20. Apres midi d’un faune (Il pomeriggio di un fauno) Parigi, dicembre 1921. La cameriera personale entrò nella stanza d’albergo di Diaghilev a Parigi. «Sergej, non dovreste mangiare dolci, ora che vi hanno scoperto la malattia diabetica. Vi hanno prescritto una dieta rigorosa e la dovete seguire. I giorni scorsi avete esagerato ed ora ci saranno anche le feste di Natale.» «Cara, non voglio privarmi dei piaceri della vita. Ed ora che mi hanno quasi imposto di fare una dieta, non la voglio, a maggior ragione, fare. Io non accetto imposizioni. E poi, proprio come hai detto tu, devo festeggiare come si deve l’anno nuovo.» La cameriera riempì il vassoio con i resti della abbondante colazione che Diaghilev aveva consumato. Stava finendo di leggere il suo giornale. «Sembra che abbiano scoperto la cura per il Diabete.Quando sarà disponibile la farò.» Intanto pensava: oggi non mangerò nulla, o quasi. Ed anche domani farò digiuno, così recupero! La ragazza scuotendo la testa uscì. Piegò il giornale, lasciò la poltrona, si spostò al tavolino e si sedette. Doveva ricominciare a scrivere dove si era interrotto la sera prima, mentre nella mente gli risuonava una musica di Debussy. Diaghilev stava per pubblicare le sue memorie ed ora doveva raccontare la storia di come era nata la famosa messinscena del «preludio al pomeriggio di un fauno» che aveva voluto far rappresentare a Nizinskij. Nel balletto, appunto musicato da Debussy, un ragazzo, un Fauno col suo flauto, sonnecchia in un caldo pomeriggio d’estate. Ha dei desideri inconsci. Si immagina che compaiano delle fanciulle, sono sei, ed una di loro, la grande ninfa, si spoglia per fare un bagno. Le ninfe si accorgono del fauno, fuggono via, ma nel riprendere i vestiti della grande ninfa dimenticano in terra un velo. Lui lo raccoglie, il suo profumo l’inebria, vi si distende sopra 97