Speciale Igiene alimentare - Dimensione Pulito n.1/25

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IGIENE ALIMENTARE

FOOD SAFATY

Una catena del freddo sicura e di qualità

PREVENZIONE

Manutenzione impianti, pulizia e sanificazione

PEST CONTROL

Monitoraggi in Food Zone con attrezzature certificate

Rasatura precisa per una pulizia accurata

Finitura liscia per la massima igiene

Impugnatura ergonomica con foro anti-goccia

IGIENE ALIMENTARE

IN PROSPETTIVA

4

AGROALIMENTARE IN SALUTE

PREVENZIONE

8VERIFICARE L’EFFICACIA DELLA SANIFICAZIONE

IGIENE ALIMENTARE

Lo speciale di Dimensione Pulito dedicato all’industria alimentare in cui si affrontano i principali argomenti in merito a sicurezza ambientale e prevenzione di tossinfezioni, dalla produzione alla distribuzione, con focus sul controllo delle procedure di pulizia e sanificazione e il costante aggiornamento delle stesse. Ampio spazio ad approfondimenti sul monitoraggio e sul controllo degli infestanti.

18METODO DI ANALISI PER UN CONTROLLO UFFICIALE

24

LA QUALITÀ MICROBIOLOGICA DELLE INSALATE PRONTE

R e a l i z z a t i g r a z i e a l l ‘ e s p e r i e n z a d e g l i u t i l i z z a t o r i

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Direttore Tecnico Maurizio Pedrini

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Hanno collaborato

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Testata Associata

Distribuzione

Rivenditori, Imprese di servizi, Aziende alimentari, Sanità e RSA, Enti pubblici, Pubblici esercizi, Hotellerie, Lavanderie professionali, Disinfestazione e servizi ambientali, Grande distribuzione

AGROALIMENTARE IN SALUTE

La caparbietà e il saper fare italiano sono la forza del settore e permettono di continuare a crescere affrontando sfide climatiche, fitosanitarie e regolatorie.

L’industria alimentare, non considerando il settore primario, si posiziona al secondo

I NUMERI DEL SETTORE NEL 2024

60mila numero imprese

480mila numero addetti

58 mld stima del fatturato

+8 percentuale di crescita dell’export

% DI REPERIBILITÀ MATERIE PRIME

NELLE VARIE FILIERE

100 per il vino

100 ortofrutta

100 pollame

81 lattiero caseario

30 frumento tenero

posto per numero di imprese e numero di addetti, con circa 480.000 addetti che operano in 60.000 imprese. Il settore è costituito da migliaia di piccole e medie imprese, guidate da imprenditori che guardano al lungo periodo e resistono alle crisi. L’export ha continuato ad avere importanti sviluppi nel 2024, registrando una crescita dell’8%, stimando un fatturato complessivo di 58 miliardi di euro. Questo straordinario risultato dell’export compensa la contrazione del fatturato nel mercato nazionale, dovuto all’inflazione e alla conseguente riduzione della capacità di acquisto. Gli obiettivi - spiega Paolo Mascarino - sono ambiziosi, tra cui quello di raggiungere i 100 miliardi di export, tuttavia si scontrano con alcune problematiche.

Un forte limite allo sviluppo dell’export è la reperibilità di materie prime sufficienti per permettere all’industria di trasformare queste materie prime in prodotti straordinari apprezzati in tutto il mondo.

Il nostro Paese è infatti autosufficiente nella produzione delle materie prime solo nella filiera del vino, dell’ortofrutta e nel settore del pollame; al contrario per il settore lattiero-caseario raggiungiamo un’autosufficienza dell’81%, che scende però al 30% per il frumento tenero.

Federalimentare si sta confrontando con le rappresentanze agricole e con i ministeri competenti per aumentare la capacità produttiva del settore primario. Sicuramente l’innovazione sarà fondamentale per tute-

lare da eventi climatici estremi, migliorare e incrementare le nostre produzioni nazionali. L’Italia sta inoltre spingendo molto a livello europeo per sperimentare le TEA, le tecniche di evoluzione assistita, che permetteranno di accelerare lo sviluppo delle coltivazioni, rendendole più robuste e più resistenti.

Sono sfide importanti, ma il governo sostiene questo settore in modo trasversale. «Quando sono stato a Bruxelles, dove ho incontrato i nuovi europarlamentari italiani - racconta Mascarino - abbiamo parlato delle opportunità di dare valore alla nostra industria e ho trovato una sintonia assoluta con tutto l’arco costituzionale dei vari partiti rappresentati in Europa».

Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare
CRISTINA CARDINALI

BOBINE MOCA

sicurezza, resistenza e assorbenza per alimenti

Prima del consumo finale, gli alimenti entrano in contatto con numerosi materiali e oggetti durante le fasi di produzione, trasformazione, conservazione, preparazione e somministrazione. Per prevenire contaminazioni o alterazioni della qualità degli alimenti dovute a interazioni con questi materiali, è fondamentale che essi siano chimicamente inerti e conformi agli standard di sicurezza. Questo insieme di materiali e oggetti rientra nella categoria MOCA (Materiali e Oggetti a Contatto con gli Alimenti), comprendendo contenitori, stoviglie, utensili da cucina e da tavola, imballaggi e attrezzature per la produzione e la lavorazione alimentare. I MOCA sono regolamentati da normative dell’Unione Europea e da disposizioni nazionali e sono identificabili attraverso specifici marcatori, come il simbolo bicchiere-forchetta o la dicitura “per alimenti”. Da oltre 35 anni, Paperdi opera nel settore tissue producendo articoli monouso per uso alimentare, oltre che per uso igienico. Nell’offerta Paperdi, la maggioranza delle bobine in gamma è certificata per il contatto alimentare per garantire sicurezza e adeguatezza per il loro utilizzo in cucina. Le bobine di carta assorbente professionali sono prodotti di uso comune, estremamente versatili e indispensabili in

numerosi settori lavorativi, in grado di offrire una resistenza notevole e un’elevata assorbenza.

Paperdi offre una gamma diversificata di bobine per rispondere a specifiche esigenze operative, consentendo la selezione del prodotto più adatto a ogni contesto applicativo.

Nei processi di lavorazione alimentare, la struttura avanzata delle bobine Paperdi migliora la resistenza e la capacità di assorbimento, rendendole ideali per la pulizia di superfici bagnate o oleose, nonché per l’asciugatura di attrezzature e mani. Tra i prodotti più apprezzati vi è la Bobina Pannotto, che, grazie alla selezione di materie prime di alta qualità e a un processo produttivo tecnologicamente avanzato, offre un’elevata resistenza e assorbenza, evitando il rilascio di residui di carta durante l’uso. Inoltre, la particolare lavorazione consente di riutilizzare lo strappo una volta asciutto, incrementando l’efficienza operativa.

Tra le diverse soluzioni offerte in gamma, anche la Bobina Pannotto è certificata MOCA, attestando la sua idoneità al contatto con gli alimenti, la conformità delle materie prime impiegate e il superamento di test rigorosi per la sicurezza alimentare.

L’attenzione ai dettagli e l’elevato standard qualitativo della produzione Paperdi assicurano che ogni bobina sia una soluzione sicura e affidabile per operatori e aziende del settore alimentare, contribuendo al mantenimento di elevati livelli di igiene e sicurezza nelle diverse fasi della lavorazione.

Innovazione e sostenibilità

PER L’IGIENE

L’igiene non è solo un requisito operativo, ma un segno di professionalità. Nel settore agroalimentare, che sia produttivo o di ristorazione, garantire standard elevati è essenziale. Paredes Italia ha sviluppato soluzioni innovative per assicurare il massimo livello di igiene in un comparto d’eccellenza. Per questo, Paredes Italia lancia una nuova linea di prodotti specifici accanto alla collezione Paredis Style, una gamma di distributori che garantisce la massima efficienza nei servizi igienici. Progettata in Europa e caratterizzata dal distributore di asciugamani in rotolo a taglio automatico, la collezione abbina un design moderno a materiali innovativi, migliorando l’estetica e il comfort degli ambienti di lavoro.

I distributori Paredis Style sono dotati di una “finestra” per monitorare il livello del prodotto e di un’unica chiave per tutta la gamma. Il design lineare facilita la pulizia, mentre i meccanismi interni sono rimovibili e lavabili. La collezione si distingue anche per la sostenibilità: i materiali di consumo sono interamente riciclabili e il nuovo nottolino in cellulosa modellata eli-

mina l’uso della plastica. Inoltre, gli asciugamani in rotolo includono prodotti certificati Ecolabel, in linea con la filosofia EcoAttitude®.

La gamma per l’igiene in cucina copre detergenza classica, biotecnologia e attrezzature professionali, offrendo soluzioni flessibili con vantaggi economici, prestazioni elevate e sicurezza per utenti e ambiente. Per agevolare la scelta, i prodotti si dividono in soluzioni di qualità standard, Paredes Access, per le esigenze essenziali e nella linea Paredes che coniuga alte prestazioni e sostenibilità.

L’uso è reso intuitivo dal packaging con codice colore. Con materiali ecologici e formule concentrate 2 in 1, oltre 25 prodotti vantano certificazioni Ecolabel o Ecocert, riducendo l’impatto ambientale. Paredes Italia collabora con aziende di rilievo come Vikan, specializzata in strumenti di pulizia per il settore alimentare, e InnuScience, pioniera nelle soluzioni biotecnologiche naturali. Con queste innovazioni, Paredes Italia si conferma un partner di riferimento per igiene, efficienza e sostenibilità.

Oltre alla qualità e alla sostenibilità, l’azienda punta anche sull’innovazione tecnologica, introducendo soluzioni avanzate per migliorare la praticità e l’efficienza operativa. L’uso di materiali intelligenti e la progettazione ergonomica dei distributori rendono più agevole la manutenzione e il rifornimento, riducendo i tempi di gestione e ottimizzando le risorse. L’attenzione alla user experience si traduce in prodotti facili da utilizzare, pensati per adattarsi a qualsiasi ambiente di lavoro.

Un altro aspetto chiave della strategia di Paredes Italia è il supporto personalizzato ai clienti. L’azienda offre consulenze specializzate per individuare le soluzioni più adatte alle esigenze specifiche di ogni realtà, garantendo un servizio su misura.

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Oltre 25 articoli certificati Ecolabel o Ecocert

igiene alimentareprevenzione

Quando si parla di igiene non ci si riferisce solo alle operazioni di pulizia e disinfezione, ma anche alle attività di manutenzione degli impianti e di prevenzione delle contaminazioni

Verificare l’efficacia della SANIFICAZIONE

igiene alimentareprevenzione

Le attività di sanificazione e di igiene nelle produzioni alimentari sono la leva fondamentale per prevenire molte problematiche relative alla sicurezza alimentare.

Proprio al tema dell’igiene in ambito alimentare, con approfondimenti sulle procedure e sui sistemi di pulizia, è stato dedicato un apposito talk di approfondimento in occasione dell’ultima edizione di AlimentiPiù. Moderato da Francesca De Vecchi, l’incontro ha preso in esame in particolare alcuni aspetti critici da conoscere e da affrontare con efficacia.

In apertura della sessione, con un intervento “in abbinata” Gianni Tartari, e Roberto Ragazzi. Il punto da cui sono partiti è la definizione stessa di “sanificazione”, termine non sempre utilizzato in maniera corretta. Per sgombrare il campo da equivoci è importante ricordare che nella pulizia professionale si intende “la somma, in successione, delle attività di pulizia e di disinfezione”. In sostanza, tutte quelle procedure che, se ben eseguite, portano alla salubrità dei macchinari, delle attrezzature e delle superfici a diretto contatto con gli alimenti. Una prima difficoltà peculiare del settore alimentare deriva dalla sua varietà e vastità: una molteplicità di attività con caratteristiche molto diverse fra loro che comprende sia chi produce carne che chi realizza prodotti da forno, chi lavora con l’ortofrutta e chi imbottiglia bevande. Per fare un semplice esempio pratico, chi lavora con la carne deve affrontare la questione dell’utilizzo e dello smaltimento di grandi quantità di acqua, mentre nel mondo dei prodotti da forno l’acqua è un elemento quasi da evitare per il buon funzionamento dei processi produttivi. In modo analogo e contrario, nel mondo delle farine esiste il problema dell’aspirazione delle polveri che invece non hanno un ruolo in altre produzioni e gli esempi potrebbero essere infiniti. È proprio a causa di questa complessità che secondo Tartari il segreto per un buon

lavoro di pulizia è quello di poter contare su una squadra, quello che chiama “il dream team”, composto da alcune figure fondamentali. Imprescindibile è il responsabile qualità, colui che conosce meglio il prodotto e gli impianti; è il primo con cui analizzare la situazione e trovare le migliori soluzioni. La seconda figura è il tecnologo alimentare, un tecnico che permette una visione a 360° di tutte le fasi di produzione e post-produzione e ha competenze specifiche fondamentali per trovare le strategie di azione. La squadra si completa con l’impresa di pulizie, il PEC, ossia il professionista del cleaning che si occupa delle attività effettive di pulizia e che ha l’importante responsabilità di saper trasmettere all’impresa e alle altre figure le giuste procedure di pulizia da eseguire e come applicarle in maniera efficace.In questo contesto svolge un ruolo molto importante AFIDAMP, l’associazione che raggruppa i fabbricanti e i distributori di attrezzature, macchine e prodotti chimici. Tra le sue funzioni c’è anche quella di interlocutore per le istituzioni italiane ed europee quando si tratta di decidere provvedimenti, misure e normative in materia di cleaning. Al proprio interno opera APICS, che raggruppa i professionisti italiani della sanificazione e fornisce supporto professionale nel pubblico e nel privato, sia in termini di progettazione che di esecuzione del servizio.

Da sinistra, Francesca De Vecchi, tecnologa alimentare e moderatrice dell’ultima edizione di AlimentiPiù, Gianni Tartari, membro del Comitato Esecutivo Distributori di AFIDAMP e Roberto Ragazzi, esperto di qualità aria indoor e formatore

Tartari ha portato un esempio effettivo di un caso in cui un buon “dream team” ha ben funzionato. In un’azienda alimentare era stato scoperto un caso di presenza asistematica di contaminazione da Listeria nella fase di disossatura di prosciutti; si tratta di una lavorazione di norma non particolarmente problematica e il reparto aveva una buona situazione igienica generale. In quel caso si accorse che nelle 4 rilevazioni il vento arrivava sempre dalla stessa direzione e fu così possibile appurare che la contaminazione arrivava dall’esterno, portata dal vento da un vicino allevamento di maiali. Con un buon lavoro di squadra fu sufficiente cambiare le procedure di aereazione del reparto, chiudere gli ingressi da cui proveniva la contaminazione e il problema fu risolto.

GLI IMPIANTI AERAULICI E LA QUALITÀ DELL’ARIA

Questo esempio ci porta ad un altro tema, che è quello della grande importanza che ha l’aria. Non deve essere trascurata rispetto alla cura per le superfici. Da qui le

igiene alimentareprevenzione

CON DISINFEZIONE NON SI INTENDE L’ELIMINAZIONE

DEI MICRORGANISMI

IN UN AMBIENTE, BENSÌ

LA LORO RIDUZIONE

AD UN LIVELLO TALE DA NON COMPROMETTERE

LA SICUREZZA ALIMENTARE

lità dell’aria nelle condizioni prefissate”. In altre parole, sono tutti gli apparati che garantiscono il raggiungimento di una determinata qualità dell’aria negli ambienti interni sotto diversi profili.

In materia il riferimento è il Testo Unico 81/08 che specifica “l’obbligo da parte del datore di lavoro di verificare l’assenza di rischi per i propri dipendenti” comprendendo la necessità di “effettuare controlli e adeguate verifiche igieniche e di sicurezza anche sugli impianti aeraulici”. Si tratta quindi di effettuare quelle che in gergo vengono definite “manutenzione predittive”, ossia quelle che dipendono dalla capacità di saper prevedere quello che potrebbe accadere in situazioni future nel processo produttivo.

tuare ispezioni tecniche, per le quali esistono specifici protocolli che determinano le corrette procedure da seguire per valutare la sicurezza igienica di un impianto. Ed esiste AIISA (Associazione Italiana Igienisti Aeraulici), che si occupa di questa attività. Una ispezione tecnica prevede sempre un primo sopralluogo tecnico a cui segue l’ispezione vera e propria per capire se l’impianto ha le condizioni igieniche accettabili: in caso positivo si possono rilasciare le necessarie attestazioni, in caso contrario bisogna attivare le procedure di sanificazione e la bonifica.

Negli impianti di ventilazione di cui stiamo parlando l’aria esterna viene aspirata e filtrata da una UTA che gestisce anche la termoregolazione e l’eventuale umidificazione e viene poi diffusa all’interno dei locali. A quel punto parte di aria verrà poi espulsa, mentre un’altra verrà recuperata e miscelata a quella in entrata per diminuirne il valore termico. È questa la fase più delicata per i possibili rischi di contaminazione a causa di residui di lavorazione, polveri e così via. In un impianto abbondano i possibili punti critici: la presa d’aria esterna, gli interni, la camera di miscelazione, la sezione di umidificazione e la rete delle condotte. Anche per questa ragione, gli impianti sono predisposti con aperture per i controlli igienici e strutturali.

riflessioni di Roberto Ragazzi sul ruolo dell’igiene aeraulica, un’attività non sempre facile dato che, non è banale ricordarlo, l’aria ha una particolarità: non si vede. La qualità dell’aria dipende direttamente dalla corretta gestione degli impianti di ventilazione, un’attività imprescindibile non solo per la sicurezza e l’integrità dei processi produttivi, ma anche per proteggere la sicurezza e la salute del personale.

La definizione di impianto aeraulico è contenuta nella norma UNI 10339:1995 che lo identifica come “Insieme di apparecchiature, dispositivi, accessori e controlli necessari per realizzare la desiderata qua-

Ragazzi ha spiegato che quello che poi accade in pratica è la sostituzione e il lavaggio dei filtri ad intervalli prestabiliti, ma senza effettuare quelle specifiche ispezioni per verificare la sicurezza igienica delle cosiddette UTA (le unità di trattamento dell’aria), così come della rete delle condotte e dei componenti in linea (diffusori, serrande ecc) all’interno degli impianti. Una domanda che molti si fanno è se esista uno specifico obbligo di pulire un impianto aeraulico. In realtà, un obbligo così espresso non c’è nella normativa. Esiste invece quello di verificare l’assenza di situazioni che possano determinare un rischio biologico. E il modo migliore per farlo è effet-

I principali problemi che possono capitare ad un impianto aeraulico sono, in primis, rischi di tipo igienico sanitario, con la presenza di polveri di vario genere all’interno dei condotti e della stessa UTA o anche muffe diffuse. In questi casi non basta effettuare una semplice pulizia, ma serve un vero e proprio ripristino dell’impianto. Un ristagno di acqua può creare biofilm che vengono poi “catturati” dai flussi di acqua e potrebbero penetrare all’interno degli edifici.

Il rischio di legionella è invece particolarmente insidioso in tutti i casi di impianti che producono un riscaldamento dell’acqua e la sua nebulizzazione (aerosol a 1

igiene alimentareprevenzione

a 5 micron). Serve una persona specificamente preparata (idealmente un ingegnere ambientale) che possa valutare l’effettivo rischio e decidere le azioni correttive. Un problema che può riguardare in maniera specifica alcune industrie alimentari è il deposito di grasso nei punti di cottura o di olio con conseguenti rischi d’incendio, rischi che devono essere attentamente valutati per poi mettere in atto gli opportuni interventi di prevenzione.

QUANDO LA SANIFICAZIONE NON È EFFICACE

Il tema dell’efficacia della sanificazione è quindi centrale ed è stato il focus di Laura Scafuri che si è concentrata in particolare sui fenomeni che possono inficiare l’attività. Il prerequisito imprescindibile è di avere un impianto e un ambiente pulito, che produca alimenti sani, privi di microrganismi che possano danneggiare le persone o gli stessi prodotti. Per avere questa situazione, ossia l’efficacia, servono attività specifiche, organizzazione, e l’utilizzo di prodotti dedicati.

Una sanificazione non efficace può portare alla mancata rimozione di microrganismi che portano malattie e rendere pericoloso l’alimento. Ma il pericolo non è solo questo. Esiste anche il rischio di lasciare microrganismi deterioranti, che non creano pericolo per l’alimento in sé, ma che facilitano la degradazione e lo fanno arrivare al consumatore in uno stato decaduto. Anche una superficie apparentemente pulita, ma non correttamente sanificata, può contenere microrganismi, come Pseudomonas fluorescens

Non può esserci efficacia se non si conoscono le definizioni delle parole di base utilizzate in questo ambito. Per prima cosa bisogna avere chiaro che con disinfezione non si intende l’eliminazione dei microrganismi in un ambiente, bensì la loro riduzione ad un livello tale da non compromettere la sicurezza alimentare. Quindi l’operazione di pulizia deve ridurre al massimo i resi-

La tecnologa

alimentare

Laura Scafuri

e

Giuseppe De Lucia, tecnologo alimentare consulente Food Safety

dui organici; poi interviene la sanificazione con prodotti che vanno a colpire direttamente gli eventuali contaminanti (batteri, funghi, virus, ma non le spore).

L’efficacia può essere compromessa da due meccanismi conosciuti: la resistenza e la persistenza microbica, che non devono essere confusi fra loro perché sono fenomeni diversi e diverse ovviamente le misure con cui intervenire. La resistenza misura la capacità del disinfettante di abbattere i microorganismi in termini di tempo per ridurre la carica o in termini di concentrazione in un contesto. Può essere innata o acquisita, e non va confusa con la resistenza agli antibiotici. La persistenza è invece la capacità di un organismo di stabilirsi in determinate nicchie di un sito produttivo nonostante gli interventi di pulizia e disinfestazione. È quindi qualcosa di molto insidioso che può compromettere l’attività anche per un lungo periodo.

RESISTENZA E PERSISTENZA

Il caso più grave di resistenza è ovviamente quella acquisita, ossia quando l’intervento di sanificazione non è sufficiente ad attaccare il microorganismo: assume degli atteggiamenti di contrasto e di fatto rimane nell’impianto o nell’alimento e torna a crescere e diffondersi. Gli studi hanno evidenziato che tra le cause di resistenza ci sono anche modi non corretti con cui vengono utilizzati i disinfettanti. Nel caso dell’industria alimentare, di solito non si tratta di un problema di eccesso di uso, ma di dosaggi sotto i livelli indicati. Anche temperature

troppo basse dell’acqua possono essere un problema perché rallentano i processi, o troppo alte che possono inibire il principio attivo. Ovviamente anche una pulizia inadeguata che lascia residui può favorire la resistenza.

Sul problema della persistenza la dottoressa Scafuri ha sottolineato che si tratta di qualcosa che non arriva dall’esterno, ma da problemi interni, qualcosa difficile da trovare perché i microbi stanno quasi nascosti e riescono a proliferare. In particolare, la salmonella colpisce la produzione di mangimi e le situazioni in cui l’umidità è bassa; la Listeria monocytogenes può essere un problema laddove si lavora la carne o nelle aziende di trasformazione del pesce, ma anche nel settore lattiero-caseario e nell’ortofrutta. Invece, virus, protozoi e parassiti non hanno la capacità di stabilirsi a lungo termine.

In ambito di pulizia ci sono tre fattori critici da tenere sempre presenti per definire un buon protocollo di intervento. Il primo è la sensibilità del microrganismo, le sue caratteristiche morfologiche e abitudini, poi bisogna considerare la concentrazione del sanificante, ossia la giusta quantità da utilizzare, che è indicata dal fornitore, per avere un effetto efficace e, infine, il tempo di contatto, che è troppo spesso trascurato perché si tende a operare in maniera affrettata. Una volta fatta la pulizia, resta il problema di verificare l’efficacia, ossia verificare che i microrganismi siano stati eliminati effettivamente. Anche in questo caso contano i tempi e non basta vedere che tutto sia appa-

igiene alimentareprevenzione

rentemente pulito. Bisogna controllare tutte le zone, fare controlli campioni, fare un monitoraggio nel tempo: ossia non si tratta di “nascondere la polvere sotto il tappeto”. La cosa è ancora più importante se si pensa ad un’ultima fattispecie di problema, ossia dei casi in cui ci sono cellule vive, ma senza più la capacità di formare colonie e quindi apparentemente morte. Sono di fatto moribonde, o poco vitali, danneggiate, ma sono ancora presenti. Quindi anche laddove tutto sembra risolto, ci possono essere problemi ben nascosti anche con risultati negativi. Che fare quindi? Bisogna sempre indagare con altri sistemi, usando tecniche molecolari (per verificare la presenza di DNA o RNA), oppure con la citometria che riesce a contare davvero le cellule presenti.

A CACCIA DEI MICROBI PIÙ NASCOSTI

Questo problema della “persistenza microbica negli stabilimenti alimentari”, la loro individuazione e rimozione è stato un tema che poi è stato ulteriormente approfondito da Giuseppe De Lucia. Un primo punto importante sollevato riguarda la difficoltà, ma nello stesso tempo l’importanza, di capire quando ci si trova di fronte ad un ritorno di microrganismi se si tratta di persistenza, di cui si è parlato più sopra, oppure se non si tratti di una reintroduzione. Ossia del caso di organismi che spariscono dopo pochi giorni, ma riappaiono perché reintrodotti in qualche modo nell’impianto o nel processo di produzione. A seconda dei due casi, sono ovviamente molto diversi gli interventi da effettuare e le cose si fanno ancora più complicate nei casi in cui entrambe le problematiche, persistenza e reintroduzione, sono presenti. Il sistema per individuare la persistenza microbica che si è sempre applicato è il Pulsotipo, ossia l’estrazione del DNA per ottenere un profilo elettroforetico e di fronte al ritrovamento di un identico profilo si aveva la prova di un fenomeno di persistenza. Negli ultimi anni si è però giunti ad una identificazione dei ceppi molto più approfondita, in particolare attraverso il WGS, una tecnica che ha permesso di sequenziare tutto il DNA. L’analisi può essere così

UNA VOLTA FATTA

LA PULIZIA, RESTA IL PROBLEMA DI VERIFICARE

CHE I MICRORGANISMI

SIANO STATI ELIMINATI

EFFETTIVAMENTE

approfondita, ad esempio nel caso del Core Genome MLST, da arrivare a identificare e analizzare oltre 1700 geni nel caso di Listeria, per poi capire se si tratta di uno stesso ceppo o di ceppi diversi.

Tuttavia il fenomeno della persistenza è troppo spesso sottostimato e De Lucia ha ricordato come ci siano casi di persistenza che superano i 5 anni, a volte addirittura i 7 anni.

Gli studi dicono che i casi più diffusi di persistenza sulle superfici nel settore alimentare riguardano casi di Listeria monocytogenes, Salmonella enterica e Cronobacter sakazakii. In particolare, i casi di Listeria presentano molte varianti che vengono studiate e analizzate: i più ricorrenti sono 24

nel settore della carne, 10 nel lattiero-caseario e solo 2 nel caso di alimenti a bassa umidità. Per ognuno è possibile oggi anche avere informazioni sui luoghi o momenti del ciclo produttivo in cui hanno la maggior possibilità di manifestarsi. Solo per fare un esempio pratico, uno stesso ceppo di Listeria può apparire comunemente in una fase o luogo specifico (un pozzetto, a contatto diretto e così via), nel caso di lavorazione della carne, ma tipicamente in un’altra situazione nel caso di ortofrutta. L’EFSA per aiutare il lavoro di pulizia ha indicato i principali fattori di rischio della persistenza della Listeria che comprendono la scarsa progettazione igienica delle apparecchiature, inadeguate misure di pulizia e disinfezione o una inadeguata separazione delle zone di rischio. È soprattutto il primo punto quello che crea maggiori problemi, cioè la presenza di macchinari e attrezzature mal progettate, o realizzate in modo tale che umidità e altre sostanze possano accumularsi, creando delle nicchie.

Un ulteriore fattore di rischio è il microbiota dell’ambiente: si è scoperto che l’interazione con altre specie microbiche può favorire in alcuni casi la formazione di biofilm multi specie in cui la Listeria risulta maggiormente protetta dagli agenti esterni e quindi diventa più persistente. Ci sono tuttavia alcuni casi in cui la presenza di specie microbiche, ad esempio batteri lattici, possono inibire lo sviluppo di Listeria e quindi avere un effetto di riduzione dei fenomeni di persistenza.

La strada che il ricercatore indica come quella da seguire per evitare questo genere di problemi è la prevenzione: il seek and destroy process è il metodo migliore da seguire. Si basa sulla individuazione delle potenziali nicchie che possono essere siti rifugio per i microrganismi, per poi capire la strada percorsa dalla Listeria per arrivare in quel preciso punto. È ugualmente importante capire dove non si è stati efficaci nel processo di pulizia. Diventano fondamentali le azioni correttive da attuare, con l’adozione di un serio piano di campionamento sulle nicchie che diventeranno i punti di controllo e prevenzione della contaminazione.

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Strumentino portatile che rileva in tempo reale il grado di pulizia delle superfici.

Kairosafe propone il Lumitester Smart abbinato ai tamponi Lucipac A3, con i quali si preleva il campione.

Il test, rapido e preciso, è utilizzabile per il controllo della sanificazione in tutti gli ambiti, farmaceutico, alimentare, sanitario, HO.RE.CA, industriale ecc

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Il sistema evidenzia la presenza di sostanza organica (ATP e derivati) ed è di utilizzo molto semplice. Essenziale per il confronto prima e dopo la pulizia. I risultati sono visualizzati sul display e memorizzati nell’archivio cloud a cui si può accedere in qualsiasi momento per un continuo monitoraggio dei dati.

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CHALLENGE TEST

È responsabilità dell’Operatore del Settore Alimentare (OSA) definire un piano, descrivere le sue azioni e dimostrare su base scientifica l’efficacia delle misure poste in atto

tecnologa alimentare OTALL e consulente

Sempre più spesso nel mondo degli alimenti, della loro conservazione e sicurezza igienica, si chiama in causa il Challenge test (CT). Ed è un gran bene che si conosca questo tipo di studio, che lo si possa applicare a tanti alimenti e processi, anche perché è la stessa legislazione che lo propone e suggerisce. Di fatto, il Codex Alimentarius (CXG 61-2007 Guidelines on the Application

20976-1: 2019 20976-2: 2022Eurl LM Technical Guidance Document v4 2021

SCOPO Protocolli per condurre CT microbiologici per studi sulla crescita di batteri in fase vegetativa e batteri sporigeni; può essere esteso anche a lieviti che non formano micelio.

Protocolli per condurre CT per studi sull’inattivazione di batteri in fase vegetativa e batteri sporigeni; può essere esteso anche a lieviti che non formano micelio.

of General Principles of Food Hygiene to the Control of Listeria Monocytogenes in Foods) enuncia che “è responsabilità dell’Operatore del Settore Alimentare (OSA) controllare i pericoli e gestire i rischi”. L’OSA deve dunque definire un piano, descrivere le sue azioni e dimostrare su base scientifica l’efficacia delle misure poste in atto per mantenere a un livello di rischio accettabile per il consumatore i pericoli microbiologici - a questi ci stiamo riferendo qui -, ma anche chimici e fisici. Nello specifico, osserviamo che il Reg. (UE) 2073/2005 e successive modificazioni e integrazioni richiama espressamente l’uso di studi sperimentali come il CT.

Guida per condurre CT e prove di durata specifici per Listeria monocytogenes in riferimento ad Anne II Reg. CE 2073/2005.

CAMPO DI APPLICAZIONE Alimenti uso umano ed animale: materie prime, prodotti intermedi o prodotti finiti. Alimenti uso umano ed animale: materie prime, prodotti intermedi o prodotti finiti. Solo alimenti uso umano Ready to Eat (RTE).

COS’È UN CT

Fra le diverse definizioni che si possono trovare, nel settore alimentare ritengo opportuno fare riferimento a quella contenuta nello standard UNI EN ISO 20976-1: 2019[1]: “Studio sperimentale volto a valutare la capacità di uno o più microrganismi inoculati in un alimento di crescere, sopravvivere o essere inattivati nelle condizioni ragionevolmente prevedibili di processo, conservazione e di uso”.

QUANDO, PERCHÉ E COME SI SVOLGE

Innanzitutto dobbiamo valutare se vogliamo verificare un “potenziale di crescita”, ovvero se il microrganismo che ci interessa è in grado di crescere, di proliferare nel nostro alimento; in questo caso, due possono essere i protocolli applicabili: EURL Lm TECHNICAL GUIDANCE DOCUMENT on sampling the food processing area and equipment for the detection of Listeria monocytogenes V. 4 3 October 2023

LAURA SCAFURI

igiene alimentarelaboratorio

LE ANALISI RIENTRANO NEL

SISTEMA DI ASSICURAZIONE DELLA QUALITÀ

La Giustificazione scientifica può consistere in:

DATI DI LETTERATURA

DATI DI PROCESSO NOTI

STUDI ESEGUITI SUI PRODOTTI E SUI PROCESSI

Gli studi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, comprendono:

• prove per determinare le caratteristiche fisicochimiche del prodotto, quali pH, a contenuto salino, concentrazione di conservanti e tipo di sistema di confezionamento, tenendo conto delle condizioni di lavorazione e di conservazione, delle possibilità di contaminazione e della conservabilità prevista,

• consultazione della lettratura scientifica disponibile e dei dati di ricerca sulle caratteristiche di sviluppo e di sopravvivenza dei microrganismi in questione.

Se necessario l’operatore del settore alimentare effettua studi ulteriori, che possono comprendere:

• modelli matematici predittivi stabiliti per il prodotto alimentare in esame, utilizzando fattori critici di sviluppo o di sopravvivenza per i microrganismi in questione presenti nel prodotto,

• prove per determinare la capacità dei microrganismi in questione, debitamente inoculati, di svilupparsi o sopravvivere nel prodotto in diverse condizioni di conservazione ragionevolmente prevedibili,

• studi per valutare lo sviluppo o la sopravvivenza dei microrganismi in questione che possono essere presenti nel prodotto durante il periodo di conservabilità, in condizioni ragionevolmente prevedibili di distribuzione, conservazione e uso.

Gli studi summenzionati tengono conto della variabilità intrinseca in funzione del prodotto, dei microrganismi in questione e delle condizioni di lavorazione e conservazione.

(TGD), riferibile solo a Listeria monocytogenes e in alimenti Ready to Eat (RTE); oppure UNI EN ISO 20976-1[2] che invece può essere applicato a qualsiasi microrganismo, compresi lieviti, che non formano micelio e ad alimenti, ingredienti, semilavorati oltre che mangimi.

Se invece, la valutazione è di “potenziale di inattivazione”, ovvero se vogliamo verificare l’efficacia di un trattamento, di un processo, di un additivo nei confronti di un microrganismo, il protocollo indicato è quello di UNI EN ISO 20976-2: 20222.

In ogni caso, prima di avviare uno studio di CT è bene conoscere il nostro alimento nelle sue caratteristiche intrinseche (pH, Aw, etc.), ovvero inerenti alla sua composizione, ed estrinseche (confezionamento, tecnologia di processo), cioè quelle legate alla lavorazione del prodotto e al relativo ambiente. Non da ultimo, se i fattori intrinseci corrispondono a quelli noti come in grado di controllare la proliferazione del microrganismo, patogeno soprattutto, oggetto di valutazione, non è necessario generalmente condurre un CT, salvo casi specifici.

ESECUZIONE DELLE ANALISI A SUPPORTO

Gli standard ISO 20976 indicano espressamente (Introduzione ISO 20976-1) la necessità di progettazione, implementazione e svolgimento da parte di personale/struttura competente negli ambiti della microbiologia alimentare, della scienza alimentare, delle trasformazioni e della statistica applicabile agli alimenti. Il richiamo alle competenze, espressamente in merito all’aspetto analitico, è invece evidenziato nei principi generali (Cap. 4 § 4.1 ISO 20976-1) dove nuovamente si fa richiamo a questo prerequisito per garantire la robustezza dello studio; nello specifico si sottolinea che le analisi devono essere condotte nell’ambito di un sistema di Assicurazione della Qualità gestito, ad esempio, in conformità a ISO/IEC 17025. Le prove a supporto dello studio devono pertanto essere sostanzialmente accreditate al fine di garantire robustezza, competenza di esecuzione, sistema di gestione della qualità efficace e governato. Anche per le apparecchiature necessarie per lo svolgimento del CT, le indicazioni prestazionali rimandano alla necessità di dotazioni controllate, sottoposte a tarature periodiche metrologicamente riferibili e gestite nel sistema qualità.

L’accreditamento ha fra i suoi scopi principali la confrontabilità del dato per facilitare il libero scambio di merci; nello specifico ambito dei laboratori di prova, esso dimostra che il soggetto accreditato soddisfa sia i requisiti tecnici sia quelli relativi al sistema di gestione necessari per offrire dati e risultati accurati, tecnicamente validi per specifiche attività di prova, di analisi e di taratura.

[1] UNI EN ISO 20976-1: 2019 Microbiologia della catena alimentare - Requisiti e linee guida per condurre “Challenge test” in alimenti e mangimi - Parte 1: “Challenge test” per lo studio del potenziale di crescita, lag time e il tasso di massima crescita.

[2] UNI EN ISO 20976-2: 2022 Microbiologia della catena alimentare - Requisiti e linee guida per condurre “Challenge tests” in alimenti e mangimi - Parte 2: “Challenge test” per lo studio del potenziale di inattivazione e dei parametri cinetici.

MONITORARE PER PREVENIRE

Il monitoraggio dell’igiene in un’azienda alimentare è un processo fondamentale per garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti alimentari, nonché per tutelare la salute dei consumatori. Come impone il D.Lgs. 193/2007: Attuazione del regolamento (CE) n. 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari, in ogni azienda alimentare esiste un sistema di autocontrollo basato sui principi del sistema HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) e il monitoraggio dell’igiene è parte integrante di questo sistema. Perché il monitoraggio igienico in azienda sia efficace, deve essere puntuale, semplice e veloce in modo da ottenere dei dati subito verificabili e che possano mettere in condizione l’azienda di intervenire con azioni correttive mirate. Una volta individuati gli aspetti dell’igiene da monitorare (pulizia delle superfici, temperatura degli alimenti, presenza di contaminanti), si stabilisce come, quando e con quale frequenza effettuare i controlli.

METODI DI CONTROLLO

Negli ultimi anni le tecniche di monitoraggio dell’igiene si sono evolute adattandosi sempre di più ai processi produttivi moderni.

Il primo step di monitoraggio è l’Ispezione visiva. È chiaro che questo sia il metodo più rapido per verificare la pulizia e l’ordine degli ambienti di lavoro, nonché lo stato di conservazione degli alimenti. Per aiutare l’operatore in questo tipo di attività, esistono sul mercato delle Lampade UV-VIS per ispezioni. Si tratta di potenti torce (da 5 a 25 Watt) che emettono una luce ultravioletta a 345 nm. Questo tipo di luce ha la capacità di evidenziare diversi tipi di molecole che a loro volta diventano fluorescenti e quindi ben visibili. I composti che hanno questa caratteristica di illuminarsi una volta colpiti dai raggi UV, sono ad esempio l’urina dei roditori, alcune tipologie di batteri (es. Pseudomonas), alcuni metaboliti batterici e diverse micotossine. Considerando quindi le caratteristiche intrinseche di questi strumenti, l’ispezione condotta con le lampade UV può evidenziare anche la presenza di biofilm su superfici nascoste o difficili da raggiungere con una normale pulizia. Le torce in questione sono anche dotate di una lampada visibile con cui si rende più visibile all’operatore anche la presenza di polvere e di residui non organici. L’ispezione visiva diventa quindi più accurata ed efficace.

Volendo procedere con un monitoraggio d’igiene sempre più approfondito, si dovrà passare al secondo step: L’utilizzo di Tamponi superficiali per valutare la pulizia e l’igiene delle superfici di lavoro e delle attrezzature. I test con i tamponi superficiali possono essere condotti con diverse modalità a seconda della tipologia di tampone e della sensibilità che si vuole ottenere. Esistono in commercio dei Tamponi colorimetrici che, una volta strofinati sulla superficie da analizzare, semplicemente cambiano colore in presenza di proteine. Il cambiamento di colore indica quindi la presenza di sporco e residui alimentari sulla superficie analizzata. Per aumentare la sensibilità di questo tipo di monitoraggio, ma soprattutto per tenere traccia dei controlli effettuati, le aziende alimentari preferiscono utilizzare il Sistema Biolumino-

metro + tamponi per la ricerca di ATP (Adenosina Trifosfato). L’ATP è una molecola che si trova in tutti gli organismi viventi per cui risulta un ottimo indicatore di “sporco” di tipo organico. Il monitoraggio rapido dell’igiene delle superfici mediante bioluminescenza (ATP) è stato ideato già 30 anni fa e fornisce un contributo riconosciuto alla qualità alimentare e ai sistemi di sicurezza igienica.

Un’altra tipologia di monitoraggio è l’effettuazione di test rapidi specifici per la ricerca di sostanze particolari. Un esempio di questi test sono i kit rapidi in stick per la ricerca di allergeni (glutine, soya, latte, uovo) o gli stick per la ricerca di tracce di detergenti o perossidi. Questa tipologia di test sono solitamente kit pronti all’uso e vengono condotti in maniera facile e veloce direttamente dall’operatore senza la necessità di particolari competenze analitiche e senza appoggiarsi ad un laboratorio esterno. Il risultato che si ottiene è utile per evidenziare eventuali anomalie oppure per avere un primo riscontro di accettabilità della superficie o dell’attrezzatura che l’operatore si appresta a utilizzare.

A seconda del proprio processo produttivo e dei metodi di lavaggio adottati, ogni azienda saprà scegliere il metodo di monitoraggio più adatto alle proprie esigenze. Come sappiamo la tempestività di raccolta delle informazioni sullo stato igienico di una superficie è indispensabile in campo alimentare per poter intervenire con eventuali azioni correttive in tempo reale ed evitare sprechi di materiale o antieconomici fermi di produzione. È indubbio che con un sistema di monitoraggio continuo e immediato dell’azienda possiamo intervenire con analisi più approfondite solo nel caso in cui i valori ottenuti si discostano dai risultati attesi.

igiene alimentarenormativa

Il Regolamento

UE 852/2004 indica

i criteri di sicurezza alimentare e i criteri di igiene del processo con l’obiettivo di garantire un elevato livello di tutela dei consumatori con riguardo alla sicurezza alimentare

METODO DI ANALISI

Il tema della metodica analitica applicabile ai controlli ufficiali è sempre molto delicata anche in relazione alla conseguenze che possono derivare all’operatore per l’eventuale non conformità riscontrata.

Dal 3 ottobre 2024 è in vigore il Regolamento di esecuzione (UE) 2024/2463 della commissione del 12 settembre 2024 che stabilisce i metodi di analisi applicabili ai controlli ufficiali effettuati per verificare la conformità degli operatori del settore alimentare al Regolamento (CE) n. 2073/2005 che come noto definisce i criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari.

I CRITERI MICROBIOLOGICI

Si ricorda che il Regolamento CE n.2073/2005 riporta i

igiene alimentare

IL REGOLAMENTO DI ESECUZIONE

CONTROLLI COERENTI CON LA NORMATIVA

CRITERI DI SICUREZZA ALIMENTARE. Questi sono criteri che definiscono l’accettabilità di un prodotto o di una partita di prodotti alimentari e sono applicabili ai prodotti immessi sul mercato.

CRITERI DI IGIENE DEL PROCESSO. Tali criteri definiscono il funzionamento accettabile del processo di produzione. Essi non si applicano ai prodotti immessi sul mercato, bensì fissano un valore indicativo di contaminazione al di sopra del quale sono necessarie misure correttive volte a mantenere l’igiene del processo di produzione in ottemperanza alla legislazione in materia di prodotti alimentari.

Gli operatori del settore devono adottare provvedimenti in ogni fase, dalla lavorazione alla distribuzione, basati sui principi dell’HACCP e sulle prassi in materia d’igiene, per garantire che:

· la fornitura, la manipolazione e la lavorazione delle materie prime e dei prodotti alimentari che dipendono dal loro controllo si effettuino nel rispetto dei criteri di igiene del processo; · i criteri di sicurezza alimentare applicabili per l’intera durata del periodo di conservabilità dei prodotti possano essere rispettati a condizioni ragionevolmente prevedibili di distribuzione e conservazione.

criteri che definiscono l’accettabilità di un prodotto, di una partita di prodotti alimentari o di un processo, in base all’assenza, alla presenza o al numero di microrganismi e/o in base alla quantità delle relative tossine/metaboliti, per unità di massa, volume, area o partita.

La norma, come noto, individua appunto quali sono i criteri da utilizzare e stabilisce le norme che gli operatori devono seguire in riferimento ai requisiti di igiene generali e specifici contenuti nel Regolamento UE 852/2004.

Ciò con l’obiettivo di garantire un elevato livello di tutela dei consumatori con riguardo alla sicurezza alimentare.

Il nuovo Regolamento di esecuzione (UE) 2024/2463 ha la propria base giuridica nel Regolamento (UE) 2017/625 che disciplina l’esecuzione dei controlli ufficiali e delle altre attività ufficiali effettuate dalle autorità competenti degli Stati membri al fine di verificare la conformità alla normativa dell’Unione nel settore, tra gli altri, della sicurezza alimentare in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione.

L’articolo 37 di tale regolamento dispone che le autorità competenti designino laboratori ufficiali a cui far effettuare analisi, prove e diagnosi di laboratorio a partire dai campioni prelevati durante i controlli ufficiali e le altre attività ufficiali.

Il Regolamento (CE) n. 2073/2005, come detto sopra, stabilisce i criteri microbiologici e le autorità competenti degli Stati membri sono tenute a verificare la conformità degli operatori del settore alimentare alle norme di tale regolamento, tra l’altro, prelevando campioni durante i controlli ufficiali e le altre attività ufficiali nei locali degli operatori del settore alimentare e inviandoli per le analisi ai laboratori ufficiali designati.

Come si legge nei considerando del Reg. (UE) 2024/2463: “Non esistono norme dell’Unione relative ai metodi specifici da utilizzare per le analisi di laboratorio nel contesto dei controlli ufficiali volti a verificare la conformità alle norme e ai criteri di cui al Regolamento (CE) n. 2073/2005.

Questa situazione potrebbe incidere negativamente sulla qualità dei controlli ufficiali dei prodotti alimentari immessi sul mercato e creare distorsioni della concorrenza”.

Sulla base di tali considerazioni, al fine di garantire maggiore uniformità, affidabilità e coerenza dei controlli ufficiali, il regolamento in esame stabilisce quindi le prescrizioni dell’Unione per i metodi di analisi che i laboratori ufficiali devono utilizzare quando analizzano i campioni ufficiali per verificare il rispetto dei criteri di cui al Regolamento (CE) n. 2073/2005.

In particolare, è previsto che, nell’analisi dei campioni prelevati durante i controlli ufficiali effettuati per verificare la conformità alle norme e ai criteri di cui al Regolamento (CE) n. 2073/2005, i laboratori ufficiali designati dalle autorità competenti a norma dell’articolo 37 del Regolamento (UE) 2017/625 utilizzano i metodi di analisi di riferimento di cui all’allegato I del Regolamento (CE) n. 2073/2005.

In deroga, le autorità competenti possono autorizzare i laboratori ufficiali designati a utilizzare metodi di analisi alternativi, compresi metodi proprietari, a condizione che tali metodi di analisi alternativi siano validati in base ai metodi di analisi di riferimento di cui all’allegato I del Regolamento (CE) n. 2073/2005 in conformità del protocollo di cui alla norma EN ISO 16140-2 (Microbiologia della catena alimentare - Validazione di un metodo - Parte 2: Protocollo per la validazione di metodi alternativi (proprietari-commerciali) rispetto a un metodo di riferimento) e siano validati per la categoria di alimenti specificata nel pertinente criterio microbiologico di cui

all’allegato I del Regolamento (CE) n. 2073/2005 o per un’ampia gamma di alimenti di cui alla norma EN ISO 16140-2.

Le autorità competenti possono inoltre autorizzare i laboratori ufficiali designati a utilizzare metodi di analisi alternativi se tali metodi di analisi alternativi sono validati conformemente ad altri protocolli scientifici riconosciuti a livello internazionale. Quando i metodi alternativi sono metodi proprietari, essi sono certificati da un organismo di certificazione indipendente.

La certificazione comprende una sintesi dei risultati della convalida del metodo proprietario o un riferimento a essi e una dichiarazione sulla gestione della qualità del processo di produzione del metodo.

La certificazione dimostra che la garanzia del processo di produzione del fabbricante è stata valutata ed è sottoposta, almeno ogni cinque anni, a una rivalutazione mediante procedure di rinnovo.

LE RESPONSABILITÀ DELL’OPERATORE

L’importanza del metodo di analisi, come detto in premessa, è fondamentale per l’eventuale adozione di provvedimenti da parte dell’Autorità competente, nonché per l’accertamento delle responsabilità dell’operatore.

Si ricorda che in base all’art. 7 Reg. CE n. 2073/2005: “2. Qualora i risultati delle prove destinate a verificare il rispetto dei criteri di cui all’allegato I, capitolo I (ossia i criteri di sicurezza - NDR) siano insoddisfacenti, il prodotto o la partita di prodotti alimentari sono ritirati o richiamati conformemente all’articolo 19 del Regolamento (CE) n. 178/2002. Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato, ma non al livello della vendita al dettaglio, che non soddisfano i criteri di sicurezza alimentare possono essere sottoposti ad ulteriore trasformazione mediante un trattamento che elimini il rischio in

GLI OPERATORI

DEL SETTORE

DEVONO ADOTTARE

PROVVEDIMENTI

BASATI SUI PRINCIPI

DELL’HACCP

E SULLE PRASSI IN MATERIA D’IGIENE

questione; tale trattamento può essere effettuato solo da operatori del settore alimentare diversi dai venditori al dettaglio. L’operatore del settore alimentare può utilizzare la partita per scopi diversi da quelli per i quali essa era originariamente prevista, purché tale uso non comporti un rischio per la salute umana o animale, sia stato deciso nell’ambito delle procedure basate sui principi HACCP e sulla corretta prassi igienica e sia autorizzato dall’autorità competente”. A fronte di una non conformità di tipo microbiologici concernente i criteri di sicurezza (es. Listeria) l’operatore può incorrere in responsabilità penali come l’art. 5 l. 283/62 o nei casi più gravi l’art. 444 del codice penale.

La tematica della metodica analitica risulta inoltre estremamente importante laddove ci si avvalga degli istituti della controperizia e della controversia di cui al D.Lgs. 27/2021.

Si ricorda che la controperizia consiste nella possibilità di riesaminare le registrazioni inerenti le attività di controllo dal campionamento fino all’esito della singola analisi, diagnosi o prova per valutare l’affidabilità del risultato.

Essa è prodromica all’eventuale controversia che può essere attivata qualora l’operatore non condivida le valutazioni dell’autorità competente in merito alla non conformità. Essa consiste nella richiesta alle autorità competenti di potere far effettuare, a proprie spese, il riesame della documentazione relativa all’analisi, prova o diagnosi iniziale da parte dell’Istituto superiore di sanità (ISS).

L’adozione del Regolamento (UE) 2024/2463 costituisce un ulteriore tassello dell’ampio e articolato mosaico del Regolamento (UE) 625/2017 in materia di controlli ufficiali in vista di una maggiore uniformità, affidabilità e coerenza dei controlli ufficiali.

LUMITESTER SMART l’innovativo bioluminometro

L’igiene ambientale è fondamentale per prevenire le infezioni in tutti gli ambiti. Un’igienizzazione inefficace può generare la produzione di biofilm o di residui da cui proliferano patogeni opportunisti per l’uomo o può alterare le caratteristiche organolettiche degli alimenti. Kikkoman ha quindi sviluppato un innovativo bioluminometro, uno strumento portatile che permette di verificare istantaneamente il livello di igiene ambientale, grazie alla rilevazione dell’ATP (adenosina trifosfato) e suoi derivati tramite una reazione di bioluminescenza, con la possibilità di registrare i dati wireless in una specifica App. L’ATP è una molecola coinvolta nel metabolismo di tutti gli organismi viventi ma è relativamente instabile se sottoposta a trattamento termico o fermentazione, generando cataboliti quali ADP (adenosina difosfato) e AMP (adenosina monofosfato): la loro rilevazione sulle superfici o nelle acque è considerata un indicatore igienico efficace.

TECNOLOGIA A3 CON LUCIPAC A3 SURFACE E WATER

Si tratta di un test che offre una sensibilità più elevata tramite la tecnologia brevettata A3, in grado di individuare la sostanza organica, indice di presenza di sporco, con estrema precisione. Lumitester Smart rileva un segnale luminoso emesso dalla reazione tra il campione prelevato dalla superficie o acqua contaminata, contenente ATP e suoi derivati, e il reagente presente nel tampone (luciferasi). La luce prodotta è misurata dallo strumento e convertita in un valore numerico (RLU) visualizzato sul display, che costituisce il parametro di lettura. Il tampone LuciPac, sia nella versione dedicata alle superfici (LuciPac A3 Surface) che in quella per le acque (LuciPac A3 Water) presenta il vantaggio di rilevare l’ATP e i suoi prodotti di degradazione (ADP e AMP), distinguendosi dai test che rilevano solamente l’ATP che invece hanno il rischio di fornire ingannevoli risultati negativi.

TRASFERIMENTO DATI VIA BLUETOOTH

Lumitester Smart presenta caratteristiche wireless e consente di trasferire i dati direttamente su smartphone, tablet o pc tramite la funzione Bluetooth, registrandoli con l’apposita App: è quindi raccomandato agli utenti che necessitano di essere mobili e di eseguire un controllo della pulizia rapido e sicuro.

UTILIZZO IN TRE FACILI PASSAGGI

Lo strumento può essere utilizzato facilmente anche da personale non strutturato: si utilizza il tampone LuciPac per raccogliere il campione e dopo averlo agitato bene, si inserisce nel Lumitester, da cui si ottiene la misurazione in 10 secondi. I risultati sono memorizzati nell’archivio cloud a cui si può accedere in qualsiasi momento per un continuo monitoraggio dei dati al fine di garantire un elevato livello di sanificazione ambientale.

Soluzioni efficaci per l’igiene

NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE

L’industria alimentare ha subito un’evoluzione rapida, introducendo prodotti sempre più elaborati e complessi nei processi di lavorazione. Di pari passo, è aumentata l’esigenza di garantire ambienti e macchinari estremamente puliti e asettici per prevenire la contaminazione microbiologica. Molti prodotti, infatti, vengono consumati senza ulteriori trattamenti e devono mantenere la loro commestibilità per periodi più o meno lunghi. Le aziende hanno quindi la necessità, oggi più che in passato, di avere procedure di pulizia e disinfezione articolate, efficaci e veloci. La semplice pulizia e disinfezione dei macchinari e delle superfici a contatto diretto con gli alimenti non basta più, ma è necessario coinvolgere anche gli ambienti direttamente o indirettamente utilizzati per le attività produttive. Tutto questo per evitare contaminazioni delle postazioni di lavorazione vere e proprie. Parallelamente, è cresciuta l’importanza della formazione degli operatori, affinché sviluppino una maggiore sensibilità agli aspetti igienico-sanitari. Questo riguarda sia la cura dell’igiene personale, sia la gestione dei tempi e delle attenzioni necessarie per le attività di pulizia e disinfezione, spesso considerate collaterali ma in realtà essenziali.

OTTIMIZZAZIONE DEI PROCESSI E SOLUZIONI INNOVATIVE

Per ottenere risultati ottimali, è cruciale considerare i principali fattori che influenzano le operazioni di pulizia, come il tempo impiegato, i prodotti utilizzati, la temperatura di applicazione e l’azione

meccanica impiegata. Un’ottimizzazione efficace di questi elementi consente di ridurre costi e tempi di fermo impianti, migliorando al contempo la qualità e la sostenibilità dei processi. In particolare, è strategico minimizzare i tempi di pulizia, aumentando l’efficacia dei prodotti e delle metodologie impiegate. L’uso di prodotti altamente performanti, di facile e rapida applicazione, può fare la differenza.

Nel caso specifico dei disinfettanti, è fondamentale che siano formulati e testati per ogni specifica applicazione. Inoltre, per massimizzarne l’efficacia, devono essere preceduti da un’accurata pulizia. Per ottimizzare ulteriormente i tempi e semplificare le operazioni di routine, si possono utilizzare prodotti bifunzionali, che combinano azione detergente e disinfettante.

Amedics offre una vasta gamma di soluzioni certificate PMC o Biocidi, in grado di soddisfare le più diverse esigenze del settore alimentare. Da anni, l’azienda investe in Ricerca e Sviluppo per garantire prodotti non solo efficaci, ma anche pratici nell’utilizzo. Tutti i prodotti sono certificati e rispettano elevati standard qualitativi, che garantiscono con il corretto impiego e il rispetto dei tempi di contatto sicurezza negli ambienti di lavoro, anche quelli più critici.

Qualità microbiologica delle

INSALATE PRONTE

Molti studi attestano che le insalate pronte possono ospitare diversi agenti patogeni e pericoli di contaminazione si riscontrano lungo tutta la filiera produttiva. Nuove tecnologie sostenibili si affacciano nella gestione del rischio

igiene alimentarefood safety

L’interesse per le insalate fresche confezionate è in forte aumento in tutta Europa. Si prevede che il mercato europeo crescerà a un tasso di crescita annuo composto di circa il 7,1% dal 2023 al 2029 (KBV - Kassenärztlichen Bundesvereinigung, 2023). Per alimento pronto al consumo si intende un alimento destinato dal produttore/fabbricante al consumo diretto senza la necessità di cottura o altra lavorazione per eliminare o ridurre i microrganismi a livelli accettabili (Regolamento CE n. 2073 della Commissione Europea del 15 novembre 2005). In particolare, le verdure a foglia pronte sono piante orticole commercializzate già lavate in sacchetti sigillati e destinate al consumo crudo. Il requisito più importante per questi prodotti, consumati senza cottura, è un’adeguata qualità microbiologica, che dipende dalle condizioni e dalle modalità di coltivazione, lavaggio, insacco, stoccaggio, trasporto e distribuzione.

Alcuni microrganismi possono causare il deterioramento prematuro del prodotto, mentre altri sono pericolosi per l’uomo. Tuttavia, di solito, non si trovano in una percentuale elevata di campioni. Nell’articolo “Dalla fattoria alla tavola: contaminanti fungini e batterici e loro diagnosi nelle fasi di produzione delle insalate pronte al consumo” (From farm to fork: Fungal and bacterial contaminants and their diagnostics in the production steps of ready-to-eat salads), uscito su Trends in Food Science & Technology lo scorso agosto, vengono esaminate le diverse fasi della produzione di insalate in busta, analizzati gli aspetti microbiologici, nonché le metodologie per misurarne la qualità. Da questo articolo si evince che azzerare il rischio microbiologico nelle insalate pronte è statisticamente irrealistico, perché la contaminazione può verificarsi lungo tutta la catena di produzione. Tuttavia, il mercato delle insalate pronte può trarre vantaggio da nuove tecnologie sostenibili che potrebbero supportare le decisioni di gestione del rischio prima che esse raggiungano i consumatori.

igiene alimentarefood

PERICOLI MICROBIOLOGICI

Le insalate pronte possono ospitare diversi agenti patogeni batterici, tra cui Campylobacter jejuni, Clostridium perfringens, Escherichia coli, Listeria monocytogenes, Salmonella spp., Staphylococcus aureus. Esse contengono anche specie di batteri aerobici, lieviti e funghi filamentosi che agiscono come saprofiti o endofiti e possono ridurre la durata di conservazione e aumentarne la tossicità. È risultato che alcuni microrganismi presenti nelle insalate e in altri cibi pronti possiedono geni di resistenza agli antibiotici. Inoltre, le verdure a foglia verde sono state ripetutamente implicate in contaminazioni associate a pericolosi agenti patogeni, come parassiti (Cryptosporidium spp., Cyclospora cayetanensis, Giardia spp., Trichinella spiralis, Toxoplasma gondii) e virus (Astrovirus, Epatite A, Norovirus, Rotavirus, Sapovirus).

Le normative alimentari definiscono criteri microbiologici e limiti per la presenza di microrganismi negli alimenti. I ricercatori sostengono che la conoscenza dei fattori che influenzano la qualità degli alimenti pronti sia ancora limitata e, soprattutto, che manchino protocolli di monitoraggio della contaminazione microbiologica condivisi e ripetibili a livello mondiale, tali da consentire il confronto dei risultati man mano che vengono ottenuti. Oltre alla ricerca degli agenti patogeni, nel mercato delle insalate pronte è fondamentale anche la stima della contaminazione da parte di altri microrganismi, come saprofiti fungini, batterici e protozoi, perché i saprofiti possono minare la conservabilità dei prodotti e produrre sostanze tossiche (es. micotossine) pericolose per la salute. Microrganismi che non sono direttamente patogeni per i consumatori, ma che tuttavia portano a un decadimento più rapido del prodotto, e quindi a una minore qualità nutrizionale, possono essere presenti come decompositori epifiti e saprofiti sulle foglie o sulle radici. Si tratta principalmente di funghi filamentosi che possono presentare

I SISTEMI IDROPONICI

INDOOR PER LA PRODUZIONE

DI VERDURE IN FOGLIA

PRONTE AL CONSUMO

MIGLIORERANNO

LA GESTIONE DEL RISCHIO MICROBIOLOGICO.

TUTTAVIA, SONO EMERSI

ANCHE PUNTI DEBOLI:

LA QUALITÀ DELL’ACQUA

È IL FATTORE PIÙ CRITICO

spore in grado di aderire alle superfici, per cui non si rimuovono facilmente con il lavaggio. Tuttavia, secondo i ricercatori, gli studi che analizzano l’intero microbioma e, in particolare, i fitopatogeni e le specie di microrganismi saprofiti che finiscono nelle buste di insalata pronte sono limitati e sono disponibili poche statistiche su questo tipo di contaminazione. Sono frequenti anche i casi di diffusione improvvisa di nuove malattie nelle colture utilizzate per le insalate in buste, favorite dal commercio internazionale di sementi.

igiene alimentarefood safety

RISCHI DI CONTAMINAZIONE

I ricercatori fanno notare che i cicli di coltivazione degli ortaggi a foglia sono generalmente brevi (20-90 giorni) e senza rotazioni. Ciò aggrava i problemi fitosanitari e l’accumulo di micotossine, poiché le norme sull’intervallo di sicurezza dei pesticidi impediscono una difesa efficace in cicli così brevi. Si prevede che i sistemi idroponici indoor per la produzione di verdure in foglia pronte al consumo miglioreranno la gestione del rischio microbiologico, rispetto ai sistemi convenzionali, poiché operano in un ambiente controllato, evitano il letame animale e le malattie trasmesse dal suolo. Tuttavia, sono emersi anche punti deboli della tecnologia fuori suolo. L’acqua di irrigazione riciclata e le soluzioni nutritive, i semi, le piantine e i substrati sono fonti di contaminazione microbica. La qualità dell’acqua è il fattore più critico, soprattutto nei sistemi a ricircolo, poiché la contaminazione avviene più rapidamente rispetto alla coltivazione convenzionale nel suolo. I principali fattori di rischio nella produzione di verdure a foglia pronte sono la temperatura (trasporto, lavorazione, stoccaggio), l’acqua (qualità, servizi igienico-sanitari), le attrezzature (progettazione, stato igienico) e l’igiene del personale. La temperatura durante le fasi di lavorazione e stoccaggio in genere è di 4-5°C, per garantire la data di scadenza di 7 giorni dopo il confezionamento. Il suo controllo da solo però non è sufficiente. Durante il lavaggio si possono verificare contaminazioni dell’acqua e del prodotto o crociata con agenti patogeni fecali/enterici, pertanto i disinfettanti sono essenziali per mantenere la qualità dell’acqua. Il cloro è il più utilizzato, con vantaggi come la riduzione al minimo della contaminazione incrociata e svantaggi come la formazione di sottoprodotti di disinfezione pericolosi (DSB), portando alcuni paesi dell’UE a vietarne l’uso. Sono state sviluppate alternative (ad esempio, ozono, acqua elettrolizzata, clorito di sodio acidificato, perossido di idrogeno, acidi organici, bromo e iodio) e il loro uso legale dipende dal paese. Anche le attrezzature, le macchine da taglio e altri strumenti, i nastri trasportatori sono tra i principali critici di contaminazione. Per quanto riguarda l’imballaggio, è necessario determinare la corretta combinazione di pellicole, peso del prodotto e composizione del gas per ciascun tipo di verdura a foglia pronta al consumo, per garantire qualità, sicurezza e durata di conservazione in condizioni igienicamente controllate.

VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ

I cambiamenti nell’aspetto, nella consistenza, nella composizione e nelle caratteristiche olfattive delle insalate pronte sono utilizzati come indicatori della proliferazione microbiologica e dell’integrità igienica generale del prodotto. Il monitoraggio di questi indicatori consente di prevederne la shelf-life. Esistono metodi di valutazione distruttivi e non distruttivi. I primi mirano a stimare quantitativamente la quantità di nutrienti e composti bioattivi e la presenza di processi di senescenza nelle foglie impaccate. I parametri di qua-

lità presi in considerazione comprendono il contenuto di pigmenti fotosintetici (clorofille, carotenoidi, antociani), polifenoli totali e capacità antiossidante, zuccheri totali, vitamina C e perdita di elettroliti fogliari. Queste analisi biochimiche, solitamente effettuate in laboratori specializzati su sottocampioni rappresentativi di lotti di prodotto, forniscono una misura dello stato fisiologico e delle caratteristiche nutrizionali delle verdure in foglia e aiutano a stabilire i requisiti di produzione e conservazione per migliorare la qualità e la shelf-life.

I metodi non distruttivi si basano su tecniche analitiche rapide con una preparazione minima del campione: colorimetria, fluorescenza, spettroscopia di riflettanza, analisi delle immagini e metodi di imaging iperspettrale. La colorimetria viene utilizzata per quantificare i cambiamenti cromatici delle foglie associati alla freschezza o alla senescenza (scolorimento, avvizzimento, imbrunimento). La spettroscopia a fluorescenza determina la qualità delle insalate utilizzando i fluorofori presenti naturalmente. La fluorescenza della clorofilla consente di misurare l’attività fotosintetica e la fisiologia dei campioni, ed è applicabile in particolare alle verdure a foglia verde. Una limitazione significativa di questo metodo è la piccola dimensione dell’area di indagine, con conseguente notevole variabilità, soprattutto lungo le verdure a foglia grande e le insalate a foglia variegata. Un modo efficace per ridurre tale variabilità è quello di ampliare la superficie fogliare utilizzata per la misurazione, cosa che può essere ottenuta con il metodo di imaging della fluorescenza della clorofilla. Gli spettri di riflessione della luce provenienti da tutto lo spettro elettromagnetico, in particolare dalle regioni del vicino infrarosso e dell’infrarosso (710-900 nm), si sono dimostrati efficaci nel monitorare la degradazione, il decadimento della freschezza, la senescenza e il deterioramento microbiologico delle foglie in diverse insalate confezionate. Tutti questi metodi possono essere sostanzialmente migliorati applicando analisi automatizzate delle immagini (colorimetria e fluorescenza) o immagini iperspettrali. Lo sviluppo di adeguati algoritmi di apprendimento automatico può migliorare ulteriormente queste tecniche, consentendo l’analisi del materiale fogliare all’interno della confezione. La spettroscopia vibrazionale e l’imaging iperspettrale/multispettrale sono da tempo applicate con successo nella rilevazione precoce di attacchi di fitopatogeni su alcune colture, sia in campo che in post-raccolta. Questi studi cercano correlazioni e modelli di regressione tra la risposta spettroscopica e i dati microbiologici quantitativi (ad esempio, biomassa fungina, concentrazione di micotossine o attività enzimatica marcatrice per determinate attività microbiologiche). Alcuni ricercatori hanno combinato tecnologie di spettroscopia e imaging con l’apprendimento automatico per quantificare il deterioramento microbiologico associato alle verdure in foglia pronte al consumo. I sensori a infrarossi (FTIR) o ultravioletti-visibili-vicini a infrarossi (UV-Vis-NIR) non sono invasivi e applicabili in diverse fasi della produzione di insalate pronte.

igiene alimentarefood

LE TECNOLOGIE

DI SEQUENZIAMENTO

DEL DNA BASATE SU NANOPORI

(OXFORD NANOPORE

TECHNOLOGIES, ONT),

ABBINATE A PIPELINE

DI ANALISI BIOINFORMATICHE

E ANALISI MULTIVARIATE

POSSONO FUNZIONARE

NELLA RILEVAZIONE PRECOCE

DELLA CONTAMINAZIONE

MICROBIOLOGICA

Possono supportare il monitoraggio della qualità del prodotto prima e dopo l’insacchettamento degli alimenti. Tuttavia, sono ancora necessari studi mirati su specifici tipi di verdure e sulla loro calibrazione rispetto alla presenza di specifici microrganismi, nonché sulla loro attività, abbondanza e nocività.

METODI PER IL RILEVAMENTO DEL MICROBIOMA

Nell’articolo, i ricercatori si sono soffermati anche sui metodi e protocolli rapidi, economici e affidabili per studiare il microbioma che causa il deterioramento delle insalate confezionate ready to eat. Alcune tecniche innovative possono valutare il rischio microbiologico quantitativo e qualitativo monitorando in tempo reale i punti critici di produzione per supportare le decisioni di gestione del rischio prima che le insalate raggiungano i consumatori. Gli autori fanno notare che, le tecnologie di sequenziamento del DNA basate su nanopori (Oxford Nanopore Technologies, ONT), abbinate a pipeline di analisi bioinformatiche, in modo che alimentino modelli di previsione appositamente addestrati, e analisi multivariate possono funzionare nella rilevazione precoce della contaminazione microbiologica.

Il costo relativamente basso del sequenziamento mediante tecnologia nanopore (ONT), specialmente quando utilizzato in contesti di routine, e l’efficacia delle lunghe sequenze nell’identificazione di patogeni batterici e fungini, possono tracciare l’evoluzione del microbioma del prodotto durante tutto il processo di produzione. La presenza rarefatta di microrganismi patogeni, che spesso rende l’analisi del campione inefficace nella rilevazione precoce del rischio, potrebbe essere gestita efficacemente con appropriati protocolli di amplificazione del genoma estratto totale. Questi sistemi basati sull’amplificazione a spostamento multiplo forniscono elevate rese di DNA amplificato da quantità limitate di materiale campione. Un protocollo di monitoraggio basato sul campionamento adattivo utilizzando kit di sequenziamento Nanopore per l’analisi metagenomica shotgun e un sistema multiplexing consentirebbe di trattare insieme diversi tipi di campioni, anche con concentrazioni variabili di microrganismi patogeni e non patogeni. Inoltre, il database di riferimento potrebbe essere costruito utilizzando solo i genomi di specie batteriche patogene o comunque mirate a specifiche esigenze di monitoraggio senza dover utilizzare database complessi e ingombranti contenenti tutte le specie potenzialmente presenti. Protocolli simili sono stati applicati per la ricerca di specie rare in metagenomi più complessi rispetto a quelli presenti nelle insalate confezionate, come i metagenomi del suolo.

Gli studiosi ritengono che una bassa profondità di sequenziamento potrebbe essere sufficiente per sequenziare il DNA genomico del microbioma presente nelle insalate. Il sequenziamento del metagenoma insieme al campionamento adattivo potrebbe rivelarsi una strategia di successo. Questa è solo una prospettiva che dovrà essere verificata attraverso esperimenti. Un protocollo così sviluppato potrebbe essere idoneo a monitorare la concentrazione di microrganismi patogeni in tutte le fasi e i materiali critici, dal suolo e fertilizzanti all’acqua (irrigazione, lavaggio, sanificazione) e alle strutture di stoccaggio.

Efficienza

e comfort NELLA PULIZIA

La linea Hygiene di Igeax si è arricchita di una nuova eccellenza destinata al settore alimentare: disponibile in due diverse durezze di setole e in cinque colori, la spazzola ergonomica piccola è ideale sia per rimuovere residui da attrezzature, superfici e interstizi sia per la pulizia di alimenti, assicurando in ogni caso standard igienici elevati.

Sceglierla significa investire in strumenti che promuovono la sicurezza e l’efficienza operativa: idonea al settore alimentare e realizzata in conformità al Regolamento CE 1935/2004 e all’FDA (US Food and Drug Administration), unisce design ergonomico a materiali di alta qualità garantendo un elevato comfort di utilizzo e una pulizia efficace e sicura in ambienti professionali. Viene inoltre fornita completa di marcatura sostenibile che ne garantisce la tracciabilità lungo tutta la filiera, senza ricorrere all’uso di sostanze chimiche.

LA PRECISIONE NELLE SETOLE

La possibilità di scegliere tra setole medie o soffici è dettata dall’esigenza di rispondere adeguatamente a diverse esigenze di pulizia, adattandosi così al tipo di superficie e allo sporco da rimuovere. Qualunque sia la scelta, la certezza è quella di poter contare su un prodotto altamente affidabile ed efficace.

La spazzola ergonomica piccola si distingue in particolar modo per la rasatura precisa che garantisce la massima aderenza anche a superfici irregolari e una pulizia altamente accurata. Inoltre, la punzonatura fitta e robusta consente di rimuovere lo sporco ostinato da qualsiasi superficie e rende i lavori di precisione ancora più rapidi, consentendo un significativo risparmio di tempo.

La nuova spazzola è dotata di un ampio foro anti-goccia che permette di appenderla dopo l’uso, consentendo una rapida asciugatura e preservando l’integrità delle setole.

L’ERGONOMIA

NELLA PROGETTAZIONE

Igeax si affida all’esperienza maturata per rendere i suoi prodotti sempre più ergonomici con l’obiettivo di agevolare e ottimizzare le operazioni di pulizia senza mai perdere di vista l’impatto che possono avere sull’operatore. Partendo da questo presupposto, l’azienda ha curato nei minimi dettagli il design della spazzola così da assicurare una presa confortevole e sicura, rendendo l’uso quotidiano semplice e piacevole. La caratteristica impugnatura sagomata favorisce un maggiore controllo riducendo gli sforzi dell’operatore e aumentando nel contempo la sicurezza delle operazioni.

IL DETTAGLIO DELLA FINITURA

Agevolare la manutenzione e ridurne i tempi rientra tra gli obiettivi che guidano Igeax nella progettazione di ciascun prodotto così da offrire la massima efficienza non solo durante le operazioni di pulizia ma anche al termine delle stesse. La nuova spazzola presenta una finitura liscia e lucente che ne esalta l’estetica rendendo al tempo stesso ancora più facile, rapida e igienica la manutenzione. Un vantaggio non da poco che aumenta ulteriormente l’efficienza complessiva del prodotto.

igiene alimentare

Tra gli obiettivi fissati

wdal Green Deal europeo, parte integrante della strategia di “transizione verde” dell’UE per la neutralità climatica entro il 2050, c’è anche quello di ridurre le plastiche degli imballaggi derivanti dall’impiego di fonti fossili

IMBALLAGGI SOSTENIBILI

GIUSEPPE PASTORI

tecnologo e consulente alimentare

La gestione delle plastiche è un problema globale di inquinamento dell’ambiente in larga parte legato alle microplastiche che si disperdono nell’ecosistema, entrano nel ciclo dell’acqua e nella catena dell’alimentazione, con effetti dannosi anche sulla salute umana. In questo scenario la sfida in campo alimentare è volta all’utilizzo di imballaggi che, garantendo un’efficace protezione in termini di conservazione dei prodotti, abbiano un minore impatto ambientale. In particolare, si punta a orientare il mercato verso packaging riutilizzabili o riciclabili in modo economicamente sostenibile e a definire un quadro normativo per le plastiche biodegradabili e a base ecologica.

igiene alimentarepackaging

In ambito comunitario alla fine del 2022 è stato proposto un nuovo regolamento per sostituire l’attuale direttiva UE sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio, introdotta nel 1994. È invece del marzo 2024 un accordo politico del Consiglio e del Parlamento Europeo per contrastare l’aumento dei rifiuti di imballaggio e armonizzare il mercato interno, mantenendo la maggior parte delle prescrizioni di sostenibilità e gli obiettivi principali proposti dalla Commissione. L’accordo fissa inoltre i parametri per realizzare un’economia circolare atta a ridurre l’impatto ambientale dei settori della trasformazione alimentare, considerando che in Europa i rifiuti delle confezioni nel comparto food costituiscono oltre il 60% del totale dei rifiuti da imballaggio.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere a tappe entro il 2030 e vincolanti entro il 2040 riguardano il totale impiego degli imballaggi riciclabili o riutilizzabili e un apporto alla riduzione degli sprechi alimentari.

Sul mercato sono già disponibili soluzioni che riducono l’utilizzo di plastiche derivanti dal petrolio, sostituendole con il cartone o la carta (che possono essere rivestiti di film antimicrobici idonei al contatto con gli alimenti) oppure con plastiche riciclate. Tuttavia il loro impiego non è così immediato, in particolare per gli alimenti deperibili venduti nel libero servizio, come ad esempio le carni. La scelta di adottare un packaging sostenibile rientra tra gli obiettivi di molte aziende, perché le confezioni di questo tipo migliorano la reputazione del marchio e favoriscono un ritorno economico degli investimenti. Non dimentichiamo a questo proposito che la riduzione dell’utilizzo della plastica è un argomento al centro del dibattito pubblico: sono i consumatori stessi a orientare le aziende verso un packaging sostenibile, dichiarandosi disposti a pagare anche di più per le confezioni green. Bisogna però fare attenzione a quelle aziende che dicono e non fanno, che praticano il cosiddetto greenwashing. Per evitare di cadere in queste trappole, è im-

LA GESTIONE DELLE PLASTICHE È UN

PROBLEMA GLOBALE

DI INQUINAMENTO

DELL’AMBIENTE IN

LARGA PARTE LEGATO

ALLE MICROPLASTICHE

CHE SI DISPERDONO

NELL’ECOSISTEMA

portante verificare le certificazioni ambientali e le politiche sostenibili dell’azienda, che possono essere ben rappresentate dalla presenza di un QR Code o di un marchio di certificazione ambientale sulla confezione.

LE NUOVE TENDENZE

In un mondo alle prese con un problema legato all’inquinamento (perché nel mondo,

meno del 30% della plastica viene raccolta per essere riciclata), utilizzare un imballaggio sviluppato e realizzato in modo tale da ridurre l’impatto ambientale e l’impronta ecologica è diventato una questione prioritaria di salvaguardia del pianeta. I consumatori vogliono essere in sintonia con ciò che acquistano e iniziano a considerare anche l’impatto che le loro scelte hanno sull’ambiente. Ecco perché i produttori di imballaggi stanno cercando di aumentare la resilienza e di trovare nuove soluzioni innovative.

Gli sforzi sono rivolti alla riduzione delle plastiche, ma anche a ottenere pellicole durevoli ad alta barriera che prolungano la durata di conservazione e mantengono il cibo sicuro, consentendo minori sprechi alimentari. La quantità di materiale utilizzato viene ridotta mantenendo le performance di protezione al massimo livello e si punta a sviluppare strutture con proprietà riciclabili, biodegradabili o compostabili. Per decenni gli imballaggi sono stati progettati in plastica perché i costi di produzione dei laminati erano bassi, essendo la plastica derivata dal petrolio e adatta per garantire prestazioni più elevate: quindi cercare di eguagliare tali prestazioni utilizzando materiali sostenibili può essere difficile.

igiene alimentarepackaging

La sostenibilità negli imballaggi alimentari ha guidato le discussioni negli ultimi anni nell’industria della carne, della salumeria e di tutti gli alimenti deperibili in genere. Attualmente ci si sta orientando verso i vassoi in PP riciclabili che sono più sostenibili rispetto a quelli in polistirene della carne fresca e in PET per gli affettati. Inoltre nel settore della carne e dei deperibili c’è un aumento di interesse per gli imballaggi in cartone riciclabile e in carta più flessibile, dato che il ciclo di produzione della carta deriva completamente da una gestione sostenibile delle foreste. Si ripianta più di quello che si preleva (certificazione FSC e PEFC) e si riusa ampiamente il materiale riciclato: entrambe sono forme virtuose di economia circolare. Il cartone non elimina completamente la necessità della plastica che protegge il cibo dal deterioramento, ne riduce però sensibilmente la quantità. In effetti è sufficiente stendere sul cartone un sottile laminato di plastica a contatto con gli alimenti per avere una barriera all’ossigeno e permettere la saldatura di un laminato superiore. E una volta aperta la confezione, la pellicola plastica può essere facilmente staccata dal cartone o dalla carta, favorendo il riciclo di questi materiali. Il cartone può anche venire fustellato e piegato in un vassoio, per essere utilizzato su una termoformatrice e sigillatrice in atmosfera modificata o in skin.

Anche un vassoio di carta rigida che contiene la forma è esterno ai materiali protettivi della confezione in plastica formati all’interno, ma contribuisce a ridurre notevolmente il peso della confezione. Il cartone o cartoncino politenato utilizzato come base è un materiale sottile e resistente che riesce a mantenere al meglio la freschezza degli alimenti. Inoltre, consente di ridurre il volume dei rifiuti, poiché è più leggero rispetto alla plastica; può essere interamente stampato per riportare maggiori informazioni rispetto a un’etichetta, anche riguardo la certificazione dei materiali con simboli e QR Code che può essere ripreso con lo smartphone per conoscere le origini e le certificazioni di prodotto. La tendenza attuale di utilizzare vassoi di carta o cartone al posto della plastica è una

GREENWASHING:

NELL’UTILIZZARE

MESSAGGI PUBBLICITARI

INGANNEVOLI PER FAR APPARIRE UN

PRODOTTO O UN’AZIENDA COME

ECOLOGICI E SOSTENIBILI QUANDO IN REALTÀ NON LO SONO

I consumatori oggi, in particolare i millennials, sono sempre più preoccupati di limitare il loro impatto negativo sull’ambiente. Per questo sostengono di più le aziende che sono in grado di fornire delle soluzioni di packaging “green”.

Sebbene dell’imballaggio alimentare non se ne può fare a meno, in particolare per prodotti altamente deperibili, l’utilizzo di materiali più sostenibili come la carta può offrire ai produttori di carne e salumi, formaggio e pesce, un concreto ritorno di immagine. In primo luogo, mostra ai consumatori che l’azienda è interessata a preservare l’ambiente, il che può aumentare la fedeltà dei clienti e valorizzare la marca. Inoltre, l’utilizzo di materiali sostenibili può contribuire a migliorare l’efficienza della produzione, riducendo al contempo i costi. Del resto, anche se gli imballaggi in plastica incidono meno sul costo del confezionamento rispetto ai materiali alternativi, l’attenzione dei consumatori è ormai orientata verso packaging più sostenibili. La plastica è oggi ancora necessaria a contatto con l’alimento, ma se ne impiega molto di meno, quanto basta per creare una sottile lamina. Inoltre il cartoncino può essere presentato con stampe e varietà di colori per veicolare il marchio e i messaggi dell’azienda secondo le tendenze più sofisticate del design grafico. Il Consorzio del Prosciutto di Parma, tra gli altri, ha già segnalato l’intenzione di effettuare la transizione del packaging degli affettati, passando dalla plastica a questi materiali più sostenibili.

scelta ecologica e sostenibile. Questi supporti sono biodegradabili e possono essere riciclati, il che li rende una scelta migliore per l’ambiente rispetto alla plastica. Inoltre i vassoi in cartone politenato rigidi si prestano per essere utilizzati sia con lo skin che con l’atmosfera modificata, usando confezionatrici polifunzionali in grado di fare l’uno e l’altro prodotto.

La comunicazione è essenziale per veicolare il messaggio sull’importanza di utilizzare un packaging alimentare a basso impatto ambientale per i prodotti di carne rossa e salumi. E i cartoni sono ideali per presentare le ultime tecnologie digitali che facilitano l’interazione con i consumatori. Queste tecnologie includono i QR Code, l’interazione tramite la realtà aumentata e i tag RFID. Il design dei cartoni è un plus anche per la valorizzazione del marchio, soprattutto se si tratta di prodotti di qualità premium. Il suo impiego è in continua evoluzione ed è la scelta sostenibile del presente e del futuro.

LA BOBINA IN FOGLI rivoluziona la pulizia

Nel settore dell’industria alimentare e nelle cucine, la carta è un prodotto funzionale a molti utilizzi. Laddove gli spazi di preparazione cibi sono visibili, ci troviamo ad assistere, anche da utenti, ad utilizzi impropri della carta che si trasforma, da strumento di pulizia, a veicolo di contaminazioni. La causa primaria è l’assenza di dispenser professionali adeguati oppure il loro errato utilizzo. Spesso nelle cucine si trovano dispenser ingombranti, difficili da ricaricare o non funzionali, per cui la carta resta inceppata all’interno. In altri casi ancora, i dispenser sono installati lontani dalla postazione di lavoro e, quindi, risultano scomodi da raggiungere, inducendo l’operatore a dotarsi di un rotolo vicino alla propria postazione, esponendolo a contaminazioni esterne, in violazione del protocollo HACCP. Celtex ha sviluppato un’innovativa soluzione dispensante, Omnia Labor, che ovvia a queste problematiche. Con il sistema Omnia Labor, il rotolo tradizionale lascia il passo alla carta piegata. Un dispenser compatto, ma capiente nel contenuto, che ospita fino a 400 fogli di ampie dimensioni (25x 30 cm), erogati già aperti e pronti all’uso, in modo da utilizzare tutta la superficie del servizio, senza sprecare prodotto. La pratica erogazione, foglio a foglio, è progettata per mantenere la carta protetta fino al suo utilizzo. Non solo, il foglio è erogato attraverso una bocca in ABS arricchita con speciale trattamento antimicrobico, che inibisce la crescita di microbi in prossimità dell’uscita. Il dispenser Omnia Labor è esternamente flessibile nell’utilizzo. Il dispenser, infatti, non solo è installabile a parete ma, grazie ad un pratico supporto in acciaio inox dotato di manico, è trasportabile all’interno della cucina, così da avere la carta sempre vicina alla postazione da lavoro. Le problematiche tipiche delle soluzioni con carta in rotolo, quali srotolamenti eccessivi di prodotto, carta incastrata nel dispenser o prodotto terminato nel bel mezzo del servizio, vengo accantonate.

UNA SOLUZIONE ANCHE PER I LOCALI PIÙ PICCOLI

La bobina in fogli ben si adatta anche ai contesti più piccoli, dove non sono richiesti quantitativi importanti di prodotto, ma dove continuità di servizio e compattezza sono requisiti essenziali. Per questi ambienti, la risposta è ManuTer, la bobina in fogli in una pratica confezione autodispensante. 150 maxi-fogli, estraibili singolarmente con il semplice gesto di una mano, per gestire agevolmente e con rapidità le principali operazioni di pulizia. Ideale nelle piccole cucine, per assorbire grassi o i liquidi, ma anche in sala, in abbinamento a un detergente spray, per la pulizia di tavoli e banconi.

igiene alimentareimpiantistica

Le problematiche nell’uso dei sensori flessibili risiedono nella quantificazione di parametri di caratterizzazione della qualità di un prodotto, nell’integrazione con dispositivi e algoritmi intelligenti e nel rilevamento di segnali complessi

Monitorare la catena

esperta in tecnologie alimentari e divulgatrice scientifica

Fondamentale per la conservabilità (shelf life) e la sicurezza al consumo è il mantenimento continuo della bassa temperatura di un prodotto alimentare deperibile. La catena del freddo è una tecnologia essenziale per ridurre la perdita di qualità post-produzione e migliorare la sicurezza del settore agroalimentare. Il rilevamento in tempo reale e il controllo efficace dei parametri ambientali della catena del freddo sono necessari per garantire la qualità dei prodotti. Attualmente, la perdita di prodotti agroalimentari durante la logistica e lo stoccaggio della catena del freddo raggiunge il 50%. La ragione principale di questo fenomeno è il deterioramento della

DEL FREDDO

STEFANIA MILANELLO

qualità dell’alimento. I prodotti agroalimentari deteriorati immessi sul mercato rappresentano un enorme rischio per la sicurezza e la salute dei consumatori. Inoltre, i problemi di sicurezza alimentare causano costi importanti. Per garantire la qualità e la sicurezza del settore agroalimentare nella catena del freddo, i ricercatori hanno lavorato allo sviluppo di vari dispositivi, modelli di algoritmi e sistemi intelligenti, riducendo così la perdita di qualità dei prodotti agroalimentari dovuti al non mantenimento della catena del freddo.

I SENSORI RIGIDI

I sensori sono dispositivi che percepiscono una determinata quantità misurata e la convertono in un segnale utilizzabile secondo determinate regole. In particolare, nel campo della catena del freddo agroalimentare, la tecnologia dei sensori rigidi si riferisce a quei sensori che non possono essere piegati o allungati, che generalmente si basano su materiali a base di silicio o vari materiali semiconduttori. Negli ultimi anni, la tecnologia dei sensori è stata ampiamente utilizzata nel campo del monitoraggio, tracciamento e rilevamento dell’ambiente della catena del freddo, come l’applicazione della tecnologia multisensore per monitorare la qualità della pesca, l’applicazione del sistema di rete di sensori wireless (WSN) per ottenere il controllo della qualità di diversi prodotti. La logistica intelligente della catena del freddo abilitata dalla tecnologia dei sensori può rilevare e fornire feedback in tempo reale di una serie di informazioni chiave (come temperatura e umidità, gas volatili, pressione, vibrazioni etc.), che potrebbero monitorare efficacemente lo stato e la qualità degli alimenti della catena del freddo. Tuttavia, esistono ancora diverse sfide in termini di applicazioni dei sensori nella catena del freddo. I sensori rigidi hanno grandi dimensioni, non sono flessibili e sono pesanti. Essi non riescono a rilevare più informazioni sui parametri in uno spazio ristretto e non possono soddisfare i requisiti di acquisizione di segnali multipli nel complesso ambiente della catena del freddo del settore agroalimentare. Durante il trasporto o la refrigerazione degli alimenti, i sensori rigidi non possono adattarsi alla superficie irregolare degli imballaggi agroalimentari a causa della loro scarsa flessibilità e adattabilità ambientale. Ciò comporta importanti errori di misurazione dei parametri in oggetto e di conseguenza non garantisce il corretto mantenimento della catena del freddo con ripercussioni sulla qualità e l’igiene degli alimenti.

I SENSORI FLESSIBILI

Una delle soluzioni per ottenere un’efficace integrazione della tecnologia dei sensori e del controllo della qualità del settore agroalimentare è l’utilizzo dei sensori flessibili. Si tratta di sensori realizzati con materiali flessibili che consentono la preparazione rapida e

FONDAMENTALE PER LA CONSERVABILITÀ (SHELF LIFE)

E LA SICUREZZA AL CONSUMO È IL MANTENIMENTO

CONTINUO DELLA BASSA

TEMPERATURA DI UN PRODOTTO ALIMENTARE

DEPERIBILE

di piccoli lotti. La differenza e il miglioramento della tecnologia di rilevamento flessibile rispetto alla tecnologia di rilevamento rigido nel campo della catena del freddo agroalimentare è che la tecnologia di rilevamento flessibile può essere organizzata arbitrariamente in base alle condizioni di misurazione e agli scenari applicativi e può rilevare una varietà di segnali complessi in ambienti difficili. Le sue caratteristiche ultrasottili e la risposta elastica alla deformazione rendono possibile l’integrazione con imballaggi intelligenti e robotica morbida, ovvero che si basa su strutture morbide e organiche e sull’imitazione di movimenti naturali piuttosto che su materiali rigidi e movimenti non efficaci etc. Tutto ciò migliora notevolmente il monitoraggio e l’efficienza di rilevamento della qualità agroalimentare. I sensori flessibili sono elastici e biocompatibili e consentono il monitoraggio e la misurazione della qualità dell’alimento durante la catena del freddo in tempo reale. Un sensore flessibile di pressione può valutare la consistenza

LA PERDITA DI PRODOTTI

AGROALIMENTARI DURANTE

LA LOGISTICA

E LO STOCCAGGIO

DELLA CATENA

DEL FREDDO ATTUALMENTE

RAGGIUNGE IL 50%.

LA RAGIONE PRINCIPALE

DI QUESTO FENOMENO

È IL DETERIORAMENTO

DELLA QUALITÀ

DELL’ALIMENTO

dell’alimento, un sensore tattile flessibile può identificare il grado di rugosità della superficie di un frutto, un sensore di gas flessibile può monitorare il cambiamento di concentrazione di gas, come ad esempio CO2, O2, N2, nell’ambiente per lungo tempo.

Con i sensori flessibili possono essere rilevati cambiamenti nell’intensità della luce, eventuali sostanze nocive, quali residui di pesticidi, metalli pesanti sull’alimento, impedendo che questi arrivino al consumatore.

I SENSORI FLESSIBILI APPLICATI ALLA CATENA DEL FREDDO

Riportiamo le evidenze dell’articolo revisione

Flexible sensing enabled agri-food cold chain quality control: A review of mechanism analysis, emerging applications, and system integration (Wentao Huang, Xuepei Wang, Jie Xia, Yuliang Li, Luwei Zhang, Huanhuan Feng, Xiaoshuan Zhang, Trends in Food Science & Technology, Volume 133, marzo 2023, pagine 189-204).

Gli autori si sono concentrati sulle applicazioni, l’integrazione della tecnologia di rilevamento flessibile emergente invece dei sensori rigidi per la misurazione ad alta precisione, il monitoraggio multiscala e il rilevamento non distruttivo della qualità agroalimentare. La conclusione a cui giunge l’articolo è che l’applicazione di sensori flessibili non solo consente un rilevamento preciso e accurato dei principali cambiamenti dei parametri ambientali, ma fornisce anche soluzioni promettenti per una serie di questioni chiave come la lavorazione, la classificazione e l’ispezione agroalimentare più accurate I sensori flessibili esistenti con rilevamento a parametro singolo si stanno evolvendo verso il rilevamento multimodale e si prevede che lo sviluppo di tecnologie di produzione emergenti, nuove strutture di dispositivi, materiali innovativi e algoritmi intelligenti migliorerà notevolmente l’efficienza del controllo della qualità della catena del freddo del settore agroalimentare. Secondo i ricercatori, per produrre e razionalizzare l’utilizzo di sensori flessibili per applicazioni di controllo qualità nel settore agroalimentare, è necessario studiare i parametri multiqualità. Comprendere il meccanismo di interazione tra i parametri multiqualità e la qualità dei prodotti è importante per caratterizzare la qualità del settore agroalimentare nella catena del freddo e utilizzare con efficacia i sensori flessibili.

LA TECNOLOGIA DI RILEVAMENTO FLESSIBILE CONSENTE IL MONITORAGGIO

E LA MISURAZIONE DELLA QUALITÀ DELL’ALIMENTO IN TEMPO REALE

È in forte espansione la tecnologia di rilevamento flessibile multimodale, che può raccogliere più parametri di informazioni in uno spazio ridotto. Promuovere l’integrazione di sensori flessibili con dispositivi e algoritmi intelligenti, può valutare in modo completo e accurato la qualità e lo stato dei prodotti agroalimentari.

PROBLEMATICHE ATTUALI E PROSPETTIVE FUTURE

Con l’avvento dell’era della Rivoluzione Industriale 4.0, le prestazioni dei sensori flessibili sono in costante miglioramento e il controllo della qualità agroalimentare nella catena del freddo si sta muovendo nella direzione della sostenibilità e dell’intelligenza. L’entusiasmo, che sta attorno all’utilizzo della tecnologia di rilevamento flessibile nel campo del controllo di qualità agroalimentare della catena del freddo, è smorzato dal fatto che questa tecnologia sia ancora agli inizi e sia difficile, al momento, disporre di sensori flessibili in grado di soddisfare appieno le esigenze di rilevamento in un ambiente complesso come quello della catena del freddo. Prima di utilizzare i sensori flessibili, è necessario specificare i parametri di caratterizzazione dell’alimento: indicatori della qualità esterna, ovvero proprietà visibili, quali dimensioni, forma e colore, e sensoriali come gusto, odore e tatto, e indicatori della qualità interna, che invece riguardano proprietà fisico-chimiche. Si tratta di parametri, al momento, di difficile quantificazione. Inoltre, sono ancora pochi gli studi che hanno discusso l’integrazione dei sensori flessibili con altre tecnologie o dispositivi.

Pertanto, al fine di integrare meglio i sensori flessibili nella catena del freddo per i prodotti agroalimentari, occorreranno studi che quantifichino gli indicatori di qualità utilizzati per valutare un prodotto agroalimentare, analizzare il meccanismo di interazione tra i vari indicatori di qualità e la qualità del prodotto in esame, migliorare ulteriormente le prestazioni dei sensori flessibili e rafforzare l’integrazione di questi ultimi con altre tecnologie o dispositivi.

Dazi in arrivo

Crescono le preoccupazioni del mondo alimentare italiano per la minaccia di dazi da parte della nuova amministrazione americana a guida Trump. D’altronde già il primo Trump aveva portato avanti una politica di dazi su molte delle merci provenienti dall’Europa e quindi è lecito supporre che anche in questo caso alle parole seguiranno i fatti. Ma le minacce non arrivano solo da occidente. Proprio in questi giorni Coldiretti e Filiera Italia sono intervenute contro i dazi sui fertilizzanti russi che danneggiano gli agricoltori italiani. In questo caso si parla ovviamente di dazi all’ingresso, facenti parte delle misure contro la Russia a seguito dell’invasione dell’Ucraina. La Commissione europea ha infatti proposto un innalzamento delle tariffe sui fertilizzanti originari o esportati direttamente o indirettamente dai due Paesi nel mercato dell’Ue, un aumento graduale che porterà, dopo tre anni, a una tariffa aggiuntiva sul dazio compresa tra 315 e 430 euro per tonnellata.

Strategie europee per l’influenza aviaria

I virus dell'influenza aviaria rappresentano una minaccia crescente per la loro capacità di adattarsi all'uomo e scatenare future pandemie. Utilizzando un approccio del tipo One Health (ovvero di “salute unica globale”), il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) hanno pubblicato un parere scientifico che esamina le mutazioni del virus dell'influenza aviaria e il suo potenziale trasferimento all'uomo suggerendo nuove modalità di reazione. Per tutelare la salute pubblica in Europa è cruciale predisporre efficienti piani preventivi. Pamela Rendi-Wagner, direttore dell'ECDC, ha dichiarato: "La diffusione globale ci impone di restare all'erta e di accertarci che l'Europa si trovi preparata a rispondere alla minaccia dell'influenza aviaria".

Divieto contro il BPA

È operativo dal 20 gennaio 2025 il Regolamento UE 2024/3190 che vieta l’uso del Bisfenolo A nella fabbricazione di materiali e oggetti destinati ad entrare in contatto con gli alimenti (MOCA); restrizioni anche per l’utilizzo di altri bisfenoli pericolosi. Il divieto di BPA sostituisce le precedenti normative e rappresenta un passo importante per tutelare la salute dei consumatori e ridurre l’esposizione a sostanze chimiche dannose. Si tratta della tappa finale di un lungo percorso iniziato nel 2006 quando l’EFSA pubblico per la prima volta una prima valutazione del rischio relativo al BPA seguita da innumerevoli interventi e pareri sul tema.

A CURA DELLA REDAZIONE

Codici QR per le aziende alimentari

Produttori e consumatori sono sempre più consapevoli che l’asimmetria informativa può portare a potenziali rischi per la sicurezza alimentare e l’integrità della filiera alimentare. Le tradizionali etichette cartacee, a causa delle loro dimensioni limitate, non sono in grado di realizzare la trasmissione di una grande quantità di informazioni. Il codice Quick Response (QR), essendo una delle tecnologie digitali più versatili e di successo commerciale, fornisce un approccio fattibile per collegare l’alimento alle informazioni digitali rilevanti, grazie alla loro ampia capacità di archiviazione dei dati e al rapido accesso alle informazioni stesse. Inoltre, hanno buone prestazioni in termini di tracciabilità, valutazione della qualità, anticontraffazione e marketing. La possibile combinazione flessibile con altre tecnologie complementari è il filone di sviluppo per massimizzare l’utilizzo del codice QR in futuro all’interno della filiera alimentare.

Gestire le acque di lavorazione

La qualità dell'acqua e il suo utilizzo in ambito industriale sono fonte di crescente preoccupazione a livello mondiale, non solo perché una scarsa qualità dell'acqua può trasferire microrganismi nocivi ai prodotti alimentari ma anche a causa dei cambiamenti climatici con la prevista riduzione della disponibilità idrica. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare segnala come associare trattamenti di disinfezione con il reintegro di acqua possa contribuire a preservare la qualità microbiologica dell'acqua utilizzata per la lavorazione di frutta, verdura ed erbe aromatiche sia fresche che surgelate. Nella loro analisi i tecnici hanno seguito il concetto di "acqua idonea allo scopo" sviluppato dalla FAO e dall'OMS. Tale approccio richiede di considerare diversi aspetti prima di decidere il piano migliore per la gestione dell'acqua, come ad esempio la valutazione della fonte d’acqua e dei potenziali pericoli ad essa connessi, le opzioni di disinfezione e l'uso finale del prodotto alimentare (ad esempio il consumo da crudo). Le raccomandazioni vengono esposte in tre pareri scientifici: uno su frutta fresca intera, verdura ed erbe, un altro su prodotti freschi tagliati e il terzo su prodotti surgelati. L’EFSA ha anche sviluppato WaterManage4You, uno strumento online gratuito di particolare interesse per gli operatori del settore alimentare, gli scienziati e gli enti che lavorano nel campo.

Nuovi prodotti alimentari

L’aumento della globalizzazione, la diversità delle popolazioni umane e la ricerca da parte dell'uomo di fonti nuove di sostanze nutrienti, portano sulle nostre tavole nuovi tipi di prodotti alimentari. Ai sensi della normativa UE, qualsiasi cibo che non sia stato consumato "in modo rilevante" prima del maggio 1997 è da considerarsi nuovo alimento. La categoria comprende nuovi alimenti, alimenti da nuove fonti, nuove sostanze utilizzate nei prodotti alimentari nonché nuove modalità e tecnologie per la produzione di alimenti. Tra gli esempi: gli oli ricchi di acidi grassi omega-3 derivati dal krill come nuova fonte alimentare, gli insetti commestibili, gli steroli vegetali come nuove sostanze o le nanotecnologie come nuove modalità di produzione alimentare. Gli “alimenti tradizionali” sono un sottoinsieme dei nuovi alimenti e il termine si riferisce al cibo consumato per tradizione ovunque al di fuori dell'Europa.

Zuppe e rischio botulino

Le zuppe, le vellutate e i passati di verdura pronti venduti nel banco frigo subiscono un procedimento di pastorizzazione che, secondo l’ISS, non è sufficiente a disattivare le spore di Clostridium botulinum, mentre le caratteristiche intrinseche di questi prodotti permettono lo sviluppo del microrganismo e la produzione della tossina. Un ulteriore fattore di rischio è rappresentato dall’assenza di conservanti nella maggior parte dei prodotti. Soltanto il rispetto della catena del freddo, mantenendo le zuppe a temperature inferiori ai 6°C, assicura la sicurezza. Tuttavia, la catena del freddo si interrompe spesso nel tragitto tra supermercato e casa. Secondo gli esperti dell’ISS le indicazioni di preparazione presenti sulle etichette di zuppe e vellutate dovrebbero tenere presente il rischio botulino. Non essendo disponibili dati certi su tempi e temperature per la distruzione della tossina nelle zuppe, si raccomanda l’indicazione più prudenziale: “far bollire il prodotto per almeno 5 minuti”.

Pesticidi nell’uva da tavola

Ormai, nei banchi della frutta e della verdura troviamo l’uva da tavola tutto l’anno, di tante varietà, con e senza semi. Per garantire una presenza costante di questi prodotti nei supermercati, le aziende di import-export ortofrutticolo si riforniscono di uva proveniente da tutto il mondo, a seconda della stagione: Brasile e Perù tra novembre e dicembre; Sudafrica e Namibia tra gennaio e marzo; Argentina, Cile e India tra marzo e aprile; Egitto, Marocco e Israele tra maggio e giugno; Italia, Spagna, Grecia e Francia tra giugno e ottobre; Turchia e Germania tra agosto e ottobre. Questa grande varietà di origine influisce in qualche modo su qualità e sicurezza dell’uva?

Il CVUA (ufficio esami chimici e veterinari) di Stoccarda ha verificato la sicurezza dell’uva da tavola, cercando residui di oltre 750 pesticidi e contaminanti. In particolare, tra gennaio e ottobre 2024, hanno esaminato 64 campioni, di cui 61 provenienti da agricoltura convenzionale e tre biologici. Tra questi, 18 campioni convenzionali e uno biologico provenivano dall’Italia, il Paese di origine dell’uva più rappresentato (quasi il 30% del totale), seguito da Sudafrica (12) e Turchia (10). I risultati mostrano che l’uva da tavola di origine extra UE ha in media più pesticidi di quella europea (1,9 mg/kg contro 0,57 mg/kg). In tutti i campioni convenzionali, inoltre, non solo erano presenti pesticidi, ma ognuno conteneva i residui di più sostanze, con un massimo di 19 in un singolo prodotto. Tra i pesticidi identificati più frequentemente domina un fungicida, l’acido fosfonico, rilevato nell’82% dei campioni (50) con livelli fino a 36,4 mg/kg. Nelle uve da agricoltura biologica, invece, i controlli non hanno rilevato residui.

DONATELLO Compatto, agile ed efficiente

In ogni ambiente professionale, la pulizia richiede strumenti adeguati. Falpi, azienda da sempre attenta a progettare soluzioni di pulizia efficaci e su misura, ha sviluppato Donatello, un carrello per soddisfare le esigenze di pulizia in contesti particolarmente delicati. Compatto, resistente ed efficiente, Donatello garantisce massima manovrabilità anche negli spazi più ristretti, offrendo una soluzione pratica e durevole per le operazioni di igiene quotidiana. Donatello si distingue per il suo design intelligente: una base compatta di 40x40 cm, sviluppata in altezza per ridurre l’ingombro e garantire una manovrabilità ottimale. Questa configurazione consente di muoversi agilmente tra attrezzature e spazi ristretti, tipici di cucine professionali e centri cottura, senza compromettere efficienza e praticità. Il suo sistema di lavaggio con frange preimpregnate ne fa uno strumento altamente funzionale per la pulizia quotidiana.

MATERIALI DI QUALITÀ PER LA MASSIMA DURATA

Falpi pone grande attenzione alla resistenza dei suoi prodotti. Donatello è realizzato con una combinazione di plastica robusta e acciaio inox Aisi304, materiali che non ossidano e resistono a lavaggi ad alte temperature. Questa scelta costruttiva garantisce un’elevata durabilità, riducendo la necessità di sostituzioni e ottimizzando i costi di gestione nel lungo periodo. Un vero compagno di lavoro affidabile, studiato per affrontare le sfide della pulizia professionale.

La qualità dei materiali e la progettazione mirata rendono Donatello una scelta economicamente vantaggiosa. La sua lunga durata evita sprechi e riduce l’impatto ambientale, contribuendo a un uso più sostenibile delle risorse. Falpi è impegnata nella realizzazione di soluzioni eco-friendly, e Donatello rappresenta un perfetto esempio di questo approccio responsabile. Affidabile, compatto e progettato per rispondere alle esigenze delle moderne cucine professionali, Donatello è il carrello ideale per chi si occupa della pulizia in contesti ad alta intensità. Grazie alla sua efficienza, robustezza e attenzione alla sostenibilità, si conferma una soluzione professionale e innovativa per il settore.

Falpi continua a essere un punto di riferimento nelle pulizie professionali, offrendo strumenti all’avanguardia per ogni ambiente di lavoro.

L’INNOVAZIONE SOSTENIBILE per il controllo dei roditori

La Gestione Integrata degli Infestanti (IPM) è un approccio avanzato e sostenibile che punta a prevenire le infestazioni riducendo al minimo l’uso di sostanze chimiche pericolose. Riconosciuta a livello globale come la strategia più efficace, garantisce il controllo degli infestanti tutelando la salute pubblica, gli animali non target e l’ambiente. L’interesse verso soluzioni non chimiche per la gestione dei roditori è in forte crescita, soprattutto in contesti sensibili come industrie alimentari, allevamenti e spazi verdi, dove l’uso di esche tossiche comporta rischi significativi. Tuttavia, le trappole meccaniche tradizionali presentano limiti operativi, tra cui una capacità di cattura ridotta e la necessità di monitoraggi frequenti. Newpharm® risponde a questa esigenza con Piper® Pillar, una soluzione brevettata che consente una cattura multipla incruenta, rappresentando un’alternativa efficace e sostenibile alle esche rodenticide. Pensato per i settori più esigenti, questo dispositivo combina tecnologia avanzata, robustezza e semplicità d’uso.

Grazie all’innovativa tecnologia “push and play”, Piper® Pillar si installa facilmente e il controllo da remoto ne ottimizza la gestione nel tempo. Un’innovazione concreta per affrontare le sfide della gestione integrata degli infestanti.

TECNOLOGIA AVANZATA E MASSIMA AFFIDABILITÀ

Il sistema garantisce una cattura continua di topi e ratti grazie a un’esca alimentare specifica, Piper® Mix, posizionata all’interno della trappola. Un sensore a infrarossi rileva la presenza del roditore, attivando l’apertura della botola sottostante. Il roditore cade in un

liquido desodorizzante, Piper®-Sol, che ne permette la conservazione senza putrescenza. La botola si ripristina automaticamente, rendendo la trappola immediatamente pronta per una nuova cattura. L’elettronica di controllo assicura il corretto funzionamento del dispositivo, evitando attivazioni accidentali causate da insetti o sporco e impedendo la cattura di esemplari non target. I materiali di alta qualità, il design brevettato e la batteria al litio da 3 Ah garantiscono un’autonomia operativa fino a tre mesi senza manutenzione. La struttura resistente alla corrosione permette l’utilizzo anche in ambienti difficili, caratterizzati da alti livelli di ammoniaca, umidità o salsedine, sia in spazi interni che esterni.

Grazie alla connessione Wi-Fi opzionale, i dati relativi a passaggi, catture e stato della trappola vengono inviati al sistema Piper® NET, permettendo l’attivazione e la disattivazione da remoto. Questo sistema consente ai professionisti del Pest Control (PCO) e agli Operatori del Settore Alimentare (OSA) di ottimizzare le ispezioni, riducendo la necessità di controlli quotidiani.

Piper® Pillar è conforme ai protocolli H.A.C.C.P., risultando ideale per le industrie alimentari, ed è il primo sistema di cattura multipla per roditori conforme agli standard europei NoCheRo (Non-Chemical Alternatives for Rodent Control), quando utilizzato in combinazione con il liquido specifico Piper® SOL.

semplicemente rivoluzionaria

Per topi e ratti

Cattura incruenta

100% ecologica

Cattura multipla

Monitoraggio remoto

Approvato HACCP

blatta

INFESTANTE

ALLARME BLATTE in Food Zone

La sicurezza alimentare è regolata da normative cogenti e volontarie. Un corretto protocollo di gestione degli infestanti prevede l’utilizzo di prodotti e attrezzature certificati

Il sistema HACCP è un fondamentale strumento di analisi e controllo delle condizioni di igiene e sicurezza della produzione degli alimenti e la base per la normativa europea. Nello specifico lo possiamo identificare come un metodo di analisi dei potenziali pericoli negli alimenti e del rischio collegato. Come è noto, il pericolo può essere un agente biologico, chimico o fisico, mentre il rischio viene calcolato in funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute come conseguenza di un pericolo.

La metodica si concentra sulla prevenzione dei potenziali pericoli, applicando quelli che sono identificati come i sette principi dell’HACCP, ovvero: individuazione dei pericoli e analisi dei rischi, individuazione dei Critical Control Points, definizione dei limiti critici, definizione delle procedure di monitoraggio, definizione e pianificazione delle azioni correttive, definizione delle procedure di verifica e infine definizione delle procedure di registrazione. È corretto però ricordare che, prima di applicare questi sette principi è fondamentale, per la sicurezza alimentare, completare cinque fasi preliminari, quali: formazione del team, descrizione del prodotto, identificazione dell’uso previsto, sviluppo dei diagrammi di flusso e applicazione dei diagrammi di flusso.

Secondo la normativa cogente l’OSA (Operatore della Sicurezza Alimentare) è il responsabile della sicurezza alimentare, concetto che viene anche ribadito e approfondito nella norma volontaria IFS Food

Ver. 8 al Requisito 4.13.3, dove si identifica che “Anche se il servizio di controllo dei parassiti è esternalizzato, le responsabilità per le azioni necessarie (compresa la supervisione continua delle attività di controllo dei parassiti) rimangono all’interno dell’azienda”. Ne consegue che la corretta gestione del pericolo degli infestanti e dei biocidi, e dei rischi ad essi associati, è demandata all’OSA.

Molto spesso accade che l’OSA demandi integralmente il compito della gestione della sicurezza degli infestanti a fornitori esterni e ad essi si affidi completamente nella gestione degli infestanti, nella scelta delle attrezzature da utilizzare e nei prodotti da impiegare in caso di non conformità

PRODOTTI E ATTREZZATURE

In una corretta gestione di IPM (Integrated Pest Management), per prevenire i pericoli biologici legati agli infestanti, sono previsti monitoraggi mediante postazioni identificate come CP (Control Point), mentre, in caso di superamenti di soglia, vengono utilizzati dei biocidi, che per il sistema HACCP possono essere annoverati tra i pericoli chimici.

Come abbiamo visto la sicurezza alimentare è regolata da normative cogenti e volontarie che poggiano le loro fondamenta sul sistema HACCP come strumento di analisi e controllo delle condizioni di igiene e sicurezza della produzione degli alimenti. A latere del sistema esiste un organismo

ANDREA

igiene alimentarepest control

CASE STUDY #1 STRUTTURA SANITARIA

Il primo studio è stato eseguito nel 2024 in una struttura sanitaria che disponeva un’area mensa con cucina annessa per i dipendenti. I locali presentavano monitoraggio mediante CP attivati con attrattivo alimentare.

I dati desunti dai controlli effettuati durante l’anno 2023 evidenziavano “picchi” di catture medie che superavano abbondantemente la soglia di cinque individui per postazione di controllo. In particolare, nei periodi primaverili dell’anno 2023 si era raggiunta la media di circa 20 individui catturati per Control Point, il che aveva portato l’azienda fornitrice di servizi ad eseguire azioni correttive sia con prodotti liquidi con attività snidante e abbattente, sia interventi con prodotti a base gel, per un totale di 14 interventi al fine di contenere l’infestazione da Blattella germanica in essere.

La proposta tecnica di eradicazione dell’infestazione ha previsto dapprima uno studio dell’ambiente, con identificazione dei punti di possibile e maggiore sviluppo

dell’infestazione e della nidificazione di Blattella germanica, una implementazione dei Control Point presenti sulla base del suddetto studio ambientale, un blocco produttivo per una pulizia accurata degli ambienti e infine tre interventi con un prodotto gel, certificato SSZ e quindi utilizzabile in area di manipolazione alimenti (cucina).

Il primo monitoraggio (22 gennaio 2024) evidenziava una media di circa 6 individui di Blattella germanica per postazione di monitoraggio, sia in stadio adulto che in stadio preimmaginale. Il 29 gennaio 2024 si provvedeva al primo trattamento con prodotto a base gel, andando a creare delle postazioni dispensative sulla base delle quantità indicate in etichetta, oltre a posizionamento identificato sulla base delle criticità rilevate e dei punti di possibile annidamento. Al secondo monitoraggio (12 febbraio 2024) era evidente una riduzione del numero di individui catturati (3 di media per Control Point), oltre a un consumo di gel concentrato sotto il nastro trasportatore delle stoviglie sporche (circa il 60,0% dei punti esca posizionati). Erano visibili anche carcasse di infestanti. Si è provveduto quindi, sempre in data 12 febbraio 2024, ad eseguire un secondo intervento di disinfestazione, con riposizionamento di gel nei punti dove lo stesso era stato consumato. Il 23 febbraio 2024 si è eseguito il terzo monitoraggio che ha evidenziato l’assenza di catture nei Control Point. Si è altresì evidenziato un consumo di esca minore nell’area sotto il nastro trasportatore delle stoviglie sporche, ma anche nell’area di taglio del pane, segno che plausibilmente in quella zona erano state deposte delle ovature che nel tempo si erano schiuse. In accordo con l’organizzazione si è provveduto ad integrare punti gel dove erano stati totalmente o parzialmente consumati (circa il 20% dei punti esca posizionati). Nei successivi tre controlli non si è evidenziata una recrudescenza del fenomeno.

di certificazione, l’HACCP international specializzato nella certificazione di attrezzature, prodotti e servizi per la sicurezza alimentare. Il processo di certificazione utilizzato risulta complementare agli schemi approvati da GFSI (Global Food Safety Initiative) come quelli gestiti da BRCGS, IFS e FSSC2200, arrivando, quindi, a definire come alcuni prodotti e/o attrezzature risultino adatti allo scopo e garantiscano tutti gli aspetti legati alla sicurezza alimentare.

La certificazione evidenzia prodotti e attrezzature da utilizzarsi nell’azienda alimentare a seconda che queste debbano essere impiegate in: FZP (Food Zone Primary) attrezzature che possano entrare in contatto con gli alimenti; FZS (Food Zone Secondary) attrezzature che possano entrare in contatto con gli alimenti, ma non durante le condizioni di utilizzo; NFZ (Non Food Zone) attrezzature che non sono idonee per l’uso in aree con alimento esposto; SSZ (Splash or Spill Zone) prodotti adatti all’uso in aree di manipolazione alimenti, ma che non devono entrare in contatto diretto con gli alimenti. Tale suddivisione individua le attrezzature o i prodotti che, nel Pest Control, confermano la capacità di supportare l’integrità e la sicurezza degli alimenti come richiesto dalla legislazione e dagli standard approvati da GFSI.

igiene alimentarepest control

Il secondo studio è stato eseguito in un bar/bakery in Emilia-Romagna con laboratorio di preparazione panificati e magazzino di stoccaggio alimenti. La struttura gestiva il controllo degli infestanti in autonomia ma, valutato che non era in grado di gestire la situazione, aveva chiesto supporto ad un’azienda di servizi, la GreenTech Pest Control. La sinergia tra GreenTech Pest Control e Infestalia si è sviluppata nello studio di un protocollo per il corretto posizionamento dei CP, l’identificazione delle azioni da mettere in atto per un’accurata pulizia degli ambienti e le metodiche di trattamento con prodotto biocida in formulazione gel, certificato da HACCP International, al fine di cercare di eradicare l’infestazione in tre interventi. Il primo monitoraggio evidenziava una

All’interno del documento rilasciato da HACCP International (HACCP international food-safe equipment, materials and services, https://haccp.international.com), con cadenza mensile, si evidenziano le attrezzature utilizzabili per il monitoraggio di roditori, blatte, insetti volanti (lampade e luce UVA o Led), oltre a prodotti biocidi in formulazione liquida o gel. Ogni prodot-

presenza media di circa 40 individui catturati per postazione tra cui individui di Blatta orientalis, oltre a stadi adulti e preimmaginali di Blattella germanica. Il primo intervento è stato eseguito in data 10 ottobre 2024, interessando sia le aree produttive che distributive, oltre che l’areale magazzino. Dopo quindici giorni, in data 24 ottobre 2024 i monitoraggi rilevavano una riduzione di circa il 50,0% della popolazione di infestanti presenti, con consumo completo di tutto il gel posizionato. Si provvedeva quindi a ripristinare i vari punti dispensativi. In data 31 ottobre 2024 si appurava come l’infestazione era stata praticamente eliminata, fatto salvo un individuo di Blatta orientalis catturato dalle postazioni di monitoraggio. Proprio sulla base di questa cattura si provvedeva a ripristinare del gel ove risultava consumato (circa il 10% dei punti esca posizionati) come precauzione di una possibile recrudescenza dell’infestazione che, però, a seguito dei dati di monitoraggio eseguiti dal personale operativo di GreenTech Pest Control, non si è più rilevata.

Anche con questo secondo test, condotto in collaborazione con un’azienda del settore, si è potuto confermare che, grazie a un corretto protocollo di gestione degli infestanti e un utilizzo di prodotti certificati SSZ da HACCP International, risulta possibile l’eradicazione da infestazioni non solo di Blattella germanica, ma anche di Blatta orientalis

to testato presenta un numero di certificazione e l’indicazione della zona produttiva dove può essere utilizzato.

IL CONTROLLO DELLE BLATTE

Fermo restando l’importanza della certificazione HACCP International per un prodotto biocida, un fattore fondamentale è che lo stesso soddisfi i parametri e i requisiti di controllo degli infestanti.

Non potendo testare tutto quanto certificato da HACCP International, nell’anno 2024 come Infestalia ci siamo concentrati in test di prodotti chimici in formulazione gel per il controllo delle blatte.

Questi prodotti dovevano garantire in etichetta la possibilità di utilizzo in Azienda Alimentare ed essere considerati utilizzabili in Food Zone da HACCP International stessa.

Oltre a questo, un altro parametro di valutazione era dato dal fatto che, in caso di infestazione, garantivano l’eradicazione della problematica blatte in massimo tre interventi (calcolo legato alla possibile presenza di ovature e consumo completo dell’esca posizionata).

Essendo ormai numerose le aziende alimentari certificate secondo gli schemi approvati da GFSI (Global Food Safety Initiative), sarebbe opportuno che, nell’identificazione dei prodotti/attrezzature utilizzate da parte delle aziende fornitrici di servizi, venissero utilizzati prodotti certificati HACCP International.

I prodotti certificati, infatti, non solo garantiscono la risoluzione della problematica, ma alcuni sono appositamente studiati e sviluppati per essere utilizzati anche in presenza di alimento esposto.

Nell’ottica di un miglioramento costante dell’igiene alimentare per quanto concerne il Pest Management, tutti gli attori coinvolti (l’organizzazione, l’OSA, le aziende fornitrici di servizi, ecc.) dovrebbero utilizzare prodotti certificati; dal canto loro, gli auditor BRCGS, IFS o FSSC22000 dovrebbero valutare non solo le etichette dei prodotti, ma se gli stessi sono stati analizzati dal team HACCP a garanzia della non contaminazione del prodotto esposto.

igiene alimentare

Le valutazioni, le decisioni e i controlli di gestione degli organismi infestanti prevedono una serie di procedure standardizzate sintetizzabili in otto principi cardine

GLI 8 PRINCIPI

dell’Integrated Pest Management

1

PREVENZIONE E SOPPRESSIONE

La prima linea di difesa consiste nel prevenire l’ingresso degli infestanti nell’area da proteggere, ad esempio installando reti alle finestre per impedire l’accesso degli insetti. Oltre alle barriere fisiche, si possono adottare misure per rendere l’ambiente inospitale allo sviluppo dei parassiti, come la corretta gestione dell’umidità e l’eliminazione delle fonti di cibo. Se la prevenzione funziona, il problema viene evitato alla radice, riducendo la necessità di interventi successivi.

2

MONITORAGGIO

Il monitoraggio costante è essenziale per individuare tempestivamente la presenza di organismi dannosi. Utilizzando vari strumenti di rilevazione, si possono raccogliere dati su numero e tipo di parassiti presenti. L’osservazione visiva, l’ispezione accurata e l’analisi delle tracce lasciate dagli infestanti giocano un ruolo chiave in questa fase. Tutti i dati devono essere registrati in modo preciso per poter effettuare analisi e prendere decisioni informate sulle azioni da intraprendere.

3

FASE DECISIONALE

I dati raccolti dal monitoraggio guidano il processo decisionale. Ad esempio, l’entità dell’infestazione può determinare l’urgenza e l’intensità degli interventi. In alcuni casi, la presenza di pochi individui non richiede un trattamento immediato, mentre in altri contesti anche un piccolo numero di infestanti potrebbe rappresentare un rischio significativo, giustificando azioni più incisive.

4

METODI NON CHIMICI

L’approccio IPM privilegia l’uso di metodi non chimici quando possibile, tra cui tecniche biologiche, biotecniche e fisiche per il controllo degli infestanti. Questi metodi possono essere utilizzati in alternativa o in combinazione con i prodotti chimici, riducendo così l’impatto ambientale e i rischi per la salute umana.

Il Pest Control è un servizio di disinfestazione professionale in cui un operatore qualificato valuta il problema e adotta le soluzioni necessarie per eliminarlo o limitarne l’impatto. La principale differenza tra Pest Control e una comune disinfestazione risiede nel metodo utilizzato: il primo si basa sull’Integrated Pest Management (IPM).

L’IPM non si limita a eliminare gli infestanti, ma prevede un approccio completo che include la gestione e il monitoraggio delle infestazioni, l’analisi dei danni potenziali, la valutazione delle problematiche e le raccomandazioni per prevenire recidive.

L’IPM si distingue per l’uso di pratiche rispettose dell’ambiente e combina infor-

5

SCELTA DEI PRODOTTI CHIMICI

Se l’uso di prodotti chimici è necessario, l’IPM prevede la selezione di quelli meno pericolosi per la salute umana e con il minor impatto ambientale. Particolare attenzione va posta nell’utilizzo di prodotti specifici per l’infestante target, evitando danni collaterali su organismi non bersaglio. La scelta di principi attivi a basso impatto ecologico contribuisce a una gestione sostenibile delle infestazioni.

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mazioni aggiornate sui cicli di vita dei parassiti e la loro interazione con l’ambiente con metodi di controllo efficaci, cercando soluzioni economiche e minimizzando i rischi per persone, beni e ambiente.

L’IPM è oggi applicato in numerosi contesti, inclusi ambienti urbani e filiere agroalimentari.

Questo approccio utilizza diverse tecniche di gestione dei parassiti, compreso un uso equilibrato di pesticidi. Ad esempio, nell’agricoltura biologica, si adottano i principi dell’IPM limitando però l’impiego di pesticidi a quelli di origine naturale. L’IPM non è un unico metodo di controllo, ma un insieme di decisioni, valutazioni e azioni

per gestire gli infestanti. Si articola in otto principi fondamentali che gli operatori devono seguire con rigore.

L’Integrated Pest Management combina azioni pratiche, raccolta dati e valutazione continua per ottimizzare il controllo degli infestanti in modo efficace e sostenibile. L’analisi preventiva dell’ambiente, il monitoraggio durante l’implementazione del piano e la valutazione finale dei dati sono i pilastri di questo approccio dinamico e adattivo. Grazie all’IPM, è possibile affrontare le infestazioni con metodi integrati che proteggono l’ambiente, la salute pubblica e i beni materiali, garantendo al contempo l’efficacia del controllo.

RIDUZIONE DELL’USO

DI SOSTANZE CHIMICHE

L’IPM incoraggia la minimizzazione dell'uso di prodotti chimici attraverso una pianificazione accurata basata sui dati raccolti durante il monitoraggio. Si evita così l’approccio “a calendario”, in cui i trattamenti vengono effettuati a intervalli prestabiliti indipendentemente dalla reale necessità. Al contrario, i trattamenti vengono eseguiti solo quando indispensabili, riducendo l’esposizione a sostanze chimiche.

7

PREVENIRE LE RESISTENZE

L’uso ripetuto dello stesso principio attivo può favorire lo sviluppo di resistenze negli infestanti, rendendo inefficaci i trattamenti nel tempo. Per evitare questo problema, l’IPM raccomanda di alternare prodotti con principi attivi differenti e meccanismi di azione diversi. Questa strategia riduce la pressione selettiva sugli infestanti, limitando il rischio di resistenza.

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VALUTAZIONE

Questo principio rappresenta il fulcro dell’IPM: l’analisi dei dati raccolti consente di valutare l’efficacia degli interventi, identificare eventuali punti critici e apportare modifiche per migliorare le strategie adottate. La valutazione finale permette di comprendere a fondo l’impatto delle azioni intraprese e di ottimizzare il piano di gestione per il futuro.

VANTAGGI DEL PIRETRO

VEGETALE

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MULTIFUNZIONALE

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CONTRO UN’ELEVATA VARIETÀ DI INFESTANTI

IL PIRETRO un aiuto dalla natura contro gli insetti

Il Piretro è il cuore della linea ONLY PY che, come suggerisce il nome, è una linea di prodotti formulati con solo Piretro. I prodotti ONLY PY sono stati appositamente formulati per ambienti sensibili, come scuole, ospedali, industrie alimentari, bar, ristoranti e ambienti zootecnici. La gamma comprende tre prodotti in diverse formulazioni registrati per diversi insetti target:

All’interno di un piano integrato di Pest Management, le strategie di monitoraggio e prevenzione rivestono un ruolo fondamentale. Tuttavia, in molti casi, l’uso di insetticidi adulticidi si rende necessario per garantire la massima efficacia e ridurre la popolazione dell’infestante target. Inoltre, specie in contesti sensibili, è essenziale scegliere prodotti con un elevato profilo di sicurezza.

La linea ONLY PY rappresenta l’impegno di Copyr nello sviluppo di soluzioni insetticide efficaci e sicure. Il cuore di questa gamma è il Piretro, insetticida di origine vegetale estratto dal Chrysanthemum Cinerariaefolium, una pianta appartenente alla famiglia delle Asteraceae, simile a una margherita, che cresce spontaneamente nelle aree calcaree e aride della regione orientale dell’Adriatico, dall’Istria al Montenegro. Per questo motivo è nota anche come “Piretro della Dalmazia”. Attualmente, le principali coltivazioni di questa pianta si trovano in Kenya, Australia e Nuova Zelanda.

Il Piretro, che Copyr ha sposato fin dalla sua fondazione oltre 60 anni fa, è noto per la sua efficacia contro un’ampia varietà di insetti. Agisce sia per contatto che per ingestione, offrendo un’azione rapida e un’elevata capacità abbattente (Knock Down) contro insetti striscianti, volanti e delle derrate.

• ONLY PY (concentrato): un insetticida liquido concentrato emulsionabile, efficace contro insetti striscianti e volanti.

• ONLY PY RTU (pronto all’uso): un insetticida liquido a base acquosa, pronto per l’applicazione immediata.

• ONLY PY MICROCAPS (microincapsulato): un insetticida concentrato microincapsulato a largo spettro d’azione.

ONLY PY Microcaps è un insetticida concentrato microincapsulato ad ampio spettro d’azione. La microincapsulazione prevede una separazione fisica del principio attivo dal solvente (che in questo caso è l’acqua), garantendo quindi la stabilità del prodotto sia in forma concentrata che diluita. Le microcapsule che contengono il Piretro sono realizzate con materiali di origine vegetale e libere da microplastiche.

Le caratteristiche fisiche del formulato rendono l’insetticida ideale per la difesa degli ambienti domestici, civili e industriali da insetti nocivi (Il testo riportato corrisponde all’etichetta approvata dal Ministero della Salute).

ONLY PY ™ LINEA

Concentrato a rilascio graduale

LA POTENZA VERDE DEL PIRETRO

L’informazione al servizio del cleaning professionale

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