L'industria del sale nel Veneto

L’INDUSTRIA DEL SALE NEL VENETO Cenni di storia e curiosità tratte dalla relazione datata 4 novembre 1944 del dott. Ing. Antonio Giudice

La tragedia “LA di Gabriele D’Annunzio (che secondo le didascalie del testo si svolge nell’anno 552 d.C.) ci fa rilevare come, fin da quell’epoca fosse già efficiente l’industria delle saline nella zona dell’Estuario Veneto, prima quindi alla stessa fondazione della città di Venezia e quando ancora sull’isola di Torcello e sulle barene dell’Estuario cercavano scampo le genti venete fuggite davanti alle orde di Attila che nella avanzata andava distruggendo le fiorenti città di Aquileia, Concordia, Eraclea e Altino.

A conferma di ciò, vi è la lettera che nell’anno 537 circa Cassiodoro, senatore e Prefetto del Pretorio, inviava ai Tribuni Marittimi e nella quale, dopo aver fatto una suggestiva descrizione delle condizioni geografiche e sociali della zona del Litorale Veneto - dove la vita civile era ancora a uno stadio primordiale - scriveva: “In mezzo a queste lagune ritrovano piantate le vostre abitazioni a foggia di quelle degli uccelli acquatici: a loro esempio i vostri nidi sono disposti sopra questo vostro mare …… là il povero e il ricco menano la stessa vita, hanno la stessa sorte. Case uniformi e affatto simili bandiscono dai vostri cittadini ogni idea di varietà di fortuna (1) …… Tutto lo studio vostro si riduce alla vostre saline: questi sono i vostri campi, le vostre NAVE”

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messi. Il sale è per voi quanto la più ricca moneta, perché esso vi somministra tutte le sussistenze. Si può fare senza oro, ma non senza il sale, poiché è il condimento necessario di ogni vivanda ……”

Laugier – Storia della Repubblica di Venezia: L I Cap. 27-28

La citata lettera di Cassiodoro, illustre segretario di Teodorico (la cui traduzione è del Laugier) costituisce il più antico documento a nostra conoscenza che tratti dell’esistenza di saline nel territorio della laguna di Venezia e che ne dimostri nel contempo tutta la fondamentale importanza nella vita economica di quella zona.

Il Molmenti (1), scrittore storico e studioso di storia dell’arte, appassionato cultore della storia, delle tradizioni, dell’arte della sua città, Venezia, nelle sue “CURIOSITA’ DI STORIA VENEZIANA” a pag. 114 - 115 ricorda che “nei primi albori della sua (di Venezia) vita”…“due sorta di edifici massimamente la fantasia ricostruisce sulla guida dei documenti: i molini detti aquimoli dalle alte ruote incassate tra argini e canali perché sentissero l’azione del flusso e riflusso della marea” e il secondo tipo di edifici ”le numerose saline in muratura, grandi e forti, ingresso, uscita e canali per lo scolo delle acque (transjoglacio)” aggiungendo che “fin da quei tempi una delle maggiori sorgenti della pubblica ricchezza fu l’industria del sale che vanta vetusti titoli di nobiltà” Anche se non pertinenti all’industria del sale, si ritiene interessante mettere in luce l’accenno fatto dal (1) Molmenti, Pompeo Gherardo (Venezia 1852 – Roma 1928)

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Molmenti stesso sull’esistenza dei molini che costituiscono il primo esempio di utilizzazione del mare, per produrre forza motrice e nemmeno non ricordare che D’Annunzio, nella sua tragedia “LA NAVE” già prima ricordata, fa dire a “il Molinaro”: Se Dio m’aiuti e tu anco m’aiuti, Piloto, io fonderò sopra le barche i miei mulini, a flusso ed a riflusso.

Chiusa questa digressione e procedendo oltre nella lettura del Molmenti si ritrova trascritta parte della citata lettera di Cassiodoro che dice: “Anche quando Venezia, da umile origine era salita a grande fortuna, continua importantissima l’industria del sale. Se ne distinguevano due qualità: l’indigeno, detto anche di Chioggia, e il forestiero (sal maris) proveniente da Cervia, dall’Istria, dalla Dalmazia, dalla Sardegna e perfino dal Mar Nero.” [ E’ da presupporre che, data la bassa salinità delle acque del Mar Nero, probabilmente si trattava o di sale di miniera o di sale ricavato nel Mar Caspio.]

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Resta in ogni modo documentato come, ancor prima che crollasse l’impero Romano e la Repubblica di Venezia trovasse sul mare gloria e potenza, il sale costituisse per gli abitanti del Litorale Veneto una delle basi economiche della vita sociale del tempo. Ĕ interessante inoltre ricordare che escavi eseguiti nel 1810 circa nell’isola di S. Giorgio Maggiore, hanno rivelato l’esistenza di una pavimentazione, evidente resto di un rivestimento di saline dell’epoca romana.

Sorta la Repubblica tale ricchezza venne accuratamente protetta e sviluppata talché ad esempio, nel mentre veniva autorizzato per i veneziani il consumo del prodotto delle saline di proprietà privata, ne era invece proibito ”il commercio coi forestieri e coi comuni di fuori, preparando e ordinando in tal modo il monopolio del sale, sia veneziano che straniero, acquistato e rivenduto poi esclusivamente per conto delle Stato”. (1) Passarono i secoli e nei documenti del tempo si trovano menzionati nel XII° secolo, i “Camerarii Salis”, nella prima metà del XIII° i “Salinieri del mar” e nella seconda metà dello stesso

(1) Cfr. Molmenti l.c.

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secolo i quattro “provveditori al sal”, magistrati tutti di primaria importanza addetti all’incremento al buon rendimento di questa industria.

Correlativamente la legislazione della Repubblica di Venezia andava sviluppandosi per reprimere, con le sue ben note leggi draconiane, ogni specie di contrabbando, cosicché i contrabbandieri incorrevano, oltre che nella pena della perdita del sale e dei mezzi di trasporto (barche o cavalli), anche in una pena che, se era della prigione per piccole quantità contrabbandate, saliva poi, per quantità maggiori, alla pena “che sia cavato un occhio” ed infine alla “irremissibil pena della forca e siano impiccati per le cane della golla sì che morino” come appare da un documento che porta la data del 23 Luglio 1502 riportato dal Molmenti, e questo perché “ognuno poteva conoscere di quanta importanza fosse (questa industria) e vedere quello che si cavava ogni anno da essa, che si poteva dire fosse principalissimo fondamento delle entrate pubbliche.”

Il Molmenti ricorda poi che gli ultimi tempi della Repubblica spettava addirittura all’Inquisitore di Stato vegliare sulle contraffazioni (poiché il sale veniva esportato col marchio dello Stato) e sui

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contrabbandi del sale mentre i provvedimenti di massima pena erano presi dal Senato.

Per quanto riguarda la quantità e la dislocazione delle saline nel territorio della Repubblica, elementi molto interessanti si trovano nel fascicolo n. 59 di “ARCHIVIO DELLA REGIONE VENETO - anno 1881 -” edito nel 1885 dalla Deputazione Veneta sopra gli studi di Storia Patria.

In detto fascicolo in un articolo di B. Cecchetti (1) (parte di una serie dal titolo “ Il vitto dei veneziani nel secolo XIV°”) troviamo un documentato e ampio paragrafo “del sale e delle saline” nel quale, dopo una descrizione sommaria dell’organizzazione delle saline, contenente la nomenclatura dei vari bacini, canali e chiaviche che la costituiscono e lo schema planimetrico della loro distribuzione, riporta alcuni dati relativi alla ubicazione e al numero delle saline stesse nel territorio della Repubblica. Da codesti dati risulta che fino dal 1122 c’erano nella sola zona di Chioggia, ben 80 saline.

Dall’archi vio del monastero di S. Zaccaria risulta che nel 1323, presso Pellestrina, esistevano 34 saline nel mentre che altre 7 erano andate disperse per opera del mare che ne aveva rotto le arginature.

(1) Cecchetti Bartolomeo Archivista e storico (Venezia 1838 ivi 1888

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Si ricorda inoltre, tanta era l’importanza che il Senato Veneto attribuiva alle saline, che i chioggiotti, avendo alla fine del secolo XIV° abbandonato le saline, il predetto Senato ordinava ”al Podestà di Chioggia di richiamare in Patria, con una grida, quegli isolani, che erano andati a lavorare saline nei luoghi circostanti dentro il golfo, onde tornassero fra tre mesi: chi disobbidisse, preso, finisse la vita nel carcere Campanilis”.

Nel 1513 le saline risultano essere in numero di 234 paia, nelle quali 165½ non si lavoravano ed erano in mala condizione e nel 1553 veniva concessa alla città di Chioggia una notevole superficie di terreno per fabbricarvi delle saline in luogo di quelle distrutte prescrivendo che la loro grandezza dovesse essere tale da dare 1200 mozzetti di sale (1 mozzetto corrisponde a circa ⅓ di mc.)

E altro terreno della superficie di mq. 24.500 circa veniva assegnato a due provveditori, deputati della città, nel luogo detto Co de Vigo “da circondarsi di mura per 150 saline” prescrivendo inoltre che “il sale doverà essere venduto a 10 soldi al mozzetto”. Per fare questo lavoro delle saline di Codevigo, (1) vennero spesi circa 12.000 ducati.

Si accenna che la produzione di sale veniva valutata in ragione di mozzetti 10 per ciascun cavedino (modernamente chiamato casella salante) della dimensione di piedi 10 x 15 pari

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a una superficie di mq. 18 circa per cui la produzione stessa risultava di 185 litri di sale per mq., molto superiore quindi alla produzione media delle saline del bacino del Mediterraneo che è di Kg. 100 per mq.

Dal Capitolare dei salinieri di Chioggia risulta che nel 1406 la produzione di sale era di 260.000 mozzetti, sebbene parecchie saline fossero state distrutte per ragioni di difesa e quelle del Veneto fossero ridotte da 80 a sole 25.

Per quanto riguarda il traffico del sale, la vendita di questo veniva fatta pel piccolo consumo a rivenditori, e per grandi partite, verso contanti, a Comuni e Signori d’Italia.

I prezzi di vendita erano fortemente variabili a seconda dell’origine del sale e della sua qualità oscillando essi fra i ducati 1¼ e ducati 9 il mozzetto.

Traccia di questo intenso traffico veneziano troviamo anche nella toponomastica cittadina poiché, come esistono a S. Stae la Calle ed il “Magazen del Megio” (ora trasformato in scuole elementari) ed a Rialto la Riva del vin, ad attestare che in quelle località avveni va per buona parte il comme rcio di quelle derrate, così esiste alla Salute, in prosecuzione delle Zattere, la fondamenta del sal e i magazzini del sal.

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L’ubicazione di detti magazzini starebbe inoltre a dimostrare, se ve ne fosse ancora bisogno, che il traffico del sale avveniva in misura notevole mediante trasporti marittimi, perché non si deve dimenticare che il bacino di S. Marco era il porto commerciale e militare di Venezia e che le “rive” ad esso prospicienti erano vere e proprie banchine portuali con i loro magazzini adiacenti.

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Per concludere si può così affermare: che nell’Estuario Veneto esistevano e venivano coltivate saline fin dall’epoca romana e che probabilmente la loro esistenza si perde nella notte dei tempi, come lo dimostrerebbe il fatto che, ancora nei primi secoli dell’era cristiana, la tecnica di tale industria era già assai progredita (V. la pavimentazione di saline dell’epoca romana rintracciata nell’isola si S. Giorgio Maggiore); che la Repubblica di Venezia adottò tutti i provvedimenti tecnici e legislativi per difendere tale industria, monopolizzando anche il commercio del sale proveniente da territori non propri (perfino dal Mar Nero); che la produzione ed il commercio del sale costituiva per la Repubblica uno dei maggiori redditi erariali; che la produzione media di sale realizzata dai salinieri della Repubblica nelle saline del Litorale Veneto risultava notevolmente superiore a quella delle altre saline del

(1) Piccolo comune ora per metà occupato da valli da pesca, siutato in Provincia di Padova a 3 m. s. m. nella bassa pianura veneta, tra piove di Sacco e Chioggia al limite della laguna di Venezia

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Bacino del Mediterraneo, e ciò certamente in funzione dell’elevata salinità del mare e della scarsità di precipitazioni meteoriche estive.

Summaga, luglio 2012

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