Nutrire l'uomo e nutrire il Pianeta

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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 NE/VR. - SuPPLEmENto N. 1 AL PERIoDIco “VALoRI” N. 129

SuPPLEmENto al n. 129 di

Nutrire l’uomo e nutrire il Pianeta

La finanza etica a sostegno di un’alimentazione sostenibile


??

ETICA LA SGR STORIA 2012

Lancio delle classi di quote per clienti istituzionali dei fondi Valori Responsabili

2007

Lancio del fondo Etica Azionario

2000

Costituzione Capitale Sociale Etica Sgr

2013 2003

Certificazione ISO 9001 per il processo di analisi e ricerca ESG, delle attività di azionariato attivo e engagement

2008

Lancio sul mercato dei primi fondi etici del Sistema Valori Responsabili

Parte il servizio di consulenza ESG a investitori professionali

2014

Raggiungimento di 1 Miliardo di Euro di Asset Under Management (AUM)

NUMERI: PATRIMONIO GESTITO E CLIENTI PATRIMONIO GESTITO

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IN POCHE PAROLE, ETICA

Portare la parola “etica” nel proprio nome è una grande responsabilità. Etica Sgr vi racchiude il senso della propria esistenza. È una società di gestione del risparmio costituita nel 2000 e operativa dal 2003, che istituisce e promuove fondi comuni di investimento socialmente responsabili. “Etici” sono i principi seguiti nella scelta delle aziende che fanno parte dei portafogli su cui investe.

Etica Sgr «si propone di rappresentare i valori della finanza etica nei mercati finanziari e di sensibilizzare il pubblico nei confronti degli

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FONTE: ETICA SGR, DATI AL 31/03/2015

1.333

FONTE: ETICA SGR, DATI AL 31/03/2015

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investimenti socialmente responsabili e della responsabilità sociale d’impresa». Si legge nello statuto della società (articolo 5). gli strumenti usati da Etica Sgr sono: l’azionariato attivo (orientare verso la responsabilità sociale, ambientale e di governance i comportamenti delle aziende di cui detiene azioni), intervenendo alle assemblee degli azionisti e proseguendo il dialogo con le imprese nel lungo termine. “Etica” significa anche trasparenza: Etica Sgr ha aderito alla nuova versione del Codice Europeo per la Trasparenza degli investimenti Sostenibili e Responsabili promosso da EuRoSiF (European Sustainable investment Forum). SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015


editoriale

IL RUOLO DELLA FINANZA RESPONSABILE di Alessandra Viscovi

Supplemento al numero 129 giugno 2015 - anno 15 mensile www.valori.it Registro Stampa del tribunale di milano n. 304 del 15.04.2005 editore Società cooperativa Editoriale Etica Via Napo torriani, 29 - 20124 milano promossa da Banca Etica direttore editoriale mariateresa Ruggiero (ruggiero.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) caporedattore Elisabetta tramonto (tramonto@valori.it) grafica, impaginazione e stampa Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 36, Pergine Valsugana (tN)

testi a cura di Paola Baiocchi, Andrea Barolini, matteo cavallito, corrado Fontana, Emanuele Isonio, Valentina Neri editing e coordinamento Elisabetta tramonto

Il Forest Stewardship council® (FSc®) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

L’

attenzione agli impatti socio-ambientali sta assumendo progressivamente un peso sempre maggiore nella valutazione dei prodotti di investimento. Così come avviene in altri settori, ad esempio quello dell’alimentazione e dell’abbigliamento, i consumatori non si accontentano di avere un prodotto di qualità, ma chiedono di sapere cosa ci stia dietro, quali siano i processi che lo generano e quali le ripercussioni sull’ambiente e sulla società. Parlare di sostenibilità in ambito finanziario è forse meno intuitivo, data la percezione comune che vede la finanza come qualcosa di “altro” rispetto all’economia reale. Tuttavia, una volta posta la questione, sono sempre di più gli investitori che rispondono positivamente. Uno dei compiti che ci poniamo come Etica Sgr è proprio quello di spingere i risparmiatori italiani a porsi delle domande sul valore, non solo economico, delle proprie scelte di investimento: perché ogni azione, comprese quelle economico-finanziarie, ha delle conseguenze sul mondo, sull’ambiente e sulla società in cui viviamo. Ma la finanza etica non si limita a investire in aziende e Stati virtuosi sul piano dei comportamenti sociali e ambientali. Essa è per sua natura una finanza partecipata, che cerca di creare un dialogo con i soggetti finanziati. Il dialogo con gli emittenti e l’esercizio attivo dei diritti di voto nelle assemblee delle società quotate sono attività che da sempre caratterizzano l’investimento responsabile di Etica Sgr. Nel 2015, l’anno in cui l’Italia ospita l’Esposizione Universale dedicata al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, la nostra azienda ha deciso di portare nelle assemblee delle società italiane e internazionali temi legati a “cibo e ambiente”. Intendiamo chiedere, per esempio, l’adozione di pratiche specifiche inerenti al rispetto dei diritti dei lavora-

SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015

tori nella filiera agro-alimentare, l’utilizzo di ingredienti diversi dall’olio di palma nei prodotti, una comunicazione trasparente in merito all’utilizzo di Ogm (organismi geneticamente modificati) o di pesticidi e l’adozione di siALESSANDRA VISCOVI stemi efficaci per la tracciaDirettore Generale bilità di tutti gli ingredienti. di Etica Sgr Vogliamo inoltre verificare la presenza di obiettivi quantitativi di riduzione dei gas climalteranti, l’impegno nel calcolo della cosiddetta carbon footprint (letteralmente la “impronta di carbonio” che rappresenta l’emissione di gas climalteranti) e un corretto utilizzo delle risorse idriche nei processi produttivi. E vogliamo portare la nostra voce anche all’interno dell’Esposizione Universale, per promuovere nuove soluzioni e stimolare un dibattito pubblico su un tema rilevante come quello dell’alimentazione sostenibile. Etica Sgr ha, infatti, scelto di essere presente con una serie di eventi e convegni a Expo 2015 presso Cascina Triulza, il primo e fino ad oggi unico padiglione dedicato alla società civile all’interno della manifestazione. Tale spazio, sostenuto da varie realtà del Terzo Settore e dell’economia sociale, nonché dalla nostra capogruppo Banca Popolare Etica, fornisce l’occasione per portare in un contesto tanto ampio e discusso il punto di vista della finanza socialmente responsabile. Perché ora più che mai siamo convinti che proporre un modello di economia sostenibile sia divenuto fondamentale per il futuro del nostro Pianeta e dei nostri figli. Un modello che noi sosteniamo da quando è nata la nostra azienda e che vanta ormai una storia di successo di oltre dodici anni. ✱ 3


PER UN CIBO GIUSTO

Sostenibilità dal campo alla tavola di Valentina Neri

Ogni fase della produzione agroalimentare ha un impatto sull’ambiente. E bisogna agire su ciascuna per costruire un modello sostenibile. E pensare anche alla tutela dei diritti dei lavoratori

La cascina triulza è un’antica costruzione rurale già presente all’interno del Sito Espositivo di Expo milano 2015, ristrutturata per l’occasione. ospita il Padiglione della Società civile ed è gestita dalla Fondazione triulza. www.fondazionetriulza.org/it

⋔ AZIONARIATO ATTIVO A MISURA DI EXPO

Il 2015 è l’anno dell’Expo. Il tema chiave è: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Etica Sgr ha scelto per quest’anno di puntare in particolare, con le iniziative di azionariato attivo e di engagement, proprio sui temi chiave dell’Esposizione universale: “cibo” e “ambiente”. temi già al centro delle attività condotte da network internazionali di cui Etica Sgr fa parte: IccR (Interfaith center on corporate Responsibility), cDP (carbon Disclosure Project) e PRI (Principles for Responsible Investment). Dal 2013, con la campagna “Behind the Brand”, oxfam assegna dei voti alle dieci principali società del settore alimentare secondo sette diversi temi: terra, donne, produttori agricoli, braccianti agricoli, cambiamento climatico, trasparenza e acqua (sulla base di documenti pubblici e con il dialogo diretto con le imprese). Le “pagelle”, aggiornate a febbraio 2015, evidenziano un generale miglioramento di quasi tutte le società. Nel documento vengono trattati temi quali l’olio di palma, i diritti dei lavoratori nella catena di fornitura, l’obesità infantile e l’educazione alimentare, gli ogm, i pesticidi, le pratiche di allevamento degli animali. Su questi temi Etica Sgr nel 2014 ha partecipato a diverse campagne organizzate da investitori internazionali: • “collaborative engagement on labour standards in the agricoltural supply chain”, per la tutela dei diritti dei lavoratori nella catena di fornitura del settore agro-alimentare; • “Investor sign-on opportunity to address childhood obesity”, per la sensibilizzazione di 34 società del settore alimentare riguardo al problema dell’obesità infantile; • “Sign-on letter opposing ttIP/tAFtA’s threat to Gmo labeling”, per ottenere maggiore trasparenza nelle etichette dei prodotti che contengono ogm; • “Fair Food Program”, per fermare lo sfruttamento degli agricoltori e responsabilizzare il comportamento delle multinazionali. 4

P

er noi che viviamo nel lato “privilegiato” del Pianeta, mangiare è un gesto quotidiano e scontato. Tant’è che tendiamo a dimenticare una cosa: dietro a ogni pietanza c’è una storia, fatta di passaggi che si susseguono in un intricato rapporto di causa-effetto. Se si mira – come fa Expo – alla sostenibilità del settore agro-alimentare, nessuno di questi tasselli può essere trascurato. Li ricostruiamo con l’aiuto di Andrea Calori, presidente della rete Urgenci (la coalizione mondiale delle reti di agricoltura supportata dalle comunità) e tra i responsabili della Urban Food Policy del Comune di Milano. Coordina il gruppo di lavoro che a marzo ha pubblicato Le dieci questioni della food policy, uno strumento promosso da Comune di Milano e Fondazione Cariplo per riqualificare il capoluogo lombardo all’insegna della sostenibilità, a partire dal cibo (www.cibomilano.org).

LE SEI TAPPE DEL CIBO Produzione, trasformazione, distribuzione, logistica, consumo e rifiuti: sono queste le sei fasi del viaggio che parte dal campo e arriva alla tavola. Ciascuna di esse ha il suo peso e i suoi margini di miglioramento. «L’impatto sull’ambiente può essere esaminato secondo le sue componenti principali: aria, acqua e suolo», spiega Calori. Si può fare la differenza fin dal primo istante, scegliendo “cosa” coltivare. Il mais ad esempio, che spesso serve a ricavare biomasse e non all’uso alimentare, è una delle colture più idrovore in assoluto. Elemento da non sottovalutare, visto che «si stima che entro il 2025 1,8 miliardi di persone vivranno in zone di assoluta scarsità idrica», scrive la FAO (vedi ARtIcoLo pag. 10). Passando dal “cosa” SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015


PER UN CIBO GIUSTO

al “come” coltivare, poi, le variabili sono innumerevoli. A partire dalla chimica. Nel 2012 l’ISPRA ha trovato residui di 175 diversi pesticidi nelle acque italiane. Con concentrazioni superiori ai limiti nel 17,2% dei punti di monitoraggio in superficie e nel 6,3% di quelli nel sottosuolo. Se l’acqua è avvelenata, l’aria non se la passa meglio: la Cina fa la parte del leone nella graduatoria delle emissioni di gas serra da attività agricole, mentre diminuisce il peso dei Paesi occidentali.

AMBIENTE… E NON SOLO Ma il macro-tema della sostenibilità non si esaurisce sul versante, pur fondamentale, della tutela dell’ambiente. L’agricoltura è lavoro e deve garantire i diritti di chi la pratica. Difficile che ciò accada se in Costa d’Avorio, dove si produce un terzo del cacao del Pianeta, nel 2013 su ogni barretta di cioccolato il contadino ha guadagnato 3 centesimi per dollaro, contro i 43 intascati dalla grande distribuzione. O se quattro multinazionali (Archer Daniels Midland Company, Bunge Limited, Cargill e Dreyfus) controllano il 75% del mercato di soia e cereali e il 90% di quello del grano, col potere contrattuale che possiamo immaginare verso i piccoli produttori. Dalla produzione, si diceva, alla distribuzione, al consumo e ai rifiuti: perché il viaggio del cibo non finisce sempre nel piatto, se è vero che – dimostra il

progetto Food Wastage Footprint della FAO – ogni anno sprechiamo il 30% degli alimenti prodotti. Perdendo un trilione di dollari di valore di mercato, 700 miliardi in risorse naturali, 172 miliardi in acqua, 42 miliardi in foreste sacrificate, 429 miliardi in emissioni. Sprechiamo il 30% dei cereali prodotti, il 45% della frutta e della verdura, il 45% delle radici e dei tuberi.

E GLI STILI DI VITA? Questo dedalo di dati è tutt’altro che esaustivo, ma dà un’idea di come dietro al concetto di “sostenibilità” si celi un mondo. Come affrontarlo? «Serve un inquadramento sistemico, quella life cycle analysis che oggi si fa solo sui prodotti industriali», conclude Calori. Che si spinge oltre: «La sostenibilità del cibo non è solo una questione di regole, ma anche di stili di vita. Faccio un esempio: sappiamo quanto sia fondamentale sostenere l’agricoltura bio e a km zero. Ma se venti famiglie si recano dal contadino a comprare la frutta ciascuna con la propria auto, paradossalmente l’impatto ambientale è maggiore rispetto a quello di chi va al supermercato e in un unico viaggio acquista più prodotti. Nel ciclo alimentare la fase del consumo è determinante. E non esiste Asl, governo o Unione europea che possa entrare nel merito degli stili di vita: è una questione innanzitutto culturale». ✱

OBESITÀ INFANTILE: MALE GLOBALE di Corrado Fontana

L’Oms prende finalmente sul serio l’obesità infantile come un problema di salute pubblica globale. Coinvolti i Paesi ricchi, ma sempre più quelli in via di sviluppo. E il rischio è anche economico A lanciare l’allarme basterebbero alcuni dati: tra il 1980 e il 2013 a livello planetario la quota di individui in cui si riscontra sovrappeso e obesità è aumentata del 27,5% negli adulti e addirittura del 47,1% nei bambini. una vera “epidemia”, come viene definita dall’organizzazione mondiale della sanità (oms), i cui tassi in aumento riguardano innanzitutto i Paesi ricchi (High-Income Countries o HiCs, Stati uniti in testa), ma colSUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015

piscono in termini numerici assoluti soprattutto quelli a reddito basso e medio (Low/Middle-Income Countries o LMiCs), che devono contemporaneamente affrontare il dramma opposto della malnutrizione. Sebbene i dati aggregati e aggiornati sul tema non siano molti, dagli ultimi disponibili, diffusi in uno studio finanziato dalla Bill e Melinda Gates Foundation e pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, risulterebbe che più della metà di 671 milioni di persone obese nel mondo vive in soli dieci Paesi: Stati uniti (oltre il 13%), Cina e india (insieme coprono il 15%) e Russia, Brasile, Messico, Egitto, germania, Pakistan e indonesia. Da qui le ragioni dell’oms di riconoscere l’obesità infantile quale problema di salute pubblica globale, come ribadito in un report di inizio 2015 pubblicato dalla Commission on Ending Childhood Obesity (la Commissione per la fine dell’obesità infantile).

La preoccupazione che monta è del resto giustificata sia dallo scenario attuale che da alcune tendenze e conseguenze accertate. Sanitarie, innanzitutto. Perché, se è vero che piuttosto di frequente un bambino obeso diventa a sua volta un adulto obeso, e se è sicura la relazione tra l’eccesso di peso o l’obesità e complicanze gastrointestinali, malattie cardiovascolari, diabete, ma anche con evidenze di pressione alta, insulino-resistenza e dislipidemia, cioè elementi chiave della cosiddetta sindrome metabolica – in aumento nei piccoli –, a far crescere l’attenzione intervengono studi dove si rileva che rispetto ad alcune di queste patologie il rischio di insorgenza negli adulti aumenta anche indipendentemente dall’indice di massa corporea (Body Mass Index o BMi), se si è vissuta un’infanzia da obesi. uno strascico nefasto, quindi, con costi da evitare per le disastrate casse dei sistemi di welfare pubblici. E se non bastasse ciò a incoraggiare la lotta al peso continua a pagina 6

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PER UN CIBO GIUSTO

«La parola agli investitori responsabili» «I

di Matteo Cavallito

MONICA DI SISTO

vicepresidente di Fairwatch, osservatorio italiano su clima e commercio internazionale, e membro del comitato etico di Etica Sgr

segue da pagina 5 eccessivo nei bambini, l’oms precisa che esso è collegato a conseguenze psicologiche e relazionali negative, nonché a cali della produttività. insomma, e semplificando assai, grasso sarà pure “bello” ma non rende. Almeno a parole sembra perciò avviata

 ETICA SGR CONTRO L’OBESITÀ INFANTILE

l cibo? È un diritto umano, una risorsa essenziale per l’esistenza, ma, a differenza di tutte le altre, è anche l’unica produzione capace di tenere insieme elementi come terra, attività umana e cultura. Quando intendi produrre cibo con la stessa logica con cui produci il sapone, allora non puoi che seminare il

Un argomento “caldo” è l’olio di palma. Un prodotto sempre più diffuso che attira su di sé molte critiche… L’olio di palma rappresenta uno dei temi al centro delle ultime analisi di Etica Sgr. Viene utilizzato come sostituto di oli più pregiati con l’obiettivo di incrementare i profitti riducendo i costi. Ma questo, ovviamente, implica la necessità di scendere a patti con la qualità del prodotto. Per questo, par-

una lotta globale contro l’obesità infantile (nonostante gli enormi interessi economici in contrasto), ora per prevenirla ora per limitarla, con un primo indiziato di colpevolezza individuato nel cosiddetto “ambiente obesogenico”, cioè quell’insieme di stimoli e abitudini sociali che favoriscono il fenomeno. E le strategie si sono tradotte in politiche pubbli-

Se la mancanza di cibo è un problema globale, lo sta diventando anche l’eccesso di cibo, non sano, che si traduce nella piaga dell’obesità. un problema che colpisce sempre più bambini e adolescenti, con pesanti ripercussioni sulla loro salute futura, tanto da accendere un campanello d’allarme tra enti regolatori e società alimentari. L’organizzazione non profit americana Better Business Bureau ha lanciato nel 2006 il programma cFBAI (Children’s Food and Beverage Advertising Initiative), un’iniziativa di autoregolamentazione rispetto alle pubblicità riguardanti i generi alimentari indirizzati ai bambini sotto i 12 anni, per spronarli a uno stile di vita e a un’alimentazione più salutare. campagne pubblicitarie di cibi e bevande dirette ai giovani, che presentano possibili rischi per la salute, stanno esponendo le società a rischi oltre che di regolamentazione, anche reputazionali, che potrebbero avere un impatto sul6

problema stesso». Parola di Monica Di Sisto, vicepresidente di Fairwatch, osservatorio italiano su clima e commercio internazionale, e membro del comitato etico di Etica Sgr.

che: dall’imposizione di porzioni ridotte nelle mense scolastiche alle tasse aggiuntive sulle bibite gassate, dalla stigmatizzazione della pubblicità mirata di snack e merendine alla promozione di buone prassi alimentari. Con Michelle obama, first lady della “nazione obesa per eccellenza”, impegnata da anni sul fronte dell’educazione culturale. ✱

le performance finanziarie. Per tentare di frenare questo trend, diversi enti regolatori in tutto il mondo si sono attivati per introdurre leggi e regolamenti per limitare la diffusione dell’obesità. Nel dicembre 2013 IccR (Interfaith Center on Corporate Responsibility), in collaborazione con il cFBAI, ha indetto una tavola rotonda con i principali stakeholder del mercato alimentare (investitori, società e ricercatori sulla salute pubblica, avvocati e funzionari), con l’obiettivo di delineare e prevenire i rischi reali legati all’obesità infantile. Nel luglio 2014 Etica Sgr ha appoggiato una campagna di IccR che prevedeva come primo step la sottoscrizione e l’invio di una lettera a 34 società operanti nel settore alimentare, richiedendo loro di partecipare all’iniziativa promossa dal Better Business Bureau, unendosi così alle 17 società che già vi partecipano. Dall’inizio del 2015, gli investitori leader hanno cominciato a valutare i risultati raggiunti dall’invio delle lettere e hanno cominciato le attività di dialogo con le società interessate. SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015


PER UN CIBO GIUSTO

lando a titolo personale, ritengo che si tratti di un elemento non sostenibile. Il land grabbing, la corsa all’accaparramento della terra, resta un problema irrisolto. Perché? Perché i prezzi del cibo non li fa più la natura bensì le Borse. E il loro rialzo favorisce inevitabilmente la corsa alla terra che, ad oggi, è uno degli ultimi beni disponibili. Negli anni ’80 si guardava all’inurbamento come a un effetto dello sviluppo economico. Oggi, però, buona parte di questo fenomeno non è altro che una conseguenza del land grabbing. L’esproprio dei terreni e il cambiamento climatico producono migrazioni forzate in un Pianeta nel quale, al tempo stesso, vengono introdotte norme sempre più restrittive agli spostamenti. È la conseguenza di una globalizzazione che si è scelto di non governare. Uno dei temi più sensibili per gli azionisti attivi è senza dubbio quello degli Ogm. La diffusione di questi ultimi, dicono gli operatori del settore, favorirebbe l’accesso al cibo. Come rispondete? Non è così, non è mai successo. C’è un problema di fondo: se decidi di allontanare il cibo da tutto ciò che questo tiene insieme, a partire dalle sue radici culturali, finisci inevitabilmente per tagliare fuori

LA SILENZIOSA INVASIONE DELL’OLIO DI PALMA di Valentina Neri

Un ingrediente poco conosciuto e molto criticato. Per coltivarlo vengono rasi al suolo milioni di ettari di foreste tropicali Che cos’hanno in comune una merendina confezionata, uno shampoo, la nutella e il biodiesel? L’olio di palma, un ingrediente che mangiamo tutti i giorni e probabilmente non abbiamo mai visto, perché non esiste sugli scaffali dei supermercati. E fino al 13 dicembre 2014 – data dell’entrata in vigore del regolamento comunitario 1169/2011 – non SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015

qualcosa: la sostenibilità sociale o ambientale, ad esempio, oppure la qualità stessa della nutrizione. Gli Ogm, in questo senso, rappresentano il punto più alto di questa deriva dal momento che la loro produzione implica l’esclusione delle comunità, l’introduzione dei sistemi basati sulla proprietà intellettuale, la diffusione dei celebri “pacchetti completi semi più fertilizzanti” che vincolano i produttori alle grandi società del comparto e, ovviamente, l’aumento dei costi per i contadini. Cosa possono fare gli investitori per indurre le corporation a comportamenti più virtuosi? Far sentire la loro voce. Le società quotate sentono la pressione degli azionisti di maggioranza, ma anche di quegli investitori particolarmente attenti che si occupano di raccogliere alcuni temi chiave da portare in assemblea mantenendo un dialogo costante con gli esponenti della società civile e con gli attivisti per segnalare i problemi esistenti, ma anche le possibili soluzioni. È proprio quanto si propone di fare Etica Sgr che, anche grazie all'aiuto del comitato etico (di cui faccio parte), seleziona l’universo delle società investibili, analizzando, sulla base di istruttorie tecniche, i comportamenti delle aziende. Impegnandosi nelle attività di dialogo con le comunità e con le imprese stesse. ✱

esisteva nemmeno nelle etichette, dov’era sostituito da un generico “oli vegetali”. non ci vuole molto a spiegarsi il perché l’olio di palma sia pressoché ovunque: è versatile come il burro, ma costa quattro volte di meno. E non ci vuole molto nemmeno a capire perché i colossi agro-alimentari cerchino di farlo passare sotto silenzio. i nutrizionisti lo criticano per l’eccessiva presenza di grassi saturi: 49 grammi su 100 di prodotto, contro i 14 dell’olio d’oliva e i 13 degli oli di semi di mais e girasole. Anche il burro ne ha un contenuto simile, ma, a differenza dell’olio di palma che è al 100% lipidi, contiene anche potassio, proteine, vitamina D. oltre ad arrivare da ben più vicino. L’altra grande accusa all’olio di palma, infatti, è relativa alla provenienza. il rapporto Palm of controversies, del Center for International Forestry Research, rivela che l’87% della produzione globale arriva da Malesia e indonesia, Paese in cui un abitante su dieci lavora nelle coltivazioni. Pur di piantare le redditizie palme da olio non si esita a radere al suolo ettari di foreste tropicali. Hanno fat-

Monica Di Sisto: «Il cibo non è un prodotto come gli altri. La logica esclusiva del profitto ne compromette la sostenibilità»

to questa fine il 30% delle foreste primarie del Borneo e 6 milioni di ettari in indonesia. Con pesantissime conseguenze sugli animali (oranghi, tigri, orsi, tapiri) e sulla popolazione, spesso costretta a migrare o a lavorare – denunciano alcune inchieste – in condizioni di palese violazione dei propri diritti. Secondo il Rainforest Action Network, la produzione di olio di palma impiega tra i 72mila e i 200mila bambini. Si era cercata una contromisura nel 2004 con la certificazione RSPo (Roundtable on Sustainable Palm Oil), che si basava su principi e criteri da adottare su base volontaria: trasparenza, attenzione alle risorse e alla biodiversità, rispetto delle normative ecc. Ma l’arma da subito è apparsa spuntata. il World Rainforest Movement l’ha definita uno «strumento che ha permesso alle grandi multinazionali di presentare le proprie attività distruttive come sostenibili». nemmeno il WWF, che figura tra i membri fondatori, ha risparmiato critiche. Senza contare il fatto che ad oggi socontinua a pagina 8 7


LE MANI DELLA FINANZA SUL CIBO

Dal campo alla Borsa La speculazione nel piatto La corsa alla terra e il trading speculativo. Sono i principali fattori dietro alla volatilità dei prezzi registrata dal settore alimentare negli ultimi anni

L

and grabbing, transazioni sul mercato dei derivati, operazioni sul mercato “fisico” delle materie prime. Sono tutte strategie di profitto e sono tutte, ovviamente, operazioni di tipo speculativo. La straordinaria volatilità sperimentata negli ultimi anni dai prezzi delle commodities (materie prime) alimentari ha fatto inevitabilmente discutere. Da un lato, si dice, c’è l’eccezionale sviluppo economico di Cina e India, così come degli altri mercati emergenti più (America Latina) o meno maturi (Africa), che trascina al rialzo la domanda, e quindi i prezzi, dei beni alimentari. Ma dall’altro lato ci sono anche fenomeni parzialmente nuovi, almeno nelle dimensioni, capaci di spiegare eventi unici come le clamorose impennate dei segue da pagina 7 lo il 17% della produzione è certificato e, secondo il Guardian, la metà trova un acquirente finale. in italia Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade hanno avanzato richieste ben più drastiche. Lo Stato bandisca gli alimenti con olio di palma da mense e distributori automatici; gli Stati europei aderiscano alle linee guida del Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale FAo; i supermercati escludano l’olio di palma dalle private label; le aziende trovino nuove ricette per i loro prodotti. La petizione su Change.org ha superato le 112mila firme e ha fatto molto parlare di sé. Tant’è che alcune catene di supermercati, da Coop a LD Market a Esselunga, hanno promesso di cambiare rotta. ✱ 8

prezzi registrate dal comparto alimentare negli anni più recenti. I picchi, dicono i dati FAO, si collocano negli anni 2008 e 2011, quando i principali indici del comparto hanno evidenziato i loro record (vedi GRAFIco ). Numeri impressionanti, su cui hanno inciso alcuni fattori chiave.

IL LAND GRABBING Tra questi il land grabbing, ovvero la corsa all’accaparramento della terra. Nel solo biennio 2008-09, dicono le stime della World Bank riprese da Oxfam, il fenomeno (misurato in ettari comprati e venduti) è cresciuto del 1000% circa. Un affare per le corporation (di Usa, Malaysia, Singapore ed Emirati Arabi soprattutto, secondo il network indipendente Land

 NIENTE PIÙ OLIO DI PALMA

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di Matteo Cavallito

un impatto negativo sulla salute umana e sull’ambiente. Sono questi i motivi che hanno portato Etica Sgr a schierarsi contro l’olio di palma, accusato di provocare danni all’ambiente (distruzione di foreste pluviali, incendi che causano forti emissioni di co2) e a molti animali (orango, tigre, orso, tapiri). Accusato anche di violare diritti umani: secondo il Rainforest Action Network lavorano nelle piantagioni tra i 72mila e 200mila bambini. Etica Sgr, come proposto dal WWF, intende spingere le multinazionali del settore agro-alimentare a interrompere la produzione e l’utilizzo di olio di palma nei propri prodotti e chiedere maggiore trasparenza nelle etichette in merito alla quantità utilizzata di questa sostanza e alla sua provenienza. un obiettivo che Etica Sgr porta avanti da qualche anno: nel dicembre 2013 ha partecipato, insieme a una coalizione di 40 investitori, all’invio di una lettera alle principali società che si riforniscono di questo ingrediente, richiedendo loro l’adozione di policy aziendali per la fornitura di olio di palma certificato e non proveniente da attività di deforestazione, disboscamento e legato a violazioni dei diritti umani (lavoro forzato e minorile). SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015


LE MANI DELLA FINANZA SUL CIBO ANDAMENTO DEI PREZZI DEI BENI ALIMENTARI (2000-2015) FONTE: FAO, FOOD PRICE INDEX MARZO 2015, WWW.FAO.ORG

[indice dei prezzi delle commodities alimentari]

400

350

Cereali

Food price index

Zucchero

Oli vegetali

300 250 200 150 100

Matrix) che ha preso di mira molti Paesi (in Asia e in Africa in particolare) e che ha creato nel tempo un vero e proprio circolo vizioso. L’aumento dei prezzi ha fatto innalzare il valore dei terreni, mentre lo sviluppo delle colture destinate ai biocarburanti – soprattutto nel recente passato di fronte all’elevato prezzo del petrolio – ha ridotto la disponibilità di materie prime destinate all’alimentazione creando un deficit di offerta e un conseguente rialzo del valore di mercato di queste ultime.

IL TRADING Ma la corsa alla terra non spiega tutto. Perché ad alimentare l’impennata dei prezzi, dicono i numeri, è stata anche la crescita dei volumi delle transazioni, tanto sul mercato fisico quanto su quello immateriale dei titoli derivati, ovvero quei contratti differiti d’acquisto come futures e forward che da “polizza di assicurazione” contro la volatilità dei prezzi sono diventati col tempo uno strumento speculativo privilegiato. Nel 2003, dicono i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali, i futures sulle materie prime (esclusi i metalli preziosi) valevano 952 miliardi di dollari. Oggi siamo a quota 1,8 trilioni (mila miliardi) di dollari. E la situazione resta ovviamente problematica. «I prezzi delle commodities alimentari sono attualmente più bassi rispetto ai picchi del 2008 e del 2011, ma sono comunque relativamente alti rispetto alla media degli ultimi 30 anni», commenta Marc-Olivier Herman, Economic Justice Policy Lead della Ong Oxfman International presso l’Unione Europea. «In futuro si prevedono ulteriori rialzi, di fronte alla crescita della domanda globale e agli effetti del cambiamento climatico». L’Europa, attraverso la cosiddetta direttiva Mifid, ha avviato da tempo un processo di regolamentazione dei mercati, ma le regole attuative in discussione (e non ancora approvate), sottolinea SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015

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50

ancora Herman, «stabilirebbero limiti di posizione (l’ammontare di capitale che è consentito investire in operazioni di tipo speculativo nel comparto, ndr) troppo elevati». Senza un cambio di rotta nei piani UE, in altre parole, le norme pensate per limitare la speculazione rischiano di rivelarsi sostanzialmente inefficaci. ✱

 SE IL TTIP DÀ UNA MANO AGLI OGM

Da anni attorno agli organismi geneticamente modificati (ogm, organismi artificiali, spesso brevettati e dunque di proprietà privata di un’azienda, che si ottengono inserendo nel patrimonio genetico dell’organismo parti di Dna di organismi diversi) si sono sviluppati accesi dibattiti sulla pericolosità o meno, sia per l’ambiente che per la salute umana, del loro utilizzo, in particolar modo nel settore agricolo. La FAo (Food and Agriculture organization of the united Nation) sul proprio sito internet evidenzia i possibili effetti negativi che gli organismi geneticamente modificati potrebbero avere sull’ambiente, sulla salute umana e, infine, da un punto di vista socio-economico. Dal 2013 unione europea e Stati uniti stanno discutendo un accordo commerciale di libero scambio, ancora in corso di negoziazione, che avrà l’obiettivo di «rimuovere le barriere commerciali in una vasta gamma di settori economici per facilitare l’acquisto e la vendita di beni e servizi tra Europa e Stati uniti. Si chiama ttIP (transatlantic trade and Investment Partnership, “Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti”). Secondo i proponenti, tale accordo porterà a una crescita economica per i Paesi partecipanti. ma di certo produrrà un aumento del potere delle multinazionali, portando anche a una conseguente riduzione delle garanzie e una mancanza di tutela dei diritti dei consumatori. tra i rischi concreti, ci sono l’ingresso di merci e alimenti prodotti da multinazionali americane contenenti ogm, o carni di animali allevati con ormoni e antibiotici o trattate con prodotti chimici. Se verrà approvato il ttIP, le dispute tra gli investitori (multinazionali) e gli Stati verranno risolte affidandosi a tribunali privati che permetterebbero alle multinazionali di aggirare ogni corte nazionale o europea e di accusare direttamente i governi ogni volta che riterranno che le leggi in materia di salute pubblica, ambiente e protezione sociale interferiscano con i loro profitti e i loro interessi. Nel settembre 2014, Etica Sgr ha appoggiato una iniziativa di IccR che prevedeva l’invio di una lettera a michael Froman (rappresentante commerciale degli Stati uniti) evidenziando le forti preoccupazioni riguardo alle proposte inserite nel tAFtA (predecessore del ttIP) che potrebbero effettivamente minare gli sforzi fatti negli scorsi anni da enti e associazioni statunitensi ed europee per ottenere maggiore trasparenza nelle etichette dei prodotti che contengono ogm. 9


TUTELARE L’AMBIENTE E L’UOMO

L’economia dell’acqua di Paola Baiocchi

Si combattono guerre per il controllo dell’oro blu. In epoca di affidamento ai privati della gestione dell’acqua, le grandi opere, come depuratori e fogne, aspettano. E fioccano le multe dell’Unione europea

I

 ORO BLU DA SALVAGUARDARE

Il ciclo dell’acqua è, allo stesso tempo, il principale regolatore del clima del Pianeta e la prima vittima dei cambiamenti climatici. Entro il 2020 due terzi della popolazione mondiale vivranno in condizioni di scarsità d’acqua. Le imprese mondiali hanno un ruolo fondamentale per affrontare la crisi della risorsa idrica potabile, anche a causa di un continuo aumento del consumo a livello agricolo e industriale. Secondo una ricerca dell’uSDA (united States Department of Agriculture), “2013 Farm and Ranch Irrigation Survey”, il consumo idrico in ambito agricolo e industriale è, rispettivamente, del 70% e del 22% del consumo totale di acqua. Inoltre si stima che il 40% dell’inquinamento idrico sia causato dall’agricoltura, ad oggi il principale “utilizzatore” d’acqua. una gestione responsabile dell'acqua aiuterebbe le aziende a identificare e gestire i rischi e a promuovere una gestione più sostenibile delle risorse idriche. Etica Sgr, nell’ambito della propria metodologia di analisi, si è dotata di specifici criteri riguardanti le performance ambientali dei processi di gestione della risorsa idrica e di una specifica sezione di analisi per le società che si occupano della gestione del sistema idrico integrato. Inoltre, come membro del cDP (carbon Disclosure Program), Etica Sgr sfrutterà le informazioni e i dati quantitativi presenti nella banca dati del cDP Water Program, al fine di raggiungere una maggiore conoscenza delle aziende che analizza e maggiori argomenti di dialogo con le società in cui investe. Il network IccR, di cui Etica Sgr fa parte, attraverso l’iniziativa “Human Rights to Water”, svolge attività di dialogo con le società per spingerle ad una più attenta gestione idrica. Il Global compact ha sviluppato delle linee guida – Guidance for companies on Respective the Human Rights to Water and Sanitation –, attraverso le quali si cercherà di spingere le società verso una gestione standard della risorsa idrica in termini di gestione dell’impatto idrico sul business.

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nquinata, contaminata, sprecata, l’acqua è la grande trascurata tra le risorse naturali. Se, infatti, da anni esiste una sensibilità e si è avviato un dibattito internazionale sulla qualità dell’aria e sulla riduzione delle emissioni climalteranti nell’atmosfera, per quanto riguarda l’acqua l’allarme della comunità scientifica è quasi inascoltato e si continua a considerare questo fondamentale elemento come inesauribile e capace di sopportare qualunque forma di sfruttamento. Ma non è così: mentre il consumo di acqua è destinato a raddoppiare entro il 2025 nei Paesi in via di sviluppo e del 18% in quelli avanzati, l’accesso all’acqua potabile non è ancora garantito a tutta la popolazione mondiale: grandi progressi sono stati fatti rispetto ai Millennium Goals del 1990, tuttavia l’Unicef ricordava nella giornata mondiale dell’acqua, celebrata il 22 marzo scorso, che ancora 748 milioni di persone (il 90% abitanti nelle aree rurali) non dispongono del prezioso elemento. L’Unicef ha ricordato che per i bambini la mancanza di acqua è particolarmente tragica: in media muoiono 1.000 bambini al giorno per malattie diarroiche connesse all’utilizzo di acqua non sicura, mancanza di servizi igienici o scarsa igiene.

IL BUCO NELL’ACQUA Anche nei Paesi del “primo mondo” spesso le fogne sono un miraggio. Lo dimostrano le tante aree extraurbane non servite dalla rete fognaria, anche nell’incantevole campagna toscana, che ci vedono protagonisti di ben tre procedure di infrazione comminate dall’Europa all’Italia, a partire dal 2004. Siamo talmente recidivi nel rifiutarci di adempiere alle normative europee sul trattamenSUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015


TUTELARE L’AMBIENTE E L’UOMO

to delle acque reflue urbane in 817 centri urbani, da essere a rischio di deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione e costretti a pagare circa 480 milioni all’anno di penalità fino al 2016. Un grande “buco” che ritarda l’attuazione delle opere e contribuisce al degrado ambientale dell’Italia, perché anche se dal 2009 al 2013 sono stati destinati 4,3 miliardi di euro di fondi pubblici italiani ed europei per 1.296 opere idrauliche, solo 76 risultano ultimate per circa 47 milioni di euro, come afferma Erasmo D’Angelis, coordinatore della Struttura di missione di Palazzo Chigi.

L’ARIA È SEXY «Da venticinque anni a questa parte l’aria è sexy, l’acqua no». Con questo slogan provocatorio Gianni Tartari, responsabile di ricerca dell’IrsaCnr di Brugherio (Istituto di ricerca sulle acque),

«CIBO E ACQUA? SONO DIRITTI UMANI». PAROLA DI ICCR di Matteo Cavallito

Lo sostiene Laura Berry, direttore esecutivo dell’Interfaith Center on Corporate Responsibility. La speculazione è una minaccia, ma gli investitori, spiega, possono fare molto “Agricoltura, materie prime, tecnologia”. Ma anche “prodotti finiti, bevande, ristorazione e marketing”. ovvero, “tutta la filiera dell’industria alimentare globale”. È questo il campo di interesse degli investitori che aderiscono all’interfaith Center on Corporate Responsibility (iCCR), l’organizzazione interreligiosa che raccoglie al suo interno circa 300 organizzazioni (tra cui Etica Sgr) con asset in portafoglio per oltre 100 miliardi di dollari. A spiegarlo è Laura Berry, direttore esecutivo della stessa iCCR che, da oltre tre anni, ha avviato un programma di lavoro su un tema di primaria importanza: l’accesso all’acqua “come diritto umano”. SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015

Le sanzioni europee

Importo penalità annue fino al 2016 e fino al compimento delle opere, dovute per le infrazioni su depurazione e fogne (in milioni di euro).

ITALIA 476: Sicilia 185, Lombardia 74, Friuli Venezia Giulia 66, calabria 38, campania 21, Puglia e Sardegna 19, Liguria 18, marche 11, Abruzzo 8, Lazio 7, Val d’Aosta e Veneto 5.

FONTE: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, 26 MARZO 2015

riassume il ritardo nella presa in carico della programmazione generale dell’uso dell’acqua. «Negli scorsi anni – sottolinea Tartari – il problema dell’eutrofizzazione delle alghe è stato affrontato e portato a soluzione, grazie all’imposizione della riduzione dei fosfati nei detersivi e nei fertilizzanti per l’agricoltura. È stato costoso per l’industria, ma i risultati si vedono». L’agricoltura è il principale utilizzatore dell’acqua con il 70% dei consumi totali, l’industria è al secondo posto con il 22%, mentre i consumi domestici

Acqua… una questione pressante certificata dai numeri – quasi 900 milioni di persone non hanno accesso a risorse idriche di qualità – rispetto alla quale, tuttavia, sembra evidenziarsi negli ultimi anni anche una maggiore consapevolezza da parte delle imprese. «C’è un crescente sviluppo delle attività di monitoraggio e comunicazione in merito all’utilizzo dell’acqua sia dal punto di vista dell’impegno delle imprese sia da quello delle richieste da parte degli investitori e delle comunità», spiega Laura Berry. «L’acqua e il suo utilizzo nella produzione alimentare, soprattutto in tempi di scarsità, rappresenta una questione particolarmente importante sia in termini economici che in termini politici». Ad oggi, ricorda l’iCCR, l’uso industriale dell’acqua interessa da solo il 22% delle risorse idriche totali. il settore agricolo, da parte sua, utilizza una quota complessiva pari al 70%. …e non solo Ma a minacciare l’accesso alle risorse non è solo il massiccio utilizzo dell’acqua nei processi produttivi. Perché a colpire la già precaria stabilità del settore alimentare è anche un altro fattore di enorme portata i cui effetti, si sa, sembrano essersi evidenziati con forza soprattutto negli ultimi anni: la speculazione finanziaria. La questione è nota da tempo e la domanda, va da sé, sorge spontanea: cosa possono fare gli investitori per frenare que-

LAURA BERRY

Direttore Esecutivo di IccR, Interfaith center on corporate Responsibility

sto tipo di fenomeno? Molto, secondo la Berry, che, in questo senso, individua almeno tre strategie. «in primo luogo assumendo una posizione di principio, assicurandosi che l’insieme degli investimenti in cui sono coinvolti escluda le operazioni speculative responsabili dell’incremento della volatilità dei prezzi a spese delle persone più vulnerabili. in secondo luogo – prosegue – c’è la spinta per indurre gli investitori istituzionali a sostenere la regolamentazione delle pratiche che possono portare alla manipolazione dei prezzi. infine – aggiunge ancora – ci sono diverse misure anti corruzione che contribuiscono ad assicurare che le operazioni finanziarie di copertura sulle materie prime alimentari nei Paesi poveri siano utilizzate come strategie di gestione del rischio e non come opportunità di concentrazione di ricchezza». una garanzia, quest’ultima, che potrà derivare solo da un efficace sistema di regolamentazione che le autorità europee e statunitensi, sfortunatamente, non sono ancora riuscite a realizzare. ✱ 11


TUTELARE L’AMBIENTE E L’UOMO

 GLOSSARIO L’IMPRONTA IDRICA È un indicatore del consumo di acqua dolce che include sia l’uso diretto che indiretto di acqua da parte di un consumatore o di un produttore. L’impronta idrica di un singolo, una comunità o di un’azienda è definita come il volume totale di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi, misurata in termini di volumi d’acqua consumati (evaporati o incorporati in un prodotto) e inquinati per unità di tempo. Nella definizione dell’impronta idrica è data inoltre rilevanza alla localizzazione geografica dei punti di captazione della risorsa.

rappresentano l’8% degli usi. «Moltissimo si può fare per razionalizzare i consumi – afferma Michele Vurro dell’Irsa-Cnr di Bari – dalle tariffe incentivanti in determinati orari, all’applicazione di algoritmi di gestione, all’individuazione delle perdite nelle re-

PESTICIDI, L’OMS PROVA A SCUOTERE I GOVERNI di Andrea Barolini

Si susseguono studi che dimostrano danni per l’uomo provocati dai pesticidi. L’ultimo riguarda il glifosato, che per l’Oms è “cancerogeno” L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, organismo dell’organizzazione mondiale della Sanità, ha lanciato nelle scorse settimane un nuovo allarme sulle possibili conseguenze dell’uso di pesticidi. Puntando il dito, in particolare, contro il glifosato, ovvero il principale componente del diffusissimo Roundup, commercializzato dalla multinazionale Monsanto. Secondo l’oms, si tratta di una sostanza “probabilmente cancerogena”, definizione assegnata dall’agenzia anche a due insetticidi, il malathion e il diazinon. Per tutti si specifica che, ad oggi, “le prove sono limitate”. il dubbio, però, è ormai in qualche modo “ufficiale”, sebbene le valutazioni dello iARC non siano vincolanti: spetta perciò ai governi decidere se adottare delle leggi che ne vietino l’utilizzo (magari sulla scorta del principio di precauzione). Anche altri due insetticidi, il tetra12

ti degli acquedotti, all’irrigazione a goccia e all’agricoltura di precisione. Aumentare la trasparenza nella gestione e il coinvolgimento degli stakeholder nella progettazione degli strumenti e dei comportamenti – conclude Vurro – aumenta i risparmi». Questa è una dimostrazione ulteriore che sono i cittadini “i portatori di interesse” più avanzati, in questo momento in cui esistono solo movimenti e non partiti in Parlamento che ci rappresentino. E fa tremare le vene dei polsi a quanti stanno ancora aspettando che sia data attuazione al referendum sulla ripubblicizzazione dell’acqua del giugno 2011, vinto da chi chiedeva che si abrogassero tutte le norme che affidano la gestione dell’acqua ai privati. ✱

chlorvinphos e il parathion, sono stati citati nel rapporto del centro di ricerca (pubblicato dalla rivista The Lancet Oncology). in questo caso, però, la valutazione assegnata è solamente di “possibili cancerogeni”. La notizia costituisce solamente l’ultimo passaggio di una lunga “guerra scientifica” tra l’oms e le grandi aziende del settore. non a caso, il vicepresidente di Monsanto, Philip Miller, non ha perso tempo e ha reagito spiegando in un’intervista al Financial Times di mettere in dubbio «la qualità della classificazione effettuata». Secondo la multinazionale, infatti, i ricercatori avrebbero ignorato una serie di studi che dimostrerebbero la non nocività del glifosato. Ma quello dello iARC non è il solo rapporto ad aver avanzato dubbi sulle conseguenze dell’uso di pesticidi per la salute umana. A maggio del 2013, ad esempio, uno studio francese dell’inSERM analizzò le gravidanze di 83 donne residenti in comuni in cui sono presenti colture di cereali. Sebbene le conseguenze cliniche su mamme e bambini debbano ancora essere valutate da ulteriori studi sul lungo termine (attualmente in corso), i ricercatori hanno parlato di «modificazioni fisiologiche e perturbazioni individuali». «L’inserimento del glifosate nella categoria dei “probabili cancerogeni” non giunge affatto come una novità – ha scritto sulle colonne de Il Fatto Quotidiano Patrizia gentilini, oncologo ed ematologo – in quanto già dal 2001 da ricerche di laboratorio, così come da diversi studi epidemiologici sull’uomo, era emerso che l’esposizione ad esso aumentava in particolare il rischio di linfomi.

Studi di laboratorio avevano inoltre dimostrato come l’azione tossica su linee cellulari umane fosse esercitata già a dosi 100 volte inferiori a quelle considerate sicure. La formulazione commerciale, inoltre, risultava più pericolosa del solo principio attivo a causa della presenza di coadiuvanti». «numerosi studi – ricorda Celestino Panizza, medico epidemiologo dell’isde – documentano gli effetti dell’esposizione dei bambini ai pesticidi, ma soprattutto delle madri e dei padri nel periodo gestazionale e preconcezionale. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, nel 2013, ma anche i risultati del programma di ricerca americano Agricultural Health Study condotto per anni su 50 mila agricoltori e sui loro familiari, affermano che l’insorgenza e l’aumento delle leucemie infantili sono associati a tale esposizione». Sono dunque sempre più numerosi gli studi e le ricerche che indicano come l’uso di erbicidi, insetticidi, fungicidi, regolatori della crescita, defoglianti e altri prodotti sia rischioso per la salute e per l’ambiente. Basti ricordare il caso del DDT, bandito nel 1972 negli usa ma che ancora oggi è a volte rintracciato nel latte materno, nei ghiacciai antartici o nei sedimenti di alcuni laghi alpini. Allo stesso modo, l’atrazina, un erbicida fuori commercio da due decenni, è ancora presente in tutta l’area padano-veneta. in italia, uno studio effettuato dall’ispra su 14.250 campioni idrici, prelevati in 3.500 diversi luoghi, ha portato al rilevamento di pesticidi nel 56,9% delle acque superficiali e nel 31% di quelle sotterranee. in ben 405 casi, le concentrazioni riscontrate superavano i limiti previsti dalla legge. ✱ SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015


LA FINANZA CONTRO IL CLIMATE CHANGE

Clima e investimenti L’impronta degli azionisti Quanto costano gli investimenti in termini di emissioni di CO2? È la domanda chiave alla base del Montreal Carbon Pledge, l’ultima iniziativa del Principles for Responsible Investment

I

n termini tecnici si definisce carbon footprint o “impronta di carbonio”. È la misura dell’emissione gassosa associata ad ogni attività in grado di alterare anche solo in minima parte le condizioni climatiche. Di fatto si tratta di un indicatore universale, un’unità di misura, insomma, dell’impatto ambientale e climatico di un evento. Vale per le scelte personali più ovvie – guidare un’automobile, accendere l’impianto di riscaldamento, prendere l’aereo – ma vale anche per quelle relative agli investimenti. Che, come noto, coinvolgono spesso settori produttivi corresponsabili

di Matteo Cavallito

EMISSIONI GLOBALI DAL SETTORE ENERGETICO 1971-2014

FONTE: NOSTRE ELABORAZIONI DA INTERNATIONAL ENERGY AGENCY (WWW.IEA.ORG), “CO2 EMISSIONS FROM FUEL COMBUSTION HIGHLIGHTS”, 2014; INTERNATIONAL ENERGY AGENCY (WWW.IEA.ORG), “GLOBAL ENERGY-RELATED EMISSIONS OF CARBON DIOXIDE STALLED IN 2014”, MARZO 2015. DATI IN MILIARDI DI TONNELLATE.

[emissioni totali (miliardi di tonnellate)]

35,0

30,5

30,0 25,0 20,0 15,0

32,3

27,5

14,1

15,7

18,1

18,6

21,0

21,8

23,8

10,0 5,0 0,0

1970

1975

1980

1985

1990

1995

2000

2005

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 UN DANNO PER L’UOMO E PER L’AMBIENTE

Le api sono fondamentali per la produzione e l’approvvigionamento di cibo. Secondo i dati della Fao, 71 delle 100 colture più importanti a livello globale vengono impollinate dalle api. Solo in Europa ben quattromila varietà agricole dipendono dalle api: se questi insetti scomparissero la produzione di pomodori, mele, fragole e mandorle subirebbe un vero e proprio tracollo. ma oggi le api sono minacciate dall’uso dei pesticidi chimici nell’agricoltura industriale. E non è l’unico effetto negativo provocato dall’utilizzo massiccio di fertilizzanti, pesticidi e diserbanti, che, insieme all’allevamento intensivo, sono una delle cause principali dell’inquinamento e della riduzione dell’acqua disponibile. Secondo il rapporto 2014 “Pesticidi nelle acque” pubblicato dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), negli ultimi anni è calata la vendita di pesticidi, ma nelle acque viene rilevato un cocktail di 175 sostanze diverse dagli effetti non ancora ben conosciuti. Nel 2012 sono stati trovati pesticidi nel 56,9% dei 1.355 punti di monitoraggio delle acque superficiali e nel 31% dei 2.145 punti di quelle sotterranee. molti studi indicano che i pesticidi presentano rischi anche per la salute dell’uomo. Inoltre i parassiti sviluppano resistenza ai veleni, costringendo gli agricoltori a utilizzare più pesticidi o pesticidi diversi. Secondo alcuni dati forniti dal coRDIS (community Research and Development Information Service) dell’unione Europea, negli Stati uniti, nonostante l'uso dei pesticidi sia aumentato di 11 volte, i raccolti persi a causa dei parassiti risultano quasi raddoppiati. oggi nel mondo si utilizzano 2,5 milioni di tonnellate di pesticidi, tra cui alcuni prodotti chimici altamente pericolosi, vietati nei Paesi industrializzati. Etica Sgr, nella propria metodologia di analisi e selezione titoli, esclude tutte le società che producono o forniscono pesticidi (non chi li utilizza per le proprie attività). SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015

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LA FINANZA CONTRO IL CLIMATE CHANGE

di uno degli eventi più preoccupanti degli ultimi decenni: il cambiamento climatico.

IL MONTREAL PLEDGE Lo sanno bene gli azionisti attivi, che da anni chiedono alle imprese di rendere conto della loro “impronta”. E lo sanno bene, ovviamente, gli esponenti del Principles for Responsible Investment (PRI), un network sostenuto dalle Nazioni Unite che raccoglie oltre 1.300 soggetti tra investitori, manager e gestori di servizi con un ammontare di asset gestiti quantificato in 45 trilioni (mila miliardi) di dollari. Lo scorso mese di settembre, PRI ha annunciato il lancio del Montreal Carbon Pledge, un vero e proprio «impegno da parte degli investitori a tradurre in un passo concreto le discussioni sul clima», come ha spiegato in una nota diffusa per l’occasione il Managing Director di PRI, Fiona Reynolds. L’operazione, di fatto, impone agli ope-

 INVESTITORI IN DIFESA DELL’AMBIENTE

“Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. La tutela dell’ambiente è, quindi, insieme al cibo, il tema chiave dell’Expo 2015. un tema su cui le imprese hanno enormi responsabilità e, di conseguenza, anche gli investitori responsabili. Da sempre la questione ambientale è ai primi posti nelle preoccupazioni di Etica Sgr: nei criteri di selezione delle imprese che fanno parte del suo portafogli di investimento, ma anche nelle attività di engagement e di azionariato attivo. Il carbon Disclosure Project (cDP) è un’organizzazione non-profit indipendente che offre ad aziende, Paesi e investitori, un sistema per misurare, rilevare, gestire e condividere a livello globale informazioni riguardanti il cambiamento climatico e l’utilizzo della risorsa idrica. Sviluppa e invia alle società questionari sul cambiamento climatico (con richieste di informazioni e dati quantitativi riguardo alla gestione ambientale); la catena di fornitura, per comprendere gli impatti del climate change lungo tutta la supply chain; la gestione della risorsa idrica; deforestazione e disboscamento; emissioni di gas inquinanti. Attraverso i dati forniti dal cDP, gli investitori, come le aziende stesse, sono maggiormente in grado di mitigare il rischio, cogliere le opportunità presenti e prendere decisioni di investimento più responsabili. Anche Etica Sgr sfrutta le informazioni del cDP per valutare le imprese in merito al loro impatto ambientale. E sono state numerose le campagne in ambito ambientale che Etica Sgr ha appoggiato nel 2014: • “Global Investor Statement on climate change”, promossa da IccR, attraverso la quale si è sottoscritta una dichiarazione di intenti con l’obiettivo di dar voce alla comunità finanziaria in occasione del Summit sui cambiamenti climatici delle Nazioni unite avvenuto a settembre 2014; • “Financing climate change - Bank Initiative”, promossa da Boston common Asset management, con il fine di rendere più proficuo il confronto tra gli investitori e il settore bancario in merito alla tematica del cambiamento climatico; • cDP membership: Etica Sgr nel 2015 è diventato membro del cDP, per sfruttare maggiormente informazioni e dati messi a disposizione dal network (politiche di gestione ambientale, strategie di riduzione delle emissioni), oltre che alle svariate informazioni quantitative messe a disposizione dalle società stesse in relazione alla propria gestione ambientale. 14

ratori che aderiscono all’iniziativa di calcolare la carbon footprint dei loro investimenti in termini assoluti (l’ammontare totale delle emissioni derivanti dalle attività delle imprese di cui si possiedono azioni) e relativi (la quantità di emissioni per ogni milione di dollari investito). All’iniziativa hanno già aderito, tra gli altri, il California Public Employees’ Retirement System (Calpers, il principale fondo pensione statunitense) e il suo “omologo” francese ERAFP (Retraite Additionnelle de La Fonction Publique). A entrambi, al pari degli altri fondi che partecipano – e sceglieranno di partecipare – al programma è richiesta la pubblicazione dei risultati del calcolo entro il primo settembre 2015, data ultima per la conclusione della prima fase dei lavori. E dopo? «Stiamo cercando di ampliare il Pledge a diverse asset class, tra le quali le società di private equity», spiegano da PRI. «Siamo interessati inoltre a guardare al modo in cui le organizzazioni utilizzeranno i dati dopo aver stimato l’impronta del loro portafoglio – proseguono – per valutare, ad esempio, se questo calcolo possa aiutarli a progettare strategie di riduzione delle emissioni. Infine, valuteremo le modalità con le quali le organizzazioni potranno condividere le proprie best practice con i loro omologhi».

INVESTITORI & CLIMA Negli ultimi quarant’anni, dicono i dati dell’International Energy Agency (IEA), le emissioni di CO2 del solo settore energetico globale sono raddoppiate evidenziando una forte accelerazione, per altro, a partire dall’inizio del XXI secolo (vedi GRAFIco ). Nel 2014, nota tuttavia la stessa IEA, l’ammontare registrato si è attestato a quota 32,3 miliardi di tonnellate, lo stesso livello dell’anno precedente. Il mancato aumento su base annuale non è una novità (era già accaduto a inizio anni ’80 oltre che nel 1992 e nel 2009) ma è la prima volta che il fenomeno di stagnazione si verifica in un contesto di espansione economica generale. Un dato incoraggiante per tutti, a cominciare dalle grandi imprese quotate che nella maggior parte dei casi (il 78% delle 500 più grandi secondo un recente studio di CDP North America) comunicano agli azionisti i loro livelli di emissioni. Una scelta, ricordano da PRI, che evidenzia tra le altre cose un aumento dell’importanza attribuita dalle aziende al tema dell’impatto ecologico. «Le stesse compagnie – spiegano da PRI – hanno compreso come l’analisi e la gestione dell’impronta di CO2 si traducano, oltre che in una riduzione del danno ambientale, anche in un risparmio di costi». ✱ SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015


LA FINANZA CONTRO IL CLIMATE CHANGE

Capire il clima, vincere in Borsa L’opinione di Emanuele Fanelli (Carbon Disclosure Project): «A ottenere le migliori performance sono le compagnie più attive nella riduzione delle emissioni»

+9,6%

: è la misura del successo del Climate Performance Leadership Index del Carbon Disclosure Project, l’organizzazione di base a Londra che da anni lavora a fianco delle imprese nella misurazione dei livelli di emissione di CO2. 9,6 punti percentuali di scarto che evidenziano la capacità del paniere di investimenti – 187 imprese che hanno ridotto le proprie emissioni di 33 milioni di tonnellate in un anno – di battere il Bloomberg World Index, l’indice “tradizionale” scelto per il confronto. L’attenzione all’impatto ambientale, insomma, sembra pagare anche in Borsa, come racconta Emanuele Fanelli, Senior Vice President della divisione Investor Initiatives di CDP. Possiamo dire che i manager prestano oggi molta più attenzione che in passato ai temi ambientali, sociali e di governance? I migliori manager hanno una maggiore consapevolezza delle implicazioni che il cambiamento climatico ha sul business, per questo riescono ad attrarre maggiori investimenti. Non sorprende che a ottenere le migliori performance siano le compagnie quotate che si impegnano di più nell’attuare quelle trasformazioni di cui abbiamo urgente bisogno. Secondo CDP North America, il 78% delle prime 500 aziende quotate rende noto l’ammontare delle proprie emissioni. Come interpretare questo dato? Tutta la catena dell’investimento è molto più interessata che in passato a comprendere gli aspetti materiali del cambiamento climatico, ben al di là delle sole implicazioni etiche. Nell’ultimo anno abbiamo notato un rinnovato interesse degli investitori istiSUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015

di Matteo Cavallito

tuzionali nell’analisi e nella gestione del fenomeno con l’obiettivo di tradurre il tutto in strategie di copertura del rischio, gestione degli asset e opportunità di investimento o di disinvestimento. Un interesse evidenziato anche dai numeri del Climate Change Program del CDP, sottoscritto oggi da 822 investitori istituzionali con un portafoglio complessivo di asset gestiti da 95 mila miliardi di dollari. È possibile che la riduzione delle emissioni sia percepita oggi dagli investitori responsabili come il fattore di sostenibilità più importante? Le crescenti pressioni regolamentari a livello locale e globale, oltre che la maggiore portata degli eventi climatici estremi, le sempre più intense campagne di disinvestimento dal fossile e l’aumento della competitività del settore dell’energia rinnovabile rendono il cambiamento climatico uno dei fattori più importanti. Soprattutto in considerazione del fatto che ci stiamo avvicinando all’appuntamento del COP21 (l’accordo ancora da definire sul programma di riduzione globale delle emissioni dopo il 2020, ndr) in programma alla fine di quest’anno a Parigi.

EMANUELE FANELLI

Senior Vice President Investor Initiatives di cDP

Qual è il vostro giudizio sul Montreal Carbon Pledge? È un ottimo primo passo per consentire agli investitori di iniziare a misurare e a rendere pubblica la carbon footprint dei loro investimenti, ed è anche un segnale significativo per le autorità di regolamentazione e le imprese in merito all’effettiva volontà di queste ultime di gestire l’esposizione dei loro investimenti rispetto al cambiamento climatico. Ma questo, in ogni caso, rappresenta solo la punta dell’iceberg. ✱ 15



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