Il Piccolo del Cremasco

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venerDI’ 5 febbraio 2010 • Supplemento settimanale al n° 5 de "Il Piccolo Giornale"

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Ambulanti sul tetto del mercato, scontri in maggioranza

il sindaco a rischio dimissioni Siamo ormai alla frutta? E’ questa la sensazione. La questione Ersaf è l’ultimo capitolo di un governo cittadino allo sbando. Dopo le dimissioni di personaggi eccellenti, vogliono cacciare anche Pesadori del Pdl. Sotto esame pure Boschiroli. Continua la politica dei diktat l’ospite

Soldi alla Fiat o alle Pmi?

N

La spallata al palazzo di chi si alza alle cinque

Crema, a pag. 17

Scoop: colpo di scena

Zucchi svela il progetto

Parcheggi sotto il mercato? No, meglio al S. Luigi

Asvicom, la rosa di nomi per il Cda della Popolare Crema, a pag. 22

Si può essere più o meno d'accordo ad abbattere il mercato coperto di via Verdi, ma sotto le pensiline c'è gente che si alza alle 5 del mattino per essere pronta a vendere la merce dalle sette. Se a questi gli vai a dire che non avranno più il loro spazio per lavorare - senza trovargli una zona alternativa - come minimo sono disposti a tutto. Come gli operai che salgono sulle gru o sui tetti delle fabbriche. Sono loro che stanno dando una spallata a una governance cittadina che ha perso davvero la testa. C'è chi, nella maggioranza, vuole abbattere le pensiline del mercato, chi le vuole mantenere, chi le vuole rifare, chi non sa più che cosa farne. E' il caos. E il sindaco? Lasciamo perdere. Ormai è sull'orlo di una crisi di nervi. Non si riesce più a capire fino a che riuscirà a reggere una situazione simile. Troppi le tensioni. I problemi non risolti. Lunga la lista degli annunci che non approda ad alcuna conclusione. Molti i comitati di cittadini che raccolgono firme perché scontenti delle decisioni prese. Se avesse fatto solo il farmacista... Banca Cremasca, fusione

Ma dalla Bcc di Offanengo nessuna cifra ▲

Crema, a pag. 18

ata nel 1899, la storia della Fiat è strettamente correlata alla storia del nostro Paese, dei suoi accadimenti politici e delle sue alternanze di governo. C’è un file rouge che lega questa azienda da più di un secolo agli italiani. Fa parte del nostro modo di vivere, dei cambiamenti di abitudini, di mode differenti; è cresciuta con lo sviluppo del benessere in Italia. Si sono alternati managers della famiglia Agnelli a managers esterni alla famiglia torinese. In tutta questa evoluzione aziendale, c’è però un costante leit-motive: la Fiat ha sempre privatizzato gli utili e socializzato le perdite. Ogni anno come l’alternarsi delle stagioni… ecco arrivare la richiesta di cassa integrazione. L’azienda annuncia nuove strategie e nuove automobili, ma ricorre sempre all’aiuto dello Stato, una necessità che è parte integrante del dna dell’azienda. La famiglia Agnelli ha introitato utili favolosi, nonostante lo Stato abbia dovuto intervenire costantemente. Tra incentivi auto, ricorso agli ammmortizzatori sociali ed altri strumenti, l’ammontare dell'esborso statale in tutti questi anni è a dir poco faraonico, ma la domanda chiave è questa: è servito davvero? Sicuramente sì per salvare i posti di lavoro, certamente no per mantenere un management capace di traghettare l’azienda in uno stato di autonomia che è la condizione richiesta ad ogni azienda per competere sul mercato. E’ giusto che tutti questi aiuti statali non siano mai stati rimborsati anche quando l’azienda ha prodotto utili? Tutto questo spreco di danaro poteva servire non a fare assistenzialismo, ma a incrementare le Pmi, vera ricchezza del nostro paese, realtà che con pochi adetti e molta fatica, attraversando crisi economiche anche epocali come l’attuale, hanno tenuto in piedi il Paese e sono gli artefici di un marchio per cui oggi il nostro Paese è famoso in tutto il mondo: il "made in Italy". Aziende che con pochissime risorse, senza alcun aiuto statale, producono qualità, innovazione e immagine di altissimo livello. L’unica auto recente della Fiat che ha valore in termini di design e modernità è la 500; per il resto, se ci fosse un premio per chi sviluppa prodotti innovativi, la Fiat non l’avrebbe mai vinto. Forse al posto di pagare consulenze milionarie e stipendi da nababbi ai dirigenti, l’azienda dovrebbe sviluppare strategie per togliere dai propri bilanci la voce: assistenza statale. Il marchio Volkswagen tradotto significa «auto del popolo», ma la Fiat è la vera auto del popolo visto che l’abbiamo pagata noi italiani anno dopo anno con le nostre tasse. Dopo tutte queste elargizioni che lo Stato ha fatto alla Fiat, è il minimo che lo Stato controlli che il reale utilizzo di questo danaro pubblico sia realmente servito al rilancio dell’azienda. Ci pare davvero che ne abbia buon diritto. Renato Ancorotti rancorotti@gmail.com

Crema, a pag. 23

CRISI, ARRESTO DELLA CADUTA- La parola a Cavagnoli (Cna), Zucchetti (Libera), Baroni (Autonoma), Bettini (Casartigiani) • A pag. 21


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