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VENERDI’ 4 MARZO 2011 • Supplemento settimanale al n° 9 de "Il Piccolo Giornale"
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POLIZIA E POMPIERI: VOLEVA COSTRUIRLE IL MINISTERO
CASERME, IL GIALLO DELLE LETTERE
Anche il sindaco dice di non averle mai viste. Il nostro giornale è venuto in possesso di addirittura quattro scritti. In questi si legge che lo Stato si assumeva l’onere di edificarle. Poi che è il comune che ha deciso di erigerle. Chi e perché a Crema si è preso la responsabilità? Pasticcio Una fitta corrispondenza. Non una lettera soltanto, ma una serie di lettere che dimostrano, se non altro, un interesse preciso e una conoscenza dettagliata della situazione della caserma dei Vigili del Fuoco del Distaccamento permanente di Crema, da parte del ministero dell’Interno e della Agenzia del Demanio. E soprattutto la volontà di realizzare una nuova caserma a spese dello Stato. Le missive durano lo spazio di 8 mesi, dal luglio 2008 a marzo 2009, e tengono viva quasi fino all’ultimo la disponibilità del ministero dell’Interno a finanziare la costruzione di una nuova caserma addirittura caricandosi anche del reperimento e del costo dell’area idonea che viene indicata all’inizio di via Colombo. La prima lettera del ministero dell’Interno, Dipartimento Vigili del Fuoco, del 7 luglio 2008, è indirizzata all’Agenzia del Demanio, Roma, ma anche al Comando provinciale VVF. di Cremona, chiede «di assegnare ad uso governativo una porzione di 5.000 mq di superficie dell’area di proprietà demaniale indicata nella casella 3 del foglio catastale n 47 (limitrofa al Serio in via Colombo) per la realizzazione della nuova sede del Distaccamento dei Vigili del Fuoco nella città di Crema». L’Agenzia del Demanio scrive al comune di Crema, e per conoscenza al ministero in data 30 ottobre 2008: «E' stata confermata l’esigenza di edificare la sede del distaccamento VVFF di Crema a cura e spese dello stesso ministero dell’Interno. Pertanto si richiede la possibilità che parte dell’area oggetto di recessione (in via Colombo, che nel frattempo il comune di Crema è in procinto di acquisire)… possa essere mantenuta nella disponibilità dell’Amministrazione Finanziaria per essere destinata alla costruzione della sede del distaccamento del Vigili del Fuoco». Ma non è finita: una nuova lettera del Ministero dell’Interno dell’anno seguente, in data 23 febbraio 2009, all'Agenzia del Demanio, filiale di Lombardia, (ma anche per conoscenza al Comando Provinciale VVF.) conferma tutto: «Questa amministrazione ha incluso la realizzazione del distaccamento di Crema nelle prossime programmazioni pluriennali». Certo ci vuole pazienza, e forse i tempi si annunciano difficili. Ma la speranza, se non la certezza,
dell’operazione a totale carico governativo, è forte. Senonchè, a meno di un mese di distanza dalla precedente incoraggiante lettera - siamo ora al 17 marzo 2009 - il Ministero con lettera indirizzata al Prefetto di Cremona, vira totalmente la propria impostazione: si prende atto «della disponibilità del comune di Crema a realizzare con oneri a proprio carico una nuova sede del distaccamento dei Vigili del Fuoco sull’area concordata da questo ufficio con l’Agenzia del Demanio». Segue poi la volontà del Ministero di mantenere inalterati i canoni di locazione per la vecchia caserma, l’impegno a che il progetto predisposto dal comune si realizzi secondo gli standard adottati a livello nazionale; e si indica un costo presunto della nuova caserma - per analogia con altre simili realizzazioni - in circa 2.000.000 di euro. Cosa sia intervenuto fra la lettera di febbraio e quella di marzo non è dato sapere. Soprattutto come una precisa disponibilità del comune di Crema ad accollarsi l’onere della nuova costruzione, sia potuta avvenire in modo così repentino e soprattutto senza alcun coinvolgimento della città, e soprattutto degli organi deliberanti del comune. Ma non è tutto. Mentre giunta e consiglio comunale si chiedono a vicenda di essere illuminati con un progetto con i relativi costi, il consigliere dei Verdi Gian Emilio Ardigò scopre che un planivolumetrico per la nuova caserma VVf su via Colombo con relative autorizzazioni, c’è già: l’ha elaborato Scrp nel maggio del 2009. Nessuno pare più saperne nulla. Eppure la questione delle nuove caserme a Crema della Polizia di Stato e dei Vigili del Fuoco non è una
questione da poco; è da tempo che in un modo o in un altro è all’ordine del giorno della città. Quello che bisogna capire - e se lo chiedono i consiglieri di maggioranza prima ancora di quelli di minoranza, e lo chiede lo stesso assessore al Bilancio Walter Longhino - è come si sia arrivati al punto che lo stesso sindaco si dice all’oscuro di ben quattro lettere (o forse anche di più) di cui almeno una arrivata all’indirizzo preciso del comune e le altre con oggetto esplicitamente riferito a Crema. «Queste lettere io non le ho mai viste» ha dichiarato il sindaco di Crema. «Ho chiesto agli uffici ed anche loro non ne sanno niente. Parlerò col Prefetto per capire meglio». Ora tutti sono a chiedere progetti e costi, e ottengono dai vertici politici del comune come risposta solo: «Il ministero dell’Interno non paga!». Nel frattempo altre domande incalzano: un progetto c’è? Chi lo deve predisporre? E i costi di realizzazione sono compatibili con un bilancio che è ridotto allo stremo per i tagli ministeriali, e con qualche altro progetto - vedi il sottopasso di via Indipendenza - il cui costo sta per capitarci addosso? Ma soprattutto: cosa è accaduto fra febbraio e marzo 2009 fra il ministero dell’Interno e il comune di Crema? La capogruppo del Pd in consiglio comunale a Crema Stefania Bonaldi fa anzitutto notare: «E’ tutta una brutta partita che si gioca all’interno della maggioranza di centrodestra e addirittura fra assessori: evidentemente nemmeno si parlano fra di loro». La minoranza, però, non può certo stare a guardare. «Adesso bisogna che si tirino fuori tutte le carte su quest'assurda vicenda: se il ministero dell’Interno a un certo punto prende atto della disponibilità del comune di Crema a realizzare con oneri a proprio carico la nuova sede del VVF. a Crema, vogliamo sapere chi e su quali basi o autorizzazioni, progetto e costi, ha preso questo impegno». Il consigliere comunale Pdl Fulvio Lorenzetti è più severo: «Con tutto il rispetto, credo però che su questa vicenda qualcuno menta sapendo di mentire , oppure qualcuno non dice tutto quello che sa. Mi chiedo come noi consiglieri comunali possiamo essere sereni nelle nostre decisioni quando si assiste a questi pasticci». Tiziano Guerini
L'OSPITE
Le democrazie dittatoriali
I
di Enrico Tupone tuponee@alice.it
venti di ribellione che stanno spingendo le popolazioni di molti paesi nord africani ed arabi a cercare di rovesciare i rispettivi regimi dittatoriali riportano all’attenzione dell’occidente il problema della scelte fatte nell’appoggiare o meno quelle democrazie dittatoriali che si ritenevano essere un baluardo all’estremismo islamico. Ma la storia ha insegnato all’occidente che se si vuol far progredire un paese verso la democrazia non servono gli appoggi a regimi dittatoriali che impongono il loro potere per decenni con il terrore e la negazione delle libertà individuali a popoli impoveriti ed affamati. Le politiche di questo tipo sono fallite più volte in passato: vedi gli appoggi alle dittature sud americane o a paesi come Cambogia e Vietnam. Indubbiamente una campagna di aiuti economici a questi paesi, accompagnata da incentivi per la scolarizzazione ed alla diffusione delle informazioni, costituirebbe il piedistallo per la nascita di sistemi democratici e creerebbe baluardi per il respingimento dell’estremismo islamico costando alla fine molto meno di aiuti ed interventi militari. I paesi da cui è partita la rivolta avevano posizioni politiche vicine all’occidente come Tunisia ed Egitto, appoggiati in quanto moderatori di un area molto turbolenta; diverso il caso della Libia, paese dominato da un dittatore inviso a molti ma trattato da altri con i guanti bianchi per il potere economico che esprimeva. Il cerino acceso in Tunisia sembra non aver esaurito la sua fiamma: Oman, Algeria, Siria, Iran sono paesi in cui la popolazione ha motivi per ribellarsi prendendo ispirazione dai paesi vicini. La sensazione è che spenta la fiamma tutti torneranno a fare affari e comprare petrolio in questi paesi perché il mondo sembra dominato dalla finanza e dall’economia avendo la politica abdicato al proprio ruolo di regolatore dei conflitti sociali.