Il Piccolo Giornale di Cremona

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Cremona

Venerdì 18 Dicembre 2009

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La mano della mafia si allunga su Cremona? La famiglia Linetti si difende: «La casa è stata acquistata con il denaro della nostra famiglia, e ho i documenti per dimostrarlo»

Sequestrata a Robecco d’Oglio, nella frazione di monasterolo, una villa che apparterrebbe al clan dei Casalesi

In passato numerose le vicende che hanno coinvolto la camorra

L

di Sara Pizzorni

a lunga mano della mafia anche all'ombra del Torrazzo? C'è da chiederselo, dopo la recentissima operazione che ha visto cinquanta agenti della Dia eseguire due decreti di sequestro di beni per 20 milioni di euro, intestati a cinque tra affiliati o prestanome del clan capeggiato dal latitante Michele Zagaria, uno dei capi della cosca dei casalesi. I beni consistono in immobili, titoli e quote societarie. C'è dunque il sospetto che anche il territorio cremonese sia stato scelto come base per operazioni mafiose. Ci si domanda, infatti, se alcuni fatti che si sono verificati da queste parti anche negli anni passati siano dovuti a presenze o iniziative occasionali, oppure rivelino veri e propri tentativi di passare a forme organizzate di stampo mafioso. Intanto gli uomini della

Il latitante Michele Zagaria

denaro sporco ottenuto dalle attività illecite del clan. Due i decreti di sequestro eseguiti a carico di 5 soggetti affiliati o prestanome riconducibili a Michele Zagaria. Tra questi, oltre al fratello Pasquale e alla moglie Francesca Linetti, Aldo Bazzini, il suocero, Paolo Bazzini, e Andrea Bazzini. La vecchia scuola di Robecco era stata venduta una prima volta dal comune 35 anni fa. L'edificio è poi passato in varie mani, fino

sparsi nel nord Italia, soprattutto a Parma, dove opera Aldo Bazzini, imprenditore del settore edilizio e suocero di Pasquale Zagaria. Tra le società sequestrate ci sono: «Maisonette Immobiliare», la «Nuova Italcostruzioni Nord» di Parma, la «Ducato Immobiliare», sempre a Parma, una ditta individuale «Bazzini Aldo», due

Sequestrate molte società immobiliari in tutta Italia

Due immagini dell'intervento delle forze dell'ordine

residence a Parma, uno a Massa Carrara, appartamenti, e naturalmente l'ex scuola di Robecco d'Oglio, trasformata in due appartamenti di lusso, intestata a Francesca Linetti. Molti di questi beni sequestrati nel 2006 furono dissequestrati per mancanza di prove. Il sequestro chiesto dalla Dia è stato disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua

Direzione investigativa antimafia di Napoli hanno messo i sigilli alle ex scuole elementari di Monasterolo, frazione di Robecco d'Oglio, da tempo trasformate in residenza di lusso dalla famiglia di Pasquale Zagaria, boss del clan dei "Casalesi", attualmente in carcere per reati di camorra e fratello di Michele, latitante dal 1995. Ma secondo Angelo Linetti, agente immobiliare e fratello di Angela, moglie del boss Pasquale Zagaria, il bene sarebbe stato acquistato e sistemato con il solo denaro della famiglia Linetti, senza aver quindi mai ricevuto un solo euro dai Casalesi. Linetti, a suo dire, ha tutte le carte e i documenti per dimostrarlo. Secondo gli investigatori, invece, l'abitazione di Robecco d'Oglio era stata acquistata, ristrutturata e arredata riciclando

Vetere. Il grosso dei bini sono stati individuati a Parma dove ci sono, Magawly e Lisoni, ma anche sei appartamenti e una villa su due piani di circa 250 metri quadri con un garage da otto posti auto. Durante l'operazione la Dia ha sequestrato anche nu-

ad arrivare a Bazzini, che l'ha trasformata in due appartamenti finemente arredati. Oltre all'abitazione di Robecco d'Oglio, gli agenti della Dia, su ordine del Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere, hanno sequestrato beni immobili per 20 milioni di euro

merosi conti correnti bancari e altrettante polizze «Vita» per un valore di 2 milioni di euro. I beni sequestrati nel corso dell'operazione «Maisonette» (nome mutuato dall'agenzia immobiliare di Parma di Bazzini) sarebbero stati acquistati attraverso cospicui capitali provenienti da traffici illeciti, attraverso la costituzione di una fitta rete di ditte e società costituite "ad hoc" e tutte operati nel settore delle costruzioni edili e dell'intermediazione immobiliare. Figura centrale di questa rete era proprio Aldo Bazzini, al quale veniva girato il denaro sporco per essere riciclato attraverso investimenti nel mattone. Investimenti che riguardavano immobili di lusso, mansarde, attici e ville situati in zone di pregio turistico, come ad esempio la riviera della Versilia. Su Bazzini pende già una condanna per associazione di tipo mafioso. Una delle sue società, la "Maissonette", era stata sequestrata con decreto del Gip di Napoli a giugno 2006 nell'ambito delle indagini sulla famiglia Zagaria, poi dissequestrata dal Gup nel novembre 2007 perchè non erano emerse prove che effettivamente fosse stata utilizzata per la commissione di reati. "La peculiarità della misura di prevenzione eseguita dalla Dia hanno sottolineato gli inquirenti - è proprio nella minore pregnanza probatoria propria del processo di prevenzione che richiede l'accertamento della sola riconducibilità del bene in capo al soggetto indagato del reato di associazione mafiosa che invece dovrà dimostrare, con un'inversione dell'onere della prova, di aver lecitamente acquisito la proprietà del bene al di fuori dei contesto criminale (ad esempio per eredità). Proprio giovandosi del dissequestro del 2007, Bazzini aveva lasciato un gran numero di beni in capo alla società "Maisonnette" svuotando, di fatto, le società già in sequestro.

Risale al lontano 1992 il pluriomicidio commesso il 6 settembre alle Colonie Padane, un fatto gravissimo che vide Cremona salire alla ribalta delle cronache per la morte di due persone originarie di Cutro, un episodio collegato a faide familiari calabresi, forse per la gestione del traffico di droga. Ma gli inquirenti hanno sempre considerato quel fatto delittuoso come qualcosa di isolato, non collegato alla presenza della piovra sul territorio cremonese. Tuttavia non è da escludere che siano la ricchezza e la relativa tranquillità di queste zone padane ad attirare i malavitosi, i quali troverebbero con facilita' i canali giusti in cui investire per riciclare il cosiddetto "denaro sporco". La barbara esecuzione avvenne davanti a centinaia di cremonesi che partecipavano alla festa della Lega Nord alle Colonie padane, a due passi dal Torrazzo. Oltre alla vittima designata, Ruggero Dramore, 29 anni, ucciso da quattro colpi di pistola sparati a bruciapelo, rimase ucciso anche Antonio Muto, anch'egli originario di Cutro, colpito per errore dai killer in fuga: tre proiettili gli spappolarono il fegato. Due fratelli, inoltre, Rosario e Michele Diletto, colpiti di striscio, furono medicati all' ospedale. Gli inquirenti riuscirono a ricostruire la catena di faide tra famiglie rivali di Cutro. In passato sulla vittima ci furono sospetti relativi ad un omicidio consumato in Calabria: Dramore fu interrogato e poi rilasciato dalla polizia. Ma non sfuggì alla faida calabrese. Erano da poco passate le 16 e i locali del "Baracchino" brulicavano di clienti. I testimoni riferirono che i due killer, elegantemente vestiti e a volto scoperto, scesi da una Fiat Tipo, pronunciarono ad alta voce il nome della vittima. Poi esplosero con pistole calibro 9 numerosi colpi. L'epilogo giudiziario arrivò nel luglio del 2005, con i giudici della Corte d'Appello di Brescia che riformarono parzialmente la sentenza di primo grado sul duplice omicidio, assolvendo Francesco Salerno, 47anni, Nicolino Grande Aracri, 46 anni, e Francesco La Manna, 44anni. Confermata la condanna all'ergastolo, invece, per Vin-

cenzo Scandale, 45 anni, colui che fornì uomini, armi e auto per il regolamento di conti, e per Aldo Carvelli, 40 anni, considerato il killer "materiale" dell'omicidio. Molto più recente, invece, il ritrovamento avvenuto in via Visconti a Crema di un intero arsenale appartenente alla mafia. Che dietro il nascondiglio delle armi scoperto dai carabinieri lo scorso mese di ottobre ci sia il crimine organizzato, si è detto convinto il capitano Antonio Savino, comandante della compagnia dei carabinieri di Crema. Un territorio da non sottovalutare, quello cremasco, un crocevia usato dalla mafia, forse non per agire in zona, ma da usare come rifugio, come via di fuga, oppure per nascondere le armi come quelle ritrovate dai militari, tra cui un fucile d'assalto con il manico a pistola e il caricatore di un Kalashnikov. Le ipotesi degli investigatori parlano di crimine organizzato, probabilmente di un pezzo grosso del crimine nascosto nel territorio insieme a persone fidate, pronte a tutto e armate fino ai denti. A testimonianza del ruolo delle infiltrazioni mafiose nella provincia di Cremona, poi, ci sono altri due episodi da ricordare: il primo nel 1997 a Vicomoscano di Casalmaggiore, e il secondo nel 2008 a Trescore Cremasco. A Casalmaggiore erano stati sequestrati beni del valore di circa tre miliardi di lire. Nel mirino dei magistrati erano finite otto villette a schiera ancora in costruzione e la relativa area di cinquemila metri quadrati. Il 29 novembre 2008, invece, si era scoperto che la mafia era arrivata anche nel cremasco, con un immobile che era stato confiscato e che ora è occupato dal Corpo forestale dello Stato. L'edificio di Trescore era stato acquistato nel 1997 da una persona residente a Gela. Mentre ora è venuta alla luce la lunga indagine sulla famiglia Zagaria, con la scoperta di una parte del tesoro dei Casalesi nel cuore della campagna cremonese. Ora toccherà alla magistratura accertare che la bella villa di Robecco sia stata al centro di operazioni illecite, legate appunto al famigerato clan dei Casalesi.

Delinquenza tra bande: la faida sfociata in rissa e accoltellamento E' ricoverato in ospedale con una prognosi di 25 giorni , M.A., un giovanissimo cremonese di 18 anni, accoltellato al petto da un 17enne di origini calabresi, denunciato per lesioni gravi, rissa e porto abusivo d'arma da taglio. Una decina, complessivamente, i ragazzi denunciati per la rissa scoppiata sabato sera in piazza della Pace, un parapiglia che ha visto coinvolti una trentina di giovani che se le sono date di santa ragione, sembra per un regolamento dei conti. Le indagini sono nelle mani degli uomini della squadra Mobile, dopo un primo intervento dei colleghi della Volante. «Sono intervenuto solo per dividere il mio amico dall'altro ragazzo. Si stavano picchiando. Poi ho sentito un colpo fortissimo alla schiena, ma non mi sono reso conto di essere stato accol-

tellato. Pensavo ad un pugno». E' così che il ferito, dal letto dell'ospedale, ha commentato l'accaduto. I medici gli hanno diagnosticato una lesione al polmone sinistro, ma se la lama del coltellino a serramanico fosse arrivata qualche millimetro più a destra, le conseguenze sarebbero state tragiche. Due i gruppi rivali che si sono affrontati: da un lato, una "banda" di cremonesi, dall'altra un gruppo di calabresi. I primi si erano riuniti in centro per trascorrere la serata, i secondi li sarebbero andati a cercare per "risolvere" la questione. Dalle parole si è presto passati ai fatti, con spintoni e botte. Poi è spuntato un coltello, impugnato dal 17enne calabrese che ha colpito alla parte superiore del torace il 18enne cremonese. Il ferito è riuscito ad allontanar-

si, ricomparendo un'ora dopo al pronto soccorso dell'ospedale accompagnato da alcuni amici: i medici gli hanno trovato un polmone lesionato e lo hanno ricoverato, avvertendo la polizia che nel frattempo si stava occupando dell'identificazione dei partecipanti alla rissa. Le indagini si sono così allargate, andando avanti fino alle prime ore della domenica mattina, nella ricerca del ragazzino calabrese, che è stato identificato e raggiunto nella sua abitazione dove gli agenti hanno recuperato e sequestrato il coltellino. Il 17enne è ora indagato presso la Procura dei minori di Brescia. Così come lo è, per rissa, anche il 18enne ferito, e altri 10 ragazzi di età compresa tra i 20 e i 17 anni che sono stati identificati come partecipanti al pestaggio. A quanto si è appreso, la

Piazza Della Pace, dove si è svolto il fatto

rissa è stata solo il punto di arrivo di una "faida" nata tra i due gruppi all'incirca due settimane fa. Ad innescare l'odio e la rivalità era stato il litigio tra due ragazzi, un cremonese e un calabrese. La settimana scorsa, l'auto di uno dei giovani cremonesi è stata incendiata in via Bissolati; venerdì è toccato a quella di un altro parcheggiata davanti al Nec

Ente. Prima ancora c'erano state gomme tagliate, insulti e minacce sotto la casa di un minore calabrese. La tensione è aumentata e sabato sera la miccia ha fatto esplodere definitivamente la rabbia e l'odio. I fatti di piazza della Pace, dunque, sono solo il punto di arrivo di due settimane vissute all'insegna di sgarri e bullismo.


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