e giardini pensili. Le colonne erano per lo più di colore rosso o nero e avevano una struttura molto semplice: prive di base, si allargavano leggermente verso l’alto.
Creta: la civiltà dei palazzi
L’arte, specchio di una civiltà elegante
I colori e lo stile della pittura cretese
L’abilità pittorica degli artisti cretesi è testimoniata dai dipinti rinvenuti nelle sale del Palazzo di Cnosso. In tutti sono state impiegate tinte vi vaci ed è assente la prospettiva: il senso di profondità viene reso in modo efficace attraverso un uso sapiente dei colori, benché privi di sfumature. Le pitture cretesi sono anche caratterizzate da una grande eleganza e da una straordinaria raffinatezza. Tutto sembra evocare uno stile di vita sereno.
I dipinti di Cnosso colpiscono anche per il loro stile naturalistico. Animali e piante sono riprodotti in modo semplice e lineare, ma al tem po stesso con una straordinaria cura dei particolari, come i delfini e i pesci affrescati su una parete dell’Appartamento della regina.
Oggetti raffinati
Raffinatezza e cura dei dettagli caratterizzano anche i prodotti dell’ ficeria, le decorazioni del vasellame e le statuette votive in ceramica smaltata, uniche testimonianze giunte fino a noi della scultura cretese.
COMPETENTI IN ARTE
Nel rappresentare la figura umana i Cretesi mostrano alcune somiglianze con l’arte egizia. Qui puoi vedere il Principe dei gigli, un dipinto (molto ricostruito) rinvenuto nel Palazzo di Cnosso e risalente al XIV secolo a.C.
Confronta l’immagine con le raffigurazioni egizie alle pagine 30-35.
Individua poi somiglianze e differenze riguardo a:
• particolari anatomici (gli occhi, la forma degli arti e del busto...);
• colori impiegati;
• acconciatura, ornamenti;
• senso del movimento.
Brocchetta di Gurnià, XVI sec. a.C., ceramica. Heraklion, Archaeological Museum.
Delfini (frammento proveniente dal Palazzo di Cnosso, Appartamento della regina), XVI sec. a.C. ca., affresco. Heraklion, Archaeological Museum.
Dea dei serpenti, XVI sec. a.C. ca., ceramica smaltata, h 34,5 cm. Heraklion, Archaeological Museum.
La tauromachia
no dei dipinti più famosi rinvenuti a Cnosso è quello che riproduce la tauromachia, cioè la lotta con il toro. Si tratta di una sorta di gioco sacro che veniva eseguito durante alcune cerimonie religiose: prevedeva un abile esercizio di agilità con il quale giovani atleti (uomini e donne) si lanciavano contro l’animale superandolo con un balzo. Questa consuetudine conferma l’importanza attribuita al toro, animale sacro riprodotto spesso nei dipinti, negli elementi architettonici e in oggetti di vario tipo. Il dipinto della tauromachia che vediamo in questa pagina ci consente di osservare, oltre ad alcune caratteristiche della pittura cretese, altri interessanti particolari. Da notare, ad esempio, la differenza dei colori impiegati per raffigurare gli uomini e le donne: i primi con un colore scuro (perché la loro vita si svolgeva prevalentemente all’aperto), le seconde con un colore quasi bianco (perché vivevano soprattutto all’interno delle case). Inoltre, la presenza di ragazze ammesse a questi giochi fa intuire che nella società cretese le donne godevano di un trattamento molto simile a quello riservato agli uomini.
aso per uso rituale con testa di toro (proveniente dal Palazzo di Cnosso), XVIII-XV sec. a.C., steatite con elementi di cristallo di rocca, madreperla e dorature. Heraklion, Archaeological Museum.
Una ragazza afferra il toro per le corna, rallentandone i movimenti.
Con un salto acrobatico un ragazzo si afferra al dorso del toro e si dà una spinta per un ulteriore balzo per superare l’animale.
Un’altra ragazza si trova alle spalle del toro, pronta ad accogliere il giovane per agevolarne l’arrivo a terra.
Pur nell’eleganza della figura, le gambe flesse della ragazza suggeriscono lo sforzo che sta compiendo per trattenere l’animale per le corna.
Il fondo del dipinto è completamente azzurro: come altri dipinti cretesi, la scena non è inserita in un contesto preciso.
Il salto del toro (proveniente dal Palazzo di Cnosso), XVI sec. a.C., affresco. Heraklion, Archaeological Museum.
L’arte micenea
Le città-fortezza di un popolo guerriero
Se i palazzi cretesi si caratterizzavano per l’assenza di mura difensive, alcune delle più importanti città sorte nella Grecia continentale, al contrario, presentavano una struttura simile a una fortezza. Gli Achei, costruttori e abitanti di queste città, erano un popolo di guerrieri e spesso i vari centri urbani nei
Abitazioni riservate al ceto aristocratico dei guerrieri e agli artigiani.
Disegno ricostruttivo della città di Micene.
quali vivevano erano in lotta l’uno contro l’altro. L’esempio meglio conservato di queste città-fortezza è offerto da Micene, dove tra il 1400 e il 1100 a.C. si sviluppò la civiltà conosciuta come «micenea». Presentano lo stesso impianto urbanistico anche Tirinto, Argo e Pilo.
Palazzo del re con la sala del Mègaron (fuoco sacro).
Mura «ciclopiche»
A causa delle loro imponenti dimensioni (erano alte fino a 12 metri e avevano uno spessore di 6 metri), si credeva che fossero state edificate dai Ciclopi, i giganti dei quali narra la mitologia greca.
Alla città si accedeva attraverso una porta monumentale: la Porta dei leoni. Questo ingresso prende il nome da due leoni (o leonesse) scolpiti nella grande lastra di pietra triangolare alta circa 3 metri che sovrasta la porta.
Le tombe a thólos
Tipica dell’architettura micenea è la tomba a thólos (cupola), così chia mata per la caratteristica cupola conica. La tomba ha infatti una circolare che si sviluppa verso l’alto, con file di pietre concentriche sovrapposte l’una all’altra fino a ottenere la forma di un cono
La sepoltura a thólos più famosa è il cosiddetto Tesoro di Atreo appena fuori le mura di Micene. Costruita verso la metà del XV sec. a.C., deve il suo nome al re Atreo, mitico costruttore della rocca di Micene e padre di Agamennone, il re protagonista della conquista di Troia da parte degli Achei.
I corredi funerari
Dalle nove tombe a thólos rinvenute poco distante da Micene e dalle sepolture reali che si trovano nel grande recinto circolare vicino all’ingresso della città, sono emersi i reperti più significativi dell’arte micenea: maschere funerarie in oro, coppe ornate con bellissimi rilievi, armi impreziosite con intarsi in materiali preziosi, gioielli di vario tipo...
Tra i manufatti più famosi dell’arte micenea vi è la maschera fune raria attribuita ad Agamennone, ma che in realtà ritrae il volto di un sovrano vissuto almeno 300 anni prima. Come altri preziosi manufatti micenei, la maschera è lavorata con la tecnica dello sbalzo: la lamina d’oro veniva modellata attraverso battitura su una scultura in legno che riproduceva le fattezze del defunto, per essere fissata sul drappo che rivestiva il corpo.
XVI sec. a.C., oro a sbalzo, diametro 20,5 cm. Atene, Museo Archeologico Nazionale.
Il Tesoro di Atreo
LIl drómos che conduce al Tesoro di Atreo (o Tomba di Agamennone), XV sec. a.C. Micene.
a tomba, che presenta la tipica struttura a thólos, era scavata nel fianco di una collina e coperta da un tumulo di terra. Ad essa si accedeva attraverso una porta preceduta da un corridoio esterno, chiamato drómos. L’ambiente circolare del thólos era destinato a contenere il corredo funerario del defunto, il cui corpo era deposto in una piccola camera laterale.
L’eredità della civiltà cretese a Micene
I guerrieri achei avevano sottomesso i Cretesi, ma assimilarono o conservarono alcuni aspetti importanti di quella civiltà, che è possibile ritrovare soprattutto nelle manifestazioni artistiche. Tracce dei contatti con la cultura minoica sono riscontrabili nei dipinti rinvenuti nelle case delle città micenee, che rispecchiano in pieno lo stile cretese, sia per la raffinatezza dei tratti, come pure per la scelta dei colori e per la ricerca del naturalismo. Anche i soggetti rappresentati richiamano spesso i miti e le credenze dei Cretesi: in particolare sono frequenti i temi legati alla figura del toro, animale al quale la civiltà minoica attribuiva grande importanza.
COMPETENTI IN ARTE
Nella figura della donna che regge nelle mani dei ramoscelli, in un dipinto ritrovato in una casa di Micene, è possibile individuare affinità con gli stessi soggetti raffigurati nei palazzi cretesi, in particolare nel profilo del volto e nell’acconciatura. Nel palazzo di Tirinto, invece, è stato rinvenuto un affresco che illustra una caccia al cinghiale. I cani e il cinghiale sono dipinti con sorprendente naturalismo e anche il senso del movimento e i colori impiegati rimandano a modelli tipici dell’arte minoica.
• Confrontando queste immagini con quelle alle pagine 46 e 47 è possibile cogliere in maniera ancora più efficace le somiglianze tra la pittura minoica e quella micenea. Provate a individuarle.
• In piccoli gruppi, svolgete una ricerca su internet e cercate altre opere d’arte pittorica risalenti alla civiltà minoica e a quella micenea. Quindi individuate i tratti comuni presenti.
Coppa in oro rinvenuta in una tomba di Micene raffigurante una caccia al toro, XV sec. a.C. Atene, Museo Archeologico Nazionale.
Caccia al cinghiale, 1350 a.C. ca. Atene, Museo Archeologico Nazionale.
Un
«dilettante» alla scoperta della mitica città di Troia
Non sempre le grandi scoperte archeologiche sono dovute agli studiosi: in alcuni casi sono frutto addirittura del caso, oppure della passione e dell’intraprendenza di alcune persone. È questo il caso di Heinrich Schliemann (1822-1890), un ricco mercante tedesco che, appassionatosi alle vicende e ai personaggi raccontati nell’Iliade e nell’Odissea, a partire dal 1871 si dedicò completamente alla ricerca dei luoghi citati nei due poemi omerici.
Basandosi sui racconti di Omero, egli compì una serie di scavi nei luoghi che dovevano essere stati teatro della guerra di Troia, finché riuscì a individuare i resti dell’antica città nell’attuale Turchia presso la collina di Hissarlik, nome che in turco significa «fortezza», dove erano presenti tracce di antiche fortificazioni. Gli scavi di Schliemann rivelarono che Troia si trovava veramente in quel luogo e che la città era stata distrutta e ricostruita ben nove volte fra il III millennio a.C. e l’epoca romana. Egli si convinse di avere trovato i resti della città omerica al secondo strato, dove furono rinvenuti preziosi gioielli che volle identificare come il «Tesoro di Priamo».
Un tratto delle mura del sesto strato degli scavi, quello cui si riferiscono i resti della città omerica di Troia, narrata nell’Iliade e nell’Odissea.
Un orecchino rinvenuto negli scavi di Troia, erroneamente attribuito al Tesoro di Priamo e risalente a un periodo compreso fra il 2600 e il 2022 a.C.
In seguito, però, si capì che quelle rovine risalivano a un periodo compreso fra il 2600 e il 2450 a.C.: circa un millennio prima degli eventi narrati da Omero. Altri indizi, invece, portarono a identificare la città di Priamo con i resti corrispondenti al sesto strato. Schliemann morì prima di potere iniziare gli scavi che gli avrebbero permesso di portare alla luce la città che fin da ragazzo aveva sognato di vedere, ma ebbe comunque il merito di aver dimostrato che Troia era veramente esistita e che gli eventi narrati da Omero erano collocabili in un contesto storico e geografico ben preciso. Tutto il sito archeologico è oggi Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Sempre animato dalla stessa passione e dallo stesso interesse per gli eroi omerici, Schliemann compì altre esplorazioni nel territorio della Grecia, che condussero alla scoperta di Micene, del palazzo di Tirinto e di altri importanti centri micenei. Nei suoi scavi, egli fu affiancato da archeologi di professione, ma le intuizioni più importanti e decisive furono le sue, che era sicuramente un dilettante e un autodidatta, ma con un grande amore per la storia e per la cultura greca.
Una ricostruzione dell’antica città omerica di Troia.
Agli dèi Atena e Poseidone era dedicato il tempio che conteneva la cella del mitico re attico Erettèo (da cui prende il nome). Composto da due edifici addossati l’uno all’altro, presenta sul lato rivolto verso il Partenone la Loggia delle Cariatidi, con caratteristiche colonne a forma di figure femminili.
L’arte della Grecia classica
La città, specchio della vita politica
L’evoluzione dell’architettura e della struttura delle città greche si andò evolvendo di pari passo con le profonde trasformazioni di natura politica. A partire dall’VIII secolo a.C., infatti, si formarono in Grecia e lungo le coste dell’Asia Minore (l’attuale Turchia) diverse città-stato indipendenti (in greco pólis, al plurale póleis).
Molte di queste città non erano più rette da un sovrano, ma da un regime democratico nel quale il governo era affidato ad assemblee di cittadini. Il centro della vita politica non era quindi il palazzo del re, ma la piazza (agorá) nella quale i cittadini si incontravano e prendevano le decisioni più importanti.
Statua di Atena, protettrice della città.
Un piccolo edificio vicino all’Erettèo custodiva la tomba di Cècrope, il mitico fondatore di Atene.
All’acropoli si accede attraverso i propilei («davanti all’ingresso»): un monumentale portico preceduto da una scalinata che separava l’area sacra dal resto della città.
Disegno ricostruttivo dell’acropoli di Atene.
L’acropoli, centro religioso
Sull’acropoli, la parte più alta della città, sorgevano gli edifici dedicati ai culti religiosi, tra i quali il più importante era il tempio intitolato alla divinità protettrice della pólis.
Nei pressi dell’acropoli generalmente sorgeva anche il teatro, nel quale si svolgevano rappresentazioni alle quali partecipavano tutti i cittadini. Altri importanti luoghi di aggregazione erano le palestre e lo stadio, situato nella parte bassa della città e nel quale si svolgevano gare sportive talvolta in onore degli dèi.
Atene: il modello della pólis greca
Tra tutte le città-stato greche, Atene fu quella che ebbe lo sviluppo politico e culturale più significativo. È infatti ad Atene che si consolidò la più importante forma di democrazia e fu sempre là che nel periodo del suo massimo splendore, tra il VI e il IV secolo a.C., si ebbe una straordinaria fioritura culturale. In quel periodo, la cosiddetta Età classica, furono realizzati meravigliosi capolavori, molti dei quali sono giunti fino a noi.
Atene fu il punto di riferimento politico, culturale e artistico per molte póleis. La testimonianza più importante e suggestiva di quella stagione della vita politica ateniese è la stessa acropoli della città, i cui edifici erano, già nell’antichità, un modello per tutta la Grecia.
Il Partenone è il tempio più importante dell’acropoli. Dedicato alla dea Atena Parthénos («vergine»), protettrice della città, è l’edificio meglio conservato. Venne fatto costruire da Pericle, che governò Atene nella seconda metà del V secolo a.C., nel luogo in cui sorgeva un altro tempio dedicato ad Atena, distrutto da un’invasione dei Persiani nel 480 a.C.
Il piccolo tempio dedicato ad Atena Níke («vittoriosa») è il primo edificio che attrae l’attenzione di chi arriva in cima alla strada che porta all’acropoli. Ricorda l’egemonia politica e militare acquisita da Atene su gran parte della Grecia.
Il tempio
Il simbolo della civiltà greca
Il tempio è l’edificio più rappresentativo della civiltà greca. Che fosse costruito su un’acropoli, oppure parte di un santuario che comprendeva anche altri edifici dedicati a una divinità, rispondeva sempre a modelli architettonici precisi rimasti pressoché invariati nei secoli e che verranno poi ripresi dai Romani.
Come presso altre civiltà antiche, il tempio era per i Greci la casa della divinità: al suo interno, il luogo più sacro era la cella (naós) che custodiva la statua del dio. Il perfetto equilibrio nelle proporzioni e l’attenzione al suo inserimento armonioso nell’ambiente circostante erano tratti caratteristici dell’architettura del tempio greco.
L’architrave, generalmente liscio, e il sovrastante fregio, generalmente decorato con bassorilievi, costituiscono la trabeazione del tempio e sorreggono il frontone e il tetto.
Il frontone è composto da un timpano triangolare, normalmente decorato con sculture ad altorilievo e a tutto tondo, contornato da una cornice
Alla sommità del frontone era posta una statua o un’altra scultura decorativa chiamata acrotèrio.
Il tetto era sostenuto da travi in legno e coperto da tegole. Era l’elemento più fragile del tempio, soggetto a crolli, incendi e a un veloce deterioramento.
Le colonne sono l’elemento portante della struttura. Sono costituite da un fusto cilindrico che può essere scanalato e terminano alla sommità con un capitello che sostiene l’architrave.
Il prònao è la parte del portico antistante l’ingresso della cella.
Lo stilobate è la base del tempio sulla quale si innalzano le colonne e i muri della cella.
L’antefissa è un elemento decorativo in terracotta dipinta collocato lungo la linea di gronda del tetto.
Disegno ricostruttivo del Partenone.
All’interno della cella si trovava la statua (o simulacro) della divinità alla quale era dedicato il tempio. In genere si trattava di una scultura di grandi dimensioni, che poteva essere composta di diversi materiali: marmo, avorio, oro...
Tempio di Hera, VI sec. a.C. Paestum.
Fidia, Atena Parthénos, II sec. d.C., copia romana dell’originale in marmo del V sec. a.C., h 100 cm. Atene, National Archaeological Museum.
Dell’originale, andato perduto, rimangono solo copie di epoca romana assai più piccole.
Le sculture in marmo che ornavano i templi, o che erano esposte nelle piazze o in altri edifici, non erano completamente bianche, come siamo abituati a vederle noi oggi, ma erano dipinte con colori vivaci, che il tempo ha del tutto cancellato. Nel disegno che raffigura una ricostruzione del frontone orientale del Partenone è possibile farsi un’idea di come dovevano presentarsi le statue a tutto tondo che lo ornavano e che con i loro colori creavano bellissimi effetti di contrasto con il bianco delle cornici e delle colonne. Il frontone raffigurava la nascita di Venere dalla testa di Zeus. Delle sculture, andate quasi completamente perdute, sono rimasti alcuni frammenti.
La pianta del tempio andò evolvendosi nei secoli. Da semplice cella con due colonne antistanti l’entrata, si arricchì di un portico a quattro colonne, poi di un doppio portico e, infine, di un colonnato che circondava la cella anche con una doppia fila di colonne.
Gli stili architettonici
La struttura del tempio greco rimase invariata per molti secoli, sempre rispettando criteri di armonia e simmetria dell’insieme, nella costante ricerca delle proporzioni ideali. Alcuni elementi che lo compongono hanno tuttavia subito variazioni significative. Nel tempo si andarono sviluppando tre stili (o ordini) architettonici, che presero il nome dai popoli che abitavano la Grecia: il dorico (introdotto dai Dori), usato a partire dall’VIII secolo a.C., lo ionico (caratteristico degli Ioni), sviluppatosi nel VI secolo a.C. nelle regioni dell’Asia Minore, e il corinzio, comparso nella città di Corinto alla fine del V secolo a.C. e diffusosi soprattutto nei secoli successivi.
Lo stile dorico
È lo stile più antico e più semplice.
Colonne: lisce o scanalate che si allargano verso il basso e prive di base; il fusto poggia direttamente sullo stilobate.
Architrave: liscio.
Fregio: ornato con metope (lastre quadrate o rettangolari scolpite) intervallate da triglìfi (lastre scanalate).
Il capitello dorico è privo di decorazioni, con abaco ed echino.
Lo stile ionico
Mostra una maggiore raffinatezza rispetto allo stile dorico.
Colonne: con scanalature più fitte e sottili; maggiormente slanciate, si allargano meno verso il basso e hanno una base tra il fusto della colonna e lo stilobate.
Architrave: diviso in due o tre fasce.
Fregio: continuo, decorato con delle sculture.
Il capitello ionico è decorato con due volute laterali.
Lo stile corinzio
È lo stile più elaborato, derivato da quello ionico.
Colonne: con scanalature e sottili come quelle ioniche, ma in genere hanno fusto più alto; anche la base può essere più elaborata.
Architrave: diviso in tre fasce.
Fregio: continuo, in genere senza sculture.
COMPETENTI IN ARTE
Per i Greci, così come per i popoli mesopotamici e quelli egizi, il tempio era un edificio molto importante e diffuso.
• Individua quali sono le differenze dei templi greci rispetto a quelli mesopotamici ed egizi riguardo a struttura, collocazione e funzione.
• Inserisci i seguenti termini in corrispondenza degli elementi della trabeazione: metopa, cornice, triglifo, architrave.
Il capitello corinzio è riccamente decorato con almeno una doppia fila di foglie d’acanto.
IL NOSTRO PATRIMONIO
La Valle dei Templi ad Agrigento
Una valle e il suo splendore
La Sicilia è l’area dell’Italia meridionale che conserva le testimonianze più imponenti della civiltà greca fiorita nella Magna Grecia. Tra queste, un posto di primo piano è occupato dalla Valle dei Templi che si trova nei pressi di Agrigento, dal 1997 inserita nell’elenco dei siti Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
L’antica Akragas (da cui deriva Agrigento) venne fondata nel 580 a.C. da un gruppo di coloni greci provenienti dalle isole di Rodi e di Creta. La città si estendeva su un’area piuttosto vasta, circondata da possenti mura: la stessa area è conosciuta con il nome di «Valle dei Templi», a motivo dei numerosi e imponenti edifici religiosi che si sono conservati fino a oggi e che sorgevano proprio a ridosso della cinta muraria, così da fornire alla città una sorta di protezione religiosa. Questi edifici sono costruiti con una pietra che alla luce del sole acquista tonalità dorate e che li fa apparire luminosi anche nei giorni più grigi. L’effetto è tanto soprendente che lo scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), nella sua opera intitolata Viaggio in Italia, di fronte allo spettacolo offerto dai templi di Agrigento scrisse: «Mai ho visto in tutta la mia vita uno splendore di primavera come stamattina al levar del sole».
SAPEVI CHE...
Il tempio mai costruito e il gigante Telamone
Vi è un tempio, ad Agrigento, di cui restano solo poche rovine. Non perché sia crollato, ma perché non fu mai costruito e quel poco che è rimasto può solo far pensare a che cosa avrebbe dovuto essere. Si trattava di un tempio dedicato a Zeus, che avrebbe dovuto avere dimensioni enormi: doveva essere alto 30 metri (come un palazzo di 10 piani) ed essere visibile anche dal mare. Il basamento sul quale avrebbe dovuto sorgere è una gigantesca piattaforma rettangolare grande 57 x 110 metri (quasi come un campo da calcio) e cinque alti gradini dovevano servire a isolare l’edificio e a proiettarlo verso il cielo. A dare l’idea della grandezza di quello che, se fosse stato costruito, sarebbe stato il più grande monumento dorico dell’Occidente, è rimasta una statua gigantesca alta 7,65 metri (l’originale si trova al Museo Archeologico di Agrigento) che insieme ad altre analoghe doveva ornare il tempio. Raffigura Telamone, personaggio della mitologia greca amico di Eracle (o Ercole). Statue come queste (dette appunto «telamoni») erano impiegate a scopo decorativo come colonne. Tuttavia, non è sicuro che il Telamone di Agrigento dovesse avere questa funzione.
Il tempio della Concordia
Ad Agrigento si trova il tempio greco meglio conservato tra quelli giunti fino a noi: è il tempio della Concordia. Si tratta di un edificio in stile dorico costruito intorno al 430 a.C. che, incredibile a dirsi, un tempo doveva essere dipinto di bianco nelle colonne, di blu e rosso nel timpano e nel fregio.
Il motivo per il quale questo tempio si è conservato molto meglio di altri è che nel VI secolo d.C. venne trasformato in una chiesa cristiana e come tale risparmiato da saccheggi e distruzioni che colpirono gli altri edifici sacri. Tra una colonna e l’altra vennero innalzati dei muri e furono anche costruite delle arcate al suo interno, ma si trattò di modifiche tali da non alterare la struttura originaria, la quale, una volta smantellata la chiesa, riemerse intatta.
Telamone, copia dell’originale conservato nel Museo Archeologico di Agrigento risalente al 480-470 a.C.
Un capitello di quello che avrebbe dovuto essere il tempio di Zeus: la grandezza può dare un’idea delle proporzioni che avrebbe dovuto avere.
La triste sorte del tempio di Giunone
Il tempio di Giunone, anch’esso in stile dorico, venne costruito forse poco prima del tempio della Concordia. Era dedicato alla dea Era Licina (sposa di Zeus e conosciuta dai Romani con il nome di Giunone) e pare che al suo interno si svolgessero i matrimoni. Oggi appare piuttosto malandato, ma in origine era un edificio maestoso, con sei colonne di larghezza e tredici di lunghezza e si suppone che avesse un tetto completamente in marmo (solitamente i tetti erano in legno).
Secondo lo storico Tito Livio, nel II secolo a.C. il console romano Quinto Fulvio Flacco ordinò di togliere il tetto e di usare il marmo per costruire un altro tempio. Pentitosi poi della sua decisione, ordinò di ripristinare il tetto, ma i costruttori romani si rivelarono meno capaci rispetto a quelli greci di sei secoli prima e non riuscirono a rifare la copertura.
Il tempio della Concordia, 430 a.C. ca., domina la piana circostante la Valle dei Templi.
Il teatro
Il pubblico si disponeva sulla gradinata all’interno della cavea. In prima fila vi erano dei seggi in pietra riservati alle persone più importanti.
Due corridoi laterali consentivano l’ingresso e l’uscita dal teatro.
Gli attori recitavano sul proscenio, dietro il quale vi era la scena, una struttura in legno o in pietra spesso decorata con pannelli mobili su cui erano dipinti soggetti utili a contestualizzare la storia che veniva rappresentata.
L’orchestra era occupata dal coro, che recitava parti importanti delle tragedie e delle commedie greche, talvolta accompagnato da musicisti o danzatori.
Non solo svago
Ai piedi della cavea vi era un altare dedicato al dio Diòniso, protettore delle attività teatrali.
Il teatro ricopriva una grande importanza nella vita dei Greci e agli spettacoli assistevano gratuitamente tutti i cittadini. Non si trattava solo di un momento di svago; piuttosto, le rappresentazioni teatrali (tanto le tragedie quanto le commedie) avevano un altissimo valore formativo e culturale. Negli spettacoli venivano messi in scena gli eroi e le divinità della tradizione, riproponendo di volta in volta i miti intorno ai quali si era andata costruendo l’identità comune dei popoli greci che vi ritrovavano le proprie radici culturali e religiose. Per questo ogni pólis, come aveva un tempio dedicato alla divinità protettrice, aveva pure il proprio teatro, che doveva essere sufficientemente grande per accogliere un pubblico numeroso. Spesso era collocato vicino ai luoghi di culto.
Unità 2 • L’arte nel mondo greco
Vedere e ascoltare
I teatri greci erano strutture di forma semicircolare, generalmente scavate nel fianco di una collina. La loro forma era tale da consentire a tutti gli spettatori di vedere senza difficoltà ciò che veniva rappresentato e ascoltare chiaramente quanto dicevano i personaggi.
Il teatro più famoso fin dall’antichità e meglio conservato fino a oggi è quello di Epidauro, costruito intorno alla metà del IV secolo a.C. Nonostante la grandezza (può accogliere fino a circa 14 000 persone!), le proporzioni sono perfette e l’acustica è tale da permettere di percepire persino i sussurri degli attori fino all’ultima fila della gradinata in alto. Un fatto incredibile, in assenza di amplificazione, dovuto, oltre alla conformazione del teatro stesso, anche al tipo di pietra calcarea impiegata.
A ogni personaggio la sua maschera
Nell’antica Grecia la recitazione teatrale era riservata ai soli uomini
Gli attori indossavano una maschera con le sembianze del personaggio rappresentato: donna, schiavo, vecchio, ragazzo ecc.
Le maschere servivano anche a comunicare, con le loro espressioni, i diversi stati d’animo: nelle commedie erano buffe o grottesche, mentre quelle indossate per le tragedie esprimevano dolore o disperazione. Erano costruite con materiali diversi (sughero, legno e persino terracotta), dipinte e spesso completate con una parrucca.
La bocca era spesso un grande foro che fungeva da megafono per agevolare l’acustica.
L’evoluzione della scultura greca
Le prime sculture a tutto tondo
La scultura greca si caratterizza per la continua ricerca della bellezza e dell’armonia delle forme, soprattutto nella raffigurazione a tutto tondo del corpo umano, che arrivò a essere ritratto in modo sempre più perfetto e naturale.
Per raggiungere i risultati di perfezione, che sono stati definiti «classici», furono necessari diversi secoli e le sculture in marmo più antiche giunte fino a noi testimoniano questa evoluzione.
La lenta evoluzione del kouros: alla ricerca della perfezione
Questo kouros presenta forme poco aggraziate: la testa appare piuttosto squadrata, il corpo è massiccio con una muscolatura imponente.
Nell’Età arcaica, compresa tra il VII e il VI secolo a.C., prevaleva il modello del kouros (kore al femminile), un giovane ritratto nudo e in piedi che ricorda molto da vicino le statue egizie. La sua posizione infatti è statica e il volto ha lineamenti idealizzati.
Nel corso degli anni e nei diversi territori del mondo greco, la produzione di kouroi si modificò però verso forme sempre più armoniche.
Polimede di Argo, Bitone, 585 a.C. ca., marmo, h 216 cm. Delfi, Archaeological Museum.
Il kouros rinvenuto ad Anavyssos, in Attica, è di qualche decennio posteriore. La figura è più proporzionata e le forme sono più morbide e aggraziate
Kouros di Anavyssos, 530-520 a.C. ca., marmo, h 194 cm. Atene, National Archaeological Museum.
Questa kore è coperta dal chitone, una tunica lunga fino ai piedi. Il corpo è quasi del tutto nascosto e la cura dei particolari si concentra sull’acconciatura e sulle pieghe della veste
Kore, 520 a.C. ca., marmo, h 182 cm. Atene, Acropolis Museum.
Dalla rigidità alla naturalezza
Fin dall’Età arcaica, le statue presso i Greci avevano prevalentemente funzione di carattere religioso. Si trovavano nei templi, oppure nelle tom be o nei santuari dove si svolgevano manifestazioni sportive panelleni che (che coinvolgevano cioè tutte le città della Grecia), come ad esempio le Olimpiadi che si celebravano nel santuario di Zeus a Olimpia. I soggetti giore frequenza sono di e personaggi legati ai diversi
Nei templi le sculture trovavano posto soprattutto nei frontoni (dove erano eseguite a tutto tondo) e nei fregi (dove invece erano realizzate con la tecnica del bassorilievo).
Tra il VI e il V secolo a.C. le figure abbandonano la rigidità tipica dell’Età arcaica, acquistando maggiore plasticità e dinamismo. I corpi e le espressioni dei volti iniziano a essere caratterizzati da una spiccata naturalezza e i panneggi degli abiti danno un più realistico senso del volume.
Auriga di Delfi, 478-474 a.C., bronzo, h 180 cm. Delfi, Archaeological Museum.
es con il piccolo (proveniente dal Tempio di Hera a Olimpia), 400-326 a.C. ca., marmo, h 213 cm. Olimpia, Archaeological Museum. Questa statua è uno dei rari esemplari di
della scultura greca
Policleto, Doriforo (proveniente da Pompei), II-I sec. a.C., copia romana in marmo da originale in bronzo del 445 a.C. ca., h 212 cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.
La statua originale in bronzo, andata perduta, ci è nota per le numerose copie in marmo fatte in epoca romana.
La conquista della perfezione
Verso la metà del V secolo a.C. gli scultori greci arrivarono a definire un nuovo canone per la raffigurazione del corpo umano. Il modello della bellezza ideale venne individuato nel corpo dell’uomo giovane, poco più che adolescente, del quale erano messi in evidenza con cura i particolari anatomici
Il canone di Policleto
La scultura che esprime l’ideale della perfezione dell’Età classica è il Doriforo («portatore di lancia») dello scultore Policleto (attivo tra il 460 e il 420 a.C. circa).
Secondo Policleto, l’altezza del corpo doveva essere pari a otto volte quella della testa. L’altezza del viso, a sua volta, doveva essere tre volte quella del naso. Oltre a queste misure, poi, tutti i particolari della muscolatura dovevano essere ripresi con estrema naturalezza e i movimenti del corpo resi in modo armonico.
COMPETENTI IN ARTE
Quello di Policleto è il secondo canone che incontriamo. Qui ti riproponiamo quello usato dai pittori e dagli scultori egizi, che hai avuto modo di conoscere a pagina 31.
• Confrontalo con quello di Policleto: quali differenze puoi riscontrare?
Il volto non esprime sentimenti e non lascia trasparire lo sforzo. Prevale un senso di bellezza e di armonia
Un discobolo perfetto
La statua del Discobolo dallo scultore Mirone
Atene tra il 480 e il 440 a.C. circa), è arrivata a noi in alcune copie in marmo di epoca romana. In questa pagina è riportata quella rinvenuta nella Villa Adriana, presso Tivoli, e conservata al British Museum di Londra. L’atleta vi è raffigurato mentre lentamente ruota su se stesso per raccogliere le forze necessarie a lanciare il disco. Nonostante lo scultore ritrag ga un momento preciso dell’azione compiuta dal discobolo, la statua esprime un smo e trasmette una straordinaria sensazione di movimento, che si può cogliere meglio se la si osserva da diversi punti di vista. Inoltre, essa testimonia in modo efficace la ricerca della fezione anatomica, della cui tendevano gli artisti greci dell’Età classica.
Il busto piegato in avanti si torce per raccogliere le forze necessarie a lanciare il disco. La muscolatura dorsale è riprodotta con precisione e, nonostante venga sottolineato lo sforzo fisico, il gesto è compiuto con grande eleganza.
L’arco descritto dalle braccia aperte e dalle spalle si completa con la gamba sinistra, che si flette formando un semicerchio. La ricerca dell’armonia si integra con quella della perfezione nelle misure e nelle forme.
Mirone, Discobolo (proveniente da Villa Adriana presso Tivoli), II sec. d.C., copia romana in marmo da originale in bronzo del 480-440 a.C. ca., h 170 cm. Londra, British Museum.
I muscoli addominali sono descritti con grande realismo anatomico, sottolineando la torsione del busto.
SAPEVI CHE...
Bellezza, bontà e coraggio
La bellezza e l’armonia delle forme per i Greci erano strettamente legate a caratteristiche morali come la bontà e l’onestà. Bellezza e bontà, dunque, erano doti che si accompagnavano e la perfezione esteriore era una manifestazione delle qualità interiori. Anche il coraggio e l’eroismo trovavano espressione in statue che ritraevano guerrieri dal corpo perfetto, capace di trasmettere non solo la sensazione della forza fisica, ma anche un carattere determinato e fiero nell’affrontare il pericolo. È possibile trovare un esempio di questo aspetto della scultura greca nei Bronzi di Riace.
Le sculture in bronzo
Accanto all’evoluzione nella tecnica rappresentativa, in Età classica si manifestò anche un’importante innovazione nell’uso dei materiali. I Greci, infatti, elaborarono una nuova modalità di lavorazione del bronzo che consentiva la realizzazione di statue di grandi dimensioni, ma vuote al loro interno e quindi più leggere. Con questa tecnica, detta della fusione a cera persa, sono stati scolpiti anche i due guerrieri di Riace. Il lavoro consisteva nel creare inizialmente una statua in creta, detta «anima», dotata di un’armatura al suo interno. La scultura era cotta in forno e poi ricoperta di cera. Con questa operazione si dava forma definitiva alla figura, perciò era richiesta una particolare attenzione e molta cura per i dettagli. Successivamente si applicavano dei tubicini, o «sfiatatoi», dei chiodi di sostegno e un ulteriore strato di creta che lasciava liberi i buchi dei tubicini. La statua era quindi nuovamente cotta in forno e la cera, sciogliendosi, colava via lasciando vuota un’intercapedine fra i due strati di creta in cui sarebbe stato colato il bronzo fuso. Una volta raffreddata, la statua veniva liberata dall’«anima» in terracotta e levigata in superficie.
Portati a galla con un pallone
I Bronzi di Riace, universalmente riconosciuti tra i capolavori più preziosi dell’arte greca del V secolo a.C., sono stati trovati per caso il 16 agosto 1972 da un subacqueo dilettante che stava facendo immersioni nelle acque di fronte alla città calabrese di Riace. Attratto da un braccio che spuntava dal fondale marino a soli 8 metri di profondità, si accorse delle grandi statue che giacevano sepolte nella sabbia. Si poneva a quel punto il problema di come recuperare le sculture senza danneggiarle. Per riportarle a galla venne gonfiato un grosso pallone, al quale furono assicurate le statue liberate dalla sabbia. Fatto risalire lentamente in superficie, il pallone trascinò con sé prima l’uno, poi l’altro guerriero, permettendone il recupero. In seguito, furono necessari ben sette anni di lavoro per ripulire i due capolavori, prima a Reggio Calabria e poi a Firenze. Un ultimo restauro è stato compiuto fra il 2009 e il 2013.
Il laboratorio allestito all’interno del palazzo del Consiglio regionale della Calabria per l’ultimo restauro dei Bronzi di Riace.
Sulle braccia e sulle mani le vene sono descritte accuratamente.
La muscolatura è tonica e tesa, modellata con estrema precisione, immortalata nel momento che precede il movimento.
Guerrieri di Riace, V sec. a.C., bronzo, h 198 cm ca. ciascuno. Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale.
I Bronzi di Riace
Idue guerrieri in bronzo, risalenti al V secolo a.C., non solo rispettano nelle proporzioni i canoni dell’arte greca, ma riflettono nella serena fierezza dello sguardo le qualità di coraggio e di umanità che si trovano esaltate anche nelle opere letterarie degli antichi Greci.
È evidente il sostegno degli scudi sul braccio sinistro di ogni statua; è probabile la presenza di una lancia nella mano destra.
La sommità del capo non lavorata fa supporre la presenza di un copricapo.
La pittura greca
I dipinti perduti
I dipinti che ornavano gli edifici delle póleis greche sono andati quasi completamente perduti. Importanti tracce sono rimaste in pochi affreschi rinvenuti in alcune tombe scoperte a Paestum (città della Magna Grecia situata in Campania), risalenti al 480 a.C. circa.
Il ritrovamento più importante riguarda la Tomba del tuffatore, databile intorno al 470 a.C.: una sorta di grande cassa formata da lastroni in pietra e chiusa da un coperchio, il cui interno è completamente affrescato. La scena del tuffo (che richiama simbolicamente il passaggio nell’aldilà)
è dipinta sul coperchio, mentre le pareti interne rappresentano scene di un banchetto con danze e giochi.
La pittura vascolare
Per studiare la pittura greca è possibile anche basarsi su opere diverse dagli affreschi, come i vasi dipinti, dove i pittori usarono la stessa precisione e la stessa eleganza degli scultori nel descrivere le figure, unite alla medesima attenzione nel rendere gli effetti di movimento. Gli stili della pittura vascolare variarono nel corso del tempo.
Nell’Età arcaica (VII-VI secolo a.C.) inizialmente le decorazioni erano di tipo geometrico e le figure umane erano rappresentate in forma stilizzata. Più tardi le figure iniziarono a essere più curate e realistiche e comparirono temi tratti da racconti mitologici, scene di guerra, gare sportive, ma anche soggetti legati alla vita quotidiana. Queste scene erano dipinte usando un nuovo stile: colore nero steso sul fondo ocra della terracotta. Successivamente, dalla fine del VI secolo, prevalse ad Atene l’uso di coprire i vasi con un fondo nero, lasciando libero lo spazio di colore ocra destinato alle figure, che venivano poi rifinite con dei sottilissimi tratti di colore nero (stile ocra su fondo nero). In questo modo era possibile descrivere meglio i dettagli e anche imprimere un maggiore senso di profondità e movimento. I vasi greci avevano diverse forme, ciascuna delle quali era destinata a un uso preciso.
Il tuffatore (dalla copertura interna della Tomba del tuffatore), 470 a.C. ca., pittura su lastra calcarea. Paestum, Museo Archeologico Nazionale.
Anfora con motivi geometrici, 760 a.C., terracotta, h 155 cm. Atene, National Archeological Museum. Scena di banchetto (particolare dell’interno della Tomba del tuffatore), 470 a.C. ca., pittura su lastra calcarea. Paestum, Museo Archeologico Nazionale.
Exekias, Cratere con figure nere, VI sec. a.C. ca.
Città del Vaticano, Museo Gregoriano Etrusco.
Il vaso (fase delle figure nere su fondo ocra) raffigura
Achille e Aiace che giocano a dadi.
Il cratere era un vaso molto grande, usato soprattutto durante i banchetti per trasportare il vino, che veniva poi travasato nell’oinochoe (una brocca più piccola) per essere portato in tavola. I crateri si differenziavano a seconda del colore delle figure: prima nere su fondo ocra e nel periodo successivo rosse su fondo nero.
Eufronio, Cratere con figure rosse, 510 a.C. ca., h 45,7. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
Il vaso (fase delle figure rosse su fondo nero) raffigura la morte di Sarpedonte nella guerra di Troia.
Il kylix era una coppa usata per bere il vino, utilizzata dal VI fino al IV secolo a.C., quando venne sostituita dal cantaro.
Una coppa usata per bere nelle libagioni rituali era il ritone, che terminava con una decorazione a forma di testa di animale (spesso un toro) o di figura umana.
L’idria era un contenitore per liquidi dotato di tre anse; uguale funzione aveva anche l’anfora, che però aveva una pancia meno arrotondata e solo due anse.
L’ariballo era un contenitore piuttosto piccolo, destinato a racchiudere gli oli utilizzati dagli atleti per ungere il corpo prima delle gare, oppure i profumi usati dalle donne.
La pittura greca
Nike (proveniente da Samotracia), 190 a.C., marmo, h 295 cm. Parigi, Musée du Louvre.
Galata morente, I sec. a.C., copia in marmo da originale in bronzo del 230-220 a.C., 93 × 185 cm. Roma, Musei Capitolini.
Nella statua del Galata morente l’uomo appare sfinito, piegato dallo sforzo della battaglia e dalla ferita mortale infertagli nella parte destra del costato. Il volto e l’intera figura, a differenza dei modelli greci, esprimono la sofferenza per la sconfitta subita.
L’arte nell’Età ellenistica
La diffusione dei modelli greci
Fra il III e il I secolo a.C. l’arte greca si andò diffondendo soprattutto grazie alle conquiste di Alessandro Magno (356-323 a.C.), il re macedone che, dopo avere conquistato la Grecia, ingrandì il proprio impero sino ai confini con l’India. L’arte di questo periodo è chiamata «ellenistica», proprio a testimoniarne la derivazione diretta dalla Grecia, che in lingua greca si dice Elládes. Rispetto ai modelli dell’Età classica, l’arte ellenistica mostra alcune differenze importanti. Anzitutto, rivela una maggiore attenzione nel trasmettere le emozioni e i sentimenti. Alla perfezione dei corpi, dunque, si accompagna uno studio più approfondito dei gesti e delle espressioni dei volti, così da rendere in modo efficace le passioni, il dolore, il desiderio... Un’altra caratteristica tipica dell’arte ellenistica è il grande dinamismo che le figure riescono a esprimere, senza abbandonare l’armonia, l’esattezza delle proporzioni e l’eleganza tipiche delle statue greche.
La Nike di Samotracia
Nella Nike di Samotracia è particolarmente evidente la resa del movimento. L’opera ritrae la dea alata della Vittoria (Nike), nel momento in cui si posa sulla prua di una nave per annunciare ai soldati la vittoria imminente. Lo scultore ha fissato proprio l’istante nel quale il piede destro si appoggia, mentre la gamba sinistra è ancora sollevata. Si capisce che il volo della dea non si è ancora
Unità 2 • L’arte nel mondo greco
Laocoonte : la forza e la disperazione
Le caratteristiche della scultura ellenistica trovano piena espressione nel Laocoonte, un gruppo scultoreo che ci è giunto attraverso una copia marmorea di epoca romana. Questa imponente scultura, alta quasi 2 metri e mezzo, ritrae il momento drammatico in cui Laocoonte, sacerdote di Poseidone nella città di Troia, viene aggredito e ucciso insieme ai figli da due enormi serpenti marini. Il mito greco, tramandato dal poeta latino Virgilio nell’Eneide, narra infatti che Laocoonte subì questa sorte per aver tentato di convincere i Troiani a non introdurre il cavallo di legno ideato da Ulisse entro le mura di Troia. La dea Atena, che proteggeva gli Achei, impedì al sacerdote di raggiungere lo scopo facendo uscire dagli abissi i serpenti i quali prima aggredirono i ragazzi e poi il padre, che cercava di salvarli.
Agesandro, Polidoro, Atenodoro di Rodi, Laocoonte e i suoi figli, 40-30 a.C., copia romana in marmo da originale in bronzo del 150 a.C. ca., h 243 cm. Città del Vaticano, Musei Vaticani.
Il corpo di Laocoonte è possente e la sua grandezza è quasi sproporzionata rispetto ai corpi dei figli. I muscoli del corpo e la torsione del busto comunicano lo sforzo compiuto.
Sul volto del figlio più piccolo appare la sofferenza e l’abbandono alla morte.
I serpenti si avviluppano intorno alle figure, intrecciati tra loro tanto da non poterli quasi distinguere l’uno dall’altro. Il muso che addenta il fianco di Laocoonte mostra un’espressione di crudele voracità.
La composizione è fortemente dinamica. L’impressione del movimento è data soprattutto dalle contorsioni della figura di Laocoonte e dalle volute e intrecci dei serpenti intorno ai corpi.
Il volto di Laocoonte esprime il dolore per la fatica di liberarsi dalle spire del serpente e per i morsi che sta ricevendo. La bocca semiaperta accentua il senso di disperazione in questa lotta senza scampo.
Il figlio più grande cerca di liberarsi dal serpente che, dopo essersi attorcigliato intorno a lui, sta mordendo il padre. Nel suo sguardo ci sono invocazione di aiuto, sorpresa, incredulità. L’anatomia e i tratti del volto rispondono ai canoni greci della bellezza maschile
ARTE E CITTADINANZA
Andranno restituite?
Fin da tempi molto antichi le guerre hanno avuto tra i loro disastrosi effetti anche i saccheggi dei territori attraversati dagli eserciti. I bottini di guerra avevano lo scopo di arricchire i vincitori, ma a partire dal XVIII secolo si intensificarono le razzie di opere d’arte con l’obiettivo di incrementare le raccolte dei musei.
Il grande saccheggio
Molte sculture presenti anticamente ad Atene e in altri luoghi della Grecia sono andate perdute. Altre, invece, non si trovano più in Grecia. Quel che resta del frontone orientale del Partenone, per esempio, si trova al British Museum di Londra, insieme a una delle sei statue delle cariatidi che ornavano l’Erettèo (le altre cinque sono conservate nel Museo dell’Acropoli, mentre quelle che si trovano nella collocazione originale sono delle copie). Ma come ci sono finite? Il «merito», si fa per dire, è di Lord Thomas Bruce Elgin (1766-1841), diplomatico inglese che durante il suo servizio ad Atene pensò bene di trasferire in patria un certo numero di sculture presenti sull’Acropoli. Lord Elgin però non è stato il solo a fare man bassa dei tesori dell’antica Grecia, che sono finiti anche in altri musei, come il Louvre di Parigi o i Musei Vaticani Ma perché? Il grande saccheggio della Grecia avvenne soprattutto tra il XVIII e il XIX secolo, quando gli archeologi europei ottenevano facilmente permessi di compiere scavi e inviavano poi in patria il risultato delle loro scoperte. Lo stesso accadde anche in Egitto, dove archeologi e diplomatici arricchirono di reperti di ogni genere (dalle statue alle mummie) i musei dei loro Paesi.
Cariatide (proveniente dall’Erettèo sull’Acropoli di Atene), 415 a.C. ca. Londra, British Museum.
Napoleone: un «ladro seriale»
Anche le guerre contribuirono al trasferimento di opere d’arte da un luogo all’altro. Bottini di guerra ci sono sempre stati, ma il furto sistematico di opere d’arte per arricchire le raccolte dei musei nazionali è un fenomeno tipico degli ultimi secoli. In questo Napoleone I dimostrò un vero «talento»: durante le sue campagne di conquista di larga parte del continente europeo, trasferì in Francia una quantità incredibile di opere d’arte, finite quasi tutte al Museo del Louvre, che per l’occasione fu riorganizzato e chiamato Musée Napoléon. Gran parte di quelle opere si trovano ancora lì.
DIBATTITI DI CITTADINANZA
L’articolo 19 della Costituzione della Repubblica Italiana afferma che «La repubblica tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione».
DEBATE Nel corso della storia, molte collezioni e musei si sono formati con opere provenienti da altre nazioni. È giusto che in alcuni casi esse tornino al luogo di provenienza? Oppure le «razzie» avvenute in tempi ormai lontanissimi, in cui il valore del patrimonio storico artistico non aveva le connotazioni attuali, sono da considerare ormai «legittimate dalla storia»?
Dibattete sulla questione e, divisi in due gruppi, considerate le motivazioni relative alle opposte posizioni.
La Crocifissione di Luca Signorelli, trafugata dai nazisti, viene riportata in Italia per tornare alla Galleria degli Uffizi nell’agosto del 1944.
Nel 2014 l’attore e regista George Clooney realizzò un film, intitolato Monuments Men, che ricostruisce la vera storia di una squadra costituita dagli statunitensi con l’incarico di recuperare le opere d’arte trafugate dai nazisti.
Ai nostri giorni...
Anche Hitler ci ha provato...
Come Napoleone hanno fatto in molti. Adolf Hitler, che fra le sue tante deliranti aspirazioni aveva anche quella di creare a Berlino, capitale del suo Reich, il più grande museo del mondo, durante la Seconda guerra mondiale ordinò di trafugare opere d’arte in tutti i territori conquistati dall’esercito tedesco. Poiché nel corso dei primi due anni di guerra quasi tutta l’Europa cadde in mano a Hitler, è facile immaginare quello che accadde. Alle razzie compiute dai soldati si aggiunsero anche i beni sottratti agli ebrei, alcuni dei quali erano ricchi collezionisti. Quadri, sculture, capolavori di oreficeria furono nascosti in attesa di essere portati in Germania, ma l’avanzata delle truppe alleate impedì di portare a termine il progetto e quasi tutte le opere trafugate tornarono alle loro sedi originarie. Alcuni di questi tesori, però, furono deliberatamente distrutti dai Tedeschi durante la ritirata.
Da anni vengono avanzate ipotesi di restituzione delle opere d’arte trafugate in diversi luoghi nel corso degli ultimi secoli. Alcuni risultati in questo senso sono stati ottenuti: per esempio, varie sentenze giudiziarie hanno stabilito che le opere d’arte rubate dai nazisti agli ebrei devono essere restituite ai loro discendenti. Ugualmente, è stata decisa la restituzione dei beni trafugati dagli Inglesi nel 1897 durante la guerra nel Benin, in Africa, che sono finiti dispersi in una cinquantina di musei europei e nordamericani.
Ma che fare con i tesori razziati in tempi più antichi? Oppure con le opere d’arte vendute dai ladri che nei secoli hanno saccheggiato i siti archeologici, o uscite nei modi illegali più diversi da tanti Paesi? Come e a chi chiedere la restituzione?
Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch-Bauer I, 1907, olio su tela, 138 × 138 cm. New York, Neue Galerie. Il ritratto, trafugato dai nazisti, fu restituito alla nipote di Adele BlochBauer dopo una lunga battaglia legale alla fine degli anni Novanta. La vicenda è stata narrata dal regista Simon Curtis nel film Woman in Gold, del 2015.
CRETA
L’ARTE NEL MONDO GRECO
2500-1450 a.C. ca.
ARCHITETTURA
• Città-palazzo
SCULTURA
• Statuette votive: raffinatezza e cura nei dettagli
PITTURA
• Stile naturalistico, tinte vivaci
MICENE
1400-1100 a.C. ca.
ARCHITETTURA
• Città fortificate, mura ciclopiche, tombe a thòlos
SCULTURA
• Maschere funerarie
PITTURA
• Stile naturalistico e raffinato
NELLE PÓLEIS E IN MAGNA GRECIA
dall’8° alla fine del 1° sec. a.C.
ARCHITETTURA
• Templi di ordine: - Dorico - Ionico - Corinzio
• Teatri: all’aperto, di forma semicircolare
SCULTURA
• Età arcaica
7°-6° sec. a.C. kouros e kore, figure statiche
• Età classica
6°-4° sec. a.C. Canone di Policleto, bellezza ideale e proporzioni perfette
• Età ellenistica
4°-1° sec. a.C. Rappresentazioni realistiche, dinamiche ed espressive
PITTURA
• Pittura vascolare in tre stili:
- Geometrico
- Figure nere su sfondo rosso
- Figure rosse su sfondo nero
• Affreschi: testimonianze nelle decorazioni delle tombe
VERIFICA
1. Completa il seguente brano cerchiando l’alternativa corretta. Nel mondo greco si succedettero diverse civiltà. Abbiamo testimonianze artistiche della civiltà cretese, di quella micenea ma soprattutto dell’arte sviluppatasi in Grecia e nelle sue colonie a partire dal [V sec. a.C. / VIII sec. a.C.]. Quest’arte si è evoluta nel tempo ma [ha / non ha] mantenuto sempre la ricerca della perfezione e dell’armonia. In architettura troviamo tre stili, detti [canoni / ordini]. Sono il dorico, lo ionico e il corinzio: essi si differenziano soprattutto nell’aspetto [dei capitelli / dell’abaco] e nella decorazione [della facciata / del fregio]. In scultura, in Età arcaica la figura umana (kouros e kore) era rappresentata [in movimento / statica] e con lineamenti del volto [idealizzati / espressivi]; in Età classica [Policleto / Mirone] definì un canone, ossia delle regole per raffigurare il corpo umano con proporzioni perfette e armoniche; in Età ellenistica venivano rappresentati anche i gesti e le espressioni del viso che trasmettono sentimenti. La pittura greca si è conservata soprattutto nella decorazione [delle tombe / dei vasi di terracotta].
2. Indica con A gli elementi architettonici del tempio greco, con B quelli del teatro greco.
Orchestra Cavea Abaco Metopa Proscenio Triglifo Trabeazione
3. Osser va le seguenti immagini e scrivi accanto ad ognuna il numero corrispondente.
Nello spazio sotto, indica se fanno parte dell’arte cretese, micenea o greca.
1. Discobolo. 2. Il salto del toro. 3. Laocoonte e i suoi figli. 4. Partenone. 5. Bronzi di Riace. 6. Porta dei leoni. 7. Tesoro di Atreo. 8. Palazzo di Cnosso.
4. Osser va l’immagine del Tempio della Concordia di Agrigento, quindi rispondi alle domande.
• A quale stile architettonico appartiene il tempio? Da cosa lo deduci?
• Il fregio del tempio è composto da due elementi architettonici alternati. Quali sono? Elencane i nomi e descrivili.
LETTURA ATTIVA DELL’OPERA
L’altare di Zeus
Pergamo, situata in Asia Minore, era uno dei più importanti centri di arte ellenistica. Per celebrare la vittoria sui Galati (i Galli), tra il 166 e il 156 a.C., nell’antica città venne edificato un monumentale altare dedicato a Zeus Sotèr (Salvatore) e Atena Nikephòros (Portatrice di vittoria).
Sull’Acropoli venne costruito un imponente doppio altare. La parte esterna, di forma quadrangolare, conteneva il vero e proprio altare dedicato ai sacrifici per le divinità. Si accedeva all’altare salendo una maestosa gradinata che culminava con un doppio portico di ordine dorico. Sulla base esterna della struttura si sviluppava un grande fregio che, attraverso la tecnica scultorea dell’altorilievo, rappresentava una «gigantomachia» (lotta tra giganti), con grandi figure di combattenti e la vittoria di Zeus e Atena. Tutte le figure erano scolpite in sporgenza, così da evidenziare un forte volume e chiaroscuro. Ogni personaggio, descritto con estremo realismo, sembrava gridare il proprio dramma direttamente dalla pietra.
Quest’opera colossale rimase al tempo incompiuta. Oggi possiamo vedere la parte anteriore dell’altare ricostruita al Pergamonmuseum di Berlino.
Osserva e rifletti
1. Osserva bene l’opera: quali sono gli aspetti che ti fanno affermare che si tratta di stile ellenistico?
2. La cura dei dettagli è un’altra espressione della cultura ellenistica. Ritrovi questi aspetti nell’opera?
3. Le colonne del tempio presentano capitelli di quale ordine? Descrivile.
Osserva
e indica se le seguenti affermazioni sono vere o false
1. Le sculture in altorilievo permettevano di essere esposte meglio alla luce, generando un forte effetto di chiaroscuro. V F
2. La gigantomachia rappresenta una danza tra giganti. V F
3. I rilievi dei personaggi rappresentano un mirabile esempio di scultura arcaica. V F
4. I corpi sono possenti e ben modellati. V F
5. La lotta rappresentata nel grande fregio appare convulsa e drammatica. V F
Modellare un vaso greco
I vasi greci avevano diverse forme, ciascuna delle quali era funzionale a un uso particolare (come hai visto alle pagine 68 e 69).
Costruisci anche tu un vaso greco, per esempio un’anfora, con la tecnica del colombino, seguendo le indicazioni di seguito riportate.
Procurati i seguenti materiali: creta o pasta modellabile rossa, forbici, una spatolina per modellare, pennelli (di cui almeno uno molto sottile), pellicola trasparente, colori a tempera nero e ocra rossa.
Arrotola tra le mani la creta creando tanti piccoli cilindri (detti «colombini») di varie lunghezze e con diametro di 1 cm. Preparane quanti ne ritieni necessari a costruire il tuo vaso, coprendoli via via con la pellicola trasparente, perché non asciughino troppo.
Crea la base del vaso stendendo un cerchio piatto di creta (puoi definire la forma con un piattino per le tazzine da caffè). 1 4 2 5 3 6 7
Circonda la base con il primo colombino poi, inumidendo la creta, sovrapponi i colombini, allargando o stringendo la misura del diametro a seconda della forma che vuoi ottenere.
A mano a mano che sovrapponi i colombini, con la spatolina stendi delicatamente, dall’alto verso il basso, le superfici interne ed esterne del vaso e lascia seccare un po’ la creta.
Vaso con lottatori, VI sec. a.C., ceramica. Fiesole, Museo Archeologico.
Ricava poi due strisce di creta di 2 cm di larghezza e 15 di lunghezza, con uno spessore di 3 o 4 mm. Con queste forma le due anse dell’anfora, che applicherai ai lati del vaso inumidendo il materiale.
Quando la creta si sarà indurita, dipingi il vaso con un soggetto della mitologia greca. Usa una delle due tipologie di pittura degli antichi vasai greci: figure nere su fondo rosso o figure rosse su fondo nero.
L’arte etrusca e romana
VIII sec. a.C.
Fondazione delle principali città etrusche
ETRUSCHI
753 a.C.
Fondazione di Roma
509 a.C.
Inizio dell’Età repubblicana a Roma
VII-VI sec. a.C. Necropoli etrusche
V sec. a.C. Declino della potenza etrusca
490-470 a.C.
Banchetto nella
Tomba dei leopardi
V-IV sec. a.C. Chimera di Arezzo
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44 a.C.
Morte di Giulio Cesare
27 a.C. Inizio del Principato di Augusto
14 d.C.
Morte di Augusto. Inizio dell’Età imperiale
313 d.C. Editto di Costantino
395 d.C. Divisione dell’Impero romano
476 d.C. Caduta dell’Impero romano d’Occidente
Entrare nell’arte... etrusca e romana
Nella Penisola italica...
Fin da tempi molto antichi la Penisola italica era abitata da popolazioni diverse che hanno lasciato sul territorio testimonianze significative della loro cultura. Tra queste, una posizione di primo piano fu occupata dagli Etruschi, che a partire dall’VIII-VII secolo a.C. si organizzarono in fiorenti città-stato sparse dalla valle del Po fino alla Campania. Negli stessi anni nei quali si andava affermando la potenza etrusca, nel Lazio venne fondata la città di Roma (tradizionalmente la data della fondazione è il 753 a.C.).
Nel corso dei secoli successivi Roma riuscì a estendere il proprio dominio prima sulla Penisola italica, assorbendo di fatto le città-stato etrusche, poi in tutto il bacino del Mediterraneo e su una vasta parte dell’Europa continentale. La cultura dei Romani si diffuse in tutto il vasto impero, contribuendo anche a rafforzarne la coesione politica.
CHIAVI di LETTURA
L’Impero romano.
1 Gli Etruschi e la gioia di vivere
I dipinti rinvenuti nelle tombe degli Etruschi rivelano la gioia e la spensieratezza che dominavano il loro stile di vita. L’arte etrusca è quasi sempre finalizzata a esaltare la vita e a prolungarne la bellezza anche dopo la morte.
Oceano Atlantico
Londra
Lutetia (Parigi)
Lione Nimes
Segovia
Toletum (Toledo)
Massalia (Marsiglia) Tarquinia
Milano
Aquileia
Ravenna
Roma
Ercolano
Pompei
Sirmio
Efeso
Cartagine
Etruria, 750 a.C.
Confini dell’Impero romano alla sua massima estensione, 117 d.C.
2 Le grandi costruzioni dei Romani
Strade, ponti, anfiteatri, acquedotti e altre costruzioni testimoniano l’ingegno degli architetti romani, che seppero sfruttare al massimo le tecniche apprese da altri popoli e inventarne di nuove.
Acquedotto romano, I-II sec. d.C. Segovia.
Questo volume, sprovvisto del talloncino a fronte (o opportunamente punzonato o altrimenti contrassegnato), è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE, GRATUITO, fuori commercio (vendita e altri atti di disposizione vietati: art. 17, c. 2 L. 633/1941). Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d). Esente da bolla di accompagnamento (D.P.R. 6-10-1978, n° 627, art.4. n° 6).
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