Hans Christian Andersen

Hans Christian Andersen
Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente
Coordinamento di redazione: Emanuele Ramini
Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.grupporaffaello.it - info@grupporaffaello.it www.ilmulinoavento.it - info@ilmulinoavento.it
Printed in Italy
I Edizione 2019
Ristampa:
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Illustrazioni e copertina di Agnieszka
In una bellissima estate piena di colori e di profumi, nella campagna ricca di boschi, prati e laghi, c’è un antico castello circondato da un fossato.
Appena esse si schiudono, i piccoli anatroccoli saltano fuori felici e vedono quanto è grande il mondo in confronto all’uovo
dentro il quale stavano chiusi fino a un attimo prima
– Ah… ma dovete sapere che il mondo non finisce certamente qui – dice loro la mamma. – Il mondo è molto più grande ed esteso: va fino in fondo al giardino e anche oltre, nel prato. Io però non sono mai arrivata laggiù e adesso non ci posso di sicuro andare perché devo ancora covare un uovo.
Detto questo, mamma anatra si siede sull’ultimo uovo e resta lì, ferma, ammirando gli anatroccoli che le zampettano intorno. Quell’uovo, però, non ne vuole proprio sapere di schiudersi e lei incomincia a essere stanca.
–
Lascia perdere – le consiglia un’amica. – Sicuramente è un uovo di tacchina. Va’,
invece, a insegnare ai tuoi piccoli anatroccoli a nuotare nell’acqua del fossato.
– Non posso – risponde l’anatra. E senza muoversi continua a covare l’uovo enorme. A un certo punto si sente il rumore di qualcosa che si sta frantumando. L’uovo si rompe e ne esce fuori un anatroccolo. È completamente diverso dagli altri: più grande, tutto grigio e anche molto più brutto!
Mamma anatra si dirige veloce verso il profondo fossato, seguita dai suoi piccoli. Essi imparano subito a galleggiare, sollevando la testa e muovendo rapide le zampe.
Il figlio più grosso è molto bravo a nuotare, ha un collo lungo e tiene la testa alta.
“Come nuota bene questo anatroccolo” pensa l’anatra. “È certamente figlio mio!”
E così, fiera di tutti i suoi figli, si dirige nel pollaio lì vicino per presentarli agli altri animali.
Nonostante la gran confusione e il gran chiasso del pollaio, la mamma insegna ai suoi figli come salutare.
Gli anatroccoli ubbidiscono educati, ma le altre anatre e le galline non fanno loro una grande festa e continuano a parlare come se nulla fosse.
– Guarda quanti sono! – dicono spiando i nuovi arrivati. – Noi qui stiamo già stretti, non c’è proprio bisogno di questi nuovi arrivati.
– Quello grosso, poi, è bruttissimo! –Proprio un piccolo mostro!
– Già, se ne dovrebbe andare via subito!
Mentre continuano a parlare, un’anatra
grande e prepotente si slancia sul grosso anatroccolo e lo becca con cattiveria.
La mamma si dirige subito verso suo figlio per difenderlo.
– Smettetela! – dice orgogliosa. – Anche se non è bello, è buono, forte e sano, e nella vita riuscirà a realizzare tutti i suoi sogni.
Poi, offesa, si allontana con i suoi piccoli e cerca un angolino in cui sistemarsi.
Nel pollaio, però, tutti prendono continuamente in giro l’anatroccolo e lui è proprio triste e sconfortato. Tutti gli animali lo trattano male. Pian piano anche i suoi fratelli iniziano a disprezzarlo e così l’anatroccolo non può far altro che andarsene.
Mentre vola al di là della siepe, gli uccellini si alzano in volo spaventati.
“Volano via perché sono troppo brutto” pensa mortificato. E continuando a volare
giunge in una palude. Lí, nascoste tra i giunchi, abitano le anatre selvatiche.
Queste sono più gentili delle loro sorelle del pollaio e gli danno il permesso di fermarsi a bere e riposare, a patto che non gli venga mai in mente di avvicinarsi a qualcuna di loro.
Il brutto anatroccolo accetta così di rimanere da solo nella palude.
Alcuni giorni dopo arrivano due paperi molto fieri della loro bellezza e lo invitano ad andare con loro nello stagno.
Nello stesso momento si sentono degli spari fragorosi e i due paperi stramazzano a terra. Poi esplode il latrare dei cani, che si gettano sulle prede e le afferrano con i denti.
Ci sono molti altri spari e altri cani da caccia corrono verso lo stagno. Il brutto anatroccolo ha paura e si nasconde; ad un tratto però un grosso cane lo vede.
Il poverino si sente perduto, il cane lo annusa e digrigna i denti, ma poi il minaccioso animale si allontana da lui.
“Sono così brutto” pensa l’anatroccolo “che anche il cane è disgustato”.
Terrorizzato da tutto quel trambusto, rimane acquattato tra le canne senza far rumore e non osa muoversi per un bel pezzo, anche quando torna il silenzio.
Al tramonto, l’anatroccolo decide di allontanarsi correndo attraverso i campi e alla fine arriva a una povera capanna.
Nella capanna vivono una vecchietta con un gatto grigio e una gallina. La vecchietta, che non ci vede bene, pensa che l’anatroccolo sia un’anatra un po’ troppo cresciuta: così decide di ospitarlo a casa sua, sperando che faccia le uova.
Il gatto e la gallina, però, come la gran parte degli animali che hanno visto l’anatroccolo, lo trattano male a causa del suo aspetto.
– Togliti di mezzo! – gli ordinano ogni volta che lo incrociano.
Oppure: – Stai zitto, sei brutto, non sei capace di far niente!
Non gli dicono mai una parola gentile.
Il brutto anatroccolo è davvero tanto triste, vorrebbe uscire all’aperto e galleggiare sull’acqua.
Una sera rivela il suo desiderio alla vecchietta suscitando le risate di tutti.
– Che idee stupide ti vengono in mente?
– gracchia la donna.
– Come ci si diverte a galleggiare sull’acqua!? – sibila perfido il gatto.
– Nemmeno le uova sei capace di fare!
Figuriamoci stare a galla! – dice maligna la gallina.
Allora l’anatroccolo, stanco di tante critiche, se ne va.
Torna alla palude e inizia a scivolare sulla superficie dell’acqua. Gli altri animali continuano come sempre a evitarlo.
Così trascorre lento il tempo, finché arriva l’autunno con l’aria fredda e le nuvole cariche di pioggia.
Una sera, al calare del sole, si alza in volo uno stormo di grandi uccelli: sono animali
regali, dalle piume bianche e dal collo lungo.
Emettono uno strano grido che suona per il piccolo come un lontano richiamo.
Il brutto anatroccolo si sente invaso da una grande nostalgia: così allunga il collo e, quasi senza volerlo, lancia un grido acuto.
Poi però si spaventa della sua audacia e si tuffa in acqua, sconvolto e confuso. Qual è il suo legame con quegli uccelli splendidi che migrano verso il caldo di paesi lontani?
Allora si ritrae e soffre in solitudine, mentre l’inverno sembra non finire mai.
La superficie della palude è completamente gelata: un giorno, in cui il freddo sembra anche più intenso dei giorni precedenti, l’acqua si ghiaccia e gli imprigiona le zampe. Il piccolo non riesce più a muoversi.
“È la fine” pensa l’anatroccolo, tremante per il freddo.
A un tratto passa un contadino; vede che l’anatroccolo si dibatte impotente e così decide di spezzare il ghiaccio con il suo zoccolo. Dopo averlo liberato, lo porta a casa sua.
L’anatroccolo sta molto bene nell’abitazione dell’uomo, il calore del camino lo ristora. Ci sono però i figli del contadino che vogliono giocare con lui, come fosse un nuovo giocattolo.
Svolazzando qua e là e con le sue ali grandi e ingombranti, urta ovunque nella piccola stanza e combina moltissimi disastri: rovescia il secchio del latte, inciampa nel mastello del burro e fa cadere il barattolo della farina.
La moglie del contadino urla arrabbiata e lo insegue con la scopa in mano; anche i bambini lo rincorrono cercando di afferrarlo.
È un tormento, una sofferenza insopportabile e il brutto anatroccolo cerca in tutti i modi di fuggire. Finalmente riesce ad alzarsi in volo e a uscire dalla finestra socchiusa. Atterra nella neve soffice vicino a un cespuglio.
Ora è più prudente e si tiene lontano dall’acqua ghiacciata: così facendo riesce a superare l’inverno, nascosto tra le canne della palude. Finalmente un giorno iniziano a spuntare le prime gemme sugli alberi e il piccolo capisce di essersi ormai lasciato definitivamente l’inverno alle spalle.
Le allodole cantano, il sole splende alto nel cielo e lui si sente rivivere: spalanca le ali e spicca il volo. Gli sembra di essere nato per volare e con un piccolissimo sforzo si ritrova in un grande giardino, in mezzo a tanti alberi e fiori. Davanti a lui scorre un canale e sull’acqua scivolano leggeri tre stupendi cigni bianchi.
L’anatroccolo dice tra sé:
“Non importa se mi uccideranno con il loro becco robusto: meglio morire che vivere così, sempre solo, maltrattato e scacciato da tutti”.
Inizia così a battere le ali: in men che non si dica vola nel canale e nuota rapido verso i cigni.
I cigni gli vanno incontro, nuotando in modo regale, con un impercettibile movimento delle zampe. Allora il piccolo anatroccolo teme il peggio: piega il collo verso l’acqua, così vede riflessa la propria immagine.
Sorpresa!
Egli in realtà non è un brutto uccello grigio ma un bellissimo giovane cigno.
Una felicità e una gioia grandissime lo invadono! Di colpo l’anatroccolo capisce che tutte le sue sventure, tutte le sue sofferenze sono ormai alle spalle.
I bambini entrano allegri nel giardino per gettare chicchi di grano e pezzetti di pane ai cigni e gridano alle loro mamme:
– Venite a vedere! C’è un nuovo cigno ed è il più bello di tutti!
È vero: il brutto anatroccolo nuota fiero e felice insieme ai tre vecchi cigni che lo hanno accolto festosi, anche loro stupefatti di fronte alle sue piume bianchissime e al suo aristocratico aspetto.
L’anatroccolo è nato diverso dagli altri e, per la sua diversità, è stato respinto e maltrattato. Fuggito da casa, ha trascorso giorni difficili in mezzo a tanti pericoli. Poi, in primavera, ecco la sorpresa di una trasformazione meravigliosa. La fiaba per eccellenza che racconta la diversità e il coraggio.
Allegato omaggio a Finalmente in Vacanza! 1a Non vendibile separatamente