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NEWS DAL MONDO
QUANTO SONO DIFFUSI I GENI DI RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI NEGLI ISOLATI DI SALMONELLA ENTERICA DI ORIGINE ANIMALE?
Una revisione sistematica della letteratura condotta dai ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) evidenzia che negli isolati di Salmonella enterica di origine animale sono presenti numerosi geni di resistenza ad antibiotici di importanza critica per la cura delle infezioni umane. In particolare sono stati individuati geni di resistenza ai chinoloni e ai fluorochinoloni, soprattutto nel pollame, seguiti da geni di resistenza ai β-lattamici e agli aminoglicosidi, presenti principalmente nei suini. Lo studio è stato pubblicato su Research in Veterinary Science. I sistemi alimentari sono un punto cruciale nell’epidemiologia delle resistenze perché legano strettamente uomo e animale suggerendo che la salute sia unica (One Health). Infatti i batteri resistenti si possono trasmettere dagli animali all’uomo sia con il contatto uomo-animale, sia attraverso il consumo di alimenti di origine animale contaminati. Inoltre l’aumento di batteri resistenti circolanti nell’ambiente può essere dovuto al trasferimento di materiale genetico fra batteri, che possono scambiarsi geni responsabili dei meccanismi di resistenza. La maggior parte degli antibiotici utilizzati attualmente in veterinaria è principalmente attiva contro gli enterobatteri, un’importante famiglia di batteri Gram negativi che comprende anche Salmonella ed Escherichia coli. Questi batteri sono comunemente presenti nell’intestino degli animali e sono responsabili di infezioni opportunistiche sia nell’uomo che negli animali. Sono inoltre una potenziale minaccia per la salute pubblica perché possono sviluppare e diffondere rapidamente geni di resistenza all’interno sia della specie stessa, sia di specie batteriche diverse. https://doi.org/10.1016/jrvsc.2019.08.022






TRATTAMENTO AD ALTA PRESSIONE: ALIMENTI SICURI E DI QUALITÀ
PARMIGIANO REGGIANO: BLOCCATA LA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO “KRAFT PARMESAN CHEESE”

Gli esperti dell’EFSA hanno valutato la sicurezza e l’efficacia del processo HPP sugli alimenti e, più specificamente, se possa essere usato per limitare la proliferazione di Listeria monocytogenes negli alimenti pronti al consumo (RTE) e come alternativa alla pastorizzazione termica del latte crudo. L’HPP è una tecnica di conservazione degli alimenti non termica che elimina i microorganismi responsabili di malattie o che possono avariare i cibi. Utilizza una pressione intensa per un dato periodo di tempo senza alterare gusto, consistenza, aspetto e valori nutrizionali. L’HPP può essere usato in diverse fasi della filiera di produzione degli alimenti, di solito su prodotti preconfezionati. Può venire applicato a materie prime come il latte, i succhi di frutta e i frappè, ma anche a prodotti che sono già stati lavorati come la carne cotta affettata e i prodotti alimentari RTE. In quest’ultimo caso riduce in essi la contaminazione proveniente dall’ambiente di produzione, per esempio durante l’affettatura e la manipolazione. Questo metodo di trasformazione degli alimenti riduce i livelli di Listeria monocytogenes nei prodotti alimentari RTE a base di carne, a determinate combinazioni tempo-pressione specificate nel parere scientifico. In generale più lunga è la durata e l’intensità della pressione, maggior riduzione si ottiene. L’HPP si è rivelato efficace anche nel diminuire i livelli di altri agenti patogeni come Salmonella ed E. coli.

Non è passato il tentativo del gruppo Kraft Foods Group Brands LLC di registrare il marchio “KRAFT PARMESAN CHEESE” in Ecuador. L’Ufficio competente in Ecuador, dopo avere ricevuto l’opposizione formale del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, incaricato della tutela della DOP in tutto il mondo, ha stabilito che la richiesta della multinazionale americana non può essere accolta in quanto il marchio “presenta somiglianze significative con la denominazione di origine protetta, approfittando indebitamente della notorietà, della qualità e di altre caratteristiche di quest’ultima dovute esclusivamente all’ambiente geografico in cui viene prodotta”.
La decisione rappresenta una vittoria importante per il sistema delle Indicazioni Geografiche nel continente americano poiché viene ribadita l’importanza fondamentale del legame tra prodotto, territorio e Denominazione di Origine. La decisione dell’Ufficio Ecuadoriano ha dimostrato, in punta di diritto, che il nome Parmesan non è necessariamente generico al di fuori dell’Unione Europea, come invece vorrebbero varie multinazionali e associazioni di categoria.
In aggiunta agli aspetti legali, la battaglia contro la genericità del nome Parmesan che il Consorzio combatte in tutto il mondo, con sforzi economici molto importanti, in sinergia con oriGIn, ha risvolti estremamente concreti per le persone e per le loro abitudini di vita. Il termine Parmesan evoca infatti la denominazione di origine Parmigiano Reggiano e, nei Paesi in cui non esiste tutela, il consumatore medio può essere facilmente ingannato e spinto all’acquisto di un prodotto che sembra italiano ma che in realtà non ha nulla a che fare con l’Italia. Tesi confermata anche dalle autorità ecuadoriane: “è chiaro che il marchio potrebbe essere ingannevole e colpire il consumatore, che non sarebbe in grado di prendere una decisione consapevole sul mercato”.
Nel 2008, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito con una sentenza che solo il formaggio Parmigiano Reggiano DOP possa essere venduto con la denominazione Parmesan all’interno dell’Unione europea. Pertanto, l’utilizzo del termine Parmesan per designare formaggi duri e grattugiati non conformi al disciplinare di produzione della Denominazione di Origine Protetta (DOP) Parmigiano Reggiano è una violazione di quest’ultima nell’UE.
PIANO NAZIONALE DELLE ATTIVITÀ DI CONTROLLO SUI PRODOTTI CHIMICI 2022
Il Piano è stato predisposto dal Ministero della Salute con la collaborazione del Gruppo tecnico interregionale REACH – CLP, con il Centro nazionale delle sostanze chimiche, prodotti cosmetici e protezione del consumatore dell’Istituto superiore di sanità e la Rete dei laboratori di controllo in attuazione all’accordo Stato/Regioni del 7 maggio 2015. Il sopracitato Piano favorisce la partecipazione italiana al progetto REF10 del Forum dell’ECHA che mira al controllo integrato sui prodotti laddove siano coinvolte altre normative oltre al regolamento REACH, quali il regolamento POPs, la Direttiva RoHS e la Direttiva Giocattoli, invitando alla cooperazione fra diverse autorità coinvolte. Sul sito www.alimentinews.it è disponibile il download del documento.

G7 STRAORDINARIO SULL’AGRICOLTURA

Durante la riunione del G7 straordinario sull’Agricoltura, tenutasi l’11 marzo 2022, sono stati posti al centro della discussione i temi riguardanti le ripercussioni del conflitto fra Russia e Ucraina sui sistemi agroalimentari globali e locali. In particolare, è stato ribadito di sostenere la ripresa del settore agricolo in Ucraina e di cooperare con i Paesi più vulnerabili che subiranno conseguenze dalla guerra in termini di sicurezza alimentare. Il Ministro Patuanelli ha sottolineato che l’aumento generalizzato di quasi tutte le materie prime e dei costi energetici sta progressivamente erodendo la redditività di tutti i Paesi, evidenziando come sia fondamentale fornire una valutazione minuziosa dei Paesi più bisognosi, oltre a monitorare e analizzare i mercati. (fonte: orIGin)
L’EFSA VALUTA EX NOVO LA SICUREZZA DELL’ETOSSICHINA
L’etossichina era autorizzata fino al 2017 nell’UE per le sue proprietà antiossidanti come additivo per mangimi destinati a tutte le specie e categorie animali. La presenza della p-fenetidina, un’impurità che resta nell’additivo dopo il processo produttivo ed è un possibile agente mutageno (cioè può provocare mutazioni nel materiale genetico degli animali e dell’uomo), ha fatto sì che gli esperti del gruppo scientifico dell’EFSA sugli additivi e i prodotti o le sostanze usati nei mangimi non potessero escludere rischi per gli animali con lunga aspettativa di vita né per quelli destinati alla riproduzione. Al contrario l’additivo è considerato sicuro per gli animali allevati per la produzione di carne quali polli, maiali, bovini, conigli e pesci. A causa della mancanza di dati sulla presenza di pfenetidina nei tessuti e nei prodotti alimentari di origine animale, gli esperti non hanno potuto trarre conclusioni nemmeno per la salute dei consumatori. Il gruppo di esperti ha tuttavia evidenziato la necessità di ridurre al minimo l’esposizione degli utenti tramite inalazione a causa della presenza di questa impurità nell’additivo.
