e alla fine cos’è questa realtà che se non è un qualcosa non è neppure un niente perché nella mancanza di suoni di un pomeriggio opaco assolato c’è questo dolore qui che comunque si sente la chiocciola come la bacca scoppia sotto al passo tonfa sul selciato il sacco della spesa quando torno a sera e sono stanco e scolora il cavo che mi lega al tempo e se è vero che questa lingua sola la si può dire essente (o forse anche la vita nel suo stupefacente movimento) allora da dov’è che non si pensa il vuoto se non come una forma un recipiente