Mensile Valori n. 120 2014

Page 1

Cooperativa Editoriale Etica

Anno 14 numero 120 luglio-agosto 2014

€ 4,00

Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, NE/VR. Contiene I.R.

PROPRIETÀ ARCHIVIO FOTOGRAFICO CONSORZIO DI GESTIONE DI TORRE GUACETO

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

SE IL CALCIOMERCATO DIVENTA EVASIONE

finanza

BANANE&CO: IL BOOM DELLA FRUTTA ESOTICA

economia solidale

EXPO: ISRAELE FA LEZIONE ALLA LOMBARDIA

internazionale

Capitali naturali

L’Italia ha un tesoro fatto di aree protette. Una risorsa per rilanciare l’economia del territorio



editoriale

IL VALORE ECONOMICO DELLA NATURA di Giampiero Sammuri

L’AUTORE

GIAMPIERO SAMMURI

Nato a Roma 60 anni fa, ha sempre vissuto in Maremma, in provincia di Grosseto. Laureato in Scienze biologiche e specializzato in Pubblica Amministrazione, è stato presidente del Parco della Maremma dal 2000 al 2012. È presidente di Federparchi-Europarc Italia dal 2009 e membro della giunta di Europarc Federation. Dal gennaio 2012 il responsabile della protezione civile nazionale lo ha nominato “soggetto attuatore” per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti della Costa Concordia. È stato docente all’Università di Siena nel corso di Gestione e conservazione del patrimonio naturale.

E

siste un complicato (e non sempre evidente) rapporto tra parchi ed economie. Ma parlare di questi temi, ora più che mai, non va di moda, perché l’opinione pubblica è stata abituata nel tempo a non connettere aree protette con l’economia, a non pensare che la biodiversità sia il fondamento di un piccolo/grande sistema economico. Secondo alcuni la biodiversità va protetta a prescindere, solo per motivi etici, senza ricercare per forza un legame con un vantaggio misurabile in moneta. È una posizione che sento di condividere. Credo che sia giusto lavorare molto sull’educazione ambientale per diffondere sani principi al pubblico più vasto possibile e alle future generazioni. Detto questo, però, è opportuno anche quantificare il valore della biodiversità in termini economici; opportuno e utile ai fini della conservazione, tanto più in un momento di crisi mondiale come quello che stiamo vivendo. Lo suggeriscono autorevolissimi soggetti internazionali, che operano nel campo della tutela e della salvaguardia della natura, dall’IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) al WWF. L’Onu, non a caso, ha chiesto che entro il 2020 i valori della biodiversità siano inclusi nei processi contabili e nei reporting nazionali. L’IUCN sta per organizzare il congresso mondiale sui parchi a Sidney nel novembre 2014. Nei documenti introduttivi ha individuato cinque priorità per le aree protette nel mondo: conservazione della natura; capacità di sviluppo; raggiungimento della qualità gestionale; rispetto per le popolazioni locali e ricerca di soluzioni contro l’estinzione globale e il cambiamento climatico. Cinque priorità che legano insieme aree protette, biodiversità e green economy. La Cbd (Convenzione per la diversità biologica), nel Global Biodiversity Outlook, affer-

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

ma dal 2010 che le aree protette sono una delle poche realtà che può essere monitorata a livello globale e una delle poche misure di conservazione di successo a qualunque scala. Rispettare le popolazioni locali vuol dire renderle partecipi dei benefici, anche economici, della conservazione della biodiversità. L’IUCN, con questa posizione netta, mette una pietra tombale su una vecchia idea di conservazione della biodiversità che tendeva a escludere dai benefici economici, quando non ad allontanarle dai propri territori, le popolazioni locali. In futuro la qualità e i risultati ottenuti dalla gestione, in termini sia di conservazione della biodiversità che di sviluppo economico, dovranno quindi essere misurati e valutati. Fondamentale soprattutto per rendere consapevoli i governi dei vantaggi ottenuti dall’investimento di risorse per la gestione delle aree protette. L’economia che si basa sulla corretta gestione e salvaguardia degli ecosistemi fa parte di quella grande famiglia che si chiama green economy, anche se normalmente si lega questo termine prevalentemente all’uso delle energie rinnovabili o alle cosiddette “imprese verdi”. È questa la nuova visione dell’IUCN verso il congresso mondiale dei parchi. C’è, insomma, un’evoluzione del concetto di area protetta, con l’inevitabile necessità di integrare nuovi compiti. L’esperienza dei parchi italiani, che da sempre si misurano con le pressioni e le esigenze di un contesto antropizzato, ha prodotto diverse buone pratiche e soluzioni che, opportunamente analizzate, potrebbero contribuire in maniera determinante al dibattito internazionale. Di contro le proposte individuate negli altri Paesi, specie in tema di governance ed efficacia di gestione, potrebbero rappresentare un utile contributo a migliorare il lavoro delle aree protette italiane. ✱ 3


fotoracconto 02/05

Fu una firma su un pezzo di carta a determinare il futuro di una delle specie animali oggi più note e ammirate da chi decide di passare qualche giorno sulle Alpi. Era il 1856 (l'Italia unitaria ancora doveva vedere ufficialmente la luce) e, per far fronte alla drammatica diminuzione di stambecchi fra le montagne del Gran Paradiso (nella foto in alto), Vittorio Emanuele II decise di fare di quei luoghi “Riserva Reale di Caccia". Passarono altri 63 anni e l’allora re Vittorio Emanuele III 4

cedette la proprietà e i diritti su quei territori allo Stato, con l’obbligo di farne una riserva naturale. Tre anni più tardi, il 3 dicembre 1922 fu istituito il primo Parco nazionale italiano. Negli anni, ne furono istituiti altri 23. La punta più avanzata di un gruppo di 871 aree protette (nel fotoracconto che scandisce le pagine di questo numero ne trovate qualche splendido esempio) che preservano il territorio, trasformano la natura in asset economico di sviluppo per le comunità locali e in polmoni per l’aria di tutti noi.

Da Nord a Sud, lungo tutta la Penisola, montagne, foreste, baie, animali, torrenti, specchi lacustri sono cruciali per tutelare la biodiversità del Pianeta e creano valore anche monetario a beni “intangibili”.

ARCHIVIO FOTOGRAFICO DEL PARCO NAZIONALE GRAN PARADISO

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


sommario

luglio-agosto 2014 mensile www.valori.it anno 14 numero 120 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 ROC. n°13562 del 18/03/2006 editore Società Cooperativa Editoriale Etica Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano promossa da Banca Etica soci Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa, Federazione Trentina della Cooperazione, Circom soc. coop. consiglio di amministrazione Antonio Cossu, Donato Dall’Ava, Maurizio Gemelli, Emanuele Patti, Marco Piccolo, Sergio Slavazza, Fabio Silva (presidente@valori.it). direzione generale Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it) collegio dei sindaci Mario Caizzone, Danilo Guberti, Giuseppe Chiacchio (presidente) direttore editoriale Mariateresa Ruggiero (ruggiero.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) caporedattore Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it) redazione Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano (redazione@valori.it) hanno collaborato a questo numero: Paola Baiocchi, Andrea Barolini, Alberto Berrini, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Luca Martino, Valentina Neri, Andrea Vecci grafica, impaginazione e stampa Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento) fotografie e illustrazioni Enzo Massa Micon (Archivio fotografico del Parco nazionale Gran Paradiso); Archivio fotografico Consorzio di Gestione di Torre Guaceto; Giovanni Cavulli, Pio Geminiani, Andrea Parolin (Fototeca Trentino Sviluppo S.p.a.); Carmelo Pizzuti (Parco nazionale del Pollino); Pier Augusto Panzalis; Adrian Petty (commons.wikimedia.org) distribuzione Press Di - Segrate (Milano)

È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.

fotoracconto 01/05

1.200 ettari di terra e 8.000 metri di fronte marino della Riserva naturale di Torre Guaceto, nell'alto Salento. Un modo per valorizzare anche le preziose coltivazioni agricole (77% dell'area) e l'olio extravergine d'oliva bio

dossier

8 capitali naturali

PROPRIETÀ ARCHIVIO FOTOGRAFICO CONSORZIO DI GESTIONE DI TORRE GUACETO

In Italia ci sono 871 zone protette, tra parchi, riserve e aree marine.

Oltre 11 miliardi di euro il fatturato dal turismo dei parchi. E le aree tutelate ospitano 756mila imprese. Una risorsa che valorizza il territorio.

global vision finanza etica

7

Calcio-evasione: tutti pazzi per il triangolo Accesso al credito. E se un po’ d’ombra ci facesse bene? Missione etica: contagiare il sistema

numeri della terra economia solidale

28

Banane&Co. Così cambia il mercato globale La competitività resiliente delle imprese italiane Quando l’università premia il sociale

31 35 37

social innovation internazionale

41

Expo: Israele scende in campo Modello agricolo d’esportazione Il mercato del sesso alla ricerca di un freno In Bretagna l’eolico è cittadino e cooperativo

43 45 47 49

consumi di territorio bancor

51 54

Il Forest Stewardship Council® (FSC®) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali. Involucro in Mater-Bi®

ABBONAMENTI 2014 valori [10 numeri]

Lettere, contributi, informazioni, promozione, Per informazioni sugli abbonamenti scrivete a abbonamenti@valori.it. I nostri uffici sono aperti dal lunedì al giovedì, dalle 9.00 alle 13.30 Via Napo Torriani, 29 / 20124 Milano tel. 02.67199099 /fax 02.67479116 Ordinario cartaceo - scuole, enti non profit, privati - enti pubblici, aziende Only Web Reader Cartaceo+Web Reader

Annuali

Euro 38 Euro 48 Euro 28 Euro 48

Biennali Euro 70 Euro 90 Euro 50 Euro 85

Abbonamenti cumulativi

Assieme a Valori sottoscrivi un abbonamento annuale a una delle riviste riportate di seguito: risparmierai e riceverai più informazione critica, sostenibile, sociale e di qualità. Valori + Africa [6 numeri] euro 60 (anziché 76 €)

Valori + Altreconomia [11 numeri] euro 72 (anziché 76 €) Valori + Italia Caritas [10 numeri] euro 49 (anziché 53 €)

Valori + Mosaico di Pace [11 numeri] euro 62 (anziché 71 €) Valori + Nigrizia [11 numeri] euro 64 (anziché 73 €)

Valori + Terre di Mezzo [11 numeri] euro 60 (anziché 71 €)

19 23 25

Versamenti

✱ carta di credito sul sito www.valori.it sezione come abbonarsi Causale: abbonamento/Rinnovo Valori

✱ bonifico bancario c/c n° 108836 - Abi 05018 - Cab 01600 - Cin Z Iban: IT29Z 05018 01600 000000108836 della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato


valori cambia faccia vuoi scoprirlo?

ABBONAMENTO ANNUALE O BIENNALE IN TRE FORMATI su carta Cooperativa Editoriale Etica

Anno 14 numero 120 luglio-agosto 2014 Cooperativa Editoriale Etica

Anno 14 numero 120 luglio-agosto 2014

€ 4,00 € 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

finanza

BANANE&CO: IL BOOM DELLA FRUTTA ESOTICA

EXPO: ISRAELE FA LEZIONE ALLA LOMBARDIA

internazionale

Capitali naturali

internazionale

Capitali naturali

ANNUALI

[PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO]

ordinario su carta + web reader

48 € ANNUALI

t /PeriodiciValori

EXPO: ISRAELE FA LEZIONE ALLA LOMBARDIA

28 €

ANNUALI

/PeriodiciValori

finanza

economia solidale

all inclusive

38 €

G

SE IL CALCIOMERCATO DIVENTA EVASIONE

BANANE&CO: IL BOOM DELLA FRUTTA ESOTICA

L’Italia ha un tesoro fatto di aree protette. Una risorsa per la nostra economia

L’Italia ha un tesoro fatto di aree protette. Una risorsa per la nostra economia

seguici su:

PROPRIETÀ ARCHIVIO FOTOGRAFICO CONSORZIO DI GESTIONE DI TORRE GUACETO

only web reader

SE IL CALCIOMERCATO DIVENTA EVASIONE

economia solidale

Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, NE/VR. Contiene I.R.

Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, NE/VR. Contiene I.R.

PROPRIETÀ ARCHIVIO FOTOGRAFICO CONSORZIO DI GESTIONE DI TORRE GUACETO

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Ĵ

/PeriodiciValori

info abbonamenti anche su sito www.valori.it

su pe mis r ur te a !


global vision

l’europa e la crisi

di Alberto Berrini

HTTP://COMMONS.WIKIMEDIA.ORG / ADRIAN PETTY

l’opzione draghi

n Italia, alle recenti elezioni europee, il populismo anti-euro non ha sfondato. Ma in diversi Paesi ha raccolto risultati tali da far apparire evidente il disagio sociale che pervade il Vecchio Continente, non solo nelle sue aree periferiche (si pensi agli allarmanti risultati elettorali di Francia e Inghilterra). Ciò che è messo in discussione, o almeno dovrebbe esserlo, è la politica economica dell’austerity, imputata principale della situazione di quasi-deflazione in cui versa l’economia europea. In mancanza o in attesa (speriamo!) di un cambiamento in senso espansivo della politica fiscale (che comporterebbe non pochi problemi nei rapporti tra i Paesi membri), i vertici di Bruxelles hanno deciso di delegare a Francoforte, ossia alla Banca centrale europea, il compito di spingere l’economia europea fuori dalla crisi. La riunione dello scorso 5 giugno della Bce sembra, in effetti, rappresentare un punto di svolta della politica monetaria europea, valutata fino a ieri troppo “conservativa”, soprattutto se paragonata al ruolo svolto nella crisi dalla Fed e dalla Banca del Giappone, rispetto al rischio deflazione che incombe sull’economia del Vecchio Continente. Queste le principali misure adottate dalla Banca centrale europea: • la riduzione allo 0,15% (dal precedente 0,25%) del principale tasso con il quale rifinanzia le banche; • l’interesse pagato dagli istituti di credito sui propri depositi presso la Banca centrale diventa negativo: -0,1%. Ciò significa che le banche devono pagare per lasciare i propri fondi in parcheggio presso la Bce;

i

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

• un programma di finanziamento quadriennale ad un basso tasso di interesse (con un tetto di 400 miliardi) chiamato Tltro (targeted long-term refinancing operations). In questo modo si cerca di indurre le banche a richiedere liquidità che venga poi impiegata in prestiti per imprese e famiglie. Ne sono esclusi i mutui (per evitare l’emergere di bolle immobiliari) e l’acquisto di titoli di Stato (per essere sicuri che tale liquidità sia indirizzata all’economia reale). Misureremo nei prossimi mesi l’efficacia di tale intervento sulla base dei risultati che farà registrare l’economia europea. Se un allentamento della politica monetaria è condizione necessaria per avviare una politica di crescita economica per l’Europa (riducendo il costo di finanziamento di investimenti e debito pubblico), non è detto che sia anche sufficiente. Ciò che spesso si dimentica è il ruolo giocato dai mercati finanziari nell’accompagnare le politiche monetarie intraprese dalle Banche centrali. Secondo Keynes una politica monetaria espansiva incide positivamente su crescita e occupazione solo a condizione che venga “accettata” e sostenuta dai mercati finanziari. Questi, infatti, non solo svolgono la funzione di riallocare (tra operatori in surplus, famiglie e banche, e operatori in deficit, imprese e Stato) la liquidità creata. Ma, ancor più che ai tempi di Keynes, partecipano direttamente ai processi di finanziamento dell’economia reale, sostenendo o meno gli investimenti. In altre parole sono i mercati finanziari e le loro aspettative di guadagno a determinare, decidendone i finanziamenti, il processo di accumulazione, ossia il livello e la qualità degli investimenti nelle economie odierne. Negli anni della crisi gli investimenti sono la variabile che più ha inciso negativamente sulla crescita europea. Tra il 2007 e il 2012 il calo degli investimenti in Europa è stato pari a 475 miliardi di euro, la componente più rilevante della riduzione del Pil reale. La conclusione è che serve un deciso cambiamento di paradigma dell’intera politica economica europea. L’“opzione Draghi” è utile, ma solo se accompagnata da una politica fiscale indirizzata in senso espansivo, ossia l’abbandono dell’austerity. E dove lo Stato torni a giocare un ruolo imprenditoriale (M. Mazzucato, Lo Stato innovatore). ✱ 7


DOSSIER

fotoracconto 03/05 Uno dei 5mila camosci del Parco Nazionale dello Stelvio. Una ricerca realizzata dai tecnici della Provincia Autonoma di Trento ha scoperto che, senza il Parco, il numero di turisti diminuirebbe, di colpo, del 10%.

10 / Italia regina di fiori 12 / Quel tesoro nascosto nella tana di Yoghi 14 / Un parco sano è costruito dal basso 16 / Dove c’è capitale c’è speculazione


fototeca trentino sviluppo s.p.a. FOTO DI andrea parolin

In Italia ci sono 871 zone protette, tra parchi, riserve e aree marine. Una risorsa preziosa, per la tutela dell’ambiente e della biodiversità. E per un rilancio dell’economia

Oltre 11 miliardi di euro il fatturato dal turismo dei parchi. E le aree tutelate ospitano 756mila imprese. Una risorsa che valorizza il territorio, di cui bisogna prendersi più cura

CAPITALI NATURALI


DOSSIER CAPITALI NATURALI

Italia regina di fiori di Corrado Fontana

Il patrimonio italiano di parchi e biodiversità è il più ricco d’Europa e vale molto anche in termini economici. Una fonte di sviluppo sano. Ma il rischio di finanziarizzazione della natura è dietro l’angolo

E

urostat ha deciso che, nel calcolo delle prestazioni economiche di ogni Paese membro, da quest’anno si dovrà computare anche una stima delle attività illegali. Traffico di stupefacenti, prostituzione, contrabbando. Se non fossero ambiti legati alla criminalità, potremmo quasi rallegrarcene, visto il know how e i risultati che l’Italia vanta in questi settori. Ma meglio staremmo se invece l’Europa considerasse – e noi esaltassimo – il valore economico e produttivo, culturale e ambientale del patrimonio nazionale conservato nelle aree protette. Perché, ricorda il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, «l’Italia è il Paese europeo più ricco di biodiversità: considerando specie animali e vegetali, avremmo con la Germania uno spread sulla biodiversità di 520 punti base in nostro favore». E va detto che la nostra capacità di proteggere questa ricchezza è tutt’altro che trascurabile: in Germania due specie simbolo come l’orso e il lupo sono ad esempio estinte da tempo. L’Italia è prima in Europa per numero assoluto di specie floreali, vanta oltre 58mila specie animali (più di un terzo della fauna europea) e 9mila tra piante, muschi e licheni (la metà dei vegetali del continente). Un’ampia “fetta” di natura di cui abbiamo saputo tutelare la bellezza, e che per questo è diventata molto redditizia.

FESTAMBIENTE 2014

MONTAGNE DI DENARO

Dall’8 al 17 agosto torna Festambiente, a Enaoli (Gr), alle porte del Parco Naturale della Maremma. Festa della natura ma anche del palato, tra conferenze e concerti, cucina sostenibile e mercatini. Per informazioni www.festambiente.it

Sull’importanza economica delle nostre bellezze naturali, in attesa dello studio approfondito – ma per ora segretissimo – che Unioncamere e il ministero dell’Ambiente stanno elaborando da mesi, alcuni dati significativi esistono già. A cominciare da quelli pubblicati ad aprile nell’XI Rapporto Ecotur sul Turismo natura. Nel 2013 ben 101 milioni di per-

10

sone hanno visitato i parchi italiani (+1,48% rispetto al 2012) e il settore ha prodotto un fatturato complessivo di 11 miliardi e 378 milioni di euro, con un aumento del 4,1% rispetto all’anno precedente. Un contributo enorme al Pil italiano, con un ulteriore guadagno dovuto alla crescita dell’incidenza di turisti stranieri, cioè il 40,2% del totale, che spendono mediamente 100 euro al giorno a fronte dei 65 euro di un italiano. E, se il parco più richiesto dagli italiani è quello d’Abruzzo (21%), seguito da Gran Paradiso (17%) e dalle Dolomiti Bellunesi (11%), gli stranieri preferiscono il Parco delle Cinque Terre (25%). Risultati positivi. Anche perché in netta controtendenza rispetto a quelli degli altri comparti turistici; nonché da apprezzare per le loro “esternalità positive”, prodotte senza essere conteggiate nei bilanci. Immaginiamo, infatti, quante emissioni inquinanti vengono evitate da un turismo che si muove nella natura soprattutto in bicicletta (30%) e a piedi (21%); o consideriamo il ruolo di difesa dal dissesto idrogeologico che un bosco svolge solo per il fatto di esserci ed essere ben mantenuto (chiedetelo nelle zone alluvionate in Liguria).

UNA CULLA ANCHE PER LE IMPRESE Di più. A dicembre 2013 il ministero dell’Ambiente snocciolava alcuni numeri interessanti, nati dalla collaborazione con Unioncamere: le aree protette ospiterebbero 756mila imprese e il 17% degli insediamenti produttivi nazionali; avrebbero generato nel 2011 ben 34,6 miliardi di euro, ovvero il 3,2% della ricchezza nazionale complessiva, ma su un territorio che copre il 5% della nostra penisola. Nei parchi nazionali, poi, le imprese crescerebbero il doppio rispetto alle aree vicine, occupando il 10% valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014


DALLA PERIFERIA AL CENTRO Insomma, i parchi da tipici soggetti “politicamente deboli” e territorialmente ai margini nel XIX secolo diventano oggi custodi di un patrimonio ancora ben conservato e, soprattutto, visto quale fonte imprescindibile di futuro per le comunità. Tanto che oggi può accadere di sentire Marzio Marzorati, responsabile parchi di Legambiente Lombardia, raccontare di quando «sono venuti gli agricoltori della Franciacorta per chiedere a noi ambientalisti di fare un parco: mai successo! Perché è l’unica idea che hanno per conservare quella bellezza che è condizione di sviluppo economico e produttivo». Un concetto che però non è ancora totalmente interiorizzato. «Oggi – prosegue Marzorati – siamo arrivati all’idea che quest’area protetta (il Parco delle Groane, ndr), che una volta era ai margini, è nel cuore della città. La bellezza è stata circondata da uno sviluppo precario, fitto di aree dismesse e non bonificate, frutto di uno sviluppo oggi insostenibile, con un consumo di suolo esagerato che ha soffocato i parchi».

LA NATURA, MOTORE DI SVILUPPO Di sicuro i ragionamenti su come mettere al centro del rilancio del Paese le risorse naturali si moltiplicano, in un dibattito che ha tra i documenti valutativi principali un rapporto pubblicato dal consorzio Aaster (Il parco come luogo di intreccio tra green economy e green society) e curato dal suo direttore Aldo Bonomi, il quale, nel delineare l’evoluzione dei parchi in relazione al tessuto produttivo del Paese, ridefinisce la green economy come «capitalismo che incorpora il concetto del limite, cioè all’interno dei propri processi di produzione, profitto e rapporto con la natura. Questo è il grande traguardo e punto d’incontro, non più basato solo su equilibri di forza, ma di strategia. D’altra parte le aree protette devono capire che dentro la green economy è mutato il loro spazio di posizione: parchi come quello del Ticino e dell’Adda sono immersi in una piattaforma produttiva da mezzo milione di imprese e attività economiche, con 6 milioni di addetti in un’area metropolitana in costruzione». Sul fatto se, però, la natura abbia un valore proverbialmente inestimabile o non sia invece valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014

FONTE: RAPPORTO AASTER IL PARCO COME LUOGO DI INTRECCIO TRA GREEN ECONOMY E GREEN SOCIETY

in più di donne e di giovani, e con una maggiore propensione al sociale e alla forma cooperativa. Senza tener conto di una stima secondo cui «la creazione di valore in diretta dipendenza dell’esistenza dell’area protetta varrebbe in tasse circa 25 volte di più di ciò che lo Stato spende per i 24 parchi nazionali italiani». Che tuttavia non è molto: alle aree marine vengono destinati appena 4 milioni di euro l’anno.

FONTE: MINISTERO DELL’AMBIENTE E FEDERPARCHI

CAPITALI NATURALI DOSSIER

Penisola ad alta protezione

In Italia ci sono 24 parchi nazionali, 134 parchi regionali, 30 aree marine protette. Se si considerano le riserve statali, regionali e le altre aree tutelate si arriva a un totale di 871 aree protette. Alle quali vanno aggiunti gli oltre 2.500 siti della Rete Natura 2000, istituiti per le Direttive europee su habitat e uccelli. I parchi nazionali coprono 14.656 kmq, il 4,8% del territorio Parco Reg. delle Dolomiti d’Ampezzo sup. 11.320,00 ha

Parco Naz. del Gran Paradiso sup. 71.043,00 ha Parco Reg. Alpi Marittime sup. 28.455,49 ha

nazionale: un’estensione di poco inferiore a quella dell’intera Calabria. I parchi regionali arrivano a poco più di 17mila kmq, pari al 5,7% del territorio nazionale, più o meno quanto il Lazio. Al netto delle sovrapposizioni, sommando l’estensione delle aree protette e dei siti Rete Natura 2000, all’incirca il 22% dell’Italia è posto sotto tutela. [C.F.]

dalle alpi al mare l’italia SOttO tUtela

Parco Reg. delle Dolomiti Friulane sup. 36.950,00 ha Parco Reg. dell’Adamello Brenta sup. 62.052,00 ha

Parco Reg. del Fiume Sile sup. 4.159,00 ha

Parco Reg. Delta del Po Veneto sup. 12.592,00 ha Parco Reg. Delta del Po Emiliano-Romagnolo sup. 53.653,00 ha

Parco Reg. Adda Nord sup. 7.400,00 ha Parco Naz. delle Cinque Terre sup. 3.860,00 ha

Parco Naz. dell’Arcipelago Toscano sup. 17.887,00 ha - 56.776,00 ha mare

Parco Naz. delle Foreste Casentinesi sup. 36.426,00 ha Parco Reg. Gola della Rossa e Frasassi sup. 10.026,00 ha

Parco Reg. della Maremma sup. 9.000,00 ha

Parco Naz. dei Monti Sibillini sup. 71.437,00 ha Parco Naz. del Gran Sasso sup. 148.935,00 ha

Parco Naz. del Vesuvio sup. 8.482,00 ha

Parco Reg. Riviera di Ulisse sup. 434,00 ha - 80,00 ha mare

Parco Reg. del Partenio sup. 14.870,00 ha

Area Marina Protetta Capo Carbonara sup. 14.360,00 ha mare

Parco Reg. dell’Etna sup. 58.095,00 ha

Area Marina Protetta Tavolara Punta Coda Cavallo sup. 15.357,00 ha mare

Area Marina Protetta Torre Guaceto sup. 2.227,00 ha mare

Parco Naz. dell’Alta Murgia sup. 68.077,00 ha

utile e opportuno (o inevitabile) quantificare in denaro la sopravvivenza di una specie come l’orso marsicano nel Parco nazionale d’Abruzzo, il dibattito è molto acceso a livello internazionale (vedi ARTICOLI alle pagg. 16-17): il concetto di capitale naturale, che prevede una valutazione economica delle risorse ambientali, appare esposto ai rischi di finanziarizzazione selvaggia, nuova frontiera per gli speculatori. ✱ 11


DOSSIER CAPITALI NATURALI

Quel tesoro nascosto nella tana di Yoghi di Emanuele Isonio

Ogni anno, la presenza dell’orso attira nel Parco d’Abruzzo un milione e mezzo di turisti. E il Trentino ha calcolato in 300 milioni di euro le ricadute positive assicurate dall’esistenza delle aree protette

A

chi ha il mattone nel sangue e non vede profitti se non nel cemento, tremeranno i polsi. Ma cifre, analisi e testimonianze che arrivano dai luoghi destinati a riserve naturali concordano su un fatto: i parchi sono un ottimo investimento. Non solo (come potrebbe apparire ovvio) dal punto di vista ambientale. Ma per le ricadute economiche che la creazione di un’area protetta sa offrire alla comunità che la ospita. Quantificazioni globali e approfondite della realtà italiana ancora non esistono. Ma i dati provenienti dall’estero (vedi ARTICOLO in basso) e le ricerche sviluppate in ambito locale evidenziano come l’eventuale abolizione di un parco naturale avrebbe conseguenze negative sull’economia dell’area.

UN DATORE DI LAVORO PER L’ECONOMIA LOCALE In Abruzzo, ad esempio, è stato indagato il rapporto tra presenze turistiche e la tutela dell’orso marsicano. Il Parco nazionale conta una cinquantina di esemplari (erano 40 del 2008). Una presenza che, da sola, farebbe incrementare gli arrivi di visitatori: «Un milione e mezzo di turisti ogni anno viene qui principalmente, se non unicamente, per la presenza dell’orso», spiega il biologo Francesco Petretti. «Un datore di lavoro che tiene in piedi l’economia locale, che non potrebbe contare su stabilimenti industriali né su imprese agricole rilevanti. Basti pensare che nei Comuni del Parco 138 esercizi commerciali richiamano il suo

RISERVE USA: IL COLOSSO CHE DECUPLICA GLI INVESTIMENTI di Emanuele Isonio

Per ogni dollaro investito dal Congresso, il sistema Parchi degli Stati Uniti ne produce dieci. Un contributo di 27 miliardi all’economia nazionale la loro superficie totale supera quella di italia e svizzera messe insieme. il reddito prodotto, considerato nel complesso, doppierebbe quello dell’islanda. i turisti che li 12

hanno visitati, da quando sono stati creati, sono una volta e mezza gli abitanti della terra. la rete dei parchi nazionali statunitensi è un colosso di 401 riserve e 49 aree “d’interesse nazionale” distribuite in tutti gli stati della federazione. imponente la dotazione economica: 3 miliardi di dollari ogni anno, stanziati dal congresso di Washington. Ma i vertici del national park service non vogliono sentir parlare di spesa. «un buon investimento», piuttosto. e dar loro torto è difficile: «per ogni dollaro investito dal congresso – spiega a Valori Jeffrey olson, portavoce del

nps – all’economia nazionale ne ritornano dieci. e nel sistema parchi non ci sono ulteriori investimenti dei singoli stati». e ovviamente nel conto vengono considerate solo le ricadute dirette, senza pensare ai servizi ecosistemici che una rete così ampia di aree protette garantisce. e così, scorrendo le pagine del rapporto sugli “effetti della spesa dei turisti” pubblicato ogni anno dal nps, si scopre che i 4,4 milioni di visitatori del grand canyon in arizona hanno speso quasi mezzo miliardo di dollari, producendo un valore aggiunto di valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014


CAPITALI NATURALI DOSSIER

nome nelle loro insegne. La tutela di questa specie è quindi un investimento economico prima ancora che un dovere morale». Anche perché quel milione e mezzo di turisti comprano gadget, mangiano nei ristoranti, dormono in hotel e residence.

900MILA NOTTI “PER IL PARCO” Un calcolo preciso su quanti turisti si muovano espressamente per visitare un parco l’hanno fatto in Trentino. Dove la Provincia autonoma ha prodotto il dossier finora più completo sull’indotto di un’area naturale. Un poderoso lavoro di indagine che ha evidenziato come un turista su 7 (circa il 14%) decida una vacanza “per” il parco: circa 100mila persone solo considerando la stagione estiva (giugno-settembre), per un totale di 900mila pernottamenti e una spesa diretta di 70 milioni. A tale dato si può poi aggiungere anche chi ha scelto una vacanza “in parte” per la presenza dei parchi naturali: 320mila persone, che hanno garantito 2,8 milioni di pernottamenti e una spesa di 230 milioni. Le ricadute dirette riconducibili alla presenza di aree naturali raggiungono quindi i 300 milioni.

CALCOLARE L’INTANGIBILE «Togliere una tutela all’ambiente naturale ridurrebbe l’attrattività dei nostri luoghi, rendendoli meno appetibili», spiega Claudio Ferrari, dirigente del dipartimento Valorizzazione aree protette della Provincia autonoma di Trento. «L’assenza dei parchi in Trentino non è quindi neppure ipotizzabile». Anche perché al danno economico diretto si dovrebbero aggiungere le esternalità positive per il territorio. «Un parco agevola uno sviluppo economico di 381 milioni e un output di 574 milioni. 470 milioni il “pil” prodotto dai 3,3 milioni di turisti dello Yellowstone in Montana. e 190 milioni arrivano dalle gole e dalle rocce dello Zion park nello utah (vedi TABELLA ). «i nostri parchi sono il motore dell’economia delle comunità locali», ha affermato il ministro dell’interno, sally Jewell. un sostegno nient’affatto marginale visto che le speParco Grand Canyon NP

Yellowstone NP

Yosemite NP

Zion NP

Visitatori non residenti 4.421.352

3.341.357

3.696.789

2.769.253

valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014

qualità, a basso impatto ambientale e conserva la biodiversità del Pianeta», spiega Mario Tozzi, ex presidente del Parco nazionale dell’Arcipelago toscano. «Una polizza sulla vita della nostra specie». Vantaggi solo apparentemente intangibili. I valori economici assicurati da un ecosistema sano, dalla disponibilità di risorse idriche pulite, di un territorio sotto controllo dal punto di vista geologico, di un patrimonio forestale che assorbe la CO2 causata dalle attività umane sono ben ormai calcolabili senza troppi problemi dagli economisti: «L’economia ecologica è assolutamente in grado di quantificare i danni causati alla collettività da un uso scriteriato delle risorse naturali. E per contro può quindi determinare i vantaggi materiali di un territorio gestito in modo responsabile», spiega Andrea Masullo, presidente del Comitato scientifico di Greenaccord. «Diffondere questo tipo di approccio quando si decide come utilizzare un’area aiuterebbe a orientarci verso metodi di sfruttamento più sostenibili». ✱

se dei turisti – si legge nel rapporto – permettono l’esistenza di 145mila posti di lavoro diretti ai quali si aggiungono altri 97mila dell’indotto per un totale di 9,3 miliardi di dollari di salari. e il contributo totale dei parchi all’economia a stelle e strisce ha sfiorato, nel 2012, i 27 miliardi di dollari. soldi che, per lo più, vanno a finanziare territori spesso lontani dai grandi centri di sviluppo industriale ed

Spesa Impatto della spesa dei visitatori non residenti visitatori Prodotto Reddito da Valore aggiunto non residenti Posti di lavoro lavoro ($000) ($000) ($000) ($000) 453.641,3

396.352,3

373.489,6

149.672,2

6.010

5.594

5.097

1.825

225.593,2

164.260,6

159.765,9 75.300,7

381.343,5

270.769,2

281.241,6

123.411,4

574.714,9

470.933,5

487.053,8

190.531,5

economico: 14,7 miliardi rimangono infatti alle comunità che vivono nel raggio di 60 miglia dai parchi. tenendo conto solo di bar e ristoranti, permettono l’esistenza di 50 mila posti di lavoro e 3 miliardi di prodotto. certo, si può obiettare che spesso la qualità di cibo e bevande nei menu usa non è da chef stellato né a chilometri zero. resta il fatto che il sistema dei parchi naturali è stato pensato per essere una risorsa economica del territorio e non solo uno strumento di tutela ambientale. e infatti, ogni visitatore in media lascia alle strutture ricettive della zona 129 dollari al giorno. a dimostrazione che oltre a possedere un patrimonio naturale di grande bellezza bisogna costruirci attorno un sistema che permetta di renderlo economicamente vantaggioso. 13


DOSSIER CAPITALI NATURALI

Un parco sano è costruito dal basso di Emanuele Isonio

Le migliori esperienze in giro per l’Italia rivelano: per realizzare un’area protetta efficace e che dia vantaggi al territorio occorre coinvolgere le popolazioni locali, valorizzando le realtà agricole e imprenditoriali

«È

la nostra tela dove dipingiamo soggetti sempre diversi». «È il compagno ideale delle nostre avventure». «Un luogo dove il linguaggio dell’arte si apre al paesaggio». «Un focolare accanto al quale sedersi per raccontare la nostra storia». Francesca, Antonio, Gaetano, Giuseppe sono quattro imprenditori che operano in settori molto diversi l’uno dall’altro: un’azienda che organizza corsi di rafting, un’impresa agricola, un’associazione per lo sviluppo artistico del territorio, una cooperativa di produzione di carni. Ad accomunarli il territorio nel quale vivono e lavorano: il Parco nazionale del Pollino, il più grande d’Italia, con 56 Comuni coinvolti e 175mila persone residenti. Un rapporto profondo

quello che hanno instaurato con la riserva naturale, che diventa socio-ombra, producendo valore aggiunto. Le loro testimonianze e attività, insieme a quelle di decine di altri imprenditori, sono state raccolte in un progetto – Pollino People Experience – promosso dalla Fondazione Symbola per le Qualità italiane insieme all’Ente Parco e alla Fondazione Telecom Italia. Un modo per trasformare i prodotti e le esperienze di chi vive il territorio in chiave di lettura per promuovere i vantaggi del Parco. Sono state quindi selezionate cento buone pratiche, capaci di far vedere le opportunità nascoste dietro al nostro patrimonio ambientale e culturale, materiale e immateriale. Guide di viaggio che aiutino i visitatori a scoprire (attraverso app, tablet, pc e una mappa) le peculiarità del Parco, i suoi segreti e sapori. Una riscoperta e valorizzazione dei mestieri in formato 2.0.

BIOECCELLENZE E AGRICOLTORI-CUSTODI

Parco nazionale del Gran Paradiso.

ARCHIVIO FOTOGRAFICO DEL PARCO NAZIONALE GRAN PARADISO enZo Massa Micon

14

Ma i parchi possono essere occasione anche di sviluppo di un tipo di agricoltura a basso impatto. Nel Parco del Gran Sasso e Monti della Laga al confine tra Abruzzo, Lazio e Marche, è stata ad esempio creata una rete di “agricoltori-custodi” che, coltivandole e scambiandole tra loro, tutelano decine di varietà colturali dal rischio di estinzione: grano “co yu calatro”, ceci neri di Camarda, grano solina, patata turchesa, lenticchie nere di Calascio, mais di Capitignano. «Le aree protette italiane possono rappresentare luoghi di eccellenza dove si sviluppano nuove esperienze, anche nell’agricoltura e nelle produzioni tipiche di qualità», spiega Cristina Grandi di AIAB, associazione che insieme al mivalori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014


CAPITALI NATURALI DOSSIER

SeCONde CaSe Nei parCHi: UN daNNO eCONOmiCO per il territOriO

nistero dell’Ambiente e a Federparchi ha sviluppato il progetto “Bioeccellenze nei Parchi nazionali”. Obiettivo: promuovere l’agricoltura biologica nelle aree protette, qualificare la produzione di beni agroalimentari con metodi ad hoc per le riserve naturali e offrire linee guida agli Enti Parco per promuovere lo sviluppo dell’agricoltura biologica nei propri territori.

C’è un altro dato che non va sottovalutato nella ricerca sul rapporto tra turisti e parchi realizzata dalla provincia autonoma di trento. a leggere i dati divisi per area protetta, si scopre che la spesa media di chi visita il parco di adamelloBrenta o quello delle pale di san Martino è sensibilmente più alta rispetto a quanto avviene nel parco nazionale dello stelvio: oltre 72 euro nei primi due casi, appena 50 nell’ultimo. una differenza apparentemente incomprensibile, visto che le tre aree sono divise da poche decine di chilometri. eppure c’è un aspetto a distinguerle, messo in evidenza dagli stessi estensori del rapporto: il tasso di seconde case. Molto più elevato nel territorio dello stelvio. e questo produrrebbe una sensibile contrazione della spesa media giornaliera. rischio cementificazione a parte, un fattore da tenere ben presente, quando si deve decidere se autorizzare la costruzione di appartamenti per i vacanzieri. perché, nel medio e lungo termine, potrebbe essere un boomerang anziché un volano per l’economia locale. [em.is.]

L’ESPERIENZA TRENTINA Iniziative cruciali se si vuole costruire un parco vivo e condiviso, evitando il rischio che divenga un santuario immutabile, inviso alla popolazione del posto. Una lezione che hanno imparato le aree a più alta densità di riserve naturali. «I parchi devono essere il più possibile creati dal basso rendendo le comunità consapevoli del percorso da svolgere e dei possibili vantaggi», spiega Mauro Gilmozzi, assessore all’Ambiente e alle Infrastrutture della Provincia autonoma di Trento, territorio che vede il 33% della propria superficie vincolata a parco. «Ma sono parchi attivi, nei quali vengono coinvolti gli Enti locali e le associazioni di cittadini. L’idea secondo cui la natura non va toccata è sbagliata», prosegue Gilmozzi. «Non è escludendo l’uomo che si fa protezione ambientale, ma investendo nel corretto rapporto tra uomo ed ecosistemi». Tre i criteri da seguire per raggiungere l’obiettivo: percorsi partecipati, responsabilizzazione, attività culturali. «Ecco perché serve un sistema di valorizzazione delle realtà produttive dei parchi e delle iniziative turistiche che in essi si svolgono. Le nostre esperienze hanno evidenziato che i parchi funzionano solo se attorno alla loro nascita ci sono investimenti economici adeguati e scelte politiche lungimiranti (ad esempio, no a nuovi comprensori sciistici ma sì a collegamenti tra quelli esistenti, per ridurre il traffico su gomma). Altrimenti, i vincoli rischiano di essere addirittura controproducenti». ✱

tUtelare e reiNSerire i deteNUti al SerViZiO dell’amBieNte

il primo ad accoglierli sarà il parco delle cinque terre. capofila di un progetto che dovrebbe portare anche in italia una strategia già usata all’estero: utilizzare i detenuti per la manutenzione del territorio. in questo caso, i parchi nazionali. con la speranza di coniugare gli obiettivi di rieducazione e reinserimento sociale con quelli di tutela della natura. alla base dell’iniziativa c’è un protocollo d’intesa firmato a fine maggio tra il ministro della giustizia, andrea orlando, e il suo collega, titolare del dicastero dell’ambiente, gian luca galletti. l’adesione al progetto sarà regolata da accordi stipulati tra i singoli parchi e l’amministrazione penitenziaria e vedrà il coinvolgimento, su base volontaria, sia dei detenuti in carcere sia di chi è soggetto a misure alternative. «con questo protocollo – spiega il guardasigilli orlando – i detenuti, col lavoro nei parchi, potranno acquisire competenze da poter riutilizzare nei green jobs. si potrà anche in futuro fare un ragionamento per occupare i detenuti nella manutenzione del suolo. i lavori di pubblica utilità vanno nella direzione che vorrei si prendesse non solo per le emergenze ma in chiave strutturale». «a disposizione dell’iniziativa metteremo 24 parchi nazionali», ha aggiunto il ministro galletti, secondo il quale «i parchi sono una leva straordinaria ai fini dell’inclusione sociale. Questo è solo l’inizio di un lavoro proficuo che possiamo portare avanti anche in altri settori. ambiente e giustizia sono una coppia vincente». [em.is.]

L’IMPORTANZA DELLA PRESENZA DEL PARCO PER IL TERRITORIO SOTTO IL PROFILO... FONTE: RAPPORTO FEDERPARCHI, 2014

65,1

90,4

27,7

55,4

54,4

26,8

32,5

39,2

41,5

8,7

7,2

12

6,3

29,3

… del paesaggio, della tutela ambientale, degli assetti idrogeologici

… simbolico e dell’identità territoriale

… culturale, come incubatore e promotore di pratiche sostenibili

… economico, sotto il profilo dell’attrattività di flussi di visitatori

… economico, come sede o spunto per iniziative imprenditoriali

per niente

poco

valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014

abbastanza

molto

Indagine condotta tra 88 presidenti e direttori di parchi e aree protette. 15


DOSSIER CAPITALI NATURALI

Dove c’è capitale c’è speculazione di Corrado Fontana

Attorno al concetto di “capitale naturale”, i timori di una mercificazione speculativa della natura. A preoccupare, le sinergie tra governi e corporation. Ma anche i tentativi di creare mercati finanziari ad hoc

«I

l Brasile ha creato la propria infrastruttura finanziaria dove effettuare speculazione sulle risorse naturali», racconta Elena Gerebizza di Re:Common, associazione agguerrita nella difesa del patrimonio ambientale dalle mire della grandi imprese e delle istituzioni finanziarie. Il riferimento è alla Bolsa Verde do Rio de Janeiro e allo stato carioca di Acre, che dal 2012 ha definito la legislazione per cominciare l’attività di compravendita sui titoli legati ai servizi degli ecosistemi. Un’iniziativa limitata su cui la Gerebizza sottolinea: «È il primo tentativo di creare un mercato, in embrione quindi, ma l’interrogativo importante è capire sino a che punto le modifiche alla legislazione in essere, non solo nei Paesi del Sud del mondo o nelle economie emergenti, ma anche all’interno dell’Unione europea, stanno avanzando in questa direzione, prevedendo prima di mercificare e poi di finanziarizzare le risorse della natura». Tutto ruota intorno al concetto di valutazione del capitale naturale (sviluppato ad esempio da multinazionali come Coca-Cola, Dow Chemical, Nike, Lockheed-Martin, Unilever)? Mercificare come il primo passo per poter costruire mercati finanziari su queste nuove merci, che

 PER APPROFONDIRE Re:Common ha lanciato ai primi di giugno, a ridosso della conferenza internazionale di Londra sul biodiversity offsetting, ovvero la compensazione economica della perdita di biodiversità, il suo studio “Licenza di distruggere”. Nel documento l’analisi di alcuni casi in corso in Europa (la centrale nucleare inglese di Hinckley Point, il progetto dell’aeroporto Notre Dame de Landes a Nantes, le miniere di Rosia Montana in Romania) o fuori dal Vecchio Continente. www.recommon.org/pubblicazione-biodiversity-offsetting 16

possono essere anche servizi forniti da un ecosistema. I governi e il settore privato hanno trovato una prima quadratura del cerchio alla conferenza di Rio del 2012, dove hanno sottoscritto una Convenzione sul capitale naturale (Natural Capital Declaration, sottoscritta da protagonisti della finanza internazionale come Banca Monte dei Paschi di Siena, National Australia Bank, Rabobank Group. E da soggetti come Wwf, United Nations Development Programme-UNDP, ndr). È un mercato che stanno cercando di costruire, e per questo crediamo sia il momento di fermarlo e definire altre forme di economia armonica con l’ambiente naturale circostante. Se il modello è però quello dei crediti di carbonio non possiamo aspettarci un successo, neanche in una logica puramente finanziaria… Esatto. Il carbonio è stata la prima “merce naturale”, peraltro creata a tavolino e finanziarizzata fin dal principio. E il suo mercato (la compravendita di “quote di emissioni inquinanti”, ndr) è stato uno dei più grandi fallimenti cui abbiamo assistito, evidenziatosi a fine 2012 quando il prezzo di una tonnellata di CO2 è sceso fino a meno di 5 euro, mentre le previsioni lo valutavano intorno ai 30. Oggi il mercato europeo è collassato, anche se le istituzioni internazionali svolgono un vero accanimento terapeutico su di esso, con l’intento di dimostrare che la via finanziaria sia una risposta efficace all’emergenza climatica. Sulle stesse basi progettano di iniziare a costruire mercati legati ad acqua, energia e risorse naturali, inclusi i servizi degli ecosistemi e la biodiversità. valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014


CAPITALI NATURALI DOSSIER Val di Sole, Monte Vioz nel Parco nazionale dello Stelvio.

fototeca trentino sviluppo s.p.a. FOTO DI giovanni cavulli

Come si calcola, nella logica finanziaria del capitale naturale, il valore di un parco, di un animale, di un bosco? La prima fase è quella della mappatura del patrimonio ambientale, che per quanto riguarda l’Europa è costituita innanzitutto dai parchi, ma anche dalle zone umide, dalle foreste. Poi è necessario capire quali sono i servizi offerti da questi ecosistemi e quale grado di biodiversità vi si ritrovi, per poi addivenire a uno standard di valutazione condiviso e poterli così inserire in un mercato. Questa è la base per avviare una compravendita di titoli legati a questi “asset”. Per riuscire a fare ciò si stanno investendo anche risorse pubbliche a livello europeo e internazionale, stanno nascendo società di consulenza private deputate a questi compiti di valutazione. Alcuni Paesi in Europa stanno creando la propria “banca della biodiversità” dove inserire il patrimonio ambientale del Paese: la Spagna e il Regno Unito hanno passato una legislazione al riguardo. Anche la Commissione europea ha cominciato a discutere di una banca europea della biodiversità. Siamo ancora a uno stadio preliminare, ma la logica che guida l’iniziativa è che se, ad esempio, si progetta di costruire un nuovo aeroporto a Nantes, che andrebbe a devastare centinaia di ettari di zona umida ora abitate e preservate perlopiù da aziende agricole e allevamenti, il governo l’ha classificato come una infrastruttura “verde” perché nel progetto è inserito uno schema di compensazione della perdita di biodiversità: una società di consulenza ha elaborato la valutazione del danno in termini di specie perdute, obbligando il costruttore a investire nella tutela della stessa quantità di specie danneggiate in un’altra area in Francia. Una “compensazione” che non tiene assolutamente in conto la dimensione sociale, economica e culturale di questa devastazione, né che la specificità dei luoghi non può essere trasposta nella tutela di altri quantitativamente o economicamente equivalenti. ✱ valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014

la NUOVa SFida: ValOriZZare il “NON USO”

problema: dato un patrimonio naturale dell’umanità preziosissimo eppure in pericolo, e scarseggiando le risorse finanziarie per garantirne la conservazione, come reperire i denari necessari a tutelarlo e valorizzarlo? da questo semplice ma cruciale dilemma si è sviluppato il concetto di capitale naturale e, qualche anno fa (2005), l’ipotesi di dare un valore economico ai servizi che gli ecosistemi forniscono; poi il tentativo di effettuarne una prima quantificazione nel 2008, con il rapporto internazionale The Economics of Ecosystems and Biodiversity (teeB) secondo cui, per fare solo un esempio, nel 2006 la diversità delle foreste del Madagascar attirava più di tremila turisti (il 37% locali) a Masoala, per un controvalore netto stimato in 5 milioni e 160mila dollari. alla conferenza internazionale sulla biodiversità del 2010 (cop10) a nagoya, in giappone, si è perciò deciso che, entro il 2020, i paesi aderenti dovranno raddoppiare gli investimenti spesi nel 2010 per la tutela della biodiversità. e da qui la necessità di stabilire metodi condivisi per quantificare gli investimenti già effettuati, conteggiando e reperendo risorse (economiche) tramite il riconoscimento dei servizi eco-sistemici (Payments for Ecosystem Services, pes) e il loro pagamento. È una caccia ai denari che, spiega franco ferroni, responsabile policy biodiversità, aree protette e agricoltura di Wwf italia, si può fare attraverso il «riconoscimento economico del valore del non-uso: se io ho una foresta e non la taglio penalizzo economicamente le comunità locali o un soggetto economico che da quella foresta potrebbe dipendere. con un meccanismo di compensazione del non-uso riconosco di fatto alla foresta un’altra funzione, quella di assorbire co2. ragionare in termini di quantificazione del non-uso della risorsa ti consente allora di mettere da parte dei fondi buoni in parte per fare compensazione e in parte per avviare processi ecologici compatibili con la conservazione della risorsa stessa. […] Bisogna riuscire a creare un meccanismo per cui io posso sfruttare una risorsa (o decidere di non sfruttarla, ndr), ma i vantaggi economici che derivano da questo sfruttamento (o meno, ndr) devono tornare indietro per mantenere la risorsa naturale che sto utilizzando». come si può immaginare gli interessi in gioco sono enormi e globali, come dimostra il fatto che a cop12 (ottobre 2014 a pyeongchang, in corea del sud) sarà in discussione l’entrata in vigore del cosiddetto protocollo aBs, che dovrebbe regolare l’accesso alle risorse e la condivisione equa dei loro benefici, anche per chi non è titolare diretto di un determinato patrimonio naturale ma ne è un beneficiario indiretto: ad esempio una comunità che vive e dipende da una foresta anche se non ne è proprietaria. «significa che i paesi ricchi, che hanno un’economia fortemente basata sulle importazioni dai paesi poveri, devono riconoscere economicamente la detenzione di queste risorse», conclude ferroni. [C.F.] 17



FINANZA ETICA

CALCIO-EVASIONE TUTTI PAZZI PER IL TRIANGOLO

L

di Matteo Cavallito ed Emanuele Isonio

I “trasferimenti-ponte” stanno trasformando le società sportive di alcuni Paesi in paradisi fiscali per evadere tasse, riciclare denaro, rafforzare oligarchie. E nell’ombra si consolida il potere dei fondi d’investimento valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014

a palla sarà pure rotonda. Ma nella galassia calcio la figura geometrica più in voga è il triangolo. Via dalla mente tiki taka o festini post-partita. Tutto avviene lontano dai riflettori, al servizio di interessi molto più grigi. Che utilizzano le società calcistiche come paradisi fiscali: per evadere, eludere, riciclare. Il sistema è semplice: la vendita di un calciatore dalla società sportiva A alla società B avviene attraverso una società C di un Paese fiscalmente favorevole, che funge da intermediario. In termine tecnico: un “trasferimento ponte”. Una ghiotta opportunità per piccoli club a caccia di escamotage per arrotondare i bilanci. Ma non senza rischi. A marzo scorso, ad esempio, la FIFA ha deciso di sanzionare un piccolo club uruguayano, la Institución Atletica Sud América (IASA 1914), per violazione delle norme sul trasferimento dei giocatori che accompagnano il cosiddetto TMS (Transfer Matching System), il sistema di tracciamento lanciato dalla Federazione mondiale alla fine del 19


finanza etica calcio-evasione

2010. Nel mirino ci sono i tesseramenti di sei giocatori argentini, formalmente passati attraverso il club, ma in realtà mai impiegati. Per la FIFA è un trasferimento ponte e la IASA si becca così una sospensione dal calciomercato nonché una multa da 40mila franchi svizzeri, un brutto colpo per una squadra modesta che milita nei bassifondi della Serie A uruguaya. A Montevideo, ovviamente, non la prendono bene. E non potrebbe essere altrimenti. Il club è già noto all’AFIP, l’Agenzia delle Entrate argentina, che lo ha inserito in un elenco di dieci società classificabili come “paradisi fiscali sportivi”, i perni delle triangolazioni che spostano i calciatori da un club all’altro. L’agenzia argentina passa all’attacco sospendendo 146 agenti di giocatori (il 67% dei 217 abilitati a operare nel Paese). Ad oggi, però, la FIFA ha sanzionato solo la IASA. Il 18 maggio scorso il club ha concluso il suo campionato con un pareggio per 3-3 contro il Danubio, evitando sul fi-

Aguero, Lavezzi, Pastore, Higuaín: i loro casi sono la punta dell’iceberg di 444 trasferimenti sospetti lo di lana la retrocessione in serie B. Due giorni dopo la FIFA ha annunciato la sospensione del provvedimento in attesa di completare l’esame del ricorso. Sebbene sub judice, la società uruguyana è tuttora autorizzata a comprare e vendere giocatori. Anche quelli che potrebbero non giocare mai.

UNA CUPOLA DI PROCURATORI E OLIGARCHI Nella lista nera di Buenos Aires, ci sono altre squadre uruguayane e cilene, ma anche un club europeo: il Locarno. La squadra svizzera, impegnata nella serie B locale, è stata al centro alcuni anni fa di un caso clamoroso. Nel 2007 il centravanti argentino Gonzalo Higuaín viene ceduto dal River Plate, uno dei più presti-

giosi club del suo Paese, al Real Madrid. Proprio in quell’occasione, però, la stampa locale fa una scoperta clamorosa: metà dei diritti economici del giocatore appartengono in realtà al Locarno, o per meglio dire al suo finanziatore, la società HAZ Football Worldwide Ltd. Il nome non è altro che l’acronimo dei suoi uomini chiave: gli argentini Fernando Hidalgo e Gustavo Arribas e l’israeliano Pini Zahavi. Tre pesi massimi dell’intermediazione dei calciatori. L’arcano lo svela lo stesso presidente del Locarno, Stefano Gilardi: nel 2006, HAZ si è accordata con il club elvetico riconoscendo a quest’ultimo un compenso da 630mila franchi per il suo ruolo di intermediazione. Ovvero di club ponte. Le autorità svizzere indagano, ma non riscontrano nessuna irregolarità. Caso chiuso, insomma. Ma in Argentina si levano le critiche. Il giornalista del quotidiano La Nación, Juan Pablo Varsky, giudica l’operazione economicamente sconveniente per il River e accusa HAZ di riciclare il denaro proveniente

ANONIMATO, FISCO E DOLLARI COSÌ LE TRIANGOLAZIONI AGGIRANO OGNI REGOLA di Matteo Cavallito

Il sistema funziona indisturbato da almeno dieci anni, spiega l’avvocato argentino Ariel Reck. Il caso IASA? «Un capro espiatorio»

ARIEL RECK

avvocato di Buenos Aires 20

un Paese che vuole contrastare gli evasori «deve dettare norme in materia come fa l’argentina, ma non può chiedere alla FiFa di svolgere il lavoro al posto suo». Parola di ariel Reck, avvocato di Buenos aires con una particolare esperienza di consulenza sui temi relativi alla proprietà e al trasferimento dei calciatori. il sistema di tracciamento tMs, spiega, non può far nulla contro l’evasione, un tema che non è di competenza della Federazione calcistica. Ma il fatto, spiega, è che l’ottimizzazione fiscale non è l’unico vantaggio ottenibile con la triangolazione. una pratica, quest’ultima, che offre contemporaneamente diverse opportunità. Avvocato Reck, in che anno si registrano i primi casi di trasferimenti-ponte? È difficile dirlo. già tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, c’erano diversi giocatori svincolati che firmavano per altre società

per strappare alla squadra successiva un prezzo di trasferimento che veniva poi diviso con il club-ponte. il fenomeno più “organizzato” è successivo, diciamo dal 2004 o 2005 in avanti. Qual è la sua dimensione odierna? È un fenomeno molto diffuso? il fenomeno continua a crescere perché può essere utilizzato per vari aspetti: l’elusione del divieto di possesso dei diritti economici dei giocatori, imposto agli agenti nel 2008; l’accesso alla giurisdizione della FiFa, che è stato limitato ulteriormente nel 2011, e l’aggiramento delle restrizioni sui movimenti di valuta estera stabilite in argentina alla fine dello stesso anno. Nel solo 2012 ci sono stati 35 trasferimenti-ponte. Ma è una pratica legale? L’Agenzia delle Entrate argentina parla di evasione fiscale… la legge argentina non entra nell’aspetto valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014


calcio-evasione finanza etica

«dalle corrotte privatizzazioni delle imprese statali russe avvenute durante gli anni ’90». Tradotto: i soldi (sporchi) degli oligarchi. Verrebbe voglia di indagare, ovviamente. Ma non è possibile. La società ha, infatti, sede a Gibilterra dove se ne conosce solo il numero di registrazione: 87161. Il 6 dicembre del 2012, senza ulteriori dettagli, il settimo supplemento della Gibraltar Gazette comunica che la società non esiste più. Non è noto se la FIFA stia estendendo le indagini ad altri club ma è certo che il fenomeno delle triangolazioni continua a proliferare. Troppo ghiotti sono i vantaggi per gli operatori (vedi INTERVISTA ). «Nel solo 2012 ci sono stati 35 trasferimenti-ponte», spiega a Valori Ariel Reck, avvocato di Buenos Aires esperto di diritto sportivo nel settore calcistico in particolare. Ma sono probabilmente solo la punta dell’iceberg. «In Argentina la lista dei trasferimenti sospetti è sterminata», rivela Pippo Russo, autore del libro Gol di Rapina federativo, ma impone una ritenuta d’imposta massima, il 35%, quando il passaggio avviene da un club collocato in un paradiso fiscale sportivo. oppure, nel caso in cui il giocatore sia svincolato o il Fisco non sia d’accordo con il valore dichiarato, l’agenzia ha il potere di fissare un prezzo di riferimento chiedendo il pagamento del 35% della cifra prima di approvare l’operazione. Che cos’è successo ai procuratori sospesi nell’agosto 2012? la maggior parte di loro ha regolato la propria posizione e ha ripreso a lavorare. Molti agenti si sono ritirati volontariamente dopo la sospensione. Dal punto di vista fiscale che cosa cambia con l’utilizzo dei passaggi-ponte al posto di una cessione diretta? i trasferimenti dei giocatori in argentina sono tassati al 25,2% ma non si pagano imposte sulle plusvalenze né iva. il primo risparmio sull’ammontare totale del trasferimento è proprio su questo 25,2. se il giocatore vale 100, ad esempio, ma viene valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014

venduto al club-ponte a 10 si paga 2,52 di tasse. in seguito si vende a 90 il calciatore dal club-ponte alla squadra di destinazione e questo trasferimento non è tassato. C’è poi un ulteriore risparmio oltre che un occultamento della plusvalenza di coloro che possiedono i diritti economici del giocatore. se i club-ponte si trovano in uruguay, Cile o svizzera, i guadagni dei cosiddetti third party owners, i tPo, non si dichiarano in argentina e il titolare non paga quella tassa pari al 35% dei profitti che costituisce l’aliquota massima. Al di là del risparmio fiscale ci sono altri vantaggi nel ricorso alle triangolazioni nella vendita dei calciatori? il vantaggio principale consiste nella possibilità di nascondere il nome del beneficiario dei fondi, che ad esempio potrebbe essere un agente di calciatori cosa che la FiFa proibisce. Poi c’è il vantaggio di poter accedere alla stessa giurisdizione FiFa per i reclami. Diciamo ad esempio che un calciatore sia legato a un club-ponte. se non rispetta un contratto di tPo, che rientra nel diritto civile, andrà incontro soltanto a una

sanzione economica dopo una lunga contesa legale. Violando un contratto di lavoro ci sarebbero invece sanzioni sportive e riconoscimento di responsabilità del nuovo club come previsto dall’articolo 17 del regolamento della FiFa. L’Agenzia delle Entrate ha identificato 10 paradisi fiscali sportivi. Come mai la FIFA ne ha sanzionato solo uno? la FiFa ha preso quello della iasa come “caso testimone”, o più correttamente come capro espiatorio. l’argomentazione consisteva nel fatto che la iasa aveva rescisso gli accordi con i club argentini e i giocatori si erano poi nuovamente tesserati con questi ultimi nella condizione di “svincolati” senza che ne fosse informato il transfer Matching system, tMs, della FiFa. Da qui l’inizio delle indagini e le sanzioni. Nel caso degli altri club i contratti non venivano rescissi, più semplicemente si trasferivano i crediti ai giocatori – in questo modo si pagava in argentina, in pesos e con ritenuta d’acconto – ottenendo il medesimo risultato fiscale di una rescissione contrattuale ma senza effetti sul tMs. 21


finanza etica calcio-evasione

UEFA vs. FIFA: muro contro muro sul potere delle “terze parti”

 LIBRI GOL DI RAPINA Il lato oscuro del calcio globale di Pippo Russo Edizioni Clichy, 2014

(edizioni Clichy), che ne arriva a contare 444. «Tra loro troviamo alcuni big del calcio: Sergio “El Kun” Aguero, Ezequiel Lavezzi, Javier Pastore, Andres D’Alessandro, Maxi López, Gonzalo Bergessio».

GIOCATORI COME S.P.A. Un andazzo che rischia di trasformare le finestre di calciomercato in appuntamenti più per gli esperti di finanza che per tifosi e giornali sportivi. Perché di pari passo con l’escalation di triangolazioni, si va consolidando il ruolo dei fondi d’investimento. Una potenza oscura usata spesso da investitori senza scrupoli che fanno del calcio una vetrina per ripulire denaro di dubbia provenienza. «In America Latina ormai sono padroni assoluti. In Brasile, ma anche in Argentina, si comportano come banche che comprano i diritti economici di centinaia di calciatori per poi usarli come una S.p.A. qualsiasi» 22

Con gli occhi del mondo puntati sugli stadi brasiliani, uno scontro frontale si sta nel frattempo consumando tra le massime istituzioni del calcio planetario. Da un lato la federazione mondiale (FIFA), dall’altro quella europea (UEFA). Divise sul ruolo dei fondi d’investimento e sulle regole da imporre al lucrosissimo affare dei diritti economici. Alla base di tutto, paradossalmente, una regola introdotta nel 2008 dalla FIFA stessa nel “Regolamento sullo status e sui trasferimenti dei calciatori” che avrebbe dovuto tutelare l’autonomia delle società di calcio vietando qualunque contratto «che permetta a qualsiasi altra parte del contratto, o a terzi, di poter interferire sui rapporti di lavoro e di trasferimento, le sue scelte politiche, o l’attività della sua squadra». Una regola

evidentemente lacunosa perché, negli anni, ha permesso agli avvocati esperti di diritto sportivo di distinguere tra i diritti alle prestazioni sportive (riservati solo ai club) e i “diritti economici”, cedibili invece anche a società finanziarie esterne. Le famose “terze parti”: la cui influenza, lungi dall’essere bandita, è invece cresciuta nel tempo. Tanto da impedire alla FIFA qualsiasi decisione restrittiva: troppo forti le pressioni sulle federazioni sudamericane e, ultimamente, anche africane. Alle quali si aggiungono Portogallo e Spagna, vere teste di ponte nel calcio del Vecchio Continente. Un bottino di voti prezioso quando, nel 2015, si dovrà scegliere il nuovo presidente FIFA. E Blatter, candidato potente (e forse unico), lo sa bene. Come sa che vietare le attività delle terze parti

racconta a Valori, in via del tutto confidenziale, un alto dirigente di una squadra italiana, con forti legami nel calcio d’oltreoceano. «Per i club, sono boccate d’ossigeno e fonti di introiti. Ma il loro potere sta diventando sempre più forte». Un oligopolio sottotraccia: «La compravendita di calciatori in Sud America passa quasi esclusivamente per i fondi d’investimento. E personaggi cruciali del mondo del calcio come il vicepresidente FIFA Julio Grondona hanno agevolato il loro radicamento», spiega Russo. Talmente potenti da impedire al massimo organo di governo del calcio mondiale di opporsi ai fondi (vedi BOX ). Facile capire le conseguenze del fenomeno: «I calciatori – prosegue Russo – stanno diventando un puro strumento finanziario per aumentare i proventi di investitori che nulla hanno a che fare con il mondo del calcio. Sono ormai utilizzati come un sistema per fare profitti dalle compravendite e ripulire denaro sporco». Nominalmente di proprietà delle società sportive. In realtà, condizionabili da entità per le quali il corretto esito di una gara non è di certo una priorità. Di recente, ricorda Ariel Reck, la FIFA ha svi-

porterebbe al collasso le squadre di calcio di quei Paesi. Sull’altro fronte la UEFA, che ha da tempo una posizione critica sul commercio dei diritti economici (il suo presidente, Michel Platini, si è non a caso duramente scagliato contro Blatter). In Europa, le federazioni inglese, francese, polacca hanno vietato l’intervento delle terze parti e chiedono un’analoga decisione a livello planetario. L’UEFA ha per ora proposto di vietare le coppe europee ai calciatori assoggettati ai fondi d’investimento. Un’idea dirompente, benché di difficile applicazione (questo tipo di contratti economici, tranne che per le società quotate in Borsa, sono spesso segreti). Le pressioni sulla FIFA perché vanifichi con una propria norma le manovre UEFA si stanno facendo sempre più serrate.

luppato ulteriormente il TMS per garantire l’inserimento delle informazioni sull’effettiva proprietà dei fondi coinvolti nei trasferimenti dei giocatori. Ma al momento, tuttavia, «non si sa ancora come funzionerà in termini pratici né quali saranno le conseguenze per coloro che non forniranno informazioni sui reali beneficiari dei fondi». ✱

valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014


shadow banking finanza etica

Accesso al credito E se un po’ d’ombra ci facesse bene? .000.000.000.000 di dollari, ovvero 71 mila miliardi di biglietti verdi. È la dimensione, certificata dal Financial Stability Board di Basilea, dello shadow banking, l’insieme delle attività tipicamente bancarie svolte, legalmente, al di fuori degli istituti di credito. Un comparto che tende a espandersi nei momenti di generale contrazione creditizia, colmando quel vuoto parziale lasciato dal sistema finanziario consolidato, in costante equilibrio tra evidenti rischi – difficoltà di monitoraggio, bolle speculative, assenza di garanzie pubbliche sui depositi – e opportunità. Le stesse evidenziate da una recente analisi dell’Economist, che ha enfatizzato la capacità del settore di “invadere” il territorio tradizionale delle banche con l’obiettivo, va da sé, di conquistarne la clientela. Una forma di concorrenza, insomma. «Alcuni competitors – ha scritto il settimanale britannico – non sono altro che banche con diversa denominazione che cercano di incrementare i propri profitti aggirando la normativa, un fenomeno preoccupante. Ma nella maggior parte dei casi si tratta di creature realmente differenti in grado di assorbire le perdite meglio delle banche. Il che, dal punto di vista della stabilità finanziaria, non costituisce una minaccia quanto piuttosto un contrappeso».

71

OPPORTUNITÀ… L’idea alla base di una visione ottimistica è che l’aumento della concorrenza produca essenzialmente due effetti: una più ampia distribuzione del rischio (che potrebbe scongiurare l’effetto domino tipico delle crisi sistemiche) e una riduzione dei costi per la clientela. Lo evidenzierebbe, tra gli altri, il caso dei sistemi di pagamento, uno dei settori in cui gli istituti stanno andando incontro alla maggiore pressione concorrenziale. Nel corso del 2012, ha ricordato ancora l’Economist, l’intermediazione nei pagamenti ha fruttato alle banche valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014

1.300 miliardi di dollari, pari a un terzo dei loro profitti globali complessivi. Il business è in crescita, ma occhio ai concorrenti. Bitcoin a parte, infatti, le possibilità alternative non mancano. C’è Paypal, ovviamente, che l’anno scorso ha gestito pagamenti totali per 180 miliardi di biglietti verdi, ma ci sono anche i progetti di e-wallet (i portafogli virtuali) lanciati da Google e Amazon e tuttora allo studio di Apple e Facebook. E poi c’è M-PESA, ovviamente, che in lingua Swahili significa denaro mobile e che offre la possibilità di operare transazioni via telefono a coloro che non possiedono un conto in banca. Il sistema è stato lanciato nel 2007 da Safaricom, il principale operatore mobile del Kenya controllato in maggioranza da una sussidiaria della francese Orange e gestito dalla britannica Vodafone. Secondo Bloomberg, l’ammontare dei pagamenti effettuati ogni anno attraverso il servizio vale circa il 43% del Pil keniano.

di Matteo Cavallito

Le banche fanno i conti con la crescente concorrenza di soggetti esterni. I rischi non mancano. Ma nemmeno le opportunità

… E RISCHI Ma alle opportunità si affiancano anche le preoccupazioni. Il pensiero corre soprattutto ai Paesi emerLA DISTRIBUZIONE DELLO SHADOW BANKING NEL MONDO

FONTE: FINANCIAL STABILITY BOARD (WWW.FINANCIALSTABILITYBOARD.ORG),GLOBAL SHADOW BANKING MONITORING REPORT, NOVEMBRE 2013

Cina 3% Giappone 5% Corea del Sud 2% Svizzera 2% Regno Unito 12%

Altri 2% Hong Kong 1% Australia 1% Brasile 2% Canada 2%

Usa 37% Eurozona 31%

23


finanza etica shadow banking

Il settore è finora concentrato in Europa e Stati Uniti. Ma nei nuovi mercati cresce del 20% annuo, contro una media mondiale dell’8% genti, che tipicamente «scontano ancora un problema di instabilità dei loro sistemi finanziari» come ricorda Nicola Gennaioli, ordinario di Finanza presso l’Università Bocconi di Milano (vedi INTERVISTA ). Ad oggi l’80% degli asset gestiti dal comparto shadow è concentrato negli Usa e in Europa (vedi GRAFICO ), ma il trend evidenzia un peso crescente nei nuovi mercati. Secondo il Financial Stability Board nel 2012, ultimo anno per il quale esistono dati completi, in ben quattro aree emergenti gli asset “ombra” hanno

evidenziato un’espansione superiore al 20% contro una media mondiale dell’8,1%. In Cina il comparto Other Financial Institutions è cresciuto nello stesso periodo del 42%. Il settore non è facile da monitorare, tanto in termini di reali dimensioni (vedi Valori n. 112, settembre 2013), quanto dal punto di vista del rischio effettivo. A marzo, dopo il fallimento dell’azienda del settore rinnovabili Chaori Solar, primo caso di default nel mercato dei corporate bond cinesi, il premier di Pechino Li Keqiang ha parlato di «alcuni casi isolati di default difficilmente evitabili». Parole che hanno suscitato preoccupazione circa l’ipotesi di un effetto domino nel mercato nazionale. Per ora non è successo nulla. Ma i timori, almeno in parte, restano. ✱

«IL SISTEMA? POTENZIALMENTE MOLTO UTILE» MA GLI EMERGENTI RISCHIANO di Matteo Cavallito

ditizia. un vuoto che oggi può essere riempito proprio dallo shadow banking».

L’opinione di Nicola Gennaioli (Bocconi): lo shadow banking può mitigare la contrazione creditizia. Ma attenzione all’instabilità cronica dei nuovi mercati

Professore, ma lo sviluppo dello shadow banking non porta con sé rischi eccessivi? il problema non è mai negli strumenti o nelle operazioni finanziarie in sé quanto piuttosto nell’uso che se ne fa. in generale si può parlare di cattivo utilizzo della finanza quando i rischi delle operazioni non sono percepiti in maniera corretta dagli investitori. E questo, come sappiamo, avviene per le banche commerciali così come per lo shadow banking. l’intervento pubblico è utile per regolamentare le operazioni, certo, ma anche e soprattutto per generare trasparenza sui rischi e riallineare l’interesse dei clienti retail con quello degli investitori.

NICOLA GENNAIOLI

ordinario di Finanza presso l’Università Bocconi di Milano

«un insieme di istituzioni che svolgono ruoli simili a quelli delle banche tradizionali senza essere soggette, tuttavia, alla medesima regolamentazione». secondo Nicola gennaioli, ordinario di Finanza presso l’università Bocconi di Milano, lo shadow banking è essenzialmente questo. un comparto «potenzialmente molto utile» al sistema per la sua capacità di mitigare gli effetti della persistente stretta sul credito. Perché la crisi, spiega a Valori, «ha prodotto una contrazione dei finanziamenti bancari creando un vuoto significativo nell’intermediazione cre24

Come dovrebbe operare la regolamentazione? Non basta chiedere alle istituzioni finanziarie una maggior trasparenza sui rischi dei loro investimenti, è infatti utopistico pensare che i piccoli risparmiatori siano in grado da soli di valutare correttamente tali rischi. Per questo è importante che l’intervento pubblico agisca anche nei confronti di quegli intermediari, quali ad esempio i promotori finanziari, che si occupano di raccogliere e processare l’informazione per i clienti.

C’è molta preoccupazione per la crescita del comparto “ombra” in Cina. C’è chi teme un’ondata di default… una criticità della Cina è che nel Paese il livello di sviluppo istituzionale non è ancora del tutto adeguato al livello di sviluppo economico. Ci sono ancora molti comparti chiave che sono sotto il pieno controllo pubblico e che per questa ragione, tra le altre cose, mantengono importanti privilegi nelle politiche di credito. la crisi conclamata, per il momento, non è arrivata ma è ragionevole pensare che prima o poi possa anche manifestarsi producendo alcune criticità di breve periodo. È un problema generale dei Paesi emergenti? in generale i Paesi che escono dalla povertà sperimentando anni di forte crescita finiscono, quasi fisiologicamente, per andare incontro prima o poi a un rallentamento dell’espansione che non produce soltanto effetti sul Pil ma si traduce anche in una crisi finanziaria. Questi Paesi, in altre parole, scontano ancora un problema di instabilità dei loro sistemi finanziari. Nei momenti di crisi questa instabilità produce più facilmente un sentimento pessimista tra gli investitori, sia stranieri che domestici. E i rischi, a quel punto, sono la volatilità e la fuga dei capitali. valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014


dentro banca etica finanza etica

Missione etica: contagiare il sistema Lo scorso 24 maggio è stato eletto il nuovo Comitato etico di Banca Etica. Cogliamo l’occasione per raccontare che cos’è questo particolare organo e che compiti svolge, con Leonardo Becchetti e Marina Galati

«L’

unicità del Comitato etico di Banca Etica consiste nel modo in cui vengono scelti i suoi membri: sono eletti dai soci, tra una rosa di candidati proposti dai soci stessi. È quindi democratico e rappresentativo della volontà della base sociale». Leonardo Becchetti, da ex presidente, conosce bene questo particolare organo. Altre banche (non molte a dire il vero) hanno creato un comitato etico, ma di solito i membri vengono nominati dal Cda e sono, diciamo, o nomi di rappresentanza (personalità conosciute), oppure dirigenti dello stesso istituto. Lo scorso 24 maggio, durante l’assemblea dei soci, Banca Etica ha eletto il nuovo Comitato etico. Una squadra quasi interamente al femminile: 6 membri su 7 sono donne.

CUSTODE DEI VALORI Ma a che cosa serve un comitato etico? Per una banca che porta l’etica nel proprio nome, non può che avere un ruolo fondamentale. «Non di controllo, compito del Comitato di vigilanza – spiega Leonardo Becchetti – ma di consulenza verso gli organi della banca e verso i soci riguardo a questioni che possano mettere in dubbio il rispetto dei principi etici». Per esempio «un tema delicato come quello dei Cie», racconta Marina Galati, rieletta nel nuovo Comitato etico. «Alla banca sono arrivate diverse richieste di finanziamento da organizzazioni che gestiscono Centri di identificazione ed espulsione ed è stato chiesto al Comitato etico se concederli fosse coerente con i principi della banca. La risposta è stata “no”, perché sono luoghi dove vengono lesi i diritti umani. Quindi niente prestito». Un altro esempio: «In passato – racconta Becchetti – abbiamo dovuto decidere se fosse etico valori / ANNO 14 N. 120 / luglio-agosto 2014

di Elisabetta Tramonto

concedere mutui per l’acquisto della seconda casa. Una domanda che qualsiasi altra banca considererebbe assurda e che non riguarda una vera violazione dei principi etici. Ma Banca Etica ha come missione finanziare il non profit e soddisfare le necessità dei propri soci, tra cui rientra l’acquisto della prima casa, ma non quello della seconda. In questo caso però ci siamo espressi a favore, purché il core business della banca resti il finanziamento di attività ad alto impatto sociale».

UNA BANCA MODELLO Ma il Comitato etico di Banca Etica ha anche un ruolo propositivo. «Per esempio abbiamo stilato una sorta di vademecum con i 23 punti che differenziano Banca Etica dal resto del settore creditizio. Credo che emerga un modello migliore di banca, che lo stesso regolatore dovrebbe prendere a modello. Non possiamo limitarci a occupare una nicchia, la nostra ambizione credo debba essere contagiare l’intero sistema bancario, essere uno strumento di cambiamento del modello economico e finanziario». Anche per questo motivo un punto che Becchetti considera fondamentale è l’apertura di Banca Etica al comparto profit: «Possono già essere concessi prestiti alle imprese profit, ma di fatto accade poco, per lo più al comparto delle rinnovabili e dell’agricoltura bio. La sfida per il futuro è aumentare i prestiti alle realtà che, pur essendo profit, sposano i nostri principi». «Sarà uno dei compiti che traghetterò al nuovo Comitato etico – conferma Marina Galati – riflettere su come la banca possa finanziare anche soggetti profit, che producono buona economia». ✱

Leonardo Becchetti, ex presidente del Comitato etico di Banca Etica.

25


COMPRI 2, TI RIMBORSO 1

Il ghiotto affare del consorzio di garanzia MPS

In attesa di conoscere i futuri assetti societari, l’aumento di capitale del Monte

dei Paschi di Siena ha già assicurato lauti guadagni alla ventina di banche del consorzio di garanzia. Sulla carta si erano impegnate a comprare tutte le nuove azioni, fino a un massimo di 5 miliardi. Nella realtà, dovranno acquistarne molte meno: gli analisti calcolano che l’aumento ha già portato al collocamento del 90%

delle azioni. Il consorzio dovrà quindi sborsare più o meno 500 milioni (tra l’altro a prezzo scontato rispetto a quello di mercato). Ma la sua commissione rimarrà comunque di 250 milioni. Un ghiotto bottino, senza rischi. [approfondimenti su www.valori.it]

VALORITECA Cina

$ 14,211

Usa

$ 13,104

Giappone

$ 5,053

Uk

Nasce il più grande casinò on line del mondo

$ 1,680

Sud Corea

$ 1,380

Australia

$ 1,099

Canada

$ 1,040

India

$ 950

Brasile

$ 867

Hon Kong

$ 571

FONTE: STANDARD & POOR’S THE WALL STREET JOURNAL

Grafico / 14,2 trilioni di dollari. È l’ammontare del debito delle imprese non finanziarie cinesi. Per la prima volta la Cina supera gli Stati Uniti e va in testa nella classifica globale dell'indebitamento corporate.

La canadese Amaya Gaming acquisterà per 4,9 miliardi di dollari Rational Group, proprietaria di PokerStars, società che a luglio 2012 patteggiava col Dipartimento di Giustizia Usa una sanzione da 731 milioni di dollari per riciclaggio. Dall’operazione nascerà entro il 30 settembre prossimo un colosso del gioco d'azzardo da 85 milioni di utenti, la più grande azienda del settore al mondo.

I MIGLIORI TWEET DEL MESE

 LIBRI IL VALORE DEI SOLDI di Ugo Biggeri, San Paolo, 2014

“Finanza etica è farsi delle domande, sul perché e sul come della finanza”. “Che cosa posso fare io con i miei soldi? Tante cose, anche molto diverse tra loro, ma la prima di tutte è farmi delle domande”. “Le domande sui soldi oggi, che lo vogliamo o no, sono domande sulla vita”. Nel suo nuovo libro Ugo Biggeri incita a porsi domande sul denaro, sulla finanza, sul comportamento delle banche, delle imprese, ma anche sul nostro comportamento. Un libro che parla di denaro e di economia, di valore e di scelte, osservate dal punto di vista personale dell’attuale presidente di Banca Etica.

Multinational corporations are able to avoid an estimated $90 billion taxes each year by using tax havens

(Le multinazionali sono in grado di “risparmiare” 90 miliardi di dollari all’anno grazie ai paradisi fiscali) CTJ @taxjustice

Non possiamo tollerare più a lungo che i mercati finanziari governino le sorti dei popoli piuttosto che servirne i bisogni #PapaFrancesco @ZeroZeroCinque

www.investiresponsabilmente.it ON LINE

Il sito creato dal Forum per la Finanza Sostenibile, con informazioni sugli investimenti etici e una fotografia dell’offerta in Italia 26

@RobGrassilli / @bancaetica / @meggio_m / #bassafinanza valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


fotoracconto 04/05

Un branco di cervi del Parco di Paneveggio in Val di Fiemme, bosco preziosissimo perché il legno dei suoi abeti rossi da secoli è usato per realizzare splendidi violini. valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

Già all’epoca di Stradivari i liutai conoscevano le straordinarie doti di quegli alberi. Per garantirne la corretta gestione, oggi i boschi della zona sono certificati Pefc.

FOTOTECA TRENTINO SVILUPPO S.P.A. FOTO DI PIO GEMINIANI

27


numeri della terra

I giganti

Ananas 2.478 (3)

DELLA FRUTTA ESOTICA

Banane

6.902 (5) Mango Banane

Mango

Noci di cocco Ananas

Ananas 760 (9)

1.761 (7)

2.204 (10)

1.050 (8)

1.176 (8)

551 (10) Banane

Noci di cocco

66 (63) 2.889 (4)

MESSICO

Mango

Banane, noci di cocco, mango, plantani e ananas. Sono i Big 5 del mercato mondiale della frutta esotica di cui coprono quasi l’80% della produzione complessiva (265 milioni di tonnellate su un totale di 332,7 calcolato su 23 frutti). Lo segnala il database della Fao, la fonte principale di questa mappa in cui mettiamo in evidenza il ruolo dei maggiori produttori. Nel selezionare i Paesi, abbiamo scelto di includere soltanto le nazioni che rientrano nella Top 10 produttiva di almeno due dei cinque frutti tropicali più importanti facendo un’eccezione per l’Uganda che, pur non contribuendo in modo significativo alla produzione di altri frutti, svetta su tutti nelle statistiche sui plantani. Le analisi sul fronte delle corporation si concentrano in particolare sul comparto delle banane dove le prime 5 imprese pesano ancora in modo significativo seppur con una quota decisamente ridotta rispetto all’inizio del secolo. La fusione Chiquita-Fyffes vale da sola quasi un quinto dell’intero mercato. 28

Noci di cocco

COLOMBIA

di Matteo Cavallito

235 (21)

102 (27)

Ananas

Ananas

1.420 (7)

3 (67)

Mango NIGERIA

Plantani

3.327 (4)

860 (10) Noci di cocco

BRASILE 220 (19) Plantani

2.800 (6)

[produzione in migliaia di tonnellate (ranking)] FAO (HTTP://FAOSTAT3.FAO.ORG/), 2014; CHIQUITA BRANDS INTERNATIONAL (HTTP://INVESTORS.CHIQUITA.COM), DICEMBRE 2013; DOLE FOOD COMPANY, INC. (WWW.DOLE.COM), MARZO 2013; BANANALINK (WWW.BANANALINK.ORG.UK/GRUPO-NOBOA-SA-GUAYAQUIL-ECUADOR), 2014; FYFFES PLC (WWW.FYFFES.COM), 2014; DEL MONTE FOODS, INC. IN BUSINESSWIRE (WWW.BUSINESSWIRE.COM), OTTOBRE 2013; NOSTRE ELABORAZIONI.

Banane Ananas 47 (40)

2.525 (9)

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


cocktail tropicale

LE PRIME 5 CORPORATION DELLE BANANE CHIQUITA BRANDS INTERNATIONAL, Inc.

DEL MONTE FOODS, Inc.

DOLE FOOD COMPANY, Inc.

FYFFES plc

GRUPO NOBOA S.A.

Ananas 1.392 (8)

sede: Charlotte, NC (Usa) fatturato (mln $, 2013): 3.047 quota mercato banane: 13%

sede: San Francisco, CA (Usa) fatturato (mln $, 2013): 3.800 quota mercato banane: 12%

sede: Westlake Village, CA (Usa) fatturato (mln $, 2012): 4.247 quota mercato banane: 11%

sede: Dublino (Irlanda) fatturato (mln $, 2013): 1.466 quota mercato banane: 6%

sede: Guayaquil (Ecuador) fatturato (mln $): nd quota mercato banane: 2%

Banane

10.845 (2) Mango

Mango Noci di cocco

Banane Ananas 4.567 (2) 1.456 (6)

10.560 (3)

15.250 (1)

24.869 (1)

Banane

INDIA

CINA

Plantani

282 (17)

THAILANDIA

Ananas

Ananas

s 570 (24)

9.200 (1)

Noci di cocco

2.650 (1)

1.781 (5)

Banane FILIPPINE

UGANDA

Banane

6.189 (6)

1.650 (13) Mango

Mango INDONESIA TANZANIA

2.650 (4) Noci di cocco

2.376 (5)

Noci di cocco

1.100 (7)

18.000 (1)

Mango

Noci di cocco

Plantani

Mango Noci di cocco

Banane Ananas 335 (18)

580 (11)

735 (10)

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

2.398 (4)

9.226 (3)

783 (12)

15.862 (2) 29


30

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


ECONOMIA SOLIDALE

BANANE&CO COSÌ CAMBIA IL MERCATO GLOBALE

U

di Matteo Cavallito

Aumenta la produzione, diminuisce il peso delle multinazionali storiche, crescono il fair trade e i mercati non alimentari. Per la frutta esotica è tempo di nuove sfide valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

n mercato in crescita. Sia sul fronte domestico, di gran lunga prevalente, sia su quello dell’export, marginale, ma non per questo trascurabile. È il trend che caratterizza la frutta tropicale, un segmento che copre da solo oltre un terzo del suo macro-settore di riferimento. Nel corso del 2012, l’ultimo anno per il quale sono disponibili dati completi, la produzione di frutti esotici ha superato quota 330 milioni di tonnellate, contro gli 880 milioni totali raggiunti sommando le quantità prodotte di ogni frutto (tropicale e non, semi e derivati compresi) classificato nel database statistico della Fao. A trascinare il segmento sono state cinque varietà in particolare – banane, mango, ananas, plantani e noci di cocco – che da sole occupano l’80% circa del mercato. Nel 2012, la produzione di questi Big 5 ha sfiorato i 265 milioni di tonnellate contro i 197 registrati dieci anni prima. In pratica, un incremento del 34%. Difficile definire il giro d’affari, anche per l’assenza di quotazioni ufficiali nelle Borse delle ma31


economia solidale banane & co. EXPORT BANANE 2012

IMPORT BANANE 2012

terie prime. Nel 2010 la Fao stimava in quasi 51 miliardi di dollari il valore della produzione di frutta tropicale escludendo però dal conteggio proprio le banane. Per queste ultime è noto solo il valore delle esportazioni pari a 8,1 miliardi su un totale di 12,8 per il settore della frutta esotica. A beneficiare del trend sono stati ovviamente i grandi Paesi produttori, concentrati prevalentemente nelle aree emergenti o in via di sviluppo (vedi MAPPA pag. 28). Un po’ meno, forse, le grandi corporation che, come vedremo, hanno perso

enormi quote di mercato nel segmento del frutto protagonista: la banana, che, con oltre 100 milioni di tonnellate prodotte, svetta su tutti i “colleghi” del settore.

BANANA PROTAGONISTA La banana, ricorda la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (United Nations Conference on Trade and Development - UNCTAD) è «il quarto prodotto alimentare più importante nei Paesi più poveri» e rappresenta l’elemento base dell’alimentazione per 400

Altri 8%

Giappone 7%

Usa 27%

Russia 8%

UE* 27%

Africa 2%

Asia 17%

America Latina e Caraibi 4%

Altri 19%

FONTE: NOSTRE ELABORAZIONI DA DATI FAO, “BANANA MARKET REVIEW”, 2014. *ESCLUSA CROAZIA

Filippine 16%

Guatemala 12%

Ecuador 30%

Costarica 12%

Colombia 11%

FONTE: NOSTRE ELABORAZIONI DA DATI FAO, “BANANA MARKET REVIEW”, 2014

milioni di persone. Nonché, verrebbe da aggiungere, il principale protagonista nel mercato internazionale. Il fatto, evidenziano i rapporti Fao, è che se ne esporta mediamente di più: 16,5 milioni di tonnellate nel corso del 2012, ovvero, numeri alla mano, circa 1/6 della produzione totale. Nel comparto frutta esotica, in media, si arriva appena a 1/10. Il fenomeno è in crescita, 7,3% in più rispetto all’anno precedente, nonché in linea con un trend storico se è vero, come ricorda ancora l’UNCTAD, che il commer-

FAIRTRADE VINCE LA GUERRA DELLE BANANE di Matteo Cavallito

Thomas Zulian (Fairtrade Italia): «Nel 2013 vendute oltre 350mila tonnellate nel mondo». Prezzi più alti dei concorrenti, ma i consumatori aumentano I grandi distributori spingono i prezzi al ribasso incrementando la pressione concorrenziale sui banchi del supermercato. Ma il settore dell’equo commercio non pare risentirne, anzi. Lo evidenzia il caso delle banane, uno dei prodotti di maggior successo del comparto. Lo spiega a Valori Thomas Zulian, product and key account manager di Fairtrade Italia, l’organizzazione che dal 1994 rappresenta nella Peniso32

THOMAS ZULIAN

product and key account manager di Fairtrade Italia

la Fairtrade International e il suo marchio di certificazione. Nel mondo, numeri alla mano, se ne vendono sempre di più, sebbene il prezzo finale possa superare anche del 10% quello delle concorrenti non certificate. Una scommessa vinta, insomma, evidenziata dalla clamorosa espansione del fenomeno. Si parla di grande espansione per il mercato delle banane Fairtrade. È così? Le banane sono uno dei prodotti più consumati all’interno del comparto Fairtrade. Nel

corso del 2013, parlando sempre di equo commercio, ne sono state vendute su scala mondiale più 350mila tonnellate. Nel Regno Unito rientra nel Fairtrade circa 1/3 delle banane vendute. In Svizzera si sale addirittura al 50%. In altre parole non parliamo più di un mercato di nicchia, ma di quote veramente consistenti.

E in Italia? Il mercato italiano delle banane Fairtrade esiste dal 2002 e da allora ha evidenziato ogni anno significative crescite in termini percentuali. Nel 2013 le vendite sono state pari a circa 9mila tonnellate, due terzi delle quali provenienti anche da agricoltura biologica, con una crescita del 6% rispetto all’anno passato. Nel primo trimestre di quest’anno, sempre su base annuale, l’aumento è stato invece del 10%. valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


banane & co. economia solidale

cio internazionale di banane è triplicato dagli anni ’70 ad oggi. A guidare la classifica dell’export (vedi GRAFICO ), segnala l’ultimo rapporto tematico della Fao, ci sono i Paesi latinoamericani e caraibici, con 13 milioni di tonnellate commercializzate all’estero. A seguire l’Asia con 2,8 milioni e l’Africa, con 650mila tonnellate circa. A trainare la domanda, ovviamente, ci sono soprattutto le economie consolidate con 12,5 milioni di tonnellate importate nell’ultimo anno per il quale sono disponibili dati completi. Oltre un terzo di queste si registrano solo negli Usa.

CORPORATION IN SOFFERENZA Ma il fenomeno più interessante degli ultimi anni è senza dubbio un altro: il ridimensionamento dei grandi operatori privati. Nel 2002 le prime cinque multinazionali del mondo – le statunitensi Chiquita, Del Monte e Dole, l’irlandese Fyffes e l’ecuadoriano Noboa – erano arrivate a controllare quasi i 3/4 del mercato. Oggi, ha ricordato di recente la Fao, la loro quota di mercato complessiva si è ridotta al 44%. A patire maggiormente «è stata sicuramente Chiquita, che ha perso in dodici anni quasi 10 punti di quota in maniera Quali sono i principali standard di riferimento per il marchio Fairtrade? Sul fronte strettamente economico è necessario innanzitutto che vi sia la garanzia di un prezzo minimo pagato al produttore cui si aggiunge 1 dollaro a “cartone”, ovvero 18,14 kg di banane, che costituisce il cosiddetto “premio Fairtrade” che dovrà essere investito nella comunità per fini sociali, come sanità e istruzione. Devono esserci inoltre contratti di produzione di lunga durata con chiare indicazioni sulle quantità di acquisto e può essere previsto un prefinanziamento per il produttore nel caso in cui quest’ultimo abbia difficoltà ad accedere al credito presso i canali tradizionali. Poi ovviamente ci sono i criteri sociali e ambientali. Ovvero? Sul fronte sociale la tutela lavoratori, a partire dalla libertà sindacale, dal divieto assoluto dell’impiego del lavoro minorile e il divieto di qualsiasi tipo di discriminazione. In valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

FUORI DAL PIATTO. I MILLE MONDI DELLA FRUTTA TROPICALE

Dagli aromi ai coloranti naturali. Passando per le molecole target, gli enzimi – che si ottengono ad esempio dalla papaya – o l’olio di kiwi, che si ricava dai semi. Sono molteplici gli usi non alimentari nel comparto frutta esotica come evidenzia un panorama di produzioni e consumi particolarmente variegato. «Il mercato tiene e il comparto si diversifica sempre di più», spiega Giancarlo Cravotto, direttore del dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco dell’Università degli Studi di Torino. «L’idea è che sia opportuno valorizzare tutta la pianta, recuperandone ogni parte e quindi anche gli scarti di produzione». Una risorsa fondamentale è costituita in particolare da un insieme di alcune piante poco conosciute. È il caso ad esempio della Stevia rebaudiana che cresce in Centroamerica e da cui si può ricavare un eccellente dolcificante naturale, ma non solo. «Negli ultimi anni il caso più eclatante riguarda certamente l’acerola e il camu-camu, due piante esotiche utilizzate per ottenere vitamina C naturale», ricorda ancora il docente. «Rispetto alla vitamina C di sintesi, che dal punto di vista chimico, per altro, è esattamente identica, costa circa tre volte tanto. Eppure è molto richiesta, se ne produce moltissima. Non c’è dubbio che la sua origine naturale rappresenti un grande valore aggiunto per il mercato». Le opportunità, insomma, sono molte con un unico, ma importante, limite: occorre che il frutto in questione sia conosciuto e consumato abitualmente in Europa. In caso contrario è classificato come novel food e può essere commercializzato solo dopo un processo di autorizzazione basato su accurati studi tossicologici molto lunghi e costosi. [M.Cav.]

ambito ambientale viene data molta importanza all’attenzione per l’agricoltura biologica o, dove non applicabile, viene vietato l’utilizzo di sostanze chimiche pericolose e comunque richiesto un impegno progressivo per la riduzione dell’uso delle sostanze potenzialmente dannose. Ci sono standard particolari per altri tipi di frutta? Esiste lo standard legato ad altra frutta fresca che copre le varietà di frutta per cui è stato possibile stabilire un prezzo minimo. Una questione non da poco. Anche perché a differenza di carne, latticini o cereali non esiste una borsa delle banane… Il prezzo costituisce da sempre una zona grigia in cui non è facile districarsi, specialmente al momento dell’acquisto della frutta dai produttori. In questo senso il prezzo minimo ha un importante valore di trasparenza e può diventare un punto di riferimento

nel mercato. In linea di massima il prezzo finale di una banana Fairtrade eccede quello di una banana “normale” del 5 o del 10%. Poi ovviamente dipende anche dalle politiche dei distributori. A proposito, da qualche tempo si parla molto dell’aumento del potere dei grandi distributori nella fissazione del prezzo. Conferma? Sì, da almeno un decennio i grandi retailers hanno acquisito un grande peso, anche perché in alcuni casi scelgono di acquistare direttamente dai produttori, bypassando le grandi aziende. In questo modo finiscono per poter offrire i prodotti al supermercato a un prezzo molto basso come accade ad esempio nel Regno Unito dove ormai è in corso una vera e propria guerra delle banane a colpi di continui ribassi. Se si vuole contrastare questo fenomeno occorre lavorare necessariamente sulla consapevolezza dei consumatori. ✱ 33


economia solidale banane & co.

abbastanza costante», spiega a Valori Michele Dall’Olio, marketing specialist presso Italiafruit News, un portale di informazione dedicato agli operatori del settore ortofrutticolo. Chiquita, che in Italia resta «il maggior player dal punto di vista della notorietà del marchio e dei volumi mossi», ha annunciato nei mesi scorsi la fusione con Fyffes. Un’operazione che alle cifre attuali dovrebbe dar vita a un gigante da 4 miliardi e mezzo di fatturato annuo con una quota di mercato prossima al 20% del totale mondiale. Conseguenze? Non molte ha sostenuto la Fao secondo cui è improbabile che Chiquita-Fyffes possa condizionare l’andamento dei prezzi di importazione e di vendita «data l’importanza di altri attori sul mercato, in particolare in Europa e in Russia». Quel che è certo è che nel corso degli ultimi anni il potere di stabilire i prezzi sembra essersi spostato in modo sempre più netto dai produttori storici a una categoria ancora più forte: quelli dei grandi distributori. A denunciarlo, tra gli altri, la Ong britannica BananaLink, che dopo la decisione della catena olandese Jumbo Supermarkten di abbassare a 99 centesimi al chilo il prezzo di vendita finale ha lanciato l’allarme sulle conseguenze per i produttori destinati, ovviamente, a scontare gli effetti della spinta ribassista.

ALTRI MERCATI Guerra dei prezzi a parte, il mercato conosce da tempo altri due fenomeni degni di nota. Il primo è lo sviluppo del comparto frutta per scopi non alimentari. È il caso dei processi estrattivi che a partire dai frutti e dalle loro piante permettono ai produttori di ottenere svariate risorse come aromi, coloranti, enzimi e così via 34

FRUTTA ESOTICA 2002-12 (BIG 5) [tonnellate]

FONTE: NOSTRE ELABORAZIONI DA DATI FAO (HTTP://FAOSTAT3.FAO.ORG), 2014

300.000.000 275.000.000 250.000.000

Totale 2002-12 +34%

225.000.000 200.000.000 175.000.000 150.000.000 125.000.000 100.000.000 75.000.000 50.000.000 25.000.000 0 Banane

2002

2003

2004

Noci di cocco

Mango

2005

2006

Ananas

(vedi BOX ), garantendo nuove opportunità a settori diversi, come quello cosmetico o farmaceutico, con significativi riscontri sul fronte della domanda. Il solo segmento della “cosmesi naturale”, hanno segnalato di recente gli organizzatori del Vivaness, il Salone Internazionale del settore, evidenzia tassi di crescita significativi in Europa e negli Usa alimentando lo sviluppo di un comparto che ad oggi, stima l’istituto di ricerca statunitense Kline & Company, garantisce ai produttori un fatturato globale di quasi 30 miliardi di dollari. Il secondo grande fenomeno è costituito invece dal fair trade, un settore che

Aspettando l’Expo… a modo nostro

Mancano dieci mesi all’inizio del tanto atteso Expo 2015.

2007

2008

Plantani

2009

2010

2011

2012

Totale

non «rappresenta più un mercato di nicchia», viaggiando ormai in alcuni Paesi, UK e Svizzera in particolare, su quote “veramente consistenti” come ricorda Thomas Zulian, product and key account manager di Fairtrade Italia (vedi INTERVISTA ). Un trend confermato anche dal caso italiano dove, a scommettere su questo genere di prodotto, sono anche «le più importanti catene di distribuzione» ricorda Michele Dall’Olio. A livello mondiale le banane trattate con il marchio Fairtrade sono oltre 350mila tonnellate. Negli ultimi dieci anni le importazioni di banane del commercio equo nella Penisola «sono più che triplicate». ✱

Il primo maggio dell’anno prossimo aprirà i battenti la manifestazione intitolata “Nutrire il Pianeta, energia per la vita”. Noi di Valori abbiamo deciso di avvicinarci all’evento con un viaggio nel cibo, spesso

preda di speculazione, visto più come un business che come una fonte di energia e di vita. Dopo la carne e il latte, su questo numero parliamo di un alimento più fresco ed estivo, la frutta esotica. valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


fmi sull’italia economia solidale

La competitività resiliente delle imprese italiane L’inventiva e l’agilità delle produzioni specializzate italiane ci hanno salvato. Ma per l’Fmi è ora di cambiare. Ridurre il costo del lavoro non è così importante: servono qualità, innovazione e riforme

I

l Fondo monetario internazionale ha pubblicato lo scorso maggio un rapporto su produttività e innovazione in Europa, centrato sull’Italia. Il report, curato dall’economista Andrew Tiffin, è per certi aspetti sorprendente: sferra un diretto a un moloch come il costo del lavoro, dicendo che è importante, ma non poi così fondamentale come per decenni ci è stato ripetuto – anche dall’organismo di Bretton Woods – a giustificazione di richieste di tagli al sistema contributivo e retributivo. Il costo del lavoro in Italia è cresciuto meno che nelle nazioni sue pari, dice il rapporto, e serve altro al sistema produttivo italiano se vogliamo riposizionarlo su produzioni a più alto valore aggiunto, nella catena internazionale di produzione del valore. Per misurare la competitività esterna di un Paese in un mercato sempre più integrato e segnato dall’ingresso degli emergenti, spiega Andrew Tiffin, l’indicatore del costo del lavoro è semplice da comunicare e rientra negli strumenti a disposizione dei responsabili politici, ma presenta un quadro incompleto: «La misura della competitività è tutt’altro che semplice, non esiste una definizione concordata o un ben definito set di indicatori. Infatti la competitività è un concetto alquanto poliedrico che continua a evolversi in linea con una rapida evoluzione dell’economia globale». E ancora «marcando una distinzione tra competitività tecnologica e competitività di prezzo, l’aumento del costo dei salari può riflettere la creazione di posti di lavoro di alto livello, in un mercato sempre più innovativo e in un’economia tecnologicamente competitiva». Mentre per aumento della produttività in Italia quasi generalmente è passato il modello Fiat dell’au-

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

di Paola Baiocchi

PRODUTTIVITÀ A CONFRONTO

FONTE: THE CONFERENCE BOARD, TOTAL ECONOMY DATABASE

Pil per ora [in dollari Usa attualizzati al 2012] 60

Rivoluzione ICT Riduzione della differenza 50 nella produttività 40

Aumento della differenza di produttività

30 20

1970

1975

1980

1985

1990

1995

2000

2005

2010

mento dei ritmi di produzione, invece che l’incremento del valore aggiunto. «Fattori diversi dal costo del lavoro e dai prezzi – continua il rapporto dell’Fmi – sono destinati a diventare sempre più importanti» come «la qualità, l’innovazione e la specializzazione».

LA RESILIENZA ITALIANA «I risultati economici italiani – riassume il report – sono stati insoddisfacenti nelle ultime due decadi, rispetto agli anni Settanta e Ottanta quando l’Italia si attestava come una delle migliori crescite tra i maggiori partner europei. A partire dagli anni Novanta soffre di un lungo e forte declino del suo sviluppo», non ha colto la portata dirompente delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, come illustrato nel grafico (vedi anche Il declino italiano, su Valori 34, di novembre 2005). Tuttavia «mantiene un mix di export di alta qualità, dove la flessibilità e l’adattabilità delle industrie specializzate di piccola scala restano un punto di

 IN RETE Il link al report del Fmi www.imf.org/external/pubs/ft/ wp/2014/wp1479.pdf 35


economia solidale fmi sull’italia

COME SPENDERE PER LA RICERCA BLOCCANDOLA: IL CASO ENEA

Nato nel 1952 come Comitato nazionale per le ricerche nucleari (Cnrn), all’interno del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) con lo scopo di acquisire e diffondere conoscenze scientifiche sulle applicazioni civili dell’energia nucleare, l’Ente subisce negli anni molte trasformazioni e dopo il referendum sul nucleare del 1987 gli vengono assegnati compiti di ricerca per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente. Nel 1999 viene nominato presidente dell’Enea il premio Nobel Carlo Rubbia, che avvia un programma di revisione dei principali obiettivi tecnico-scientifici dell’Ente e un successivo piano di riorganizzazione. Il compito non è facile e Rubbia viene nominato nel 2003 commissario. Nel 2005 il governo Berlusconi dimissiona Rubbia prima della scadenza del suo incarico e nomina un commissario e due vice commissari: uno è Corrado Clini, attualmente inquisito; l’altro Claudio Regis di cui in Italia non risulta la laurea che dichiara. Da allora l’Ente boccheggia tra tagli ai finanziamenti e rimando delle decisioni. «Ma probabilmente va bene così – dice un suo ex dirigente – all’industria ha sempre dato fastidio un Ente che gli dava indicazioni». [Pa.Bai.]

forza». Anzi (e questo è un altro degli aspetti sorprendenti del report, perché illustra una componente meno nota della nostra economia) «le esportazioni italiane hanno retto relativamente bene, in termini di valore. In un’epoca dominata dalla drammatica espansione degli esportatori dei mercati emergenti, il settore esportazione in Italia continua a classificarsi tra i leader del mondo, a differenza di molti altri Paesi europei. E la quota delle esportazioni italiane nel mondo si è generalmente mossa in parallelo con i suoi partner europei. Più di recente, la vivacità delle esportazioni, a fronte di una domanda globale depressa, ha sottolineato l’adattabilità costante e la resilienza delle imprese commerciali italiane. Infatti, secondo il Trade Performance Index del WTO/UNCTAD, l’Italia resta esportatore top-ranked al mondo nel settore tessile, nell’abbigliamento e nella pelletteria; ed è al secondo posto nel mondo per le macchine non elettroniche, dietro la Germania, e nella manifattura di base e varia». La quota che questo di tipo export occupa nel nostro paniere commerciale estero, ci rende simili a Germania e Usa.

 CLASSIFICAZIONE DEI SETTORI INDUSTRIALI - Industrie basate sulla scienza, come la farmaceutica, l'elettronica di fascia alta e l’aeronautica, settore in cui sono dominanti le grandi imprese e in cui l'innovazione è tipicamente interna all’impresa e basata sui progressi della scienza. - Industrie fornitrici specializzate, settore spesso dominato da piccole imprese che progettano, sviluppano e producono attrezzature su misura per una particolare produzione o per un processo. - Industrie tradizionali, come il tessile, i mobili, il cibo e i manufatti di base; dove l’innovazione interna è meno rilevante e la nuova tecnologia viene da fornitori esterni di attrezzature e materiali. - Industrie a scala intensiva, dove le innovazioni derivano principalmente dallo sfruttamento delle economie di scala. Questo settore può essere ulteriormente suddiviso in: > industrie a scala intensiva basate sulla tecnologia, quali gli autoveicoli e altri mezzi di trasporto; > industrie a scala intensiva basate sulla trasformazione e le materie prime, come la chimica industriale, i prodotti petroliferi raffinati, i metalli di base e la trasformazione/confezione di prodotti alimentari. 36

Ma le esportazioni di forniture specializzate sono frenate da una serie di ostacoli per cui l’Italia deve mettere mano a una robusta agenda di riforme – continua il rapporto del Fmi – perché «una debole competitività di fondo continua a erodere la quota di mercato globale dell’Italia» e «la piccola dimensione delle imprese, che nel passato ha contribuito a garantire agilità e resilienza delle esportazioni italiane del settore, ora è meno positiva. Infatti la dimensione delle aziende e la loro portata globale sono sempre più importanti e vi è, forse, una crescente necessità di riforme strutturali in grado di rimuovere gli ostacoli alla crescita delle imprese e a incoraggiare i flussi degli investimenti esterni diretti».

SOSTEGNO AI SETTORI STRATEGICI INNOVATIVI Nelle conclusioni il report non si dilunga su quali siano le riforme necessarie (più di quanto appena riportato). E forse è un bene, conoscendo quanto può essere nefasta l’ingerenza del Fmi nelle politiche strutturali dei Paesi. Ma il quotidiano di Confindustria, il Sole 24 Ore, legge tra le righe e, in un suo articolo di commento, dimostra di aver capito: «La ricetta suggerita dallo studio del Fmi è chiara [...] parole che evocano fusioni e acquisizioni, anche da compratori non italiani, di imprese spesso rimaste a conduzione familiare e non quotate in Borsa». A noi sembra, invece, che non siano i compratori esteri di società italiane a fare la differenza per rilanciare la competitività del nostro Paese, quanto piuttosto una programmazione economica centralizzata di lungo termine che dia indirizzo e sostegno non occasionale a settori strategici. Missione impossibile, data la scarsa “visione” dei governi che si succedono e anche perché l’Enea, l’ente nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente, è commissariato da anni e avviato a morire per lento soffocamento (vedi BOX ). Il nostro delicato settore dell’export di forniture specializzate potrebbe essere spazzato via in un attimo da un’innovazione che sta avanzando molto più rapidamente di quanto sia mai successo prima: la nuova tecnologia delle stampanti in 3D è in grado «di sradicare i vantaggi competitivi finora raggiunti» e «di acquisire modelli matematici complessi che in passato erano frutto di mesi di lavoro», ha affermato il presidente dell’Unione degli industriali della provincia di Varese, candidando l’area varesina a essere la capitale dell’innovazione incrementale. Una sfida coraggiosa, ma che difficilmente, affrontata solo in ambito privato, potrà uscire da una dimensione medio-piccola. ✱ valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


progetti da finanziare economia solidale

Quando l’università premia il sociale 500mila euro. È la cifra record raccolta dal Politecnico di Milano dal 5x1000 nel 2012. La destinerà a progetti di ricerca di natura sociale, scelti con un vero e proprio concorso

A

cosa serve l’università? Alla formazione e alla ricerca, senza dubbio. Ma c’è anche la “terza missione”: mettere la conoscenza al servizio della società. In America Latina questo aspetto è particolarmente sentito, grazie a esperienze come il Taller Libre de Proyecto Social della facoltà di Architettura, design e studi urbani dell’Università di Buenos Aires, operativo dal 2002. Suoi gli interventi per migliorare la qualità della vita delle famiglie che occupavano una fabbrica abbandonata nel distretto di San Martín. In

di Valentina Neri

Europa si distinguono l’Università di Cambridge e quella di Sheffield, che con la sua Scuola di architettura ha lanciato i Live Projects. Gli ultimi in ordine di tempo sono Re-imagining libraries, per risollevare dalla crisi le biblioteche locali; LIVE LGBT, per i diritti di omosessuali e transessuali, e [re]create Blackburn, per riqualificare il centro della città inglese grazie all’industria artistica. In Italia la tradizione del civic/public engagement è arrivata molto più di recente. Ma, anche in un periodo che per l’università non è facile, c’è chi

TUTTO IL BUONO DEL 

CONTROLLARE L’EPILESSIA NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

C’è un solo modo per controllare l’epilessia: assumere correttamente i farmaci. In molti Paesi del Sud del mondo, però, non ci sono abbastanza epilettologi. In altri, come il Mozambico, i medici ci sono e ci sono anche gli strumenti per la cromatografia liquida, necessaria a capire se la dose di farmaco sia quella giusta. Il problema, spiega a Valori il professor Carlo Ossi, è che spesso il paziente raggiunge l’ospedale per sottoporsi al prelievo, ma poi, in assenza di risorse per ricoverarlo, non riesce ad affrontare di nuovo un viaggio lungo e disagevole per ritirare i risultati. Considerato che l’esame va ripetuto a intervalli regolari per diversi mesi, possiamo capire il motivo per cui nei

5x1000

Paesi in via di sviluppo l’epilessia abbia un’incidenza molto pesante. «La nostra idea è quella di rendere l’esame più semplice e rapido, evitare il prelievo e far sì che sia la macchina a raggiungere il paziente e non il contrario», afferma Ossi. Come? Adattando uno spettrometro Raman portatile, che è una tecnologia già esistente, all’analisi della concentrazione nel sangue dell’antiepilettico più diffuso (la carbamazepina). Un esame del genere richiederebbe una sola goccia di sangue e restituirebbe i risultati nell’arco di pochi minuti, all’incirca come la misurazione della glicemia. L’apparecchiatura per giunta potrebbe essere portata in giro per il Paese. Dopo l’estate i ricercatori inizieranno la fase di studio e validazione del metodo, che durerà un anno. In seguito lo testeranno all’ospedale di Maputo, con cui l’Istituto neurologico Besta, “vicino di casa” del Politecnico, collabora da tempo.

>> valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

37


economia solidale progetti da finanziare



IL FREDDO CHE TI SALVA LA VITA

Un frigorifero può sembrare un banale elettrodomestico. In un villaggio africano, in cui caldo e umidità fanno proliferare i batteri e in cui spesso medicinali e alimenti non sono conservati in modo adeguato, non lo è. Con il progetto SPARK i ricercatori del Politecnico metteranno a punto un kit per l’autocostruzione di impianti di refrigerazione economici, alimentati da energia fotovoltaica. Il prototipo sarà messo al servizio di una comunità del Camerun grazie ad ACREST, una Ong che promuove le fonti rinnovabili nei Paesi in via di sviluppo. Con gli 85mila euro del 5x1000 e le ore di lavoro del team, l’iniziativa può partire. «Diversamente, non so come avremmo potuto portarla avanti», ammette Claudio Del Pero, ricercatore del dipartimento di Architettura, ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito (ABC). «Trovare finanziatori per un progetto a fini sociali non è facile, tanto più per un team giovane come il nostro».



PREVEDERE GLI SBARCHI PER EVITARE LE TRAGEDIE

Il 1° ottobre 2013 Lampedusa è stata teatro della più grave tragedia dell’immigrazione nel Mediterraneo. E in tutto sono oltre 19mila i migranti che negli ultimi 24 anni hanno perso la vita tentando di raggiungere l’Europa. Cosa succederebbe se potessimo seguire le rotte dei barconi, stimare gli sbarchi in anticipo e allertare i soccorsi? L’idea di Space Shepherd – spiega Francesco Topputo, ricercatore al dipartimento di Scienze e tecnologie aerospaziali – è quella di far scattare un’immagine a ogni satellite per uso scientifico che sorvola il canale di Sicilia. Se si rileva un’imbarcazione che non risulta dalle rotte commerciali, si ricostruisce la sua rotta e si individua il secondo satellite che la intercetti il prima possibile. E così via, seguendone il percorso passo dopo passo. Tali ipotesi vanno molto al di là del breve periodo. «Lo scopo del progetto, allo stato attuale – chiarisce Topputo – non è quello di implementare l’idea, ma di verificarne la fattibilità. Abbiamo quindici mesi per capire se la tecnica è valida. La sua eventuale applicazione sarebbe soggetta ad una scelta politica, che coinvolgerebbe le agenzie spaziali che gestiscono i satelliti, i militari che controllano i mari e molti altri soggetti. Ma noi ci crediamo, perché è interesse di tutti che le tragedie dell’immigrazione non si ripetano».

sulla terza missione vuole puntare. Il Politecnico di Milano, in collaborazione con l’omonima Fondazione, dal 2012 ha avviato Polisocial, il programma di responsabilità sociale accademica che «comprende attività di cooperazione allo sviluppo (poli4development) e a favore delle comunità locali (poli4people)», spiega il prorettore Alessandro Bal-

Nelle mani degli atenei italiani Era il 2006 quando per la prima volta i contribuenti hanno potuto destinare il loro 5x1000 al non profit e alla ricerca. In queste pagine parliamo del Politecnico, ma questo sostegno (che al cittadino non costa nulla) si è rivelato prezioso anche per gli altri atenei. L’Università di Roma “Tor Vergata” userà la raccolta 2014 per completare il museo “Archeologia per Roma”, con cui valorizzare i reperti rinvenuti nel comprensorio.

38

L’Alma Mater di Bologna, oltre a finanziare decine di borse di studio, ha portato avanti il recupero degli storici “tunnel del vento” per il progetto CICLoPE a Predappio, che trasformerà un’ex fabbrica di epoca fascista in un laboratorio di eccellenza nel campo della fluidodinamica. Gli studenti della Bicocca di Milano invece avranno più possibilità di passare un periodo all’estero, con l’aumento dei posti per

i programmi Erasmus Placement (per i tirocini) ed EXTRA (per le tesi). L’Università di Pisa dallo scorso anno affida la scelta dei progetti a un sondaggio rivolto a cittadini, studenti e personale. Nel 2013 sono stati premiati i servizi per gli studenti disabili e la ricerca su alimentazione e salute, mentre quest’anno si punta sul sostegno agli studenti, che va dalla mobilità internazionale, all’orientamento, all’inserimento lavorativo.

ducci. Professori e ricercatori elaborano progetti di ricerca a finalità sociale e l’università si impegna a garantire loro un sostegno concreto. Un sostegno che arriva dai fondi del 5x1000. Per aggiudicarseli, a partire dallo scorso anno, è stato organizzato un concorso: il Polisocial Award. «L’iniziativa ha avuto un grande successo – continua Balducci – con una cinquantina di candidature. Ai vincitori è stato assegnato il ricavato del 5x1000 del 2012, pari a circa 500mila euro, che ci porta al primo posto tra le università italiane beneficiarie». Gli otto progetti sono stati premiati lo scorso 26 maggio. Valori c’era e in queste pagine ve li descriviamo, senza dimenticare quelli che si sono fermati alla seconda fase della scrematura, come ONBOARDING, per il reinserimento sociale di soggetti svantaggiati nel settore nautico, e MOM (Mini Oxy Monitor) per lo studio sul monitoraggio dell’ossigenazione cerebrale nei neonati prematuri. «Attività che spesso nascono dalle sperimentazioni di intere classi», spiega Balducci. «Mettiamo alla prova i nostri studenti su casi concreti, è importante che sviluppino una dimensione etica nella loro formazione e che capiscano che queste attività rientrano a pieno titolo nel bagaglio di un buon tecnico». ✱ valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


progetti da finanziare economia solidale



MAPPE INTELLIGENTI PER VIVERE BENE LA CITTÀ

Se le mappe stradali segnalassero buche, ostacoli e dislivelli sarebbero una rivoluzione per le persone con disabilità motoria e per i non vedenti, ma anche per le mamme con passeggini. La sperimentazione di MEP (Maps for Easy Paths) partirà dopo l’estate a Como e Cernobbio, «realtà piccole, ma con ostacoli e salite come la maggioranza dei comuni italiani», spiega Sara Comai, che insegna Basi di dati. Le informazioni sull’accessibilità verranno raccolte in modo implicito, con rilevazioni GPS, e in modo esplicito, chiedendo a un campione di utenti (disabili e non) di segnalare gli ostacoli via smartphone. Ne nascerà una app a disposizione di cittadini e turisti, ma anche dell’amministrazione, che avrà le informazioni necessarie per ridurre le barriere.



KARAKORUM SOSTENIBILE

«Le valli del Karakorum hanno impiegato secoli a sedimentare i propri caratteri identificativi. Ma ora rischiano di perderli, a causa del flusso turistico degli scalatori diretti agli Ottomila». Lo dice Eleonora Bersani, membro del gruppo di ricerca del Politecnico che dal 2006 partecipa al progetto internazionale Karakorum Trust. Con gli introiti del 5x1000 si potrà fare un passo in più. Da un lato ci sarà una fase di ricerca sui modelli di turismo sostenibile come strumento di lotta alla povertà. In seguito partirà la sperimentazione, per valorizzare i beni culturali e ambientali nelle aree montuose del Karakorum pakistano, coinvolgendo la comunità locale.

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014



CAMPUS UNIVERSITARI COME COLLANTE PER IL QUARTIERE

«I campus universitari, costruiti riqualificando contesti periferici, sono a tutti gli effetti spazi pubblici. La città però li percepisce come corpi estranei», esordisce Francesca Piredda. Il suo team, campUS, vuole trovare un nuovo ruolo per gli spazi del Politecnico nel quartiere della Bovisa, coinvolgendo le associazioni e le fasce più fragili della popolazione: i cosiddetti NEET (ragazzi che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi formativi) e gli over 75, che «si sentono esclusi da un ruolo sociale ma sono depositari di memoria e competenze». Le iniziative di innovazione sociale non si concretizzano dall’oggi al domani, ma le prime idee ci sono: un padiglione itinerante per attività sportive e culturali, orti urbani partecipati, una social tv di quartiere.



IN EGITTO PER COLTIVARE GIOVANI IMPRENDITORI

La metà degli 87 milioni di egiziani ha meno di 25 anni. Una fascia di popolazione enorme e promettente che sconta pesanti difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro. «Mancano le piccole e medie imprese, decisive per lo sviluppo economico», spiega la professoressa Paola Garrone. «Il settore privato è debole, a parte le multinazionali. Dall’altro lato ci sono pochi colossi statali o controllati dalla politica». Tra chi prova a incentivare l’innovazione ci sono gli incubatori d’impresa dell’American University of Cairo e dell’Università di Alessandria. È con loro che il team della professoressa Garrone sta cercando il modo di sostenere i giovani imprenditori. Non tanto quelli specializzati nell’IT, che hanno già qualche struttura di supporto, quanto quelli che si mettono alla prova, ad esempio, nell’agroalimentare e nell’efficienza energetica. Settori che scontano un ritardo strutturale e necessitano di investimenti iniziali più consistenti.



ABITARE MEGLIO

Quasi invisibile nella mappa di Milano, via Catullo collega viale Certosa e via Gallarate ed è tristemente famosa come una delle zone più difficili della città: criminalità, case sovraffollate e fatiscenti, edifici industriali dismessi, pericolanti e coperti di amianto. È su un contesto così critico che i ricercatori del Politecnico lavorano da un paio d’anni. «Vogliamo sviluppare un progetto strutturale e proporlo al Comune di Milano», spiega il professor Gabriele Pasqui. «Cercheremo di capire se ci siano le condizioni per un intervento di housing sociale da proporre a una cordata di imprenditori. Oltre a ripianare le situazioni di illegalità, potrebbe trattarsi di un progetto pilota per altre realtà come questa, che sono ancora più difficili perché bisogna intervenire su edifici privati».

39


Da immigrato clandestino a imprenditore modello. È la storia di Suleman Diaria, 28 anni, originario del Mali. Era sbarcato nei pressi di Siracusa nel 2008. Per anni

ha raccolto agrumi a Rosarno. Oggi è finalista del premio MoneyGram Award 2014, categoria imprenditoria giovanile. Ha fondato la cooperativa sociale Barikama, produce 200 litri di yogurt artigianale e biologico nel caseificio del Casale di Martignano, nei dintorni di Roma, e dà lavoro a sei amici.

HTTP://BLOG.MAKINSUD.COM

Dallo sbarco a re dello yogurt bio

VALORITECA BUONE NOTIZIE

A Pisa Dopo di Noi Cosa succede alle persone disabili quando genitori e parenti non ci sono più? Come possono organizzarsi sia nella vita di tutti i giorni sia economicamente? Per rispondere a queste domande parte da Pisa un progetto nazionale, finanziato dal ministero del Lavoro con 160mila euro, per un fondo chiamato “Dopo di Noi”, uno strumento che avrà lo scopo di raccogliere contributi, donazioni e finanziamenti da destinare alla costruzione e al mantenimento di case famiglia di accoglienza.

www.expoleaks.it/it ON LINE

Nasce #ExpoLeaks, la piattaforma per segnalare in totale anonimato eventuali anomalie su #Expo2015 40

+2,2% la crescita dell’agricoltura in Italia nel primo trimestre 2014. L’agricoltura è l’unico settore produttivo a registrare un incremento del valore aggiunto (dati Istat)

I MIGLIORI TWEET DEL MESE 50 litri acqua x fare un’arancia 2400 x fare un hamburger. Ecco xché ambientalisti diventeranno tendenzialmente vegetariani @Leonardobecchet

Efficienza energetica comportamentale: in Italia risparmieremmo 1,3 TWh e oltre 253 milioni l’anno @Qualenergiait

APPUNTAMENTI PASSO DEL GRAN SAN BERNARDO (FINO A PALERMO)

3

AGOSTO

0,5 EURO Il compenso che riceve una donna che cuce perline su top di H&M o Triumph, per un’ora di lavoro. La collega che ricama su camicette di Benetton o Max Mara, per un’ora e mezza di lavoro, guadagna 1,5 euro a pezzo. FONTE: REPORT “STITCHED UP - SALARI DA POVERTÀ PER I LAVORATORI DELL’ABBIGLIAMENTO NELL’EUROPA ORIENTALE”, CLEAN CLOTHES CAMPAIGN, GIUGNO 2014

Il ritorno dell'agenda rossa

Salvatore Borsellino, per ricordare il fratello Paolo, percorrerà l'Italia, dal passo del Gran San Bernardo a Palermo, in un viaggio in 3 tappe, per riportare simbolicamente a Palermo l'agenda rossa, sparita dopo la strage di via D'Amelio. www.19luglio1992.com

RISPESCIA (GROSSETO)

8-7

AGOSTO

Festambiente

Il festival internazionale di ecologia e solidarietà promosso da Legambiente, nel Parco Naturale della Maremma.

SARZANA (LA SPEZIA)

29-31 AGOSTO

Festival della Mente

L'undicesima edizione del primo festival in Europa dedicato alla creatività. FORTEZZA FIRMAFEDE ARCHIVIO FESTIVAL DELLA MENTE

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


social innovation

Case di comunità

This land is your land di Andrea Vecci

utto è iniziato nel 2008 quando un gruppo di residenti di Crosby Ravensworth, nella regione dei laghi inglesi, calcolò che sarebbero occorsi 23 alloggi a prezzi bassi per consentire l’accesso alla casa per i giovani della comunità, nei dieci anni successivi. Invece di pensare a chi avrebbe potuto risolvere il problema, gli inglesi decisero di fondare un Community Land Trust, convinti dal fatto che le case sarebbero state mantenute di proprietà e sotto il controllo della comunità. Da allora il CLT si è occupato di rilevare e gestire, allo stesso modo degli alloggi, anche un pub in crisi, raccogliendo 300mila sterline, utili per il rilancio di una gestione giovanile, attraverso l’emissione di azioni della comunità: un altro simbolo della fiducia nelle nuove generazioni. I CLT si stanno affermando in Belgio, Irlanda, Francia, Svizzera, come esempi in cui la comunità locale riprende il controllo degli investimenti che ne trasformano il futuro. Sono organizzazioni non-profit, radicate nella comunità, gestite da volontari, nate per la costruzione di alloggi, uffici o altre attività che soddisfano le esigenze della comunità. Hanno un effetto trasformativo sul tessuto delle loro aree locali, non solo sulle politiche abitative, ma anche sullo sviluppo economico locale. Sono esempi di rafforzamento e di resilienza della comunità di fronte alla crisi, di costruzione di una fiducia (trust, appunto) collettiva nel

T

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

Lo sviluppo delle comunità passa attraverso le politiche di housing: il caso dei Community Land Trust futuro che pone le garanzie necessarie per affrontare i problemi del presente. Tutti i CLT condividono alcune caratteristiche fondamentali. Sono istituiti dalla comunità per la comunità: gli alloggi possono essere costruiti e assegnati solo in modo da avvantaggiare gli interessi comuni e non quelli privati. I proventi degli alloggi e dei terreni venduti finiscono in un fondo asset-locked per essere reinvestiti nella comunità stessa. I CLT sono partecipati democraticamente dagli enti locali, dalle associazioni e dai futuri inquilini o proprietari degli alloggi. Si impegnano a mantenere gli alloggi a prezzi accessibili in modo permanente applicando l’enfiteusi, un diritto d’uso del suolo nato nell’Italia feudale: l’inquilino può avere la proprietà dell’immobile fino a 90 anni, mai del terreno su cui è costruito. Questa è una caratteristica fondamentale per un CLT che consente di mantenere le case o le attività produttive in modo permanente a prezzi accessibili. Ad esempio a Bruxelles il mutuo per l’acquisto dell’immobile viene fissato al 30% del reddito della famiglia, elemento variabile, ma che fissa l’impatto certo dei costi per la casa sul reddito. Ciò significa che la casa non sarà un bene reso conveniente solo per il primo acquirente. Il CECODHAS, l’organismo europeo che si occupa di housing, in una recente ricerca dimostra come molti Stati membri non avranno più le strutture per finanziare e realizzare politiche di alloggio pubblico: i CLT possono essere un agile strumento di contenimento del problema della casa e dell’impatto che ne deriva sui redditi bassi. I percorsi di accesso a questo tipo di alloggio gestito dal CLT devono costruire le garanzie e le responsabilità dei futuri abitanti, quindi niente liste di attesa, ma corsi di formazione, incontri con le associazioni del territorio e piano di risparmio, tutte pre-condizioni per fare l’abbinamento alloggio giusto per famiglia giusta, un percorso che è molto simile a quello seguito da una coppia per l’adozione di un figlio. ✱ 41



INTERNAZIONALE

EXPO, ISRAELE SCENDE IN CAMPO

S

di Corrado Fontana

La manifestazione internazionale di Milano diventa obiettivo di marketing, ricerca e sviluppo in agricoltura. Israele invade la Pianura Padana e le fattorie lombarde si trasformano in Demo Farm valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

e son rose, fioriranno. E il proverbio è quanto mai azzeccato per rappresentare un progetto che nasce da Expo 2015 e solo adesso, con qualche ritardo, sembra vivere la sua accelerazione decisiva. Israele, piccola superpotenza globale nel settore dell’innovazione tecnologica in agricoltura, ha infatti individuato la manifestazione milanese come vetrina ideale. E le fattorie della Pianura Padana saranno i luoghi dove le sue eccellenze si mostreranno ai visitatori, nella pratica dei campi e delle stalle. In una parola “Demo Farm”, titolo provvisorio di un progetto ancora in pieno corso d’opera, con tre assi principali su cui si sta realizzando: gli uffici per la promozione del commercio d’Israele in Italia, l’associazione di proprietari 100 Cascine e un variegato comparto di ricerca e sviluppo, che per l’Italia significa innanzitutto Lodi e il Parco Tecnologico Padano, e per Israele potrebbe presto voler dire Volcani Center (vedi BOX a pag. 46).

Una coltivazione di erbe aromatiche cresciute in serra, Israele. 43


internazionale modelli agricoli

DEMO FARM: ANCORA UNA QUESTIONE PRIVATA

CASCINE APERTE I primi segni concreti di Demo Farm si stanno finalmente vedendo nel territorio di Mediglia, a sudest di Milano. «È un’area nel Parco Sud dove si trovano nove fondi agricoli con relative cascine e aziende», spiega Alessandro Belgiojoso di 100 Cascine. «L’israeliana Afimilk impianterà una nuova sala di mungitura; la Naan Dan Jain porterà un sistema di irrigazione a goccia e di raffrescamento con vaporizzazione dell’acqua per il benessere dei maiali; Netafim e Syngenta realizzeranno un campo agricolo di mais con irrigazione sperimentale. Per la patata, una coltivazione non usata nella zona, stiamo valutandone l’opportunità, ma non saranno tecnologie o applicazioni destinate e rimanere dopo Expo. Alcune cascine nel Parco (Caremma, Forestina, Isola Maria, Selva, Gambaretta) costituiranno invece un cluster del biologico sviluppato ad hoc, ma non in collaborazione con Israele». Una corsa contro il tempo per essere pronti all’avvio di Expo, con gli israeliani che sostengono le spese per portare qui le loro tecnologie e le aziende agricole lombarde che acquisiscono visibilità per sé e i propri prodotti e si impegnano a offrire spazi per tenerle esposte durante l’evento (per ora) e a ospitare delegazioni di professionisti da tutto il mondo.

DALLA RICERCA NASCONO FIORI E, sebbene attualmente la Pianura Padana non abbia bisogno di irrigazione a goccia, perché dispone di acqua in abbondanza e

In Italia, sul piano del contributo pubblico, nulla di specifico è ancora arrivato mentre scriviamo, né per il comparto Demo Farm/100 Cascine (che però potrà usare il logo di Expo 2015) né per la parte che coinvolge il Parco Tecnologico Padano. Le province si stanno organizzando autonomamente, per lo più con la costituzione di associazioni temporanee di scopo (Ats) tra soggetti privati. Al PTP stanno aspettando un bando importante, annunciato, ma ancora non attivo, che sarebbe la fonte di finanziamento principale. Le società israeliane stanno formando un consorzio finalizzato all’esportazione di tecnologia, per poter accedere a un bando commerciale ordinario del ministero dell’Economia previsto entro l’estate, e da cui sperano di avere fondi a copertura delle spese. Il progetto, dipendente dal coordinamento del ministero israeliano per gli Affari esteri, coinvolge anche quelli dell’Economia e dell’Agricoltura. [C.F.]

di un sistema di canali capillare, tra riscaldamento globale e fenomeni di desertificazione, un dialogo con Israele può risultare utile. Se è vero che possiamo imparare qualcosa dal contributo di altri settori, in particolare l’informatica, e qualcosa riguardo al «miglior uso degli input in agricoltura, cioè un minor utilizzo di fertilizzanti, pesticidi e acqua». È il parere di Riccardo Gefter, project manager del Parco Tecnologico Padano, centro di ricerca sulle biotecnologie agroalimentari di Lodi e terzo pilastro di Demo Farm, come capofila di una fitta rete territoriale di laboratori mirati all’innovazione in campo zootecnico e agricolo. Proprio nel lodigiano si svilupperà la parte di “agricoltura del futuro” del progetto: «Nell’ambito dei campi dimostrativi all’interno del centro di ricerca – ricorda Gefter – è possibile dare spazio anche a sperimentazioni agricole corrispondenti a territori con differenti climi e conformazioni, magari ricreando uno sce-

 GLOSSARIO Demo farm: genericamente, fattoria adibita a luogo di dimostrazione per tecnologie o metodologie adottate in agricoltura o zootecnia. Vertical farming: coltivazioni o allevamenti sviluppati all’interno di strutture verticali, cioè edifici a più piani o ampie superfici orientate in verticale. Acquacoltura: è l’allevamento di popolazioni di organismi acquatici, animali (pesci, crostacei, molluschi) o vegetali (piante acquatiche), in acqua dolce o salata in condizioni controllate.

nario collinare dove è inutile realizzare un’agricoltura meccanizzata come quella tipica della Pianura Padana: il nostro proposito è di simulare condizioni climatiche e territoriali che corrispondano a quelle di Paesi e regioni agricole diversi dal nostro, e tuttavia presenti a Expo. Prevediamo di preparare il terreno e le infrastrutture entro il periodo di ottobre-novembre 2014, in modo tale da poter essere pronti per marzo o aprile, cioè per la semina». ✱

LE IMPRESE ISRAELIANE PER IL PROGETTO DEMO FARM

AUTOAGRONOM

Specializzata nell’irrigazione e fertirrigazione intelligente. A Expo punta su progetti pilota per mais, grano, ortaggi, fiori su almeno 4 ettari di terreno dove attuare un confronto delle performance tra il sistema di irrigazione tradizionale e quello israeliano. 44

ANGLEBASE

Ha sviluppato un sistema di riduzione del consumo idrico e fertilizzanti del 50% nella coltivazione degli ortaggi. A Expo ricerca una collaborazione con i produttori italiani di ortaggi per la realizzazione di un campo dimostrativo.

NAAN DAN JAIN

Multinazionale consolidata per sistemi d’irrigazione avanzati, già molto attiva in Italia. A Expo per un progetto pilota su ortaggi, patata, mais, melograno in campo aperto e serra. valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


modelli agricoli internazionale

Modello agricolo d’esportazione Storia politica e innovazione tecnologica rendono l’agricoltura israeliana controversa e allo stesso tempo di grande appeal commerciale nel mondo

«I

due principali limiti dell’agricoltura israeliana sono la scarsa disponibilità di acqua e di terra coltivabile. E sono fortemente connessi tra di loro, superati con investimenti e innovazione», così Stefano Corsi, docente di Economia agraria all’Università degli Studi di Milano. Ma come inquadrare il modello agricolo israeliano? Si fonda su un metodo produttivo unico per storia, organizzazione e produzioni. L’agricoltura ha rappresentato il primo passo per la costruzione dello Stato di Israele e la progressiva colonizzazione delle terre in Palestina già a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Possiamo

affermare che l’agricoltura sia stata una bandiera del Sionismo, sia per acquisire una sostanziale proprietà della terra, sia per garantire una fornitura alimentare per una comunità che cresceva in seguito alle ondate di immigrati provenienti da diverse parti d’Europa. Il secondo aspetto peculiare dell’agricoltura israeliana è l’organizzazione. L’ideologia socialista, che caratterizzava molti dei pionieri durante le prime migrazioni, ha condizionato profondamente il modello organizzativo israeliano, unico al mondo, almeno tra i Paesi a economia di mercato. Circa l’80% della produzione agricola proviene da cooperative, i ben noti kibbutz, gestiti direttamente dai lavoratori, e i meno noti Moshav, associazioni

di Corrado Fontana

di agricoltori privati. Sotto il profilo produttivo, Israele ha messo in atto un modello altamente tecnologico che sfrutta al massimo e talvolta al meglio le sue risorse, garantendo uno dei più elevati livelli produttivi del mondo.

Nella foto floricoltura [fiore amaryllis] in serra, Kibbutz Saad, Israele

TAL-YA

BIOBEE

AKOL

Società di realizzazione software per il monitoraggio in cloud della crescita delle coltivazioni in agricoltura. valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

Specializzata nella consulenza sull’impollinazione naturale con attività di ricerca sulle coltivazioni biologiche. A caccia di collaborazioni con i produttori, con gli apicoltori e i centri di ricerca.

DRYGAIR ENERGIES

Specializzata nelle soluzioni di problemi di umidità in serra su fiori, ortaggi, erbe aromatiche.

Produttrice di un vaso/vassoio in polipropilene brevettato che permette la riduzione del consumo di acqua e fertilizzanti e cura gli effetti da escursioni termiche per alberi da frutto e ortaggi. In vista di Expo cerca di avviare un progetto dimostrativo sugli alberi. 45


internazionale modelli agricoli

LA GUERRA DELL’ACQUA E DELLA TERRA

Se è vero che l’agricoltura israeliana è un settore modello, commercialmente assai apprezzato in Italia e nel mondo, va anche sottolineato che una delle sue caratteristiche principali – la razionalizzazione dell’uso delle risorse naturali – è un tema aperto alla discussione politica più rovente. Non entreremo nello specifico dei vari livelli del conflitto israelo-palestinese, ma che il governo di Tel Aviv sia sotto accusa per come gestisce e controlla la terra e l’acqua nei confronti delle migliaia di vicini palestinesi – e delle loro attività agricole e commerciali – a Gaza e in Cisgiordania è noto. In proposito citiamo solo due episodi. L’innalzamento del famigerato muro della West Bank, che avrebbe fatto “guadagnare” illegittimamente agli israeliani migliaia di ettari di terreno fertile e pozzi d’acqua (da cui numerosi ricorsi palestinesi e internazionali, e anche successive modifiche al tracciato della barriera). E poi l’atto d’accusa che la Banca mondiale stilò a proposito delle politiche d’Israele sull’accesso all’acqua nel rapporto Assessment of Restrictions on Palestinian Water Sector Devolpment del 2009.

Parco Tecnologico Padano (PTP)

Centro di ricerca in biotecnologie agroalimentari con sede a Lodi attivo da una decina d’anni, cuore di un progetto nato negli anni ’90 per concentrare localmente una serie di centri di ricerca sull’agroalimentare di primaria importanza nella Pianura Padana, sulle filiere zootecnica, lattierocasearia, suino e derivati, del mais, foraggiera e frutticola. Ha un centro interno dove lavorano 70 ricercatori e relazioni col Cnr e i dipartimenti di agraria e veterinaria dell’Università degli studi di Milano. Nel raggio di 15 km da Lodi una quindicina di centri di ricerca del ministero dell’Agricoltura (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - CRA). Il PTP è una fondazione controllata da enti locali e finanzia la propria ricerca tramite soprattutto bandi europei oppure del Miur, della regione Lombardia, delle fondazioni bancarie. Oppure grazie ai servizi forniti alle aziende e da un proprio incubatore d’impresa.

Agricultural Research Organization, Volcani Center

Nato nel 1921, costituisce il braccio tecnologico del ministero dell’Agricoltura per lo sviluppo rurale. Concentra le sue attività sulle coltivazioni in condizioni aride e su terreni marginali, sull’irrigazione con acque reflue riciclate e acque saline, coltivazioni in serra, contrasto ai parassiti e miglioramento dei metodi di stoccaggio del raccolto, selezione di colture e animali d’allevamento adatti alle condizioni avverse. «Si può dire che sia responsabile di circa il 75% della innovazione in agricoltura in Israele», sottolinea Riccardo Gefter del PTP. «Un elemento particolarmente virtuoso per l’Italia, da una collaborazione con Israele, consiste anche nel poter acquisire i metodi di un’attività di ricerca sempre più finanziata da capitali privati internazionali, su cui invece il nostro Paese è piuttosto indietro».

46

Cosa si intende per “tecnologia in agricoltura”? Significa abbracciare una varietà molto ampia di innovazioni, dalle colture in serra e fuori terra all’agricoltura di precisione che si serve di GPS e sistemi di supporto alle decisioni, passando per l’ingegneria genetica e gli Ogm, il vertical farming e le colture idroponiche. Gli israeliani, da un lato, hanno cercato le fonti di acqua profonde e, dall’altro, ne hanno razionalizzato la distribuzione, con le note tecniche di irrigazione a goccia (inventate negli anni ’60). Un articolato sistema di condotti, valvole e gocciolatori, evitando in questo modo ogni spreco e garantendo la massima risposta alle esigenze delle piante. Con in più la possibilità di veicolare concimi (fertirrigazione) e fitofarmaci, riducendo al minimo le perdite e gli inquinamenti. Oggi l’irrigazione a goccia, da noi molto diffusa in viticoltura e olivicoltura, è praticata sempre più anche in colture erbacee in pieno campo e si associa con le

nuove tecniche di agricoltura di precisione che si avvale dell’uso di GPS (Global Positioning System), di sensori, di tecnologia GIS (Geographic Information System) per una gestione integrata ed efficiente delle risorse. In Israele gli investimenti in ricerca e sviluppo sono i più alti al mondo in relazione al Pil, e agricoltura e ambiente sono due elementi fondamentali in questa voce di spesa. Le ricadute sul settore agricolo e sull’economia del Paese in generale sono estremamente rilevanti soprattutto grazie alla grande vocazione all’export delle produzioni israeliane, in particolare nel settore ortofrutticolo e in quello delle piante ornamentali. Cosa si coltiva e si produce principalmente? Oltre a ortaggi, frutta e fiori, in zootecnia Israele vanta i più alti livelli al mondo di produttività di latte per capo e un’acquacoltura all’avanguardia. Senza entrare nello specifico di settori troppo diversi tra loro, si può affermare che l’agricoltura israeliana mira a mettere sul mercato prodotti freschi di alto valore, spingendo sulle leve della produttività e dell’uso efficiente delle risorse, ma non bisogna dimenticare che è a tutti gli effetti un’agricoltura intensiva, che va in una direzione almeno apparentemente opposta rispetto alle più attuali indicazioni della politica agricola europea. I dati dell’agricoltura israeliana sono abbastanza in linea con quelli dei principali Paesi europei, con un contributo molto contenuto alla formazione del Pil, 1,8% (2011), piuttosto simile quindi al dato italiano (2,2%). Gli occupati in agricoltura sono una percentuale tra le più basse al mondo, 1,4%, sensibilmente più bassa di quella italiana (3,7%), ma corrispondente al dato in Lombardia. In qualche misura, pur con differenze sostanziali nella struttura della produzione, l’agricoltura lombarda e quella israeliana sono accomunate per produttività. Ma mi pare piuttosto complesso paragonare i due modelli agricoli. ✱

 ON LINE Parco Tecnologico Padano / www.tecnoparco.org Associazione 100 Cascine / www.100cascine.it valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


prostituzione in europa internazionale

Il mercato del sesso alla ricerca di un freno Una risoluzione del Parlamento europeo definisce la prostituzione «una forma di schiavitù incompatibile con la dignità umana». E propone di punire i clienti sul modello della legge svedese del 1999

“T

ouche pas à ma pute! ” è stato uno degli slogan dell’acceso dibattito scoppiato in Francia lo scorso novembre durante la discussione della nuova legge sulla prostituzione. “Non toccate la mia puttana” era il titolo del “Manifesto dei 343 sporcaccioni”, che riprendeva una campagna degli anni Settanta per la depenalizzazione dell’aborto, attualizzandola alla rivendicazione del diritto al sesso a pagamento tra adulti consenzienti. Il manifesto e la protesta delle lucciole, però, non sono stati sufficienti e la modifica alla legge è stata approvata dal Parlamento e ora è in attesa di passare l’esame del Senato: prevede la penalizzazione dei clienti della prostituzione con multe dai 1.500 ai 3.000 euro (in caso di recidiva) o programmi di rieducazione alla sessualità, sul modello delle leggi svedesi (vedi IMMAGINE a pag. 48). Istituisce anche un fondo per proteggere le vittime della prostituzione e concede un permesso di soggiorno di sei mesi per chi si impegni ad abbandonare la prostituzione. Quasi contemporaneamente alla stretta legislativa nell’esagono, a soli 80 chilometri dalla francese Metz, a Saarbrücken cittadina universitaria, ha aperto il più grande bordello europeo. In Germania la prostituzione è legalizzata dal 2002, le prostitute si stima siano 400mila e la vendita di sesso genera un giro di affari di circa 14 miliardi di euro l’anno. Nonostante la legge, vengono scoperti periodicamente bordelli apparentemente legali in cui le donne, soprattutto dell’Est europeo, sono in condizioni di mancanza di libertà. Fin dai mondiali di calcio del 2006 in Germania, si è sviluppato un turismo sessuale che attira uomini provenienti da Paesi con norme più restrittive, come valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

di Paola Baiocchi

succede con i bordelli svizzeri sul confine italiano. «In Europa ci sono tanti tipi di legge sulla prostituzione quanti sono i Paesi», spiega Giulia Garofalo Geymonat in Vendere e comprare sesso (il Mulino, 2014). «Laddove ci siano regioni o cantoni autonomi, come in Germania, Svizzera, Austria o nel Regno Unito, spesso ognuno di questi differisce nelle proprie posizioni rispetto al mercato del sesso».

UN PROBLEMA SOCIALE In questo mosaico legislativo, in cui entra ora la risoluzione votata a febbraio dal Parlamento europeo che indica nella prostituzione una violenza sulle donne, seguendo la strada della Svezia, si possono segnare una serie di punti fermi: anche se sono differenti gli interventi, ovunque è generalizzato lo stigma nei confronti della prostituzione. L’80% di

SE LA OLD ECONOMY È QUOTATA IN BORSA

Il 1° maggio 2003 il Daily Planet ha debuttato alla Borsa di Melbourne. Non si trattava dell’omonimo (immaginario) quotidiano di Metropolis dove lavora Clark Kent, cioè Superman. Il Daily Planet di Melbourne è un brothel, un bordello che si richiama apertamente alla saga del superuomo (sul sito web c’è il numero per chiamare Lois Lane). Nei primi due giorni di quotazione ha ottenuto un risultato da new economy: +312%. In Australia la prostituzione è stata legalizzata nella maggior parte degli Stati: 6mila le prostitute su una popolazione di quasi 23 milioni di abitanti. Sui siti specializzati come gnoccatravels.com è descritta come la terra promessa. I più di 3 milioni di dollari guadagnati dalla quotazione sono stati reinvestiti in strip bar e bordelli. Per chi nel 2002 aveva già investito nel Vice Fund, un fondo comune che sceglie solo società collegate al tabacco, al gioco d’azzardo, alle armi o all’alcool, il Daily Planet è stato una diversificazione. Ma non è stato il primo ad avere accesso ufficialmente in Borsa: nel 1988 un altro bordello di lusso, il Mustang Ranch di Strong Point nel Nevada, dove la prostituzione è permessa, aveva scelto la strada di Wall Street. [Pa.Bai.]

47


internazionale prostituzione in europa

LE CASE CHIUSE: TRA SQUALLORE E MITOLOGIA

Introdotte nel 1802 da Napoleone, le case chiuse vengono istituite in Italia nel 1860 e mantenute fino al 1958, quando erano state abbandonate da quasi tutti i Paesi. Erano a diretto controllo statale. Le tenutarie e le prostitute erano sottoposte a stretta vigilanza della polizia e di medici a servizio della polizia, con ispezioni vaginali obbligatorie. Ogni forma di prostituzione era vietata al di fuori delle case chiuse, se una donna era anche solo sospettata di vendere sesso, dopo essere stata visitata, veniva registrata come prostituta e costretta a farsi assumere da una casa chiusa. C’è molta mitologia su questi bordelli statali, ma leggendo i documenti emerge il loro squallore: le donne vivevano in schiavitù, anche se ricevevano uno stipendio, non avevano nessuna vita privata. Non potevano cambiare casa, ma potevano in qualunque momento essere trasferite; non potevamo sposarsi e anche i famosi controlli sanitari che tanto ora si invocano erano più umilianti che utili, senza sottoporre anche i clienti a visite. [Pa.Bai.]

 SITI, LIBRI, FILM PER SAPERNE DI + www.ohchr.org/EN /ProfessionalInterest/Pages/Tr afficInPersons.aspx Convenzione Onu sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui (1949). www.lucciole.org/content/view /11/3/ Sito del Comitato per i diritti civili delle prostitute, fondato nel 1982 da prostitute e non, per protestare contro le violenze dei militari della base militare di Aviano sulle sex workers. Da leggere: Analisi sulla prostituzione e soluzioni possibili, 1994. www.walnet.org/csis/groups/ic pr_charter.html La Carta internazionale dei diritti delle prostitute, sottoscritta ad Amsterdam nel 1985. www.sexworkeurope.org /resources/sex-workerseurope-manifesto Il manifesto dei diritti dei sex workers in Europa, scritto nel 2005 a Bruxelles da 120 sex workers di 26 Paesi riuniti intorno all’International committee on the rights of sex workers in Europe. Normal Real stories from the sex industry (2013) Sulla tratta di esseri umani il documentario di Nick Mai è disponibile on line: attori interpretano testi di interviste originali di persone oggetto di tratta e dei loro trafficanti, provenienti da Moldavia, Romania e Albania. 48

chi si prostituisce è donna, il 15% trans e il 5% uomini. I clienti sono uomini e in misura piccolissima donne. Non esiste una “vocazione” alla prostituzione: nel 90% dei casi, o più, ci si arriva per necessità, anche seguendo un progetto migratorio che può essere intercettato dai trafficanti. Il mercato del sesso dipende da dinamiche economiche locali e mondiali, dalle disparità di reddito e dai movimenti migratori. Le leve che hanno il maggiore impatto sull’industria del sesso, dice ancora la Garofalo Geymonat, «riguardano la gestione dell’economia e della disuguaglianza, e, più in particolare, le politiche sui giovani (anzi sulle giovani) e sull’immigrazione». In altre parole, se uno Stato taglia i fondi per

le madri single o per la disoccupazione giovanile o per gli studenti universitari o rende clandestini gli immigrati, è attesa una crescita della prostituzione, che viene tipicamente da donne giovani che non hanno alternative di reddito. Nel 2011 il National Union for Students, che rappresenta gli studenti universitari in Gran Bretagna, ha scoperto che in seguito ai forti aumenti del costo degli studi, un maggior numero di studentesse si è prostituito. Se il problema è sociale, istituzionalizzare la prostituzione non blocca le violenze sulle prostitute e non intacca il business criminale degli sfruttatori, come indicato dalla risoluzione europea a partire dalle esperienze di Germania, Grecia e Olanda. Perseguire i clienti è, forse, una soluzione possibile in Svezia dove ci sono 200 prostitute su 9 milioni di abitanti, il 70% delle donne lavora, e la misura sembra soprattutto rivolta a contenere la prostituzione delle immigrate. La risposta europea, però, a fronte della necessità di politiche sociali che estirpino le diseguaglianze, combattano la povertà femminile e affrontino culturalmente il tema della sessualità, è abbastanza contraddittoria. Da una parte condanna e dall’altra inserisce nella misurazione dei frutti dell’impresa anche una stima delle attività illegali, come traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol). Che porterà da ottobre un miglioramento di 2 punti circa nel Pil dell’Italia. ✱

MODELLI DI LEGGI PROSTITUZIONALI ESISTENTI REGOLAMENTAZIONE O LEGALIZZAZIONE

PROIBIZIONISMO

Criminalizzazione della prostituzione attraverso il divieto completo di ogni sua forma: * totale, di prostitute/i e clienti: Usa (tranne il Nevada), Russia, Cina, Romania, Serbia;

* dei clienti solamente, definita anche neoproibizionismo: Svezia, Irlanda, Norvegia; Francia (in corso di approvazione).

Accettazione della prostituzione se adulta e consenziente e riconoscimento di un suo regolato spazio economico e sociale:

* classica, punitiva verso le prostitute: Grecia, Turchia;

* orientata alla tutela dei diritti delle prostitute/i, detta anche neoregolamentazione: Germania, Olanda, Svizzera, Australia.

ABOLIZIONISMO

Divieto dello sfruttamento della prostituzione, ma non della prostituzione in sé, se adulta e consenziente:

* nel concetto di sfruttamento può rientrare anche l’affitto, la pubblicità, il lavoro con altre prostitute/i, la convivenza con una prostituta: Italia, Spagna, Gran Bretagna, Portogallo, Belgio, Danimarca; Francia.

DECRIMINALIZZAZIONE

Nessuna legge speciale per la prostituzione, se adulta e consenziente, e sua quasi equiparazione ad altra attività economica:

* all’equiparazione si aggiungono regole volte a minimizzare gli eventuali danni legati a salute, sicurezza, vulnerabilità: Nuova Zelanda. valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


rinnovabili partecipate internazionale

In Bretagna l’eolico è cittadino e cooperativo La transizione energetica può partire dal basso: mille persone hanno deciso di dare vita, insieme, al Parco di Béganne, in Bretagna. Il primo costruito in modo cooperativo e partecipativo

E

ra il 2002 quando a Sainte Anne-sur-Vilaine, villaggio francese nell’entroterra della Bretagna, una coppia di agricoltori si rendeva conto che un impianto eolico avrebbe fatto al loro caso. La regione è una delle più ventose d’Europa e l’approvvigionamento sarebbe dunque garantito. I passaggi burocratici, tuttavia, non sono semplici. Eppure i due, anziché arrendersi, hanno rilanciato: perché non immaginare un progetto collettivo e cooperativo, capace di coinvolgere la popolazione locale, e che possa costituire un esempio di collaborazione per il Paese intero (e non solo)? Nasceva così l’idea che ha portato alla costruzione del primo parco eolico costruito in Francia con capitali messi a disposizione dai cittadini. Un progetto che è costato dieci anni di fatica, ma che è arrivato di recente a compimento. Il là fu dato con la costituzione dell’associazione Éoliennes en Pays de Vilaine, che sin dall’inizio vide la mobilitazione di 100 persone. Grazie al sostegno di numerosi cittadini, nonché delle istituzioni locali e di alcuni soggetti privati, furono lanciati i primi studi finalizzati a scegliere il luogo dove edificare il parco. Tra i candidati c’era il territorio del comune di Béganne, nel dipartimento del Morbihan, che successivamente sarà identificato come l’area più appropriata. Viene creata una società a responsabilità limitata, alla quale aderiscono anche altri abitanti, raggruppati in “Cigales” (Club di Investitori per una Gestione Alternativa Locale dell’Economia Solidale. “Cicale”, tradotto in italiano), nonché il Consiglio Generale della Loira Atlantica. È l’impulso definitivo al progetto: nel 2008 vengono depositate le richieste di autorizzazione valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

di Andrea Barolini

alla costruzione, che vengono poi concesse nel luglio dell’anno successivo. Nel 2010 nasce una società ad hoc, la Bégawatts, che deve raccogliere i capitali necessari. Un lavoro lungo, ma che ha trovato numerosi abitanti entusiasti. Nascono infatti decine di Club di Investitori, e in breve circa mille persone decidono di compartecipare al progetto, riuscendo a garantire 2,7 milioni di euro grazie ai fondi propri (su un budget totale di 12 milioni di euro, la cui restante parte è stata garantita da alcuni partner finanziari: Triodos, Crédit Coopératif, Oséo e La Nef ). Cominciano così i lavori, che si concludono proprio in queste settimane: l’inaugurazione del-

49


internazionale rinnovabili partecipate

I NUMERI DEL PARCO EOLICO

4

M

NUMER O DI PALE EOLICH E

0 20 A IL

RO EU

O ST LO EN O C EL A M D LL TE N A SM

M

 PER SAPERNE DI + Portale del parco eolico di Béganne: www.eolien-citoyen.fr Le “Cigales”: www.cigales.asso.fr Il fondo Energie Partagée: www.energie-partagee.org

TO

20

2

12

MIL DI E IONI URO

INV EST TOT IMENT O ALE

l’impianto è imminente, e già da questa estate il parco eolico produrrà l’energia necessaria ad alimentare le abitazioni di circa 8mila famiglie. A queste ultime, sarà inoltre garantito un contratto a un prezzo invariato per i prossimi 15 anni, pari a circa 8 centesimi di euro per kWh. Inoltre, una parte dei ricavi della collettività proprietaria dell’impianto verrà destinata a progetti volti alla sensibilizzazione verso il risparmio energetico, nonché al sostegno di progetti ad esso legati. Il resto verrà distribuito tra gli azionisti (ma non nei primi anni, quando si preferirà costituire un fondo di sicurezza). Nel frattempo, la gestione di Bégawatts si baserà su un approccio aperto (multi-stakeholder), che consentirà di garantire un peso ai soggetti fondatori, ai cittadini, agli enti locali e agli attori dell’economia sociale e solidale. Il tutto sulla base della regola “una testa un voto” (senza cioè valutare l’entità dell’investimento di ciascuno). 53 “collegi”, ciascuno composto da 5-20 membri, rappresenteranno in particolare oltre 700 abitanti, mentre altri 250 saranno presenti attraverso l’Energie Partagée Investissement (letteralmente, “investimenti in energia condivisa”), un fondo nazionale specializzato nelle rinnovabili. Un’esperienza, quella bretone, che potrebbe costituire un nuovo modo di intendere l’approvvigionamento energetico, nonché un volano verso la transizione. Secondo gli obiettivi fissati dal governo francese, infatti, entro il 2020 la quota di produzione garantita dalle fonti rinnovabili dovrebbe raggiungere il 23% (contro l’8% attuale). E,

W

ZA N RIA E T A PO NIT U

25 ANNI

DURATA DI VITA STIMATA

MILIONI kWh/ANNO

PRODUZIONE STIMATA

92

M

E

TR D I DE IAM I R ET OT RO OR I

in particolare, l’eolico dovrebbe arrivare a rappresentare circa un quarto del mix energetico transalpino: 25mila MW saranno prodotti dagli impianti a terra, mentre altri 6mila arriveranno dai parchi in mare. ✱


consumi di territorio

Sfruttamento minerario dello spazio

di Paola Baiocchi

HTTP://UPLOAD.WIKIMEDIA.ORG

La privatizzazione degli asteroidi

i sono migliaia di asteroidi nello spazio: «Dieci volte di più di quelli finora stimati sono potenzialmente pericolosi per la Terra». Lo scorso anno a febbraio una di queste rocce spaziali, di circa 15 metri di diametro e 10mila tonnellate di peso, si è abbattuta sopra la città russa di Chelyabinsk causando migliaia di feriti e milioni di euro di danni. «Asteroidi killer minacciano la Terra», «Un rischio finora sottostimato». Chi può difenderci ed evitare che la civiltà umana si estingua, come successo ai dinosauri 66 milioni di anni fa? Risposta: il prestigioso ente spaziale di una nazione che ha nel suo destino manifesto il compito di difendere il mondo, con l’aiuto di un gruppo di filantropici miliardari visionari che si offrono di salvare il Pianeta, catturando asteroidi per portarli vicino alla Luna come mandrie di longhorn. Chi sono i cattivi in questa storia e quali sono gli ostacoli che si frappongono al successo dell’operazione? L’eguaglianza e la legalità internazionale che vietano di marchiare a fuoco con il segno della proprietà privata i pianetini longhorn. Ci sono citazioni da molti generi cinematografici e dai fumetti, perché anche il signor Bruce Wayne, alias Batman, è uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo, ma qui non si tratta della sceneggiatura di un film: è partita una corsa allo spazio molto particolare, perché i pianetini da condurre al pascolo contengono minerali rari sulla Terra, come il platino o l’iridio, e serve una campagna stellare, basata sull’emergenza e la necessità, per modificare o semplicemente ignorare il Trattato sullo

C

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

spazio extra-atmosferico, approvato nel 1967 dall’Assemblea delle Nazioni Unite e sottoscritto anche dagli Usa. Il Trattato impedisce l’occupazione e l’appropriazione di qualsiasi corpo celeste da parte di nazioni singole, perché «sono una prerogativa dell’intero genere umano» e ogni esplorazione e utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, deve essere condotta «per il bene e nell’interesse di tutti i Paesi». Fregandosene del diritto internazionale, la Nasa lo scorso 21 marzo ha emesso un comunicato invitando i suoi partner commerciali a sottoporre proposte relative ai sistemi di cattura di un asteroide, ai sensori di approccio e all’adattamento di veicoli commerciali alla missione “Redirect Asteroid” (ha già un nome!). Per cominciare ha stanziato sei milioni di dollari, briciole per un progetto che potrebbe costare parecchi miliardi di dollari. Ma un rapporto del 2012 del KISS (Keck Institute for Space Studies, non pensate male!) del Politecnico della California convaliderebbe la convenienza economica della caccia ai meteoriti: un singolo asteroide potrebbe contenere platino per sei miliardi di dollari. Interessate all’affare ci sono almeno un paio di imprese: la prima è Planetary Resources, una corazzata che contiene rappresentanti della politica, dell’industria aerospaziale e anche di due aziende tra le più potenti e strategiche al mondo, Hollywood e Google. Tra i soci ci sono James Cameron, il regista di Avatar, film premiato con tre Oscar, in cui si parla dello sfruttamento minerario su pianeti extraterrestri; Ross Perot jr; Larry Page, cofondatore di Google, ed Eric Schmidt, presidente di Google. L’altra società è la Bigelow Aerospace, fondata nel 1998 da Robert Bigelow, pioniera nei moduli per stazioni spaziali espandibili. Per una coincidenza (o forse no) Bigelow è anche il cognome di Kathryn, l’ex moglie di Cameron, regista e premio Oscar per il film nazional popolare The Hurt Locker e quello di propaganda sulla cattura di Bin Laden, Zero Dark Thirty. Sceneggiatura improbabile? In realtà è tutto vero, tranne che il meteorite è esploso qualche chilometro sopra la città di Chelyabinsk: i feriti sono stati centinaia, però non per “la pioggia di  meteoriti e di cristalli di meteorite”, come Redirect Asteroid è un progetto circolato sui media, ma per le schegge della Nasa per catturare delle finestre andate in frantumi per pianetini ed estrarne minerali rari l’onda d’urto prodotta all’esplosione. ✱ con società private. 51


fotoracconto 05/05

Una Gorgonia rossa sui fondali dell’Area marina protetta di Tavolara (OT). Nonostante il suo aspetto arborescente, appartiene al regno animale e la sua sopravvivenza è minacciata dal riscaldamento delle acque e dalla raccolta indiscriminata compiuta dai sub in tutto il Mediterraneo. Ogni esemplare è costituito da una colonia di piccolissimi

52

polipi che insieme piano piano costruiscono la struttura scheletrica. Rispetto ai ben più numerosi parchi terrestri, le 30 aree marine protette ricevono pochi finanziamenti ma hanno costi di gestione elevati e svolgono un ruolo fondamentale nella conservazione di uno degli habitat più preziosi e distintivi del nostro Paese.

FOTO PIER AUGUSTO PANZALIS

valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


NEWS

Chi è cresciuto di più? Dal 2004 a oggi in Europa ci sono quattro chiari vincitori del campionato della prosperità. Due Paesi baltici, Lituania e Lettonia, insieme con la Polonia e la Slovacchia, hanno sperimentato una crescita del PIL pro capite superiore al 40%. www.economist.com

Ogm, l’Ue consente ai Paesi di vietare le colture Secondo il compromesso raggiunto in Lussemburgo, i governi dei Paesi membri potranno decidere di imporre un divieto alle colture di organismi geneticamente modificati sui loro territori. www.valori.it

VALORITECA MAPPA

I MIGLIORI TWEET DEL MESE Solar energy is more accessible than you think: #ActOnClimate in your own community. #PutSolarOnIt (L’energia solare è più accessibile di quanto tu creda. Agisci sul clima nella tua stessa comunità) @BarackObama

“Stop fishing the high seas” ow.ly/3m2VwL pic.twitter.com/HJ6CwVvMLB

(Stop alla pesca d’alto mare. Da un articolo pubblicato su Climate News Network e ripubblicato da The Ecologist) @wganapini

#Russia joined green groups to oppose #fracking in #Europe, says #Nato official http://bit.ly/1pqPPl8

(La Russia si è unita ai gruppi ambientalisti che si oppongono al fracking in Europa. Lo ha dichiarato la Nato) @bluegreentweet

La società di consulenza Ernst & Young ha da poco pubblicato un report dedicato all’Africa intitolato “African oil and gas: driving sustainable growth”, secondo cui il continente sarebbe nel mezzo di un processo di crescita “reale e sostenibile”. Secondo E&Y l’elevato potenziale, soprattutto nei settori oil & gas, starebbe attirando capitali stranieri. C’è da capire se questo sarà davvero sostenibile. www.ey.com valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014

@HerbertSind (Protesti Brasil) 53


bancor

La scialuppa del quantitative easing

L’ultima spiaggia di Eurolandia dal cuore della City Luca Martino

avanti a un incendio con fiamme e indici di calore sempre più alti, soffiatori, battifiamme, idranti talvolta non bastano: occorre la pioggia, o che cambi la direzione del vento. Analogamente, sul fronte della politica monetaria internazionale, alla Banca centrale europea sembrano non bastare gli strumenti cosiddetti “convenzionali” di cui dispone per statuto: i tassi di interesse sono ai minimi fin dagli albori della crisi; al sistema bancario sono stati regalati, o quasi, fiumi di liquidità per rimediare ai disastri della finanza strutturata; per i debiti sovrani è stato ideato un sistema di protezione basato sia su operazioni nei mercati secondari, sia su meccanismi di salvataggio ai limiti del mandato stesso come lo scudo anti-spread. Nell’ultima riunione del board di Francoforte – tenutasi all’indomani di elezioni europee nelle quali è successo di tutto, ma gli attori e le policies rischiano di essere quelli di sempre – “super-Mario” Draghi pare aver davvero raschiato il barile: un’ulteriore limata ai tassi (di più non si può); una (mini) tassa sulle riserve in eccesso depositate nei forzieri della Bce; infine, una nuova iniezione di liquidità sempre a costo (quasi) zero, anche se questa volta in misura proporzionale e condizionata al flusso netto di nuovi prestiti dalle banche alle imprese. L’unica novità di questi giorni sta in una prima apertura della Bce al cosiddetto “allentamento quantitativo”, una pratica che tutte le principali banche centrali hanno in realtà adottato da tempo. L’obiettivo del quantitative easing è sempre lo stesso: consolidare l’inflazione intorno al 2% e migliorare sensibilmente i livelli occupazionali. La logica del meccanismo è questa: si “stampa” moneta (elettronicamente); si finanzia così

D

54

l’acquisto diretto da parte della Banca centrale di certi titoli finanziari, per lo più titoli di Stato, ma anche corporate bonds, presso imprese e investitori istituzionali (banche, assicurazioni, fondi pensione), la cui solidità patrimoniale e contabile è appesantita dai prezzi in continuo ribasso; i prezzi a questo punto lievitano, inversamente rispetto ai rendimenti, e chi ha venduto quei titoli dovrebbe poter ribilanciare il proprio portafoglio (impieghi o investimenti) verso attività più redditizie, grazie anche ad un minore costo del debito e a un generalizzato deprezzamento dell’euro. Maggiore spesa e nuovi investimenti, anche dall’estero, dovrebbero così far ripartire tutto il sistema economico, ma, come si è visto, i parametri e le variabili in operazioni di questo tipo sono molti e difficili da gestire. Inoltre le cinghie di trasmissione tra finanza ed economia reale sono ormai arrugginite da tempo, e il paradosso è che tanto più il quantitative easing si affiderà al sistema bancario, tanto più difficile sarà per cittadini e imprese trarne benefici concreti. E in Europa, oltre alla bassa domanda e a una situazione ancora molto fragile dal punto di vista dei debiti sovrani, il vero scoglio è proprio il suo sistema finanziario sostanzialmente “bancocentrico”. I vantaggi per l’Italia poi potrebbero essere ancora inferiori, se non nulli, a causa dei nostri annosi problemi: un debito pubblico enorme, un gran numero di pensionati (pari quasi agli occupati, laddove in altre aree dell’Unione il rapporto è di 1 a 3), un sistema fiscale e burocratico che non funziona, oltre che decenni di mancati investimenti in ricerca e sviluppo. Se anche il quantitative easing non avrà l’esito sperato, a quel punto, per noi come per altri Paesi del Sud Europa, servirà davvero una bonifica totale del territorio, come negli incendi più devastanti, forse un default controllato o un ritorno alle monete nazionali, temi di cui nel dopo campagna elettorale nessuno parla più ma che nei mercati ancora in molti giudicano come probabili. ✱ todebate@gmail.com valori / ANNO 14 N. 120 / LUGLIO-AGOSTO 2014


Per non parlare sempre dei misfatti, dei contraffatti, degli artefatti Valori propone i suoi

FATTI IN ITALIA L’eccellenza italiana sotto la lente di Valori ’eccellenza italiana sotto la lente di Valori V lori Va FATTI F FA ATTI ITA T LIA L’L’eccellenza TA T IN ITALIA

È USCITO IL NUOVO LIBRO DI VALORI DEDICATO ALL’ITALIA CREATIVA E CAPACE Puoi acquistarlo on line su www.valori.it anche come e-book

FATTI IN ITALIA Isonio Emanuele to ta Tramon ed Elisabet prefazione lacci Ermete Rea

a L’eccellenz a n a li ita nte sotto la le ri lo di Va



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.