Il giornalino di Gian Burrasca

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I Classici

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Il giornalino di

Gian Burrasca

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Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE,­ GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).

Giovannino Stoppani o, come tutti lo chiamano, Gian Burrasca, è il protagonista di una serie di avventure esilaranti e divertentissime, narrate sotto forma di diario. Scansafatiche per eccellenza, Gian Burrasca ne combina di tutti i colori: mette a segno terribili scherzi alla zia e alle sorelle, manda all’aria feste e matrimoni, organizza giochi di magia con sparatoria finale, getta scompiglio in famiglia… Dietro le monellerie di Giannino c’è però un bambino fantasioso, ricco di gioia di vivere, di spontaneità e di coraggio, che cresce in un mondo di adulti ipocriti e in una società rigida, gretta e lontana dai bisogni dell’infanzia. “Il giornalino di Gian Burrasca” è un capolavoro di spontaneità, immediatezza e ironia, un ritratto senza tempo dell’irrequietezza adolescenziale.

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IL LIBRO VA IN SCENA: • Allegato un fascicolo con la drammatizzazione del testo • Canzoni scaricabili gratuitamente da www.raffaellodigitale.it

Il giornalino di Gian Burrasca

Vamba è lo pseudonimo di Luigi Bertelli, scrittore e giornalista politico nato vicino Firenze nel 1860.

IL MULINO A VENTO .. Ciakc.ita! si rerecitare

Storie

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IL MULINO A VENTO

E 7,50 Libro + Allegato

IL MULINO A VENTO



IL MULINO A VENTO

IL MULINO A VENTO Per volare con la fantasia

IL MULINO A VENTO

IL MULINO A VENTO Collana di narrativa per ragazzi


Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Ufficio stampa: Salvatore Passaretta Team grafico: Letizia Favillo 1a Edizione 2013 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1

2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014

Tutti i diritti sono riservati © 2013 Raffaello Libri Srl Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.raffaelloeditrice.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@ilmulinoavento.it http://www.ilmulinoavento.it Printed in Italy

www.facebook.com/RaffaelloEditrice

È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di ­questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.


Vamba

Il giornalino di Gian Burrasca Adattamento

Elisa Cordioli Illustrazioni

Alice Rossi e Virna Mattrel

Riduzione teatrale e testi delle canzoni

David Conati



Gli scherzi in famiglia Su questa pagina ho incollato il foglio del calendario perché proprio oggi compio nove anni! Finora ho ricevuto in regalo: 1) Da mio padre una pistola per sparare al bersaglio.

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2) Da mia sorella Ada un vestito. Anche se non è un gioco devo aggiungerlo alla lista. 3) Da mia sorella Virginia una bellissima canna da pesca. 4) Da mia sorella Luisa un astuccio con le matite rosse e blu. 5) Da mia madre questo diario, che tra tutti è il regalo più bello perché ci posso scrivere ogni cosa che mi passa per la testa e che mi succede. Ho insistito tanto per avere anch’io un diario come le mie sorelle che passano ore a scrivere. Ma le ragazze cosa avranno di così importante da scrivere nei loro diari? Nel mio ho deciso che aggiungerò dei disegni, visto che sono piuttosto bravo. Comincerò con il mio ritratto.

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Per vedere cosa scrive Ada potrei dare una sbirciatina nel suo diario, e visto che è uscita con la mamma perché non approfittarne adesso? L’ho trovato subito nel cassetto della sua scrivania. E questa pagina la devo proprio copiare:

“Quel Capit ani è propr io vecchi o. Se non torna sse più sarei propr io contenta. La mamm a insist e che è molto ricco e se mi chiede sse di sposa rlo dovrei dire di sì. Ma siamo matti ? Più ci penso e più mi si spacca il cuore. Io amo il mio Alber to De Renzis… è vero, fa solo l’imp iegato ma a me piace molto . Semp re megli o di questo tizio che parla solo di camp i, vino e lavoro . E poi non sa propr io vestirsi”.

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Caro Diario, stasera, verso le otto è arrivato Adolfo Capitani. Ada ha ragione: è vecchio, enormemente grasso e tutto rosso. A un certo punto il pachiderma mi chiede con la sua voce sgraziata: “Cosa legge di interessante il nostro Giannino?” Io gli ho prestato il mio diario e lui si è messo a leggere ad alta voce. All’inizio tutti ridevano. Quando è arrivato alla parte di Ada lei si è messa a strillare e ha cercato di strapparglielo dalle mani, ma lui non ha voluto. Poi, serio e rosso in volto più del solito, mi ha chiesto perché avessi scritto tutte quelle sciocchezze. Gli ho risposto che non erano sciocchezze perché le avevo copiate direttamente dal diario di Ada. Sentito questo, il signor Capitani si è alzato, ha preso il cappello e se ne è andato senza salutare. Pensa, la mamma invece di arrabbiarsi con lui, se l’è presa con me mentre Ada piangeva come una fontana! Ecco cosa accade ad aiutare le sorelle maggiori! 21 settembre

Caro Diario, dopo ieri sera in casa sembrava che fosse morto il cane. Era ormai passato mezzogiorno ma nessun segnale di fumo arrivava dalla cucina. Così, visto che avevo una gran fame, ho preso tre panini, uva, fichi e con la canna da pesca nuova di zecca sono andato al fiume per mangiare in santa

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pace. A un certo punto, mentre pescavo, qualcosa ha iniziato a strattonare la lenza; mi sono sporto troppo e… pluff! Sono finito in acqua. Il mio primo pensiero è stato: “A casa saranno felicissimi! Gian Burrasca se ne va”. Io lo odio questo soprannome!

Mentre affondavo ero confuso e stavo andando sempre più giù quando due braccia mi hanno tirato a galla. Non riesco ancora a capire perché la mamma piangesse così tanto quando Gigi mi ha riportato a casa. Io stavo benissimo, ma nessuno mi ascoltava. Luisa mi ha messo a letto, Ada mi ha portato del brodo caldo e tutti si sono presi cura di me fino all’ora di cena. Prima di scendere mi hanno avvolto come un salame dentro a diversi strati di coperte e mi hanno raccomandato di non muovermi. Io però non riuscivo a stare fermo, così, appena tutti sono andati via, mi

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sono alzato, sono sceso in salotto e mi sono nascosto dietro la tenda. Mi sono addormentato quasi subito come un sasso e quando ho aperto gli occhi c’era Luisa seduta sul divano che bisbigliava con il dottor Collalto, mentre all’altro angolo della stanza Virginia strimpellava il piano. – Ci vorrà almeno un anno. Il dottor Baldi comincia a perdere colpi e mi ha promesso di farmi suo assistente. Ti dispiace aspettare, amor mio? – diceva il dottor Collalto. Luisa, tutta dolce, gli ha risposto: – Oh, no. E a te? E si sono messi a ridere entrambi. – Ma non lo dire a nessuno. Prima voglio essere sicuro – concluse Collalto. Appena finito di parlare, Luisa si è alzata proprio mentre entravano le sorelle Mannelli. Chiedevano di me, quando la mamma, bianca come un fantasma, si è precipitata in salotto urlando che in camera non c’ero. Allora, per tranquillizzarli, sono saltato fuori da dietro la tenda urlando. E tutti si sono spaventati. – Giannino, mi farai ammalare – si è lamentata la mamma. Luisa è diventata di tutti i colori e mi ha chiesto se era da tanto che ero lì dietro. – Certo! – ho esclamato. – Dite sempre che io devo essere sincero. Allora perché voi non lo siete? Perché non dici alle tue amiche che tu e il dottor Collalto vi volete sposare?

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Caro Diario, non lo avessi mai fatto: mia sorella mi ha portato fuori dalla stanza tirandomi per un braccio e minacciandomi di farmela pagare cara. Per fortuna si è messa in mezzo la mamma e mi ha mandato a letto. E ora sono qua. Buona notte. 6 ottobre

Finalmente sto un po’ meglio. Era ora. Mentre mi alzavo dal letto ho sentito Ada e Virginia che parlavano in corridoio, sono corso a spiare e ho scoperto che qui da noi ci sarà una festa. Virginia continuava a ripetere: – La festa riuscirà sicuramente, tanto Giovannino è ammalato! Ma io sono guarito! Così oggi, prima che Caterina mi portasse la merenda, ho deciso di farle uno scherzo. Mi sono nascosto dietro la porta con lo scialle nero della mamma sulla testa e quando lei è entrata sono saltato fuori abbaiando come un cane. Caterina ha lasciato cadere il vassoio, ha sporcato il tappeto, ha rotto la teiera e ha urlato talmente forte che sono arrivati tutti, anche papà. Come sempre mi hanno sgridato, allora ho preso una decisione: appena sto meglio scappo di casa, così imparano!

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7 ottobre

Caro Diario, oggi finalmente sono uscito dalla camera, anche se ero controllato a vista da Caterina. Appena lei mi ha lasciato da solo, dato che mi stavo annoiando da morire, mi sono intrufolato in camera di Luisa per cercare qualcosa da fare. Nella sua stanza ho trovato alcune foto che ritraevano dei giovanotti e mi sono divertito come un matto a leggere i commenti che c’erano scritti: “Un vero imbecille!” “Lui è carino davvero! Mi ha chiesto ma… fossi matta!” Ho deciso di tenermele perché quando finalmente uscirò potrei organizzare un bello scherzetto. Poi, dato che c’ero, mi sono messo i vestiti di Luisa e sembravo proprio una ragazza, così sono sceso in salotto per farmi vedere. Luisa non ha apprezzato e mi sono pure preso uno schiaffo per averle strappato la gonna.

E chi le capisce le donne? Pensa che mi ero messo pure un vecchio bustino di Ada, una gonna con lo strascico, altri vestiti di Luisa e ho mischiato tutto insieme. Devo dire che ero proprio bella, come ragazzina! A dire la verità, la gonna mi era un po’ stretta sulla vita e ho dovuto appuntarla con degli spilli. Poi ho pensato pure al trucco: mi sono unto bene le gote con una pomata color rosa come fanno le signore. Mi sono

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allora guardato allo specchio e adesso devo dire che non ero più io! Ero diventato una signorina bellissima! “Che invidia, che invidia avranno di me le mie sorelle” mi sono detto al colmo della contentezza. E invece… non ho ricevuto complimenti per la mia simpatica idea ma, come detto, solo sgridate e uno schiaffo perché avevo rotto qualche vestito. Come se i vestiti fossero tanto importanti!

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8 ottobre

Caro Diario, oggi sono andato a trovare tutti i tizi delle fotografie. È stato divertentissimo. Per primo sono passato da Carlo Nelli, nel suo negozio. Mi ha chiesto come stavo e come stavano le mie sorelle. Io gli ho mostrato il suo ritratto con la scritta “vecchio babbuino”, su cui, oltre al commento, Luisa aveva disegnato dei lunghi baffi e una bocca enorme. È diventato subito rosso come un peperone e mi ha detto: – Sei stato tu, mascalzone?! Io gli ho risposto di no, ho detto che la fotografia era nascosta in camera delle mie sorelle e sono volato via per paura di prenderle. Poi sono passato da Pietrino Masi. Ha i capelli rossi e il viso tutto butterato che assomiglia a una grattugia. È proprio brutto, poverino! – Ciao Giannino – mi ha salutato. – A casa stanno tutti bene? Mentre prendeva delle caramelle alla menta io gli ho allungato innocentemente la sua fotografia. – L’ho trovata in camera delle mie sorelle… – ho detto per gentilezza. Lui mi ha strappato la foto di mano ed è riuscito a leggere quello che c’era scritto dietro: “Ha chiesto la mia mano. Fossi matta!” È diventato bianco come un foglio e io sono fuggito via.

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Ma quello che mi ha fatto ridere più di tutti è stato Gino Viani. Quando gli ho dato la sua fotografia con la scritta: “Ritratto di un asino”, ha iniziato a piangere e a singhiozzare, dicendo con un filo di voce: – Noooooo. La mia vita è finita! Caro Diario, è proprio vero che dire la verità fa stare bene. Però è anche divertente. Buonanotte. 9 ottobre

Caro Diario, ci sono riuscite! Le mie sorelle hanno convinto la mamma: la festa ci sarà e si terrà tra due martedì. Ada, Luisa e Virginia hanno iniziato a fare l’elenco degli invitati. Naturalmente ci saranno tutti quelli a cui ho portato le foto con dedica. Figuriamoci se avranno voglia di ballare con le mie sorelle dopo aver scoperto cosa pensano di loro! Ci sarà da ridere. 12 ottobre

Caro Diario, da un paio di giorni, qui a casa non si parla d’altro che della festa. Ada, Luisa e Virginia continuano a chiacchierare tra di loro, tutte eccitate, sugli invitati, su cosa mettersi e su

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cosa preparare. L’altro ieri, però, dopo colazione, è arrivata zia Bettina. Questa zia, che viene a trovarci sì e no due volte all’anno, è ricchissima, ma si veste e si comporta come un cavernicolo. Appena arrivata, le mie sorelle hanno lasciato il salotto e con una scusa sono andate in un’altra stanza a parlare dell’arrivo inaspettato della vecchia “bacucca” (la chiamano proprio così). – Vecchia bacucca! – ha detto Ada con gli occhi pieni di lacrime. – Figuriamoci se non si fermerà! – Anzi, chissà come sarà contenta di aver l’occasione della festa per mettersi il suo vestito verde e i suoi guanti gialli e la cuffietta lilla – ha aggiunto Luisa disperata. – Io mi vergogno di presentare una zia così ridicola. Le mie sorelle non vogliono che la zia rimanga fino a martedì e secondo me hanno ragione. Dovevo fare qualcosa per sistemare le cose, soprattutto perché nel frattempo mi sono un po’ pentito di aver portato in giro le foto. Così ho deciso di parlare con zia Bettina. – Zia, se vuoi fare un regalo alle tue nipoti, devi andar via prima di martedì – le ho detto. – Perché Giannino? – Se vuoi farle contente, è meglio che alla festa tu non ci sia. Sei troppo vecchia e hanno paura di fare brutta figura. Però non dire a nessuno che te l’ho detto io. Loro saranno felici e tu avrai fatto un’opera buona.

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Avevo usato parole gentili e modi appropriati, eppure zia Bettina ieri mattina è andata via arrabbiata, facendo il solenne giuramento di non tornare più. E ha raccontato a tutti che sono stato io a consigliarglielo. Ma non è finita qui. Sembra che il papà le abbia chiesto in prestito dei soldi e lei, prima di uscire abbia sbuffato: – È una vera vergogna dare feste con i soldi degli altri! Che colpa ne ho io, se lei non ha mantenuto il segreto? E come sempre quelli che mi dovevano ringraziare mi hanno abbassato i pantaloni e me le hanno date di santa ragione. Ora non riesco più a stare seduto, il sedere mi fa male… Intanto, in casa continuano i preparativi della festa e io sono un po’ preoccupato per le fotografie. 15 ottobre

Caro Diario, siamo finalmente arrivati alla resa dei conti: il martedì della festa. Le mie sorelle mi hanno fatto una predica lunghissima, con le solite raccomandazioni di fare il buono, di non combinare nulla e di essere gentile con gli invitati. Tutte cose che già so, ma come sempre ho fatto finta di ascoltare. La casa è bellissima! Ci sono le luci accese e i fiori nei vasi che riempiono le stanze di profumi, ma io preferisco quelli che arrivano dalla tavola imbandita: ci sono enormi

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vassoi con montagne di pasticcini. Anzi... ora torno giù, altrimenti mi mangiano tutto. Le amiche sono arrivate puntualissime, ma di uomini nemmeno l’ombra. C’erano solo il dottor Collalto, fidanzato di Luisa, e il pianista, che alle nove ha iniziato a suonare. Le mie sorelle sembravano a una partita di tennis e continuavano a spostare lo sguardo dall’orologio alla porta, dalla porta all’orologio, dall’orologio alla porta. Alle dieci, finalmente, è suonato il campanello. Tutte si sono precipitate all’entrata, non sono entrati ragazzi; si è presentata Caterina con una busta. All’interno non c’era nessun biglietto o lettera di scuse ma una foto che le tre conoscevano molto bene. – Ma come mai? – ha commentato Luisa. – Ma come può essere? – ha aggiunto Ada. Le domande sono state interrotte da un’altra scampanellata e da un’altra foto. E da un’altra ancora e ancora. Ada, Luisa e Virginia sono diventate paonazze. Sentendomi in colpa, io ho iniziato a ingozzarmi di panini. Finalmente sono arrivati Ugo Fabiani ed Eugenio Tinti, festeggiati con tutti gli onori dalle ragazze. Secondo me sono venuti perché i commenti sulle foto erano gli unici positivi: “Troppo bello per essere vero!” E l’altro: “Che romantico!” Ma erano ancora pochi per accontentare le dame che volevano ballare. Io gironzolavo per la sala e intanto per il rimorso mi era passata la fame.

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Passando vicino a Luisa ho sentito che diceva piano al suo fidanzato che avrebbe voluto sapere chi era stato a fare quello scherzo tanto crudele. Collalto si è girato verso di me e mi ha squadrato severo. Io sono diventato rosso, poi blu. – Forse Giannino te lo potrebbe dire, vero? – ha dichiarato. Io avevo la gola secca mentre Luisa ha iniziato a fissarmi. – Forse… è stato il gatto – ho detto per difendermi. – L’altra settimana gli ho dato qualche foto per giocare e lui le avrà portate fuori. Luisa ha fatto due più due, però, prima che mi prendesse, sono corso in camera con le tasche piene di torrone. Ora mi infilo sotto le coperte e cerco di dormire, altrimenti quando tutti se ne saranno andati ho paura che stavolta me le suonano!

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Caro Diario, questa notte non sono riuscito proprio a dormire. Sono sicuro che stavolta me le canteranno! L’unico modo per evitare una sonora lavata di testa è scappare, e l’unico posto dove andare è da zia Bettina, in campagna. Il treno parte alle sei e ho tutto il tempo per arrivarci. 17 ottobre

Caro Diario, sono arrivato sano e salvo alla meta, ma che fatica! Dopo essere scappato, sono corso in stazione, deciso a seguire le rotaie fino al paese della zia. Il treno ci avrebbe messo circa tre ore e poi non avevo i soldi per il biglietto. Io, camminando svelto, sarei arrivato in campagna prima di sera. Arrivato in stazione, ho quindi aspettato la locomotiva e mi sono diretto in coda. L’ultimo vagone era vuoto e per fortuna anche nella guardiola dove solitamente c’è l’addetto ai freni non c’era nessuno. Non ci ho pensato due volte e sono saltato su come un gatto. Che posto! La mia posizione era leggermente più alta dei vagoni e mi permetteva di osservare il panorama. Inoltre, il vetro rotto del finestrino lasciava entrare il vento che mi solleticava il viso rendendo il viaggio piacevolissimo. A un tratto però il cielo è diventato nero e ha lasciato cadere secchiate d’acqua, accompagnate da un vento gelido e da tuoni.

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Insomma, caro Diario, non ero messo proprio bene. Ma il peggio doveva ancora arrivare. A un certo punto il treno si è infilato dentro le gallerie. Il fumo nero della locomotiva arrivava nel mio nascondiglio impedendomi di respirare e, una volta usciti, la pioggia fredda mi ha lavato la faccia. È stata un’esperienza bruttissima! Il fumo caldo mi ha avvolto completamente, gli occhi mi bruciavano tanto che ho pensato: “Qui ci lascio le penne”. Per lasciare un ricordo ho preso il diario e ho lasciato l’impronta della mano cercando di scrivere con un pezzo di carbone: “Muoio per la Libertà!” Non sono riuscito a finire la frase. La pioggia mi ha riportato alla realtà in tempo per scendere nella stazione giusta. Ho tentato di saltare giù, ma al posto delle gambe c’erano due ghiaccioli e così sono ruzzolato a terra come un sacco di patate. Due facchini mi hanno portato di peso nell’ufficio del capostazione, che però ha scoperto subito da dove venivo e dove stavo andando. Ho cercato di raccontare una bugia, ma ero nero come il carbone, coi vestiti rovinati e l’animo triste… Appena saputa la mia destinazione, il capostazione ha fatto chiamare zia Bettina e ha detto al controllore: – Fai una multa al ragazzo per aver viaggiato senza biglietto e all’interno di uno spazio riservato al personale. Tra le mille cose che avrei voluto rispondergli l’unica che sono riuscito a dire è stata:

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– Pagherò quello che c’è da pagare, ma potevate far riparare il vetro! Non avessi mai aperto bocca! Il capostazione ha mandato qualcuno a controllare la guardiola e appena ha saputo che il finestrino era rotto mi ha aumentato la multa incolpandomi del danno. Non ne potevo più, volevo andare dalla zia. Un facchino mi ha così portato da lei. La zia non mi ha nemmeno riconosciuto, credeva che fossi uno straccione, poi quando ha sentito la mia voce mi ha abbracciato piangendo: – Giannino mio, cosa ti è successo? – Zia – le ho risposto. – Sono scappato! La zia mi ha fissato per un paio di secondi, poi: – Scappato? E hai lasciato i tuoi genitori, le tue sor… E poi ricordando come era stata trattata ha aggiunto: – È naturale! Quelle ragazze farebbero impazzire un santo. Vieni Giannino, datti una sistemata e poi raccontami tutto con calma. A casa della zia, il tempo sembra essersi fermato. C’è sempre il vaso di dittamo sul davanzale e c’è Bianchino, il barboncino al quale la zia è molto affezionata. Dopo essermi ripulito e aver ascoltato una mezza predica, sono finito a letto perché avevo qualche linea di febbre. La stanchezza è arrivata quasi subito… e appena sveglio, eccomi qui a raccontarti tutto, visto che sei l’unico amico vero che ho.

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Questa mattina la zia se l’è presa per uno scherzo. Il fatto è che io non volevo farle nessun dispetto, ma un piacere. La zia è molto affezionata alla pianta di dittamo. Ogni mattina appena sveglia la innaffia e addirittura ci parla: – Ciao bello mio, eccoti un po’ d’acqua. Ooh, ma come sei cresciuto. Così ho pensato di farlo crescere più velocemente: ho svuotato il vaso e alla base della pianta ho legato un legnetto che passasse dal foro del vaso. Poi ho rimesso la terra e ho aspettato che la zia innaffiasse la sua pianta. Sul davanzale ho fatto passare il legno legato alla pianta e mi sono posizionato in attesa della zia.

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Dopo nemmeno cinque minuti la finestra si è aperta e zia Bettina ha dato il buon giorno al dittamo: – Buongiorno, mio caro, come stai? Ma guarda, hai una foglia rotta… è stato quel gattaccio? Dal mio nascondiglio sentivo tutto e aspettavo il momento adatto per agire, cercando di non farmi sentire visto che stavo ridendo. – Aspetta, aspetta. Ora prendo le forbici e ti tolgo la foglia altrimenti si secca e poi ti fa male. Appena se ne è andata ho spinto verso l’alto il bastoncino. – Eccomi da te. Ma… Il tono della zia è cambiato subito. – Ma… Ma… Mi sembri cresciuto! Io da sotto il davanzale continuavo a ridere cercando di trattenermi, mentre la zia continuava a potare la sua pianta. – Sì, sei proprio cresciuto. Se è merito dell’acqua fresca, te ne verso anche oggi, così crescerai di più… Appena la zia si è allontanata, io ho spinto in su il bastoncino facendo crescere di molto la pianticella. A un certo punto si è udito un tonfo. – Ah! Il mio dittamo! Zia Bettina per la sorpresa ha lasciato cadere la brocca mandandola in mille pezzi e ha esclamato: – Ma questo è un miracolo! Ferdinando mio, Ferdinando mio adorato. È forse il tuo spirito a far crescere la piantina che mi regalasti per la mia festa?

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Io ho spinto ancora più in su la pianta. La zia vedendo la pianta crescere si è messa a urlare: – Oh! Ah! È un miracolo! Il problema è che ho spinto troppo e il vaso si è rovesciato cadendo a terra e rompendosi: così sono stato smascherato! Appena ho alzato gli occhi verso la finestra la zia era lì con un’espressione da far paura. – Sei stato tu! La zia è sparita, ricomparendo immediatamente alla porta con un bastone. Io ho iniziato a correre e mi sono nascosto sopra un albero. Tornato a casa, ho trovato la zia in salotto che parlava con il postino di due telegrammi arrivati per lei. Entrambi erano di mio padre. La zia ha detto che a casa erano molto preoccupati per me e con tono severo mi ha annunciato: – Ho scritto a tuo padre che venga a prenderti col prossimo treno. Appena l’uomo se n’è andato ho cercato di sistemare le cose scusandomi dell’accaduto. – Vergognati! Prendere in giro tua zia. Cercando di tirare acqua al mio mulino ho aggiunto: – Cara zia, scusa ancora. Ma non sapevo che dentro al dittamo ci fosse lo spirito di quel tale Ferdinando. Zia Bettina è sbiancata e poi ha detto balbettando: – Zitto, zitto! Mi prometti di non dire a nessuno quello che hai sentito?

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– Sì zia, te lo prometto. – Bene, allora non ne parliamo mai più. Cercherò di mettere una buona parola con tuo padre. *** Sto pranzando in salotto mentre zia Bettina si sfoga con la moglie del contadino: – È un demonio! E finirà male. E tutta questa confusione solo perché ho giocato con i figli della signora allo zoo. L’idea è nata pensando alla gita con mio padre al circo e al fatto che due operai vicino alla casa della zia stavano dipingendo l’abitazione del contadino con della vernice rossa e verde. Angiolino, che è il figlio del contadino, è un ragazzo che ha quasi la mia età, non ha mai visto il mondo e per questo mi ascolta sempre a bocca aperta. Allora gli ho proposto di allestire lo zoo del circo. – Voglio vedere anch’io – ha esclamato Geppina, la sua sorellina. – Anch’io – ha aggiunto Pietrino, un bimbo di due anni e mezzo che sa solo gattonare. – Va bene – ho risposto. – Ma servono le vernici degli operai. – Nessun problema – ha detto Angiolino. – Ora sono in paese.

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Mentre gli altri ci aspettavano, noi siamo andati a prendere colori e pennelli. Tornando, ho preso dal cortile della zia anche Bianchino, il cane della zia. – Cominceremo dal leone! – ho esclamato legando al collare del barboncino una corda e fissandola a un carro che era lì vicino. In pochissimo tempo è diventato tutto rosso. – Veramente, il leone è di colore arancione. Ma va bene anche così – ho detto per rendere più vera la mia decisione. – E ora la tigre! Poco distante c’era una pecora e, mescolando insieme il rosso e verde, ho creato una tinta adatta per disegnarle una pelliccia a macchie. Le ho dipinto anche il muso, ma non aveva nulla a che fare con la tigre vista al circo, le mancava l’aggressività. Mentre osservavo la mia opera ho sentito un grugnito. – Avete anche un maiale? – ho chiesto ad Angiolino. – Sì, ma è piccolino… Ed è andato a prendere un porcellino tutto rosa e grassottello. Mi sono chiesto: “Con questo cosa ci si potrebbe fare?” – Ci facciamo un leofante! – ha proposto il mio amico. – Vorrai dire un elefante! – gli ho risposto ridendo. – Ma dovete sapere che gli elefanti sono enormi, hanno una proboscide e io non saprei come farla. Tutti mi hanno guardato in modo strano. – E che sarà mai questa proboscide, Giovannino?

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Quando ho iniziato a spiegare che il naso dell’elefante ha diversi utilizzi, come alzare le cose, mangiare le noccioline, spruzzare i bambini che al circo gli fanno i dispetti, tutti e tre hanno detto che era impossibile che esistesse un animale del genere e si sono messi a ridere a più non posso. Che brutta cosa non essere andati mai per il mondo! – Con il porcellino ci faremo un coccodrillo – ho proposto poi. Sul carro avevo visto una vecchia coperta e così l’ho legata alla pancia dell’animale e arrotolandola su se stessa ho fatto la coda. Con il colore verde ho dipinto il maiale tramutandolo in un coccodrillo meraviglioso. Dopo aver legato il “coccodrillo” al carro, mi è venuta l’idea di fare la zebra utilizzando l’asino che c’era nella stalla. È bastato mescolare i due colori e creare un grigio per fare delle strisce sul pelo dell’animale che è diventato una zebra perfetta. E anche questo è stato legato al carro. Per dare vivacità alla situazione mancavano solo le scimmie, e così ho dipinto il viso a Pietrino e gli ho legato uno spago sulla cintura come coda. Con l’aiuto di Angiolino ho messo il bimbo sul ramo dell’albero lì vicino e l’ho legato con una fune per non farlo cadere. Il circo era pronto, così ho iniziato a spiegare: – Gentili visitatori, osservate questo quadrupede. È fatto come un cavallo ma ha il manto a strisce e si chiama zebra. Tira calci ma non è un mulo e vive nella lontana Affrica.

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– Accidenti – ha esclamato Angiolino. – Ma sarà vero? – Certo che è vero. Ma ora non interrompere più la spiegazione – ho risposto io. – Ed ecco la famosa tigre del Bengala, che vive in Asia e Affrica e mangia uomini e scimmie… Pietrino ha iniziato a piangere mentre penzolava dal ramo perché la corda si era allentata. Sembrava proprio una scimmia appesa per la coda. – Avete sentito signori? – ho continuato cogliendo l’occasione. – Appena la scimmia ha sentito nominare la tigre ha iniziato a urlare. Questa sull’albero è una comune bertuccia che vive nella foresta e si ciba di tutto ciò che trova. Angiolino e Geppina mi guardavano a bocca aperta e occhi spalancati. – E ora passiamo al leone. Questo animale bello e regale è capace di mangiare una mandria di buoi in sol colpo. Lui è il carnivoro più carnivoro di tutti i carnivori ma ha un cuore d’oro. Aiuta anche gli uomini, nei libri. Avrei voluto dire altro sul leone, ma Pietrino continuava a piangere per cui sono passato subito a raccontare del coccodrillo. – Signori, questo anfibio vive sia sulla terra sianell’acqua del Nilo, dove dà la caccia agli abitanti del posto e se li fa sparire in bocca come fossero caramelle! E sapete perché si chiama così? I due ragazzini hanno scosso la testa.

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– Si chiama coccodrillo perché la sua pelle è ricoperta di squame dure come la buccia delle noci di cocco. Mentre dicevo questo, ho preso a bastonate il maialino che ha iniziato a strillare.

In quel momento sono arrivati i genitori di Angiolino. – Oh, il mio maiale! – ha urlato il padre. – Il mio piccolo, la mia creatura… – ha aggiunto la madre distogliendo l’attenzione dall’animale. È proprio vero: chi non ha viaggiato ed è rimasto sempre in campagna non sa apprezzare le cose! Invece di essere felici che insegnassi qualcosa a quei ragazzi, urlavano come se li stessi ammazzando. Comunque… per evitare prediche e rimproveri ho slegato gli animali e sono andato verso casa inseguito da Bianchino. Arrivato a casa, la zia mi ha accolto sulla porta con un tono poco amichevole:

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– Che cosa hai combinato stavolta? Appena ha visto Bianchino, ha fatto un salto all’indietro come se avesse visto… un leone per davvero! Quindi, caro Diario, sono stato proprio bravo! Appena ha capito che era il suo barboncino, però, ha iniziato a piagnucolare: – Uh, Bianchino mio, che ti ha fatto questo piccolo delinquente? Guarda come ti ha ridotto! Poi, si è alzata tutta inviperita con il dito minaccioso, ma io sono stato più veloce di lei e mi sono nascosto dentro questa stanza da dove ti sto scrivendo. Poco dopo è arrivata la contadina a raccontare tutto a mia zia ingigantendo ogni cosa: ha detto che avevo dipinto gli animali di colori mai visti, che avevo appeso all’albero Pietrino riducendolo in uno stato pietoso... Insomma, ora sto aspettando mio padre nella speranza che lui sappia distinguere la verità da un’esagerazione. 17 ottobre

Caro Diario, sono a casa. Devo aggiornarti su quello che è accaduto ieri. Appena è arrivato mio padre, zia Bettina ha raccontato tutte le mie “prodezze”, come le chiama lei, esagerandole come sempre. Ho iniziato a tirar calci e pugni alla porta per poter uscire e dire la mia.

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– Aprite, voglio vedere il mio papà! Appena hanno aperto la porta, mi sono lanciato tra le braccia del papà e lui ha subito iniziato a rimproverarmi: – Tu non sai quanto ci hai messo in pensiero. – È un piccolo delinquente – si è intromessa la zia. – Guarda come ha ridotto il mio Bianchino. Il papà lo ha guardato e ha sorriso: – È proprio simpatico, tutto rosso. Io ho aggiunto, un po’ piangente: – Che male c’è? Ora basterà che lo chiami Rossino… – Ah sì? – ha gridato la zia con voce stridula. – È da questa mattina che mi fa disperare! – Ma che ho fatto di male? Ho solo spiantato la pianta di dittamo, mica lo sapevo che dentro c’era lo spirito del signor Fernando… – Basta così – ha sentenziato la zia. – Vattene e non farti più vedere in questa casa! Così siamo ripartiti in treno. Ieri sera ad aspettarmi in stazione c’erano tutti: parenti, amici… Chiunque parlava di me. A casa ancora peggio: erano tutti in lacrime, la mamma, le mie sorelle, Caterina che si asciugava gli occhi nel grembiule… Ora devo darti un’altra notizia: mia sorella Luisa sposa il dottor Collalto. Lui ha vinto un posto come dottore a Roma, per cui ha deciso di sposare Luisa e di partire

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insieme. Mi dispiace tantissimo che lei se ne vada, in fondo le voglio bene e pure a Collalto, ma in compenso al loro matrimonio farò una scorpacciata di dolci e pasticcini! 18 ottobre Ho finalmente una scatola di colori e sono proprio felice. Ieri sera il dottor Collalto mi ha fatto questo regalo bellissimo. E insieme al regalo mi ha detto: – Tieni Giovannino, so che ti piace disegnare. Ero talmente felice che ho iniziato a saltare dalla contentezza. Poi mi sono rinchiuso in camera e ho inaugurato i colori. Per prima cosa ho riprodotto il circo che ho fatto in campagna con gli animali. Una volta finito, l’ho portato a Collalto che ha detto che era proprio un’opera d’arte. Ecco, come volevasi dimostrare: i disastri che combinano i bambini non accadano mai senza motivo… se non avessi fatto il circo ora non avrei disegnato “un’opera d’arte”. Grazie Collalto, ora dovrò trovare un regalo degno del tuo… speriamo di riuscire a risparmiare qualche soldo. 19 ottobre

Caro Diario, questa mattina Luisa mi ha dato una moneta d’argento. Sì, proprio un’intera moneta d’argento, chiedendomi di

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non combinare guai visto che tutti sono in subbuglio per i preparativi del matrimonio e nessuno ha tempo di tenermi d’occhio. L’ho sempre detto: Luisa è la migliore. Con questi soldi comprerò dodici razzi col fischio, sei candele romane, otto scatole di petardi e quattro bellissime girandole, così la sera del matrimonio potrò anch’io festeggiare gli sposi. 24 ottobre

Finalmente oggi è il grande giorno. Scusa se è un po’ di tempo che non ti prendo in mano, ma i preparativi sono stati frenetici. Ho aiutato tutti in ogni cosa e la sera cadevo stanco morto sul mio letto. Questa giornata si concluderà con i miei fuochi e tutti rimarranno sbalorditi: il Collalto che mi chiama cognato, Luisa che mi vuol bene, la zia Bettina che è venuta facendo pace con tutti e regalando alla sposa una coperta gialla e turchese fatta a mano. Luisa sperava in due diamanti come eredità della nonna, ma la zia probabilmente se l’è legata al dito per la faccenda della festa del mese scorso. *** La zia ha deciso di non venire in Municipio. Prenderà il treno e tornerà a casa. Nessuno sa il perché, visto che l’ab-

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biamo accolta con tutte le attenzioni del mondo. La mamma le ha persino chiesto se qualcuno le ha mancato di rispetto. – Nessuno, anzi. Se Luisa vuole essere così gentile da rimandarmi la coperta che le ho fatto sarei ancora più felice. Il fatto è che solo io so il motivo della sua decisione. Poco prima le avevo detto in disparte: – Senti zia, se posso darti un consiglio, perché non ti porti via la coperta e regali a Luisa i diamanti sui quali aveva messo gli occhi? Così saranno tutti più contenti e tu non passerai per una vecchia megera dispettosa. Devo essere sincero, questa volta la zia si è comportata molto bene. Deve aver capito il suo errore e ha deciso di rimediare tornando a casa a prendere il regalo giusto. Sono o non sono un bravo fratello? Diario mio, sono disperato! Il papà mi ha rinchiuso in camera a suon di scarpate e sgridate. Il sedere mi fa così male che devo cambiare posizione ogni cinque minuti. Secondo lui questo è il modo giusto di correggere i ragazzi sfortunati come me. Nessuno mi capisce. Non è colpa mia se gli sposi sono dovuti ripartire perché Collalto è stato richiamato a Roma prima del previsto. Dato che il mio progetto dei fuochi in giardino è saltato ho deciso di fare agli sposi un semplice scherzo. Se il Collalto fosse meno pauroso tutti avrebbero riso senza farne un dramma. E invece… Però che scena!

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Mi ero messo in tasca una girandola e aspettavo il momento opportuno per accenderla. Appena gli sposi sono usciti dal Municipio mi sono posizionato dietro di loro. Erano talmente felici che non se ne sono nemmeno accorti. In quel momento mi è venuta l’idea di attaccare la girandola al bottone della giacca dello sposo e l’ho accesa. Uno spettacolo memorabile! Il dottore tremava e urlava senza capire cosa stesse succedendo, Luisa è quasi svenuta dalla paura e tutti gli invitati erano terrorizzati.

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A un certo punto, mio padre si è fatto avanti e prendendomi per le orecchie mi ha trascinato a casa. Ti giuro che non era mia intenzione far del male a Collalto, volevo solo dimostrare la mia gioia per il matrimonio, e se tutti fossero stati meno codardi, il mio scherzo innocente si sarebbe concluso con una risata. E invece… mentre gli altri festeggiano sommersi da dolci e creme, io sono un prigioniero, costretto a pane e acqua. Quando ho sentito la carrozza degli sposi partire mi sono rattristato ancora di più. Chiuso qui dentro, in prigione. Appena ho sentito qualcuno alla porta mi sono nascosto sotto il letto temendo che fosse il papà. Magari voleva darmi la parte di pedate che mi aveva promesso! Invece era Ada con un panino al prosciutto, un sacchettino di confetti e un libro da leggere “Il Corsaro nero” di Salgari. L’ho sempre detto: Ada è la sorella migliore di tutte. 25 ottobre

Buon giorno, Diario. Ho letto tutta la notte. Che scrittore! Che storia! Che bella cosa essere un corsaro. E per giunta nero. Voglio anch’io fare qualcosa di speciale, come il Corsaro nero. Non so ancora bene. Ma qualche idea mi verrà…

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26 ottobre

Sono a letto malconcio. Ho appena le forze per scrivere quello che mi è capitato ieri mattina. Alla fine ho deciso di tagliare il mio lenzuolo in tante strisce per fare una fune e calarmi dalla finestra. Dopo aver annodato tra loro le strisce, ho legato il tutto alla gamba del tavolino e ho iniziato a calarmi lungo il muro. Dopo… non ricordo un granché. Forse ho battuto la testa, forse la fune era troppo corta, forse il tavolino non ha sorretto il mio peso. Comunque sia, a un certo punto: buio! Come se qualcuno avesse spento la luce. Mi sono trovato nel mio letto con mio padre che camminava avanti e indietro in fondo alla stanza continuando a ripetere: – È impossibile! Questo ragazzo è la mia disperazione. La mia rovina!


Il medico ha detto che ho la pellaccia dura e che mi rimetterò. Tutti però mi hanno controllato a vista senza lasciarmi mai e chiedendomi sempre come andava la testa. 29 ottobre Caro Diario, sono guarito e ieri mentre gironzolavo per casa ho sentito il papà che diceva alla mamma: – Proviamo a trattarlo con dolcezza e a prenderlo in modo diverso… Si deve essere pentito di come mi ha trattato e così ha deciso di portarmi a vedere il celebre prestigiatore Morgan, che in questi giorni è in paese. Con noi verrà anche l’avvocato Maralli, quello con gli occhiali e il barbone che piace poco alla mamma per le sue idee politiche. 30 ottobre Ho deciso. Quando sarò grande farò il prestigiatore! Ieri a teatro mi sono divertito tantissimo. Quel Morgan è bravissimo e ha fatto dei trucchi proprio belli. Durante tutto lo spettacolo non gli ho mai tolto gli occhi di dosso per scoprire i suoi segreti. Molti sono veramente difficili. Però sono convinto che alcuni trucchi sarei in grado di farli anch’io, come quello delle uova, ingoiare una spada o pestare un orologio dentro un mortaio e farlo sparire.

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Voglio esercitarmi e poi fare uno spettacolo nel salotto di casa con le persone che pagano il biglietto, così tutti rimarranno a bocca aperta e finalmente mi prenderanno sul serio. Oggi ho provato i trucchi con i miei amici in giardino: Renzo, Carluccio, Fofo e Marinella che vivono nella casa accanto e sono i figli della signora Olga, una signora molto distratta e spesso indaffarata. – Lei signorina, sarebbe così gentile da prestarmi il suo orologio d’oro? – ho detto. – Io non ce l’ho – ha risposto Marinella. – Ma posso cercare a casa quello della mia mamma. Come un fulmine, Marinella è corsa a casa e dopo poco è tornata con un bell’orologio. L’ho preso e l’ho messo dentro al mortaio che usa Caterina in cucina e ho iniziato a pestarlo come ha fatto il prestigiatore l’altra sera. Il vetro si è frantumato subito, la cassa un po’ meno ma era irriconoscibile. – Osservate, signori. Come si vede l’orologio della signora Olga è irriconoscibile. Tutti hanno annuito con la testa. – Ora lo farò ricomparire, nuovo come prima! Ho rovesciato il contenuto del mortaio dentro un fazzoletto e, dopo averlo legato stretto, senza farmi vedere l’ho infilato in tasca. Poi con molta calma ho tolto da sotto la giacca un altro fazzoletto annodato, uguale al primo, con dentro l’orologio d’oro della mia mamma.

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– Ecco qua! L’orologio nuovo e intatto! Tutti sono rimasti colpiti dallo spettacolo. Marinella è tornata a casa con l’orologio di mia mamma, convinta che fosse quello della sua e io mi sono incamminato verso casa, sicuro che lo spettacolo della sera sarebbe stato un successone. 31 ottobre

Ah, Diario mio, sono proprio sfortunato! E la cosa peggiore è che potrei finire in prigione, come mi ha “augurato” qualcuno dei presenti allo spettacolo. Mio padre non ha avuto nemmeno il coraggio di darmi un calcio nel sedere per quanto l’ho combinata grossa, e mia madre, accompagnandomi in camera, mi ha detto poche parole: – Attento a non combinare altri danni. E prega il cielo che tutto si risolva per il meglio! Ma è colpa mia se ogni cosa che faccio va storta? Ieri sera ho organizzato lo spettacolo di magia e tutti i presenti erano entusiasti. – Ora vedremo all’opera il rivale di Morgan – qualcuno diceva. Fra gli spettatori, oltre a Mario Marri, che scrive poesie e indossa sempre il papillon, c’erano la signorina Sturli, l’avvocato Maralli e Carlo Nelli, che aveva fatto pace con Virginia.

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– Inizieremo con il gioco della frittata – ho detto. Dall’ingresso ho preso un cappello e, dopo averlo appoggiato sulla sedia, al suo interno ho aperto due uova. – Ora prepareremo un’ottima frittata. Ho cominciato a sbattere energicamente il contenuto con una forchetta. L’idea era quella di togliere la fodera e di riconsegnare il cappello tutto pulito. Visto che tutti si stavano divertendo, ho chiesto all’avvocato Maralli: – Lei, signore, vuol tenermi il cappello per un minuto, mentre cerco una candela? Appena l’avvocato ha preso in mano il cappello, ha dato un’occhiata dentro e si è messo a ridere: – Ma guarda, e io che pensavo ci fosse un doppio fondo. Il ragazzo ha sbattuto le uova direttamente dentro il cappello.


Tutto contento, sono tornato con una candela accesa presa dell’altra stanza e, consegnata a Maralli, gli ho detto: – Ora la tenga vicino al cappello, non troppo vicino da bruciarlo ma in modo che la frittata si cuocia. Ecco, proprio così. E per spegnere il fuoco useremo questa! Ho mostrato ai presenti la mia pistola. Non c’era da preoccuparsi, non è un’arma vera ma una da ragazzi, di quelle che si usano per il tiro a bersaglio. Impugnata l’arma, mi sono posizionato davanti all’avvocato. Obiettivo, caro Diario, era spegnere la candela con un colpo di pistola. Il fatto è che alcune grida mi hanno fatto perdere la concentrazione. – Ma quello è il mio cappello! – ha urlato Carlo Nelli nel momento in cui ha riconosciuto il suo cappello. Contemporaneamente il mio assistente ha smesso di ridere e sgranando gli occhi ha esclamato: – Ma è carica? A questo punto è successo il peggio: è partito un colpo. – Ah, mi hai ucciso! – ha gridato l’avvocato lasciando cadere tutto a terra e coprendosi il viso con le mani. Le mie sorelle si sono messe a piangere e qualcuno ha urlato: – Assassino! Assassino! Insomma, ho colpito l’avvocato vicino all’occhio destro quasi accecandolo e ho rovinato il cappello di Carlo Nelli. Se poi aggiungiamo la camicetta di seta della signora Stur-

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li, che si è sporcata per aiutare l’avvocato, e il tappeto di casa rovinato... direi che ho fatto tombola! Alcuni hanno aiutato il ferito ad andare nella camera degli ospiti, mentre Carlo Nelli è corso a chiamare il dottore.

*** Che notte, caro Diario! I miei sogni sono stati pieni di carabinieri, prigioni e manette. Per fortuna ora è giorno e speriamo di avere buone notizie dell’avvocato. Quando si è aperta la porta ed è entrata la mia mamma con buone notizie, ho iniziato a saltare di gioia come una scimmia fra gli alberi: l’avvocato non è morto, e non è nemmeno in fin di vita. Il medico ha detto che forse perderà l’occhio, ma tra dieci giorni potrà uscire dalla stanza. Che gioia… mi sono tolto un peso dalla coscienza! La mamma però mi ha rimproverato, facendomi notare che l’avvocato sta male, che Carlo Nelli se l’è presa per la storia del cappello e che ogni volta che faccio qualcosa va sempre a finir male. – Ma scusa… – ho ribadito io – … non è colpa mia se tutto quel che faccio diventa una disgrazia. Non la progetto prima, avviene e basta. La mamma mi ha guardato poco convinta.

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– Quando ho detto che avrei fatto il mago tutti ridevano. Poi Carlo Nelli ha riso tutto il tempo non sapendo che il cappello era il suo e l’avvocato si è preoccupato solo quando ha visto la mia pistola – ho ribadito con voce ferma. – È vero Giannino, ma tutto quello che fai poi diventa un enorme pasticcio. – Non è colpa mia se tutto poi va a rotoli! Ho raccontato alla mamma la storia del dittamo di zia Bettina e dello spirito del signor Ferdinando al suo interno. La mamma è uscita con un sorriso in volto e mi ha promesso la merenda. Poi è andata dalle mie sorelle a raccontare la storia della zia. Caro Diario, l’ho sempre detto che la mia mamma è la migliore di tutte e capisce sempre ogni cosa. 1 novembre

Caro Diario, oggi mia sorella Ada mi ha fatto evadere un po’ dalla camera. Mi ha lasciato giocare in salotto mentre la signora Olga è venuta a bere il tè. A un certo punto, l’ospite ha preso l’orologio d’oro che aveva appeso al collo e ha detto: – Accidenti, sono già le quattro devo andare! – Ma tu guarda – ha risposto la mamma. – Il tuo orologio è identico al mio...

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Una volta uscita la signora Olga, Virginia e mia madre si sono messe a confabulare e sono corse al piano superiore per cercare l’orologio d’oro. Caro Diario, non l’avrebbero mai trovato… l’avevo preso io per fare le prove in giardino. E se avessero cercato il fazzoletto bianco di Ada non avrebbero trovato nemmeno quello! Una volta tornate dalla loro caccia al tesoro hanno chiacchierato per un’ora, poi Ada ha concluso affermando: – Questo è un caso di cleptomania. Sembra una parola difficile, caro Diario, ma il papà me lo ha spiegato una volta. Significa che alcune persone rubano le cose senza accorgersene. Io allora ho risposto a mia sorella che forse stava esagerando, perché gli oggetti che mancavano li avevo presi io, ma mi hanno azzittito, dicendo che sono un ragazzo, che sono ancora piccolo e non conosco queste cose. I grandi sono sempre convinti di sapere tutto. Ma se mi ascoltassero qualche volta sarebbe meglio. 2 novembre – Oggi si va al cimitero per pregare sulle tombe dei nostri morti – così mi dice sempre la mamma ogni 2 novembre. Il papà mi è venuto vicino e con aria minacciosa mi ha detto di non combinare guai oggi che è una giornata triste.

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Lo è per forza. Al cimitero oltre ai nonni c’è anche lo zio Bartolomeo che aveva promesso di regalarmi la bicicletta, ma poi è morto e io sono rimasto a piedi. Comunque, tutti vestiti bene tranne Virginia che è rimasta a casa con l’avvocato Maralli, siamo andati al cimitero. Una volta rientrati a casa, la grande sorpresa: il dottore aveva detto a Virginia che l’avvocato si sarebbe rimesso presto e, cosa più importante, non avrebbe perso l’occhio. Che fortuna! Questo vuol dire che non sono un delinquente, ma solo un bambino che fa degli scherzi. 5 novembre

Caro Diario, è iniziata la scuola e io voglio essere un bravo alunno, così il mio tempo lo passo sui libri. Posso dirti che abbiamo trovato un soprannome al maestro: “Muscolo”. Lui infatti continua a ripeterci: – Tutti zitti! Tutti fermi! E guai se vi vedo muovere un muscolo del viso! Altre notizie importanti sono il miglioramento del’avvocato Maralli, che fra pochi giorni potrà togliere la benda, e la visita a casa di alcuni sostenitori del partito del quale fa parte l’avvocato. A dire la verità la mamma non era molto contenta, ma il papà ha detto che va bene così. E pensare che fino a qualche giorno fa si credeva che io l’avessi ucciso.

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6 novembre

Caro Diario, Ieri, mentre facevo i compiti in cucina, ho sentito la mamma e Ada parlare della signora Olga e della sua malattia. La mamma l’ha detto al marito, il quale subito non ci credeva ma dopo aver visto che l’orologio della moglie non era il suo, si è deciso a portare la moglie da un medico famosissimo e il dottore le ha prescritto una cura per la concentrazione. Ascoltando il racconto, non potevo che ridere sotto i baffi e, pensando e ripensando, ho deciso di fare uno scherzo a questi adulti che non vogliono ascoltarmi. Così sono andato nella camera di Ada e ho preso tutti i fazzoletti bianchi, e dalla sala un’oliera d’argento che mi sono nascosto sotto la maglia. L’idea era quella di dare i fazzoletti a Marinella chiedendole di metterli in camera di sua madre, poi, mentre giocavamo a nascondino, avrei nascosto l’oliera nella loro sala da pranzo. Vuoi sapere se ci sono riuscito? Ma naturalmente sì! Ora aspettiamo e vediamo cosa succederà.

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PER COMPRENDERE MEGLIO Approfondimenti e schede didattiche a cura di Giovanna Marchegiani


“Il giornalino di Gian Burrasca“, la caricatura della società italiana “Il giornalino di Gian Burrasca” è il libro per ragazzi più famoso dello scrittore italiano Luigi Bertelli, da tutti conosciuto come Vamba. Il racconto fu pubblicato a puntate tra il 1907 e il 1908 sul “Giornalino della domenica”, il giornale per i bambini che era stato fondato dallo stesso Vamba. Oggi viene considerato a ragione un classico dell’umorismo. il libro è scritto in forma di diario: il diario di Giannino Stoppani. Unico figlio maschio del ricco commerciante Stoppani, Giannino combina una marachella dietro l’altra e per questo la famiglia inizia a chiamarlo Gian Burrasca. Ancora oggi, grazie all’enorme fama del libro, se un bambino è particolarmente indisciplinato prende il soprannome di Gian Burrasca. Il libro è ambientato nella Toscana dei primi anni del Novecento e ci offre uno spaccato puntuale, vivo e brillante della società di quel tempo. Attraverso le marachelle di Giannino ci vengono mostrati con umorismo e raffinata ironia l’ipocrisia e la falsità del mondo degli adulti, in contrapposizione alla spontaneità, immediatezza e bisogno di verità del mondo dei bambini. La storia di Giannino appassiona ancora oggi e trasmette un messaggio importante e attuale: è sempre bene dire la verità e alle volte può essere anche divertente!

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Il compleanno di Giannino Sulla prima pagina del libro trovi questo foglietto del calendario.

20

SETTEMBRE

Cosa sta a indicare?

martedì

Perché è importante per la storia di Giannino?

Cerchia i regali ricevuti da Giannino.

Pistola

Birilli

Astuccio di legno per la scuola

Diario

Canna da pesca

Vestito a quadretti Scarpe

Macchina

Quale ha incuriosito di più Giannino? Perché?

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Gli scherzi di Giannino Unisci ogni personaggio allo scherzo che ha organizzato per lui Giannino. Signor Venanzio Spianta il suo adorato dittamo.

Dottor Perussi

Zia Bettina

Maria

Taglia i suoi riccioli biondi e l’abbandona nel bosco.

Gli mette una cipolla sulla bocca e sotto il naso mentre lui è rinchiuso dentro una cassa.

Prova a pescare dentro la sua bocca staccandogli un dente.


Mario Betti Le fa trovare un’anguilla sopra il pianoforte.

Signor Carlo Nelli Gli attacca i fuochi d’artificio al bottone della giacca.

Signor Collalto

Gli mette la colla sulla sedia, a scuola.

Virginia Apre due uova dentro il suo cappello.

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Una parola importante Rispondi alle domande e completa il cruciverba. Nelle caselle evidenziate otterrai una parola che secondo Giannino bisogna sempre dire, specialmente in tribunale. 1 2 3 4 5 6 1. Professione del signor Maralli. 2. È il cognome di Mario, compagno di classe di Giannino, detto

il damerino. 3. La attacca Giannino al bottone del dottor Collalto il giorno del suo matrimonio. 4. È il soprannome che la cameriera Cesira ha dato al signor Venanzio. 5. Le ruba Giannino dalla stanza di Luisa. 6. Cosa per cui Giannino dice di morire durante la fuga in treno verso casa della zia Bettina. Parola:


Una data da ricordare Aiutandoti con il testo rispondi alle quattro domande. Accostando le risposte otterrai la data della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. A Quanti vestiti riceve Giannino in regalo?

B Il diario è un regalo della mamma di Giannino per il suo compleanno. Quanti anni compie?

A In che giorno di ottobre, Giannino va a trovare “tutti i tizi delle fotografie”?

A In che giorno di dicembre, Giannino fa lo scherzo di mettere il pepe nel caffé?

Soluzione:


INDICE Gli scherzi in famiglia

5

A Roma

77

In collegio

109

Approfondimenti e schede didattiche

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