Gennaio 2013

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Spazio autogestito sono capaci di ballare se sentono il suono del flauto, né se odono un lamento riescono più a piangere. Privati anche della morte, privilegio di chi una vita l'ha vissuta, rischiamo dunque di scomparire nel nulla come antiche divinità. Non è forse la stessa cosa che rischia di accadere ai giovani neodiplomati, senza abbastanza mezzi né speranze per affrontare l'università ma disposti ad accettare un lavoro qualsiasi, purché sia, se non il migliore, almeno il più sicuro dei posti possibili, anche se estraneo a ogni loro interesse, anche se lontano da casa? Per evitare che queste scintille di vitalità non vadano disperse, non restino inascoltate, nasce quest'inserto dedicato alle testimonianze dirette dei ragazzi, degli studenti impegnati, ancora una volta, nella manifestazioni. A questo scopo riportiamo una breve intervista: la nostra interlocutrice, Fabiana Tofi, è una ragazza che frequenta il primo anno del liceo delle Scienze Umane presso l'Istituto Federico Frezzi della nostra città. La descrizione fatta della situazione scolastica da lei vissuta aiuta a delineare una realtà più grande, probabilmente arriva a inquadrare una generazione, per così dire, "estesa", che comprende studenti di anni di-

“Perché pietà per quell’ombra, perché la scongiuro se scorgo le orme di minuscole ferite sui ginocchi dei ragazzi e, mi rammento, gustavo fra i denti le croste brunite raschiate alle mie cicatrici. Atterrito dal mondo e da se stesso egli fermava contro il ferro la sua tempia. Rispondo che è per pietà per l’avvenire, per il patire interminato che entro tanto splendore uno spavento come una bestia immane dall’azzurro annunziava a quel misero tremante nella felicità che il pianto libera. Da qui lo assito, da qui ora lo consolo.” Franco Fortini, da "Penultime (19841990)".

versi ma tutti ugualmente cresciuti in una scuola almeno già in parte mutilata, in cui già si faticava a ritrovare i fili del proprio ruolo di studenti ma che, nonostante tutto, ha saputo mantenere in chi la frequentava la convinzione incrollabile che un "futuro migliore" si ottenga solo studiando, se possibile fino alla laurea. Esattamente come accaduto ai "grandi", ormai disamorati della politica, anche i giovani studenti hanno sviluppato una sorta di rifiuto totale per l'informazione, per i giornali e per la tv: molto meglio affidarsi ai due "estremi" di internet e della biblioteca. Se proprio non si hanno riferimenti, allora ci si rivolge a un insegnante la cui disciplina in qualche modo "richiami" l'argomento in discussione. L'impressione che se ne ricava è che i ragazzi abbiano imparato a dubitare delle "nozioni" così come delle semplici opinioni: i contatti "tra pari" non sono frequenti e, comunque, dove presenti non sono risolutivi. Ognuno si fida del proprio intuito e della propria curiosità, desideroso di seguire la propria strada, riconoscendo agli altri le stesse necessità ma senza attardarsi a "rincorrere" gli indecisi. Per gli indecisi, per chi non si fida nemmeno di sé, per chi on ha ancora sviluppato il giusto in-

29 tuito l'unica speranza di non perdersi sono ancora, per fortuna, sempre e soltanto i professori. Prima di internet, prima della carta stampata, prima dei telegiornali ci sono ancora "gli adulti". I ragazzi hanno una caratteristica spesso omessa quando vengono descritti: sanno ascoltare, vogliono ascoltare; anche quando non sanno con certezza se ascoltare li aiuterà o meno a capire. A questo punto la vera domanda è: cosa abbiamo fatto ascoltare ai nostri ragazzi? Cosa gli abbiamo raccontato, cosa gli abbiamo consigliato? Quando capiranno esattamente quali sono state le nostre mancanze, come reagiranno? D- Cadono i governi, cambiano i ministri, ma tutto rimane come prima, anzi, si ha quasi l'impressione che la situazione scolastica, sia per chi insegna sia per chi studia, possa collassare su se stessa da un minuto all'altro. Si dice che il problema sia la "buona volontà" di chi ci lavora o la poca adattabilità degli studenti e non la mancanza di politiche adeguate… Ma davvero la scuola rischia di diventare inutile anche agli occhi di chi "ci sta dentro"? R- Di politica a scuola non si parla, se ne è iniziato a parlare per la prima volta in occasione della legge Aprea. Anche se a volte, durante le Assemblee


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