Qui Summaga speciale per i 50 anni di sacerdozio di don Giuseppe Liut

Page 1

SPECIALE

QUI SUMMAGA

giubileo di consacrazione sacerdotale di don giuseppe

anni 50

AL SERVIZIO DELLA COMUNITĂ€


Sommario SPECIALE QUI SUMMAGA

3

Dal libro dei ricordi

8

Le chiese di don Giuseppe

Allegato al n. 89 di Qui Summaga

9

Giubileo di ordinazione presbiteriale di don Giuseppe Liut

Periodico della Comunità di Summaga Parrocchia di S. Maria Maggiore 30020 Summaga (Ve) Tel. 0421-205126 Responsabile don Giuseppe Liut Chiuso in redazione il 20 febbraio 2016

SPECIALE

Stampa: Tipografia Sagittaria

QUI SUMMAGA

giubileo di consacrazione sacerdotale di don giuseppe

50anni

AL SERVIZIO DELLA COMUNITÀ

In copertina: Don Giuseppe con il fratello Lorenzo il giorno della vestizione, 8 dicembre 1957. In quarta di copertina: L’icona del Cristo Pantocrator (onnipotente), il più antico esempio conosciuto di un’icona di Gesù (VI sec.) conservata nel monastero di santa Caterina sul Monte Sinai in Egitto. Il volto è asimmetrico a ricordarci che in Cristo sussistono due nature: quella umana (la parte sinistra) e quella divina (la parte destra).

15

Insieme a San Tomè

16

Lettera aperta

17

“Santini” e commemorazione dell’ordinazione presbiteriale


Speciale QUI SUMMAGA

Dal libro dei ricordi Giuseppe Pier Giorgio Liut è nato l’11 novembre 1941 ad Annone Veneto, primogenito di Sante e Silvia Barbarini. Sarà battezzato il 24 novembre 1941, entro i primi quindici giorni, come usanza del tempo. Riceverà molto presto anche altri due sacramenti; sarà ammesso alla Prima Comunione il 20 luglio 1947, a soli cinque anni e mezzo, quando non sapeva ancora leggere e scrivere, conoscendo però tutte le risposte alle 120 domande del catechismo. La Santa Cresima gli sarà somministrata a sei anni, il 4 aprile 1948. Sempre a cinque anni, divenne chierichetto, attirato dai bottoni rossi della veste allora in uso, solo che al momento della vestizione… i bottoni sparirono dalla divisa, con disappunto del piccolo Bepino! L’impegno di chierichetto comportava a quel tempo il servire messa alle cinque del mattino,

ma come a tutti i ragazzini, anche a lui piaceva dormire e così ogni tanto mancava al servizio all’altare e continuava beato a stare tra le braccia di Morfeo. Sembra che anche oggi, nonostante l’età adulta, non abbia problemi di insonnia… o meglio: fino ad oggi, perché, dopo le ultime “visite” il sonno si è parecchio alleggerito! I primi segnali della vocazione, comunque, si potevano già scorgere nei suoi giochi: pur mantenendosi birichino e vivace, era solito con i compagni simulare processioni, funerali di bambini piccoli (perché quella volta ne morivano tanti) e impegnarsi in altre pratiche religiose… tanto che fu naturale per lui entrare in seminario appena terminate le elementari (1952). Il parroco, don Giovanni Fantin, avendo osservato l’applicazione nello studio del catechismo (medaglia d’oro tutti gli anni) e la devozione con

Foto ricordo della Prima Comunione.

Annone, 1952. Foto di famiglia. Da sin.: Lorenzo, Giuseppe, Imelda, Sante, Silvia e Giannina.

3

Don Giuseppe nel suo primo anno di vita.

cui partecipava ai riti religiosi e alle sacre funzioni, chiese al padre Sante, presidente delle Acli, se non fosse stato il caso di fargli continuare gli studi in seminario; il padre si rivolse al piccolo Giuseppe per verificare se la proposta del parroco fosse di suo gradimento e, con sua grande emozione, il figlio l’accettò con entusiasmo. All’entrata in semi-


Speciale QUI SUMMAGA

nario, con sorpresa della mamma, non provò grandi nostalgie e ripensamenti, sembra sorretto dalla passione per… le partite di calcio, più che dalla vocazione e dalla compagnia dei nuovi amici! La vita del seminario si rivelò presto molto dura. C’erano regole rigide da rispettare, con punizioni molto severe per chi sgarrava. Non era concesso rientrare in famiglia se non a Pasqua! “Le tre C” riassumevano i valori indiscussi dei seminaristi: casa, canonica, chiesa, motto che escludeva ogni distrazione e forma di “informazione laica”, cosa che costrinse i ragazzi ad escogitare qualche stratagemma per soddisfare innocenti curiosità sportive: al liceo, potendo leggere solo «L’Osservatore romano», Giuseppe e i suoi compagni si comu-

nicavano i risultati della partita del cuore accendendo le candele dell’altare, all’ora dei vesperi da destra, dal centro o da sinistra a seconda che il risultato fosse un 1-X-2. Sembra che la severità e disciplina del seminario abbia acuito l’ingegno più che scoraggiare l’iniziativa dei giovani seminaristi… L’8 dicembre del 1957, in prima liceo, a sedici anni, indossò la veste di chierico e incominciò a interrogarsi se quella fosse veramente la strada che il Signore aveva previsto per lui: dubbi, crisi e colloqui con il proprio padre spi-

in alto: Giuseppe, in prima fila al centro della foto, alunno alle scuole elementari di Annone Veneto. La maestra è Bruna Visentini. a lato: I compagni di Liceo a Pordenone. Da sinistra a destra e dall’alto in basso: Olivo, Liut, Sist, Melchiori, Cesarin, Bertoia, Giavedon, Prosdocimo, Santarossa, Unghietti, Metz, Tolot, Bortolotto.

4

rituale. Passo dopo passo arrivò, nel 1964, al diaconato, altra tappa importante che precedeva di un anno l’ordinazione sacerdotale. Don Giuseppe ricorda ancora con emozione l’imposizione delle mani e la tangibile presenza dello Spirito Santo. Alla fine del percorso formativo, il 29 giugno 1965, fu ordinato sacerdote. La consapevolezza per il dono fattogli dal Signore gli riempì il cuore, ma altresì lo induceva a chiedersi se fosse sufficientemente pronto e degno della chiamata a diventare uomo di Dio e a portare il suo messaggio di salvezza. Celebrò la prima messa ad Annone Veneto con grande commozione dei genitori e dei fratelli, mentre i compaesani baciavano le mani al prete novello per onorare la consacrazione sacerdotale e riconoscendo in lui la presenza di nostro Signore. Iniziò così la sua nuova vita, piena di responsabilità e obbedienza: cappellano, aiutante di mons. Amadio Maurizio fino al 1970 a Zoppola. Con l’entusiasmo della gioventù diede l’avvio alle prime raccolte


Speciale QUI SUMMAGA di carta e ferro a sostegno delle missioni di padre Angelo Canton in Bangladesh. Sempre a Zoppola ebbe modo di incontrare la contessa Panciera, nipote di Massimo D’Azeglio. La nobildonna aveva trascorso l’infanzia con mons. Giovanni Battista Montini e gli parlò delle eccelse qualità intellettuali e spirituali del futuro papa Paolo VI. Nel 1970 don Giuseppe fu trasferito presso la parrocchia della Beata Maria Vergine Regina a Portogruaro, come collaboratore di mons. Domenico Sigalotti con il quale visse fino al 1975. Essendo molto giovane gli fu affidata la sezione giovani: si occupò dell’oratorio e delle varie attività con i ragazzi e iniziò le olimpiadi estive. In quegli anni era appena stata istituita la parrocchia e la chiesa era stata costruita nella periferia del capoluogo, in mezzo alla campagna. Ebbe così modo di vedere pian piano crescere il quartiere con ville e nuovi caseggiati che riempirono ogni spazio adiacente alla chiesa e alla canonica. In quel periodo don Giuseppe approfondiva anche la sua preparazione,

frequentando a Padova l’Istituto liturgico presso l’abbazia benedettina di Santa Giustina, primo istituto di liturgia fuori Roma: per due anni analizzò e fece sua, con massima soddisfazione, la riforma liturgica proposta dal Concilio Vaticano II. Mentre svolgeva il ruolo di collaboratore presso le varie parrocchie, fu anche chiamato a insegnare Religione presso scuole statali di primo e secondo grado, attività che lo impegnava ulteriormente con i giovani. Nel 1975 fu nominato parroco a Domanins di San

Giorgio della Rinchinvelda, dove rimase fino al 1993. Qui visse i momenti terribili del terremoto e toccò con mano la solidarietà della ricostruzione. Nel frattempo era maturato il momento per fondare un gruppo scout e divulgare i suoi valori: 1. Ottimismo, lo scout guarda al lato positivo in ogni cosa, scopre il buono che c’è in ciascuno. 2. Amore per il creato. 3. Spirito di servizio: la famosa “buona azione” è scuola di attenzione agli altri con gratuità, generosità ed altruismo. 4. Senso di responsabilità. 5. Pace e fraterin alto: Classe di Propedeutica sacerdotale alla Madonna Pellegrina, anni Sessanta. In prima fila, da sinistra, accosciati, Giacomo Santarossa e il prefetto don Paolo Brunetti (detto “el brun”, già parroco di Murlis e Pescincanna). In seconda fila, da sinistra: Giacomo Tolot, Fabio Metz, Roberto Bertoia, Sergio Giavedon, Aniceto Cesarin, Giuseppe Liut, Giuseppe Melchiori, Matteo Pasut. a sinistra: Con papà e mamma in seminario il giorno della vestizione, 8 dicembre 1957. Pordenone, chiesa della Madonna delle Grazie, giugno 1964. Don Giuseppe posa per la foto ricordo del giorno del diaconato con le sorelle Giannina ed Imelda e il fratello Lorenzo.

5


Speciale QUI SUMMAGA nità, la diversità delle idee e dei valori sarà vissuta come occasione di dialogo. 6. Fiducia, chiave di ogni relazione educativa. 7. La proposta religiosa come via alla felicità. Tanti adulti che oggi occupano posti importanti nella società friulana danno testimonianza dello spirito scoutistico, grazie all’iniziativa di quel giovane sacerdote. Intanto il tempo scorre e don Giuseppe deve impegnarsi in nuove avventure. Ritiratosi dalla scuola dopo 23 anni di insegnamento, si iscrisse alla Facoltà Teologica Domenicana (STAB) conseguendo la licenza teologica. Successivamente frequentò l’Università Teologica Angelicum per il dottorato. Nel 1993 entrò nella parrocchia dell’Immacolata Vergine Maria di Pordenone, dove le esigenze erano molto diverse, da un borgo friulano dalle antiche tradizione contadine e dalla forte emigrazione, si trovò con parrocchiani “cittadini” dalle svariate origini e culture. Da non dimenticare la forte presenza di extra comunitari (albanesi-ganesi) che chiedevano di diventare cristiani e di farsi battezzare. Qui restò per dodici anni e aggregò la comunità con i Consigli pastorali appena istituiti, affidando ai laici la responsabilità delle strutture parrocchiali. Il 1º ottobre 2005 entrò a Summaga, cercando nuove forze per adempiere al meglio, a 64 anni, il suo ministero. Al di là della riforma Fornero, il sacerdote può ritirarsi dal servizio attivo solo a 75 anni, ma, data la carenza di sacerdoti, “strac o no strac”… don Giuseppe auguri di buon proseguimento della sua missione tra noi! L.M.

1

2

3

1. Foto ricordo ufficiale dei diaconi una settimana prima dell’ordinazione sacerdotale. In prima fila, seduti, da sinistra: mons. Guglielmo Fratta, rettore del Seminario, il vescovo Vittorio de Zanche, mons. Domenico Corelli, padre spirituale del seminario. In seconda fila, da sinistra: don Giacomo Tolot, don Sergio Giavedon, don Giuseppe, don Tarcisio Toffolon, don Matteo Pasut, don Aniceto Cesarin, don Giacomo Santarossa. 2. Annone Veneto, 29 giugno 1965. Ordinazione sacerdotale. Da sinistra a destra: don Tarcisio Toffolon (già parroco di Lison), don Giacomo Santarossa (attuale parroco di Vigonovo), don Matteo Pasut (già parroco di Azzanello e Erto, oggi cappellano di Casa Serena, nel 1976 a Buenos Aires celebrò messa avendo come assistente il futuro papa Bergoglio, allora giovane cappellano), don Giuseppe Melchiori (missionario Fidei Donum, morto a Rio de Janeiro), don Giu-

6


Speciale QUI SUMMAGA 4

5

6

7

seppe Liut, don Sergio Giavedon (già parroco di Maniago), don Aniceto Cesarin (parroco di San Quirino, Sedrano e San Foca).

6. Annone Veneto, 30 giugno 1965. Prima messa solenne. La comunione di mamma Silvia e papà Sante.

3. Annone Veneto, 29 giugno 1965. Ordinazione sacerdotale. Il vescovo De Zanche, assistito da padre Corelli durante il rito dell’imposizione delle mani.

7. Annone Veneto, 30 giugno 1965. Don Giuseppe con Imelda, Lorenzo e Giannina.

4. Prima messa. Ingresso di don Giuseppe a San Vitale di Annone Veneto. In primo piano, a sinistra don Luigi Tesolin e don Giuseppe Gianotto, a destra don Arturo Antoniutti. In fondo, al centro, il fratello Lorenzo, gli zii Rita e Pietro, cugini, parenti ed amici.

8. La benedizione apostolica inviata da papa Paolo VI per l’ordinazione sacerdotale.

5. Annone Veneto, 30 giugno 1965. Prima messa solenne. Con don Giuseppe nella foto don Giuseppe Gianotto, oggi parroco di Pramaggiore (a sinistra) e don Valeriano Barbon.

7

8


Speciale QUI SUMMAGA

LE CHIESE DI DON GIUSEPPE

1965, Annone Veneto, San Vitale

1965-1970, Zoppola, San Martino

1970-1975, Portogruaro, B. M. Vergine Regina

1993-2005, Pordenone, Immacolata Concezione

1975-1993, Domanins, San Michele

Dal 2005 ad oggi, Summaga, Santa Maria Maggiore


Speciale QUI SUMMAGA

GIUBILEO DI ORDINAZIONE PRESBITERIALE DI DON GIUSEPPE LIUT Lo scampanio a festa della nostra chiesa abbaziale, domenica 5 luglio, ha chiamato la comunità all’eucarestia in ringraziamento per i cinquant’anni di sacerdozio di don Giuseppe. La Santa Messa, è stata concelebrata da mons. Umberto e fra Licinio del convento dei frati cappuccini di Portogruaro. L’ingresso solenne in chiesa è stato accompagnato dal Tu es sacerdos secundum ordine Mechisedech, di don Giuseppe Russolo, dal coro Ermens che ha poi continuato a “cantare messa” in alternanza con i cori le Voci dell’Abbazia e Le Rondinelle. All’inizio don Giuseppe ha invitato il Padre a donarci la luce dello Spirito perché sappiamo riconoscere la sua gloria e la sua infinita misericordia; l’assemblea si è unita con devozione alla liturgia, nonostante il caldo (i chierichetti si asciugavano con le maniche della veste i goccioloni il sudore e si slacciavano i colletti per trovare un po’ di sollievo)… offrendo il tutto per il bene della Chiesa. Sono seguite le letture: dal libro del profeta Ezechiele, dove il profeta parla del suo ruolo di annunciatore della Parola di Dio, ascolti o non ascolti il popolo; dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi che invita “a non montare in superbia”, letture

particolarmente adatte alla ricorrenza, come la pagina del Vangelo secondo Marco (Mc 6, 1-6): «In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?” Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. Parola del Signore». L’omelia di mons. Giancarlo Stival, riprendendo le letture e il Vangelo, ha esposto all’assemblea il dono dell’ordinazione e il suo grande valore di servizio per i fedeli. «Per ricordare il cinquantesimo anniversario della sua ordinazione presbiteriale e per rendere grazie a Dio, con tutti voi, per i cinquant’anni di ministero nella

9

Chiesa, don Giuseppe ha chiesto aiuto al beato papa Paolo VI, mettendo nel santino-ricordo una riflessione che il grande pontefice del Concilio e della sua attuazione aveva espresso il 22 agosto del 1968 nell’omelia della ordinazione di duecento presbiteri e diaconi a Bogotà, durante il suo viaggio apostolico in Bolivia. Il beato Paolo VI invitava i novelli preti e diaconi ad entrare in dialogo con Gesù, e predicava pregando e sottolineando la fondamentale importanza della presenza e grazia di Cristo nella vita del prete e del cristiano: “Tu sei necessario, Tu sei sufficiente per la nostra salvezza”. E sulla linea di una specie di santa “pretesa” alla comprensione e alla consapevolezza aggiungeva: “Fa’, o Signore, che noi comprendiamo questa fondamentale verità. E fa’ che noi comprendiamo come noi, sì noi, misera argilla umana presa nelle Tue mani miracolose, siamo diventati ministri di codesta unica Tua efficiente mediazione. Toccherà a noi, come Tuoi rappresentanti, come distributori dei Tuoi divini misteri, diffondere i tesori della Tua parola, della Tua grazia, dei Tuoi esempi fra gli uomini, ai quali, da oggi, è totalmente e per sempre dedicata tutta alla nostra vita.


Speciale QUI SUMMAGA Codesta meditazione ministeriale ci pone, fragili e umili uomini come ancora restiamo, in una posizione, sì, di dignità e d’onore, di podestà, di esemplarità, che qualifica moralmente e socialmente la nostra vita, e tende ad assimilare il sentimento della nostra coscienza personale a quello stesso, che riempì il Tuo cuore divino, o Cristo, essendo resi noi pur, quasi con Te, in Te conviventi, sacerdoti e vittime insieme, protesi con tutto il nostro essere a compiere, come Te, o Signore, la volontà del Padre obbedienti fino alla morte, come Tu fosti fino alla morte di croce, per la salvezza del mondo”. Parla, papa Paolo VI, e a lui guarda il vostro don Giuseppe in questo giorno di festa e di riconoscenza a Dio, di fragilità (“argilla”), ma anche di grande dignità. Onore, podestà, esemplarità. E strumento del cambiamento da argilla a dignità, onore, podestà nella comunità dei credenti, sono le mani di Dio, quelle mani miracolose che modellano, formano, creano, a sua immagine e somiglianza, e rendono, come Cristo, sacerdoti (ecco la grande dignità, ecco l’onore!) e vittime (ecco la fatica, la sofferenza, il peso, l’espressione somma dell’amore). C’è una bella preghiera di papa Paolo VI che chiarisce il mistero delle mani di Dio, fa comprendere come ci lavora il Signore:

Ricordati Signore, che sono tua creatura; ricordati che tu mi hai suscitato alla vita. Ed ecco sono creatura nelle tue mani, argilla deforme e immagine del tuo volto. Io sono fragile nelle tue mani potenti, ma le tue mani sono pietose, sono pietose anche quando ci opprimono. Le tue mani sorreggono e sostengono, le tue mani puniscono e vivificano.

Mani potenti, mani pietose, sempre. Nel mistero dell’ordinazione di un prete, le mani di quel giovane, fresco di seminario, diventano come le mani di Dio. Lo diceva con una bellissima immagine, partendo dalla chiesa quale mistico Corpo di Cristo, e individuando per ciascuna categoria, un compito specifico, il vescovo di Aquileia, San Cromazio, il pastore che diede origine alla nostra santa Chiesa di Concordia, dedicando la basilica, ordinando il primo vescovo. Commentando dal Vangelo di san Matteo, quello che viene definito il “Discorso sulla vita della Chiesa”, san Cromazio, riferendosi alle membra che danno scandalo e che Gesù invita a recidere, dice: “Nella mano com…L’ho sempre onestamente ammirato e anche un po’…se si può dire in chiesa, è perdonato, un po’ invidiato per una sua qualità: la capacità di mettersi accanto alle persone, ascoltarle a lungo e di parlare con loro tanto, anche nelle situazioni più semplici…

prendiamo che vengano raffigurati presbiteri, le cui opere sono necessarie alla Chiesa per ogni cosa, come le mani al corpo, dei quali troviamo scritto nel Cantico: Le sue mani, cioè quelle del corpo della Chiesa, sono come anelli d’oro incastonati di pietre preziose”. Le mani del prete sono piene dei doni di Dio: quelle mani battezzano, assolvono dai peccati, benedicono, consolano, accarezzano, offrono il Pane della Vita, spesso sono tramite della carità del popolo di Dio. Piacciono, quelle mani, sono preziose quelle mani, danno sicurezza, quelle mani. Soprattutto quando, preti e fedeli, facciamo esperienza di fragilità, e cerchiamo sicurezza, una mano che ci sollevi, che ci accompagni… Sono il prolungamento delle “mani pietose” di Dio; forse il popolo di Dio dimentica che le mani di Dio sono pietose, esprimono amore, anche quando “ci opprimono”, quando “puniscono”, per usare l’espressione del beato Paolo VI, ma “vivificano”, danno vita, sempre. Al prete per continuare ad essere prolungamento delle mani …quando ho varcato la soglia di questa vetusta e splendida chiesa abbaziale ho avuto il sentimento della straordinaria sacralità di questo luogo. È un luogo santo. Prima di tutto perché è una chiesa in cui abita Dio il tre volte santo, ma è un luogo santo anche perché lungo i secoli l’hanno santificato con la loro presenza e le loro preghiere donne e uomini santi…

Summaga, primo ottobre 2005, santa messa d’ingresso. Mons. Piero Cesco presenta il nuovo parroco alla comunità; intervento di don Giancarlo Stival; discorso di don Giuseppe.

10


Speciale QUI SUMMAGA

Mons. Giancarlo Stival, abate di Santa Maria in Sylvis di Sesto al Reghena durante l’omelia. Seduto a fianco di don Giuseppe c’è mons. Umberto Fabris. (Viviamo Summaga).

di Dio, per non essere di scandalo, viene a volte richiesto non soltanto di consolare, accarezzare, consolare, dare, ma anche di trattenere, scuotere, chiedere qualcosa. Perché anche la mano del prete, a volte può essere vuota, bisognosa di qualcosa e di qualcuno. A volte può apparire ed essere ruvida, spigolosa, tremante. La Parola di Dio che abbiamo ascoltato in questa domenica ci riporta alle difficoltà che deve affrontare colui che è mandato ad annunciare la parola, al punto che al profeta viene detto, con estrema chiarezza e determinazione di non preoccuparsi se non c’è una risposta: “Ascoltiamo o non ascoltiamo… sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro”.

Così ha fatto il Signore Gesù di Nazaret, quando i suoi paesani non hanno voluto credere alle sue parole, quando sono riusciti perfino ad impedirgli di guarire malati e portare conforto ai sofferenti, come abbiamo sentito dal Vangelo di Marco. Non interessavano le parole del Signore, non interessava l’annuncio della presenza di un Dio pieno d’amore che chiama tutti al cambiamento, ad una risposta d’amore al suo amore. No. Loro sapevano che mestiere aveva esercitato Gesù, il falegname; conoscevamo sua madre, i suoi parenti… Nelle nostre comunità può capitare più o meno lo stesso: il prete viene da quel paese, è stato in quelle parrocchie, ha un dato numero di anni. Sappiamo tutto,

non serve altro. Lui è lì non per fare sapere chi è, da dove viene, cosa ha fatto; il Signore gli chiede di parlare, “ascoltiamo o non ascoltiamo”. Il Signore al profeta Ezechiele raccomanda: “Ma tu, figlio dell’uomo, non li temere, non avere paura delle loro parole”. Gli viene chiesto di essere lì, come scrive san Gregorio di Nazianzo, sulla soglia della chiesa, sulla porta, quasi a resistere a quelli che stanno dentro che lo vorrebbero tutto e solo per loro, per le loro devozioni, per le loro tradizioni, esigenze, sensibilità, magari incollato all’altare; e deve resistere a quelli che quella soglia non intendono oltrepassarla, e che lo “sfidano” quasi a lasciare quella Chiesa, sempre quella, superata, antiquata, noiosa, forse. San Gregorio aveva cercato di scappare da quella posizione così scomoda, che non accontenta nessuno. Ma aveva capito che neanche la croce di Gesù non accontenta nessuno, neanche le parole del Vangelo accontentano tutti, ed era ritornato lì, su quella porta, forse a non accontentare nessuno: “Ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno…”, quelli dentro che c’è gente anche fuori, quelli fuori che la porta è aperta, e dentro c’è chi li aspetta, soprattutto sapranno che Dio non si stanca di attendere, non si

I familiari di don Giuseppe in prima fila alla messa delle nozze d’oro sacerdotali nell’abbazia gremita.

11


Speciale QUI SUMMAGA rassegna a perdere nessuno. Dopo cinquant’anni di ministero, allora, che possiamo dire? Il vostro don Giuseppe, mezzo secolo fa, ha iniziato l’avventura, con l’entusiasmo dei giovani e forse anche con un pizzico di “santa” incoscienza. Si è messo su quella porta. La situazione però era diversa. Dentro c’erano quasi tutti, ed erano rispettosi sempre, ossequienti, disponibili: salutavano, vedevano nel prete un dono di Dio, sempre, si sentivano onorati della sua presenza… Quelli fuori erano relativamente pochi, ma comunque ossequienti, vedevano nel prete un’autorità. Stare sulla porta non era così pesante. Poi le cose sono cambiate: risultati sempre meno, risposte sempre più risicate. I buoni vecchi, benemeriti ed eroici nella loro fede e fedeltà alla Chiesa, nella tomba si sono portati anche il senso cristiano della società, della famiglia, del tempo, delle cose… La stessa Chiesa ha chiesto cambiamenti non di poco, sul ruolo, la funzione, il ministero. Alcuni, di fronte ai cambiamenti, alla scarsità di risultati, si sono sentiti non più utili, e hanno cercato da altre parti. In molti, grazie a Dio, siamo rimasti, chiedendo a Dio di farci “comprendere”, magari, come ha fatto anche don Giuseppe, riprendendo la cartella dello studente oltre la quarantina, nel timore di non essere all’altezza, di non avere

Il discorso di Roberto Pastorini a nome del Consiglio pastorale.

dentro abbastanza da dare. Probabilmente non molto cambiato. Eppure siamo qui per dire grazie a Dio per questi cinquant’anni di ministero, svolto in diverse comunità, l’una diversa dall’altra, con sensibilità ed esigenze, lingua e stili diversi: Zoppola non era la Beata Vergine Regina di Portogruaro, e questa era diversa da Domanins, e Domanins non era come l’Immacolata di Pordenone, che era diversa da Summaga. Grazie, perché ha saputo ricominciare sempre; perché ha creduto che la parola di Dio valeva la pena ripeterla e annunciarla, che tutti dovevano sapere che Dio non si stanca, non si chiude, parla sempre e sempre è in ascolto. Grazie, perché don Giuseppe non ha preso paura del suo essere “argilla” fragile, ma ha pensato soprattutto alle mani forti di Dio. Le spine dell’Apostolo Paolo e di ogni ministero nella Chiesa, anzi di ogni cristiano, fanno risuonare la parola di Gesù: “Ti basta la mia grazia”. Grazie al Signore perché come Gesù dopo l’insuccesso di Nazaret ha continuato il suo giro di predicazione e di annuncio per i paesi dei dintorni, don Giuseppe e tanti preti, non più giovani, sono sempre ripartiti, facendo risuonare dentro di sé una certezza fantastica: “Infatti quando sono debole, allora sono forte”, perché il nostro Dio ha pietà e tenerezza

per i poveri, i deboli, piccoli. È il cantico di Maria, il Magnificat, esaltazione della bontà di Dio verso i più poveri e deboli, di generazione in generazione. Il beato Paolo VI terminava la sua preghiera al Dio dalle mani forti e pietose, dicendo: Io abbandonerò ad esse la vita mia, il dono che tu mi hai fatto io ti confiderò. Dove niente si perde, perderò l’essere mio, in te, Signore, mio principio e mia fine. Amen

Io vorrei chiudere con una storiella, una piccola parabola: C’era un uomo, buono e bravo, che non riusciva a capire il modo di comportarsi del Signore. Non capiva perché non intervenisse a fermare i prepotenti, perché non desse una rivoltata a questo mondo. E diceva: “Quando muoio, vado io dal Signore, ed esigo che mi spieghi perché ha lasciato il mondo andasse in malora! Quando morì, si presentò alla porta del paradiso, e siccome era stato un brav’uomo, onesto e giusto, devoto ecc., san Pietro con un sorriso da un orecchio all’altro lo invitò ad entrare. “Eh, no!, disse quell’anima quasi beata, prima voglio scambiare due chiacchere con il Padrone del mondo, devo chiedergli alcune co-

...Da alcuni anni sono il vicepresidente del Consiglio pastorale e questo mi ha permesso di stargli un po’ più vicino e poter cogliere alcuni aspetti che da lontano mi erano sfuggiti: la sua sincerità legata alla schiettezza, la sua onestà intellettuale e la sua disponibilità. Non per ultimo la lotta fatta assieme per l’unità pastorale per dare un futuro alla comunità mi ha fatto capire quanto ci tenga a Summaga e alle sue persone. Grazie don Giuseppe da parte di tutta la comunità, del Consiglio pastorale, del Consiglio per gli affari economici, di tutte le associazioni parrocchiali e non solo quelle, per quello che ha svolto e per quello che svolgerà per questa comunità che oggi si stringe intorno a lei come gli apostoli si stringevano intorno a Gesù per stare con lui…

12


Speciale QUI SUMMAGA

La pergamena donata dall’Associazione Viviamo Summaga.

13


Speciale QUI SUMMAGA

Consegna dei doni delle associazioni e dei gruppi parrocchiali. (Viviamo Summaga).

sette…”. San Pietro non si impressionò più di tanto, gli indicò una fila più lunga di quella alle poste quando scade l’abbonamento alla TV, e disse: “Prego, mettiti in fila”. Con pazienza quell’uomo fece la fila, e finalmente arrivò davanti al buon Dio, che gli sorrise, lo invitò ad accomodarsi, e gli chiese: “Ebbene, cosa c’è che non va?”. “Come cosa c’è che non va? Non va niente! Ma, scusate, Signore, da quassù non vedete quello che succede laggiù? Cattiverie, ingiustizie, crudeltà, porcherie ecc. ecc. E voi, Signore, cosa avete fatto? Perché non avete fermato quello e quell’altro?” e avanti così con re-

La lettera augurale e di benedizione apostolica inviata da papa Francesco. (Viviamo Summaga).

soconto dettagliato di novant’anni di disastri sulla terra. Il buon Dio non apparve neppure tanto sorpreso. Sorrise e rispose: “Brav’uomo, io rispondo come ho fatto con tutti quelli che erano in fila prima di te. Che ho fatto? Ho fatto quello che ho potuto. Meglio: ho fatto quello che mi avete lasciato fare!” Don Giuseppe, come tanti altri preti ha fatto quello che ha potuto, ma l’ha fatto per mezzo secolo. Ha fatto quello che gli avete lasciato fare, voi e le altre comunità che ha servito, ciò cui avete collaborato, e certamente continuerete a collaborare. Grazie al buon Dio, grazie a don Giuseppe e grazie anche a voi». All’offertorio, un bambino, Nicola, ha offerto il sacro calice, lo stesso dell’ordinazione sacerdotale di cinquant’anni fa. È seguita l’offerta del pane e del vino da alcuni compaesani, in rappresentanza dei vari gruppi della comunità. L’assemblea, per unirsi sacramentalmente al sacrificio eucaristico col celebrante, si è accostata nella quasi totalità alla comunione.

La natività in ceramica di Deruta che l’Associazione Viviamo Summaga ha donato a don Giuseppe. (Viviamo Summaga).

14

Alla fine della messa, il vicepresidente del consiglio parrocchiale pastorale ha presentato tre lezionari che don Giuseppe ha donato a sua volta alla comunità, una casula rossa, e la pergamena con la benedizione plenaria di Sua Santità papa Francesco. I giovani di Viviamo Summaga hanno regalato una Preghiera di invocazione allo Spirito Santo e un presepio artistico in ceramica per ampliare la sua collezione. Ha preso poi la parola il neo sindaco, Maria Teresa Senatore, esponendo due riflessioni: ha riconosciuto la partecipazione della comunità a tutti gli eventi, dimo-


Speciale QUI SUMMAGA

INSIEME A SAN TOMÈ

L’intervento del sindaco di Portogruaro.

strando una grande coesione e ha sottolineato l’importanza dei cinquant’anni di fedeltà al sacerdozio di don Giuseppe, paragonabili ai cinquant’anni di matrimonio di una coppia: quello che sostiene e unisce è sempre l’amore! A nome dell’Amministrazione ha fatto dono di una targa d’argento. È intervenuto, infine, il Vicario foraneo, don Elvio Morsanuto, che, con i suoi auguri, ha invitato don Giuseppe ad andare avanti a piccoli passi e a non “stracarsi”… Don Giuseppe ha ringraziato l’assemblea con il santino con Cristo Pantocratore per la vicinanza dimostrata. Rinnovando il suo sì al Signore per il resto della vita, ha poi esteso a tutti la benedizione del papa. Il canto finale: Canticorum jubilo di Hendel ha chiuso la liturgia. All’uscita dalla chiesa, dopo “il sacro”, “il profano” ha completato la festa con il rinfresco, preparato dal solito gruppo di volontari che si supera ogni volta… grazie!!! L.M.

San Tomè di Dardago. Da sinistra a destra: don Giacomo Tolot, don Sergio Giavedon, don Giuseppe Liut, don Matteo Pasut, don Giacomo Santarossa, don Maurizio Busetti, don Aniceto Cesarin.

Mercoledì 10 giugno un gruppo di sacerdoti hanno voluto celebrare il ricordo della loro Ordinazione Sacerdotale di quel lontano 29 giugno 1965 insieme a San Tomè, ospiti del parroco don Maurizio. Alle 11.30 è iniziata la celebrazione. Presiedeva uno di loro, don Matteo Pasut e concelebravano: don Aniceto Cesarin parroco di San Quirino, don Sergio Giavedon, economo del Seminario Diocesano, don Giuseppe Liut, parroco di Summaga, don Giacomo Santarossa, parroco di Vigonovo, don Giacomo Tolot, parroco di Vallenoncello e il nostro parroco. Tra i canti e le preghiere di rito risuonavano piacevolmente i cinguettii degli

uccelli del bosco che facevano da sfondo musicale. San Tommaso con il suo dito puntato indicava il Cristo, primo riferimento della vita sacerdotale. Quasi per tutti era la prima volta che entravano nella chiesetta ai piè delle rocce e grande ne è stato l’apprezzamento della decorosa cura che gode dal paese. Molto apprezzate anche le otto nuove panche di legno massiccio allestite dalla falegnameria locale di Gianni Zambon che rendono la chiesetta più imponente. Una fotografia, una preghiera, un ultimo saluto ed è trascorsa la bella mattinata. El plevan, don Maurizio Busetti

Il saluto del vicario foraneo don Elvio Morsanuto; la tavolata che ha accolto attorno a sé tutte le persone venute per festeggiare don Giuseppe.

15


Speciale QUI SUMMAGA

Lettera aperta Carissimo don Giuseppe, sono già dieci anni che è con noi… come passa il tempo! Probabilmente le verrà spontaneo andare con la memoria ancora più indietro nel tempo, al lontano 29 giugno 1965, quando ha detto sì al Signore ed è diventato presbitero: quante emozioni e riflessioni, ma soprattutto quanto impegno per rispondere al meglio alla chiamata! Quanta fede nell’aiuto dello Spirito Santo per superare le difficoltà, per “incontrare” il prossimo, andando al di là dei difetti che ognuno di noi ha e ricominciare con umiltà la strada insieme! Sappiamo che ha obbedito al vescovo ed è venuto tra noi, quando pensava ormai di potersi dedicare con più tranquillità alle sue amate letture e agli studi teologici. Non è stata un’impresa leggera capire e farsi capire, come si sa l’adattamento richiede tanta buona volontà e intelligenza nello scoprire le particolarità del prossimo, soprattutto ci si mette alla prova nella pratica dei valori in cui crediamo, primi fra tutti l’amore e la compassione. È stata un’occasione per noi per crescere, per lei di lasciare che operasse la Provvidenza. Ci ha spiegato ogni giorno, anche durante la messa feriale, il Vangelo, cercando di arricchirci con l’etimologia dei termini, l’illustrazione dei simboli e l’approfondimento dei contenuti, facendosi spesso trasportare dall’entusiasmo della conoscenza… Ci ha appassionato alla comprensione dell’arte sacra e alla lettura della vita dei santi e… all’ammirazione dei presepi! Abbiamo imparato a vedere dietro ai suoi modi talvolta bruschi, l’animo di chi si mette in relazione con la schiettezza di un bambino, allora ci stupisce con l’ingenuità e la freschezza delle sue battute. Nel ruolo di uomo di Dio, ci ha provocato, quando ci ha richiamato al nostro dovere di essere sale e lievito per la comunità, affidandoci compiti che credevamo propri dell’autorità e investendoci di nuove responsabilità di partecipazione consapevole alle sacre funzioni, alle assemblee e organismi parrocchiali ed perché no, alle feste della comunità.

“Grazie Signore Gesù perché io misera argilla umana presa nelle Tue mani miracolose mi hai fatto ministro dell’unica Tua efficiente mediazione tra Dio e l’umanità” Beato Paolo VI

Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma è lasciare che Cristo prenda possesso della nostra vita e la trasformi

Oggi le siamo grati per tutto questo e festeggiamo assieme a lei il grande traguardo raggiunto: cinquant’anni di sacerdozio! Auguri da tutta comunità!

Papa Francesco

16


Speciale QUI SUMMAGA

“SANTINI” E COMMEMORAZIONE DELL’ORDINAZIONE PRESBITERIALE La mostra che anche quest’anno Giovanni Falcomer, per il terzo anno consecutivo, sostenuto e aiutato da Luigino e Mario Zavattin, ci ha presentato nella chiesetta di Santa Elisabetta ha lo scopo di continuare a farci conoscere questo tipo di “arte minore”. Credo sia molto difficile sottrarsi al fascino esercitato da una collezione di “santini”, fenomeno ricco di fascino e di misticismo, oggetto di istruzione catechistica, di divulgazione delle storie sacre e della vita di santi, ornamento dei diversi luoghi di culto. In che modo questi oggetti, collezionati con tanta curiosità e con tanto amore, continuano ad esercitare la loro seduzione? Il visitatore di immaginette è innanzitutto colpito dall’aspetto esteriore, dai colori, dalle sembianze. È in fondo questa la molla che il realizzatore dell’immaginetta ha ideato per richiamare l’attenzione di chi guarda ed invogliarlo in tal modo a pensare a cose più profonde, più complesse, più costruttive, in un successivo interiore riesame di quanto ha visto. Sarà poi la preghiera stampata sul retro a completare lo scopo istitutivo dell’immaginetta.

L’immaginetta sacra, da oggetto di devozione, nel tempo si è diversificata ed è stata utilizzata anche come documento testimone di un evento privato quale l’annuncio a parenti ed amici di un battesimo, di una comunione, dell’ordinazione sacerdotale, del possesso canonico di una parrocchia, della scomparsa di una persona cara o, assumendo un ruolo più sociale, come l’annuncio di importanti festività religiose. In questo numero di «Qui Summaga» abbiamo scelto di proporvi, in onore del giubileo di don Giuseppe, i santini di alcuni sacerdoti, nati o vissuti a Summaga: sono allegorie, metafore, emblemi, figurazioni di una concezione della vita che ci aiutano ad entrare in intimità con il committente e “pregare” con lui; toccano corde emotive che tramite la vista possono accendere autentici sentimenti di fede e devozione. Ecco l’immagine scelta nel lontano 1965 da don Giuseppe: l’immagine rappresenta l’invito a chi si consacra di andare nella vigna del Signore (Matteo 20,7); nel 25° ammiriamo una bellissima icona dell’ultima cena, l’eucarestia cuore del prete e della co-

17

munità cristiana. Don Giuseppe Andreon invece si è direttamente richiamato al fondatore della sua congregazione missionaria, il santo Daniele Comboni e la chiamata vocazionale dal profeta Isaia (6,8). Per il 25° don Umberto ha scelto invece Gesù che accoglie i bambini ossia i più deboli, i bisognosi di attenzione amorosa. La candela simbolo di Cristo luce del mondo e l’eucarestia nutrimento divino per don Giuseppe Defend. Il sacerdote che celebra l’eucarestia e il cuore di Gesù è la scelta di don Emmanuele Dal Mas nel 1939. Il collezionare “immaginette” non è però solo un hobby, è anche lo spunto per profondi studi iconografici, grafici, artistici, socioreligiosi. Il santino è un segno e i segni hanno una loro grammatica e sintassi. Sarebbe, questo, un interessante campo di studi da approfondire: la cosiddetta “semantica dei santini”. Il nostro amico Gianni con grande entusiasmo mette a disposizione la sua vasta collezione per tutti coloro che volessero inoltrarsi in questa materia e spiegarci quello che di solito ci accontentiamo di intuire. L.M.


Speciale QUI SUMMAGA

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

1, 2, 3. Ordinazione, 25° e 50º di sacerdozio di don Giuseppe Liut (Annone Veneto, 1957 – Domanins, 1990 – Summaga, 2015). 4. Sacra ordinazione e prima messa solenne di padre Giuseppe Andreon, missionario comboniano (Verona – Summaga, 1959). 5,6. 25° di don Umberto Fabris (Maniago, 1957 – Summaga, 1982). 7, 8, 9. 30º di sacerdozio di don Giuseppe Defend, parroco di Lison, già cappellano a Summaga negli anni Cinquanta, (Lison, 1956 – 1986).

10. Ordinazione sacerdotale e prima messa del salesiano don Emmanuele Dal Mas (Torino – Summaga,1939). 11, 12, 13. 25º di don Emmanuele Dal Mas (Torino, 1939 – Prosecco, 1964). 14. Ordinazione sacerdotale di don Renzo Stefani, 1971. 15. Ordinazione di don Andrea Della Bianca, don Lelio Grappasonno, don Angelo Grillo, don Alessandro Tracanelli (Concordia, 2000).

18


Speciale QUI SUMMAGA

13

14

15

16

17

18

19

20

21

22

23

24

16. Ordinazione di don Roberto Tondato (1998). 17. 50º di ordinazione del cappuccino padre Pacifico Marostica (Venezia, 1924 – Portogruaro, 1974). 18. 30º di sacerdozio di don Mario Barbareschi (Milano, 1919-1949). 19. Ordinazione di don Odorico Raffin (Fossalta di Portogruaro, 1950). 20. 60º di sacerdozio di mons. Giuseppe Pellarin (Pordenone, 1946 – Portogruaro, 2006); 40º di mons. Piero Cesco e don Giuseppe Russolo

(Casarsa, 1966 – Portogruaro, 2006). 21. 60º di sacerdozio di don Secondo Bergamo (Concordia, 1924 – Azzanello, 1984). 22. Prima messa di don Vito Furlanis (Concordia, 1955). 23. 50º di sacerdozio di Fra Ermacora (Bassano del Grappa, 1897 – Udine, 1947). 24. 50º di sacerdozio di don Giuseppe Bottegaro (Trieste, 1877-1927).

19



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.