35. Paulescu l’antisemita
Bucarest, dicembre 1923. S’era fatta sera, e Paulescu uscì tardi dal suo studio all’Università. Era in compagnia di un collega, il professor Abraham Velcu. Erano diretti a piedi verso Bulevardul Elisabeta. Nevicava in modo abbondante, con grandi fiocchi di neve, e per strada c’era quel brulichio tipico dei giorni di festa. All’angolo dell’ Hotel Capsa gli tagliò la strada un corteo di studenti che proveniva dall’Università. «E adesso che sarà successo?». «È dicembre. Festa studentesca, ma non solo.» «Ti sei dimenticato che ai nostri tempi lo facevamo anche noi.» Si erano ricordati all’improvviso di quando erano studenti universitari mettendosi a ridere. La manifestazione studentesca sembrava quasi una festa e loro si fermarono per guardare mentre i giovani sfilavano. Abbasso gli ebrei. Abbasso gli ebrei!!! Il grido passava da una fila all’altra. E questo scandire non era affatto festoso, ma inquietante, e contrastava con l’atmosfera generale. «Devo dire che è bello, può sembrare ridicolo fare un commento del genere, ma è bello.» «Hai ragione. Sono ragazzi del primo anno di laurea, niente di grave.» «Te lo ricordi, quando c’eravamo noi al posto loro?» «Certo, quante botte abbiamo dato quel giorno.» «C’è chi le dava e chi le prendeva. Io le prendevo.» Paulescu rise. «Può darsi che sei stato tu a menarmi». «Può darsi, la colpa è tua che sei ebreo, dove sei stato picchiato?» «Nell’aula magna di giurisprudenza.» «No, allora non sono stato io. Quella volta prima sono andato ad architettura 173