Planum Magazine | Monographic Issue no.39 | 2019

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Massimo Angrilli

Introduzione

Scrivere questa introduzione mi ha indotto a riflettere sulla mia esperienza degli ultimi 25 anni nella istituzione del dottorato: come dottorando prima (XI ciclo del dottorato consorziato Roma-Pescara); come componente di tre diversi collegi docente anni dopo. A queste esperienze si aggiungono numerose attività di partecipazione ad attività istituzionali e culturali di altri dottorati in urbanistica, come i referaggi o le commissioni di valutazione finale, o le conferenze e i tavoli di discussione simili a quello oggetto di questa pubblicazione, che hanno arricchito il mio bagaglio di conoscenze su questa importante offerta formativa post-laurea. Durante questo ultimo quarto di secolo ho potuto osservare notevoli stravolgimenti prodotti dalle riforme (in modo particolare dal DM 45/2013 e dalle Linee guida per l’accreditamento del 2014) che hanno interessato il comparto dell’università e della ricerca, tra i quali il complessivo restringimento dei posti di dottorato. Dal 2007, anno precedente alla conversione in legge del decreto Gelmini, i posti di dottorato banditi si sono ridotti del 43.4%; nel 2018 il numero complessivo ha subito un ulteriore decremento del 3.5% (fonte: elaborazione condotte dall’ADI su dati ministeriali) con andamento differenziato nelle diverse aree del Paese: dal 2007 al 2018 il Nord ha perso il 37%, il Centro il 41.2% ed il Sud il 55.5%. Oggi il Nord conta il 48.2% del totale dei dottorati banditi in Italia, il Centro il 29.6% ed il Sud il 22.2%, con una evidente esasperazione delle differenze tra le tre grandi macroaree del Paese. Una ulteriore concentrazione è quella che interessa i 10 grandi Atenei italiani, di cui 7 al Nord, 2 al Centro e 1 al Sud, che garantiscono il 42% dell’offerta dottorale complessiva. Le notizie recenti parlano di una riforma del DM 45 avviata dal Ministro dell’Università e della Ricerca che sembra voler indirizzare il dottorato di ricerca non solo alla carriera accademica, ma anche (e forse soprattutto) alle imprese e alle pubbliche amministrazioni, alla luce del fatto che le attuali risorse per il reclutamento impediscono a circa 9 dottorandi su 10, che cominciano un post-doc, di proseguire la carriera accademica. Ma oltre alle questioni quantitative occorre volgere l’attenzione anche a quelle qualitative: le riforme citate hanno infatti modificato sensibilmente il contesto in cui si formano i ricercatori, oltre che i metodi di organizzazione e disseminazione della ricerca. A partire dall’eccessivo peso attribuito a indicatori quantitativi, che prefigura il rischio di rendere di fatto “bibliometrico” l’ambito della ricerca dell’area 08F1; o le linee guida per l’accreditamento dei corsi di dottorato che, applicando rigide griglie valutative, costringono a composizioni dettate non da scelte legate ai programmi di ricerca delle scuole ma da un uso improprio delle valutazioni VQR dei singoli

Planum. The Journal of Urbanism

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