Mensile Valori n.56 2008

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Anno 8 numero 56. Febbraio 2008. € 3,50

valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

MAYA GODED / MAGNUM PHOTOS

Fotoreportage > Erbe medicinali

Dossier > La prima mappa di indicatori alternativi per le buone economie

Aboliamo il Pil Internazionale > Africa: i diamanti continuano a mietere vittime Finanza > I clamorosi, e discutibili, successi degli antivivisezionisti Economia solidale > I numeri esplosivi dell’energia fotovoltaica Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.


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Oltre il Pil

le buone economie di Andrea Di Stefano

e da più parti si alzano le proteste contro “i fondamentalisti del mercato” (da George Soros ad Angela Merkel), centinaia di milioni di persone vivono seguendo parametri nuovi, coniugando la sostenibilità in forme differenti e nuove. Sono i protagonisti silenziosi della buona economia, quella che, per parafrasare uno slogan di Carlin Petrini, punta ad essere pulita e giusta. Gli esperti dell’economia da almeno tre lustri evocano la necessità di cambiare parametri, di utilizzare indicatori diversi da quello che dal Dopoguerra è diventato una specie di “dolmen” adorato da politici, banchieri e, purtroppo, anche sindacalisti: il Pil inteso come unico strumento per misurare lo stato di salute di un territorio e delle persone che lo abitano. Valori da tempo pensava di elaborare una mappa delle alternative credibili, realistiche, scientificamente documentate, degli strumenti economici per sostituire il prodotto interno lordo, l’arida (e a volte stupida) somma algebrica dei beni e servizi finali prodotti da un Paese che, come ha evidenziato recentemente il presidente dell’Istat, Luigi Biggeri, anche dall’emergenza rifiuti in Campania (nella rubrica Macroscopio le nostre proposte) potrebbe trarre effetti positivi sul Pil perché la movimentazione dei rifiuti solidi urbani fa “muovere” l’economia. Abbiamo constatato che il dibattito scientifico è molto più profondo di quello che si possa credere, ben oltre il famoso “manifesto” di Bob Kennedy, che rappresenta comunque il principale punto di riferimento per chi voglia pensare a un mondo che non valorizzi la “produzione di napalm, missili e testate nucleari”. Viene da pensare che il Pil, come la finanza creativa, siano ormai la fonte del problema, la cartina di tornasole delle scelte drammaticamente sbagliate, che ispirano un’economia dissipativa e predatrice, che trova la sua massima espressione nella crisi finanziaria scatenata dai mutui subprime. Una delle prime cose da fare è quindi abolire il Pil come criterio per stabilire lo stato di salute di un Paese, di un territorio, delle persone che lo abitano. Sostituire un indice con un altro, però, non è che solo un passo sulla strada della chiarezza. Poi occorrono decisioni e scelte concrete che permettano di far crescere le tante buone economie che in questi anni hanno proliferato in tutto il Mondo, anche in quello che noi non amiamo chiamare Terzo (o Quarto). Ne abbiamo selezionate cinquanta in questo numero: le loro caratteristiche dimostrano che sono sostenibili economicamente, che possono essere molto efficienti e nello stesso tempo dare un contribuito reale ai sistemi dove operano. L’auspicio è che proprio queste esperienze concrete permettano di ripensare al modello economico, non più basato solo sul valore della produzione ma piuttosto sulla sostenibilità sociale e ambientale. ENTRE LA BUFERA IMPERVERSA SUI MERCATI FINANZIARI

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anno 8 numero 56 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore

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febbraio 2008 mensile

Nel centro sperimentale Takiwasi di Tarapoto, sulle Ande peruviane, si cura la dipendenza da droghe con trattamenti a base di erbe medicinali, pratiche mediche ereditate dai guaritori indigeni e psicoterapia.

Perù, 2002

bandabassotti

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fotoreportage. Erbe medicinali

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dossier. Addio Pil L’Ue: il Pil non sa più dirci se siamo felici Gli indici alternativi al Pil I pilastri della felicità: natura e capitale umano Il mappamondo delle buone economie

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lavanderia

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finanzaetica La Borsa di New York bloccata dagli animalisti In Italia più risultati con l’attività di lobbying Fermiamo il luddismo animalista, è l’ora delle alternative concrete Social Lending: la nuova frontiera della finanza etica?

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bruttiecattivi

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economiasolidale Energia solare business low cost Nuovo presidente per Ctm: «Scelte difficili, ma necessarie» Primi passi di Banca Prossima, da Ctm in poi... Goel: aiutateci a far vincere la Calabria della legalità

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macroscopio

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internazionale Sierra Leone: l’eterna maledizione dei diamanti Carati per bazooka, pistole, fucili e munizioni Da Freetown a Beirut, le pietre preziose “terrorizzano” ancora Dal Canada un’alternativa “etica”

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progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@fastwebnet.it) Vincenzo Progida (impaginazione) fotografie

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Caso Italease

La proliferazione dei furbetti di Andrea Di Stefano

ARRESTO DI MASSIMO FAENZA, EX AMMINISTRATORE DELEGATO DI BANCA ITALEASE, segna una svolta nelle vicende

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CISL

dei furbetti, immobiliaristi e non. In carcere con Faenza sono finiti Roberto Fabbri (ex vicedirettore generale), Massimo Sarandrea (ex responsabile dell’ufficio Financial Banking) e i due supermediatori Claudio Calza e Luca De Filippo, pedine importanti nel sistema di potere con rilevanti ramificazioni politiche. Le ipotesi di reato sono pesanti: associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita, riciclaggio e, solo per Faenza, ostacolo all’attività di vigilanza e aggiottaggio. Secondo gli inquirenti si mettevano in tasca soldi sottraendoli anche alla stessa Banca Italease: solo l’ultimo episodio di un incredibile vicenda contraddistinta dalla stipula di contratti derivati non autorizzati da Banca d’Italia e da finanziamenti concessi senza rispetto delle regole. Le indagini della Procura di Milano, iniziate dopo l’arresto di Danilo Coppola, hanno evidenziato che nella banca dell’era Faenza c’era una sorta di struttura parallela. Un’organizzazione, composta dai cinque arrestati con la collaborazione forse di altri soggetti, che aveva un obiettivo ben preciso: l’arricchimento personale. «L’organizzazione guadagnava illecitamente da ogni operazione commerciale della banca», scrivono i Pm nella richiesta di arresto: dall’iper-attività sul leasing a quella sui derivati. Ma il ruolo chiave nella presunta appropriazione indebita l’hanno avuto due mediatori molto particolari: Calza e De Filippo. I guadagni arrivavano da più fronti. Solo dodici clienti dell’era Innanzitutto quando Italease, attraverso i suoi mediatori, Faenza erano “buoni”. trovava un cliente con cui stipulare un leasing. «Sui principali Per gli altri si trattava di una contratti di leasing – scrivono infatti i Pm – l’organizzazione vera e propria compravendita di contratti di leasing con annessi imponeva al cliente una sorta di "tangente" privata da pagarsi al mediatore quale prezzo per l’approvazione della pratica». derivati iper-speculativi Al leasing veniva poi agganciato un derivato iper-speculativo, costruito in modo che Italease incassasse subito da una controparte internazionale una somma di denaro chiamata " up front". E questa somma finiva spesso, in gran parte, al super-mediatore di turno. Il quale aveva sempre l’accortezza di incassare i soldi attraverso una società diversa, in modo da non dare nell’occhio. Insomma: un altro guadagno. Non solo. Spesso i mediatori intervenivano, con altre società, anche come clienti. E a volte incassavano doppie commissioni per le stesse operazioni. Significativo è il caso di Immobilia Re, società del gruppo di Giuseppe Statuto che ha stipulato ben cinque contratti derivati con Italease. La banca, per questi contratti, ha in un primo momento pagato 1,9 milioni di euro a due società: Caronte srl e FL Italia. La prima è del super- mediatore Claudio Calza e anche la seconda – secondo gli inquirenti – potrebbe essere riconducibile a lui. Ci si può chiedere: per quale attività Caronte e FL Italia hanno incassato questa corposa cifra? La risposta l’ha data ai Pm Guido Petraroli, a.d. di Immobilia Re: nessuna. Eppure, per questa non-attività, Calza è riuscito a portare a casa altro denaro: Immobilia Re ha infatti pagato ulteriori 4,1 milioni a un’altra società del supermediatore (la Domo Consulting), mentre Italease nel febbraio 2006 ha sborsato 2,7 milioni alla Job srl. Anch’essa di Calza. Di esempi come questo è zeppa l’ordinanza. Tanto che, calcolano i Pm, solo i dieci principali mediatori di Banca Italease hanno incassato nel periodo compreso tra il 2005 e il giugno 2007 105 milioni di euro.

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> Erbe medicinali foto di Maya Goded / Magnum Photos

Una nota rivista scientifica britannica ha lanciato l’accusa: l’omeopatia non serve. E, mentre si è riaccesa la disputa tra medicina tradizionale e alternativa, da anni una clinica sulle ande peruviane cura i pazienti, con ottimi risultati, con erbe, radici, pratiche dei guaritori indigeni e psicoterapia. Tanto che il governo ha riconosciuto il trattamento.

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lacebo o non placebo? Questo è il problema. Hanno ragione gli oltre 300 milioni di persone che nel mondo, secondo la Siomi (Società italiana di omeopatia), utilizzano metodi di cura non convenzionali, oppure quegli scienziati che negano validità scientifica all’omeopatia, all’agopuntura, alla chiropratica e alla fitoterapia? La disputa è aperta e ha una rilevanza non solo scientifica, ma anche economica. Il giro d’affari intorno allla medicina alternativa, infatti, è enorme. E le potenti multinazionali del settore farmaceutico non fanno certo salti di gioia a vedersi mangiare una fetta di mercato dai produttori di gocce da mettere sotto la lingua, erbe e oli essenziali. Da sempre i rimedi e le tecniche curative non convenzionali sono usate, per mancanza di mezzi, nei Paesi a basso e medio reddito, dove circa l’80% della popolazione si affida a pratiche di medicina alternativa. Ma oggi la ricerca di un rimedio omeopatico, una diagnosi fatta da un iridologo, una terapia studiata da un riflessologo plantare o da un agopuntore sono sempre più diffuse anche nei Paesi industrializzati, dove maggiori sono le possibilità di reddito. In alcuni Stati occidentali il 65% della popolazione dichiara di aver fatto ricorso a queste forme di cura. Sulle Ande orientali, nel Perù settentrionale, un medico francese, Jacques Mabit, ha fondato una clinica sperimentale, il Takiwasi Center, per curare la dipendenza da droghe con metodi alternativi: una combinazione di erbe, pratiche mediche dei guaritori indigeni e psicoterapia. I risultati sembrano ottimi. Due terzi dei pazienti sottoposti ai trattamenti hanno risposto positivamente. Tanto che le autorità sanitarie del Perù ne hanno riconosciuto l’efficacia e li hanno introdotti in altri programmi. In Italia, secondo un’indagine Istat, sono quasi 8 milioni, pari al 13,6% della popolazione, le persone che hanno dichiarato di aver utilizzato la medicina alternativa. E i cittadini in cura con l’omeopatia si dichiarano soddisfatti in una percentuale superiore al 70%. Alcune istituzioni si stanno muovendo nella regolamentazione della materia. La Regione Toscana, ad esempio, ha approvato un piano sanità che riconosce come medicine ufficiali l’omeopatia, l’agopuntura e la fitoterapia. Sempre in Toscana, il 58% dei medici di medicina generale consigliano l’omeopatia ai loro pazienti e a loro volta ne fanno uso. Che in Italia qualcosa sia cambiato, lo si capisce dall’evoluzione del linguaggio: si è passati dal termine “medicine non convenzionali” a “medicine alternative e complementari”, fino a “medicina integrata”, che pone la medicina accademica in un rapporto di coesione con tutte le altre. I dati Istat 2007 evidenziano una flessione della richiesta omeopatica in Italia, sottolineando però come il calo sia da attribuire a un problema economico dei cittadini che devono pagare di tasca propria le cure del medico e le medicine. ANNO 8 N.56

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L’AUTORE Maya Goded, messicana, classe 1970, ha ricevuto il prestigioso Fondo W. Eugene Smith Award per “Il Quartiere solitudine: prostitute di Città del Messico”, un lavoro che documenta la prostituzione di La Merced, un quartiere nel centro di Città del Messico, sua città natale. Goded, che ha lavorato al progetto per un periodo di cinque anni, ha fotografato la prostituzione, per parlare della condizione della donna: la disuguaglianza, la trasgressione, il corpo e il sesso, la maternità, l’infanzia e la vecchiaia, lo sfruttamento. Goded ha vinto numerosi premi: nel 2004 System Nacional de Creators, nel 2003 il Guggenheim Fellowship, nel 2001 il W. Eugene Smith Fund Award, nel 2000 Fotopres '01 - La Caixa Foundation 1996 Masterclass, World Press Photo, nel 1994 il First Prize, Popular University of Munich, nel 1993 Mother Jones Foundation, First Prize. Numerose le esposizioni: nel 2006 “Plaza de la Soledad”, Museo del Palacio de Bellas Artes, Mexico City, Mexico; nel 2005 “The Neighborhood of Solitude: Prostitutes of Mexico City”, NYU’s King Juan Carlos I of Spain Center, New York, USA; nel 1997 “Barrio de la Soledad” - Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid, Spain. Ha pubblicato: “Plaza de la Soledad”, Lunwerk, Spain (2006); Tierra Negra, Culturas Populares and Editorial Luzbel, Mexico (1994).

Il guaritore Guillermo Ojanama Chisquipama e sua moglie, Dora Angelica Chujandama Tapullima, nella loro casa a Tarapoto.

> Erbe medicinali

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Nella foto grande, donne acquistano cactus, radici e piante nel negozio del villaggio. Sopra, il dottor Jacques Mabit, direttore del Takiwasi Center di Tarapoto, con la moglie. Sotto, Delfin Sandoval, un tirocinante delle tecniche di guarigione, porta il cibo a un paziente nella giungla “chacra”.

> Erbe medicinali

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> Erbe medicinali

Sopra, l’ayahuasca viene pulita per essere successivamente cucinata. Nella pagina a fianco, Guillermo Ojanama Chisquipama prepara il necessario per una cura.

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Nella foto grande, una guaritrice all’opera. Sopra, Guillermo Ojanama Chisquipama con un paziente. Sotto, uno degli ospiti del Takiwasi Center curato per otto giorni con una dieta a base di piante e ayahuasca.

> Erbe medicinali

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L’Ue: il Pil non sa più dirci se siamo felici >18 Costanza: «Ambiente e umanità per essere felici» >22 Il mappamondo delle “buone economie” >24 MAYA GODED / MAGNUM PHOTOS

a cura di Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Emanuele Isonio e Elisabetta Tramonto

dossier

Coltivazione delle piante medicinali presso il Centro Takiwasi di Tarapoto.

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Oltre il Pil

L’economia può essere buona Per decine di studiosi di tutto il mondo è un parametro superato. L’Ue lo cambierà entro due anni I nuovi indici puntano a misurare il vero benessere: dall’ambiente alle esperienze “virtuose” | 16 | valori |

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| dossier | addio Pil |

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di Emanuele Isonio e Andrea Barolini

uando qualcuno lancia un’idea, una proposta, una soluzione innovativa – o, peggio, rivoluzionaria – spesso viene considerato un visionario. A volte passano decenni prima che ne sia riconosciuto il genio. Era il 1968. Davanti agli studenti dell’università del Kansas, Bob Kennedy espresse un concetto che profumava di utopia: «Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto interno lordo. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo dirci orgogliosi di essere americani». Quarant’anni dopo, quel concetto è entrato, a pieno titolo, nell’agenda politica occidentale. Ma sulla sponda opposta dell’Atlantico.

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La “rivoluzione” della Commissione Europea

Per decenni il Pil è sembrato l’unico faro dell’azione dei governi. Ma già da tempo gli economisti ne denunciano i limiti e propongono alternative. Ora anche la Commissione europea si convince e annuncia dal 2009 un nuovo indicatore per misurare la ricchezza effettiva, il progresso ambientale e la qualità della vita | 18 | valori |

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L’Unione Europea sta lavorando a un nuovo indice statistico (una versione preliminare sarà operativa entro il 2009) che permetta di misurare, oltre alla ricchezza prodotta, anche i progressi ambientali e nella qualità di vita. La notizia arriva da Bruxelles, durante una conferenza dal titolo per nulla sibillino, “Beyond GDP” (oltre il Pil) che il “governo” comunitario ha organizzato insieme al Parlamento europeo, l’Ocse, il Wwf e il Club di Roma. Un incontro ai massimi livelli, con i vertici delle istituzioni coinvolte, membri dei governi dell’Unione e seicento rappresentanti dei settori economico, sociale e ambientale. Obiettivo: passare in rassegna decine di indicatori alternativi al tradizionale Pil. Partendo da una considerazione unanime: il Pil non è più adeguato a misurare lo sviluppo di una nazione. Due le critiche fondamentali all’indice: da un lato, il fatto che registri solo le transazioni che si svolgono nei “mercati

L’ECONOMIA USA SECONDO PIL E GPI [GENUINE PROGRESS INDICATOR]

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PIL PRO CAPITE GPI PRO CAPITE 30.000

FONTE: REDEFINING PROGRESS

«NON POSSIAMO MISURARE LO SPIRITO NAZIONALE sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto interno lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette. Mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende la ricerca per disseminare la peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte e aumenta quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari». Bob Kennedy.

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EUROPA: GLI INDICI PIL E ISEW [INDEX OF SUSTAINABLE ECONOMIC WELFARE] A CONFRONTO OLANDA

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formali”. Dall’altro, come spiega il commissario europeo agli Affari economici, Joaquìn Almunia, il suo essere «nient’altro che un indicatore delle performance economiche: incapace di distinguere se una transazione ha un effetto positivo o negativo sul benessere». Un esempio banale: i tumori causati dall’inquinamento provocano un incremento del Pil perché comportano spese per le cure, più medici negli ospedali e – nei casi peggiori – fiori per le esequie e una lapide per il defunto. «È tempo di superare il Pil – spiega il presidente della Commissione, Josè Barroso – perché è stato sviluppato negli anni Trenta, per un mondo diverso dal nostro. Abbiamo bisogno di strumenti nuovi che mostrino i progressi concreti in settori che hanno grandi ricadute economiche: cambiamenti climatici, salute, diritti umani, sicurezza, ambiente». In effetti, i dati offerti da altri indicatori messi a punto dagli anni ‘90 evidenziano come le performance di molti Stati, ampiamente positive secondo il Pil, assuma-

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PIL ISEW

FONTE: REDEFINING PROGRESS

«Misuriamo la vera ricchezza» L’Ue: il Pil non sa più dirci se siamo felici

L’IDEA “LUNGA” DI BOB KENNEDY

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Joaquìn Almunia, commissario europeo agli Affari economici, e Josè Barroso, presidente della Commissione.

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no tinte assai più fosche se si considerano altri fattori. Prendiamo gli Usa (cfr. GRAFICO 1 ): mentre il Pil pro capite è aumentato più o meno costantemente nell’ultimo mezzo secolo, l’alternativo indice GPI (vedi SCHEDA ) è cresciuto solo fino agli anni 70, per poi rimanere sostanzialmente stabile. Situazione simile a quella offerta dalla Germania e, ancor più, dalla Gran Bretagna. Migliori invece i dati per Olanda e Svezia (vedi GRAFICO 2 ). Dato, quest’ultimo, che non stupisce: lo stesso Premio Nobel israeliano per l’Economia, Daniel Kahneman, ha osservato come i Paesi più felici sembrino essere quelli del Nord Europa, mentre tra quelli più infelici ci sia l’Italia: «Tra di essi c’è infatti una differenza sostanziale: nei Paesi nordici c’è grande soddisfazione per quanto concerne servizi, istruzione, beni pubblici, sanità; a risultare meno diffusa, invece, è la felicità dipendente da fattori quali l’umore, il temperamento e lo stato d’animo. In Italia sembra accadere il contrario: nonostante un temperamento gioioso, non ci si sente soddisfatti».

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Troppa ricchezza uguale infelicità? Insomma: se la crescita di un Paese viene misurata in modo diverso rispetto al metodo utilizzato per quantificare il Pil i risultati possono cambiare e di molto. Non solo: è possibile anche ipotizzare che un aumento della ricchezza non si traduca in un incremento del benessere. Anzi, può persino accadere il contrario. È quanto intuì l’economista americano Richard Easterlin quando, nel 1974, spiegò come «nel corso della vita la felicità delle persone dipende molto poco dalle variazioni di reddito e di ricchezza. Quando aumenta il reddito, e quindi il benessere economico, la felicità umana cresce solo fino ad un certo punto: poi comincia a diminuire, mostrando una curva ad ‘u’ rovesciata». Una parabola, insomma, e non una linea crescente. È conosciuto come il “Paradosso di Easterlin”: quando la ricchezza raggiunge livelli eccessivi, la felicità tende a diminuire. E di questo il Pil non tiene conto. Ma fino a che punto, allora, ci “conviene” arricchirci, senza correre il pericolo evidenziato da Easterlin? Secondo Kahneman la ricchezza “uti-

Il premio Nobel per l’Economia, Daniel Kahneman e, sotto, Richard Easterlin, che dimostrò nel 1974, con il suo famoso “paradosso”, il rapporto tra felicità e crescita economica.

le” è «quella che serve per soddisfare i bisogni primari, per poter condurre una vita dignitosa. Fin lì siamo sicuri che la ricchezza contribuisce al benessere». Perciò, spiega Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’università Tor Vergata di Roma, è necessario ragionare con un modello non più concentrato unicamente sul valore della produzione, ma che comprenda tre dimensioni: «La crescita economica, la sostenibilità sociale e quella ambientale sono elementi da cui non si può prescindere per valutare lo sviluppo di un Paese. E finché l’obiettivo sarà quello di massimizzare il Pil, non avremo la garanzia che si terrà conto, ad esempio, di quanto la produttività sia colpevole dell’esaurimento delle risorse energetiche. Neppure di quelle non rinnovabili». Una soluzione potrebbe essere quella di utilizzare il tasso di povertà come indice della ricchezza di un sistema economico, oppure la quantità di biossido di carbonio prodotto per abitante: «Esistono – prosegue Becchetti – indicatori che considerano numerose variabili: scolarizzazione, aspettativa di vita, sostenibilità, cultura». Tutti fattori che il Pil non contempla.

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FONTE: HUMAN DEVELOPMENT INDEX

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MAPPA DELL’INDICE DI SVILUPPO UMANO [RAPPORTO 2007 - DATI 2005]

INDICE DI SVILUPPO UMANO ALTO 1 – 0,800 MEDIO 0,799 – 0,500 BASSO 0,499 – 0,300 DATI NON DISPONIBILI

DIECI INDICI ALTERNATIVI AL PIL

COEFFICIENTE DI GINI AUTORE Corrado Gini ANNO 1912 Un “omaggio” a uno dei pionieri degli studi per integrare il Pil con altri indicatori: Corrado Gini, economista e statistico vissuto tra XIX e XX secolo. Il suo “coefficiente”, ideato nel 1912, è uno strumento ancora diffuso per misurare le disuguaglianze di reddito e per osservarne le variazioni nel tempo. È espresso con un numero compreso tra 0 (uguaglianza perfetta) e 1 (tutto il reddito è in mano a un solo individuo). Un esempio su tutti: il coefficiente Gini della Cina è di 0,45, ormai superiore rispetto a Usa o Gb. Nel 1978 era di 0,20. Un balzo che fa parlare di “allarme rosso” per la stabilità sociale del colosso asiatico.

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HUMAN DEVELOPMENT GENUINE PROGRESS INDEX (HDI) INDICATOR (GPI)

INDICE DELL’IMPRONTA GENUINE SAVINGS ECOLOGICA INDEX (GSI)

AUTORE United Nation Development Programme

AUTORE Redefining Progress

AUTORE Global Footprint Network

AUTORE Banca Mondiale

ANNO 1995

ANNO 1996

ANNO 1999

www.rprogress.org

www.footprintnetwork.org

www.worldbank.org

Capitale umano, capitale costruito, capitale sociale, capitale ambientale: attorno a queste quattro categorie ruota il Genuine Progress Indicator. A differenza del Pil, il GPI aggiunge il contributo economico (stimato) di tutti i servizi familiari gratuiti e del volontariato e sottrae le spese dovute a inquinamento, danni ambientali, divorzi, disoccupazione, crimine, esercito. Simile al GPI è l’ISEW (indice di benessere economico sostenibile) introdotto da Herman Daly e John Cobb nel 1989. Il risultato è quello esposto nel GRAFICO 1 : mentre il PIL pro capite (in inglese GDP) è aumentato negli ultimi 50 anni, il GPI è cresciuto solo fin verso la metà degli anni 70, per poi restare sostanzialmente costante.

“L’Impronta Ecologica” mette in relazione il consumo umano di risorse naturali con la capacità della Terra di rigenerarle. Ovvero: quanti “pianeta Terra” occorrono se non modifichiamo i nostri stili di vita? Nel 1961 ne servivano 0,7. Oggi, 1 e un quarto. Ovviamente le differenze tra gli Stati sono enormi. I più “spreconi”: Emirati Arabi (con un valore di 12 contro una media mondiale di 2,2), poi Usa (9,6) e Canada (7,6). Meglio, ma non abbastanza, l’Europa (4,8). Sotto la media – per ovvie ragioni – Asia e soprattutto Africa. Ma cosa succederà quando anch’essi raggiungeranno i nostri livelli di sviluppo?

Il Genuine Saving o Adjusted Net Saving Index (GSI) è l’indice di sostenibilità ambientale messo a punto dalla Banca Mondiale per misurare la variazione netta nel valore del capitale di un Paese, attraverso quattro tipi di correzioni rispetto al Pil: vengono aggiunte le spese per la formazione, considerate come investimenti nel capitale umano. Sono invece detratti i costi per la contrazione delle risorse naturali e i danni provocati dall’inquinamento. Come il GPI, l’HDI e l’Impronta ecologica, anche il GSI è un indicatore sistemico: mostra, con un solo numero, quanto è sostenibile lo sviluppo di uno Stato.

ANNO 1990 hdr.undp.org Ideato dall’economista pakistano Mahbub ul Haq, l’indice Hdi si basa su un concetto elaborato alla fine degli anni 80 dal Programma Onu per lo Sviluppo. Oltre alla tradizionale visione di crescita incentrata solo su parametri economici, l’Hdi considera altri ambiti che influiscono sul tenore di vita: promozione dei diritti umani, difesa dell’ambiente, utilizzo sostenibile delle risorse territoriali, alfabetizzazione, sviluppo dei servizi sanitari e sociali, pari opportunità. La scala dell’indice è decrescente da 1 a 0. Dal 1993 è utilizzato dall’Onu accanto al Pil, per valutare la qualità della vita nel mondo.

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WELLBEING INDICATOR ENVIRONMENTAL (WBI) SUSTAINABILITY AND PERFORMANCE AUTORE World Conservation Union INDEXES (ESI - EPI) (IUCN) ANNO 2001 www.iucn.org Ideato dalla Ong svizzera IUCN, il Well-Being Index, valuta il livello di benessere di 180 Stati aggregando 88 indicatori divisi in due “sotto-indici”, di pari peso nella formazione del dato finale: il benessere umano (HWI) - dedicato a ricchezza economica, livello di cultura, istruzione, servizi sociali e la qualità dell’ambiente (EWI), che considera lo stato delle risorse naturali e il livello di inquinamento. Al vertice della classifica: Svezia, Finlandia, Norvegia, Islanda e Austria. Sul fronte opposto: Afghanistan, Siria e Iraq. Gli Usa sono 27°, ex-aequo con l’Italia. La Cina è 160°, l’India 172°.

AUTORE Università di Yale e Columbia ANNO 2002 www.yale.edu/esi www.yale.edu/epi L’indice EPI è la “pagella” agli sforzi degli Stati per raggiungere 16 target ambientali (purezza dell’acqua, bassi livelli di ozono, riduzione gas serra, pesca sostenibile). A stilarla, le università di Yale e Columbia, in collaborazione con il Centro Ricerche della Commissione europea. Nel 2006, sei le “regine verdi”, con un tasso di successo maggiore dell’85%: Nuova Zelanda, Svezia, Finlandia, Repubblica Ceca, Gran Bretagna e Austria. L’EPI è stato sviluppato a partire da un altro indice (l’ESI), composto da 21 fattori che misurano la sostenibilità ambientale delle diverse economie.

SUSTAINABLE SOCIETY INDEX (SSI)

HAPPY PLANET INDEX (HPI)

PRODOTTO INTERNO DI QUALITÀ (PIQ)

AUTORE Sustainable Society Foundation

AUTORE New Economics Foundation

AUTORE Symbola

ANNO 2006

ANNO 2006

ANNO 2003

www.happyplanetindex.org

www.symbola.net

www.sustainablesocietyindex.com

Le isole Vanuatu prime, Stati Uniti 150° su 178 Paesi analizzati. Ovvero: alti livelli di consumismo non producono necessariamente altrettanto alti livelli di benessere. L’HPI è stato sviluppato dalla New economics foundation, un think-tank (gruppo d’opinione), con sede a Londra. È frutto di un’indagine che ha messo in relazione le risorse utilizzate da un dato Paese con l’impronta ecologica, l’aspettativa di vita e la felicità dei suoi abitanti. A livello europeo, primi in classifica sono Islanda, Svezia e Norvegia. L’Italia è quattordicesima (66° nel mondo).

Quanto pesa la qualità nel Pil di una nazione? È la domanda alla base dell’indice PIQ, elaborato da un team coordinato dall’ex ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco. L’obiettivo: elaborare una “contabilità della qualità” che abbia la stessa immediatezza comunicativa del Pil e mostri quanta parte di esso è collegato a produzioni di qualità. Il PIQ è misurabile in termini monetari e perciò comparabile con gli aggregati settoriali e di spesa pubblica. In tal senso è uno strumento complementare al tradizionale Pil. Nel 2007 il PIQ italiano ha raggiunto il 44,3% del Pil, pari a 628 miliardi di euro.

Realizzato dagli olandesi Geurt van de Kerk e Arthur Manuel, l’SSI mostra quanto sia eco-compatibile lo sviluppo di un Paese, partendo dalla definizione di “sostenibilità” formulata dalla commissione Brundtland (“la capacità di una società di soddisfare i bisogni di oggi senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”). È basato su 22 indicatori riuniti in 5 categorie. Nel 2006, al vertice della classifica SSI si collocano Norvegia, Svizzera e Svezia. Ultimi Turkmenistan, Oman e Arabia Saudita. L’Italia è quarantaduesima. Venti posizioni più in basso gli Usa.

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IMPRONTA ECOLOGICA - SITUAZIONE MONDIALE NEL 1961

FONTE: GLOBAL FOOTPRINT NETWORK & SAGE - UW MADISON

FONTE: GLOBAL FOOTPRINT NETWORK & SAGE - UW MADISON

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IMPRONTA ECOLOGICA - SITUAZIONE MONDIALE NEL 2001

ETTARI GLOBALI PER ETTARO 0 – 0,01 0,01 – 0,1 0,1 – 1 1– 2,5 2,5 – 7,5 > 7,5 DATI INSUFFICIENTI

ETTARI GLOBALI PER ETTARO 0 – 0,01 0,01 – 0,1 0,1 – 1 1– 2,5 2,5 – 7,5 > 7,5 DATI INSUFFICIENTI

PERCENTUALE DI TERRA USATA: 49%

PERCENTUALE DI TERRA USATA: 121%

I pilastri della felicità natura e capitale umano Intervista a Robert Costanza: «L’economia deve considerare tutti i fattori utili al benessere del genere umano». OGLIAMO COSTRUIRE UNA VITA SOSTENIBILE ed auspicabile. Non re. Per questo servono indicatori alternativi. sostenibile ma triste». Sentir parlare Robert Costanza è un’occasione per aprire gli occhi. Che suscita, anche nei Lei dice: “Oggi, ciò che non viene gestito dal profani, più di un (fondato) dubbio sulle tradimercato non conta”. Propone un ripensamento zionali priorità di politica economica. Professodel concetto di economia? di Emanuele Isonio re di Economia ecologica all’università del VerLa visione economica convenzionale, che persegue il mont, 57 anni, insieme ad altri 12 economisti, ha mero incremento della ricchezza, è sbagliata. L’obiettivo pubblicato nel 1997 un articolo su Nature deve essere un’esistenza auspicabile. per mettere in discussione l’utilità del conL’economia deve quindi considerare tutti i cetto di Prodotto interno lordo in favore di fattori utili al benessere del genere umano. un indicatore alternativo, il Genuine Progress Indicator (vedi SCHEDA ). «L’ambiente va visto Qualche esempio? come uno degli asset fondamentali dell’ecoOltre al mero possesso di beni materiali, nomia. In futuro dobbiamo abbandonare la molti elementi incidono sul benessere. Belogica dell’avere a tutti i costi. L’incremento ni relazionali e ambientali. Fattori estranei del Pil non deve né può essere l’unico obietad una logica mercantile ma che devono tivo». L’abbiamo incontrato nel corso del V essere considerati dai moderni indicatori Robert Costanza, Forum internazionale dell’informazione per economici: quanto vale il tempo libero, il docente di Economia ecologica al Gund la salvaguardia della Natura, “Capitalizzare volontariato, un’equa distribuzione del Institute - università l’ambiente” organizzato da GreenAccord. reddito? E, per contro, quanto costa la rotdel Vermont. tura dei legami familiari, la lotta al crimine, gli incidenti stradali, l’assottigliamento dello strato Professor Costanza, qual è il punto cardine deld’ozono, l’inquinamento, la riduzione delle foreste o la sua teoria? lo sfruttamento di risorse naturali non rinnovabili? Avere di più fa stare meglio ma solo fino a un certo punto. Al di sopra di un certo livello di Pil non esistono miIl numero di Nature glioramenti tangibili nella qualità di vita. Tra l’altro il Le questioni ecologiche e quelle economiche dedicato al Capitale Naturale. Pil misura l’andamento della ricchezza, non il benessesono quindi collegate? PAG.27

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FILM

QUALITÀ DELLA VITA: IN ITALIA LA MIGLIORE È TRENTO, MONACO PRIMA NEL MONDO TRENTO, BOLZANO E AOSTA si dividono il podio della tradizionale classifica sulla “Qualità della vita” stilata dal Sole 24 Ore. Agli ultimi posti, invece, tutte le città del Sud (la migliore, 57°, è Matera). Sei i parametri considerati: tenore di vita, affari e lavoro, servizi ambiente e salute, sicurezza, popolazione, tempo libero. Prima tra le metropoli, Milano (6°, nonostante sia quartultima per ordine pubblico). È però clamoroso l’exploit di Roma, ottava, che scala quindici posizioni. Nella classifica mondiale di vivibilità pubblicata da Monocle ed Herald Tribune, lo scettro va invece a Monaco di Baviera. Ma a vincere è in genere tutta l’Europa con undici città tra le prime venti e ben sei capitali (Copenaghen, Vienna, Helsinki, Stoccolma, Madrid e Parigi). Negli Usa si salva solo Honolulu. L’Italia? Malinconicamente assente. Em.Is.

La dignità degli ultimi Documentario del 2005, di Fernando Ezequiel Solanas. Racconta le storie di fabbriche, riaperte e autogestite dagli operai.

IL VALORE DELLA FELICITÀ: IL MATRIMONIO “VALE” 80 MILA EURO, LA BUONA SALUTE 450 MILA NATTAVUDH POWDTHAVEE È UN RICERCATORE DI ORIGINE THAI che ha prodotto uno studio per l’Università di Londra sul valore della felicità. Attraverso una scala di soddisfazione da uno a sette, cioè dal «completamente miserabile» all’«euforico» e con complicate equazioni supportate dall’indagine su 10mila cittadini inglesi, ha monetizzato il «capitale sociale». Essere sposati rende felici come un aumento di stipendio da 80mila euro, ma convivere dà una soddisfazione maggiore: 122mila euro. Un’ottima salute vale circa 450mila euro; parlare regolarmente con i vicini di casa fa “incassare” 59mila euro. Vedere regolarmente gli amici è un tesoretto da 93mila euro. Dopo questa ricerca sarebbero logiche gigantesche class action di cittadini che denunciano per sottrazione di capitale sociale chi costruisce architetture dove non si incontrano mai i vicini. Pa.Bai.

The Take (La presa) Sobborghi di Buenos Aires, 30 operai fanno ripartire una fabbrica inattiva. Presentato nel 2004 al Festival di Venezia, il documentario è stato girato in Argentina da Naomi Klein e suo marito Avi Lewis.

benessere non è dato Il ruolo dei governi “Ilsolo dai beni materiali: “è centrale: devono iniziare quanto valgono il tempo a includere i costi libero, il volontariato, un ambiente sano?

ambientali e sociali nei loro bilanci nazionali |

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LIBRI

DAL CANADA AL NEPAL: IL MAPPAMONDO DELLE BUONE ECONOMIE Una carrellata di realtà che mettono in pratica un’economia contemporaneamente “buona”, perchè rispettosa dell’ambiente, dei diritti delle persone e partecipativa, ma anche sostenibile nel lungo termine. Esperienze, cioè, che si reggono in piedi da sole, senza (o senza più) contributi economici esterni. Valori ha selezionato gli esempi (per fortuna non gli unici) più interessanti e meno conosciuti. (A pagina 26 un approfondimento con le schede di alcuni casi).

Senza padrone di Guido Piccoli a cura di Oreste Ventrone Gesco edizioni, 2007

CANADA COMMUNITY SUPPORTED ECONOMY [5 ] Una filiera agricola consolidata negli Usa e in Canada, ma anche in Francia e Portogallo.

Il denaro fa la felicità? Lorenzo Becchetti ed. Laterza, 2007

La dittatura del Pil Pierangelo Dacrema ed. Marsilio, 2007

CAISSE D’ÉCONOMIE SOLIDAIRE DESJARDINS Banca etica canadese, rivolta in particolare ai settori del risparmio solidale, delle cooperative abitative, con prestiti per cooperative, comunità culturali e sindacati. Gli unici che finanziano gli Inuit (Esquimesi). www.cecosol.com

GERMANIA RAPUNZEL, BIO DA E VERSO TUTTO IL MONDO Azienda tedesca, tra i principali esportatori europei di prodotti biologici. 250 dipendenti, 70 milioni di euro di fatturato. Commercio equo e solidale. www.rapunzel.de/uk In Italia i suoi prodotti sono importati da Ecor (www.b-io.it) e Il Baule Volante (www.baulevolante.it).

La decrescita felice – la qualità della vita non dipende dal Pil Maurizio Pallante Editori Riuniti, 2005

CO-OPERATIVE GROUP La società cooperativa più grande al mondo (1863): 1700 supermercati, una Cooperative Bank (che concede finanziamenti a progetti sociali, ambientali e a settori tradizionali seguendo criteri etici dell’inglese Eiris), una compagnia di assicurazioni e gestione del risparmio (in una torre di 25 piani ricoperta da 7.200 pannelli solari fotovoltaici). www.co-op.co.uk

NATURAL DYES INTERNATIONAL, LANA BIOLOGICA E TRADIZIONALE [6 ]

MESSICO

OLANDA

TRADOC, FABBRICA DI PNEUMATICI AUTOGESTITA DAI LAVORATORI La Continental voleva chiudere lo stabilimento di El Salto. Lo prendono in mano i lavoratori che formano la cooperativa Tradoc: Trabajadores Democráticos de Occidente. Una piccola realtà in un settore dominato da grandi imprese.

WOMEN’S WORLD BANKING Un’istituzione di microfinanza per fornire accesso alle risorse finanziarie alle donne più povere. Nasce in Olanda nel 1971, ma è una rete di 40 filiali n 34 Paesi in Europa, Asia, Africa, America Latina e Usa. www.swwb.org

GUATEMALA Felicità ed Economia a cura di Luigino Bruni e Pierluigi Porta ed. Guerini e Associati, 2004

ASOCIACIÓN CHAJULENSE, SVILUPPO SOSTENIBILE NELLE COMUNITÀ INDIGENE MAYA IXIL Produzione di caffè equo, coltivazioni biologiche, turismo responsabile, una cassa di risparmio e credito che eroga piccoli prestiti ai produttori, una clinica di medicina naturale e un ufficio legale per conservare la memoria storica dopo la guerra civile in Guatemala. www.asociacionchajulense.org

Economia e felicità. Come l’economia e le istituzioni influenzano il benessere Bruno S. Frey, Alois Stutzer Ed. Il Sole 24 Ore Pirola, 2006

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DAL CARBONE AL SOLE A “ZECHE ZOLLVEREIN” Nella patria del carbone, la Ruhr, una vecchia miniera si trasforma in centrale elettrica fotovoltaica, dalle linee architettoniche moderne e ispirate allo stile del Bauhaus.

NORVEGIA

SVEZIA

ITALIA

CARCERE DI BASTOEY Un’isola-prigione a due miglia da Oslo, senza sbarre né cancelli, tutta all’insegna dell’ecologia. I 115 detenuti vivono in case singole, alimentate da pannelli solari fotovoltaici. Coltivano prodotti biologici, allevano galline, pecore, mucche e cavalli.

EKOBANKEN Piccola banca etica di stampo steineriano che finanzia progetti ambientali, coopertaive sociali, progetti educativi, in un piccolo villaggio svedese. www.ekobanken.se

SCEC LE CASE DELL’ACQUA, Napoli testa la moneta locale BOLLICINE GRATIS [1 ] Casette colorate da cui si può ritirare gratuitamente FABBRICA ETHICA acqua minerale refrigerata. Progetto promosso dalla La Tasm SpA, Tutela Regione Toscana per favorire Ambientale Sud Milanese, la responsabilità sociale è l’azienda pubblica che d’impresa. A dicembre ha ha realizzato e gestisce dodici vinto il premio europeo impianti di depurazione “Responsible delle acque civili e industriali. entrepreneurship” del 2007. Il sottosuolo del sud-ovest www2.fabricaethica.it Milano è ricco di fonti naturali. MADE IN NO Rete di tessile solidale creata WIP, ASSORBENTI tra artigiani di Novara e E FAZZOLETTI produttori di fibre tessili SOLO NATURALI [3 ] del Sud del mondo, ECOBIMBI, NIENTE PIÙ coordinata da Fair (www.faircoop.it), cooperativa USA E GETTA L’azienda produce pannolini di commercio equo-e per neonati riutilizzabili solidale. e lavabili. Nei primi 3 anni www.made-in-no.com del bimbo si evitano 1000 chili di rifiuti non riciclabili LATTE ALLA SPINA e si risparmiano 1500-2000 Un risparmio per i clienti euro. www.ecobimbi.com e per l’ambiente [2 ]

REGNO UNITO

USA TOLEDO, DA CAPITALE DEI FINESTRINI DELLE AUTO A PATRIA DELLA TECNOLOGIA DELL’ENERGIA RINNOVABILE. La ventosa cittadina dell’Ohio ha attirato migliaia di giovani, ingegneri, tecnici, ricercatori, che hanno trovato lavoro in laboratori, start-up, imprese, società di servizi in quello che è diventato un nuovo distretto dell’energia eolica e solare.

A POCKING IL PIÙ GRANDE PARCO FOTOVOLTAICO DEL MONDO Sull’area di una ex base militare nella Bassa Baviera un impianto da 58 mila pannelli fotovoltaici che raggiunge picchi da 10 Megawatt, che bastano per soddisfare il fabbisogno energetico di circa 3.300 famiglie. www.solarserver.de/ solarmagazin/ anlage_0606_e.html

GARDEN ORGANIC, DIFENDERE LA DIVERSITÀ Il più grande giardino biologico in Europa. Fiore all’occhiello: una biblioteca per conservare i semi di 800 piante protette. www.gardenorganic.org.uk

PALESTINA PARC, SVILUPPO RURALE, MICROCREDITO E COMMERCIO EQUO IN PALESTINA [12 ]

NEPAL MAGLIONI E TAPPETI SULL’HIMALAYA I ragazzi della scuola di formazione professionale Kts per vivere producono maglioni, cappelli e tappeti di lana (importata dalla Nuova Zelanda, perché allevare pecore sui pendii scoscesi dell’Himalaya non è facile). Un aiuto anche dal turismo responsabile. www.ramviaggi.it

SPAGNA FIARE, IL BRACCIO DI BANCA ETICA IN SPAGNA Un gruppo di organizzazioni del terzo settore hanno creato la Fondazione per l’investimento e il risparmio responsabile, che oggi è l’agenzia di Banca Etica in Spagna, a Bilbao, nei Paesi Baschi. Un ufficio anche a Barcellona. www.fiare.org

LE NOCI SONANTI [4 ]

POLO LIONELLO, CONDIVIDERE I PROFITTI Una ventina di aziende (negozi, ma soprattutto servizi) che aderiscono all’Economia di Comunione, si sono riuniti a Burchio, alle porte di Firenze. I profitti vengono: un terzo reinvestiti nell’azienda, un terzo usati per i progetti del movimento dei Focolarini, un terzo per beneficenza. www.edicspa.com

SALAMITA, BIOLOGICO E BIODINAMICO Antica cooperativa agricola nel messinese, a Barcellona Pozzo di Gotto. Tra i primi produttori bio in Italia. www.salamita.it

CINA ISOLA ECOLOGICA A CANTOON Progetto di pianificazione urbana ecocompatibile nella zona più industrializzate della Cina, l’Haizhu District di Cantoon. Autonomia energetica, gestione acque, riduzione inquinamento.

LIBERA TERRA, IL SAPORE DELLA LEGALITÀ Terreni confiscati alla mafia in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lazio, assegnati a cooperative di giovani che producono olio, vino, pasta, conserve e altri prodotti bio a marchio Libera Terra. Anche campi di volontariato. www.liberaterra.it

CAVERDE, BIOLOGICO E NATURA Valpolicella: 20 anni fa terreni incolti, oggi azienda agricola di successo. Vigneti, ulivi e ciliegi bio, fattoria e agriturismo, citati dal Gambero Rosso. www.caverde.com

ETANOLO DALLE STOPPIE DEL GRANTURCO China Resources Alcohol CINA A CACCIA DI PARCHI Corporation (CRAC) con Il Governo con la Bejine forest la canadese Sunopta producono University creerà 57 parchi, etanolo a ZhaoDong, nello in particolare intorno a Pechino. Heilongjiang, senza usare Per difendere la biodiversità, reattivi chimici e organismi nel Paese dove, con geneticamente modificati l’urbanizzazione, scompaiono per la trasformazione più specie animali e vegetali. degli scarti di cellulosa.

CASACLIMA, BIOEDILIZIA PER RISPARMIARE ENERGIA E SOLDI La certificazione sui consumi energetici delle case imposta dalla Provincia di Bolzano, dove non possono consumare più di 70Kwh al metro quadrato all’anno (la media italiana è 150). www.agenziacasaclima.it

CHILDREN’S DEVELOPMENT BANK, LA BANCA DEI BAMBINI Una vera banca a New Delhi, ma gestita da bambini, dai 6 ai 18 anni: depositano i risparmi, su cui ricevono interessi, e dai 15 anni possono ottenere prestiti per avviare attività. www.childrensdevelopment bank.org

CAMBOGIA

AGRILANDIA: BIOLOGICO ITALIANO A PECHINO [13 ]

INDIA PRODURRE LATTE NELL’ANDHRA PRADESH Grazie all’aiuto della Ong indiana Assist, alcune donne si sono unite, ciascuna con la propria mucca, e hanno creato un consorzio per produrre e vendere latte.

CAMERUN FARE MODA IN AFRICA [11 ]

COLOMBIA

COOPERATIVA SAN LORENZO, RESPONSABILI IN MARE Una barca da diporto sequestrata ai trafficanti di droga e assegnata dalla magistratura di Cagliari alla Cooperativa San Lorenzo, di inserimento lavorativo di ragazzi disagiati. Sarà ormeggiata a Teulada e offrirà a turisti responsabili visite lungo la splendida costa sarda. www.cooperativasanlorenzo.it

UNA PICCOLA FABBRICA DI TÈ La Pds (Peermade Development Society) coltiva tè nelle terre della diocesi di Kerala. Con l’aiuto della Fondazione San Zeno (www.fondazionesanzeno.org) ha comprato una macchina per mettere il tè nelle bustine per poi venderlo sul mercato locale e autosostenersi.

LAVORARE ARGENTO E OTTONE IN CAMBOGIA Un orafo italiano ha chiuso il suo negozio a Vicenza per aprire un laboratorio a Phnom Penh e portare avanti il progetto “artigiani senza frontiere” dell’associazione vicentina Fileo. Insegna ai ragazzi di strada a lavorare l’argento e l’ottone ricavato dalle mine inesplose. www.viaggiemiraggi.org

LAS GAVIOTAS, UNA FORESTA NEL DESERTO [7 ]

ECUADOR CEPESIU, MICROCREDITO E POLITICHE SOCIALI Interviene nei quartieri periferici di alcune città dell’Ecuador e porta avanti progetti per il miglioramento delle condizioni abitative attraverso l’accesso al credito. www.cepesiu.org

VENEZUELA AUTOGESTIONE OPERAIA NELLE FABBRICHE [9 ]

ARGENTINA FILIERA TESSILE CORTA ED EQUA, DALL’ARGENTINA ALL’ITALIA [8 ]

BRASILE BANCO PALMAS, MONETE COMPLEMENTARI PER USCIRE DALLA POVERTÀ Una delle prime esperienze (perfettamente riuscita) di moneta locale, in una favela nella periferia di Fortaleza. www.bancopalmas.org.br

COSTA D’AVORIO

MOZAMBICO

MADAGASCAR

TANZANIA

ETIOPIA

ERITREA

KAWOKIWA, CACAO BIO DALLA COSTA D’AVORIO Una cooperativa agricola che produce cacao biologico. Prima in Costa d’Avorio a ricevere il marchio equo e solidale Flo. Riunisce circa 4000 soci, piccoli produttori di cacao. www.kavokiva.com

PROFESSIONE MECCANICI A Nampula e Nacala, nel nord del Mozambico, alcuni ex allievi della scuola per meccanici dei missionari Comboniani, hanno dato vita a due cooperative, per la costruzione di mulini frangitutto e mobili in metallo e per la riparazione di auto e camion. www.fondazionesanzeno.org

UN VIAGGIO RESPONSABILE IN MADAGASCAR Anche grazie al turismo solidale, il progetto dell’associazione Kononìa a Fianarantsoa, in Madagascar, può reggersi in piedi. Avviamento professionale alla lavorazione del legno, microcredito per donne, lotta alla denutrizione dei bambini tra 1 e 4 anni. www.viaggiemiraggi.org

CETAWICO, CANTINA SOCIALE DI DODOMA Produrre vino su un altipiano a 1100 metri sopra il livello del mare. La cantina di Dodoma è nata per caso da un progetto della Fondazione San Zeno, con un ingegnere italiano che voleva costruire un pozzo e si è ritrovato a vivere tra Italia e Tanzania. www.cetawico.com

MAIN, MICROFINANCE AFRICAN INSTITUTIONS NETWORK Una rete di istituzioni di microfinanza in Africa con sede principale ad Adis Abeba, in Etiopia, e succursali in altri 29 Paesi tra Africa, Medioriente e Europa. www.inaise.org

PRODOTTI AGRICOLI, ENERGIA E LAVORO DAL DESERTO ERITREO [10 ]

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FIJI PRODURRE ENERGIA DAGLI SCARTI DELLA BIRRA [14 ]

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ESEMPI CONCRETI: LATTE FRESCO ALLA SPINA E FORESTE NEL DESERTO

ITALIA

un progetto di allevamento di pecore e recupero delle antiche tradizioni locali di trattamento della lana. Oggi la Natural Dyes International si regge sulle proprie gambe, con una ricca produzione di lana biologica trattata con tinte naturali. www.naturaldyes.org

[1 ] A NAPOLI SI PUÒ PAGARE IN SCEC Ne circolano oltre 91.000. Gli iscritti all’associazione Masaniello, 1290 finora, ne hanno ritirati gratuitamente 100 nella prima emissione, più altri 100 da dicembre. Banconote colorate da usare insieme agli euro, che funzionano come buoni sconto da spendere negli esercizi aderenti, oltre 200. Sconti tra il 10 e il 30% applicabili solo a chi paga in scec. Per un prodotto da 40 euro con uno sconto del 10%, si pagheranno 36 euro e 4 scec. Un vantaggio per il cliente, che spenderà meno, e per il negoziante, che attirerà compratori che altrimenti andrebbero altrove. www.progettoscec.com In Italia ci sono anche: ecoroma a Roma (www.ecoroma.org), tau a Lucca (www.progettotau.org), fiorini a Firenze, thyrus a Terni (www.progettothyrus.com), kro a Crotone. www.arcipelagomoneta.org è il sito delle monete complementari in Italia.

[7 ] UNA FORESTA NEL DESERTO: VITA, ACQUA E LAVORO Una zona arida in Colombia, dove il suolo acido non permetteva alle piante di crescere e rendeva l’acqua non potabile. Nel ‘92 la Zeri Foundation ha avviato la riforestazione: 11 mila ettari di savana ricoperti di alberi, grazie all’impianto di funghi che hanno reso fertile il terreno. In 15 anni il clima è cambiato: più piogge e acqua potabile. Raggiunta l’indipendenza dal gasolio, grazie a piantagioni di palme da olio per biocombustibili. Centinaia di persone hanno trovato lavoro. Uno stimolo per l’economia locale grazie al commercio della resina dei pini, usata nella produzione di carta.

[2 ] IL LATTE FRESCO SI BEVE ALLA SPINA Un sistema a “filiera corta” che avvantaggia produttori e consumatori, che spendono mediamente 1 euro al litro rispetto a 1,40 euro della grande distribuzione. Tanti i vantaggi ambientali: si riducono trasporti e inquinamento. Riutilizzando bottiglie di vetro si evita la produzione di rifiuti: -4,6 chili di plastica o -6,7 chili di cartone pro capite all’anno. Sul sito della Coldiretti la mappa dei distributori in Italia: www.coldiretti.it/Distributori%20latte%20Coldiretti.pdf

[8 ] FILIERA TESSILE ECOEQUA IN ARGENTINA Nel complicato settore tessile globale, ricco di passaggi e sfruttamenti, una filiera interamente nelle mani di piccoli produttori: magliette di cotone argentine vendute in Italia nelle botteghe Altromercato. La popolazione indigena dei Toba nella regione del Chaco coltiva il cotone con sementi autoctone. Operai di una fabbrica argentina autogestita tessono il cotone e lo tagliano in pezze, che il Movimento dei disoccupati di Matanza trasforma in magliette. Il commercio equo italiano le vende.

[3 ] FAZZOLETTI E ASSORBENTI NATURALI AL 100% Nel distretto tessile di Prato la Wip, piccola azienda leader di prodotti monouso in fibre naturali. Pannolini, assorbenti, fazzoletti, batuffoli struccanti in cotone biologico certificato Aiab-Icea, da progetti di commercio equo e solidale (in Paraguay e Tanzania). Niente plastica, solo biopolimeri con amidi vegetali. Prodotti venduti a marchio Naturaé e Love’N. www.wip-srl.com

[9 ] OCCUPARE, RESISTERE, PRODURRE, IN VENEZUELA Mentre il presidente Chavez lanciava riforme (riacquistato il controllo sull’estrazione del petrolio, annunciate nazionalizzazioni di banche, telecomunicazioni, elettricità, avviato lo sganciamento da FMI e Banca Mondiale), sull’esempio argentino venivano avviate autogestioni delle fabbriche chiuse. Gestite dai lavoratori la cartiera Venepal, la Sanitarios Maracay che fabbrica porcellane, la CNV e la Inveval, che producono valvole per oleodotti. Stipendi uguali per tutti, calo di incidenti, aumento di posti di lavoro. Sono i primi risultati registrati nelle fabbriche senza padroni, mentre in Venezuela il livello di povertà è sceso sotto i livelli del 1980.

[4 ] LA TRIBÙ DELLE NOCI SONANTI A Cupramontana (Ancona) la comunità rurale “Tribù delle noci sonanti” sperimenta un modo di vivere, lavorare e produrre egualitario ed ecologico, sganciato dall’economia ufficiale, salvo per piccoli scambi di alimenti e beni a livello provinciale. Autosufficienza agricola senza l’uso di macchinari a energia fossile né di sostanze chimiche; solo energia muscolare umana, attrezzi manuali e sostanze autoprodotte. Niente rifiuti, nemmeno organici (anche la toilette è compostante).

AMERICA [5 ] AGRICOLTURA SOSTENUTA DALLA COMUNITÀ Gruppi di persone che hanno deciso di vivere in campagna e coltivare la terra (1.500 fattorie) si associano con altri che vivono in città nel patto “Community supported agriculture”. All’inizio della stagione si stimano i costi di produzione e le quantità necessarie. I “cittadini” prefinanziano le spese, condividendo rischi, vantaggi e, in parte, lavoro agricolo. Negli Usa e in Canada è una realtà consolidata.. [6 ] NELLA LANA, NATURA E TRADIZIONE DEL NEW MEXICO A Taos, in uno degli Stati più poveri e aridi degli Usa, la Zeri Foundation (www.zeri.org) sette anni fa ha avviato

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AFRICA [10 ] MIRACOLO NEL DESERTO La collaborazione tra il Governo eritreo, un’impresa americana (Seaphire International) e la Zeri Foundation ha reso fertile una zona costiera dell’Eritrea nei pressi di Massawa, arida per l’acqua troppo salina. Con un sistema di pompe e filtri, l’acqua del mare è stata usata per irrigare la terra desertica e coltivare dei vegetali (asparagi di mare) resistenti all’acqua salata. Sono state piantate un milione di mangrovie, dalle quali si ricava biomassa, usata per produrre energia, come mangime per animali, materiale edile e combustibile. Una macchina che dà lavoro a 350 donne.

[11 ] LA STILISTA CHE HA SCELTO L’AFRICA Alvine è nata in Camerun. Si è laureata in legge ed è venuta in Italia per studiare da stilista. Ma per aprire la sua attività ha deciso di tornare in Africa, e dare lavoro alla sua gente. Ha ottenuto un piccolo prestito (circa 20 mila euro) da una banca italiana. Ha comprato i macchinari per produrre i tessuti e confezionare gli abiti. Li ha portati in Camerun a Douala, dove ha creato una cooperativa, Les Petales, e da settembre tra mille difficoltà ha iniziato a produrre vestiti, borse e gioielli, con uno stile che unisce la tradizione africana e il gusto moderno. Li vende in Africa, ma anche in alcuni negozi in Italia. www.alvinedemanou.com

ASIA [12 ] PARC, DONNE PALESTINESI AL LAVORO Quaranta gruppi di donne in quaranta villaggi tra Cisgiordania e Striscia di Gaza. Un progetto coordinato dalla Ong palestinese Parc, che fornisce assistenza tecnica con agronomi esperti. A seconda della zona, si producono agrumi, fragole, ulivi, mandorle, datteri, erbe officinali. Sviluppo rurale e microcredito, con l’aiuto di Etimos; biologico, con la certificazione Icea; commercio equo (in particolare di cous cous), grazie a Transfair-Fairtdrade e alla Ong padovana Acs e un rafforzamento del settore della microfinanza grazie a un accordo con Banca Etica. www.pal-arc.org [13 ] UN TOCCO ITALIANO PER IL BIOLOGICO A PECHINO Si chiama Agrilandia, un’azienda cinese che ha imparato dall’Italia a coltivare e cucinare bio. Si è fatta affiancare da un’impresa marchigiana, Belsito (www.villabelsito.it). Tredici ettari di terreno nel villaggio di Baige Zhuang, accanto alla caotica e inquinata periferia di Pechino, dove si coltivano con metodi biologici alberi da frutto, verdure ed erbe. Due grandi serre, un agriturismo e un ristorante nel centro della capitale cinese. Si possono comprare frutta e verdura, salse, vini, grappe e formaggi bio o gustarli cucinati da cuochi italiani. [14 ] DALLA BIRRA ALL’ENERGIA NIENTE SPRECHI In una scuola per ragazzi svantaggiati (la Montfort Boys Town) a Suva, sulle isole Fiji, la Zeri Foundation ha messo in piedi un progetto di produzione integrata, piuttosto articolato. Tutto inizia dagli scarti di una fabbrica di birra locale, usati per coltivare dei particolari funghi, che producono un enzima, che rende il grano molto nutriente per gli animali. Il campo, dopo la raccolta dei funghi, è ideale per far mangiare i maiali. Dalla fermentazione degli scarti di cibo ed escrementi dei maiali si estrae il gas, che permette di produrre energia.

Il Capitale Naturale Mondiale (l’insieme degli ecosistemi e delle risorse della biosfera, ndr) si sta deteriorando. Dobbiamo riuscire a diffondere l’idea che bisogna investire sulle risorse naturali perché producono dividendi per tutti. Cito un solo dato: i “servizi ecologici” delle foreste pluviali hanno un valore annuo di 1660 dollari per ettaro. I residenti locali, dallo sfruttamento di quelle aree, guadagnano 24 euro. Non sarebbe conveniente – anche economicamente – pagare quelle popolazioni in base al valore nonlocale delle loro foreste, pur di non vederle abbattute? Altrettanto importante è il “capitale sociale”? Senza dubbio. Perché è una variabile che migliora se diminuisce il numero di omicidi, il tasso di disoccupazione o le ore passate davanti alla tv dai bambini. Le istituzioni pubbliche che cosa possono fare per agevolare l’utilizzo dei nuovi indicatori? Il loro ruolo è necessariamente centrale per cambiare le regole del gioco. Abbiamo bisogno che adattino le loro scelte a principi di sostenibilità. In concreto? Inglobare i costi naturali e sociali nei bilanci nazionali, considerare le implicazioni ecologiche ed umane nelle valutazioni delle singole politiche. E vanno adottate strategie che disincentivino i comportanti scorretti. Un piano ambizioso. Se anche fosse possibile diffonderlo nei Paesi occidentali, crede realistico che venga adottato dalle nuove economie in pieno boom, come India e Cina? La Cina è l’esempio perfetto: numerose ricerche hanno evidenziato che oltre la metà della crescita del suo Pil è annullata dai costi ambientali. Dobbiamo imparare da questo per fare scelte diverse. Soprattutto per fare in modo che i Paesi emergenti aumentino la loro produttività non oltre il necessario. E soprattutto in modo ecologicamente e socialmente compatibile. Nel caso della Cina, poi, un’eventuale inversione di rotta potrebbe essere attuata in tempi rapidi, vista la grande libertà d’azione del governo. E con misure efficaci, grazie alla forte presenza di personale specializzato. Passando agli Usa: il suo Paese è ormai entrato in una delicata fase elettorale. Cosa si aspetta dai candidati e cosa dovrebbe fare il futuro Governo? Con l’attuale amministrazione repubblicana, la battaglia è persa. Sul fronte democratico invece noto una certa attenzione a tali questioni. In generale credo però che si debba discutere su cosa vogliamo per il futuro del mondo. Non limitarci a votare questo o quel candidato per una sua dichiarazione estemporanea che è magari del tutto incoerente con le scelte assunte in precedenza.

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IL MONDO A MISURA DI BIG MAC LA PARITÀ DI POTERE D’ACQUISTO (PPP) del dollaro americano nel mondo è la teoria in base alla quale con un dollaro si dovrebbero acquistare quantità equivalenti di uno stesso prodotto in tutto il globo. Qual è la pietra di paragone adottata? Nel 1986, con ironia pop, il settimanale inglese The Economist ha indicato il Big Mac, il panino McDonald’s identico in 120 Paesi: tre fette di pane, due hamburger, pomodoro e insalata. Il rapporto Ppp tra due valute si ottiene dividendo il costo di un Big Mac in una nazione, nella valuta locale, per il costo di un Big Mac nell’altra nazione (sempre nella valuta locale). Il valore ottenuto viene confrontato con il tasso di cambio attuale; se è più basso, allora la prima moneta è sottovalutata rispetto alla seconda (secondo la teoria della parità del potere d’acquisto), mentre se è più alto è sopravvalutata. Pa.Bai.

IL CASO BHUTAN, DOVE IL RIFERIMENTO È LA “FELICITÀ LORDA” «LA FELICITÀ INTERNA LORDA è più importante del Prodotto interno lordo». Sembrava un’uscita naif di un re fuori dal mondo. Era il 1972 quando Jigme Singye Wangchuk, sovrano del Bhutan, piccolo Stato incastonato nella catena himalayana, decise di non utilizzare più il Pil come parametro di riferimento dello sviluppo della sua nazione. Il nuovo indicatore (GNH) considera cinque elementi: sviluppo umano, governance, crescita equilibrata, patrimonio culturale e conservazione delle risorse naturali. Da allora, il governo bhutanese ha diffuso elettricità e un capillare sistema sanitario ed educativo in tutti i villaggi del regno. L’aspettativa di vita è così passata da 46 a 66 anni. C’è un però: il Bhutan è stato finora una monarchia assoluta. Ma una “rivoluzione dall’alto”, guidata dal nuovo re (ventisettenne), ha portato il Paese alle elezioni il 31 dicembre scorso. Per dirla tutta, la popolazione ha mostrato scetticismo, temendo che l’introduzione della democrazia possa porre fine alla secolare armonia sociale. Chissà come reagirà l’indice di Felicità interna. Em.Is.

MONDO BIO A RACCOLTA BIOFACH 21-24 febbraio 2008 a Norimberga È la più importante fiera mondiale del biologico, oltre 45 mila visitatori nel 2007, 2600 gli espositori quest’anno. Accanto a BioFach, Vivaness (il Salone della cosmesi naturale e del Wellness) e la più grande Fiera internazionale dei vini biologici. www.biofach.de/en

NATURALMENTE 7-9 marzo 2008 a Piacenza Mostra-Mercato dei prodotti da agricoltura biologica e derivati, agroalimenti tipici, salute naturale, benessere e prodotti ecocompatibili. www.naturalmente. piacenzaexpo.it

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IFOAM ORGANIC WORLD CONGRESS: CULTIVATE THE FUTURE 16-20 giugno 2008 a Modena Incontro a livello internazionale per fare il punto sulla agricoltura (viticoltura e frutta) biologica, tessile e cosmesi da agricoltura biologica. www.ifoam.org

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SANA: SALONE INTERNAZIONALE DEL NATURALE 11-14 settembre 2008 a Bologna Il Salone Internazionale del Naturale, una vetrina qualificata per migliaia di visitatori, espositori ed operatori provenienti dall’Italia e da altri 50 paesi in tutto il mondo. Alimentazione, Salute e Ambiente sono le tre sezioni della fiera. www.sana.it

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Olanda

Lavaggi e rilavaggi Ma con creatività di Paolo Fusi

ANNI RUGGENTI, in cui personaggi come il nobile Fentener Von Vliessingen, che dopo la guerra sarà più volte ministro ed al cui onore sorgerà una statua ad Utrecht, nascondeva i soldi dei nazisti, delle loro industrie e delle loro banche, giostrando tra Svizzera, Olanda, Stati Uniti ed Antille. Anni roboanti, in cui l’Olanda era lo spigolo stretto di un triangolo scaleno tra le ex colonie (Sudafrica in testa con il suo Apartheid), le grandi industrie d’armi ed il contrabbando. Anni indimenticabili, in cui i Paesi Bassi segnavano la via dell’Europa, il Porto di Rotterdam stabiliva i prezzi in tutto il mondo, il potere contrattuale dell’Aja era così forte da imporre all’Italia di comprare i loro pomodori di serra acquosi e schifosi. Tutto finito. Nelle Antille si combina ancora qualcosina, ma oramai il paradiso offshore ce l’hanno tutti alle porte di casa. E quando dico tutti significa proprio tutti, persino i rumeni e i lettoni. Le grandi compagnie assicurative, di auditing e di revisione, che prima facevano dell’Olanda la roccaforte del riciclaggio dal volto umano, se ne sono andate, si sono spostate. La caduta del Muro di Berlino ha reso inutili le basi spionistiche e militari degli Stati Uniti nel Benelux, la Cina sta conquistando di metro in metro le ex colonie olandesi. Un disastro. Sicché il rispettabile mestiere Vendere domini fantasiosi per di riciclatore della mafia, di broker riciclare denaro dalle Isole Vergini. di diamanti sanguinanti, di intermediatore Con i guadagni comprare sedi della di contrabbando, è ancora Bipop e riaffittarle alla banca, creare d’armi svolto da moltissimi olandesi celebri, una riserva in euro per la Gazprom, ma oramai lontano da casa: in Israele, investire nella Guerra in Sudan nello Zimbabwe, a Londra. La piazza finanziaria olandese si è sbriciolata, gli avvocaticchi (che prima se la giocavano alla pari coi ticinesi e quelli di Montecarlo) fanno la fame. Oppure diventano ingegnosi. Due dirigenti, confondatori e comproprietari di una delle società fiduciarie più importanti del Paese hanno avuto un’idea grandiosa. Hanno iniziato ad offrire TLD alle grandi multinazionali. Che è un TLD? È quella pecetta che si appiccica in fondo all’indirizzo web: ce ne sono di commerciali (.com, .org, .net) e di nazionali (.it, .fr, .es, .de, .ch). Loro promettono di farne di strabilianti. Per esempio rendere possibile una pecetta .intesa (in esclusiva per la banca ed i suoi associati), una pecetta .fiat (per l’industria motoristica torinese) e via di seguito. Cosa ci si guadagna, dite voi? Dato che l’imbecillità, al contrario dell’intelligenza, non ha limiti, in giro per il mondo ci sono migliaia di manager che sognano una frescaccia del genere e che sono disposti a pagarla a peso d’oro. Così questi signori olandesi potrebbero vendere una pagina chiamata www.silvio.berlusconi, oppure www.walter.veltroni, oppure www.scemo.chilegge o magari www.forzamagicomoggi.juventus ed altri orrori consimili. Naturalmente l’operazione ha un neo. Questi domini non funzionano. Gli impiegati olandesi vengono nel vostro ufficio, ve lo montano, vi fanno vedere come funziona,

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H, I BEI TEMPI PASSATI…

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si pigliano i soldi ma trascurano di dirvi la cosa fondamentale: che, a causa della conformazione attuale dello spazio virtuale planetario, quelle pagine possono funzionare su un solo computer. Cioè ve le comprate e ve le godete rigorosamente da soli. Credete che l’affare sia finito qui? Giammai. Con una società delle Isole Vergini i due baldi giovinotti vendono ora questi domini a personaggi inqualificabili che hanno bisogno di convertire denaro e farlo arrivare pulito in Europa. Costoro ordinano un dominio assurdo (alcuni esempi dalle investigazioni della Polizia di Amsterdam: .bigbanana, .chicken, .fart), lo pagano a peso d’oro ad una società concessionaria. Questa ha un conto intestato ad una ragazza, intima di uno dei giovanotti, che ritira il denaro dalla banca in contanti e lo fa avere – tolte le commissioni – a chi di dovere. Un’ultimo dettaglio insignificante. Sapete cosa ci fanno quei signori coi soldi lavati in Olanda? Di tutto: comprano sedi della Bipop e le riaffittano a prezzi maggiorati alla banca stessa, offrono garanzie a politici italiani che così possono prendere prestiti immobiliari, creano una riserva in euro per investimenti riservati del gruppo petrolifero russo Gazprom, investono nella Guerra in Sudan e naturalmente, in Italia, conducono a Foro Buonaparte una società che fa la revisione dei bilanci delle banche italiane. Che bella cosa, non vi pare?

Amsterdam. Un paradiso per le biciclette. Ma anche per chi vuole giocare con la finanza off shore.

Olanda, 2001

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La Borsa di New York bloccata dagli animalisti >32 In Italia più risultati con il lobbying >35 Social Lending: la nuova frontiera della finanza etica? >38

finanzaetica ETIOPIA: DIGA DI GILGEL GIBE III LA SACE DICE NO

ELEZIONI IN KENYA: UN RAPPORTO CONFIDENZIALE DELLA BANCA MONDIALE SCATENA LE POLEMICHE

IN VENDITA AZIONI DEL PETROLIO CINESE

ADIDAS PUBBLICA LA LISTA DEI FORNITORI

TELECOM VS BOLIVIA: 800 LETTERE AL PRESIDENTE DELLA BANCA MONDIALE

POLITICI TEDESCHI BOICOTTANO LA NOKIA

La nostra agenzia di credito all’export, la SACE ha comunicato ufficialmente di non voler finanziare il controverso progetto di Gilgel Gibe III, in Etiopia. Come per la fase II dell’opera, realizzata dall’italiana Salini e sostenuta dal ministero degli Esteri con un prestito di 200 milioni di euro al governo etiope, e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), la SACE non ha intenzione di impelagarsi in un progetto dagli ingenti impatti ambientali. Gilgel Gibe III – costi stimati intorno a 1,4 miliardi di euro – è comunque in fase di costruzione, con il coinvolgimento della Salini e un possibile ruolo finanziario da parte della BEI. Una diga di 240 metri, dagli impatti enormi su un fiume che attraversa un Parco Nazionale, un sito UNESCO e rappresenta la principale risorsa naturale per 15 gruppi indigeni. CRBM con l’organizzazione International Riverds ha verificato la situazione dei tre impianti idroelettrici di Gilgel Gibe: l’ennesima mega infrastruttura africana costruita ad esclusivo beneficio di un’impresa Italiana. Il progetto non avrà benefici per le comunità locali. Nemmeno la Banca Mondiale è coinvolta nell’operazione. Secondo diversi osservatori, a questo punto sarà decisiva per la posizione della Banca Europea per gli Investimenti che sta valutando un prestito di circa 200 milioni di Euro.

Sta assumendo i contorni del vero e proprio caso internazionale la questione del rapporto confidenziale della Banca mondiale sulle elezioni in Kenya finito in pasto ai media. In base al contenuto del documento, l’istituzione guidata da Robert Zoellick è stata accusata di favoritismo nei confronti del presidente Mwai Kibaki. Nel primo dei due memorandum riservati, di cui è entrato in possesso il Financial Times, Colin Bruce, rappresentante della Banca in Kenya, si è detto sicuro della legittimità della vittoria di Kibaki nelle recenti elezioni. Tale affermazione sarebbe stata supportata da non meglio precisati pareri ottenuti da membri delle Nazioni Unite in servizio a Nairobi. Lo stesso Bruce avrebbe definito le valutazioni fatte dal capo degli osservatori UE, Otto Lambsdorff, che parlavano apertamente di brogli ed irregolarità nel processo elettorale, come “non accurate e precise”. Nel secondo memo, realizzato dal portavoce della Banca a Washington, John Donaldson, si invitano tutti i dipendenti dell’istituzione a «tenere ben a mente le osservazioni fatte da Bruce sulla tematica». Dopo le polemiche scoppiate a seguito dell’articolo apparso sul Financial Times, la Banca mondiale si è adoperata per negare le accuse di favoritismo nei confronti di Kibaki, ribadendo la propria assoluta neutralità. Val la pena ricordare che la Banca riveste un ruolo molto importante in Kenya, dove il suo portfolio progetti ammonta ad un valore stimato in circa un miliardo di dollari. I prestiti al governo di Kibaki sono continuati nonostante le pesanti accuse di corruzione rese pubbliche negli ultimi anni. Gli esponenti delle Nazioni Unite in Kenya hanno negato di aver mai riferito a Bruce pareri di alcun genere sulle tormentate elezioni nel paese africano.

Il 16 gennaio il ministro del Tesoro della Pennsylvania, Robin Wiessmann, ha annunciato il disinvestimento dal colosso petrolifero cinese Sinopec, accusato di fare affari con il Sudan. Il governo sudanese userebbe i fondi versati dalle compagnie straniere per armare i responsabili del genocidio del Darfur, che ha ucciso finora 400.000 persone. Il disinvestimento da Sinopec è pari a 1,2 milioni di dollari ed è stato adottato dopo il rifiuto della compagnia di dialogare con gli azionisti sui rischi della sua presenza in Sudan. Il ministro della Pennsylvania ha assunto questa decisione sulla base di una recente modifica delle politiche d’investimento dello Stato, che include anche valutazioni geopolitiche, ambientali, di governance e altri fattori strategici. Il ministero del Tesoro sta ora iniziando a dialogare con le società USA Weatherford International e Schlumberger, specializzate nei servizi per il settore petrolifero, che hanno forti interessi in Sudan. «Non c’è alcuna buona ragione per cui le tasse dei cittadini siano investite a sostegno di imprese che sponsorizzano un regime accusato di genocidio», ha dichiarato Wiessmann.

Dopo Nike, Levi’s, Timberland e Reebok, anche Adidas ha deciso di pubblicare la lista dei suoi fornitori. Sono più di 1.000 in 61 Paesi, tra cui Cina (261), Corea del Sud (59), India (55), Indonesia (50) e Vietnam (54). La decisione di Adidas è stata annunciata dall’International Textile, Garment and Leather Workers’ Federation (ITGLWF), il sindacato internazionale dei lavoratori tessili e delle calzature. «Adidas si è aggiunta a una lista di marchi dell’abbigliamento che riconoscono la trasparenza delle catene di fornitura come elemento essenziale della responsabilità sociale», ha dichiarato il Segretario Generale di ITGLWF Neil Kearney. Ma la lista non è completa. Mancano ancora i dettagli sui fornitori dei licenziatari. «Ora il resto del settore non potrà fare finta di niente», continua Kearney. «Il trend, inaugurato da Nike due anni fa, deve continuare». Adidas aderisce a FLA (Fair Labour Association), un’associazione internazionale che tutela i diritti dei lavoratori nelle fabbriche ad uso intensivo di manodopera a basso costo (sweatshops). Secondo il report 2007 di FLA, Adidas avrebbe condotto 869 ispezioni per verificare il rispetto dei diritti umani nei suoi stabilimenti. Di queste solo il 5% a sorpresa.

Più di 800 organizzazioni di 59 Paesi hanno presentato una petizione al presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick esprimendo la loro preoccupazione sul controverso caso Telecom Italia-Bolivia, attualmente in corso al CIADI (il tribunale della Banca per la risoluzione delle controversie sugli investimenti internazionali tra governi e imprese). Lo scorso Ottobre Telecom Italia e la sua controllata olandese Eti, la Euro Telecom International NV, hanno convinto la Banca mondiale ad istruire un arbitrato contro il governo della Bolivia. Un duello che riguarda l’investimento italiano nella più importante telecom boliviana, la Entel. Una vera e propria sfida al Governo di Evo Morales, che sin dallo scorso due maggio aveva deciso di uscire dal CIADI, dando i sei mesi di preavviso previsti dai regolamenti della stessa Banca. L’arbitrato è stato istituito solo due giorni prima della scadenza per l’uscita definitiva. Al di là dei tempi, lo stesso contenuto dell’arbitrato appare molto discutibile. Si tratta della riacquisizione pubblica del 47% delle azioni della compagnia Entel, che però non ha per il momento intaccato il 50% delle azioni in mano alla Telecom. Secondo diversi osservatori, l’arbitrato nasconde motivazioni politiche: la Bolivia di Morales sta lavorando per realizzare la Banca del Sud, la prima possibile istituzione in sessant’anni a cercare di contrapporsi al “consenso di Washington” e in primo luogo alla stessa Banca mondiale. Le centinaia di organizzazioni firmatarie dell’appello sottolineano la crescente preoccupazione riguardo ad un sistema di diritti degli investitori che passa sopra alla democrazia e ai diritti umani. La Bolivia è solo uno dei vari governi che stanno sfidando la protezione eccessiva degli investitori nei trattati di libero commercio e dei trattati bilaterali sugli investimenti. Il CIADI è il meccanismo più ampiamente usato dalle multinazionali per obbligare giuridicamente i governi a rispettare le regole di questi trattati.

«Ho chiesto che mi comprino

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un nuovo cellulare, non posso più usare il Nokia». Peter Struck, capogruppo parlamentare dell’SPD (partito socialdemocratico tedesco) è furioso. Il 15 gennaio Nokia ha dichiarato che chiuderà il suo stabilimento di Bochum, nella Ruhr, per trasferirsi in Romania. La protesta è trasversale. Anche il ministro dell’agricoltura Seehofer (cristiano-sociale) vuole restituire il suo telefonino e ha chiesto un boicottaggio da parte di tutto il ministero. A Bochum, dove Nokia è il secondo datore di lavoro dopo Opel, si prevede un taglio di 2.300 posti di lavoro. Motivo: il costo del personale. In Germania, nel 2006, i salari hanno raggiunto la cifra record di 32 euro all’ora, contro i 2,45 della Romania. La protesta dei politici non impensierisce gli economisti tedeschi. «La decisione di Nokia non è sorprendente», ha dichiarato Christoph Schmidt, direttore di RWI, prestigioso istituto di ricerca di Essen. «Era solo una questione di tempo. La Germania sta attraversando un processo di adattamento doloroso ma necessario. Per continuare ad essere tra i più grandi esportatori del mondo abbiamo bisogno di mercati aperti». Nonostante le pressioni, Nokia ha dichiarato che non tornerà sui suoi passi, ma si impegnerà a pagare le ore di formazione per il reinserimento lavorativo e le misure di compensazione previste dal contratto. |

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La borsa di New York bloccata dagli animalisti

IL LIBRO

Peter Singer, Jim Mason Come mangiamo. Le conseguenze etiche delle nostre scelte alimentari. Il Saggiatore, 2007 Uova “Animal care certified”, prodotte con gli standard di benessere animale dell’United Egg Producers, associazione di categoria USA; salmone “Eco-worst” ambientalmente sbagliato o gamberi “Eco-best”, più sostenibili, secondo le indicazioni di Environmental Defence; manzo “Certified humane”, allevato con standard di trattamento umano degli animali da allevamento: tentativi riusciti di conciliare cibo ed etica? No, secondo l’esperto di bioetica P. Singer e l’avvocato J. Mason, tale binomio comprende aspetti ambientali, sociali, salutistici di non facile valutazione, le cui problematiche non possono essere risolte da un’etichetta o da uno stile alimentare (neppure da una scelta radicale come quella vegana). Pensare etico significa molto di più: mettersi nei panni di tutti coloro che sono colpiti dalle nostre azioni. Fare la spesa diventa allora un contributo ad un’attività globale. In attesa che la carne “animal free”, ottenuta in laboratorio anziché dalla macellazione di animali, scenda dagli attuali 5 milioni di dollari al chilo, gli autori propongono pochi principi largamente condivisibili per un sano approccio etico al cibo che consista non nel difficile rispetto di severe regole ma in una filosofia di vita praticabile. A.C.

Per la prima volta un gruppo di attivisti riesce a isolare un’impresa dal mercato finanziario. È successo alla Huntingdon, una società inglese che fa test sugli animali. Il Governo costretto ad intervenire. Non ci era mai riuscita nessuna campagna per i diritti umani o per la tutela dell’ambiente. Ce l’hanno fatta degli ambientalisti, dai metodi non proprio pacifici.

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ALEC SOTH / MAGNUM PHOTOS

ABBIATE IL CORAGGIO DI LAVORARE CON NOI». L’appello accoUno scimpanzè presso le strutture di Alamogordo rato di Brian Cass, amministratore delegato di Huntingdon Life Sciences (HLS) di Save the Chimps. arriva agli investitori con un comunicato stampa, il 15 settembre del 2007. L’associazione si occupa di trovare una sistemazione Cass si rivolge in particolare alle banche, alle società di revisione, aldefinitiva agli animali salvati le assicurazioni che negli ultimi anni hanno abbandonato la sua imdi Mauro Meggiolaro dai laboratori di ricerca. Usa, 2005 presa a un destino da “fuori casta” del mercato. La colpa è della campagna SHAC (Stop Huntingdon Animal Cruelty), lanciata da un gruppo di animalisti radicali, che nel suo sito si vanta di aver fatto terra bruciata attorno alla “maggiore società che conduce test sugli animali in Europa”. Le imprese che avrebbero sciolto i loro legami con Huntingdon in seguito alle minacce di SHAC sarebbero più di 270. Banche, finanziarie, studi di consulenza, ma anche società di elettronica, catering, logistica, corrieri espressi. «Abbiamo dovuto creare al nostro interno tutti i servizi, dalla consegna dei mentre in Borsa, nel giro pochi mesi, il titolo dell’impresa crolla pasti alla lavanderia, dai taxi alle guardie giurate», continua Cass. da 121 a 54 pence e le quotazioni vengono sospese. Ma non è fi«I fornitori esterni hanno deciso di recedere dai contratti dopo an- nita. Nel novembre del 1999 gli attivisti Greg Avery e Heather Jani di intimidazioni». Rifiutati da tutti gli istituti bancari, i conti mes lanciano la campagna SHAC che si pone come obiettivo la correnti di HLS sono ora tenuti presso la Banca d’Inghilterra, chiusura della Huntingdon “con ogni legittima forma di protementre il Ministero dell’Industria ha offerto all’impresa un servi- sta”. Per HLS è l’inizio di un incubo. zio di assicurazione e l’esenzione dalle procedure standard di auNel 2001 l’ad Brian Cass viene attaccato davanti alla porta di diting previste dalla legge. Nessuna campagna di protesta era mai casa da tre uomini armati di picconi e gas lacrimogeni. Nel 2003 riuscita a ottenere risultati così rilevanti. Ma come si spiega il suc- tocca al responsabile marketing, Andrew Gay, colpito da un gas cesso di SHAC? Facciamo un passo indietro. accecante. Ma il target non è solo la Huntingdon. SHAC vuole isolare l’impresa, tagliando tutti i legami con l’esterno, in particolare quelli finanziari. Il video degli orrori Tutto ha inizio nel marzo del 1997, quando un video girato di nascosto dalla giornalista Zoe Broughton all’interno degli stabili- Isolamento finanziario menti di HLS, viene trasmesso su Channel Four. Le immagini mo- Già nel 2000 la campagna guidata da Avery e dalla compagna strano alcuni dipendenti di Huntingdon che maltrattano Heather James era riuscita a ottenere la lista di tutti gli azionisti di crudelmente dei cani beagle. I responsabili dei maltrattamenti Huntingdon Life Sciences che, a fine anno, viene pubblicata sul vengono licenziati, processati e affidati ai servizi sociali in base al- Sunday Telegraph. Tra gli investitori ci sono i fondi pensione del Lal’Animals Act, mentre all’impresa viene revocata per sei mesi la li- bour Party, costretti dalle proteste a vendere tutti i titoli, e la financenza di condurre test. È la prima volta nel Regno Unito che dei ziaria Phillips and Drew, azionista di maggioranza, che comincia a tecnici di laboratorio vengono condannati per “crudeltà su ani- ricevere minacce di attentati. Intanto gli attivisti scrivono oltre mali”. Alcune delle imprese che si servono dei laboratori HLS per 1.700 lettere ai piccoli azionisti informandoli sulle “orribili crudeltà testare medicinali e composti chimici recedono dai contratti, inflitte a migliaia di animali” dalla società in cui stanno investen-

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ON SIAMO RADIOATTIVI.

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do. 250 vendono immediatamente i titoli. Chi non vende in molti casi si ritrova in cortile un picchetto di manifestanti. Nel dicembre del 2000 cede anche Philips and Drew. 32 milioni di azioni vengono vendute in blocco al valore di un pence. Le quote crollano clamorosamente. “Il crash delle azioni Huntingdon è uno dei più spettacolari degli ultimi anni. È la prima volta che i titoli di un’impresa sono effettivamente sotto il controllo degli attivisti”, riporta orgoglioso il sito della campagna. HLS scende sotto i limiti minimi di capitalizzazione e viene sospesa dal New York Stock Exchange (NYSE) e dalla borsa di Londra. A seguire tagliano i rapporti con l’impresa il broker Charles Schwab, colpito dalle proteste di SHAC davanti alla sua sede di Birmingham, e, nel 2002, la compagnia di assicurazione Marsh & McLennan’s, oggetto di ripetuti atti di vandalismo.

di New York chiede di posticipare la quotazione, senza fornire spiegazioni. Il motivo, secondo il Guardian, è però chiaro: “le proteste degli estremisti si sono intensificate anche negli Stati Uniti”. Alla fine del 2006, dopo 15 mesi di attesa, Huntingdon finalmente ce la fa, ma deve accontentarsi del Nyse Arca, un mercato ristretto, completamente elettronico.

Un lento ritorno alla normalità

Negli ultimi mesi HLS sembra aver rialzato timidamente la testa. Secondo quanto riporta il Financial Times, i profitti sono in crescita del 5% rispetto all’anno precedente, mentre l’ad Brian Cass sarebbe riuscito a negoziare una riduzione significativa dei tassi sul debito di 60 milioni di dollari contratto con una “società finanziaria non britannica sul cui nome si mantiene il massimo riserbo”. Intanto il sito di SHAC riporta i dati di PER MAGGIORI INFORMAZIONI nuove manifestazioni agli inizi del 2008 daAttacchi alla borsa vanti alle sedi delle società farmaceutiche Nodi New York www.shac.net/movies/crueltyfootage.mov vartis e Sanofi Aventis, accusate di utilizzare i HLS decide di spostare le sue attività finanzia(il video che ha dato origine alle proteste) www.infolav.org test di Huntingdon per validare nuovi medicirie negli Stati Uniti, dove la legge tutela meglio www.huntingdon.com nali. Ma i toni sono meno aggressivi e gli atla riservatezza degli azionisti e si quota alwww.vpsg.org tacchi si sono fatti più rari. Dopo l’OTC, un mercato secondario. Cambia nome l’approvazione, nel 2005, di una legge che tuin Life Sciences Research e viene salvata dal tela chi ha relazioni con società che fanno test sugli animali, il gocollasso grazie a un prestito di 15 milioni di dollari da parte della verno britannico si è messo alla caccia degli attivisti più violenti. banca di investimenti americana Stephens Inc. Ma gli attacchi Nel maggio dell’anno scorso la polizia ne ha arrestati 32, molti dei continuano anche oltreoceano. Nel maggio del 2005 salta in aria quali avevano organizzato “campagne di protesta con l’uso di viola macchina del responsabile di Canaccord, una società di brokelenza fisica e intimidazioni contro target secondari collegati a raggio, in autunno viene preso di mira uno Yacht Club di New Huntingdon Life Sciences”. Dietro alle sbarre sono finiti anche York di cui sono soci alcuni manager di Carr Securities, una fiGreg Avery e Heather James, fondatori di SHAC. Il processo si cenanziaria che tratta i titoli di Huntingdon. Nonostante tutto, HLS lebrerà in giugno. Entrambi rischiano anni di detenzione. tenta di quotarsi di nuovo al NYSE, ma senza successo. La borsa

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CRESCE LA POSSIBILITÀ DI NON TESTARE SUGLI ANIMALI SONO PIÙ LONTANI DAL PARADISO, dopo le correzioni apportate da Benedetto XVI alle aperture dei suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, che hanno ipotizzato per gli animali l’accesso alla vita eterna. Forse però gli animali sono più lontani anche dall’Inferno, dopo la pubblicazione del rapporto “Toxicity Testing in 21st Century: a Vision and Strategy” rilasciato nel giugno del 2007 dal National Research Council of the US National Academy of Sciences e ripreso con molta enfasi dall’economista Jeremy Rifkin in un’intervista sull’Espresso del novembre scorso. La sostanza del rapporto è che in futuro i test di tossicità non saranno più effettuati sugli animali, perché i progressi compiuti in molti campi della ricerca permetteranno sempre di più l’utilizzo di metodi alternativi biologici e non biologici: metodi in vitro basati su organismi unicellulari, frazioni subcellulari, cellule, tessuti e organi isolati oppure metodi basati su modelli matematici e statistici. Gongolano gli animalisti della LAV (Lega Anti Vivisezione), perché da anni sostengono che i test sugli animali sono inutili e possono essere sostituiti. «Alcuni metodi alternativi possono già ora essere utilizzati – spiega Roberta Bartocci, responsabile settore Vivisezione della LAV – perché hanno ottenuto la validazione scientifica; si continuano a utilizzare gli animali perché la legge lo prevede: sono circa undici

milioni quelli utilizzati nei laboratori in Europa e poco meno di un milione ogni anno in Italia». A sostegno di questa campagna la LAV ha prodotto il dossier “Un’altra ricerca è possibile. Metodi sostitutivi alla sperimentazione animale”, scaricabile da internet (www.infolav.org). Per il riconoscimento della validità scientifica dei test senza animali l’Unione europea si è dotata dell’Ecvam, il Centro europeo di validazione dei metodi alternativi, che proprio l’anno scorso ha dato il via libera a cinque nuovi test di irritazione cutanea, che presto verranno eseguiti su cellule coltivate e non più su animali, garantendo allo stesso tempo una maggiore sicurezza per i consumatori perché basati su rilevazioni oggettive. Dal 2009 all’interno della Ue non potranno più circolare cosmetici testati su animali, mentre dal 2013 saranno banditi i test cosmetici sugli animali. In attesa di quella data possiamo dare la preferenza a cosmetici realizzati senza sperimentazione sugli animali, scegliendo le aziende che aderiscono allo “Standard internazionale non testato su animali”, l’unico riconosciuto a livello internazionale. Pa. Bai.

In Italia più risultati con l’attività di lobbying Potrebbe verificarsi un caso Huntingdon in Italia? L’abbiamo a chiesto a Gianluca Felicetti, presidente della LAV.

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li attacchi dei movimenti animalisti anglosassoni sono riusciti a bloccare i mercati finanziari e ad isolare un’impresa quotata in Borsa. Come si spiegano questi di Mauro Meggiolaro risultati? Premetto che sottoscriviamo il fine della campagna SHAC, anche se non condividiamo una parte dei mezzi utilizzati. Per capire i risultati ottenuti dalla campagna contro Huntingdon si deve considerare prima di tutto la realtà britannica. La Gran Bretagna è l’unico Paese al mondo nel quale un’organizzazione illegale, l’Animal Liberation Front ha utilizzato anche la violenza e l’aggressione fisica per raggiungere i suoi obiettivi.

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test sugli animali “Inon servono a nulla e possono addirittura essere pericolosi per gli esseri umani

Le azioni dell’ALF hanno contribuito ad acuire le differenze tra i moderati e gli estremisti, di cui si ha paura. È in questo contesto che SHAC è partita e ha ottenuto i suoi risultati: nel clima di terrore che circonda i movimenti animalisti britannici, con tanto di leggi speciali. Gli animalisti fanno paura? In Inghilterra purtroppo siamo associati al terrore. Lì chi si batte per i diritti degli animali viene ormai automaticamente considerato un teppista. Come conseguenza l’associazionismo tradizionale, quello che fa informazione, che utilizza solo metodi non violenti, ha subito gravi contraccolpi. Com’è successo alla BUAV (British Union for the Abolition of Vivisection), per non parlare della RSPCA (Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals), la più radicata associazione inglese, che per statuto “non puo’ combattere le leggi dello Stato”.

Gianluca Felicetti, presidente della Lav, la Lega Anti Vivisezione italiana.

Com’è la situazione in Italia? In Italia siamo riusciti a coniugare due esigenze: rap|

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Peter Singer Liberazione Animale Il Saggiatore, 2004

presentare nella giusta crudezza di termini la realtà dell’uso e abuso degli animali e ottenere dei primi risultati concreti, riconosciuti dall’opinione pubblica. La LAV, per esempio, ha due grossi ambiti di attività: la lobbying per far approvare nuove leggi e applicarle e la sensibilizzazione dei cittadini, anche con interventi nelle scuole. Dal 1999 abbiamo un Protocollo d’Intesa con il Ministero della Pubblica Istruzione. Non siamo solo per le azioni dimostrative e gli slogan, ma per il dialogo. È una strategia che alla fine paga.

Tom Regan I diritti animali Garzanti, 1990

Con quali risultati? La legge 189 del 2004 sul divieto di maltrattamento degli animali è una delle più avanzate in Europa. Da questo punto di vista non abbiamo nulla da invidiare all’Inghilterra. Siamo l’unico Paese al mondo che garantisce l’obiezione di coscienza alla vivisezione per studenti e ricercatori e siamo stati il primo Paese a vietare l’importazione di pelli di cani e gatti. La Gran Bretagna non l’ha ancora fatto pur essendo stato il primo Paese ad approvare una legge per la protezione degli animali nel 1822.

Pietro Croce Vivisezione o scienza. La sperimentazione sull’uomo Calderini, 2000

I test sugli animali sono obbligatori? Per i farmaci sì, in tutto il mondo. Esistono accordi internazionali che li prevedono. Come è obbligatorio il ricorso ai test sull’uomo, prima di entrare in commercio. Laddove però si è lasciata libertà di ricerca, come per i cosmetici, si sono trovate delle valide alternative,

come la coltura di cellule in vitro. Dal 2009, dopo lo stop per i prodotti finiti, i test sugli ingredienti per i cosmetici saranno gradualmente aboliti in tutta Europa. È vero che alcuni test contribuiscono a salvare vite umane? No. I test sugli animali non servono a nulla e possono addirittura essere pericolosi per gli umani. Il prof. Pietro Croce, medico chirurgo di fama mondiale, che è stato uno tra i primi a condannare la sperimentazione sugli animali dopo averla praticata per anni, ha definito i test una “roulette russa”. Quali sfide vede per il movimento animalista nei prossimi anni? La protezione degli animali sta diventando sempre di più un tema globale. Anche il WTO se ne è già dovuto occupare. Quando negli anni novanta protestavamo contro gli allevatori di visoni e volpi, gli allevamenti venivano spostati in Romania. Oggi succede lo stesso con i laboratori che fanno test sugli animali: vengono trasferiti verso Paesi in cui la legislazione è più debole, come la Cina. La Federazione Eurogroup for Animals, di cui facciamo parte, aiuta le associazione animaliste in Slovenia, in Romania e in altri Paesi. Peta, il più grande movimento animalista degli Stati Uniti, ha una sede anche in India. La battaglia per i diritti degli animali richiederà sempre di più uno sforzo comune che trascende i confini nazionali.

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ALEC SOTH / MAGNUM PHOTOS

LIBRI

Fermiamo il luddismo animalista. È l’ora delle alternative concrete Sofferenza animale e sofferenza umana. E la passione degli inglesi per gli animali. Ne abbiamo discusso con il professor Antonio Da Re, ordinario di Filosofia Morale all’Università di Padova. di Mauro Meggiolaro

P

Nella pagina a fianco, una femmina di scimpanzè attende di essere trasportata nella casa di riposo dell’assocazione Save the Chimps a Fort Pierce, in Florida.

Usa, 2005

scientifiche “Scelte o economiche non possono prescindere del tutto

da considerazioni etiche. Ma come difendere i principi?

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erché la sofferenza degli animali, soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti è un problema così sentito? Il mondo anglofono ha sempre mostrato una sensibilità del tutto speciale nei riguardi della vita animale. Basti ricordare che già David Hume, nel Trattato sulla natura umana (1739-40), sosteneva che “le bestie sono dotate di pensiero e di ragione al pari degli uomini”; Jeremy Bentham nel 1789 individuava nella capacità di soffrire un criterio di giudizio morale, che come tale riguardava non solo gli uomini ma anche gli animali. In tempi più vicini a noi si è cominciato a parlare di “diritti degli animali” (Tom Regan) e di “liberazione animale” (Peter Singer). Regan è americano e Singer è australiano, a dimostrazione che questa sensibilità non è appannaggio solo dei britannici.

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Perché suscitano tanta indignazione i test sugli animali, mentre non suscitano altrettanta indignazione le violazioni dei diritti umani, come ad esempio la sperimentazione di nuovi medicinali sui bambini appartenenti a classi so-

ciali disagiate o a Paesi poveri? Me lo sono sempre chiesto anch’io. Personalmente non ho difficoltà a convenire su alcune riflessioni del pensiero animalista; ma non riesco a capire perché ne dovrebbero far le spese gli esseri umani, o alcuni di questi, guarda caso quelli più deboli e indifesi. Prima di parlare di “diritti degli animali” - una formulazione per me comunque debole sul piano teorico - bisognerebbe ricominciare a parlare di diritti umani, preoccupandosi soprattutto di come si possano concretamente tutelare. Le questioni etiche stanno acquisendo sempre più spazio nell’opinione pubblica. Fino a che punto l’etica può condizionare scelte di carattere scientifico o economico? Non sono così sicuro che vi possano essere scelte scientifiche o economiche che non siano condizionabili dall’etica: non penso che vi siano linee di ricerca o politiche economiche totalmente neutrali. In realtà i riferimenti etici sono sempre presenti. Certo, possono essere espliciti o impliciti oppure volutamente nascosti;

possono risultare a volte giustificabili e condivisibili e a volte no. E, anche quando questi principi siano condivisibili, può nascere la domanda di quali siano i metodi più adatti per difenderli. Quelli utilizzati dai contestatori della Huntingdon sono in larga misura da condannare. Se i metodi non sono condivisibili, a cos’altro bisognerebbe puntare? Sarebbe meglio che i luddisti animalisti si chiedessero in modo onesto se sia possibile trovare alternative alla sperimentazione animale e esigessero dall’Huntingdon maggiori investimenti nella ricerca di tali alternative. William Russel e Rex Burch già nel 1959 parlavano del Metodo delle 3R: Replacement (sostituzione), Reduction (riduzione) e Refinement (raffinamento). Ovvero mirare alla sostituzione dei test sugli animali con un modello sperimentale differente (ad esempio le cellule in vitro); ridurre il numero delle cavie utilizzate nei laboratori; preoccuparsi di alleviare la sofferenza e lo stress degli animali (è il senso del refinement).

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| finanzaetica | prestiti uno a uno |

| finanzaetica |

Social Lending: la nuova frontiera della finanza etica? Una persona che presta denaro a un’altra, senza conoscerla. Niente banche nè società finanziarie, solo un sito internet, dove prestatori e richiedenti si incontrano virtualmente. Una versione democratica della finanza, più vantaggiosa e trasparente, arrivata da poco anche in Italia. Ed è già nata una community nella filosofia del web 2.0 e della solidarietà. I CHIAMANO ZOPA E BOOBER e dallo scorso novembre sono sbarcati in Italia. Sulla scorta di esperienze statunitensi e inglesi (ma adesso anche in Olanda e Germania), le piattaforme telematiche di prestito “senza banche” e P2P (da pari a pari o da privato di Jason Nardi a privato) stanno avendo un grande successo. Merito della formula che riprende alcuni aspetti della solidarietà delle Friendly Society inglesi del ‘700 e delle Società di Mutuo Soccorso italiane di due secoli fa, insieme alla trasparenza, al rischio distribuito e a vantaggi, apparentemente, per tutti, creditori e prestatori. Con la differenza che oggi c’è Internet e la “community” è virtuale. E che questo fenomeno abbraccia in pieno la filosofia del web 2.0. Se infatti il sentirsi parte di una comunità più ampia, pur non conoscendo di persona gli altri “membri”, ha decretato il successo di molti siti dell’ultima generazione, da Myspace a Facebook, e dello scambio alla pari di file e informazioni con i circuiti P2P, lo stesso sta avvenendo con il microcredito peer-to-peer, sia quello di portali come Kiva.org o Microplace.com (quest’ultimo promosso da Ebay), rivolte a finanziare direttamente persone e piccoli progetti nei paesi del “Sud”, sia quello di Zopa, finalizzato ad aiutare a pagare il mutuo o i debiti delle carte di credito nel “Nord”.

S

Un nuovo mercato finanziario Gli italiani, fino a poco tempo fa, erano considerati un popolo di risparmiatori, con le famiglie che mettevano da parte il necessario per garantire un futuro ai figli. Poi è arrivata la sbornia del credito al consumo degli anni 80 e 90 e l’insicurezza del lavoro precario, i cui effetti sono oggi più che mai vivi. Le nuove generazioni si ritrovano in debito costante, riuscendo a malapena “ad arrivare a fine mese”, spesso vivendo al di sopra delle proprie possibilità ed erodendo i risparmi di famiglia. Ed è proprio qui che si inserisce il social lending, dove sono l’interazione sociale e l’identificazione in valori simili che rappresentano la garanzia per un’operazione di prestito diretta, più vantaggiosa e trasparente rispetto a quanto offre il tradizionale sistema finanziario. | 38 | valori |

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Il “prestito P2P” è una modalità attraverso cui prestatori e richiedenti possono incontrarsi senza gli intermediari tradizionali come le banche o le società finanziarie. I prestiti sono alla fine erogati da individui o gruppi di individui, con una distribuzione equa del rischio. Le transazioni avvengono solitamente attraverso un processo simile a un’asta, dove i prestatori che offrono l’interesse più basso o il tempo più lungo “vincono” il prestito del richiedente.

Zona di Possibile Accordo Tra le piattaforme più interessanti e innovative c’è senz’altro Zopa, che sta per Zona di Possibile Accordo. È nata nel Regno Unito nel marzo 2005, dalla volontà di tre manager della banca online Egg e dagli stessi investitori di eBay e Skype. In due anni ha raggiunto un numero di iscritti pari a 175mila. Sul sito americano – Zopa è stata lanciata per ultima negli USA lo scorso dicembre – si legge: «Stiamo coniando un nuovo termine per descrivere cosa facciamo: si chiama finanza sociale. Significa che vogliamo migliorare gli strumenti dei servizi finanziari e d’investimento, dei prestiti e mutui, permettendo alle persone di utilizzarli direttamente per aiutarsi e aiutare altre persone allo stesso tempo». La differenza con il sistema bancario è evidente, spiegano gli zopiani. Anche le banche “condividono” danaro: i tuoi risparmi entrano in banca, loro li “condividono” con altre persone, che richiedono prestiti. A te danno il 2% e agli altri chiedono il 18%. E non è molto trasparente, perché non sai e non ti dicono dove mettono i soldi e con chi li stai “condividendo” tu. «Con Zopa», dicono dalla società, «tutto questo cambierà: facciamo incontrare direttamente la gente online in modo che possano condividere in maniera semplice e sicura i soldi e con un sistema che è allo stesso tempo divertente e che ha senso». Rispetto alle banche online, che si sono affermate negli ultimi anni, la differenza è che nel primo caso si usufruisce semplicemente di un servizio attraverso internet, con maggiore flessibilità rispetto agli sportelli tradizionali; nel secondo caso è il servizio che è reso possibile grazie all’interazione che si genera su Internet da una comunità virtuale motivata che si crea tra “richiedenti” e “prestatori”.

POSTATO DA MARIANNA ALLE 4:51 PM

IL CREDITO P2P NEL MONDO

Mi presento, sono Marianna e molti Zopiani mi conosco perchè faccio parte del Customer Care e dialogo con loro quasi quotidianamente. Ho l’onore di inaugurare una sezione del blog non strettamente legata all’attività di Zopa ma che racconta chi siamo e le nostre esperienze. [...] Sono qui per dirvi che per una settimana non potrò curarmi di voi: sono in partenza per l’Africa per visitare i progetti di Amref (ho fatto un master sulle aziende non profit e sono molto legata a questi temi). [...]

PROSPER.COM è stato il primo sito di social lending negli Stati Uniti. La prima cosa che si nota aprendolo è una galleria fotografica, con i volti dei richiedenti e spesso delle loro famiglie, perché e quanto hanno chiesto in prestito, quanto finora hanno restituito e a che tasso d’interesse. Entrando in una qualsiasi scheda, si accede alla vita economica e finanziaria della persona, con dettagli spesso molto precisi. Buona parte delle persone vuole ripagare i debiti contratti con le carte di credito. Oppure pagarsi l’università o le spese mediche. La privacy, qui, sembra un concetto inesistente, se non fosse che dopo l’estinzione del debito, la scheda viene chiusa alla visione del pubblico. Ma rimane il giudizio di affidabilità. UN ALTRO PORTALE È LENDINGCLUB.COM, certamente più discreto. Come Prosper, anche Lendingclub funziona con i giudizi di affidabilità. Un utente molto affidabile di classe A1 può ottenere prestiti con un interesse del 7,12%. Uno di classe G1 può arrivare al massimo ad un tasso del 17,86. Lo slogan – dal video sul sito, dove è presente anche una mappa degli stati uniti con tutti i membri geolocalizzati – è “c’è gente la fuori come te e pronta a investire su di te”. Tra gli ultimi apparsi c’è Globefunder.com, che oltre a coprire gli Usa sta puntando anche sull’India e ha una rete di soci in molti altri paesi. A differenza degli altri, accetta anche investitori istituzionali purché tengano bassi i tassi d’interesse.

Lo sbarco in Italia Con un modello a franchising, Zopa ha aperto in Italia lo scorso novembre a invito e dal 16 gennaio è “aperto al pubblico”. La società ha sede a Milano e si presenta così: "Zopa rappresenta l’ambito di possibilità nel quale l’accordo tra due parti è effettivamente raggiungibile in una negoziazione. Tale zona è compresa tra il minimo che una persona accetta in cambio di qualcosa ed il massimo che un’altra persona è disposta a dare in cambio".

Finanza etica 2.0 Di fatto il modello di Zopa è basato su un’idea sociale e che potremmo

FRASI Se Zopa fosse: Un’energia, sarebbe rinnovabile. Un modo di comunicare, sarebbe Skype. Un mezzo di trasporto, sarebbe il car sharing.

definire, per molti versi, “etica”. L’attrazione dei prestatori è data infatti anche dal desiderio di prestare soldi ad altre persone con finalità altruistiche. Rimuovendo gli intermediari, si offre infatti la possibilità di un accordo più equo per chi richiede il prestito e un miglior tasso di ritorno ai prestatori, favorendo la partecipazione e una forma di scambio più autentica e trasparente, dove i membri si sentono responsabili a livello personale e credono che i propri risparmi vadano ad aiutare persone reali e riconoscibili in modi specifici. Se le premesse saranno confermate, non sarà solo il sistema bancario tradizionale a dover fare i conti con i nuovi arrivati, ma anche la finanza etica dovrà prendere seriamente in considerazione gli scenari presenti e futuri.

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Prestare per gli interessi e per essere utili Carlo Vitali, marketing manager di Zopa, ha raccontato a Valori com’è cominciata l’avventura italiana del prestito P2P. EL 2006 IL NUCLEO INIZIALE DEGLI INVESTITORI ha conosciuto gli ideatori di Zopa. Un modello, rispetto ad altri, ben bilanciato tra richiedente e prestatore», racconta Carlo Vitali, manager con più di vent’anni di esperienza in Olivetti a livello internazionale.

«N di Jason Nardi

La Banca d’Italia come ha reagito? Non abbiamo incontrato grande velocità di risposta ma neanche ostacoli. Pur avendo fatto richiesta a fine 2006 e nel periodo del cambio di governatore, dopo alcuni mesi la Banca d’Italia ha dato la sua opinione favorevole. Siamo operatori finanziari registrati all’UIC, con tutti gli obblighi delle norme antiriciclaggio. Anche se i rischi in questo caso sono bassi. I correntisti, infatti, usano i propri conti.

Vi definireste un’organizzazione che fa finanza etica? Siamo una SpA (siamo obbligati ad esserlo per legge), quindi non siamo un’associazione nonprofit. Certo, facilitare lo scambio tra persone ha sicuramente una valenza etica. Il valore principale è la comunità. Molti sono disposti a dare prestiti senza ambizioni di speculazione, ma per il piacere di essere utili. Esistono organizzazioni con un dna simile al nostro, come Kiva.org, una piattaforma di microcredito “peer-to-peer” che finanzia progetti in tutto il mondo. Alcuni di noi hanno utilizzato Kiva per un anno, con risultati incredibili: i prestiti ritornano, con un tasso d’insolvenza quasi nullo. Da dicembre, per chiunque si iscriva alla newsletter, diamo |

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tre allo 0,5-2% a seconda della classe di merito per i prestiti erogati. Ad ogni richiedente infatti è assegnato un grado di affidabilità (A+, A, B, C) che è come il rating per le società. Il PIONIERI NEGLI STATI UNITI sono stati quelli di Lending Circle – Circolo del Prestito – lanciato nel 2001 giudizio viene dato incrociando la con un modello basato su vicinanza e parentela, facilitando prestiti tra amici e famiglia formalizzati storia creditizia dell’utente (basata e assistiti perché andassero a buon fine. E deve aver funzionato bene se è stato recentemente acquisito sulla banca dati Experian) con le nientemeno che da Charles Branson, entrando a far parte dell’impero Virgin, trasformato in VirginMoney informazioni del modulo di appliUSA. Con il motto “cambiamo faccia ai soldi”. cazione (reddito, professione ecc.). Se una buona idea come quella del social lending rischia di essere presto fagocitata dalla finanza Chi accetta di prestare a richiedenti tradizionale e rampante e perdere la sua vera essenza di punto di aggregazione e distribuzione meno affidabili verrà premiato con orizzontale questo non sembra essere il caso, almeno per ora, delle altre iniziative. Ma occorre che si un tasso d’interesse più alto e vicesviluppi bene il senso di comunità, solidarietà e responsabilità che vanno ben oltre il “valore” dei prestiti. versa. E non ci sono costi di incasso di RID. Il limite del richiedente è 15.000 euro, del prestatore 50.000 euro. un dollaro a Kiva per finanziare progetti di microcrediSITI to in paesi in via di sviluppo. www.lendingclub.com E quali sono i tassi d’interesse? www.globefunder.com E con Zopa, qual’è il tasso di sofferenza? Variano a seconda delle classi di merito tra il 6% e il 10%, www.prosper.com sensibilmente più bassi di quelli delle banche e soprattutNell’esperienza inglese degli ultimi due anni si è attestato www.zopa.it www.boober.it to delle società finanziarie (dall’8-9% al 15-16%). I prestaintorno allo 0,2%. Meno di un decimo rispetto a quello del tori inglesi hanno portato a casa nel 2007 il 7% in media. mercato finanziario tradizionale inglese.

LA GRANDE FINANZA NON STA A GUARDARE

Cosa chiedete agli iscritti e di cosa vi occupate voi, se tenete l’intermediazione al minimo? Ci occupiamo di fare lo scoring (ovvero assegnare classi di merito ai richiedenti) e di recupero crediti (lo facciamo senza costi aggiuntivi per conto di tutti i prestatori). Chiediamo ai prestatori l’1% su base annuale per il capitale reso disponibile e 10 euro ai richiedenti, ol-

E in Italia come sta andando dopo due mesi “a invito”? Si sono iscritti in 8000 e abbiamo raccolto oltre 1 milione di euro, con 166.000 euro di prestiti approvati, di cui 57.000 già erogati. Per il 2008 abbiamo l’obiettivo di arrivare a 40.000 iscritti e 6.000 membri della comunità che si sono scambiati denaro tra loro.

APPUNTAMENTI FEBBRAIO 2 febbraio TERNI RADUNO NAZIONALE SUI BUONI LOCALI DI SOLIDARIETÀ dalle 9 alle 19 presso l’Hotel de Paris via della Stazione, 52 tel. 0744 58047 Un’occasione per approfondire il tema delle monete complementari a partire dall’esperienza degli scec a Napoli (vedi scheda pag 26) www.arcipelagomoneta.org 4-22 febbraio LONDRA DESIGNING FOR SUSTAINABILITY: SYSTEMS, ETHICS AND BEAUTY Un corso di una, due o tre settimane (a scelta) sulla sostenibilità a partire dalla progettazione dei prodotti. www.schumachercollege.org.uk /courses

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(commissione di vigilanza della Borsa Usa) le mozioni per le assemblee, che si terranno in estate, di: Freeport-McMoRan Copper & Gold Inc. (miniere) - 5 febbraio Alliant Techsystems Inc. (armamenti) - 21 febbraio Ad Alliant ICCR (Interfaith Center on Corporate Responsibility) chiederà di pubblicare un report sulla produzione di armi nucleari o che contengono uranio impoverito.

7,8 febbraio LONDRA GREEN RETAIL 08 Conferenza sulla sostenibilità nel settore della distribuzione. Rivolto alle imprese. www.eventrus-conferences.com

di Pace “V.Buccelletti” Via Marchetti, 73 Dalle 17 alle 19 Temi: etica e trasparenza nell’economia, microcredito, come accedere ai servizi di Banca Etica. 16 febbraio AREZZO 26 febbraio FIRENZE TEATRO LA PERGOLA “FAMIGLIE A RISCHIO USURA” Un progetto di Teatri d’Imbarco, in collaborazione con la Fondazione Toscana per la Prevenzione dell’Usura, FIBA-CISL Toscana, CGIL Toscana, Adiconsum Toscana, Fondazione Culturale Responsabilità Etica -Banca Etica, CTC Consorzio Toscana Costruttori, Camera di Commercio di Firenze. www.teatridimbarco.it Tel. 055.453545 18 febbraio MILANO CINQUE ANNI DI ETICA SGR via Copernico 9, La festa di compleanno inizia alle 19. In prima assoluta lo spettacolo teatrale “La moneta di Giuda” sull’investimento responsabile. Per aderire 02.67071422 o a comunicazione@eticasgr.it www.eticasgr.it

5-8 febbraio NEW YORK ASSEMBLEA INVERNALE DI ICCR [Interfaith Center on Corporate Responsibility] Si discute di azionariato attivo e si presentano le prime proposte per la partecipazione alle assemblee delle imprese americane nel 2008. www.iccr.org 14 febbraio LONDRA BUSINESS IN THE COMMUNITY ANNUAL CONFERENCE Una delle più importanti conferenze sulla responsabilità sociale d’impresa in Gran Bretagna. www.bitc.org.uk

5, 21 febbraio 2008 NEW YORK AZIONARIATO ATTIVO. Scadono i termini per presentare alla SEC

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

15, 22, 29 febbraio SENIGALLIA (ANCONA) SEMINARIO SULLA BANCA POPOLARE ETICA Organizzato dal Comune di Senigallia. Presso la Scuola

20 febbraio LONDRA GREEN BUSINESS: HOW COMPANIES CAN PROFIT FROM CUSTOMER DEMAND FOR GREENER PRODUCT Una mattinata (9,30-12), organizzata dal London Business Forum, con Karen Fraser, fondatrice dell’Ethical Reputation Index (società che attribuisce indici etici alle imprese). La tutela dell’ambiente e la responsabilità sociale, viste |

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come opportunità per le imprese. www.londonbusinessforum.com

26-27 febbraio SAN FRANCISCO, CALIFORNIA CARBON FORUM AMERICA ORGANIZZATO DALLA IETA (INTERNATIONAL EMISSIONS TRADING ASSOCIATION) La più importante fiera americana sull’emission trading, il mercato delle emissioni di CO2. www.carbonforumamerica.com

28 e 29 febbraio BRUXELLES BEI: CONFERENZA STAMPA E INCONTRO ANNUALE CON LE ONG (Banca Europea per gli Investimenti) www.bei.org

29 febbraio MILANO SODALITAS SOCIAL AWARD Prorogato al 29 febbraio il termine per l'iscrizione a uno dei più importanti premi sulla responsabilità sociale in Italia. www.sodalitas.it |

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Pharma

Questa volta ci prova Bruxelles di Andrea Di Stefano

BRUXELLES dal commissario Ue alla Concorrenza, Neelie Kroes. Obiettivo: raccogliere elementi per spiegare le anomalie che impediscono il buon funzionamento della concorrenza nel campo dei medicinali. La Kroes non ha voluto rivelare né i nomi delle aziende, né i Paesi in cui si sono svolti i raid. Ma le ispezioni hanno sicuramente riguardato, tra le altre, varie sedi europee di AstraZeneca, GlaxoSmithKline, Merck, Sanofi-Aventis, Pfizer, Johnson & Johnson, Wyeth, Novartis e Teva. Nessun addebito è stato per il momento formalizzato, ma il sospetto materializzatosi a Bruxelles è che, dietro le quinte, alcune imprese stringano accordi per limitare la concorrenza e, in particolare, per frenare l’accesso al mercato di medicinali generici o innovativi a prezzi più bassi. «I cittadini e i governi vogliono un settore farmaceutico forte che dia migliori prodotti a prezzi più competitivi - ha spiegato la Kroes - Ma se farmaci innovativi non vengono prodotti e le alternative generiche a basso costo delle medicine esistenti vengono in alcuni casi ritardate, dobbiamo capire perché e, se necessario, intervenire». L’azione dell’Antitrust europeo ha per il momento la forma di una generica inchiesta settoriale, come quelle svolte in passato nei settori delle tlc, dell’energia e dei servizi finanziari. È la prima volta però che Bruxelles accompagna l’inizio di un’indagine Dopo decine di cause negli Stati Uniti a vasto raggio di questo tipo con una serie per manipolazioni dei prezzi e cartelli di perquisizioni a sorpresa, in genere utilizzate tra le multinazionali nella vendita quando vi sono già fondati dubbi di accordi di medicinali, soprattutto di largo di cartello o di pratiche anti-competitive. utilizzo, anche l’Ue si muove. Forse «Le ispezioni non sono circoscritte non solo per questioni di immagine a imprese sospettate di azioni scorrette – ha precisato la Kroes – ma sono il punto di partenza per raccogliere le informazioni necessarie a guidare passi ulteriori». La commissaria alla concorrenza europea ha spiegato che si analizzeranno se vi siano accordi irregolari tra aziende, per esempio nella composizione delle dispute sui brevetti, e se siano state create barriere artificiali al varo di prodotti innovativi o generici. Entro l’autunno sarà redatto un rapporto preliminare sulla situazione, per arrivare poi a una relazione definitiva nella primavera del 2009. Nel frattempo tutte le parti interessate sono invitate a offrire elementi di valutazione, che si aggiungeranno ad alcune denunce che la Kroes ha ammesso di aver già ricevuto e potrebbero intanto sfociare in addebiti circostanziati ad alcune imprese. In Europa si spendono ogni anno 200 miliardi in medicinali, ovvero 400 euro per individuo. Ma insospettisce la Kroes il fatto che, «nonostante la protezione dei brevetti non sia mai stata così forte, il numero dei nuovi farmaci sia in declino»: mentre tra il ‘95 e il ‘99 in media 40 nuove molecole erano introdotte ogni anno sul mercato, tra 2000 e 2004 si è scesi a 28. La Kroes ha ricordato come anche le autorità della concorrenza di Germania e Francia, oltre che degli Stati Uniti, stiano indagando sul tema e che esiste il precedente dell’AstraZeneca, multata di 60 milioni nel 2005 da Bruxelles, per aver ostacolato l’entrata sul mercato dell’alternativa generica al Losec contro l’ulcera. AZIONE A SORPRESA È STATA ANNUNCIATA CON ENFASI A

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AZIONARIATO CRITICO


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Energia solare, business low cost >46 Un nuovo presidente per Ctm Altromercato >49 Aiutateci a far vincere la Calabria della legalità >52

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economiasolidale 15 FEBBRAIO “AL BUIO”: ILLUMINIAMOCI DI MENO

MAR TIRRENO: PROGETTO PER CINQUE PARCHI EOLICI

AGRICOLTURA: DA ECOR UN CORSO PER I NEGOZIANTI “BIO”

SONDAGGIO COOP: ITALIANI CON I PIEDI DI PIOMBO

BIKE SHARING: ROMA COME PARIGI 20 MILA BICICLETTE PER SPOSTARSI IN CITTÀ

ECONOMIA SOCIALE PRESENTE E FUTURO

Caterpillar, programma di Radio2, lancia per il 15 febbraio 2008 la quarta edizione di “M’illumino di meno”, giornata di mobilitazione internazionale in nome del risparmio energetico. Nel corso della trasmissione, condotta da Cirri e Solibello, verrà chiesto agli ascoltatori di dimostrare in quale modo stiano contribuendo a risparmiare energia. Ma l’invito è rivolto a tutti ed è quello di spegnere le luci e tutti i dispositivi elettrici non indispensabili il 15 febbraio dalle 18. Caterpillar si rivolge quindi a cittadini, istituzioni, scuole, aziende, musei, associazioni, università, ristoranti, negozianti e artigiani perché diminuiscano i consumi in eccesso e mostrino all’opinione pubblica come un altro utilizzo dell’energia sia possibile. Lo scorso anno il “silenzio energetico” coinvolse simbolicamente piazze e monumenti in tutt’Italia (tra le altre, il Colosseo, Montecitorio e il Quirinale a Roma, l’Arena di Verona, piazza San Marco a Venezia, il Duomo e la Scala a Milano, la Valle dei Templi ad Agrigento). Sul sito internet del programma (www.caterueb.rai.it) è possibile segnalare la propria adesione alla campagna, patrocinata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Banca Etica ha già aderito.

Durante le crociere nei mari del nord Europa non è difficile vedere pale eoliche. Presto anche il mar Tirreno settentrionale potrebbe seguire il loro (virtuoso) esempio. A lanciare l’idea è una società di Pistoia, la Domus Energia: il progetto prevede cinque parchi eolici, costituiti da venticinque pale ciascuno, capaci di produrre 400-500 megawatt di energia, pari al fabbisogno giornaliero di 250 mila abitanti. Il tutto – promette Roberto Iacono, direttore di Domus Energia – nel pieno rispetto dell’ambiente: «le aree scelte non saranno nel parco dell’arcipelago toscano e ogni pilone

Un nuovo magazine e una “Scuola di Valore Alimentare” aperta a tutti gli operatori del settore bio. Ecor Spa, azienda leader nella distribuzione di prodotti biologici in Italia, ha scelto di investire nella formazione. I corsi - permanenti, tenuti da docenti universitari e professionisti - sono rivolti ai lavoratori della distribuzione di prodotti biologici. In particolare ai negozianti: il progetto punta infatti a rafforzare la professionalità di chi lavora a contatto con il consumatore. La prima lezione della scuola (per informazioni è attivo il numero verde 800.489311) si è tenuta lo scorso il 13 gennaio presso lo stabilimento della Ecor a San Vendemiano (Tv). Già da tempo l’azienda è impegnata ad estendere e consolidare la rete di esercizi commerciali sul territorio italiano: «Siamo convinti che tra i motivi per cui un consumatore sceglie di rivolgersi ad un punto vendita specializzato piuttosto che alla Grande distribuzione – afferma Fabio Brescacin, presidente di Ecor –, oltre alla qualità delle materie prime, dei prodotti e dei metodi di trasformazione, ci sia anche la fiducia nei confronti del negoziante. Un professionista che deve saper consigliare e risolvere i dubbi di un cliente sempre più attento alla propria salute e al proprio benessere». Il primo corso – affidato a Matteo Giannattasio, docente di Biochimica Vegetale e responsabile del “master in Agricoltura Biologica” presso l’università di Napoli – è dedicato al tema della qualità degli alimenti legata alla salute. Fra i temi affrontati le intolleranze alimentari, la biodinamica, i metodi di conservazione, e gli Ogm.

Più prudente e accorto, meno edonista e gaudente, più preoccupato per il futuro suo e dei suoi familiari. È il consumatore italiano del 2008, secondo il ritratto che emerge dal sondaggio effettuato da Ancc/Coop Italia nei primi giorni di gennaio. Il nuovo anno nasce all’insegna della preoccupazione. A dimostrarlo, le risposte a una semplice domanda: come utilizzerà un eventuale surplus di risorse? Un intervistato su tre lo destinerebbe a risparmi, investimenti o a spese per la propria abitazione (erano il 26% nel 2007), il 23% invece lo spenderebbe per “viaggi e divertimenti” (un calo di 7 punti percentuali in un anno). Una cautela che appare più che giustificata, se si considera che la tredicesima lo scorso anno è servita più a pagare le bollette (42% dei casi) che a fare regali (34%). Tra le maggiori preoccupazioni degli italiani spiccano invece la possibile carenza di denaro per pagare le spese (per il 54% del campione), la salute propria e dei familiari (51%) e il timore di veder sfumare la sicurezza del proprio posto di lavoro (25%).

A Roma scocca l’ora delle due ruote ecologiche: è il “bike sharing”. Per spostarsi in città senza problemi di parcheggio. Il progetto prevede una prima fase per la sperimentazione (di sei mesi e a costo zero per il Comune perché gestita dallo sponsor spagnolo “Camusa”): 250 bici distribuite in 22 “ciclo-posteggi” all’interno del centro storico. Poi il servizio sarà esteso a tutta la città, con l’introduzione di altre 20 mila biciclette. Ogni “posteggio di scambio”, collocato vicino alle fermate di bus e metro, sarà dotato di colonnine con lettore magnetico e sistema di ancoraggio per la bici. Usufruire del servizio sarà (abbastanza) semplice: ci si registra, si versa una cauzione, si ottiene una tessera elettronica ricaricabile e un lucchetto. Si passa la tessera sul lettore della colonnina, la bici si sblocca, il “tassametro” parte. Per favorire spostamenti brevi e scambi frequenti tra più ciclisti, la prima mezz’ora è gratuita. Dopo, scatta la tariffa: un euro e mezzo per altri 90 minuti, poi 4 euro per ogni ulteriore mezz’ora. L’avvio dell’iniziativa, previsto per il 15 gennaio, è slittata. Presumibilmente a fine febbraio. Problemi burocratici: difficoltà a trovare aree libere nel superaffollato suolo pubblico cittadino. Il progetto capitolino ricalca quello lanciato da Parigi nel luglio 2007. Identiche le procedure da seguire, identici i costi. Ma nella capitale francese, si era partiti subito in grande: 10 mila bici e 750 punti di prelievo in tutti gli “arrondissement” per la fase sperimentale (raddoppiate a fine anno). Inoltre, il servizio è attivo sempre (a Roma, dalle 7 alle 24) e il pagamento può avvenire con addebito bancario. In più, Parigi sorge su un’area più pianeggiante. Il che, quando si deve pedalare, non guasta. Vedremo se anche a Roma l’iniziativa sarà un successo. Nonostante la (proverbiale) pigrizia dei romani e i sette Colli…

Un’economia “alternativa”, etica, sostenibile da anni si sta creando uno spazio all’interno di un sistema economico che sta evidenziando tutte le sue contraddizioni. Ha un futuro questa economia diversa? O è destinata a restare un’utopia? Si affronteranno questi temi, e molti altri, durante i tre incontri del “Laboratorio di studio sull’economia sociale”, organizzati a Milano, con il contributo della Provincia, (Sala Guicciardini, in via M.Melloni 3) dalla Circoscrizione dei soci di Milano di Banca Etica e da Econometica (www.econometica.it), il Centro interuniversitario per l’etica economica e la responsabilità sociale d’impresa. Un gruppo di docenti di venti università italiane che sta studiando un modo diverso di pensare l’economia, basato su etica, equità, cooperazione e reciprocità. Il 6 marzo Leonardo Becchetti (università Tor Vergata di Roma) affronterà il tema “Economia della responsabilità sociale: è possibile creare valore con i valori?”. Il 14 marzo Pier Luigi Porta (Università Bicocca di Milano) parlerà di “Economia civile: lo stato dell’arte e i nuovi sentieri di partecipazione”. Il 5 aprile Lorenzo Sacconi (Università di Trento) discuterà di “Economia della responsabilità sociale: forme di impresa alternative”.

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potrà ospitare strutture per il ripopolamento ittico». Il progetto va nella direzione indicata dalla prima bozza del Piano energetico regionale approvato dalla Regione Toscana nel dicembre scorso: una riduzione del 20% di emissioni e di un altro 20% dei consumi entro il 2020. Previsto anche un potenziamento dell’eolico, dagli attuali 28 a 300 megawatt. La società pistoiese ha già sottoposto l’idea al ministero dell’Ambiente e alla Regione. «Abbiamo avviato il confronto con i tecnici regionali dell’ufficio per la valutazione dell’impatto ambientale – osserva Iacono – ma è dal maggio scorso che aspettiamo di poter incontrare gli assessori». |

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STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS

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IL FILM SOTTILE PARLA ITALIANO DA SILFAB UN’INIZIATIVA «PIONIERISTICA»

Siviglia, impianto ad energia solare. La Spagna si è data l’obiettivo di produrre, attraverso le rinnovabili, il 30% del fabbisogno nazionale di energia entro il 2010. Ad oggi il Paese iberico produce con i pannelli solari 20 Megawatt annui.

Spagna, 2007

LA RIVISTA

Il giro d’affari aumenta del 40%. Germania e California i leader di oggi, la Cina quello di domani. E nei prossimi anni le nuove tecnologie promettono costi irrisori

L’autorevole settimanale scientifico statunitense New Scientist ha dedicato la copertina di un numero di dicembre 2007 all’energia solare fotovoltaica. www.newscientist.com

Energia solare business low cost INDUSTRIA DEL FOTOVOLTAICO CRESCE in tutto il mondo, ormai da anni, con ritmi impressionanti. Dal 2000 al 2005 il settore ha visto aumentare il proprio giro d’affari, in media, del 40% ogni anno. Impiegando già alla fine del 2004, spiega l’IEA Photodi Andrea Barolini voltaic Power Systems Programme, oltre 50mila lavoratori. Complessivamente, ad agosto del 2006 le trenta più importanti compagnie produttrici di energia solare vantavano una quota di mercato superiore ai 20 miliardi di euro. E le previsioni sono ancora più rosee. Secondo una stima del Credit Lyonnais Security Asia, il comparto potrebbe espandersi dai 5,6 miliardi di euro del 2004 fino a 24 miliardi nel 2010. Il che, tradotto, significa vendite di energia a impatto (quasi) zero per l’ambiente pari a 5,3 GigaWatt all’anno. Ciò non toglie, tuttavia, che la diffusione del “solare” sia ancora oggi insufficiente e, soprattutto, distribuita a macchia di leopardo. Nel 2005 il mercato del fotovoltaico è cresciuto complessivamente del 45%. La maggior parte delle nuove produzioni sono si-

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tuate in Germania (a seguire gli Usa – o, meglio, la California e il New Jersey, che da soli detengono il 90% del mercato americano – la Spagna e l’Italia). Il totale dell’energia prodotta in più rispetto all’anno precedente è stata pari a 1.759 MegaWatt (603 Mw in Germania, 291 in Giappone, 108 negli Stati Uniti). Da notare, poi, la crescita impressionante della Cina. Nel 2010, spiega l’istituto Worldwatch, il Paese sarà il leader mondiale per le energie rinnovabili (intendendo complessivamente eolico, fotovoltaico, biomasse). Ai ritmi attuali di crescita, infatti, la Cina non solo raggiungerà gli obiettivi che si è data, ma andrà oltre: entro il 2020 potrebbe essere superato il tetto del 15% di energia prodotta con le rinnovabili per arrivare fino al 30% nel 2050. L’introduzione del solare, infatti, è, non solo redditizia, ma anche veloce: basti pensare che, con un programma di soli tre anni (dal 2002 al 2004), il Lussemburgo è diventato il Paese con il più alto rapporto tra i watt prodotti attraverso il fotovoltaico e il numero di abitanti: 52,4 W per ciascun lussemburghese.

I produttori nel mondo La giapponese Sharp guida (con una quota di mercato del 24,3%) la classifica della più grandi aziende produttrici di energia solare. Negli ultimi anni le esportazioni sono aumentate in Giappone del 65% (+528 Megawatt di cui 368 acquistati dai Paesi dell’Unione europea). Al secondo posto la tedesca Q-Cells (9,4%). Quindi ancora tre aziende nipponiche: la Kyocera (8,1%), la Sanyo (7,1%) e la Mitsubishi Electric (5,7%). Da notare l’ingresso nella top ten mondiale, dal 2004, della taiwanese Motech (3,4%) e, dal 2005, della cinese Suntech (4,7%).

Il mercato dell’Unione europea La situazione odierna, nell’Unione europea, presenta notevoli differenze da Paese a Paese. Ciò dipende soprattutto dalle politiche adottate dagli Stati membri. Ad ogni modo, dal 2001 al 2005 l’installazione di pannelli fotovoltaici in Europa è aumentata fino a raggiungere la quota di 1,8 Gigawatt di energia prodotta. Ma la dif-

LA PRIMA AZIENDA ITALIANA CHE PRODURRÀ “polysilicon di grado solare” – il film sottile destinato al comparto delle celle fotovoltaiche – è piemontese e si chiama Silfab. Lo stabilimento – a impatto praticamente zero per l’ambiente – sarà edificato nel canavese (in particolare nel comune di Borgofranco di Ivrea, dove nascerà anche una fiera del fotovoltaico) e sarà operativo dal 2009. La produzione del “thin film” necessario per sfruttare l’energia solare rappresenterà un’eccellenza tecnologica per l’industria italiana: sul mensile tedesco del fotovoltaico (Photon) l’iniziativa imprenditoriale è stata definita “pionieristica”. E di ampio respiro: i dirigenti della Silfab contano di coprire con la propria produzione l’intero fabbisogno nazionale. L’azienda, tuttavia, dovrà confrontarsi con la statunitense Memc Corp, fino ad oggi l’unico produttore di film sottile sul territorio italiano (a Merano, in provincia di Bolzano). Entusiasta del progetto della Silfab la presidente della regione Piemonte, Mercedes Bresso: «Siamo - ha spiegato - la regione europea che ha investito di più sulle fonti energetiche rinnovabili. L’obiettivo è quello di raggiungere l’indipendenza energetica entro il 2030. Ciò significherà un miglioramento reale delle condizioni di vita dei cittadini, sia dal punto di vista della salute, sia per quando riguarda le positive ricadute che il progetto avrà sull’occupazione e sulla ricchezza del territorio». Dal prossimo 21 marzo 2008, il Piemonte ospiterà anche gli Stati generali dell’energia, con l’obiettivo di mobilitare amministrazioni locali, imprenditori, artigiani e semplici cittadini. A.B.

“SOLARE” SEMPRE PIÙ ECONOMICO: MENO DI UN DOLLARO PER WATT L’INDUSTRIA STATUNITENSE NANOSOLAR ha annunciato nei giorni scorsi di aver realizzato la cella a film sottile più economica al mondo. Messa a punto nello stabilimento di San José (California), la nuova tecnologia potrebbe segnare la definitiva consacrazione dell’energia prodotta attraverso i pannelli fotovoltaici. Secondo l’azienda, il costo (calcolato per ciascun watt prodotto) non supererà gli 0,99 centesimi di dollaro. Non solo: la nuova cella promette un’efficienza di ben cinque volte superiore rispetto a quelle utilizzate fino ad oggi. Il risultato è stato ottenuto attraverso un procedimento innovativo, basato su un sottilissimo strato di semiconduttore che viene “steso” su ciascuna cella. Si chiama CIGS ed è costituito da una lega di rame, indio, gallio e selenio. Mentre agli ingegneri della Nanosolar è valso un premio di 20 milioni di dollari (assegnato dal dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti), il nuovo microfilm è già oggetto delle attenzioni del mercato. L’azienda tedesca Beck Energy, ne ha ordinato, infatti, un quantitativo sufficiente per testarlo in un impianto pilota. L’esperimento, che sarà realizzato in una ex discarica della Germania orientale, produrrà un Megawatt di energia. A.B.

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COOP: PANNELLI SOLARI E BANCHI FRIGO “VERDI” PER L’AMBIENTE PANNELLI SOLARI SOPRA I TETTI di 22 supermercati, banchi frigo ecologici all’interno. Totale: un taglio di 3,4 milioni di tonnellate alla CO2 emessa ogni anno, 1,6 milioni di chilowattora risparmiati e 6,8 prodotti in proprio. Sono le cifre del piano triennale per la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico per il quale Coop Adriatica investirà 14 milioni. L’installazione degli impianti fotovoltaici è già partita in 3 punti vendita di Bologna ed entro il 2008 saranno 13 i supermercati alimentati ad “energia verde” ai quali si aggiungeranno altri 9 entro il 2010. La sostituzione dei banchi frigo permetterà invece una riduzione del 22% dei consumi. Attraverso un’innovazione semplice ma molto efficace: avranno uno sportello di vetro per mantenere la temperatura interna. Em.Is.

ferenza tra il maggior produttore del continente (come detto, la Germania), capace di fornire oltre 600 MW di energia solare e, ad esempio, la Spagna (20 MW) è ancora abissale. Ciò nonostante proprio il Paese iberico si sia dato, entro la fine del 2010, l’obiettivo di una produzione di energie rinnovabili pari al 30% del fabbisogno nazionale. Ancora più lontana la Francia, con 6 MW prodotti, che solo recentemente ha fissato per legge un calmiere al prezzo dell’energia ottenuta attraverso i pannelli fotovoltaici (0,30Euro/kWh) per i prossimi 20 anni, consentendo inoltre uno sgravio fiscale del 50% dei costi di installazione per chi vorrà dotarsi di un impianto autonomo. In generale, l’Ue si è posta come obiettivo il raggiungimento di una produzione pari a 3 Gigawatt di energia solare entro il 2010. Un passo, in verità, solo discreto: basti pensare che il Giappone, da solo, punta a 4,8 GW entro lo stesso anno. E considerando il fatto che, nel 2012, il prezzo del petrolio si stima possa assestarsi stabilmente sui 90 dollari al barile, il tempo stringe davvero…

Le tecnologie

GLI APPUNTAMENTI GENERA 08 Madrid (Spagna) - Fiera dell’energia e dell’ambiente 26 - 28 febbraio 2008 www.genera.ifema.es

sulla produzione di energia 3 - 5 giugno 2008 www.powergeneurope.com

Agroenergie, Risparmio Energetico, Bioedilizia 28 - 30 marzo 2008 www.expoagrofer.it

ENERGETHICA 2008 Genova - Salone dell’energia rinnovabile e sostenibile 6 - 8 marzo 2008 www.energethica.it

6TH FAIR OF RENEWABLE SOURCES OF ENERGY Kielce (Polonia) Fiera delle energie rinnovabili 4 - 6 giugno 2008 www.enex.pl

POWER-GEN EUROPE Milano - Fiera europea

AGROFER Cesena - Salone delle

5° SALONE INTERNAZ. DELL’INDUSTRIA E DELLE TECNOLOGIE FOTOVOLTAICHE Milano - Salone delle tecnologie produttive per l’industria manifatturiera fotovoltaica 25 - 28 novembre 2008 www.hitechexpo.eu

Circa il 90% dell’attuale produzione proviene dalla tecnologia basata sui cristalli di silicio: il grande vantaggio di tale sistema discende dal fatto che l’intera linea di produzione può essere acquistata, installata e messa in funzione in brevissimo tempo. Un investimento in questo settore, perciò, è in grado di garantire un ritorno economico quasi immediato. Nonostante ciò, la ricerca scientifica ha recentemente puntato su nuove tecnologie, in grado di produrre, a parità di superficie impiegata, una maggiore quantità di energia. Ad affermarsi, in particolare, è il cosiddetto “film sottile” (in particolare i prodotti “Silicon”, “CdTe” e “CI(G)Se” ), il cui impiego è cresciuto, dal 2004 al 2005, del 50%. Si prevede raggiunga il 20% dell’intero mercato dell’energia solare entro il 2010.

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Circoscrizione Soci di Milano di Banca Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano Telefono 02 66980737 - Fax 02 6749169 e-mail: git.milano@bancaetica.org

Il Coordinamento dei Soci di Milano di Banca Etica, in collaborazione con EconomEtica, organizza:

Laboratorio di studio sull’Economia Sociale presso la Sala Guicciardini della Provincia di Milano, via Macedonio Melloni 3 angolo via Guicciardini Economia della responsabilità sociale: è possibile creare valore con i valori? Prof. Leonardo Becchetti (Ordinario di Economia Politica all’Università Tor Vergata di Roma) Giovedì 6 marzo 2008 (19.00 – 22.00)

Economia civile: Lo stato dell’arte e nuovi sentieri di partecipazione Prof. Pier Luigi Porta (Ordinario di Economia Politica all’Università Bicocca di Milano) Venerdì 14 marzo 2008 (19.00 – 22.00)

Economia della responsabilità sociale: Forme di impresa alternative Prof. Lorenzo Sacconi (Straordinario di Politica Economica all'Università di Trento e Direttore di EconomEtica) Sabato 5 aprile 2008 (15.00 – 19.00) Tutti gli incontri saranno moderati dal Direttore della rivista Valori, Andrea Di Stefano.

Con il patrocinio:

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«Scelte difficili e criticate ma necessarie per andare avanti» Il commercio equo è di fronte a un panorama economico sempre più complesso. Problemi nuovi e decisioni sofferte. Ctm Altromercato li affronta con un nuovo presidente, una donna, Chiara Bonati. «Dobbiamo trovare nuovi canali commerciali per raggiungere più clienti e allargare il ventaglio dei beneficiari». RENT’ANNI, UNA LAUREA IN ECONOMIA del Turismo, una lunga esperienza nel non profit. Da novembre Chiara Bonati è presidente di Ctm Altromercato, la prima donna a guidare la principale centrale di importazione di prodotti del di Elibabetta Tramonto commercio equo e solidale in Italia. Raccoglie l’eredità di Giorgio Dal Fiume, fautore della grande crescita dell’organizzazione. La neo-presidente ci ha parlato del presente e del futuro del settore. E del criticato accordo siglato con Banca Prossima (il neonato istituto di credito del gruppo Intesa-Sanpaolo dedicato al mondo del non profit).

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Che eredità ha ricevuto? Com’è lo stato di salute oggi del commercio equo e solidale? Chiara Bonati, Buono, i dati dimostrano che cresce, anche se in Europa 30 anni, prima donna ci sono situazioni diverse e, in alcuni casi, si sono verifialla guida di Ctm. È anche vicepresidente cati notevoli problemi. Come in Olanda, dove una cendi Agices, assemblea trale d’importazione è fallita, o in Francia, dove c’è stato che riunisce un riposizionamento di alcuni attori del comparto. In le organizzazioni di commercio equo. Italia l’anno scorso c’è stata una leggera perdita, ma è normale in un momento di consolidamento. Arriviamo da anni di forte crescita, in cui il commercio equo inseguiva una domanda in grande espansione. Negli ultimi tempi sono entrati e continuano ad entrare nuovi attori. Questo è positivo, è la riprova che il commercio equo si sta diffondendo e sta contaminando il sistema economico esterno. Lo dimostrano i casi di imitazione. Anche

l’equosolidale “Vendere nei supermercati, una scelta contestata. Ma ci permette

di catturare nuovi consumatori e di aiutare più produttori

grandi aziende cercano di posizionarsi in questo settore. Per lei quindi è positivo che anche aziende agli antipodi del modello proposto dal commercio equo, come Nestlé o Mc Donald’s, siano entrate in questo settore? Non dobbiamo demonizzare i fenomeni di imitazione, solo chiarire chi siamo noi e cosa ci differenzia dagli altri. Queste aziende non propongono certo un commercio equo a 360 gradi, ma se, per imitarci, convertono a criteri etici anche solo una piccola parte della loro produzione, ben venga. Significa comunque aver migliorato le condizioni di vita e di lavoro di qualcuno. E ben vengano anche operazioni di marketing etico, se portano a diffondere la cultura dell’equo e solidale. Dobbiamo solo far capire che noi siamo diversi, che per noi equa e solidale deve esser l’intera catena, dalla produzione alla vendita. Ma avete scelto di vendere i prodotti equi e solidali anche tra gli scaffali dei supermercati. Una decisione molto criticata… Noi di Ctm siamo l’unica realtà con un consorzio di botteghe, una filiera di vendita integrale, che ci permette di arrivare al consumatore. A dimostrazione di quanto per noi sia importante la presenza di principi etici nell’intera catena. Le botteghe permettono di trasmettere un messaggio che nella grande distribuzione organizzata (Gdo) si perde. Però, dobbiamo essere consapevoli che la rete delle botteghe copre solo una parte limitata della domanda, attuale e potenziale, di equo e solidale. Con i supermercati si riesce a catturare una fetta di consumatori che non entra nelle botteghe. Ciò non toglie il loro valore. Sono due strumenti diversi, per due obiettivi diversi. |

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con Banca Prossima “Quello è un accordo vantaggioso, che assicura le stesse condizioni in tutta Italia e non chiede garanzie alle botteghe

LIBRI

Leonardo Becchetti e Marco Costantino Il commercio equo e solidale alla prova dei fatti. Dai gusti dei consumatori del Nord all’impatto sui produttori del Sud del mondo Bruno Mondadori editore, 2007

Alcune botteghe stanno incontrando dei problemi, anche finanziari? Sì, in questa fase di consolidamento le botteghe hanno bisogno di risorse finanziarie per crescere e per sopravvivere. Non sono più associazioni con un banchetto, ma piccole imprese, con mutui in corso. A seconda della posizione geografica, delle dimensioni, delle entrate, hanno diverse possibilità di accedere al credito. Alcune fanno fatica. Compito di Ctm è trovare degli accordi per fornire a tutta la rete le medesime condizioni. Rientra in quest’ottica anche l’accordo, molto criticato, con Banca Prossima? È un accordo vantaggioso da un punto di vista economico (vedi BOX ), almeno per il Sud Italia, dove le condizioni applicate dalle banche non sono favorevoli come al Nord. L’accordo con Banca Prossima ha il pregio di garantire le stesse condizioni in tutta la penisola, senza chiedere garanzie reali agli amministratori. Spesso si sono trovati a firmare fideiussioni personali per chiedere un prestito per far sopravvivere la bottega. È stato quindi un compromesso tra gli ideali che portate avanti (che Banca Intesa non

sposa) e la necessità di credito? Non amo la parola compromesso. Non voglio neanche negare il valore politico di questo accordo, ma dobbiamo essere consapevoli che la struttura che abbiamo messo in piedi necessita di nuova energia, nuove risorse economiche. Se troveremo soggetti più affini a noi, che condividono i nostri ideali, in grado di fornirci ciò di cui abbiamo bisogno, sarà il completamento perfetto del nostro progetto. Ma per ora queste realtà non sono neanche loro autosufficienti per poterci supportare. Abbiamo dovuto andare a cercare altrove. Non abbiamo sposato Banca Intesa, abbiamo solo fornito alla nostra rete un ulteriore possibile strumento per superare problemi finanziari. È importante che questo non venga accostato in nessun modo al nostro rapporto con Banca Etica, che rimane solido. E comunque finora è stato siglato solo un accordo quadro, che deve essere validato dai soci. È ancora un contenitore vuoto, che si riempirà solo quando verranno chiesti e concessi dei finanziamenti. Un dubbio posto dai detrattori del commercio equo riguarda l’effettivo impatto sulle popolazioni povere… La nostra esperienza con i produttori dimostra che un impatto positivo esiste. Chi lavora a stretto contatto con i produttori lo vede. Ma ricerche sull’impatto economico e sociale del commercio equo sono poche, difficili da realizzare. Alcuni studiosi lo hanno dimostrato con i numeri. Come il professor Becchetti dell’Università di Tor Vergata

(vedi BOX libri). O come la ricerca realizzata dalle università Cattolica e Bicocca di Milano (www.agices.org). Sono pochissimi i produttori del Sud del mondo che riescono ad accedere al commercio equo, la maggior parte continua a vendere nei circuiti tradizionali. Questo non crea una sorta di gerarchia tra poveri? Chi è nel commercio equo ha una retribuzione giusta, gli altri no. È vero. Dovrebbe tenerne conto chi critica il ricorso ai canali distributivi della Gdo. Per allargare il ventaglio di beneficiari, bisogna ampliare la domanda e raggiungere più clienti possibili, trovando nuovi canali commerciali. Comunque anche oggi i benefici sono notevoli e vanno al di là di chi è direttamente coinvolto. Nel lungo periodo il miglioramento delle condizioni di alcuni, provoca una ricaduta positiva su tutta la società e dà a tutti i piccoli produttori maggiore consapevolezza delle proprie capacità, più forza contrattuale. Quando il commercio equo riesce a coinvolgere gruppi di migliaia di contadini si creano delle lobby, che possono avanzare delle richieste ai poteri politici del Paese. È verosimile pensare a un intero sistema economico ispirato ai criteri del commercio equo e solidale? Il commercio equo è visto dalla maggior parte degli economisti come anti-economico. Molti però iniziano a riconoscergli la capacità di risolvere alcuni fallimenti del mercato. La trasparenza, ad esempio, che nell’economia tradizionale non c’è. Nel commercio equo invece ogni anello della catena è visibile. Poi l’accesso al mercato a produttori che, per locazione geografica o per caratteristiche della produzione, non avrebbero possibilità di sbocco. Il riconoscimento del giusto prezzo. E il commercio equo dimostra la possibilità di conquistare una fetta di mercato senza grossi investimenti pubblicitari, ma con metodi più economici come il passaparola e trasmettendo un messaggio insieme al prodotto e non in trenta secondi di spot. Certo è un sistema che comporta maggiori sforzi e consapevolezza da parte delle imprese. Mi sta chiedendo se tra vent’anni tutte le aziende si adegueranno ai nostri principi? Non credo. Il meccanismo della concorrenza porta al prevalere di regole di mercato. A rimanere schiacciata sarà sempre la parte più debole: i produttori. Ma se sempre più aziende daranno potere ai produttori, sempre più saranno portate a rispettare criteri etici. L’obiettivo è ancora lontano. Dobbiamo continuare a lavorare. Quali sono le sfide che si pone come neopresidente di Ctm? Continuare nel percorso di consolidamento nel panorama europeo. Essere sempre più un punto di riferimento per l’economia solidale italiana e per i produttori del Sud del mondo. Promuovere un commercio equo basato sulle persone.

PRIMI PASSI DI BANCA PROSSIMA DA CTM IN POI… UFFICIALMENTE È OPERATIVA dal 5 novembre scorso, ma, prima ancora di vedere la luce, aveva già siglato un accordo che ha scatenato un putiferio nel mondo dell’economia solidale. Banca Prossima, la neonata nel gruppo Intesa-Sanpaolo interamente dedicata al mondo del non profit, ha stipulato una convenzione triennale con il consorzio Ctm Altromercato, centrale di importazione di prodotti del commercio equo e solidale in Italia. L’istituto di credito mette a disposizione sei milioni e mezzo di euro in tre anni, per singoli finanziamenti pari al massimo a 65 mila euro, destinati all’apertura di nuove botteghe del commercio equo o alla loro ristrutturazione, oppure alla stabilizzazione finanziaria dei soci di Ctm. I finanziamenti avranno un tasso di interesse pari all’Euribor più una percentuale tra lo 0,95 e l’1,45%, ripagabile con rate da mensili a trimestrali. I prestiti avranno una durata variabile tra 24 e 48 mesi. Nessuna garanzia richiesta alle botteghe, Ctm si farà garante dei propri soci e provvederà a vagliare le richieste di finanziamento. Dopo l’istruttoria del consorzio, Banca Prossima avrà sei settimane per erogare il prestito. Ancora però non ne sono stati erogati, né richiesti. I soci di Ctm, che hanno saputo dell’accodo a metà settembre durante il forum di “Sbilanciamoci!”, sono ancora sul chi va là. Si è subito scatenato un dibattito acceso, nel mondo del commercio equo e non solo, nonostante Ctm si sia affrettato a chiarire che la convenzione non avrebbe annullato quelle con Banca Etica, Cgm Finance ed Ethical Banking e che i soci non sarebbero stati obbligati a rivolgersi a Banca Prossima. Il problema centrale che ha animato il dibattito non tocca l’esigenza di credito delle botteghe, che è fuor di dubbio, soprattutto nel Sud Italia. Ma l’appartenenza di Banca Prossima ad IntesaSanpaolo, prima nella lista delle “banche armate” (nonostante abbia più volte dichiarato di essere in procinto di uscirne) non è andata giù ai soci di Ctm, che hanno in mente anche una serie di altri aspetti dell’istituto di credito di Corrado Passera. Come il finanziamento di progetti poco affini con i principi del commercio equo, la presenza della banca in paradisi fiscali, il suo coinvolgimento nei casi Cirio, Parmalat e Bond argentini. In attesa che i soci di Ctm chiedano un finanziamento, Banca Prossima ha firmato altri due accordi. Il primo, “AL.FA. - un’ALtra FAmiglia dopo di noi”, con ANFFAS, associazione italiana di familiari di persone con disabilità, e Comunità Solidali, rete di imprese sociali specializzate nei servizi di accoglienza psichiatrica del Gruppo CGM Welfare Italia. Un accordo che prevede l’erogazione di finanziamenti fino a 100.000 euro a struttura, senza richiedere garanzie reali agli imprenditori, per costruire case famiglia per accogliere i ragazzi portatori di handicap psichici che sopravvivono ai genitori e fornire assistenza alle famiglie. Il secondo progetto WEL.L. Welfare Lecco, siglato con la Fondazione della provincia di Lecco, prevede uno stanziamento di linee di credito per 50 milioni di euro per ammodernare, ampliare e rendere più efficienti le strutture sul territorio a disposizione delle organizzazioni non profit lecchesi impegnate nei servizi alla persona. E.T.

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Aiutateci a far vincere la Calabria della legalità

I FILI DELLA MEMORIA NEL DOCU-FILM FIRMATO “LIBERA”

Parla Vincenzo Linarello (consorzio Goel): «Il trasferimento di Monsignor Bregantini ha lasciato un vuoto. Solo un’alleanza di tutte le persone oneste può garantire un futuro all’economia pulita». E lancia, per il 1° marzo una manifestazione nella Locride: «Dobbiamo dare un segnale positivo ai nostri concittadini, piegati da troppi anni di criminalità imperante».

«A

BBIAMO BISOGNO DELL’AIUTO delle tante persone oneste di

questo Paese. Per creare una grande alleanza tra chi ha a cuore i nostri obiettivi. Non per spirito di solidarietà, ma perché questa battaglia riguarda tutti». È l’appello lanciato da Vincenzo Linarello, di Emanuele Isonio presidente del consorzio Goel e delegato per la pastorale del lavoro della diocesi di Locri-Gerace, in prima linea, da anni, nella lotta contro la criminalità e i poteri occulti al fianco del vescovo Gian Carlo Bregantini, recentemente trasferito a Campobasso. «Abbiamo intenzione di vincerla questa battaglia. Non possiamo però farcela da soli». Che cosa vi preoccupa? In questi anni abbiamo creato imprese sociali che garantiscono servizi, prodotti e inserimento lavorativo alle persone svantaggiate. Sviluppato forme di mutualismo economico e avviato un percorso di cambiamento. Ma abbiamo anche attaccato pubblicamente ‘ndrangheta e massoneria deviata. E temiamo che la rimozione di monsignor Bregantini possa lasciarle libere di vendicarsi. Per questo avete pensato alla manifestazione del 1° marzo? Per questo ma non solo. Vogliamo dare un segnale po-

servizi segreti tedeschi hanno “Idenunciato il tentativo della ‘ndrangheta di scalare la Gazprom: una prova che la sfida coinvolge tutta l’Europa

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sitivo ai nostri concittadini. Piegati da troppi anni di criminalità imperante. E ora scoraggiati per l’incomprensibile trasferimento di Monsignor Bregantini. Cosa ha provocato la sua partenza? Bregantini ha avvicinato concretamente il Vangelo alla gente. Ha innescato processi virtuosi, stimolato le varie cooperative a mettersi in rete, valorizzato le buone esperienze senza guardare alle appartenenze di potere. Ciò che spaventa è soprattutto la perdita del valore di tutela che lui garantiva. Le intimidazioni sono già iniziate? Da tempo. Ancor prima del trasferimento di Bregantini: un centro polifunzionale distrutto, le piante di una serra avvelenate, campagne diffamatorie. Il vostro appello ha ricevuto sostegno da cittadini, enti e associazioni di ogni parte d’Italia. La ‘ndrangheta non è più un problema solo calabrese… Non lo è mai stato. Oggi meno che mai. Il problema è nazionale. Anzi, europeo. Pensiamo alla strage di Duisburg o al rapporto dei servizi segreti tedeschi che denuncia tentativi della ‘ndrangheta di scalare la Gazprom. L’espansione delle mafie e dei poteri occulti continua strisciante: ledono la concorrenza e il libero accesso ai mercati, si impadroniscono dei “beni pubblici” sottraendoli alla collettività, usano la politica per interessi individuali, emarginano chi non ha potere da scambiare. La sfida è globale, quindi… Se perderemo noi perderà tutto il Paese.

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“LA MEMORIA HA UN COSTO”. Per Don Luigi Ciotti, fondatore e presidente dell’associazione Libera, da anni impegnata in prima linea contro la mafia, queste parole hanno assunto un valore che va ben al di là del loro significato letterale. Costituiscono un modo di intendere la lotta alla criminalità organizzata. Da alcune settimane sono anche il titolo di un film-documentario firmato da Mario Parissone e Roberto Burchielli (vincitori, quest’anno, del premio Ilaria Alpi) che ripercorre alcuni dei momenti più significativi della storia di Libera, di don Ciotti e, con loro, della storia del nostro Paese. La pellicola è un commovente collage di testimonianze, cronaca e riflessioni delle vicende legate alla mafia. Una lunga intervista a don Ciotti, realizzata in cima ai monti siciliani, è intervallata dalle immagini delle stragi di Capaci e via D’Amelio, dalle parole dei familiari delle vittime di quelli come di molti altri delitti di mafia, dalle testimonianze di magistrati, carabinieri, agenti e semplici cittadini che combattono quotidianamente la criminalità organizzata. Fotogrammi che fanno parte della nostra vita e che sembrano ancora attuali, tanto sono impressi nella nostra memoria. Da allora, però, molte cose sembrano cambiate. Perfino entrando a Corleone si respira un’aria diversa: «Esistono un fermento e una spinta al cambiamento, soprattutto nei giovani, che non devono essere perduti», spiega il sindaco Iannazzo, che ha chiesto di poter proiettare il documentario nelle scuole corleonesi. Gli fa eco don Ciotti, che sottolinea come entrare in un supermercato dell’entroterra palermitano e trovare i prodotti con il marchio di Libera Terra (realizzati sui terreni confiscati alla mafia) fosse impensabile fino a qualche anno fa. Ma, avverte, «ci vogliono ancora impegno, diritti, doveri e giustizia. A cominciare dalla giustizia sociale». “La memoria ha un costo” è un modo per non far abbassare l’attenzione (e la guardia) nei confronti della piaga mafiosa. E un modo per ricostruire i fili di una memoria che ormai, purtroppo, sembra infinita. A.B.

BREGANTINI, GOEL E LA SFIDA DI UNA REGIONE CHE NON SI ARRENDE PROMOVEATUR, UT AMOVEATUR. Una pratica in voga da secoli per rimuovere personaggi “scomodi” salvando le apparenze. È successo anche a monsignor Bregantini (foto), promosso arcivescovo di Campobasso, che ha accettato la decisione con malcelato disappunto («Obbedire non è mai facile e sempre eroico. È certamente una promozione che non volevo. Ma non siamo nella logica del potere bensì in quella del servizio»). Pur rifiutando ogni etichetta “antimafia” («Non sono mai stato un eroe. Ho solo dato voce alle parole dei fedeli») in 13 anni nella diocesi di Locri è diventato un punto di riferimento per le esigenze di innovazione e di legalità. Grazie al suo stimolo, e al sostegno del consorzio nazionale delle imprese sociali CGM, è ad esempio nata l’esperienza di Goel, che riunisce 14 cooperative con un fatturato di oltre un milione e mezzo di euro. E con obiettivi ambiziosi: sviluppare nuovi servizi sociali, percorsi di integrazione lavorativa, difesa delle persone svantaggiate e diffusione di elevati standard etici nelle imprese socie. La sfida, d’ora in poi, sarà ancora più ambiziosa. Em.Is.

SALVIAMO IL MURALES “ANTIMAFIA” DI GIOIOSA IONICA ANCHE I SIMBOLI sono importanti per combattere la ‘ndrangheta. Lo sanno bene gli abitanti di Gioiosa Ionica che hanno lanciato un appello per salvare il murales dedicato nel 1978 a Rocco Gatto. «Un uomo 2008 perbene – ricordano dall’associazione DaSud –. Un mugnaio, testardo e comunista, con un’ossessione per l’onestà». Gatto fu assassinato perché si rifiutava di pagare il pizzo e denunciava i mafiosi. Per ricordarlo, gli artisti della sezione del Pci di Gioiosa Ionica e della Cgil di Milano decisero di realizzare quell’opera (un coloratissimo “Quarto Stato”) che, dopo 30 anni, sta scolorendo. Da qui, il grido d’allarme. Che ha raccolto subito centinaia di adesioni: Fausto Bertinotti, Tano Grasso, don Luigi Ciotti, Giuseppe Cederna, Ascanio Celestini, Daniele Silvestri, Vauro e tanti altri. I risultati (positivi), per una volta, sono arrivati rapidamente: la provincia di Reggio Calabria ha stanziato 10mila euro per iniziare il restauro. Em.Is. 1978

LINK UTILI

www.consorziosociale.coop www.diocesilocri.it www.comunitalibere.org www.progettopolicoro.it www.dasud.it

IL 1° MARZO NELLA LOCRIDE PER VINCERE LA CRIMINALITÀ

«UN’ALLEANZA CONTRO LA ‘NDRANGHETA e le massonerie deviate, per la democrazia e il bene comune». È il titolo dell’appello (disponibile sui siti www.consorziosociale.coop e www.valori.it) lanciato dai consorzi Goel, Calabria Welfare e dalla rete “Comunità Libere”, al quale hanno aderito finora oltre 1500 cittadini e 300 enti e associazioni (tra gli altri, il Consiglio regionale della Liguria, Legacoop, Greenpeace, Confcooperative, Botteghe dal Mondo). I promotori hanno organizzato una manifestazione il 1° marzo nella Locride. «Per ridare speranza e coraggio alla nostra gente…».

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Rifiuti PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

APPUNTAMENTI FEBBRAIO 1-3 febbraio LIONE (FRANCIA) SALONE DEL COMMERCIO EQUO www.salon-europeen-commerceequitable.org

Campidoglio Sala della Protomoteca www.kyotoclub.org

5 febbraio ROMA GRUPPO PARLAMENTARE PARTITO DEMOCRATICO Finanziaria 2008 e collegato: la riforma delle rinnovabili Sala del Cenacolo Camera dei Deputati

8 febbraio PARMA ADA [Associazione Donne Ambientaliste] Conferenza “Verde sano e salute” Prof.ssa Maria Augusta Favali, Botanica Generale, Università di Parma Sala de Strobel

5 febbraio MILANO UNICEF E PROVINCIA DI MILANO Convegno “I diritti dei bambini e degli adolescenti con disabilità” Università Cattolica del Sacro cuore www.unicef.it 4-6 febbraio MANAMA (BAHRAIN) POWER GEN MIDDLE EAST 2008 Fiera della produzione energetica nel Medio Oriente pgme08.events.pennnet.com

14 Febbraio ROMA UNIONE DEGLI INDUSTRIALI “Appalti: responsabilità solidale del committente” Auditorium “Giovanni Agnelli” www.unioneindustriali.roma.it

7 febbraio ROMA KYOTO CLUB Le Regioni e gli Enti locali verso Kyoto ANNO 8 N.56

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di Walter Ganapini

15 febbraio M’ILLUMINO DI MENO 2008 Giornata Internazionale del Risparmio Energetico www.caterueb.rai.it Fino al 15 febbraio AREZZO UCODEP - CIES - FAIRTRADE TRANSFAIR ITALIA “Io Viaggio Equo e Solidale” Mostra-gioco interattiva www.ucodep.org Dal 15 febbraio al 29 marzo COMO ASSOCIAZIONE L’ISOLA CHE C’È Corso per Animatori di reti solidali www.lisolachece.org

10 Febbraio LIVORNO COORDINAMENTO TOSCANO PRODUTORI BIOLOGICI Mercatino del Biologico Via della Madonna

7 – 10 febbraio VERONA BEES BIOENERGY WORLD Fiera internazionale di bioenergia www.bioenergy-world.com

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8 febbraio TORINO CONFERENZA NAZIONALE DELL’AGRICOLTURA “Rapporti con i cittadini e consumatori per l’affermazione della sicurezza alimentare” agriregionieuropa.univpm.it

Proposte concrete per la Campania

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22 - 23 - 24 febbraio BOLZANO CENTRO PER LA PACE DEL COMUNE DI BOLZANO E PAX CHRISTI ITALIA “Obiezione e coscienza”. Primo convegno europeo sull’obiezione alle guerre www.paxchristi.it 22 - 24 Febbraio CREMONA VEGETALIA 2008 Macchine e tecnologie per l’agroenergia e la filiera vegetale Fiera di Cremona www.cremonafiere.it/ vegetalia.html

28 Febbraio - 2 Marzo REGGIO EMILIA FIERA, MOSTRA E CONVEGNI DELL’EDILIZIA SOSTENIBILE www.ecocasa.re.it

la gravità degli effetti della cosiddetta “Delega ambientale”, che ha reso ingestibile la normativa a partire dalla destrutturazione di ogni sistema di controllo (ARPA, APAT, ecc), ribadisce come la commistione tra affari, malavita e politica sia un tratto peculiare di ampi territori del Paese, nonostante il contrasto dei competenti Organi dello Stato. Serve ora un piano industriale gestito con competenze vere, del cui contenuto diamo alcuni esempi: le ecoballe giacenti, che non si sa che cosa contengano, devono essere sottratte ai siti di stoccaggio, di proprietà spesso dubbia, alla quale si pagano ancora oggi affitti d’oro. Secondo i migliori geologi dell’Università di Napoli esistono in Campania diverse servitù militari con superficie adeguata ed ottime caratteristiche geopedologiche per ospitare in modo controllato ed a costo zero quei cumuli; non si capisce che cosa ci fosse di scandaloso nel trasferire quote importanti di quei cumuli, tramite una struttura, oggi distrutta, delle Ferrovie dello Stato e sotto il controllo dell’Arma dei Carabinieri, nelle miniere di salgemma che sottendono la città di Lipsia, i cui cunicoli necessitano di essere riempiti per evitare gravi problemi statici alla città stessa. Per quei trasferimenti pagavamo circa 350 vecchie £/kg, trasporto incluso, mentre l’inceneritore di Brescia esigeva 450 vecchie £/kg, trasporto escluso; le migliaia di addetti alla raccolta differenziata, inoperosi, dovrebbero Serve un piano industriale essere riorganizzati in squadre dirette da pensionati di Utilities del Centro gestito con competenze Nord, affiancati da uomini indicati dall’Associazione Nazionale vere e un costante Carabinieri in congedo. Il contenitore di quelle squadre potrebbe essere coinvolgimento di ogni una S.p.A. con un management adeguato, cui garantire risorse struttura rappresentativa per non oltre due anni ed il cui futuro dovrebbe essere garantito solo della società civile dalla redditività dei servizi resi. Già 150 Comuni campani dimostrano che la raccolta differenziata ‘porta a porta’ funziona perfettamente anche in quel territorio, raggiungendo i normali rendimenti del 70% in peso; i materiali così selezionati potrebbero ridare fiato alle industrie di riciclaggio pure presenti in Campania, ma languenti perché costrette ad importare frazioni recuperate da rifiuti in altri Paesi; in un contesto di assoluta trasparenza, si potrebbe chiedere alle quattro aziende nazionali che detengono know-how veri in materia di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) della frazione indifferenziata residuale di associarsi temporaneamente e prendere in gestione la manutenzione straordinaria e la gestione ordinaria dei sette impianti cosiddetti “CDR” oggi gestiti in modo di fatto “sabotatorio”, come ben presente alle Comunità locali e ai rappresentanti istituzionali; si deve giungere rapidamente ad un accordo con le cementerie campane per l’utilizzo del materiale stabilizzato con TMB nei propri processi produttivi; va riorganizzato il management della società di servizi di Napoli, che va portata ad un livello prestazionale decente, in vista di una gara per scegliere tra le migliori Utilities nazionali ed europee quella da associare alla gestione di un servizio di igiene urbana moderno. Il tutto accompagnato da un costante coinvolgimento della società civile napoletana e campana, con cui condividere dalla pianificazione al monitoraggio delle azioni concordate.

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16 febbraio ROMA ASSOCIAZIONE DEGLI ECOLOGISTI DEMOCRATICI Assemblea nazionale fondativa www.ecodem.ulivo.it 17 - 24 - 27 febbraio MANTOVA GRUPPO CULTURALE DELLE PARROCCHIE DEL VICARIATO È possibile un’altra economia? Per un’economia a dimensione umana www.mantovascuole.it

L’

EMERGENZA CAMPANA TESTIMONIA L’ALLONTANAMENTO DALL’EUROPA IN TEMA DI POLITICHE AMBIENTALI, conferma

29 febbraio – 3 marzo ROMA FEDERPARCHI, LEGAMBIENTE, COMPAGNIA DEI PARCHI, WWF Parklife 2008 IV Festival della cultura ambientale Nuova Fiera di Roma www.parklife.it

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Sierra Leone, l’eterna maledizione dei diamanti >58 Scambio: carati per armi >60 Le pietre preziose “terrorizzano” ancora >62

internazionale SVEZIA SCETTICA SUI PIANI DI GAZPROM NEL BALTICO

AUSTRALIA, INQUIETUDINE SUL FUTURO DELLA COATES HIRE

BRASILE, BUFERA SULLA SYNGENTA

CASO BOTNIA, ARGENTINA E URUGUAY AI FERRI CORTI

WAL-MART MÉXICO CRESCONO I PROFITTI E I COSTI SOCIALI

INDIA, NON SI FERMA LA LOTTA CONTRO DOW CHEMICAL

Il progetto di costruire un oleodotto che colleghi Russia e Germania attraverso il Mar Baltico desta perplessità in Svezia per il suo possibile impatto sull’ambiente e sulla fauna ittica. Gli oppositori, tra cui il Partito Socialdemocratico Svedese, i socialisti del Vänsterpartiet e i Verdi, hanno chiesto al governo svedese di rigettare il “Progetto Nordstream”, promosso dalla russa Gazprom. Il piano, da 12 miliardi di dollari, dovrebbe prendere il via nel 2010 a patto che la Gazprom ottenga i permessi dai governi di Russia, Germania, Svezia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Danimarca e Polonia. Alla fine del 2007, la Nord Stream AG, una joint venture di cui Gazprom è azionista al 51%, ha annunciato di aver consegnato al Governo svedese la documentazione informativa necessaria, ribadendo l’ecocompatibilità del progetto. L’annuncio della Nord Stream, che ha scartato l’ipotesi di un percorso alternativo attraverso la Polonia, è giunto pochi giorni dopo la pubblicazione di un sondaggio, dell’emittente di Stoccolma Sveriges Radio International, secondo cui il 66% dei parlamentari svedesi è contrario al progetto. Gli oppositori temono anche che i lavori di costruzione possano provocare esplosioni tra i numerosi ordigni ad alto potenziale chimico e biologico che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale giacciono sui fondali del Mar Baltico.

Dubbi e perplessità agitano il dibattito sul futuro dell’azienda australiana Coates Hire (macchinari e strumenti industriali) e dei suoi lavoratori. La mobilitazione dei sindacati del settore negli Stati Uniti e in Australia non è bastata a convincere né gli azionisti né la Federal Court che, alla fine di dicembre, ha approvato il progetto di acquisizione della compagnia da parte della NED Group, una holding creata dalla statunitense National Hire congiuntamente al gruppo Carlyle (private equities). Nel recente passato, gli attivisti sindacali Stephen Lerner del Service Employees International Union (SEIU) e Glenn Thompson dell’Australian Manufacturing Workers Union (AMWU) avevano espresso dubbi circa le capacità delle società di private equity come il gruppo Carlyle di offrire sufficienti garanzie circa la tutela dell’occupazione e i diritti dei lavoratori. La SEIU ha da tempo avviato un progetto di indagine denominato Behind the Buyouts in cui si denuncia la disinvolta politica di compravendita societaria da parte delle compagnie di private equity. Fondata nel 1987, la Carlyle è, con oltre 75 miliardi di dollari di investimenti, una delle principali società del settore nel mercato mondiale. I suoi detrattori l’hanno spesso accusata di godere di impliciti vantaggi attraverso la sua nota capacità di influenzare il mondo politico. Tra i suoi investitori si trovano infatti molti funzionari di alto livello e capi di governo “a riposo” come l’ex premier britannico John Major e George W. Bush senior, presidente degli Stati Uniti dal 1989 al 1993. Tra gli investitori del gruppo è stata presente anche la famiglia Bin Laden che, nell’ottobre 2001, ha però rivenduto la propria partecipazione.

Il movimento “Via Campesina” accusa la multinazionale svizzera Syngenta di responsabilità nell’uccisione dell’attivista del Movimento dei Sem Terra (Mst) e di Via Campesina Valmir Mota de Oliveira. L’episodio è avvenuto lo scorso 21 ottobre a Santa Tereza do Oeste nello stato del Paranà durante una manifestazione di protesta nella quale ha perso la vita anche l’agente di sicurezza privato Fábio Ferreira de Souza. A sostegno di Via Campesina si è schierato anche il governatore dello Stato Roberto Requião. Mentre il governo brasiliano indaga, la Syngenta, che produce semi transgenici, nega ogni responsabilità dichiarando inoltre di aver adempiuto a tutti gli obblighi di legge. La multinazionale svizzera (presente in 90 Paesi e capace di accumulare ricavi per 8,1 miliardi di dollari nel 2006) ha recentemente precisato che i responsabili della sicurezza coinvolti nell’incidente appartengono a una compagnia privata che era stata obbligata per contratto a non utilizzare in nessun caso armi da fuoco. Il titolare della società N.F Segurança, Nerci de Freitas, e i suoi dipendenti Alexandre de Jesus, Alexandre Magno Winche Almeida e Rodrigo Ambrósio, che erano stati arrestati con l’accusa di omicidio, sono stati scarcerati all’inizio di gennaio quando il tribunale competente ha accolto la richiesta di Habeas Corpus presentata dai loro avvocati.

Continua la protesta degli ambientalisti e del Governo di Buenos Aires contro l’impianto di cellulosa della multinazionale finlandese Botnia a Fray Bentos (Uruguay), al confine con la regione argentina di Entre Ríos. Gli ambientalisti, preoccupati sia per le emissioni gassose che per le possibili infiltrazioni degli scarichi nel Rio Uruguay, continuano la protesta. I vertici dell’azienda assicurano che l’impianto non produce alcun impatto significativo sull’ambiente e che le emissioni maleodoranti non sono dannose, ma non convincono i vicini argentini. In passato le autorità sanitarie locali avevano denunciato alcuni casi di intossicazione e i sospetti si erano indirizzati verso la Botnia. Recentemente, il giornale uruguayano El País ha citato uno studio condotto da alcuni ricercatori dell’Universidad de Buenos Aires (UBA) che “assolveva” l’impianto dalle accuse di alterazione ambientale. Sulle pagine del quotidiano argentino La Nación, il direttore dell’indagine dell’UBA Héctor Ostera ha smentito l’attualità dello studio, sottolineando come i dati in esso contenuti siano frutto di misurazioni condotte prima che la produzione fosse avviata. Tra le opzioni prese in considerazione da Buenos Aires c’è l’ipotesi di un nuovo ricorso al Tribunale Internazionale dell’Aja che, in passato, aveva già respinto le richieste argentine con 14 voti a 1.

Wal-Mart de México (Walmex) consolida la propria presenza di mercato nel Paese centroamericano. Stando agli ultimi dati diffusi e relativi al mese di novembre, l’azienda avrebbe già fatto registrare traguardi significativi quali il superamento della soglia dei 1000 stores e un aumento delle vendite pari all’11,6% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente, con un ricavo complessivo di quasi 19,3 miliardi di pesos . Secondo l’ultimo rapporto degli analisti di Credit Suisse, l’azienda dovrebbe continuare a mantenere una solida posizione di dominio nel mercato messicano almeno per i prossimi 12 mesi. All’espansione del gigante della distribuzione fa da contraltare la crescita dei consensi attorno ai movimenti di protesta ispirati dal Frente Nacional Contra Wal-Mart e dal Centro Laboral y Asesoría Sindical AC (Cilas). Le organizzazioni, che lo scorso 2 dicembre avevano dato vita alla giornata del boicottaggio di Wal-Mart, denunciano da tempo una politica di persecuzione nei confronti dei sindacati e diffusi episodi di violazione dei diritti dei lavoratori da parte della corporation statunitense. Secondo il Frente Nacional, Wal-Mart de México occuperebbe una posizione di monopolio di mercato che le consentirebbe di praticare una politica di bassi prezzi scaricandone le disutilità sui salari (inferiori fino al 35% rispetto alla media dei concorrenti) e sui fornitori. Gli oppositori accusano inoltre la catena statunitense di evasione fiscale in relazione all’anno 2003, ingerenza politica e alterazione dell’ambiente e dell’ecosistema. La Wal-Mart è al momento presente in quasi 170 città messicane.

Il Bhumi Uchhed Pratirodh Committee (BUPC) si oppone al tentativo del Governo del Bengala Occidentale di destinare l’area dell’isola di Nayachar alla costruzione di un distretto chimico inizialmente pensato per la vicina città di Nandigram, 90 chilometri a sud ovest di Kolkata (Calcutta). Secondo gli oppositori le attività di un impianto produttivo danneggerebbero l’ecosistema su vasta scala tramite l’inquinamento dei fiumi circostanti. A condurre le operazioni del complesso dovrebbe essere la multinazionale americana Dow Chemical, dal 2001 proprietaria della tristemente nota Union Carbide, responsabile della più colossale tragedia industriale della storia del Paese. Nel dicembre 1984, una fuga di gas dall’impianto dell’Union Carbide uccise 5000 persone nella città di Bhopal con conseguenti gravi danni alla salute di altre migliaia di persone. A distanza di 23 anni, accusano le organizzazioni dei sopravvissuti, la Dow Chemical si rifiuterebbe di smaltire le 5000 tonnellate di scorie tuttora presenti in ciò che rimane dell’impianto di pesticidi. Nei progetti originari del Governo, c’era l’esproprio di una vasta fetta di territorio dell’area di Haldia/Nandigram che avrebbe interessato almeno 70.000 residenti. Dopo 11 mesi di scontri sanguinosi (gli attivisti parlano di 100 morti) l’ipotesi di creazione di una “special economic zone” per l’industria chimica è stata abbandonata.

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A sinistra, tra le baracche di Waterloo, un sobborgo di Freetown, la capitale della Sierra Leone. Sopra, un ragazzo amputato gioca a calcio su una spiaggia nei pressi della capitale. Uno delle migliaia nel Paese, mutilati dai bambini soldato del Ruf. A destra, un mercato di Freetown. Peperoni, cipolle e insalata sono i pochi prodotti che la gente può acquistare.

Sierra Leone, 2007.

AFRICA

L’eterna maledizione dei diamanti Un Paese ferito da dieci anni di guerra civile, combattuta solo per il controllo delle pietre preziose. Ferita è la A SIERRA LEONE È UNO DEI PAESI PIÙ POVERI DEL MONDO, l’ultimo nella scala dello sviluppo umano delle Nazioni Unite. Un posto in graduatoria che al viaggiatore risulta evidente fin dal primo impatto. L’aereo della Royal Air Maroc arriva all’aeroporto indi Raffaele Masto ternazionale di Lungi in piena notte e scarica una piccola folla di passeggeri che prima di arrivare a destinazione ha ancora da passare una notte di avventura. Sbrigate le formalità doganali, infatti, la piccola folla di passeggeri viene sospinta fuori dallo scalo che, incredibilmente, chiude i battenti e si ritrova, al buio pesto, nel mezzo di una foresta tropicale aggressiva, in una situazione tutt’altro che tranquillizzante: Freetown è a quaranta chilometri in linea d’aria, cioè dalla parte opposta della baia, raggiungibile via terra facendo però tutto il giro, lungo una strada senza luci e asfaltata solo in parte, prospettiva non allettante. L’alternativa, seguita dalla maggioranza degli ex passeggeri, è quella di attendere, il mattino dopo, il ferry boat che collega l’aeroporto al-

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la città. Non resta che raggiungere il beach, a circa cinque chilometri. E così una processione di sgangherati taxi improvvisati che sembrano lucciole nella notte, trasporta l’ormai esausta folla al porto dove ognuno, abbarbicato ai propri bagagli, si addormenta in attesa dell’alba, prigioniero tra la foresta e il mare e facile preda di stormi di insetti e falene che si ritrovano, senza fatica, un’ottima cena offerta dalla disorganizzazione e dalla mancanza di mezzi di un Paese che, già dal biglietto da visita, non promette bene.

SIERRA LEONE

OCEANO ATLANTICO

popolazione, tra bambini soldato e migliaia di amputati e ciechi. giatura: spiagge dorate e insenature coperte di mangrovie, sovrastate da colline ammantate da una rigogliosa vegetazione. Una volta presa terra però l’incanto svanisce. Freetown è una chiassosa città africana, due milioni di abitanti, un terzo della popolazione di tutta la Sierra Leone: traffico, spazzatura, inquinamento, venditori, poveri mercati, mendicanti, confusione e musica sparata a tutto volume contemporaneamente da decine di radio e registratori.

Senza elettricità Brutte promesse. Mantenute E la Sierra Leone le promesse le onora. All’alba il ferry boat compare come un fantasma tra la nebbiolina sprigionata dall’umidità della foresta tropicale. È un traghetto antiquato, con le fiancate a filo d’acqua coperte di ruggine, che in breve si riempie di passeggeri e venditori di ogni genere di merce spuntati da chissà dove. Poco dopo siamo in navigazione nella splendida baia di Freetown. La città e le sue coste viste da lontano sembrano i luoghi di un esclusivo posto di villeg-

Scopro che in città si fa un grande uso di batterie perché – incredibile – non c’è l’elettricità. Due milioni di persone che dalle sei di sera all’alba vivono a lume di candela, esclusi i rari hotel di lusso, le ambasciate e non tutti gli edifici governativi. Il presidente Ernest Koroma, eletto lo scorso autunno, come primo atto del suo mandato ha promesso la luce e ha fatto arrivare una nave dal Marocco carica di generatori ai quali vorrebbe collegare la malandata rete elettrica della città. I lavori sono ancora in corso, la gente attende, ma ci crede poco.

SIERRA LEONE, PEDINA DELL’OCCIDENTE A FREETOWN IL LASCITO COLONIALE È EVIDENTE, a cominciare dal nome: città libera. Furono gli abolizionisti inglesi della schiavitù a chiamare così la capitale della Sierra Leone quando, alla fine del 1700, aiutarono quattrocento schiavi liberati a tornare in Africa e a stabilirsi su queste coste, che divennero una delle prime colonie britanniche nel continente. Poi, per diversi decenni, a Freetown continuarono ad affluire schiavi liberati dalla Giamaica e dagli Stati Uniti tanto che finirono per costituire una vera e propria etnia, i krio, e a sommarsi a quelle degli indigeni locali: i temne, i mende, i limba, i kono. L’odierna Sierra Leone, con i suoi attuali confini, incuneata tra la Liberia e la Guinea, deve la sua storia a questi avvenimenti che prendevano esempio da ciò che era accaduto nella vicina Liberia, a sua volta nata su iniziativa del presidente abolizionista statunitense Monroe, che diede addirittura il nome alla capitale Monrovia. Il risultato fu che, nel succedersi della storia coloniale, Sierra Leone e Liberia divennero una enclave anglofona in quella che fu poi l’Africa Occidentale Francese. Questo assetto geo-politico non è estraneo ai recenti avvenimenti. In quello scacchiere che è l’Africa, sul quale le grandi potenze muovono le loro pedine da lontano, sfruttando i contrasti locali, la Sierra Leone e le sue ricchezze divennero, nei primi anni Novanta, una merce di scambio nel conflitto politico-diplomatico tra Francia e Stati Uniti che ha segnato l’Africa negli ultimi quindici anni. Parigi a quei tempi andava progressivamente perdendo influenza nella regione dei Grandi Laghi, in particolare in Ruanda e nell’ex Zaire, soprattutto per quanto riguardava lo sfruttamento delle ingenti risorse minerarie nelle regioni orientali del Congo. Quell’enclave anglofona nell’Africa Occidentale Francese era l’ideale per recuperare terreno. Così quando il RUF nacque trovò nella Francia un’ottima sponda, che aveva tutto l’interesse a destabilizzare l’area. Oggi, a guerra finita, la concorrenza tra anglo-americani e francesi in Sierra Leone, è ancora aperta. Lo si capisce da quanto Parigi, Washington, Londra investono nella loro presenza nel Paese con organizzazioni umanitarie, aiuti e diplomazia. Gli Stati Uniti per esempio hanno rifatto con i criteri più moderni la loro ambasciata che, apparentemente, è sovradimensionata: si stende su un’intera collina che sovrasta Freetown e occupa uno stuolo di diplomatici.

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Ancora loro: i diamanti Il fatto è che la guerra civile ha avuto come unica motivazione proprio quella del controllo della principale ricchezza del Paese: i diamanti. Il RUF non aveva nessuna ideologia, nessun intento moralizzatore, nessun programma alternativo di governo ma solo l’obiettivo di conquistare il potere politico per poter sfruttare le ricchissime miniere della regione sud-orientale del Kono. In dieci anni di conflitto i giacimenti di queste pietre sono stati ampiamente sfruttati dai comandanti del RUF, che controllavano il Kono, e in mancanza del potere politico totale i diamanti sono stati contrabbandati attraverso molti paesi vicini, in primo luogo la Liberia il cui ex dittatore Charles Taylor – oggi incarcerato e accusato dal tribunale internazionale di crimini di guerra – fu uno dei principali finanziatori e fornitori di armi ai comandanti del RUF i quali, in cambio, facevano transitare dal suo Paese ingenti carichi di queste pietre preziose.

Il Kono della miseria Una visita nella remota regione del Kono spiega la storia recente della Sierra Leone. Per arrivarci da Freetown si deve attraversare la penisola sulla quale la città è situata e percorrere una delle poche strade asfaltate, lungo la quale non si può non ricordare la colonizzazione britannica perchè si attraversano località dai nomi evocativi: Wellington, Waterloo, Aberdeen, Kent. Poi la pacchia finisce e la strada diventa una pista piena di buche, che fende una fitta foresta tropicale, che occulta poveri villaggi di capanne, sorti in spiazzi strappati a forza di machete alla vegetazione. Infine, dopo una giornata di marcia, si arriva ai giacimenti che non sono altro che pozze di fango all’interno delle quali, per tutto il tempo della guerra civile, gruppi di

adolescenti hanno setacciato la terra praticamente in condizioni di schiavitù. Queste pozze oggi sembrano cicatrici marroni su un tessuto verde intenso e danno proprio l’idea di ferite prodotte sul corpo di questo Paese. Si tratta di giacimenti alluvionali ormai quasi esauriti, prodotti dall’erosione dell’acqua sul terreno, ma i diamanti in Sierra Leone sono tutt’altro che finiti.

RAFFAELE MASTO

Certo, questo quadro del Paese è il frutto di dieci anni di guerra civile, una delle più feroci e crudeli di tutto il continente. Le ostilità tra il RUF, il Fronte Unito Rivoluzionario, e il governo sono ufficialmente terminate nel 2002, ma le truppe dell’Onu e dell’Ecomog sono andate via nel 2005 e le prime elezioni veramente libere si sono svolte solo pochi mesi fa. Tutto vero, ma l’estrema povertà e il degrado di questo Stato sono comunque una contraddizione quasi incomprensibile: la Sierra Leone è un Paese ricchissimo, non solo di diamanti, ma anche di ferro, di bauxite, di cobalto e, se la ricchezza fosse solo parzialmente distribuita, i circa sei milioni di abitanti dovrebbero essere tra le popolazioni più appagate del mondo. Invece sono i più poveri.

I filoni di Kymberlite Ci sono ancora i filoni di Kymberlite, canali creati da esplosioni vulcaniche sotterranee che hanno portato fin quasi in superficie le pietre preziose incastonate nella roccia. Per ottenerle però bisogna scavarla, la roccia, e ci vogliono macchine e tecnologia. Il governo si prepara ad assegnare appalti ad imprese sudafricane, europee, americane e cinesi mentre la gente spera che questa volta i proventi verranno distribuiti alla popolazione sotto forma di servizi sociali, scuole, sanità e per sanare le ferite della guerra.

Prima emergenza: gli amputati E le ferite sono tante, a cominciare da quelle degli amputati che in Sierra Leone sono migliaia, una vera e propria categoria sociale che è improduttiva e andrebbe assistita, un peso per un Paese che deve pensare al futuro. Quella delle amputazioni fu una pratica adottata in modo scientifico dal RUF per spargere il terrore. A infliggerle erano bambini soldato trasformati in mostri, arruolati nelle fila dei guerriglieri come fossero un bottino di guerra. Quando un villaggio veniva attaccato gli adolescenti erano costretti ad ammazzare i genitori, un atto che cancellava in loro ogni barlume di umanità. A quel punto, con un AK47 imbracciato e una bandoliera di proiettili di traverso sul torace, erano capaci di compiere qualunque crudeltà.

...oppure ciechi Sinnah oggi ha 14 anni, i guerriglieri l’accecarono facendole colare negli occhi le gocce di un sacchetto di plastica bruciato. Anche Saffy è cieca, un bambino soldato le cavò gli occhi con la baionetta. Sidimba avrebbe voluto fare la sarta, ma non potrà perché le hanno tagliato un braccio all’altezza della spalla, al suo moncherino non potrà mai essere applicata una protesi. “Manica corta”, nel gergo sprezzante dei guerriglieri. Non tutti quelli ai quali è stata applicata la “manica lunga” sono stati più fortunati di lei perché molti sono stati amputati all’altezza di entrambi gli avambracci. Ora hanno bisogno di

AIUTA I BAMBINI IMMEDIATAMENTE DOPO LA FINE DELLA GUERRA in Sierra Leone erano presenti molte tra le più importanti organizzazioni umanitarie del mondo. Poi, con lo svanire dell’interesse internazionale, quella presenza si è drasticamente ridotta. Oggi, tra quelle rimaste, ci sono la Congregazione missionaria del Murialdo, che opera a Freetown e a Lunsar, e la Onlus italiana “Aiutare i Bambini”. Chi volesse contribuire a sostenere a distanza alcuni dei ragazzi amputati può farlo attraverso questa organizzazione che ha sede a Milano, in Via Ronchi 17. Il sito internet è www.aiutareibambini.it

aiuto anche per le operazioni più semplici come vestirsi o mangiare. In questo esercito di invalidi non ci sono solo bambini: Aruna Ba ha quarant’anni, i guerriglieri gli tagliarono entrambe le mani e gliele misero in tasca con l’ordine di portarle a Freetown come messaggio per il presidente. Lui ricorda ancora il volto e gli occhi freddi dell’adolescente che eseguì l’ordine. Alla domanda se crede nella riconciliazione risponde pacato, ma con lo sguardo tagliente come un rasoio: «camminerò tutta la vita, fino a quando non lo incontrerò. E quando lo incontrerò lo ucciderò. Solo allora sarò in pace». Tutte queste atrocità per quelle pietre preziose che sembrano non conoscere flessioni nella domanda dei mercati occidentali, promosse da un fortunato slogan commerciale: “Un diamante è per sempre”. Anche un’amputazione.

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Carati per bazooka, pistole, fucili e munizioni Un intricato gioco di prestigio che fa sparire diamanti in Sierra Leone e comparire mandarini in Liberia, passando per una fabbrica d’armi, i servizi segreti Usa e la malavita campana. Il mago? L’ex dittatore

Charles G. Taylor.

C di Paolo Fusi

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HE COS’È UNO SCAMBIO DI DIAMANTI PER ARMI?

Come si fa a farlo? Se cercate un esperto, questi si chiama Charles G. Taylor e si trova in queste settimane alla sbarra a L’Aja per i crimini da lui perpetrati in Liberia e in Sierra Leone negli anni ‘90 e nella prima metà dell’ultimo decennio. Una delle sue operazioni più lineari si svolse principalmente in Italia tra il 1993 ed il 1995, ai tempi in cui stava armando il suo esercito, e quindi vale la pena di raccontarvela.

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Dall’Africa all’America all’Europa Per prima cosa Taylor mette a disposizione i diamanti, che provengono dalla raccolta illegale fatta in Sierra Leone dai suoi. Così come sono, i diamanti non sono commerciabili, ma Taylor conosce bene la strada. Grazie alle sue amicizie negli Stati Uniti, lui consegna ad un ufficiale della NSA (National Security Agency, lo spionaggio difensivo interno degli USA) dei campioni che, il 15 dicembre 1993, vengono valutati dallo Studio gemmologi-

co L.A. Ward Gem Laboratory di Falbrook (California). Il laboratorio emette un documento ufficiale che sostiene che i diamanti sono proprietà della Swift International Services Canada Inc. Montreal. Questa società appartiene ad un agente della NSA in Italia, Roger D’Onofrio, e alla IBC International Business Consult Inc. Monrovia, che apparterrebbe, secondo le inchieste delle Nazioni Unite, a Charles G. Taylor e ad un avvocato zurighese di origine italiana, Rudolf Meroni.

La Swift e la IBC depositano i diamanti in una banca del Canada per attenderne il riconoscimento di legalità (purtroppo l’autorità canadese tradizionalmente non è molto severa nei controlli), dopodiché, con nuovi documenti ufficiali, i diamanti viaggiano con camion della Brink fino in Irlanda, dove sono acquistati dalla Sogextel Trading Ltd. Dublino, società controllata dal faccendiere franco-canadese Philippe Emon. La Sogextel paga i diamanti con una cambiale a scadenza di un anno da un mi|

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Sopra, bambine con la divisa della scuola al mercato di Lunsar, città lungo la strada che da Freetown porta al Kono, la regione dei diamanti.

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2000-2008: OTTO ANNI DI KIMBERLEY PROCESS INAUGURATO NEL MAGGIO 2000 presso l’omonima città sudafricana, il Kimberley Process è un’iniziativa supportata dalle Nazioni Unite e condotta dai principali Paesi produttori e acquirenti di diamanti nel mercato mondiale. Tra i suoi risultati più significativi c’è l’entrata in vigore nel 2003 di un sistema di certificazione noto come KPCS e teso a escludere dal mercato le pietre commercializzate allo scopo di finanziare i conflitti nel mondo. I vertici del KP, cui aderiscono attualmente 74 Paesi, affermano che l’entrata in vigore del sistema di certificazione avrebbe pressoché debellato la piaga dei “diamanti di sangue” che all’inizio degli anni ‘90 compensavano il 15% del valore del mercato globale. Le critiche, tuttavia, non sono mancate. Secondo gli scettici il marchio “conflict free” verrebbe spesso applicato in modo fraudolento tramite la corruzione dei funzionari governativi. Il Kimberley Process si sarebbe inoltre dimostrato del tutto impotente nei confronti delle operazioni del terrorismo internazionale nel mercato delle pietre e del diffuso sfruttamento che tuttora caratterizza il lavoro nelle miniere africane. Informazioni e la lista dei Paesi che aderiscono al KP su www.kimberleyprocess.com

lione di marchi tedeschi, la Swift e la IBC accettano. La Sogextel mette i diamanti in vendita sul mercato ufficiale europeo. Affida la vendita alla società di trading Devcomtrade BV Amsterdam, appartenente ad un altro mariuolo, tale Derryl Bensimon, che fa valutare (per quasi un milione di marchi tedeschi) i diamanti dal Gem Lab Schmuck St.Leon-Rot (Baden-Württemberg, Germania). Le pietre arrivano laggiù in un camion italiano,

guidato dal malavitoso napoletano Giacomo Ercolano, che lavora spesso e volentieri su incarico dell’avvocato zurighese Meroni. A comprare i diamanti è una società francese, la Zelm Enterprise SA Paris, che appartiene alla banchiera bulgara Myriam Zelen (attraverso la sua Zelm Investment Ltd. Monrovia) e ad una società bulgara non specificata nel contratto, rappresentata da tale Kiril Dunev. La Zelm è rappresentata nelle trattative con la Sogextel da Rudolf Meroni, dato che la signora Zelen abita a Sofia, dove lavora alla Agricultural & Investment Bank, il cui presidente è proprio quel Kirik Dunev che rappresenta una società che non vuole apparire a questo punto delle trattative.

Mandarini umanitari preziosi Ora la faccenda comincia a scottare. Il 15 gennaio i contratti vengono firmati. Rudolf Meroni riceve 1,3 milioni di marchi da Myriam Zelen, che si piglia i diamanti. Con quei soldi Meroni si prende la sua commissione e paga Ercolano e la Sogextel. La Sogextel paga la IBC e la Swift. Costoro dovrebbero pagare 800.000 marchi a Charles Taylor, ma non lo fanno perché altrimenti salterebbe fuori che i diamanti provengono dalla Liberia e non dal Canada. Fin qui, quindi, il futuro dittatore della Liberia e massacratore della Sierra Leone ha fatto un regalone ad alcuni soci e partner. Cosa faccia Myriam Zelen con quei diamanti, ufficialmente, non si sa. Li deposita su un conto della Società di Banca Svizzera, ma poi da lì i diamanti prendono il volo

per una destinazione ignota, per poi essere rintracciati su dei conti di industriali bulgari in Svizzera francese. Ma dove ha preso i soldi la signora Zelen? Dalla sua banca, naturalmente, che però non ha comprato diamanti, e ci mancherebbe altro… La Agricultural & Investment Bank di Sofia ha comprato, per 1,4 milioni di marchi, un carico di migliaia di tonnellate di arance, olive e whisky. Questo carico immenso parte dalla Bulgaria e raggiunge la Liberia come spedizione umanitaria. A fare la spedizione è la Intras BV dell’Aja, una società olandese, che appartiene a Myriam Zelen e alla società misteriosa coperta da Kiril Dunev, che ora deve uscire allo scoperto: la Kintex di Sofia. La più grande fabbrica d’armi bulgara e tra i più grandi contrabbandieri d’armi del mondo degli anni Novanta. Capito il giochetto? La Kintex manda tonnellate di mandarini umanitari in Liberia e viene pagata in diamanti, intermediati dai servizi segreti americani, dalla malavita della Campania, da un paio di faccendieri olandesi e canadesi, e da una banca bulgara, di lì a poco finita in una bancarotta fraudolenta miliardaria. Operazioni di questo genere, con destinazione Africa, ne avvengono circa una decina al mese. E noi ci lamentiamo dei nostri connazionali che prendono il sole sulle spiagge del Kenya.

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DAL CANADA UN’ALTERNATIVA “ETICA”

Charles Taylor esce dall’aereo in una tappa del viaggio che lo sta portando in carcere in Sierra Leone.

Liberia, 2006

Da Freetown a Beirut: le pietre preziose “terrorizzano” ancora Gli esempi forniti da hanno dimostrato l’efficacia del business: a sei anni dall’11 settembre le gemme restano tra le principali risorse del terrorismo. Al Qaeda ed Hezbollah

UR CARATTERIZZATI DA TRAIETTORIE PERSONALI DIFFERENTI, il li-

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banese Hassan Nasrallah e il saudita Osama Bin Laden hanno almeno due cose in comune: sono ambedue leader di organizzazioni terroristiche internazionali e le hanno finanziate di Matteo Cavallito attraverso i diamanti. È una verità consolidata e tuttora scomoda, ma è anche una delle chiavi per comprendere la potenza e ipotizzare il destino del terrorismo globale. Che i diamanti facciano gola a tutti lo si è sempre saputo, ma come Al Qaeda li avesse trasformarti in una riserva di valore è noto solo da qualche anno. A gettare luce sul network è stato il reporter statunitense Douglas Farah che, nel novembre del 2001, raccontò sul Washington Post come nel triennio precedente l’organizzazione terroristica avesse investito milioni di dollari per acquistare quanti più diamanti possibile dai ribelli del RUF, che allora detenevano il controllo dei principali giacimenti della Sierra Leone. Non è sicuro che siano state proprio le gemme a finanziare gli attacchi dell’11 settembre, ma è certo che la scorta accumulata consentì all’organizza| 62 | valori |

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zione di Osama Bin Laden di affrontare “serenamente” le perdite finanziare dovute al congelamento dei conti sospetti nelle tre settimane successive ai dirottamenti aerei. Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno aperto uffici dell’FBI in Liberia e in Senegal per contrastare gli interessi di Al Qaeda sul posto, ma i dubbi sull’efficacia della risposta americana restano. Secondo Farah, il canale da lui scoperto nel 2001 è scomparso insieme ai suoi personaggi chiave, eppure non c’è motivo per pensare che il legame tra diamanti e terrorismo si sia allentato e la ragione di tale pessimismo ha un referente ben preciso: il movimento terrorista libanese Hezbollah. Quello con la comunità libanese dell’Africa Occidentale (non meno di 120.000 unità) «è un legame di vecchia data e di vitale importanza per Hezbollah e, ad oggi, è stato fatto assai poco per ridimensionarlo», spiega Douglas Farah, ben consapevole delle enormi potenzialità che caratterizzano tuttora il “Partito di Dio”. Quando nel maggio del 2005 fu chiamato a parlare davanti alla Commissione senatoriale sulla Sicurezza Interna degli Stati Uniti, l’esperto di terrorismo Matthew Levitt descrisse Hezbollah come una

vera e propria holding criminale ampiamente ramificata e capace di sfruttare appieno i conflitti che nella seconda metà degli anni ‘90 avevano insanguinato Liberia, Congo e Sierra Leone. Contando sull’entrata fissa rappresentata dalla “tassa sulla protezione” imposta ai connazionali residenti, il Partito di Dio ha iniziato ad acquistare diamanti africani molto tempo fa. Secondo i servizi segreti, alcuni intermediari come il senegalese Ibrahim Bah avrebbero gestito gli acquisti di pietre dei terroristi libanesi per almeno 20 anni. Gli Stati Uniti hanno più volte espresso preoccupazione per il fenomeno ma, come ricorda Farah, non hanno mai accusato pubblicamente nessuna compagnia di trafficare le pietre per i terroristi. La soluzione al problema resta molto lontana e di difficile ipotesi ma, sull’esempio delle operazioni di Al Qaeda in Sierra Leone, è probabile che difficilmente essa potrà passare per la tortuosa strada degli accordi internazionali come il contestato Kimberley Process. «Il suo impatto su Al Qaeda è modesto – conclude Farah – . Se quel legame si è rotto è stato per la perdita degli uomini che si trovano sul posto piuttosto che per il Kimberley Process stesso».

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«IL KIMBERLEY PROCESS? Un sistema inefficace e pieno di falle, incapace di esercitare un controllo reale sulla filiera e del tutto impossibilitato a contrastare gli espropri o lo sfruttamento del lavoro nelle miniere». Francesco Belloni, titolare dell’omonima gioielleria milanese non ha dubbi. Cita la tragica vicenda dei boscimani del Botswana, espropriati senza tutela per il semplice fatto che il loro Paese non si trova in stato di guerra, ridimensiona il valore del Kimberley Process e insiste su quella che, a suo parere, resta oggi l’unica alternativa realmente percorribile: quella degli “Ethical Diamonds”. Unica in Italia, la Belloni ha acquisito notorietà per essersi dedicata all’acquisto delle “pietre etiche”, gemme teoricamente immuni da conflitti, sfruttamento e terrorismo che provengono da miniere “sicure” come quelle di Diavik ed Ekati, nel Canada nord occidentale, e sono soggette alle garanzie della severa legge del loro Paese. Caratterizzata da una filiera corta che, secondo Belloni, permette di compensare i maggiori costi del lavoro, la produzione degli Ethical Diamonds riguarda pietre di valore uguale o superiore ai 18 punti di carato (dai 400 euro in su), un tipo di gemme che costituisce ad oggi la metà dell’inventario della gioielleria milanese incidendo, va da sé, ben oltre il 50% sul suo valore complessivo. «Ogni sasso diamantifero estratto viene classificato con un numero identificativo che verrà successivamente inciso sul bordo della pietra tagliata. Fin dall’inizio è così possibile seguirne l’intero percorso» spiega il gioielliere milanese sottolineando come anche le gemme tagliate nei laboratori specializzati di Anversa e Tel Aviv rientrino in Canada prima di essere affidate a società distributrici abilitate a vendere solo ed esclusivamente ai dettaglianti finali. «Il rischio d’intrusione di qualche diamante “sporco” è molto limitato. Si tratta del sistema più efficace tra quelli in circolazione» aggiunge. L’output complessivo dei diamanti “etici” del Canada è assorbito quasi interamente dal mercato statunitense e per il futuro non si prevedono cambiamenti. «L’alto prezzo dei diamanti – spiega Belloni – non è determinato da una scarsa disponibilità, al contrario le pietre non scarseggiano di certo, ma piuttosto dalla posizione di sostanziale monopolio del gigante De Beers. Il monopolista stabilisce un prezzo e gli altri, Canadesi compresi, lo seguono per convenienza. La De Beers potrebbe scegliere di praticare prezzi più bassi per disfarsi dei rivali ma, dal momento che il mercato è ormai consolidato, una simile mossa non sarebbe conveniente». Le politiche anticoncorrenziali (ma non predatorie) del colosso di Johannesburg potrebbero quindi risultare determinanti nel garantire la sopravvivenza e il successo dei diamanti etici, ad oggi, unica alternativa naturale alle pietre rese complici della guerra, del terrorismo o più semplicemente dello sfruttamento. M.C.

I diamanti, riserva di valore per le organizzazioni terroristiche. Hanno permesso di affrontare con “serenità” il congelamento dei conti dopo l’11 settembre |

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PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

APPUNTAMENTI FEBBRAIO 29 gennaio – 1 febbraio NEW YORK UNICEF [United Nations Children’s Fund] Executive Board First Regular Session 2008 31 gennaio – 1 febbraio ROMA FAO [Food and Agriculture Organization] 121st Finance Committee

6 febbraio JOHANNESBURG SADC [South African Development Community] African Regulatory Conference Forum per le autorità di controllo e l’industria farmaceutica 7 febbraio BELIZE ELEZIONI LEGISLATIVE E REFERENDUM

3 febbraio SERBIA ELEZIONI PRESIDENZIALI (2° turno) 3 febbraio PRINCIPATO DI MONACO ELEZIONI PARLAMENTARI 4 febbraio NEW YORK WHO [World Health Organization] World Cancer Day (giornata mondiale sul cancro)

8 febbraio REPUBBLICA CECA ELEZIONI PRESIDENZIALI (indirette) 8 febbraio GIBUTI ELEZIONI PARLAMENTARI 10 febbraio POLINESIA FRANCESE ELEZIONI LEGISLATIVE (2° turno) 11 – 13 febbraio GINEVRA WTO [World Trade Organization] Trade Policy Review Body: Mexico 13 – 14 febbraio NEW YORK NAZIONI UNITE Consultative Committee on the United Nations Development Fund for Women, forty-eighth session (comitato dell’Onu per il fondo per lo sviluppo delle donne)

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24 febbraio SVIZZERA REFERENDUM SULLE RIFORME FISCALI PER LE IMPRESE

13 – 15 febbraio VIENNA OSCE [Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa] Vienna Forum to Fight Human Trafficking (forum sulla lotta al traffico di esseri umani) 13 – 15 febbraio NUSA DUA, BALI FAO E IDF [International Dairy Federation] Symposium on “Revolution on Food Safety Management” (la rivoluzione nella gestione della sicurezza alimentare) 17 febbraio CIPRO ELEZIONI PRESIDENZIALI 18 febbraio PAKISTAN ELEZIONI PARLAMENTARI 19 febbraio ARMENIA ELEZIONI PRESIDENZIALI

25–26 febbraio LIMA APEC [Asia-Pacific Economic Cooperation] Peru EC Meeting of Economic Committee 26–27 febbraio BRUXELLES UNIONE EUROPEA 4th Annual Brussels Climate Change Conference (conferenza sui cambiamenti climatici)

FA’ LA COSA GIUSTA 26 – 27 febbraio (da confermare) MONTEVIDEO MERCOSUR [Mercado Común del Sur] XCVIII Comisión de Comercio 26–29 febbraio JAKARTA ASEAN 2nd Meeting of the 41st ASEAN Standing Committee (2/41 ASC) 27 – 29 febbraio GINEVRA WTO Trade Policy Review Body: Brunei Darussalam

19–20 febbraio SINGAPORE ASEAN [Association of Southeast Asian Nations] ASEAN Foreign Ministers Retreat

28 – 29 febbraio WASHINGTON D.C. IMF [International Monetary Fund] Call for Papers — On the Causes and Consequences of Structural Reforms


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Inquinamento

Il pianeta in pericolo per una bistecca

ospita valori

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GNI GIORNO MUOIONO PER FAME O PER CARENZE NUTRIZIONALI 40.000 BAMBINI, mentre allo stesso tempo enormi

quantità di mais, grano ed altri cereali vengono destinate agli allevamenti di bovini, polli, maiali che rappresentano una delle principali cause dell’alterazione climatica. Pensate che, solo negli Stati Uniti l’80% del mais e il 95% dell’avena sono coltivati per l’alimentazione animale e in tutto il mondo gli allevamenti assorbono da soli una quantità di cibo equivalente alle calorie necessarie per sfamare 8,7 miliardi di persone: più dell’intera popolazione del Pianeta. Henning Steinfeld, responsabile su questi temi della Fao, afferma: «L’allevamento si configura come uno dei principali fattori d’inquinamento ambientale ad ogni livello, dal locale al globale. Bisognerebbe intraprendere un’azione politica più efficace nel trattare problemi come il degrado del territorio, i cambiamenti climatici, l’inquinamento dell’aria, la scarsità e l’inquinamento delle acque e la perdita della biodiversità. L’impatto dell’allevamento del bestiame sull’ambiente è così rilevante che dovrebbe essere affrontato con urgenza». Attualmente impegna il 70% di tutto il territorio coltivabile e il 30% dell’intera superficie del Pianeta. Le foreste vengono disboscate per creare nuovi pascoli, creando così un’ulteriore spinta alla deforestazione. In America Latina il 70% delle aree disboscate della Foresta Amazzonica sono state riconvertite a pascolo. Sicuramente gli allevamenti hanno un grave impatto sull’atmosfera e sul clima: sono responsabili del 18% delle emissioni di gas che causano l’effetto serra, misurate in anidride carbonica equivalente; una percentuale addirittura maggiore di quella prodotta dai mezzi di trasporto. Significa che allevare animali Il cibo destinato a mucche, polli da macello produce più gas serra di tutte le automobili e maiali da allevamento potrebbe e i camion del mondo. Il settore dell’allevamento sfamare 8,7 miliardi di persone, più dell’intera popolazione mondiale. è inoltre responsabile del 9% delle emissioni di anidride carbonica e del 37% del metano di origine antropica, Invece serve a produrre bistecche la maggior parte derivante dalla fermentazione e il 18% dei gas a effetto serra intestinale dei ruminanti. La produzione industriale di carne, uova, latticini è anche responsabile del 65% delle emissioni di ossido di azoto di origine antropica, per la maggior parte derivante dal letame. Altra nota dolente: l’impoverimento e l’inquinamento delle risorse idriche. Più della metà dell’acqua consumata negli Stati Uniti è destinata agli allevamenti degli animali da macello. Mediamente, per ottenere un chilo di carne occorrono 20.815 litri d’acqua, contro i 208 necessari per coltivare un chilo di grano. L’allevamento del bestiame produce inoltre un’enorme quantità di escrementi, circa 130 volte superiore di quelli umani. La maggior parte dell’acqua impiegata per dissetare e accudire gli animali torna nell’ambiente sotto forma di letame e di acqua di scarico. Le feci del bestiame contengono una considerevole quantità di sostanze nutritive, residui di medicinali, metalli pesanti e agenti patogeni. Questi rifiuti vanno a finire nei corsi d’acqua, inquinando le falde e diffondendo patologie che possono infettare altre specie. La raccomandazione dell’Onu è chiara: «L’impatto ambientale per unità di produzione di bestiame deve essere ridotta della metà, anche solo per scongiurare un aumento del livello di nocività oltre quello attuale». Miei cari carnivori, devono essere intraprese azioni urgenti sia a livello collettivo che individuale. Non sarà necessario diventare completamente vegetariani, ma sono convinto che non sia poi così difficile mangiare meno carne, se si prende seriamente coscienza del fatto che, così facendo, si combatte con più efficacia il surriscaldamento globale e quindi si contribuisce alla salvezza del Pianeta.

Anno 8 numero 56. Febbraio 2008. € 3,50

valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Erbe medicinali

MAYA GODED / MAGNUM PHOTOS

di Massimiliano Pontillo

Dossier > La prima mappa di indicatori alternativi per le buone economie

Aboliamo il Pil Internazionale > Africa: i diamanti continuano a mietere vittime Finanza > I clamorosi, e discutibili, successi degli antivivisezionisti Economia solidale > I numeri esplosivi dell’energia fotovoltaica Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.

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il mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

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Raffaele Mattioli

“The fabulous italian banker” A sinistra, Raffaele Mattioli. A destra, il banchiere con Riccardo Bacchelli. Sopra, il libro di Giancarlo Galli.

di Andrea Montella

Non vedo alcuna differenza tra una poesia “ e un bilancio ”

Raffaele Mattioli (Vasto 1895-Roma 1973)

Q

UANDO MATTIOLI, DEFINITO IL BANCHIERE ERETICO E DISCEPOLO DI CROCE, nel 1972 percepì d’essere

vicino al giorno della sua morte, cominciò a visitare l’abbazia di Chiaravalle alla ricerca di un luogo dove far riposare le sue spoglie, degno della considerazione che aveva di sé. Dopo diversi sopralluoghi e grazie al democristiano Bernardo Crippa, assessore allo Stato civile del Comune di Milano, ottenne l’autorizzazione ad essere sepolto in quel luogo chiuso da molti secoli alle sepolture comuni. Mattioli scelse un posto preciso: la tomba dell’eretica Guglielma la Boema, svuotata e distrutta per decreto dell’Inquisizione. Guglielma era nata nel 1210 da Costanza d’Ungheria, seconda moglie del re Premislao di Boemia; era sorella di Agnese da Praga, dell’Ordine di Santa Chiara, proclamata santa da Papa Giovanni Paolo II nell’89. Guglielma giunse a Milano nel 1260, alloggiava nell’abbazia di ChiaraMattioli, a destra, con Donato valle; la sua fama crebbe grazie a presunte doti di guaritrice fino a dar vita ad un movimento religioso, Menichella, direttore generale chiamato dei Guglielmiti. Tra i suoi seguagi ci fu Manfreda da Pirovano, cugina dei Visconti, e il teologo dell’Iri e governatore della Banca d’Italia. Andrea Saramita, che sosteneva l’avverarsi della predizione di Gioacchino da Fiore sull’ascesa al vertice della Chiesa di una Papessa. Guglielma soggiornò anche a Milano in zona Bregonia, tra porta Orientale e porta Tosa, dove organizzò un vero e proprio cenacolo diffondendo la sua visione del mondo e della religione. Nel 1960 Mattioli, tra le prime iniziative come presidente della Comit, finanzia la Casa della Cultura di Rossana Rossanda, che avrà sede in via BorRaffaele Mattioli nasce a Vasto il 20 marzo 1895 da una famigogna 3, proprio nell’antica zona Bregonia abitata da Guglielma. glia borghese che lo vuole avvocato, mentre lui s’iscrive alla faDa quel luogo ebbero vita una lunga serie di iniziative legate alla coltà di Economia a Genova. Si sposa con donna Emilia, da cui cultura, al teatro e all’arte da parte di uomini di formazione liberanasce Giuliano, ma la moglie muore prematuramente colpita dalle, socialista ed azionista, la gamba sinistra della massoneria allora la febbre spagnola. Il futuro banchiere troverà in una milanese, tesa ad aprire una breccia nel movimento comunista, con lo scopo bella e benestante, Lucia Monti, il conforto necessario che gli condi egemonizzarlo per trasformarlo. Iniziativa in cui Mattioli non era sentirà di mettere al mondo altri tre figli: Maurizio Stefano e Leriuscito a coinvolgere Palmiro Togliatti, da lui invitato diverse voltizia. Inoltre l’incontro con i Monti gli aprirà le porte dei salotti te a cena, per sondarne le possibili convergenze e portare avanti intellettuali milanesi. quel progetto, nato dal gruppo da lui finanziato che diede vita, nel Raffaele Mattioli non trascura gli studi e due anni dopo, nel 1942, al Partito d’Azione. 1921, si laurea con una tesi sulla stabilità delle monete. A 27 anL’obiettivo era introdurre in Italia il “bipartitismo perfetto”, muni, grazie all’aiuto di Angelo Sraffa, rettore della Bocconi, legatistuato dai sistemi anglosassoni, dove si alternano al governo due sosimo agli ambienti della massoneria inglese e amico nel corpo e li partiti che hanno come caratteristica di non mettere mai in dinello spirito di John Maynard Keynes, vince il posto di segretario scussione il capitalismo e le élite che lo compongono. Dalla cura con generale della Camera di Commercio di Milano. Mattioli vanta tra cui sceglie la propria tomba, Mattioli dimostra com’era complessa la le sue amicizie quella con il banchiere ebreo-polacco Giuseppe sua personalità, di quale spessore fosse il suo bagaglio culturale e Toepliz, che, trasferitosi da Varsavia a Genova, era diventato il caquali potenti relazioni gestisse. po assoluto della Banca Commerciale Italiana (Comit) e, grazie al

La curiosa adesione del banchiere al culto dell’eretica Guglielma la Boema, nata nel 1210 da Costanza d’Ungheria, seconda moglie del re Premislao di Boemia. La sua fama crebbe grazie a presunte doti di guaritrice fino a dar vita ai Guglielmiti

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suo interessamento, entra nella Banca che gli permetterà di esprimere tutte le sue potenzialità e diventare “The fabulous italian banker” come lo definiranno gli americani. Toepliz e Mattioli hanno visioni contrastanti su come dirigere la Comit; il primo, liberista estremo, vorrebbe farla diventare una banca d’affari, ma la conduce vicina al fallimento nella totale disorganizzazione. Il secondo punta più su una normale attività di credito e sull’intervento dello Stato nell’economia. Nel 1933 Mattioli succede a Toepliz alla guida della Comit, diventandone amministratore delegato. Noto come liberal e antifascista, intrattiene ottimi rapporti con Mussolini, conosciuto durante la vicenda di Fiume dove Mattioli era incaricato da D’Annunzio di tenere i contatti con il capo del fascismo. Dopo la nomina, don Raffaele assume Ugo La Malfa alla Comit. Nello stesso periodo Giovanni Malagodi diventa condirettore centrale della Comit di Milano. I due diventeranno i leader del Partito repubblicano e del Partito liberale. Mattioli è consapevole che il fascismo è solo una delle possibili

forme di governo del capitale e si prepara al dopo dittatura, creando la classe politica che governerà l’Italia del dopoguerra: trasforma la Comit in una vera e propria scuola-quadri dove si studia il fabianesimo, il laburismo, Keynes, il New Deal e si preparano gli uomini che dovranno sostenere dall’interno della “sinistra” e dell’area democratica, lo scontro con il loro vero e unico nemico: il marxismo rivoluzionario espresso dal Partito comunista di Gramsci e Togliatti. Nel 1936 entra in Banca, nell’Ufficio Studi, Guido Carli che diverrà governatore della Banca d’Italia. Alla Comit crescono altri due personaggi che segneranno la storia d’Italia: Enrico Cuccia, futuro capo di Mediobanca e uomo di collegamento, grazie ai suoi viaggi d’affari, con la finanza angloamericana e con i settori dell’antifascismo, riparato all’estero e Cesare Merzagora, che diverrà un banchiere internazionale, ateo e democristiano nel contempo, sarà presidente del Senato e delle Assicurazioni Generali. Mattioli partecipa all’elaborazione del manifesto che sancisce la nascita del Partito d’Azione e contemporaneamente si adopera per salvare i Savoia. Scorgiamo traccia di questi modi apparentemente contraddittori di Mattioli anche nei rapporti con il Vaticano - che possiamo definire ottimi - tanto da essere chiamato nel 1939 da Padre Gemelli a insegnare tecnica bancaria nella facoltà di Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano. Nel 1941 entra nella casa editrice Ricciardi promuovendo e dirigendo una collezione di scrittori classici italiani di grande impegno editoriale e culturale; diventa presidente dell’Istituto italiano di studi storici di Napoli, dopo la morte di Croce. È consigliere della International Finance Corporation, emanazione della Banca mondiale. Dopo lo scioglimento del Partito d’Azione diviene amico dei cattolici Vanoni e Mattei; fa assumere in Comit Leo Valiani e appoggia il nascente centrosinistra. Dopo 27 anni lascia, il 22 aprile del 1972, la Banca a seguito della politica lottizzatrice praticata dalla Dc e dal Psi. Morirà un anno dopo a Roma, il 27 luglio 1973. Ogni 27 luglio a Chiaravalle, dove riposano le spoglie di Mattioli, si tiene una messa in latino a cui partecipano banchieri e finanzieri e, all’entrata dell’abbazia, sono esposti in bella evidenza una menorah, il candelabro a sette bracci, un crocefisso e il vangelo di San Giovanni, simboli cari alla massoneria.

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economiaefinanza

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altrevoci ECONOMIA DELLA FELICITÀ IL NUOVO PARADIGMA CULTURAL-TECNOLOGICO

CRISI ECONOMICA UNA STORIA GIÀ VISTA

RETI NODO POLITICO IRRISOLTO

STORIE E VOCI DALLA PALESTINA

MATEMATICA E ROMANZO INTRECCIO SECOLARE

CHI È IL MIO PROSSIMO? LA RISPOSTA DI SOFRI

Non si vive di sola economia. C’è bisogno anche di felicità. Pensa bene e scrive bene Luca De Biase, uno dei più cliccati nella blogosfera, esperto e lucido osservatore del mondo digitale. In questo libro analizza e spiega in modo semplice e chiaro il momento di passaggio e di trasformazione tecnologica e culturale che stiamo vivendo. La complessità del mondo richiede nuove risposte e il nuovo paradigma sfugge all’incasellamento delle vecchie categorie. Occorre uno sforzo interpretativo nuovo, che vada di pari passo con quello creativo generato dalla tecnologia. Il nuovo popolo della rete chiede risposte per vivere meglio in un contesto che sembra non far vivere meglio. Una richiesta che non può essere evasa, nè con risposte ideoligiche, nè con risposte solo economiche. L’accesso alla rete e le reali possibilità di parola nell’agorà telematica generano una critica al sistema, meno condizionabile e manipolabile rispetto al passato. Mai come oggi i mezzi hanno reso i fini più sostenibili. Mai come oggi l’antico detto “i soldi non fanno la felicità” ha trovato il suo capolinea in un’economia che da sempre, almeno dall’avvento dell’era industriale, ha sacrificato anima e cuore sull’altare della redditività esasperata. La globalizzazione ha fatto il resto, accelerando questo epilogo e aprendo un nuovo orizzonte di cui, per il momento, vediamo solo una piccola parte.

La storia come conoscenza degli errori del passato, ma anche di ciò che è superato e che deve essere rivisto, reinterpretato. È quello che ha fatto l’economista e storico dell’economia Pierluigi Ciocca, partendo dalla considerazione che la storiografia e l’analisi economica dell’Italia contemporanea sono cambiate e rinnovate. Questo libro propone una interpretazione di sintesi originale, criticamente fondata sui risultati di ricerca più aggiornati. Vengono ripercorse le vicende dell'economia del Bel Paese nell’800 e nel ‘900 e i mutamenti nel benessere materiale, che negli ultimi secoli è migliorato notevolmente. Eppure, dopo il ristagno seguito alla recessione del 1992, la società italiana è come sospesa, preoccupata per l'avvenire. Una crisi economica profonda, che si accompagna alla mancanza di orientamenti e di identità. Una situazione che si può risolvere, oppure regredire come è accaduto altre volte in passato. .

Bill Gates e Vinton Cerf, il padre di Internet; Andrew Viterbi, l’italiano che ha inventato negli Stati Uniti la tecnologia di base per la telefonia cellulare; John Hennessy, il presidente dell’università di Stanford di San Francisco, fulcro del “miracolo” della Silicon Valley e tanti altri. Sono i personaggi che l’autore ha incontrato per un’indagine del fenomeno che rappresenta il vero motore dello sviluppo industriale e dell’alta tecnologia: le reti. Telefonia tradizionale e cellulari, internet, poste, elettricità, ma anche autostrade, aeroporti, distribuzione del gas: è sui network, da sempre nella storia dell’uomo, che si basano il progresso civile e lo sviluppo di un Paese moderno. Le reti sono da sempre il nodo irrisolto del dibattito politico italiano sempre in bilico tra l’efficentismo privato e il garantismo pubblico.

La Terra Santa è una terra contesa, non facile da decifrare ed esplorare. Viaggiarci da pellegrino è ancora più difficile perché il conflitto politico-ideologico che ne ha generato la divisione ha trasferito il suo terreno di lotta nell’ambito religioso. Questo libro ha riunito le due anime del conflitto: quella spirituale e quella politica. È possibile ascoltare le voci di amminsitratori, coloni intransigenti, beduini, rifugiati, professori, vescovi, patriarchi, resistenti e gente comune. Non si può parlare della sofferenza dell’esilio palestinese, senza registrare le conseguenze sociali e umane che l’occupazione ha avuto sugli israeliani. Una terra divisa nel profondo, usata come scacchiera per giochi internazionali, dove il rischio di seppellire il dramma di un popolo nella dimenticanza è sempre incombente.

Calvino, McEwan, Buzzati, Eco, Asimov, solo per citarne alcuni. Sono tanti i narratori, i poeti, i romanzieri che sono rimasti affascinati dalla matematica e che, a questa disciplina, hanno dedicato uno scritto. Einaudi pubblica ventisei straordinari racconti che testimoniano i continui intrecci che matematica e letteratura hanno avuto nell’ultimo secolo. Nessuna meraviglia, perché in fondo le due discipline, essendo entrambe attività di finzione, non fanno altro che immaginare altri mondi possibili. Ventisei racconti: da “Il libro di sabbia” di Borges a “La biblioteca universale” di Kurd Labwitz, da “Tennis, trigonometria e tornado” di David Foster Wallace a “Un breve ritratto di Alan Turing” di Carrére. Il libro è curato da Claudio Bartocci docente di Fisica matematica all’università di Genova. .

DA VARSAVIA A ROMA PASSANDO PER GERUSALEMME

PIERLUIGI CIOCCA RICCHI PER SEMPRE? UNA STORIA ECONOMICA D’ITALIA (1796-2005)

Baldini e Castoldi, 2007

Quando si legge “Chi è il mio prossimo” (senza punto di domanda finale) si possono avere due reazioni: si può essere pervasi da un pessimismo cosmico, oppure da una speranza difficilmente governabile e, quindi, difficilmente ascrivibile a qualcosa o a qualcuno, se non appunto alla felice intuizione dell’autore. Sofri si pone le domande della vita e lo fa partendo dalla parabola del buon samaritano per approdare subito dopo all’eterogenesi dei fini, argomento affascinante ma ad alto rischio per chi tende a vedere tutto nero nel presente e nel futuro. L’autore si interroga sulla vita senza risparmiare nulla a sè e al lettore. Sofri è bravo perché entra nelle questioni senza nascondersi, senza paura di farsi male o di far male. Forse perché anche lui, come tutti, pur sapendo di essere mortale, finché dura fa finta di non esserlo. Tra i tanti nomi che compaiono nel libro e nelle corpose note c’è un tributo particolare a don Lorenzo Milani e ad Alex Langer. ADRIANO SOFRI CHI È IL MIO PROSSIMO

Sinnos editrice, 2007

LUCA DE BIASE ECONOMIA DELLA FELICITÀ

Feltrinelli, 2007

Bollati e Boringhieri, 2007

EUGENIO OCCORSIO RETI: QUALI REGOLE? LA QUESTIONE-BASE DELLO SVILUPPO ITALIANO

GIANLUCA SOLERA MURI, LACRIME E ZA’TAR STORIE DI VITA E VOCI DALLA PALESTINA

Edizioni nuova dimensione, 2007

CLAUDIO BARTOCCI RACCONTI MATEMATICI,

Einaudi, 2007

narrativa

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HOTEL MEINA UNA STRAGE DIMENTICATA DALLA STORIA

«Ero appena arrivato in Italia e si stavano celebrando i funerali di Enrico Berlinguer. La gente teneva il pugno alzato e quando sfilava davanti alla bara si faceva il segno della croce. In Polonia non sarebbe stato possibile perché si poteva avere solo una fede: o quella religiosa o quella politica». Quando Olek Mincer parla del suo impatto con l’Italia lo descrive quasi con stupore. Per lui, attore polacco di origine ebraica, l’Italia rappresenta il luogo di approdo dove ha trovato l’amore, ma anche una nuova comunità ebraica, vivace, antica, piena di stimoli, dove non bisognava nascondersi o negare la propria identità. Dopo tanti anni Olek si sente meglio perché è tra «persone con i capelli e gli occhi simili ai miei». Una vita che è come un romanzo. Mincer racconta il suo essere polacco di Varsavia e, al tempo stesso, ebreo cittadino del mondo nella cui mente si intrecciano tutte le lingue della diaspora. Un libro che fa parte di un progetto educativo promosso dalla casa editrice Sinnos nella collana Mappamondi. Il testo è bilingue, italiano e polacco, ed è accompaganto dalle belle illustrazioni della scenografa Ariela Bohm. La presentazione è stata affidata al grande linguista Tullio De Mauro, la prefazione al cantore yiddish Moni Ovadia, con cui Mincer ha collaborato per molti anni.

Siamo lontani dall’immagine dei treni stipati di ebrei che partivano da ogni angolo d’Europa per raggiungere i campi di sterminio nazisti. Eppure l’eccidio di Meina (località piemontese che si affaccia sul Lago Maggiore) è uno dei capitoli più atroci della persecuzione degli ebrei italiani durante la Seconda guerra mondiale. Correva l’anno 1943. Un gruppo di ebrei, sfollati da varie città lombarde e ancora aggrappati con fiducia alla cittadinanza italiana, vive all’hotel Meina. Una vita “quasi normale” fino a quando arriva sulle rive del lago un reparto delle Ss, gloria e vanto del Fuhrer. A loro non basta dichiarare indesiderati gli ebrei. E così il lago inizia a resituire cadaveri. Alla fine se ne conteranno cinquantaquattro. Quella di Meina sarà la prima strage di ebrei compiuta in Italia dai nazisti dopo l’8 settembre. Un libro che rende giustizia per una vicenda dimenticata per troppo tempo dagli uomini e dalla storia. MARCO NOZZA HOTEL MEINA

OLEK MINCER VARSAVIA VIALE DI GERUSALEMME, 45

Net, 2007

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EX VOTO SEGNO ANTICO E PRESENTE Gli ex voto fotografati da Antonio Biasucci nelle chiese di Napoli sono un viaggio in un mondo antico, un po’ sommerso, ma non ancora superato. Riti, gesti antichi, oggetti che sono segno di speranza e di disperazione al tempo stesso, sono stati racchiusi in un gioco straordinario di ombre e di luci. In quegli oggetti e in quelle immagini c’è tutta la tensione culturale del passaggio: c’è la vita e la morte. Statue, icone, immaginette, santi e madonne, se svincolati dal loro contesto votivo, diventano immortali, veicoli di un messaggio che supera, appunto, il voto personale, la supplica, la paura e la felicità. L’ex voto però ha nel suo significato storico una ragione della sua plasticità. Allora i due significati si intrecciano e si disgiungono a seconda della volontà di chi li fotografa. È così che quel vincolo tra umano e divino conserva il suo mistero per sempre.

OLAF E MEHLMAN PROTAGONISTI A SERAVEZZA FOTOGRAFIA 2008

ANTONIO BIASUCCI EX VOTO

Fino al 6 aprile

Si concluderà il prossimo 6 aprile la quinta edizione della rassegna “Seravezza Fotografia 2008”, appuntamento che si svolge nella cittadina in provincia di Lucca, sotto la direzione di Libero Musetti. Le due mostre principali sono dedicate all’olandese Erwin Olaf (fino al 30 marzo), innovativo e provocatorio artista che lavora nel campo della moda e della pubblicità, e alla fotografa americana Janice Mehlman (fino al 24 febbraio), nota per la sua predilezione per le geometrie architettoniche. Le due mostre si terranno rispettivamente al Palazzo Mediceo e alle Ex Scuderie Granducali. La lunga kermesse fotografica, realizzata in collaborazione con la FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) e con il Circolo fotografico L’Altissimo, prevede anche mostre amatoriali, workshop e incontri dedicati alla cultura fotografica in generale. Tra gli artisti ospiti della rassegna ci sarà Francesco Cito (con i suoi “Matrimoni napoletani”), Gabriele Rigon (con i raffinati scatti di nudo “Visioni di Donna”), e Pepi Merisio (con l’esposizione dal titolo “Per le antiche strade”).

STRUTH FOTOGRAFI E INDAGINE PSICOLOGICA

IL MUSEO CELEBRATO DAI GRANDI FOTOGRAFI

CHIUDE ITALIA.IT UNA MORTE ANNUNCIATA

Sessanta fotografie esposte in una mostra, curata da Mario Codognato, al Museo Madre di Napoli per ripercorrere le tappe salienti della carriera di Thomas Struth. Ci sono gli esordi degli anni 70, i panorami urbani in bianco e nero, le analisi delle architetture metropolitane, i ritratti e soprattutto le “museum photographs”, scatti che riprendono una sorta di dialogo tra il visitatore osservatore e l’opera d’arte. Formatosi all'Accademia di Belle Arti di Dusseldorf, sotto la guida di Gerhard Richter per la pittura e quella di Bernd Becher per la fotografia, Struth si interessa al rappporto tra l’arte e il modo in cui l’uomo la recepisce. E così ritrae i visitatori mentre guardano le opere all'interno dei musei. Uno studio psicologico, filtrato dallo sguardo. Approda a Napoli, dopo i successi e le consacrazioni del Metropolitan Museum di New York nel 2003 e del Prado, a Madrid, nel 2007.

In occasione delle celebrazioni del cinquantenario dell’apertura al pubblico del Museo di Capodimonte, la Soprintendenza per il Polo Museale Napoletano è stata, per la prima volta, committente di tre grandi artisti internazionali. Tre grandi fotografi hanno lavorato al progetto “Site Specific” e interpretano il rapporto della città con il Museo, il modo in cui viene percepito e vissuto, la consapevolezza di essere una delle strutture museali più importanti in Europa. Un punto di osservazione del mondo ma anche un punto che il mondo osserva: un luogo in movimento, il crocevia di scambio e di dialogo con il mondo artistico e collezionistico internazionale. La prima delle tre esposizioni è realizzata da Olivo Barbieri, alla quale seguiranno, a marzo e a maggio, le mostre di Craigie Horsfield e Mimmo Iodice.

Se provate a digitare sulla barra dell’indirizzo del vostro browser www.italia.it, apparirà la scritta “impossibile trovare la pagina”. Non è colpa del vostro computer e nemmeno del vostro provider, perché il portale voluto dal governo per rappresentare l’Italia nella rete, e quindi nel mondo, chiude i battenti. Una storia breve, ma costosa che iniziò con l’annuncio, fatto il 31 marzo 2006 dal ministro per l’Innovazione Lucio Stanca, e finita due anni dopo, quasi in concomitanza con la crisi del Governo Prodi innescata da Mastella. Questa vetrina digitale, per cui furono stanziati 45 milioni di euro, secondo i promotori, avrebbe dovuto far recuperare all’Italia le quote di mercato turistico perdute e assorbite dai Paesi concorrenti. Di fatto i navigatori hanno bocciato il portale, decretandone la morte anticipata e forse annunciata.

Fino al 28 giugno

www.italia.it

Fino al 28 aprile WWW.MUSEOMADRE.IT

WWW.MUSEO-CAPODIMONTE.IT

IL WRITER ETICO PULISCE I MURI E COMUNICA IN BRAILLE Da sempre si discute se i graffiti sui muri sono opera d’arte oppure vandalismo. Se lo chiedete ai proprietari dei muri opteranno sicuramente per la seconda definizione. Alcuni amministratori pubblici hanno ingaggiato i writer per cercare di controllarne l’espressione artistica e ingabbiarla in messaggi istituzionali. Da tempo però sono nati alcuni movimenti che cercano di dare una risposta al quesito iniziale, tra questi gli ideatori dei graffiti alla rovescia. In cosa consiste? Di solito si dipinge su un muro pulito, mentre questi antiwriter puliscono un muro sporco. Grazie a un pennello intinto in acqua e sapone, l’artista disegna rimuovendo gli strati di sporcizia, fino a formare un’opera murale. Rappresentante di questo movimento è Edina Todoki, giovane americana che realizza graffiti utilizzando materiali naturali, compreso legno e muschio. I suoi soggetti sono tutti naturali. Il writer più corretto ed etico è però il parigino The Blind, che realizza graffiti in braille, utilizzando sfere di polistirolo tagliate a metà. Le sue opere sono messaggi dedicati ai ciechi, vere e proprie didascalie posizionate sotto i monumenti. I suoi lavori non vengono quasi mai rimossi dagli edifici storici. In Internet la casistica dei writer etici è molto ampia.

SERAVEZZA (LUCCA)

Peliti, 2008

www.heavypetal.ca

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SCHIFANO ARTISTA AMATO E RICORDATO

MISTER TAMBURINE O BOB DYLAN NON È QUI

A dieci anni dalla scomparsa, viene pubblicato “Mario Schifano tutto” (16,90 euro), il primo e unico film completo su uno degli artisti italiani più amati, conosciuti e falsificati del ventesimo secolo. Il fim è stato fatto e voluto dalle persone, donne e uomini, che con lui hanno vissuto e lavorato, da chi lo ha amato, seguito e sopportato. Costruito con materiali inediti provenienti dal suo archivio privato, tra cui spezzoni di interviste e videoclip. Insomma, un tentativo di cogliere, per la prima volta, il Iato intimo di un artista “irregolare” in un viaggio nel tempo con i pittori della scuola di piazza del Popolo. Quelli di Schifano furono anni irripetibili di eccessi e creazione, trascinati dal vortice intelligente e per nulla pacificante della sua energia che ci lascia, alla fine, storditi e arricchiti. Ci resta la consapevolezza che Schifano è un artista che ancora bisogna conoscere a fondo.

Bob Dylan è considerato un profeta, un cantastorie, un contestatore, un anticonformista. Un genio assoluto del Novecento. “Io non sono qui” (16,90 euro) è un viaggio nel tempo di questo artista, attraverso il ritratto di sei personaggi – colti ognuno in un aspetto diverso della vita artistica e privata del cantautore americano – che intrecciano le loro storie di protesta, disagio, erranza e solitudine, in una performance evocativa diretta da Todd Haynes. Anche stavolta, in un’ambientazione che riecheggia gli anni Sessanta, il regista americano sperimenta una narrazione frammentata e psichedelica, utilizzando sei diversi stili di regia all’interno di ogni microcosmo narrativo. Più di un finto documentario o di un omaggio a Dylan, una miscela perfetta di musica, arte visiva, cinema. Con il libro “D’amore e misantropia”, antologia di Alessandro Carrera con molti contributi inediti e una discografia aggiornata.

LUCA RONCHI MARIO SCHIFANO TUTTO

TODD HAYNES IO NONO SONO QUI

Feltrinelli, 2008

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LUCE E ACQUA CALDA FAI DA TE CERA D’API, ACQUA E OLI ESSENZIALI PER FAR BRILLARE LEGNO E COTTO

Produrre luce e calore con il letame dei bovini, essere autosufficienti per quanto riguarda l’energia elettrica, abbattere inquinamento e costi, guadagnare con la produzione eccedente il fabbisogno personale e aziendale. Tutto questo è possibile con un centinaio di mucche e un impianto di cogenerazione, ossia la produzione congiunta di elettricità e calore mediante un unico sistema a cascata, con rendimenti globali anche superiori al 90%. Si possono produrre fino a 20 kw di energia elettrica, quanto basta per mandare avanti l’azienda e cederne una parte alla rete nazionale. Il costo è di circa 30 mila euro. «Un quarto di quello che costerebbe in Austria. In questo momento ci sono in funzione circa 50 macchine di questo tipo, di cui una in Slovenia, installata da noi due anni fa» spiega Gianni Pilati, esperto di cogenerazione. L’impianto usa un motore Fire 1200, quello compatto, progettato dalla Fiat. «È un motore resistente e di facile manutenzione. In caso di guasto si può chiamare anche il meccanico del paese».

L’idea che ha avuto Lucio Righetto è semplice e parte da due domande: come facevano gli antichi a conservare intonaci, affreschi e stucchi senza l’aiuto della chimica? Come risalire alle formule antiche per la cura del legno, del cotto e dei materiali naturali? Righetto, fino a quel momento, conosceva benissimo il settore del legno perché ci aveva lavorato per molti anni, una vita caratterizzata da una spiccata sensibilità ambientale. «Gli esempi li abbiamo sotto gli occhi: Pompei, Nola, Ercolano. Gli antichi ci hanno fatto arrivare intatti fino ad oggi i loro dipinti. Occorreva solo ricostituire quelle formule e applicarle ai giorni nostri». Da dieci anni Righetto produce a Treviso vernici e fondi naturali per legno e cotto a base di cera d’api naturale, acqua e oli essenziali. Prodotti senza gas volatili, diluenti e solventi, utilizzati per pavimenti, infissi interni ed esterni. Naturali al cento per cento, traspiranti e inodori. Vende i suoi prodotti direttamente a industrie e artigiani. «Non causano odori cattivi, né rilasciano sostanze nocive. E, soprattutto, hanno una tenuta notevole, considerando che i tetti in legno trattati dieci anni fa non hanno ancora avuto problemi ».

Informazioni: righettolucio@libero.it

NASCE LA RETE DEI RISTORANTI SOLIDALI

CON IL BUON SOLLAZZO IL GIOCO È SOSTENIBILE

TUVALU IN RETE CONTRO LA GRANDE ONDA

In Italia alcuni ristoratori hanno deciso di incontrarsi per formare una rete di ristorazione solidale. Per il momento ne fanno parte quindici realtà, operanti in tutta Italia. Le principali sono a Roma, Rimini, Milano, Torino, Modena, Bologna, Pistoia, Lucca e Firenze. I partecipanti alla rete hanno firmato una carta d’intenti: «È un approccio alternativo al commercio convenzionale; promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone e per l’ambiente, attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l’educazione, l’informazione e l’azione politica» spiega Marcello Ceccarelli, responsabile del ristorante Harissa di Rimini. La prima iniziativa ufficiale è prevista per il 15 febbraio in occasione della campagna “M’illumino di meno”, promossa dalla trasmissione radiofonica Caterpillar. «Faremo un’uscita comune, ciascuno nella propria città conclude Ceccarelli -. Si cenerà risparmiando energia, con candele e musica acustica».

“L’ingegneria del buon sollazzo” è un’associazione culturale che promuove il gioco. «La nostra organizzazione – spiega il presidente Piero Santoni – nasce dall’esigenza di sviluppare relazioni positive tra le persone di tutte le età e di rivalutare il ruolo del gioco, promuovendone tipologie nuove e di qualità per dare gratificazione alle persone con i più bassi costi ed il minimo impatto ambientale». Quella di Santoni si può considerare come una via ludica ad un futuro sostenibile. «Il gioco – continua Santoni – al pari del ballo, della musica, dello sport e del teatro, è un fattore di relazioni umane e di crescita. Oggi si gioca da soli col computer, al lotto e alla tombola, si guarda giocare alla Tv, non si gioca coi figli, non si gioca più nello sport». L’associazione tramite un ludobus porta nelle piazze e nei circoli la sua collezione di giochi artigianali in legno, inventati ed autocostruiti, e le sue animazioni. In questo modo crea degli autentici parchi-gioco dove i genitori con i figli e i giovani con gli anziani riscoprono il piacere di giocare.

Tuvalu è un piccolo Stato dell’Oceania che sta sperimentando gli effetti del riscaldamento globale. L’innalzamento delle acque ha portato a uno stravolgimento della viabilità, con strade allagate dove si sono rapidamente insediate nuove specie vegetali e animali. A Tuvalu si pensa a come reagire all’accaduto e una delle prime proposte degli abitanti è stata quella di citare in giudizio gli Stati le cui politiche ambientali avrebbero determinato un effetto negativo sul progressivo scioglimento dei ghiacciai, causa prima dell’innalzamento delle acque. La strada legale, complessa e dall’esito palesemente incerto, non si è rilevata percorribile e così Tuvalu ha eletto la Rete e la comunicazione con nuovi media come strumento per far conoscere al mondo la sua paradossale condizione di Stato in progressiva erosione dei confini naturali. Accantonata per il momento la disputa con Usa e Australia, autori delle maggiori emissioni di gas serra, il piccolo Stato si è rivolto alla Bbc che ha documentato quanto accade. Sono seguiti a questa denuncia numerosi reportages fotografici presenti ora su Flickr e su altri siti web a supporto di campagne internazionali.

www.risol.it www.ingegneriadelsollazzo.it

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NET TV, IL FUTURO DELLA TELEVISIONE PASSA DAL WEB E DAI “GENERATORI DI CONTENUTI” L’esplosione del fenomeno “You Tube” è stato il segnale più evidente anche per i non addetti ai lavori. La diffusione dei video attraverso la Rete è ormai realtà, l’era delle Web Tv è già iniziata. Un’indagine, condotta in Inghilterra da Ofcom, ha mostrato come sopratutto la fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni si stia rapidamente spostando dalla fruizione di contenuti attraverso la televisione a quella attraverso la Rete. Secondo i dati, questa fascia di utenti, assiste già a sette ore di televisione alla settimana in meno a favore di un analogo tempo speso verso contenuti video via internet. A contribuire a questo fenomeno sono stati molteplici fattori, tra cui la diffusione della banda larga, la presenza di webcam nei computer di recente costruzione, la diffusione di device digitali (telecamere e videofonini) oltre che di semplici software di montaggio forniti di default negli apparecchi. L’utente, in logica Web 2.0, è anche il creatore dei contenuti e ragiona in una dinamica non di fruizione ma di scambio. Le problematiche connesse sono molteplici, dalla protezione dei diritti commerciali del materiale prodotto al digital divide. Secondo Tommaso Tessarolo, autore di NetTv (Apogeo), una linea spartiacque sarà data presto dai contenuti proposti, perchè «il contenuto è il vero asset della rivoluzione NetTv. Crollate le barriere per la produzione e la distribuzione, solo chi avrà dei contenuti validi con il pieno possesso dei diritti di sfruttamento potrà dire la sua nel prossimo futuro». La sfida è quindi aperta e non necessariamente ai big industriali del settore.

future

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ECOMOBILITÀ E VERDE PER FUTURI SOSTENIBILI

MAPPE EMOTIVE PER NUOVI VIAGGIATORI

Segnalato in Rete da ebikeblog e intravisto dal blogger in Cina, è in arrivo lo scooter a pannelli solari. Pochissime le informazioni disponibili da cui tuttavia si percepisce un notevole passo avanti, stilistico e funzionale, rispetto ai velocipedi alimentati a batterie la cui diffusione è stata limitata dai costi d’acquisto e dalla difficoltà di attrezzare le città con le colonnine di rifornimento energetico. L’esperienza delle città in cui sono stati attivati meccanismi di controllo degli accessi, ultima quella dell’Ecopass a Milano, dimostra che corrette politiche di gestione del flusso di traffico portano a un beneficio sulla qualità della vita percepita. A Shangai la sperimentazione guarda ulteriormente verso il futuro. Il Shangai Urban Underground Space Development Institute ha promosso un progetto per lo sviluppo di una foresta urbana nella linea metropolitana, un parco sotterraneo che offrirà ai viaggiatori in transito sulle linee cittadine i benefici di cascate di acqua, prati verde, aree forestate. L’inaugurazione è prevista in tempi rapidissimi, nel 2010, e l’estensione stimata è di oltre dieci milioni di metri quadri.

Le guide per viaggiatori con zaino in spalle, nell’era dei voli low cost, lasciano spazio a progetti Web 2.0. Guide emozionali che vogliono portare il viaggiatori a esplorare i lati meno facilmente conoscibili di una città. Che si tratti di un “freitag cafe” illegale o di un ristorante dentro un appartamento a Berlino o di una galleria non ufficiale a Zurigo, di un giardino sui tetti a Manhattan o di un hammam semiclandestino a Parigi ciò che conta è vivere in un breve viaggio la sensazione di esclusività e profondità che si avverte solo risiedendo a lungo in una città e coltivando l’arte del “flaneur”, colui che smarrisce temporaneamente il cammino trovando nuovi e imprevisti stimoli. Noovee.com è un sito, attento al “trendsetting” che offre guide turistiche online attraverso una rete di corrispondenti che ricercano novità, annunci e offrono così uno sguardo live immerso nella vita delle città. Sul sito sono ad oggi presenti video e indicazioni relative a Amsterdam, Barcellona, Berlino, Chicago e New York ma il network è in espansione e lo spazio è aperto a nuovi collaboratori per un progetto nato a Berlino ma con vocazione internazionale.

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VALORI NEW ENERGY INDEX BORSA

Abengoa Ballard Power First Solar Canadian Hydro Conergy Solar Millennium Fuel Cell Energy Gamesa Novozymes Ocean Power Tech Biogas Nord Phoenix Solar Q-Cells RePower Solarworld Solon Schmack Biogas Sunways Suntech Power Vestas Wind Systems

Biocarburanti/solare Tecnologie dell’idrogeno Pannelli solari Energia idroelettrica/eolica Pannelli solari Pannelli solari Tecnologie dell’idrogeno Pale eoliche Enzimi/biocarburanti Energia del moto ondoso Biogas Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche Pannelli solari Pannelli solari Biogas Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche

Siviglia, Spagna Vancouver, Canada Phoenix, USA Calgary, Canada Amburgo, Germania Erlangen, Germania Danbury, CT-USA Madrid, Spagna Bagsværd, Danimarca Warwick, Gran Bretagna Bielefeld, Germania Sulzemoos, Germania Thalheim, Germania Amburgo, Germania Bonn, Germania Berlino, Germania Schwandorf, Germania Konstanz, Germania Wuxi, Cina Randers, Danimarca

CORSO DELL’AZIONE 31.12.2007

RENDIMENTO DAL 30.09.06 AL 31.12.2007

24,18 € 5,22 CAD 188,80 € 6,40 CAD 25,00 € 34,40 € 9,92 $ 31,98 € 582,00 DKK 11,67 $ 18,10 € 41,00 € 97,60 € 125,00 € 41,75 € 72,00 € 28,96 € 7,74 € 82,32 $ 552,00 DKK

6,57% -20,19% 5,30% 17,27% -34,37% -65,97% 12,17% 85,07% 29,74% -30,75% -60,35% 178,91% 202,17% 124,82% -3,65% 143,49% -17,52% 2,93% 116,49% 251,63%

+60,05% € = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi

n.92

è

in

libreria

In questo numero: La mondezza italiana Italia-Slovenia, frontiera abbattuta

92 2008

RIVISTA MENSILE DIRETTA DA GOFFREDO FOFI

ATTIVITÀ

anno XII numero 92 febbraio 2008 € 7,90

NOME TITOLO

Scienza e religione

Monnezza napoletana, monnezza italiana (Bettin, Braucci, Mossetti, Pascale) Scuola e immigrazione (Armellini, Carsetti)

Il nichilismo dei giovani

Zygmunt Bauman: Un mondo che cambia Scott Atran: I pregiudizi degli scienziati John Berger: Un mucchio di merda Abdellatif Kechiche: Seconda generazione Stefano Laffi: Chi è nichilista? Vittorio Giacopini: I critici senza progetto

I titoli di First Solar, Solar Millennium, Biogas Nord e Schmack Biogas sono entrati nell’Indice il 31.10.2007. Il loro rendimento risente dei rendimenti negativi dei titoli che hanno sostituito (Biopetrol, EOP Biodiesel, Pacific Ethanol, Suedzucker).

UN’IMPRESA AL MESE

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in collaborazione con www.eticasgr.it | 76 | valori |

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SOCIETÀ SOCIETÀ

Non vogliamo rischiare di sostenere 23,82% imprese che producono biocarburanti utilizzando le palme da olio colAmex Oil Index [in Euro] tivate in Indonesia o in Malesia, dopo aver raso al suolo la foresta plu60,05% viale. O la canna da zucchero che in Brasile minaccia la frontiera amazzonica. Né voValori New Energy Index [in Euro] gliamo contribuire alla speculazione sui prezzi del mais, che ha scatenato una guerra Rendimenti dal 30.09.2006 al 31.12.2007 tra le esigenze energetiche dei Paesi ricchi e i bisogni alimentari dei Paesi poveri. Prima della fine dell’anno abbiamo fatto uscire dal nostro Biogas Nord www.biogas-nord.de Sede Bielefeld (Germania) Indice verde le azioni di Biopetrol, Eop BiodieBorsa FSE – Francoforte sul Meno sel, Suedzucker e Pacific Ethanol. Al loro posto Rendimento 29.09.06 – 31.12.07 n. d. sono entrati due produttori di pannelli solari Attività Biogas Nord è un’impresa specializzata nella costruzione e progettazione di (First Solar e Solar Millennium) e due imprese impianti per il recupero del biogas generato dalla fermentazione di residui organici che costruiscono impianti per la generazione agricoli e industriali. Fondata nel 2000, è entrata in borsa nel dicembre del 2006. Biogas Nord ha installato oltre 150 impianti per un totale di 50 MW prodotti. di biogas. Si chiamano Biogas Nord e Schmack Biogas, sono entrambe tedesche e puntano sulRicavi [Milioni di €] Utile [Milioni di €] Numero dipendenti 2005 la produzione di gas da scarti organici agricoli 2006 1,34 0,800 105 e industriali. Il gas può essere poi trasformato in elettricità, calore o carburante. I rifiuti pro50 0,5 ducono energia. Nei prossimi mesi vedremo se saranno in grado di produrre anche buoni ren0,234 dimenti per l’indice verde di Valori.

A

L BIOETANOLO PREFERIAMO IL BIOGAS.

SCIENZA SCIENZA

Una lettera di Arthur Penn

CULTURA CULTURA

di Mauro Meggiolaro

Bauman: un mondo che cambia

ARTE ARTE

Fuori l’etanolo Entra il biogas

Omaggio a John Berger

Poesie di Michele Ranchetti

Baremboim, musica e politica Calvino e la scienza S P E D . R O M A

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A scuola con gli stranieri Notizie da Scampia

www.lostraniero.net Redazione: via degli Scialoia 3 00196 Roma tel. 06/36002516 fax 06/32828240 lo.straniero@contrasto.it


| padridell’economia |

Jan Tinbergen

Anno 8 numero 56. Febbraio 2008. € 3,50

valori

Metodi per lo sviluppo del mondo

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Erbe medicinali

di Francesca Paola Rampinelli

possibilità di vita dignitosa e confortevole per tutti i cittadini del mondo». Questa affermazione, che oggi ci appare lapalissiana, fu in realtà assolutamente innovativa e pose le basi per quella che è l’attuale politica degli aiuti internazionali. Fu pubblicata nel 1977 nell’ambito del progetto RIO (Reshiping International Order), elaborato dal premio Nobel olandese Jan Tinbergen, per il Club di Roma, un gruppo di pensatori e scienziati fondato nel 1968 dal professore italiano Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King. A Jan Tinbergen fu assegnato il primo premio Nobel per l’economia, nel 1969, insieme al norvegese Ragnar Frisch, “per aver sviluppato ed applicato modelli dinamici nell’analisi dei processi economici (con riferimento alle specificazioni matematiche di Frisch e alle quantificazioni empiriche di Tinbergen)”. Tinbergen, nato all’Aia, il 12 aprile 1903 e morto nella stessa città nel 1994, era il maggiore dei cinque figli di Dirk Cornelis Tinbergen e Jeannette van Eek. Jan studia matematica e fisica all’Università di Leida, e dopo il Ph.D., dal 1929 al 1945 lavora per l’istituto statistico olandese, oltre a ricoprire il ruolo di professore alla Erasmus-Universität Rotterdam, della quale fonda l’Istituto di Econometria. Nel 1945 dà vita all’Ufficio olandese per l’Analisi della Politica Economica che dirigerà per circa un decennio. Entra far parte della Reale Accademia olandese delle Arti e delle Scienze e dell’Accademia Internazionale delle Scienze e, nel 1960, viene nominato presidente del Comitato dell’ONU per la pianificazione e lo sviluppo. La sua opera più importante è L’Econometria, nella quale si compie una Il professore olandese, primo Nobel brillante sintesi della teoria keynesiana e dell’analisi per l’economia nel 1969, per aver quantitativa dei fatti economici creando nuove formule “studiato ed applicato modelli operative nel campo della politica economica. Seguono, dinamici nell'analisi dei processi economici” fu tra gli ispiratori della tra gli altri, i testi “Sviluppo e pianificazione” e “Politica economica: principi e disegni”, ma Tinbergen diventa politica degli aiuti internazionali famoso per la regola omonima. Il professore olandese, inoltre, sviluppa il primo modello macroeconomico nazionale, che, costruito sulle caratteristiche dei Paesi Bassi, in seguito, dopo la Seconda guerra mondiale, sarà applicato agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna. Negli anni Sessanta Tinbergen sostiene che un Paese ben governato fa uso di tre istituzioni finanziarie chiave: una banca centrale che sorvegli che il denaro circolante abbia più valore possibile; delle banche che, sulla base dei risparmi dei cittadini, aprano possibilità di investimento alle imprese e un ministero delle Finanze che riscuota le tasse e spenda secondo i piani e le priorità accordate. Con il progetto RIO Tinbergen, spiega che, per ottenere una possibilità di vita dignitosa e confortevole per tutti i cittadini del mondo, è necessario «il conseguimento e perseguimento costante dei valori di: equità, libertà, democrazia e partecipazione, solidarietà, rispetto e sviluppo delle differenze culturali, difesa dell’ambiente» e che le nuove strategie di sviluppo debbono essere caratterizzate da cinque componenti fondamentali: il soddisfacimento dei bisogni, l’eliminazione della povertà, l’autonomia e la partecipazione nello sviluppo, l’esercizio del pubblico potere e un ecosviluppo equilibrato. Il premio Nobel olandese è tra i primi a prendere coscienza del problema ambientale in tutta la sua drammaticità, quando nel 1972 scrive che «il futuro di tutti i Paesi è diventato meno sicuro da quando una serie di ricerche hanno messo in luce la possibilità di un rapido deterioramento dell’ambiente e di un esaurimento altrettanto rapido delle riserve naturali».

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MAYA GODED / MAGNUM PHOTOS

«L’

OBIETTIVO FONDAMENTALE DELLA COMUNITÀ MONDIALE potrebbe essere espresso come segue: porre le basi di una

Dossier > La prima mappa di indicatori alternativi per le buone economie

Aboliamo il Pil Internazionale > Africa: i diamanti continuano a mietere vittime Finanza > I clamorosi, e discutibili, successi degli antivivisezionisti Economia solidale > I numeri esplosivi dell’energia fotovoltaica Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.

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