30 anni forti e magri

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AMBROGIO FOGAR UN INDOMABILE AVVENTUROSO Navigatore, esploratore, scrittore e conduttore televisivo. Tutto questo è stato Ambrogio Fogar, sino ai giorni terribili seguiti all’incidente automobilistico occorsogli nel 1992 nel deserto del Turkmenistan, durante il raid Parigi-Mosca-Pechino. Da quel giorno un uomo che aveva spaziato dal mare ai deserti al Polo, convinto che il suo impegno fosse “procedere oltre, come se nulla desse limiti”, si è visto costretto in un letto, paralizzato, incapace di respirare autonomamente, sino alla crisi cardiaca che lo ha portato via nel 2006. Aveva debuttato presto, a 18 anni, nel ruolo di moderno esploratore, quando pareva che nulla del pianeta riservasse dei segreti: dapprima la traversata delle Alpi con gli sci, compiuta due volte, poi la passionaccia per il paracadutismo, prima di un grave incidente che poteva costargli la vita. A seguire, il brevetto di pilota per piccoli aerei acrobatici, per levarsi comunque da terra. Poi la scoperta del mare, che diventa passione irrefrenabile: nel 1972 attraversa l'Atlantico in solitaria, l'anno dopo partecipa alla regata Città del Capo-Rio de Janeiro. Nel 1974 compie il giro del mondo in barca a vela, in solitaria, da Est verso Ovest, contro le correnti e il senso dei venti. Nel 1978 la drammatica avventura del "Surprise", la sua barca, viene affondata da un'orca al largo delle Falkland mentre l'esploratore sta tentando la circumnavigazione dell'Antartide: Fogar va alla deriva su una zattera per 74 giorni insieme al giornalista Mauro Mancini. Quest'ultimo perde la vita, lui viene tratto in salvo per puro caso. Prepara subito un nuovo impegno che onorerà dopo due anni: sosterrà due mesi intensi e impegnativi in Alaska per imparare a guidare i cani da slitta, poi il trasferimento nella zona dell'Himalaya e in seguito in Groenlandia: il suo obiettivo è quello di preparare un viaggio in solitaria, a piedi, al Polo Nord in compagnia del suo fedele cane Armaduk, un Husky siberiano. Negli anni Ottanta approda in televisione, conduce "Jonathan, dimensione avventura". Per sette anni gira il mondo con la sua troupe, realizzando immagini di rara bellezza e spesso in condizioni di estremo pericolo. Dopo tre partecipazioni alla Parigi-Dakar e altrettanti Rally dei Faraoni, lo schianto durante il raid Parigi-Mosca-Pechino. Il camion su cui viaggia si capovolge. Il verdetto è impietoso: seconda vertebra cervicale spezzata e midollo spinale tranciato. L'incidente gli provoca l'immobilità assoluta e permanente, con l'impossibilità di respirare autonomamente. L’infermità non lo blocca. Nell'estate del 1997 è protagonista di un giro d'Italia in barca a vela su una sedia a rotelle basculante. Il tour, denominato “Operazione Speranza", promuove in tutti i porti che tocca la campagna di sensibilizzazione nei confronti delle persone disabili, destinate a vivere su una carrozzella.


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