L’uomo sembrò molto colpito dalla determinazione di quelle parole, come tutti gli altri, del resto. Subito cercò ancora di dissuaderlo parlandogli dei disagi della vita militare, della dura vita che avrebbe fatto in Spagna, senza contare i pericoli in cui sarebbe incorso… Infine, però, resosi conto che tutte le parole erano inutili, prese Annibale per le spalle e lo condusse con sé nella terrazza più alta, di fronte all’altare della loro casa, l’altare in cui facevano le offerte e le preghiere al dio Baal, che in cambio proteggeva la casa e i suoi abitanti. Sotto un cielo di stelle luminose e affascinanti, Amilcare disse: – Annibale, se proprio vuoi venire in Spagna, devi prima fare una cosa per me, qui, ora, davanti a questo altare. Annibale capì che quel momento era di estrema importanza, perciò assunse un’aria seria. Si limitò quindi ad annuire, per dire che era pronto. – Segui le parole del mio giuramento e ripeti: “Io Annibale, figlio del comandante Amilcare detto Barca, giuro, qui davanti al dio Baal, alla dea Tanit, al dio Melkqart e a tutta la mia famiglia che mai, mai, mai nella mia vita sarò amico di un romano. Io proverò sempre odio eterno verso quel popolo!”
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