Mensile Valori n. 95 2011

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Anno 11 numero 95. Dicembre 2011 Gennaio 2012. € 4,00

valori AUGUSTO CASASOLI / A3 / CONTRASTO

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Dossier > Un’occasione d’oro per mostrare un’economia diversa, ma rischia il flop

Expo sostenibile? Finanza > Inchiesta: le banche giocano con gli spread, cambiati all’ultimo minuto Economia solidale > Cemento assassino dietro i disastri da Genova a Messina Internazionale > Fukushima: situazione fuori controllo. Informazioni pilotate Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.


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| editoriale |

L’agricoltura

santuario di bellezza di Luciano Valle

O

Solo i prodotti prodotti compostabili, compostabili, possono essere essere utilizzati per la raccolta raccolta differenziata diffeerenziata dell’umido perché, perché, dopo il ciclo di compostaggio, compostaggio, si trasformano terra. trasffor o mano in humus per la terra. Per compostabile Per esempio esempio i sacchetti sacchetti in bioplastica compostabile sono europea no conformi conffor o mi a una norma norma europea recepita recepita in Italia Italia come UNI EN 13432 che che trovi trovi indicata indicata sul sacchetto. sacchetto. Il mondo ndo si può cambiare cambiare anche anche partendo partendo dai piccoli gesti: esigi i prodotti odotti compostabili. compostabili.

L’AUTORE

COMPOSTABILE

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UNI EN 13432

www.assobioplastiche.org

Luciano Valle, filosofo con oltre trent’anni di impegno sui temi dell’etica ambientale. Già fondatore e direttore dell’Inab (Istituto nazionale agricoltura biologica, 1988) e di vari istituti di ricerca, oggi insegna Etica all’università di Pavia e sostiene la costruzione della rete dei centri di Etica ambientale in Lombardia e in Italia. L’ultimo suo libro s’intitola Dall’Ecologia all’Ecosofia. Percorsi epistemici ed etici tra Oriente e Cristianesimo, tra scienza e saggezza (Ibis, 2011).

vivono in un territorio dove non si vedono più le stelle, non ci sono le rondini, le farfalle. Sono privati di un bene essenziale, immersi dentro questa “cattiva modernità”. La risposta a questi problemi non è l’ecologia tecnica che fornisce energia: se si mantengono questi livelli di cultura e sensibilità siamo spacciati. È la bellezza che salva il mondo, tutela il territorio e quindi la presenza dell’uomo, e il concetto di sviluppo sostenibile. Ma non uno sviluppo sostenibile tout court, bensì riplasmato lungo nuovi percorsi: in questo senso Expo sarà un’occasione formidabile. Potrà essere un “santuario” laico, epistemico, etico e di valore, per ripresentare l’uomo attraverso l’agricoltura e ciò che essa regala. Nell’immagine che scaturisce da elementi come il cibo, la salute, il territorio – e quindi l’agricoltura – risiede la possibilità di aumentare di molto il livello della riflessione, e quindi della spinta operativa. Se penso a un’azienda agricola del Parco Agricolo Sud Milano solo come antagonista alla minaccia che la cementificazione del territorio – già oggi in fase avanzata – porta alla sua attività, allora trascuro di attribuire a quest’azienda un valore assai maggiore. L’azienda agricola è, può, deve essere un santuario-laboratorio, un presidio della dignità del territorio. Se produce solo cibo non rientra nei criteri di eco-compatibilità. Certamente è un bene che si dedichi all’agricoltura biologica, ma innanzitutto deve tutelare il territorio: curare l’equilibrio dal punto di vista idraulico con la gestione dei fossati e dei canali (non a caso oggi basta mezza giornata di pioggia intensa per allagare città e campagne); garantire che ci siano gli alberi e le siepi intorno ai seminativi, per proteggere il terreno dal vento, che altrimenti si porta via il primo livello di humus e favorisce la desertificazione. Per questo suo ruolo essenziale il contadino deve essere salvaguardato da Stato e comunità, e deve trovare sostegno economico per poter essere presidio di protezione civile, tutore del territorio, svolgendo un compito importante sul piano ecologico e idrogeologico. L’azienda agricola così ridisegnata, come forma culturale che comprende al suo interno anche il lavoro, è il “luogo” dove si decide la sorte del Pianeta: se tutela la bellezza intesa come complementarietà ecosistemica, cioè che raduna in sé tutti gli aspetti (culturali, funzionali, ecologici e di sostenibilità), diventa un luogo decisivo. La città deve, quindi, innalzare l’azienda agricola a luogo centrale, non solo di soccorso e fornitura di prodotti per l’area urbana. L’azienda agricola viene in soccorso della polis mondiale, insegna a “ri-abitare”: è luogo di pedagogia critica ed ecologica per l’uomo che ha sbagliato impostazione. Non solo. L’azienda agricola va considerata nella sua funzione di supplenza pedagogica rispetto allo Stato. Agenzia culturale sul territorio. Si pensi ai milioni di turisti che ogni anno si fermano qualche giorno e aspirano a godere delle delizie del territorio lombardo. Ma l’uomo non è solo cibo, è anche cultura e spiritualità, e il territorio va quindi mostrato loro nella sua complessità. Chi presiede all’Expo deve tenerne conto, perché l’umanità ha bisogno di una nuova impostazione culturale complessiva che tenga insieme le varie parti della presenza umana sul Pianeta: l’agricoltura ha in questo un ruolo fondamentale. Expo è perciò un’occasione enorme di riforma mentale, morale, culturale, sociale ed economica. E deve considerare la bellezza come motore dell’economia in questo inizio di terzo millennio. GGI I BAMBINI

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| sommario |

dicembre 2011 / gennaio 2012 mensile www.valori.it

anno 11 numero 95 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore

Società Cooperativa Editoriale Etica Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, FairTrade Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Federazione Autonoma Bancari Italiani, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop., Donato Dall’Ava consiglio di amministrazione

Paolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava, Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva, Sergio Slavazza direzione generale

Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it) collegio dei sindaci

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

Mariateresa Ruggiero (ruggiero.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile

Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) caporedattore

AUGUSTO CASASOLI / A3 / CONTRASTO

valori Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, è il volto dell’Expo: nel 2015 sarà il primo cittadino della città che ospiterà l’esposizione internazionale.

globalvision

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fotonotizie

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dossier Expo sostenibile Adesso o mai più Cascine da esposizione Terra da (non) buttare Expo al bivio tra terra e cemento Agricoltura Blu: una mano agli Ogm

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consumiditerritorio + euronote

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Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it) redazione (redazione@valori.it)

Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano Paola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Valentina Neri

finanzaetica Mutui. Le banche giocano con gli spread Tassi da usura grazie alla legge Cina, il controesodo delle aziende americane Unep, alla ricerca dello spread ambientale

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Augusto Casasoli (A3), Stefano Dal Pozzolo (Contrasto), David Gray, Eduardo Munoz, Yuriko Nakao, Soe Zeya Tun (Reuters), Tomaso Marcolla, Davide Viganò

inumeridellaterra

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stampa

Dopo l’acqua il suolo. Nasce il forum per la difesa del territorio Mappa: l’Europa che pensa alla tutela del suolo Km zero vs bio. Il “dilemma” della galassia gasista Made in Italy a rischio/10 - Cioccolato, il futuro non è amaro L’alleanza “win-win” tra coltivatori e cioccolatieri Buone pratiche/2 - Diritto alla salute: le risposte della cooperazione sociale

progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna (info@mokadesign.org) Adriana Collura, Sonia Drosi Gualtieri fotografie e illustrazioni

Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 36, Pergine Valsugana (Trento) abbonamento annuale ˜ 10 numeri Euro 35,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 45,00 ˜ enti pubblici, aziende Euro 60,00 ˜ sostenitore abbonamento biennale ˜ 20 numeri Euro 65,00 ˜ scuole, enti non profit, privati Euro 85,00 ˜ enti pubblici, aziende come abbonarsi

I carta

di credito sul sito www.valori.it sezione come abbonarsi Causale: abbonamento/Rinnovo Valori I bonifico bancario c/c n°108836 - Abi 05018 - Cab 01600 - Cin Z Iban: IT29Z 05018 01600 000000108836 della Banca Popolare Etica Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori + Cognome Nome e indirizzo dell’abbonato I bollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori È consentita la riproduzione totale o parziale dei soli articoli purché venga citata la fonte. Per le fotografie di cui, nonostante le ricerche eseguite, non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto, l’Editore si dichiara pienamente disponibile ad adempiere ai propri doveri.

economiasolidale

internazionale Fukushima. Sindrome giapponese Dopo il nucleare lavori pubblici che durano 120 anni Il fronte del no si allarga. E l’industria dell’atomo si prepara alla guerra Qatar. Petrodollari, tv, armi e diplomazia Patagonia cilena, la rivolta contro il carbone

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altrevoci

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bancor

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action!

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LETTERE, CONTRIBUTI, ABBONAMENTI, PROMOZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ Società Cooperativa Editoriale Etica Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

40 44 46 48 50 52

Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano tel. 02.67199099 fax 02.67479116 e-mail redazione@valori.it ˜ amministrazione@valori.it info@valori.it ˜abbonamenti@valori.it


| globalvision |

La crisi, il lavoro e il G20

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valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

AUGUSTO CASASOLI / A3 / CONTRASTO

AUGUSTO CASASOLI / A3 / CONTRASTO

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

AUGUSTO CASASOLI / A3 / CONTRASTO

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Anno 11 numero 95. Dicembre 2011 Gennaio 2012. € 4,00

Dossier > Un’occasione d’oro per mostrare un’economia diversa rischia il flop

Dossier > Un’occasione d’oro per mostrare un’economia diversa rischia il flop

Expo sostenibile

Expo sostenibile

Dossier > Un’occasione d’oro per mostrare un’economia diversa rischia il flop

Expo sostenibile

Finanza > Inchiesta: le banche giocano con gli spread, cambiati all’ultimo minuto Economia solidale > Cemento assassino dietro i disastri da Genova a Messina Internazionale > Fukushima: situazione fuori controllo. Informazioni pilotate

Finanza > Inchiesta: le banche giocano con gli spread, cambiati all’ultimo minuto Economia solidale > Cemento assassino dietro i disastri da Genova a Messina Internazionale > Fukushima: situazione fuori controllo. Informazioni pilotate

Finanza > Inchiesta: le banche giocano con gli spread, cambiati all’ultimo minuto Economia solidale > Cemento assassino dietro i disastri da Genova a Messina Internazionale > Fukushima: situazione fuori controllo. Informazioni pilotate

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Confezione regalo dall’alto valore etico e sociale, contenente delizie alimentari provenienti dalle Cooperative sociali. Per riscoprire il gusto dei prodotti campani dal sapore di legalità Specifiche dei prodotti nella confezione sul sito valori.it Spese di spedizione a carico del destinatario

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www.valori.it

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ECONDO L’OCSE le incertezze sull’andamento a breve termine dell’economia mon-

tice non è nemmeno stato in grado di affrontare l’emergenza della zona euro. Del resto non è possibile chiedere un contributo internazionale (vedi Cina) per l’istituzione di un paracadute per l’attuale crisi europea, quando i principali Paesi europei (Germania in testa) mostrano esitazioni circa il rafforzamento del fondo salva stati (Efsf). Il vertice di Cannes si è alla fine caratterizzato – e a quel punto non poteva essere diversamente – per l’ennesima condanna dei Paesi non rispettosi della disciplina di bilancio tanto cara ai mercati finanziari. Al di là dell’errata impostazione di politica economica, che ancora una volta cura gli effetti (deficit di bilancio statali) e non le cause (debolezza della domanda e turbolenze finanziarie) della crisi, tutto ciò dimostra l’incapacità della “politica” di affrontare e gestire la prima vera crisi nell’epoca della globalizzazione. In questi mesi abbiamo spesso vissuto giornate di panico sui mercati finanziari. In realtà, a ben vedere, nel panico sono i governi, che continuano a prendere misure inadeguate, una dopo l’altra, perché imprigionati nel credo liberista che ne condiziona le scelte. Einstein sosteneva che “non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”. Ma come spiegarlo alla Merkel?

diale sono drammaticamente aumentate negli ultimi mesi. Il risultato è un taglio drastico delle stime di crescita del mondo sviluppato, ormai sull’orlo di una possibile nuova recessione. La ripresa economica “che non c’è” ha effetti gravissimi sul mercato del lavoro mondiale. Ai ritmi attuali, escludendo per ora l’ipotesi di ricadute, le economie avanzate raggiungerebbero i livelli occupazionali pre-crisi in almeno cinque anni. Questa prospettiva va ad aggiungersi a una situazione occupazionale già precaria, caratterizzata da livelli di disoccupazione globale mai raggiunti prima. In cifre i senza lavoro hanno raggiunto i 200 milioni in tutto il mondo.

Non va meglio sul fronte welfare. Secondo la Commissione europea, se permarranno gli attuali ritmi di crescita, non sarà più possibile sostenere il livello corrente di protezione sociale (sanità, assistenza, previdenza). Del resto il modello europeo di economia sociale di mercato si basava sugli alti tassi di sviluppo che caratterizzarono gli anni del secondo Dopoguerra. Per i Paesi emergenti non si può attualmente parlare di frenata, ma solo di rallentamento della crescita economica. Ma è pur sempre una novità inaspettata rispetto ai trend degli ultimi anni, che segnala la possibile convergenza delle crisi, fino al rischio di un contagio reciproco delle varie economie mondiali. Come sostenuto da molti economisti, solo un deciso intervento di politica economica di tipo espansivo, coordinato a livello inIn breve l’attesa era per un piano d’azione coternazionale, può tentare di invertire questa mune per il risanamento dei conti pubblici e tendenza negativa in atto nell’economia gloil rilancio della crescita. bale. E questo è ciò che ci si attendeva dalPurtroppo il G20 di Cannes non ha prol’ultimo G20 (a Cannes, dal 3 al 4 novembre dotto in proposito alcun risultato. Tale verscorso), ossia un programma di intervento in grado di modificaIl costo del modello europeo re in positivo le aspettative degli di protezione sociale potrebbe operatori così come era avvenurisultare presto insostenibile. to nel 2009 con il G20 di Londra. Ma il G20 rimane immobile |

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TOMASO MARCOLLA / WWW.MARCOLLA.IT

Fai un pacco alla camorra

di Alberto Berrini

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Serve un’azione “frontale” contro gli attivisti di Occupy Wall Street (Ows) e contro gli uomini politici che ne stanno appoggiando le rivendicazioni. Ad esserne convinto è un gruppo di lobbisti americani, legati alle grandi banche del Paese, che ha invitato “caldamente” le big della finanza ad adottare una strategia antimanifestanti. A riportarlo è stata recentemente l’emittente televisiva statunitense Mnsbc, che ha citato un memo di quattro pagine, firmato dalla società Clark Lytle Geduldig & Cranford (Clgc) di Washington. L’azienda ha indirizzato direttamente all’Associazione dei banchieri americani la proposta di avviare un’attività di ricerca su Ows, per “costruire un’immagine negativa” degli appartenenti al movimento, che dovrebbe poi essere “veicolata dai media”. Un piano che comprende sia la compilazione di dossier ad hoc per screditare le persone che protestano contro la finanza da “casinò”, sia il monitoraggio dei loro canali di comunicazione, a cominciare dai social network. Il tutto con un mega-investimento di 850 mila dollari (per i quali, soprattutto in tempi di crisi, si potrebbe scegliere senz’altro una destinazione più utile). Un’operazione che per Clgc potrebbe risultare più efficace rispetto al dispiegamento di agenti newyorkesi (nella foto i poliziotti schierati nei pressi di Zuccotti Park, lo scorso 15 novembre). Il memo se la prende poi con alcuni membri del Partito democratico, rei di “discutere apertamente” dell’opportunità di appoggiare con decisione gli attivisti. Se lo facessero, ritengono i lobbisti, “ciò rischia di provocare un impatto molto pesante, e per un lungo periodo di tempo, sulle compagnie finanziarie”. Una miscela che potrebbe diventare “esplosiva” quando i media parleranno nuovamente dei “bonus che saranno concessi ai dipendenti delle grandi banche, e li opporranno alle storie di milioni di americani che si ritrovano senza i dollari necessari [A.BAR.] per andare avanti”. | 8 | valori |

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EDUARDO MUNOZ / REUTERS

Stati Uniti I lobbisti alle banche: «Screditiamo Occupy Wall Street»

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La ricerca scientifica sul solare continua a portare importanti risultati. L’ultimo in ordine di tempo è stato annunciato da Sharp Corporation, che ha sviluppato una cella solare che vanta un coefficiente di conversione record: il 36,9%, il più alto mai raggiunto al mondo. L’elevatissima efficienza della nuova cella – che presenta una struttura a tre strati, per una superficie di circa un centimetro quadrato – è stata confermata nello scorso mese di settembre da un’analisi dell’Advanced Industrial Science and Technology (Aist), organizzazione internazionale specializzata nella certificazione dei valori di conversione. Questi ultimi indicano, in termini semplificati, la capacità della cella di convertire l’energia solare in energia utilizzabile. Maggiore è tale coefficiente, migliori sono le prestazioni di ciascun impianto. Un motivo in più per puntare sulle fonti rinnovabili e per ridurre al minimo lo sfruttamento delle energie meno pulite. Tanto più che, come ampiamente previsto dagli esperti del settore, la domanda energetica in Paesi come l’Italia risulta in calo e continuerà con ogni probabilità a scendere anche in futuro. L’ultimo Rapporto mensile sul sistema elettrico di Terna sottolinea come ad ottobre scorso gli italiani abbiano consumato 27.436 GWh, con una diminuzione dell’1,3% rispetto al risultato di 27.805 GWh dello stesso periodo del 2010. Intanto, nel periodo ottobre 2010 - ottobre 2011, la produzione fornita dagli impianti fotovoltaici è passata da 164 a 1.140 GWh, segnando un incremento del 561%. In tal modo, il sole è riuscito a fornire energia pari al 2,85% dell’intera domanda, superando di slancio anche gli impianti eolici (che generano 537 GWh). Nella foto, una cella prodotta da Sharp esposta alla quarta edizione dell’International Photovoltaic Power Generation (PV) Expo di Tokyo, nello scorso mese di marzo.

[A.BAR.]

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YURIKO NAKAO / REUTERS

Solare Da Sharp la cella dei record

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Diplomazia Usa-Myanmar, Hillary Clinton cerca il disgelo

/SOE ZEYA TUN / REUTERS

È già stato definito un evento storico, tanto per il suo valore simbolico, quanto, forse, per le sue possibili implicazioni geopolitiche. Nel mese di dicembre il segretario di Stato Usa Hillary Clinton volerà nel Myanmar (ex Birmania), realizzando così la prima visita ufficiale nel Paese asiatico da parte di un alto funzionario del governo statunitense nell’ultimo mezzo secolo. La missione, che getta le basi per l’avvio di relazioni diplomatiche tra Washington e il regime di Naypyidaw, è stata definita dal quotidiano britannico Guardian come “una apparente ricompensa” per le riforme realizzate dalla giunta militare al potere dal 1989. A seguito delle recenti aperture da parte del governo, la leader dell’opposizione e premio Nobel per la Pace 1991 Aung San Suu Kyi, che ha trascorso 15 degli ultimi 22 anni agli arresti domiciliari, è stata finalmente autorizzata a prendere parte alle prossime elezioni concorrendo per uno dei 48 seggi disponibili al Senato (nella foto un suo intervento ad un’iniziativa elettorale a Yangon, il 21 novembre scorso). L’avvicinamento UsaMyanmar, notano gli osservatori, starebbe infastidendo e non poco il governo cinese, ad oggi il principale partner economico della giunta militare. Nel settembre scorso, il governo birmano ha annunciato l’interruzione dei lavori di costruzione della maxi centrale idroelettrica di Myitsone, pensata per incrementare l’export di energia in Cina. Una scelta applaudita dagli ambientalisti, che da tempo ne denunciavano l’impatto sull’area, ma che, al tempo stesso, sta creando non poche tensioni con il governo di Pechino, principale finanziatore [M.CAV.] del progetto.

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dossier

WWW.EXPO2015.ORG

a cura di Corrado Fontana, Valentina Neri, Marco Schiaffino e Elisabetta Tramonto

Expo sostenibile. Adesso o mai più >16 Cascine da esposizione >18 Milano. Recuperare gli spazi aperti >19 Terra da (non) buttare >20 Expo al bivio tra terra e cemento >22 Agricoltura Blu: una mano agli Ogm >24

Il rendering di una parte dei padiglioni previsti per Expo 2015. Il 28 ottobre sono iniziati i lavori del cantiere. Sono 63 finora le adesioni arrivate da Paesi che parteciperanno all’esposizione internazionale.

Milano 2015

Le vie sostenibili dell’Expo Che tipo di Expo sarà? Cemento ed economia dei consumi o idee per un futuro sostenibile? Sono molti i gruppi al lavoro per evitare che si trasformi in un vuoto consumo di territorio | 14 | valori |

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| dossier | Expo sostenibile |

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Adesso o mai più

LIBRI

erre di piante da tutto il mondo baciate dal sole della green economy o supermercato dell’agricoltura mordi e fuggi in

scaffali fatti di cemento e speculazione: questo è il dilemma. A tre anni dall’inaugurazione dell’Expo 2015, Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita, ora tocca decidere davvero che Esposizione internazionale sarà. Mentre le crisi alimentari si succedono nel mondo e le distorsioni finanziare sui prezzi del cibo (materie prime come cereali, riso, soia, ecc.) superano ogni livello di guardia; a pochi mesi dall’inizio della discussione sulla nuova Pac (Politica agricola comunitaria, vedi Valori di novembre 2011), in vigore dal 2014. La patata bollente, col suo carico pregresso di scelte solo abbozzate, è in mano alla Giunta del neosindaco Giuliano Pisapia: vedremo se di patata biologica si tratterà.

Milano città aperta

Non mancano stimoli, idee e persone capaci di ripensare in modo sostenibile i contenuti e le forme dell’Expo 2015 di Milano. Ma poco tempo e vecchie logiche economiche remano contro un’occasione rara per cambiare prospettiva | 16 | valori |

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Manco a dirlo il titolo dell’Expo, Feeding the Planet. Energy for Life, stimola idee di proficua sinergia nel professor Giorgio Ferraresi, fino a poco tempo fa membro autorevole del Diap, Dipartimento architettura e pianificazione del Politecnico di Milano come coordinatore del Lpe (Laboratorio di progettazione ecologica). Il suo gruppo di lavoro è “sul pezzo” da anni: studia e sostiene i Gruppi di acquisto solidale (Gas), le filiere “corte” e i mercati agricoli, tiene monitorata l’attività del Parco agricolo Sud Milano e il diffondersi dell’agricoltura biologica. Ferraresi oggi partecipa al “Tavolo di attori su Sovranità alimentare, Parco sud e Rapporto città-territorio”, che avanza progetti per va-

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SI CHIAMA PROGETTO EMI – Energia Materia Informazione – e vuole dare concretezza a soluzioni e modelli di sviluppo sostenibile ed eco-compatibile all’interno di un alveo filosofico e culturale che promuove la bellezza come elemento fondante. Ispiratore concettuale il filosofo dell’etica ambientale Luciano Valle, coordinatore strategico Walter Ganapini, pilastro dei movimenti ecologisti italiani. Le proposte, dopo un collaudo da svolgersi presso il Pst – Parco scientifico tecnologico e delle telecomunicazioni – di Rivalta Scrivia, saranno presentate a Expo 2015.

POPOLI IN RETE

di Corrado Fontana

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SOSTENIBILITÀ AL COLLAUDO

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lorizzare il rapporto tra città e campagna. Ma l’Expo potrà rilanciare uno sviluppo strutturale di tali pratiche socio-economiche? «È esattamente ciò che c’interessa. Non è solo questione di sovranità alimentare – spiega il professor Ferraresi – ma anche di sovranità territoriale, dell’apertura della città al suo contesto, dell’individuazione di una neoeconomia agricola d’avanguardia che sposti le altre economie, chiedendo l’entrata in campo di politiche pubbliche». Sintesi di molti spunti elaborati anche da Ferraresi è Milano aperta al territorio e nutrita dal suo Parco agricolo, un documento fitto di proposte per la pubblica amministrazione: tra le tante una riorganizzazione di Milano Ristorazione (la società partecipata che rifornisce le mense, ndr), che vada oltre l’aumento quantitativo di prodotti da agricoltura biologica e ripensi domanda e offerta in termini strutturali, di lungo periodo; oppure si chiede che, qualora nella revisione del Piano di governo del territorio milanese passasse, come pare, l’idea di trasferire una riserva di volumetrie immobiliari a indici agricoli, tale norma sia riempita con progetti che puntino su modalità eque dello scambio tra città e campagna, e soprattutto coinvolgendo tutti gli attori in campo (agricoltori, Gas, associazioni, consumatori, enti locali).

L’Expo che ci cambia Si tratta di sovvertire i paradigmi per instaurare un nuovo rapporto tra città e campagna basato su valori che non siano quelli immobiliari, dove il sito di Expo è tutta la

NON SOLO UN’EXPO 2015 fatto di campi coltivati, consumo di suolo e modelli di sviluppo agricolo più o meno sostenibile, ma anche un’Expo dei popoli. È il nome di un progetto partito da lontano, dall’idea di “Expo giusta” nata a Fa’ la cosa giusta! 2009, e promosso inizialmente da 21 organizzazioni (sono già 80) operanti sul tema della sovranità alimentare e del diritto al cibo, in relazione al fatto che il 2015 è l’anno stabilito dalle Nazioni Unite per il perseguimento degli Obiettivi del Millennio (MDG, Millennium Development Goals) in merito alle grandi emergenze globali. Expo dei popoli ha l’ambizione, dichiarano i partecipanti italiani, di mettere in piedi un coordinamento della società civile simile a quello del Forum di Firenze del 2002 per realizzare un forum tematico sul cibo da tenersi nei giorni dell'Expo, con un'assemblea mondiale. Carattere distintivo di Expo dei popoli è l'approccio, dal basso verso l'alto, con l’ipotesi operativa di dare vita a una associazione di secondo livello finalizzata all'evento del 2015, superando quindi lo step del semplice coordinamento. Obiettivo ultimo è fornire visioni e ricette alternative, perché, sottolinea Giosuè Di Salvo di Mani Tese, «Quello che è in gioco è la democrazia del cibo, messa a rischio dalla concentrazione di potere sulla produzione agroalimentare sia nelle mani di poche multinazionali, sia quelle del mercato di sementi, pesticidi, fertilizzanti che quelle della trasformazione e della distribuzione di derrate alimentari». città in rapporto col suo grande parco agricolo e le cascine diventano privilegiati «scambiatori di questo nuovo valore territoriale», di merci e modi di vita, produzione e consumo dentro la città: questa è la proposta di Ferraresi per un’Expo che, in gran misura, deve ancora essere scritto. Lo sanno bene anche all’ExpoLab dell’università Cattolica di Milano, laboratorio di idee nato con l’obiettivo di stimolare il dibattito multidsciplinare, accademico, istituzionale e professionale sui temi dell’esposizione internazionale. Alla guida del laboratorio c’è il professor Pier Sandro Cocconcelli, microbiologo della facoltà di Agraria piacentina, che manifesta «il proposito di ripensare una città fertile di idee e di produzione alimentare, anche in un ottica di solidarietà e cooperazione internazionale. È evidente a tutti come le modalità della cooperazione odierna nei settori che riguardano Expo, cioè alimentazione e ambiente, mostrino meccanismi con alcuni problemi e vadano ripensate in modo innovativo. Occorre, a mio parere, riprogrammare le filiere di produzione degli

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LA GOVERNANCE DI EXPO GIULIANO PISAPIA, sindaco di Milano, e Roberto Formigoni, Presidente della regione Lombardia, sono rispettivamente commissario straordinario e generale dell'evento Expo 2015, con carica operativa sino al 31 dicembre 2016 e compiti stabiliti da un decreto di agosto 2011. Avranno compiti diversi: Pisapia si occuperà di far rispettare la tabella di marcia a infrastrutture e cantieri; Formigoni sarà rappresentante del governo nei confronti del Bie e dei Paesi stranieri e, soprattutto, avrà «potere di indirizzo e controllo generale sui contenuti e i temi» di Expo, il che ne fa il vero riferimento politico per gli eventi.

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Nella foto a sinistra in basso, il rendering di una vista notturna dell’area Expo.

alimenti». Cocconcelli cita il caso dei germogli di soia contaminati da escherichia coli quest’estate in Germania: 40 morti e quasi 4 mila persone infettate. Con l’Europa che blocca le importazioni dall’Egitto e mette in crisi le piccole aziende della valle del Nilo che vivevano esclusivamente della produzione biologica per l’Europa, determinando una crisi commerciale tra due Stati.

Cocconcelli – oggi non c’è più un grammo di eccedenza alimentare, perché Paesi come Cina e India migliorano, fortunatamente, le proprie condizioni di vita, mangiano carne due volte a settimana. E, per produrre un chilo di carne di pollo, ce ne vogliono sette di cereali». Il problema delle scorte alimentari piomberà quindi su Expo, acuito sia dalle produzioni cerealicole occidentali e degli Stati Uniti in parte destinate a generare bioenergia sia dal 40% circa di alimenti prodotti che finisce marcito o deperito, buttato via o riciclato. Secondo il direttore di Expolab c’è perciò «bisogno di innovazioni scientifico-tecnologiche nella filiera agroalimentare, per produrre di più e con minor impatto ambientale», oltre a un’attenzione a modelli di produzione mirati, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Ma se l’esportazione dei modelli americano ed europeo ha spesso determinato conseguenze drammatiche e se la Pac – dopo l’Ocse – guarda più di ieri alle piccole aziende agricole, chissà se Expo 2015 vorrà esaltare davvero il sistema delle cascine lombarde, modello poco digeribile alle multinazionali.

Problem solving Sostenibilità delle filiere e modelli di sviluppo che, all’interno di Feeding the Planet. Energy for Life, opporranno problemi e soluzioni. Basti pensare che «in Europa – prosegue il professor LINK UTILI www.diap.polimi.it, DiAP Politecnico di Milano progetti.unicatt.it/UCSCexpoLab, ExpoLab Università Cattolica www.salviamoilpaesaggio.it/blog, Campagna nazionale “Salviamo il Paesaggio. Difendiamo i Territori” www.stopalconsumoditerritorio.it, Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio.

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L’USO DEL SUOLO NELLE ZONE DELL’EXPO 6 PREGNANA M.SE

28,7% 685 - 508 (-177)

56,2% 430 - 329 (-101)

2 POGLIANO M.SE

70,9% 97 - 67 (-30)

7 GARBAGNATE M.SE 12 NOVATE M.SE

48,6% 320 - 295 (-25)

56,1% 147 - 140

3 NERVIANO

67,8% 102 - 88 (-14)

8 BOLLATE

41,0% 474 - 438 (-36)

13 BARANZATE

46,3% 218 - 188 (-30)

4 LAINATE

68,9% 65 - 78 (+13)

9 CORNAREDO

62,2% 234 - 191 (-43)

14 RHO

44,2% 342 - 302 (-40)

5 ARESE

60,0% 233 - 178 (-55)

10 SETTIMO M.SE

69,3% 124 - 103 (-21)

15 PERO

41,1% 379 - 328 (-51)

76,8% 161 - 109 (-52)

16 MILANO 3

Una biciclettata nelle zone dell’Expo, organizzata all’interno del progetto Let (Landscape Expo tour).

Due progetti con anima diversa, ma un solo oggetto di cura, le cascine lombarde. E il medesimo sponsor, Expo 2015. Tra sostenibilità del patrimonio (pubblico e privato), il recupero di attività rurali e l’investimento immobiliare. di Corrado Fontana CHI MAI AVREBBE SPERATO dieci anni fa, prima dell’assegnazione dell’Expo a Milano, una valorizzazione simile del comparto agricolo cittadino e del suo patrimonio rurale, dislocato fuori e dentro la città? E invece tutto si muove in questa direzione, anche grazie a due progetti diversi e indipendenti, ma con vari punti in comune. Il primo, nato nel 2009, fa capo al Comitato Cascine Milano per Expo 2015, che raccoglie il sostegno di gruppi della società civile ed è promosso da realtà come Politecnico di Milano, Centro studi Pim, Consorzio Sir, Coldiretti, Slow Food e Vita, nonché dall’uomo Expo per eccellenza – già allora – e oggi assessore del Comune di Milano, Stefano Boeri. Lo scopo è prendersi cura del patrimonio comunale di cascine e terreni agricoli (59 cascine in vario stato e con diverse attività e funzioni, vedi TABELLA ), con un occhio particolare a quelle (18) abbandonate e in rovina o a quelle (17) sottoutilizzate e con spazi degradati. Al comi-

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tato il compito di progettare la loro riqualificazione da proporre alle istituzioni, con l’obiettivo primario – laddove possibile – di valorizzarle come luogo di produzione agricola, di trasformazione dei prodotti e socialità, luogo di mestieri e cura del territorio; altrimenti, ispirandosi magari al modello di Cascina Cuccagna, inserendo nuove funzioni ma mantenendo il legame con la vocazione agricola. Al comitato il compito di progettare la loro riqualificazione da proporre alle istituzioni, con l’obiettivo primario di valorizzarle quali luoghi di produzione agricola, di trasformazione degli alimenti, di socialità, antichi mestieri e cura del territorio; oppure, ispirandosi a modelli come quello di Cascina Cuccagna, adatti a strutture ormai senza terLINK UTILI www.cascinemilano2015.org, Cascine Milano www.100cascine.it, 100 cascine www.cuccagna.org, Cascina Cuccagna.

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reno perché “affogate” tra le case, inserendo nelle fattorie nuove funzioni, pur mantenendo il legame con la vocazione agricola. Pietro Lembi, presidente del Comitato Cascine Milano per Expo 2015, auspica che «ognuno metta a servizio del progetto la propria specificità per comporre un disegno complessivo con la regia comunale, che declini per Milano i temi di un’agricoltura attenta al territorio e in relazione diretta coi cittadini, grazie a una rivitalizzazione del sistema delle acque e delle cascine, mettendo in rete i diversi soggetti che parteciperanno».

100 cascine per Milano Il secondo progetto si chiama 100 Cascine, nasce a maggio 2011 e il consiglio direttivo è guidato da Franco Iseppi, presidente del Touring Club Italiano. Il suo comitato fondatore è formato da 90 imprenditori e proprietari di immobili della campagna lombarda (che si stima comprenda ben 90 mila cascine di cui 60 mila sono aziende agricole e forniscono il 2% del Pil regionale gestendo il 75% del terri-

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68,1% 47 - 43 (-4)

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Milano Recuperare gli spazi aperti

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Politecnico e Fondazione Cariplo: il verde da salvare.

CASCINE COMUNALI DI MILANO

11 CORMANO

Sono cascine di proprietà comunale. Sono diffuse a raggiera su tutto ii territorio milanese.

Sono sede di aziende agricole.

di Elisabetta Tramonto

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ILLE ETTARI, 1.400 CAMPI DA CALCIO. È la superficie verde che negli ultimi otto anni è stata “mangiata” nella zona che ospiterà l’Expo nel 2015, a ovest di Milano. Una colata di cemento che, in vista dell’evento, rischia di espandersi. È l’allarme lanciato dalla Fondazione Cariplo e dal dipartimento di Architettura e pianificazione del Politecnico di Milano. Insieme hanno condotto uno studio sul consumo di suolo nell’area dell’Expo da cui è nata una mostra – dal 23 settembre al 9 ottobre scorsi alla Triennale di Milano – e una pubblicazione dal titolo: “Spazi aperti. Un paesaggio per Expo”. L’esposizione internazionale si terrà in un’area che abbraccia 16 comuni a nord-ovest di Milano, già urbanizzati in media per il 60%, dove, secondo lo studio – avviato nel 2008 e intitolato “Effetti ambientali relativi agli usi e alle coperture del suolo”, che nella seconda parte si è concentrato proprio sull’area dove sorgerà l’Expo – esistono ancora 11.600 ettari di verde. Sono prati, boschi e campi coltivati, “spazi aperti” che rischiano di scomparire in nome del granI dieci circuiti del Landscape Expo de evento. «Non si può dire con tour nelle zone dell’esposizionre. certezza quanto suolo sarà consumato in funzione dell’Expo – sottolinea Paolo Pileri, docente di Ingegneria del territorio del Politecnico di Milano e coordinatore dello studio – perché non ci sono ancora piani precisi. La preoccupazione, però, è che ogni comune cerchi di fare i propri interessi, a discapito del territorio. Attorno ai grandi eventi si sprigionano grandi appetiti o grandi occasioni per correggere rotte che non hanno più senso, se non quello di ipotecare quote di futuro». «A rischio c’è una grande quota di suolo, una risorsa preziosa e spesso trascurata, che rischia di venire divorata da parcheggi, strutture ricettive, capannoni che potrebbero nascere per l’esposizione internazionale», aggiunge Elena Jachia, direttore dell’area Ambiente della Fondazine Cariplo. «Proponiamo invece agli amministratori locali – aggiunge – l’idea di un’Expo diffusa che valorizzi gli spazi aperti rimasti».

M

Sono sede di uffici e servizi pubblici comunali.

11 12 16

Coefficiente di copertura urbanizzata 2007 Disponibilità di spazi aperti pro capite 1999 (mq/ab) Disponibilità spazi aperti pro capite 2007 (mq/ab)

torio). Obiettivo: «Salvaguardare il patrimonio agricolo, economico e architettonico», cioè attuare una ristrutturazione degli immobili (assai costosa e meno conveniente di un’eventuale abbattimento e nuova costruzione) per dar loro nuova vita, non necessariamente agricola, seppure compatibile o in connessione con le attività rurali circostanti. Ovviamente la speranza è di avere un aiuto pubblico (oggi quantificato in circa 300 milioni di euro): o da Expo Spa, che appoggia il progetto ma vuole in cambio servizi e funzioni, e potrebbe interessarsi a una sorta di “Fuorisalone dell’agricoltura” che sposi l’idea di “Expo diffusa” caldeggiata da molte realtà; oppure dall’Europa, che promuove la riqualificazione paesaggistica. In ogni caso le cascine private (la più antica è del 1390 ma molte risalgono a 3-4 secoli fa) accoglierebbero in sé nuove funzioni: strutture ricettive d’eccellenza, residenze temporanee, spazi espositivi, centri di formazione, laboratori, location per eventi e uffici temporanei, musei tematici, residenze per studenti, fattorie didattiche, parchi gioco e percorsi neo-rurali... Vedremo se Expo 2015 smentirà i critici che attribuiscono a questi progetti la funzione di “foglia di fico” per un evento troppo poco “sostenibile”.

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2

Ospitano ristoranti gestiti da privati.

4

Sono aflittate come residenza.

10

Sono sede di strutture di accoglienza, cura e integrazione socia e gestite da soggetti del terzo settore.

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Sono utilizzate da istituzioni pubbliche o da associazioni di cittadini per attività culturali, didattiche e di intrattenimento aperte al pubblico.

18

Sono abbandonate, in rovina o in notevole stato di degrado.

4

Sono oggetto di progetti di recupero reddenziale.

17

Sono sottoutilizzate e hanno alcuni e hanno alcuni spazi degradati.

6

Sono utilizzate senza titolo come residenza.

FONTE: LE CASCINE DI MILANO VERSO E OLTRE EXPO 2015

Cascine da esposizione

1 VANZAGO

Let, anelli di territorio da salvare In quest’ottica è nato il progetto Let: Landscape Expo tour, finanziato dalla Fondazione Cariplo e realizzato da Aim (Associazione interessi

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metropolitani) e da Land Milano. Da un lato, una mappatura dei progetti esistenti per la valorizzazione del territorio intorno al sito di Expo 2015. Dall’altro, delle proposte operative per ridare valore e fruizione a questi spazi aperti. Il lavoro ha condotto alla definizione di 10 circuiti che coinvolgono 26 comuni. Ogni Let è un itinerario turistico nel territorio, per scoprire le sue bellezze naturali inesplorate. Ognu-

no è sviluppato attorno a un tema (i circuiti “delle ville”, “dei tre fiumi”, “dei mulini”, “dell’oasi”, “dei fontanili”, “della biodiversità”, “dell’alimentazione”, “dell’agricoltura”, “della storia” e “dell’acqua”), legato alle eccellenze ambientali o storico-paesaggistiche di quel territorio. «Abbiamo cercato una soluzione che non aggiungesse infrastrutture, ma che sfruttasse le risorse esistenti sul territorio, valoriz-

zandole», racconta Luisa Toeschi di Aim. «I Let sono degli anelli, che iniziano a finiscono nello stesso punto, per renderli più fruibili dai visitatori dell’Expo, dai turisti e dagli stessi milanesi. Sono circuiti percorribili a piedi o in bicicletta, per far conoscere le peculiarità del territorio agricolo milanese. Attraversano paesi, cascine, santuari, cave, fontanili. Risorse dimenticate, ma preziose».

erano 3500 kmq. Visto che il dato del ’54 comprende un periodo di ben 2000 anni, la proporzionalità appare spaventosa.

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Come cambiare la logica per cui si costruisce per far guadagnare i costruttori e non la comunità? Soprattutto negli ultimi anni (vedremo nel dopo-crisi) costruire ha significato collocare in forma solida delle rendite. Nei territori liberi si costruisce più facilmente, piuttosto che riqualificare l’esistente accollandosi degli oneri aggiuntivi (bonifica, ristrutturazione, ecc). Per questo la speculazione immobiliare punta le aree di campagna, dove basta l’acquisto di un terreno, che si trova sempre il modo di rendere edificabile grazie a varianti urbanistiche o attraverso il praticatissimo Sportello unico per le attività produttive: uno strumento che, a fronte dell’interesse di un privato realizzatore, mette attorno al tavolo le parti coinvolte e ha valore di autorizzazione edilizia. Occorre rendere più costoso costruire su terreni agricoli: e ciò chiede la nostra proposta di legge.

INDICATORE STATISTICO DI SPRAWL URBANO [1999-2007] <0 0-1 >1 Sprawl urbano: l’edificazione di nuove aree urbanizzate su terre libere. Questo fenomeno porta all’erosione di terreni agricoli, impermeabilizzazione dei suoli, congestione del traffico legato all’uso dell’automobile, ecc..

Alcune immagini di cascine coinvolte nel progetto “100 cascine per Milano”.

Terra da (non) buttare

Il consumo di suolo: emergenza nazionale e soprattutto lombarda. Convitato di pietra a un Expo che parlerà di terra per coltivare cibo, sano e per tutti.

Recupero e riqualificazione evitano nuova cementificazione: come incentivarli? Ci sono tanti modi per incentivare la ristrutturazione o sostituzione edilizia, che sia per preservare una cascina o per riqualificare un quartiere che non sta in piedi. Il problema è che questo genere di interventi non produce lo stesso margine economico della costruzione ex novo. Inoltre lavorare in città è più difficile: ci vogliono i permessi, vanno messi d’accordo gli abitanti, vanno fatte le bonifiche sulle aree industriali. Bisognerebbe incentivare questi interventi attraverso agevolazioni, riduzione degli oneri. Mentre il contributo del 55% sulle ristrutturazioni è costantemente in discussione. L’altra via è disincentivare l’intervento sul nuovo: attraverso una fiscalità appropriata che riconosca il suolo “bene comune” e il dovuto risarcimento per il danno alla comunità derivante dal consumo di terra. E, siccome si sta parlando di margini di profitto del 40-60%, il disincentivo deve essere forte.

di Corrado Fontana Milano il tasso medio provinciale, vado a e nei dimemoria, è del 40%, ma a nord siamo più scorsi di circostanza si vicini al 60% e a sud al 20%. A sud la situadirà che bisogna salzione è più preoccupante perché c’è più suovare la campagna. In realtà si stabilirà una pressione urbanistica in parte legittima (per lo e se ne consuma di più e più velocemente; a sud lì ci sono le aree del Parco agricolo, le necessità di Expo), in parte per la pura aspettativa di rendita immobiliare». Non si Damiano Di Simine, fa molte illusioni sul buonsenso della politipresidente di Legambiente ca Damiano Di Simine, presidente di LeLombardia, gambiente Lombardia, che ha proposto una da sempre legge d’iniziativa popolare in Regione per impegnato nelle campagne fermare l’erosione della terra libera. Del recontro il consumo sto il quadro è allarmante: «C’è una dimendi territorio. sione viaria metropolitana che ha dei tassi urbanistici davvero alla saturazione. Con una media del 53% di consumo di suolo che – con buona approssimazione – vale per tutta la fascia pedemontana, da Milano a nord alle Prealpi Il consumo di suolo non è dovuto lecchesi. Se nelle province di tanto a Expo, ma ai progetti Varese e Lecco il dato è attucollaterali: tangenziali, tito dalle zone montane, a Pedemontana, Malpensa

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ELLE PARATE

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sotto pressione urbanistica dai Comuni che hanno esaurito le zone vicine e vorranno estendersi su di esso». Casi eclatanti? Ad esempio il Cerba (Centro europeo di ricerca biomedica avanzata, promosso dal professor Veronesi e il cui studio di fattibilità è a firma dello studio di Stefano Boeri, ndr): 60 ettari di piano urbanistico realizzati nel Parco agricolo Sud. Ma il vero vettore del consumo di suolo più che Expo saranno i progetti collaterali: le tangenziali esterne, l’autostrada Pedemontana Lombarda (in costruzione, collegherà le province di Varese e Bergamo, ndr), o l’aeroporto di Malpensa, la cui terza pista (che di per sé consuma suolo) ha di contorno una lottizzazione industriale da 300 ettari. La BreBeMi (autostrada in costruzione tra Brescia e Milano, ndr), poi, non si fa perché serve (c’è n’è già una a quattro corsie), ma perché intorno si faranno centri commerciali. I suoi 50

km di asfalto correranno in parallelo coi binari dell'alta velocità e tutti i campi coltivati in mezzo diventeranno inutilizzabili, perché le aziende agricole saranno spezzettate e i terreni non più raggiungibili dal trattore.

gnificato. Inoltre è già stata valicata in molti comuni della provincia di Milano (Bresso 95%; Sesto San Giovanni 94%) e un’altra decina tra Milano, Monza e Bergamo ha superato l'80%. Nel 1954 in Lombardia c’erano circa mille kmq di suolo consumati. Al 2009

Quanto pesa il consumo di suolo sulla regione? Esiste una soglia di non ritorno? Il tasso ufficiale del 14% si ottiene considerando tutto il territorio, compresi laghi e fiumi, che non sono sfruttabili economicamente. Ma la Lombardia, di fatto, ha già perso circa il 25% di suolo agricolo, un quarto del suo potenziale coltivabile, come nessun'altra regione. Tanto più che, mentre un danno ambientale sull’acqua è reversibile, quello sul suolo no. Certo alcuni dicono, sulla base di una serie di parametri, che il punto di non ritorno è il 50% La Lombardia ha già perso della superficie comunale, ma un quarto dei suoi terreni agricoli, a me sembra una stima altiscome nessun’altra regione. sima di cui non capisco il siUn danno irreversibile

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Un’altra vista dei padiglioni che ospiteranno Expo 2015

Expo al bivio tra verde e cemento

NUMERI EXPO-NENZIALI

TERRENI CHE VALGONO ORO

IN TEMPI DI CRISI e pesantissime manovre finanziarie, i numeri di Expo 2015 sono a dir poco altisonanti. D’altronde si tratta di un evento che, secondo i promotori, dovrebbe attirare 20 milioni di visitatori, un terzo dei quali straniero. I conti si fanno alla fine, ovviamente. Per ora si può tentare un confronto con le due edizioni più vicine nel tempo: Shanghai, che nel 2010 ha richiamato addirittura 73 milioni di persone, e due anni prima Saragozza, che al contrario ha deluso le aspettative registrando poco più di 5 milioni e mezzo di presenze. E pochissimi stranieri (solo il 4,49%). L’Expo di Saragozza era “solo” internazionale e non universale: ma non si può negare che sia una realtà molto più vicina rispetto all’area metropolitana di Shanghai, di dimensioni incomparabili a quelle di Milano (18 milioni di abitanti contro i tre milioni abbondanti della provincia lombarda). E non è in gioco soltanto una questione d’immagine. Stando allo studio elaborato per Expo 2015 Spa dal CERTeT (Centro di economia regionale, dei trasporti e del turismo) dell’università Bocconi, dall’indotto turistico dipende il 16,5% del tanto atteso effetto traino sull’economia. Biglietti, merchandising e sponsorizzazioni, inoltre, costituiscono pressoché l’unica fonte diretta di entrate per Expo. Che, per ora, è un gigante in perdita. Lo si legge a chiare lettere nel bilancio: fino al 2015 il segno “meno” è inevitabile. A finanziare gli investimenti ci pensano gli enti locali ed Expo 2015 Spa, costituita dal ministero dell’Economia e delle Finanze col 40% del capitale sociale, dal Comune di Milano e dalla Regione Lombardia, col 20% ciascuna, da Provincia e Camera di Commercio, col 10% a testa. Mentre questo numero va in stampa è appena stato approvato il disegno di legge stabilità che concede (ma per il solo 2012) una parziale deroga a Comune e Provincia per l’indebitamento connesso all’evento. Deroga che si rende necessaria per sostenere le cifre in ballo nel progetto. Lo studio dell'università Bocconi parla di circa 1,7 miliardi di euro di investimenti infrastrutturali diretti per le opere funzionali all’esposizione. A novembre il Cda ha votato per una sforbiciata da circa 300 milioni, annunciata dall’amministratore delegato Giuseppe Sala come una scelta di austerity. Poco meno di 12 miliardi sono destinati alle “opere connesse”: due nuove linee della metropolitana e nuovi collegamenti ferroviari, stradali e autostradali, inclusi progetti controversi e ormai di lunga data come la Pedemontana Lombarda. Bisogna poi tener conto dei costi di gestione e manutenzione delle infrastrutture, stimati in circa 1,5 miliardi Valentina Neri per il quinquennio 2016-2020.

SONO TRASCORSI 1.307 giorni (tre anni e mezzo) fra il giorno dell’assegnazione dell’Expo alla città di Milano e l’inizio dei lavori per la messa in sicurezza del cantiere. Nel mezzo una lunga serie di trattative, complicate soprattutto dal fatto che l’area scelta per l’esposizione (1,1 milioni di metri quadrati compresi fra Milano e Rho) fosse di proprietà di privati. Parte dei terreni è stata venduta dalla società Belgioiosa Srl, della famiglia Cabassi, per 49,6 milioni di euro (compresa Cascina Triulza, valutata circa 7 milioni). Il resto era della Fondazione Fiera Milano, che ha veduto 404 mila metri quadrati per 66,4 milioni di euro. Gli altri 158 mila mq sono stati convertiti in quote: Fondazione Fiera ora detiene il 27,7% del capitale sociale di Arexpo Spa, la società deputata alla gestione delle aree (gli altri proprietari sono Comune e Regione con il 34,6% a testa, Provincia di Milano col 2% e Comune di Rho con l’1%). E proprio Fondazione Fiera faceva parte del comitato promotore della candidatura di Milano, che, una volta vinta, ha letteralmente moltiplicato il valore delle aree: dai 10-15 euro a metro quadro previsti per la destinazione agricola fino ai 164 euro a metro quadro a seguito dell’interessamento all’area per l'Expo. Una differenza che pesa, soprattutto in tempi di crisi e di tagli V.N. alla spesa pubblica.

Dalla Ruhr a Torino, le opere di riqualificazione delle aree industriali possono portare a risultati sorprendenti. Nel rispetto dell’ambiente e contribuendo a rilanciare l’economia. di Valentina Neri

A

POCO PIÙ DI TRE ANNI dalla gior-

dimensioni identiche e disposti per aree bioclimatiche, in cui i Paesi avrebbero esposto i propri processi di produzione agricola. Un progetto definito da subito “visionario”, ma leggero, in linea con la natura prettamente agricola dell’esposizione. Ma l’imperfetto è d’obbligo perché, passo dopo passo, ci si sta allontanando dal progetto iniziale.

nata inaugurale di Expo 2015, i punti di domanda sono ancora molti. A cominciare dal progetto dell’area espositiva: vale a dire la veste con cui Milano si presenterà come centro globale sul tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Il masterplan, presentato al teatro StrehDagli orti ai padiglioni ler di Milano e consegnato al Bie di Parigi nel Ora si parla di un Expo high tech fatto di mumese di aprile 2010, è stato ideato da un team ri interattivi, tablet arrotolati e tascabili, bidi architetti e ingegneri coordinati da Stefaglietti “intelligenti” che comunicano con i no Boeri, Ricky Burdett e Jacques Herzog. sensori collocati nella fiera, realtà aumentaPrevedeva un paesaggio unico, circondato da ta. Per il resto si sa quello che non c’è più. un canale d’acqua e strutturato intorno a due Abbandonata la Via di terra, che creava un assi perpendicolari: il cardo su cui collocare il Made in Addio all’Orto planetario voluto da Italy e la World Avenue lunStefano Boeri ci si dirige verso ga 1,5 km. Su quest’ultima si un’idea di fiera più tradizionale. sarebbero affacciati i lotti, di Ma di certo non c’è ancora nulla

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percorso lungo venti chilometri a partire dal centro della città. Nettamente ridimensionata la Via d’acqua, pianificata allo scopo di riqualificare il reticolo idrico regionale. E, fattore cruciale, ai Paesi non sarà più imposto di riservare una parte dei loro spazi al verde. In sintesi, più che l’orto planetario, fortemente voluto dall’assessore della Giunta di Giuliano Pisapia, Stefano Boeri, spunteranno i padiglioni che avvicineranno il tutto a una struttura fieristica più tradizionale. Sul come questi cambiamenti si possano tradurre in impatto ambientale, ancora nulla di ufficiale. Solo dichiarazioni, smentite e prese di posizione che riempiono da mesi le pagine dei quotidiani locali.

L’ombra del cemento Quale che sia la configurazione degli spazi, il 23 novembre 2015 Expo finirà. Su ciò

che ne seguirà il professor Sergio Brenna, ordinario di Urbanistica alla facoltà di Architettura civile del Politecnico di Milano, ha pochi dubbi: «Quell'area è assolutamente inadatta a essere usata per scopi residenziali, tant’è vero che tutti i piani regolatori storicamente l’hanno confermata come area agricola». Ma l’accordo di programma siglato lo scorso luglio prevede un indice di edificabilità di 0,52: il che significa che il 56% dell’area (450 mila metri quadrati) sarà adibito a parco, mentre altri 400 mila metri quadrati saranno edificabili. Il neoeletto sindaco, Giuliano Pisapia, ha ammesso che non si tratta della migliore delle ipotesi possibili, ma si è arreso a quella che lui stesso ha definito come “mancanza di alternative”: «Non potevamo rischiare di perdere l’Expo». A chi paventava la minaccia di una colata di cemento a tutto vantaggio dei privati, ha assicurato che

tale indice rappresenta soltanto un valore ma mantenere il resto a uso pubblico. Il massimo e che le scelte urbanistiche riche significa lasciare quote rilevanti di vermarranno in capo al Comune di Milano. Il de e, sul resto, riutilizzare le strutture delprofessor Brenna è più scettico: «Per i prola fiera per costruire il grande centro direprietari delle aree è stata l’opezionale della Milano del razione del secolo». Al di là delfuturo. È l’unico modo per evila valorizzazione dei terreni tare che le potenzialità di Expo vengano esaurite nel giro di sei (vedi BOX ), «tutti i vantaggi, tanmesi, lasciando poi campo lito di stampo economico quanbero agli speculatori. Milano to di egemonia sociale, andrandeve proporsi con un ruolo di no in mano ai privati che si guida nel campo dell’innovaaggiudicheranno la fornitura zione. Ora si punta sull’agroadi servizi per chi andrà ad abiSergio Brenna, limentare: mi auguro che postare in quella zona». insegna Urbanistica. sa funzionare. Ma, se anche così non fosse, dovrà ritagliarsi un settore Spazio alla Milano distintivo: la sperimentazione nel campo delle eccellenze delle rinnovabili, la ricerca scientifica, ecc. Ma il professor Brenna ha una proposta: Milano trovi un ruolo d’eccellenza e uti«Con un indice di edificabilità di 0,12lizzi il traino e gli spazi di Expo per collo0,13 si potrebbe fare una piccola edificacare le strutture conseguenti». zione a uso residenziale sul 10% dell’area,

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OGM DIETRO LE QUINTE RIPERCORRENDO LE TAPPE che hanno portato alla definizione di Expo 2015, sembra che l’obiettivo di “sfamare il Pianeta” passi necessariamente dallo slogan “più Ogm per tutti”. La vicinanza dell’amministrazione Moratti al settore bio-tech è chiara già nel 2008, quando il Comune di Milano concede il patrocinio all’assemblea annuale di Assobiotec, associazione che fa capo a Federchimica. Nel novembre del 2009 la luna di miele continua e Letizia Moratti riceve l’Assobiotec Award dalle mani dell’allora presidente Roberto Gradnik (fratello di Paolo, presidente del gruppo Consiliare eletto nella lista Moratti). Passando alla costellazione di associazioni che si muovono intorno all’esposizione, spicca la partecipazione di Confindustria con un “gruppo di lavoro Nutrizione del progetto speciale Expo 2015”. Coordinatore è Silvio Ferrari, presidente di Cargill Italia, che di fame e cibo se ne intende: è, infatti, uno dei colossi mondiali nel settore dei mangimi per animali e, ovviamente, fa largo uso di Ogm. Ma i segnali più netti della tendenza pro Ogm dell’Expo arrivano dalle scelte operate nella composi-zione del Comitato scientifico, smantellato nell’ottobre scorso. La prima versione del comitato prevedeva, per esempio, la presenza di Gian Tommaso Scarascia Mugnozza, uno dei “padri” del fronte pro-Ogm, deceduto lo scorso 28 febbraio all’età di 85 anni. Nel nutrito gruppo di esperti compariva anche Luigi Rossi, Direttore dell’unità Biotecnologie dell’Enea e specialista del settore delle alterazioni genetiche in campo alimentare. Anche l’ultima lista del Comitato scientifico, comparsa e poi nascosta sul sito internet di Expo 2015, conferma la tendenza. Tra i membri c’era Francesco Salamini, chairman del Comitato Scientifico del Parco Tecnologico Padano e strenuo difensore della causa Ogm. In ambito internazionale spicca invece la presenza del pluri-premiato Monty Jones, scienziato originario della Sierra Leone e acceso sostenitore del biotech, al punto di essere entrato a far parte del panel di giudici del programma Beachell-Borlaug International Scholars Program di Monsanto. Un’impresa in cui la multinazionale ha investito 10 milioni di dollari. Oggi l’ipotesi di un Comitato scientifico è tramontata in favore del progetto “Carta Milano”, un tavolo permanente affidato alle cure di Umberto Veronesi. Proprio la personalità di Veronesi certifica la centralità del tema Ogm nell’Expo prossimo venturo. L’oncologo, infatti, non ha mai fatto mistero riguardo le sue opinioni – favorevoli – in tema di organismi geneticamente modificati. Marco Schiaffino

Scorci di verde nei progetti dell’Expo. Sono alcuni dei rendering presentati dalla società Expo2015, ma di sicuro non c’è ancora nulla.

Agricoltura Blu Una mano agli Ogm Agro-business al tavolo Expo. Dietro il termine agricoltura conservatva gli interessi dei colossi della chimica. di Marco Schiaffino EL MARE MAGNUM delle iniziative “legate” a Expo si trova di tutto. L’esposizione universale attira associazioni di categoria e aziende che puntano a sfruttare l’evento per promuovere la loro attività. Tra i più ansiosi di “nutrire il Pianeta” ci sono le case agro-tec-

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nologiche. Un esempio: la campagna “100 Km blu per l’Expo 2015”, partita nel 2009 e sostenuta da Aigacos (Associazione italiana per la gestione agronomica e conservativa del suolo). Tema della campagna è la diffusione della “Agricoltura Blu”. Obiettivo: convertire alla causa, entro la data dell’Expo (2015), il 50% dei produttori in un raggio di 100 km da Milano. Ma di cosa si tratta?

«GLI OGM? UN FALLIMENTO». MA LA FAO INSISTE A QUANTO PARE, PER L’ITALIA gli organismi geneticamente modificati sono stati un fallimento totale per l’agricoltura. Non hanno aumentato la produzione, né sono riusciti a diminuire l’utilizzo di sostanze chimiche che inquinano la terra. A lanciare il nuovo atto d’accusa nei confronti degli Ogm è un rapporto, intitolato The Gmo emperor has no clothes (L’imperatore Ogm è nudo), presentato dall’attivista indiana Vandana Shiva. Il documento cita dati, analisi e statistiche provenienti da tutto il mondo, concludendo che “sono falliti i tentativi di coltivare con le biotecnologie quasi tutti i prodotti alimentari” utilizzati da popolazioni contadine nei Paesi in via di sviluppo, come la manioca, la patata e altri tuberi. La maggior parte delle coltivazioni Ogm, infatti, sfama solo gli animali o serve per alimentare le auto (attraverso i biocarburanti). La natura, inoltre, ha reagito all’opera umana. Il rapporto illustra il caso del glifosate, erbicida molto usato negli Usa e associato al mais Ogm della Monsanto: «La diffusione crescente di infestanti resistenti al glifosate è quintuplicata». Eppure le colture transgeniche continuano ad essere incentivate da numerosi governi e non sono invise neppure ai vertici della Fao. Solo nel giugno scorso il direttore generale dell’agenzia Onu Josè Graziano da Silva aveva dichiarato che «le biotecnologie sono un cammino importante e non vanno ostacolate a priori». Il loro unico problema è che sono controllate da multinazionali «che non hanno un pedigree tale da conquistarsi la fiducia del mondo». Andrea Barolini

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Luci e ombre (nascoste) Agricoltura blu è il marchio italiano per indicare una tecnica di coltivazione “senza lavorazione” già proposta in diverse sedi, tra cui il controverso summit Fao del 2009 a Roma, con la definizione di “agricoltura conservativa”. I mirabolanti vantaggi di questa tecnica sono illustrati sul sito web di Aigacos (www.aigacos.it): non richiede aratura del terreno e che, secondo i suoi sostenitori, consentirebbe di ridurre le emissioni di anidride carbonica, contenere l’erosione del suolo e risparmiare mano d’opera. La lavorazione del terreno verrebbe sostituita dalla rotazione con coltivazioni “di copertura” che dovrebbero garantire una migliore qualità e conservazione del suolo. E gli svantaggi? Il sito di Aigacos non ne parla. Per conoscerli bisogna fare riferimento al “Progetto per l’Agricoltura sostenibile e la conservazione del suolo” (Soco) della Commissione Europea, in cui gli esperti di Bruxelles sottolineano le controindicazioni nell’adozione dell’agricoltura conservativa: come il periodo di 5-7 anni necessario per il raggiungimento di un equilibrio produttivo, durante il quale la resa dei campi calerebbe. E come il fatto che “può essere ne-

cessario ricorrere a una maggiore quantità di sostanze chimiche per controllare le erbe infestanti e i parassiti”. Una delle funzioni dell’aratura, infatti, è quella di prevenire la crescita di piante infestanti. In assenza di lavorazione è necessario intervenire con prodotti chimici che eliminino le erbacce.

I giganti della chimica Non stupisce, quindi, che tra i fan dell’Agricoltura blu (e soci sostenitori di Aigacos) si trovino i giganti dell’agro-chimica, tra cui Basf, Bayer e Syngenta. Oltre ovviamente all’immancabile Monsanto, che dal mercato dei disinfestanti ottiene circa il 10% dei suoi ricavi grazie a RoundUp, l’erbicida a base di glifosato più venduto al mondo. Il sito italiano di Monsanto propone un’intera sezione dedicata all’Agricoltura blu, suggerendo l’uso di RoundUp per “controllare” le piante infestanti. E qui cominciano le rogne. Lo scorso luglio, infatti, una commissione scientifica indipendente ha denunciato il fatto che il glifosato alla base di RoundUp sarebbe cancerogeno e provocherebbe malformazioni congenite. Un bel biglietto da visita per l’“agricoltura sostenibile”. Prova a

dissipare i timori Roberto Bartolini, direttore della rivista Terra e Vita del gruppo Sole 24 Ore e partner di Aigacos nella campagna “Agricoltura Blu in campo”. Secondo Bartolini «l’uso del glifosato è una necessità per effettuare la semina a sodo e la lavorazione minima, ma l’erbicida viene usato in una fase della coltivazione lontana dalla raccolta. Il rischio di residui nei prodotti, quindi, è escluso». Di parere opposto Fabrizio Fabbri, della Fondazione Diritti Genetici: «Il vero problema nell’uso del glifosato è l’accumulo delle sostanze chimiche nel terreno, favorite proprio dalla lavorazione minima e del conseguente aumento della porosità del terreno». Una controindicazione confermata dal professor Marcello Buiatti dell’università di Firenze, secondo il quale «il glifosato, oltre a essere pericoloso per l’uomo, ha effetti molto negativi sulla micro-flora del terreno».

nica, non sia una specie comune, bensì un Ogm “RoundUp Ready”, ovvero una varietà geneticamente modificata (a marchio Monsanto) per resistere ai diserbanti a base di glifosato e consentire un notevole aumento di produzione legato al fatto di poter eliminare gli infestanti “in corso d’opera”. Negli Usa la coltivazione intensiva basata sull’uso massiccio di diserbanti tossici e sementi Ogm ha spazzato via le specie non Ogm. A confermarlo sono i dati della United Soybean Board, secondo cui le colture geneticamente modificate occuperebbero il 92% della superficie destinata alla coltivazione di soia negli Usa. Una situazione simile interessa Argentina, Brasile, Bolivia, Uruguay e Paraguay, così come la Cina e altri Paesi asiatici e africani. Ma la soia non è l’unica coltivazione a cui si può applicare tale tecnologia: le specie resistenti a RoundUp presenti nel catalogo Monsanto comprendono anche cotone, barbabietole, canola (una varietà di colza) ed erba medica. Tutte coltivazioni per cui l’Europa non ammette Ogm. Ma evidentemente qualcuno scommette sul fatto che in futuro le cose possano cambiare.

Dagli erbicidi agli Ogm Per capire i veri interessi in gioco basta allargare gli orizzonti agli Stati Uniti, uno dei Paesi in cui il no-till farming ha il maggiore successo, soprattutto nella coltivazione della soia. Peccato che, coltivata con questa tec-

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Ambiente

Zero natalità

O la macchina o il bambino

I colpi bassi del fronte anti-Kyoto. E l’Ue tace

di Paola Baiocchi

dall’ombelico dell’Europa Roberto Ferrigno

il settemiliardesimo abitante del mondo – preceduto da articoli allarmati che avvertivano che servirà aumentare la produzione alimentare del 70% (?!) nei prossimi cinquanta anni – la società dei consumi ci propone la sua soluzione anticoncezionale. Non stiamo parlando dei più conosciuti sistemi per il controllo delle nascite, come l’alfabetizzazione di massa nei Paesi non industrializzati oppure campagne di informazione sessuale. Non si tratta di un nuovo ritrovato, magari alternativo, per chi non vuole assumere ormoni, usare caucciù, tenere complicati conti, misurare la temperatura e nemmeno astenersi. Niente di tutto questo: il nuovo inibitore delle nascite è il possesso di un’automobile. Che bimbi e donne con desiderio di maternità o anche con una spinta relazionale siano una minaccia al soddisfacimento del proprio edonismo è il messaggio trasversale a una serie di spot, ma è il tema conduttore della campagna Renault. C’è, per esempio, lo spot in cui al termine di una serata conviviale un giovane si offre di accompagnare a casa una giovane donna con generoso decolleté; abita lontano ma per lui non è un problema e si percepisce un’atmosfera piacevole durante il tragitto. Ma che la donna non si faccia illusioni: di fronte a un’offerta palese lui non ha intenzione di salire, per affrontare chissà quali imprevedibili situazioni. Voleva solo guidare, anzi provare “il piacere di guidare all’ennesima potenza”. In un altro spot c’è il momento dell’uscita dalla scuola: macchine schierate nel parcheggio e un’insolita presenza di babbi. Qualcuno è un po’ stempiato, ognuno è davanti alla sua auto parcheggiata. Per ultimo arriva un giovane con l’aria meno convenzionale e piuttosto piacione. Ogni babbo abbraccia il figlio che gli salta in collo, il giovane piacione invece non è lì per un bimbo ma per l’affascinante maestra con gambe mozzafiato. La conclusione? “Dalla vita aspettati di più”. C’è poi un ultimo spot in cui si dimostra che non è più attuale, in questa parte del mondo, un quesito al quale la ricerca scientifica ha, nei decenni passati, cercato di dare risposta: vengono concepiti più bambini sui sedili anteriori o su quelli posteriori delle auto? C’è una giovane coppia che visita una casa con l’agente immobiliare: la ragazza entra nella stanza con i decori bebé alle pareti, in cui si sentono ancora il suono del carillon e i versetti di un neonato, e dice al ragazzo: «Sai cosa potremmo fare in questa cameretta?». Lui comincia a sudare freddo, mentre sulla fronte gli si vedono correre immagini preoccupate di pappe e pannolini. Ma lei non tradisce le sue aspettative: «Buttare giù tutto e fare un’enorme cabina armadio». Lui si rasserena, non è ancora arrivato il momento delle responsabilità, anzi “tutto il resto può aspettare”. Per un’automobile? Grazie, preferisco i mezzi pubblici dove si può parlare con il vicino o leggergli il giornale da sopra la spalla. Anche in formato elettronico.

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OPO LA NASCITA DI BABY SEVEN,

LLA VIGILIA del prossimo round di negoziati internazionali del trattato Onu, che dovrebbe rimpiazzare l’ormai defunto Protocollo di Kyoto, la notizia più interessante è la pubblicazione da parte di un sito web russo di oltre 39 mila pagine di e-mail “interne” degli esperti climatici dell’università dell’Est Anglia. I messaggi raccontano dei dubbi e delle incertezze che da sempre accompagnano la ricerca scientifica. Ma non importa, gli “scettici” gridano già alla frode scientifica. Questo furto è la ripetizione di quello accaduto due anni fa alla vigilia della conferenza di Copenaghen, un espediente che anche allora venne utilizzato, con successo, per minare la fiducia nelle ragioni scientifiche alla base delle preoccupazioni sul cambiamento climatico. Appare quantomeno strano che le autorità inglesi, cosi zelanti nel controllare e schedare i propri cittadini, ancora una volta non sappiano che pesci prendere per cercare di individuare gli autori del reato. I Democratici americani hanno addirittura chiesto l’intervento delle agenzie di sicurezza nazionali, viste le evidenti difficoltà inglesi nel risolvere entrambi i furti. Le cose non vanno meglio a livello politico. La Commissione europea ha abbandonato qualsiasi ambizione di leadership mondiale nella lotta al climate change. L’argomento è scomparso dall’agenda dopo il “no” polacco ad andare oltre l’obiettivo del 20% di riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2020. Il disimpegno europeo ha provocato la disgregazione di quel fronte comune faticosamente raggiunto a Kyoto nel ‘97. L’attuale agonia in cui versa l’euro probabilmente fermerà anche l’ultimo ambizioso obiettivo per la salvaguardia del clima: l’inclusione delle linee aeree non europee nell’attuale sistema comunitario di scambio di emissioni. Russia, Cina, Usa e India hanno fatto fronte comune per silurare il progetto. Un’alleanza che, di questi tempi, sembra essere troppo forte da contrastare.

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finanzaetica

Tassi da usura grazie alla legge. E le banche festeggiano >32 Cina, il controesodo delle aziende americane >34 Unep, alla ricerca dello spread ambientale >36

| speculazioni |

La storica sede di Unicredit a Milano, in piazza Cordusio, su cui si affacciano diverse altre banche.

Mutui

Le banche giocano con gli spread Per parare i colpi del mercato impazzito le banche si rifanno sui clienti. Chi ha chiesto un mutuo si ritrova il giorno del rogito con tassi molto più alti. Impedirlo è praticamente impossibile.

di Elisabetta Tramonto 2011: una coppia si reca in banca, a Milano, per chiedere un mutuo per acquistare la prima casa. Da una prima occhiata pare che il finanziamento possa esser concesso. Lo spread indicato dall’impiegato allo sportello è dell’1,8% (a tasso variabile), che, sommato all’Euribor, dà un tasso di interesse del 3,3%. Poi i controlli di rito: la consegna dell’ultima busta paga e del 730, le verifiche da parte della banca sullo stato debitorio del cliente. Tutto ok, dopo una settimana la pre-delibera. La coppia firma, accettando l’offerta. Poi tutti in ferie. A metà settembre arriva la delibera (cioè l’ok definitivo da parte della banca): riporta tutte le condizioni del mutuo – la durata, il tipo di tasso, lo spread concordato – invariate rispetto agli accordi iniziali. Ma intanto scoppia il finimondo: la maggior parte delle banche aumentano, di molto, gli spread applicati ai mutui. Sui fogli informativi si passa dall’1,3-2% di prima dell’estate a percentuali del 2,5-3 anche 4% in alcuni casi, in due ondate di rincari a settembre e a ottobre. «Per fortuna abbiamo chiesto il mutuo prima di questo caos», commenta l’ignara coppia. Illusi. Una settimana prima della firma del rogito, a metà ottobre, arri-

AUGUSTO CASASOLI / CONTRASTO

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UGLIO

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Carta bianca

MUTUI NEL 2011 UN TRACOLLO

ASSICURAZIONI IMMOBILIARI FANNO GOLA ALLE BANCHE

+2%

SETT.

-23%

-33%

Migliaia di “vittime” Questa storia è ambientata negli uffici di Unicredit e non è un caso isolato. «A settembre ci è capitato molte volte – racconta un dipendente della banca di piazza Cordusio – e ancora a ottobre. Abbiamo dovuto comunicare a numerosi clienti, a cui avevamo già approvato un mutuo, che avremmo alzato lo spread, anche a pochi giorni dal rogito o il giorno stesso». Un comportamento che non riguarda solo Unicredit, ma che è stato messo in pratica da un gran numero di istituti di credito, la maggior parte secondo la nostra inchiesta. «Non è una situazione usuale», spiega Roberto Anedda, vicepresidente di Mutuionline. «Fino a pochi anni fa, o forse mesi, le offerte di mutuo sottoscritte dalle banche, e quindi anche lo spread, restavano valide almeno 2 o 3, spesso per 6 mesi. Dalla scor-

GLOSSARIO SPREAD (SUI MUTUI): è una percentuale che, sommata al tasso di riferimento (di solito l’Euribor, per i mutui a tasso variabile, e l’Eurirs, per i mutui a tasso fisso), forma il tasso di interesse di un mutuo. È il vero guadagno della banca. Resta invariato per tutta la durata del finanziamento. Per i mutui a tasso variabile, infatti, lo spread resta fisso, varia il tasso di riferimento (Euribor). SURROGA: il trasferimento del mutuo da una banca a un’altra che offre condizioni migliori. Il decreto Bersani, del 2007, ha semplificato oneri e procedure per la surroga, che è gratuita per il cliente. Insieme al mutuo si trasferisce anche l’ipoteca sull’immobile.

sa estate la situazione del mercato finanziario è cambiata radicalmente e per le banche è diventato difficile approvvigionarsi di denaro. Di fronte a queste difficoltà molte hanno scelto di aumentare, talvolta raddoppiare, gli spread sui mutui. Anche a chi era nel mezzo di una trattativa, o addirittura vicino al rogito». Non tutti gli istituti, però, hanno seguito questo copione. «Si sono mossi in ordine sparso. Alcune hanno

(QUASI) VADEMECUM PER SALVARSI DAGLI SPREAD IMPAZZITI AVREMMO VOLUTO dare ai lettori di Valori alcuni consigli per non ritrovarsi al rogito con uno spread più alto di quanto pattuito con la banca. Ma, purtroppo, abbiamo scoperto che per i mutui «non esiste una tutela del consumatore al 100%», ci ha rivelato Sandro Potecchi di Federconsumatori. Ma ecco alcuni accorgimenti per ridurre i rischi: «Al momento della delibera – consiglia Potecchi – chiedere alla banca una lettera di affidamento, che indichi lo spread concordato. Sono obbligate a consegnarla». Il tempo è una variabile chiave: «Bisogna verificare quanto a lungo la banca terrà lo spread invariato». Fermo restando che di solito in fondo alla delibera compare la clausola: “la banca si riserva di modificare le condizioni del mutuo (e quindi lo spread, ndr) fino alla data del rogito, in base alle condizioni di mercato”. «L’ideale – aggiunge l’avvocato Angelo Riva dell’Adusbef – sarebbe indurre la banca a sottoscrivere una sorta di preliminare di mutuo al momento della delibera, in cui si impegna a mantenere lo spread invariato fino al rogito o per un certo periodo». «L’ideale – conclude Riva – è rogitare appena si ha la delibera, perché più tempo passa prima del rogito, più si rischia che lo spread venga modificato». E in ogni caso, dopo aver stipulato il mutuo, si può sempre trasferirlo E.T. a un’altra banca con la surroga. Se si trova un’offerta più vantaggiosa.

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FONTE: ELABORAZIONE VALORI SU DATI EURISC (SISTEMA INFORMAZIONI CREDITIZIE DEL CRIF)

-18% AGOSTO

-17%

LUGLIO

-14%

-14% MAGGIO

APRILE

-10%

GIUGNO

MARZO

FEBBRAIO

-6%

-3%

GENNAIO

va la sorpresa. La banca comunica che le condizioni del mutuo sono cambiate: lo spread è passato dall’1,8% al 3%, il tasso di interesse, quindi, dal 3,3% è balzato al 4,5%. In soldoni per la coppia milanese significa quasi 200 euro in più di rata mensile. Potrebbero cercare un’offerta più conveniente con un’altra banca, ma purtroppo non c’è tempo. In una settimana è impossibile ottenere un mutuo. E, se non rispettano la data del rogito, rischiano di perdere la caparra versata per l’acquisto della casa. Sono in trappola. Non resta che firmare e cercare, in un secondo momento, di ottenere una surroga a condizioni migliori con un’altra banca.

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mantenuto gli spread promessi. Altre no», spiega Anedda. Dalla nostra indagine emerge che, per esempio, le banche di credito cooperativo non hanno tradito la fiducia dei clienti (vedi BOX a pag. 32). È difficile dire quanti siano stati coinvolti da questi aumenti “in corsa” dei tassi di interesse sui mutui. «Faccio una misurazione a spanne», azzarda Roberto Anedda. «Potenzialmente potrebbe essere stato coinvolto nella febbre di rincaro mutui chi ne abbia fatto richiesta da maggio a settembre, almeno 100 mila persone. Ritengo che una buona parte di questi richiedenti abbiano subito l’aumento degli spread, anche se non so dire di che entità, né con quale preavviso rispetto al rogito. In base alla mia esperienza personale, comunque, posso dire che si tratta di qualche decina di migliaia di persone». Naturalmente non è un dato ufficiale: le banche non hanno nessuna intenzione di comunicare quanti siano i clienti colpiti. Che ci siano stati aumenti in corsa, invece, lo ammettono. Dall’ufficio stampa di Unicredit (i responsabili del settore mutui erano troppo impegnati per risponderci) ammettono: «Da agosto il costo del funding è aumentato ra-

Ma le banche possono modificare gli spread anche dopo averFORSE BISOGNEREBBE INSEGNARE ALLE BANCHE la differenza tra le parole “obbligatorio” li scritti su una proposta come “facoltativo”. Quando si stipula un mutuo, infatti, viene richiesto di sottoscrivere un’assicurazione, merciale (la pre-delibera o la obbligatoria, che copre i danni alla casa in caso di scoppio e incendio. Ma esiste un’altra polizza delibera)? La risposta purtroppo legata ai mutui, facoltativa appunto (detta Cpi, Credit protection insurance), che copre i casi gravi di impossibilità a ripagare il prestito: la perdita del posto di lavoro, l’invalidità permanente e la morte. è sì, possono. «Perché il mutuo Una garanzia che può essere considerata molto utile in un momento in cui i licenziamenti sono è un contratto che diventa tutt’altro che impossibili. Ma è un’opzione costosa: può appesantire la rata mensile del mutuo anche “operativo” solo nel momento di un 10%. E, in ogni caso, essendo facoltativa, sarebbe buona cosa poter decidere se sottoscriverla in cui lo si firma, cosa che di soo no e con quale compagnia. Spesso non è così. «Molte banche propongono polizze assicurative, non lito avviene al momento del roobbligatorie, con modalità che di fatto le rendono obbligatorie», spiega Roberto Anedda, vicepresidente di Mutuionline. Che aggiunge: «Spesso se il cliente si rifiuta di sottoscriverle, non concedono più gito. Fino a quel giorno le banil mutuo. Oppure, senza polizza, lo spread viene aumentato». Ma perché gli istituti di credito hanno tanto che possono modificare le interesse a far stipulare una polizza sul mutuo? Per tutelarsi contro il rischio che il cliente non paghi condizioni», spiega Angelo Rile rate? Non esattamente, perché l’assicurazione copre solo eventi gravi. Nel caso in cui una famiglia va, avvocato dell’Adusbef. In abbia problemi ad arrivare a fine mese e a pagare la rata, non viene in alcun modo tutelata. Così, spesso, queste assicurazioni si rivelano solo un costo aggiuntivo per il cliente e un introito più le banche si tutelano con considerevole per la banca. Perché sono proprio gli istituti di credito a venderle, come intermediari una postilla in fondo alla delidelle compagnie assicurative. Anche se non è affatto obbligatorio sottoscriverle con la banca che eroga bera dove dichiarano che: “quail mutuo. «Spesso il cliente non viene messo in condizione di poter scegliere compagnia assicurativa, lora intervengano variazioni seppure sia un suo diritto», spiega Roberto Anedda. Leggendo il foglio illustrativo, si scopre che, del premio assicurativo, la banca trattiene fino al 30%. Un bel business per le polizze legate ai mutui, nell’andamento del mercato che negli ultimi tre anni è cresciuto fino a 2,5 miliardi l’anno, per l’80% in mano alle banche. E, secondo monetario e creditizio, la banca le rilevazioni dell’Isvap (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private) il livello medio delle commissioni si riserva il diritto di modificare, applicate dagli istituti di credito raggiunge il 44% (con punte dell’80%), il doppio rispetto agli agenti prima dell’atto notarile, le conassicurativi. Per questp l’Isvap ha proposto un regolamento (potrebbe entrare in vigore a breve), che, sottolinea una nota dell’istituto, “prevede il divieto per le banche di assumere contemporaneamente dizioni economiche previste”. il ruolo di erogatrici dei mutui, distributrici e beneficiarie delle polizze ad esse connesse, nel presupposto Purtroppo anche dalle associache gli istituti di credito si trovino in una situazione oggettiva di conflitto d’interesse”. E.T. zioni dei consumatori non arrivano buone notizie: «Legalmente non possiamo fare nulla, sul fronte fezionamento del relativo contratto e pidamente e, per rimanere nei costi, abmutui c’è un vuoto legislativo, di cui le non quelle in essere al momento della biamo aumentato gli spread sui mutui, anbanche si approfittano», spiega Fabio Picdelibera del mutuo. Considerato che, che per le pratiche aperte». ciolini di Adiconsum. «Stiamo cercando dalla delibera di concessione del finanaccordi con l’Abi o con le singole banche». ziamento al momento della stipula delTempi ridotti all’osso «Sono atteggiamenti delinquenziali perl’atto notarile può intercorrere un certo Molte banche hanno celato l’aumento demessi solo in Italia», commenta Elio Lalasso temporale, è possibile che vi siano gli spread dietro una contrazione dei temnutti dell’Adusbef. Sembra dargli ragione degli scostamenti dei tassi. In momenti pi: cioè hanno ridotto, a un mese al masun responsabile mutui di una banca audi forte turbolenza dei mercati finanziari simo, l’intervallo durante il quale tenere striaca che dichiara a Valori: «Il comportal’entità di questi scostamenti può essere fermi i tassi. Una formula adottata da molmento delle banche italiane è veramente anche di notevole entità e potrebbe rite banche è “i tassi sono validi entro il mestrano e secondo me poco serio. Da noi se sultare di difficile comprensione per il se in corso”. Cioè se la delibera arriva il 20 una banca fa al cliente una proposta per cliente. È fondamentale che le tematiche dicembre, lo spread proposto è valido fino un finanziamento, tiene fisso lo spread firelative al pricing siano illustrate con a fine mese. Lo fanno Unicredit, Intesa, no alla conclusione del contratto». estrema trasparenza”. Bnl, Barclays e molte altre. Un modo per Legge a parte a questo punto è soprattutAlzare lo spread è anche un modo per poter cambiare spesso lo spread. Consideto una questione di “etica” o, se non altro, chiudere i rubinetti. «Molte banche – spierando che il tempo medio per ottenere un di reputazione e fiducia. «In termini di crega Roberto Anedda – hanno deciso di sfimutuo, dalla richiesta alla delibera, è di cirdibilità, stiamo pagando un prezzo alto», ha larsi dal mercato dei mutui perché non reca un mese, il cliente ha quasi la certezza dichiarato un sindacalista di Unicredit. munerativo». Risultato: le richieste e le che il tasso che gli verrà applicato sarà di«L’aumento dello spread è giustificato», amconcessioni di mutui stanno precipitando. verso da quello previsto all’inizio. mette Alberto Banfi, docente di Scienze Secondo i dati del Crif a ottobre hanno reIntesa San Paolo sembra essere consabancarie all’università Cattolica. «Ma un ingistrato un calo del 33% rispetto al 2010. pevole delle difficoltà che potrebbe gecremento dopo che le condizioni sono stanerare per i clienti. In una cirte decise, non è tollerabile se non per pochi colare interna avverte i propri C’è un vuoto legislativo: decimi di punto. Non dell’1 o del 2%. Sodipendenti: “Le condizioni le banche possono aumentare prattutto se si tratta dell’acquisto della prieconomiche dei mutui sono gli spread. Le associazioni ma casa, un bene primario». quelle vigenti nel mese di perdei consumatori sono impotenti

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BCC: UN MOMENTO DIFFICILE, MA LA PAROLA DATA VIENE PRIMA «PER UNA REALTA COME LA NOSTRA se perdi la faccia sul territorio è finita». Risponde così Nicola Spinetti, responsabile Bcc per la Fiba Toscana. Stiamo parlando delle banche di credito cooperativo, di fronte alla possibilità di aumentare lo spread sui mutui a clienti con cui avevano già stabilito un certo tasso di interesse. Prima di rispondere alle domande di Valori, Spinetti si è preso una mattinata di tempo per interpellare direttamente i colleghi delle Bcc toscane, una trentina in tutto. Alla fine la risposta è stata un secco “no”: «Una volta concesso un mutuo e fissato lo spread nella delibera, lo manteniamo fermo fino al rogito, di solito per tre mesi». Naturalmente, sul piano teorico e legale, anche le banche di credito cooperativo potrebbero variare lo spread tra il giorno della delibera e quello del rogito, ma nel mondo degli istituti cooperativi questa variazione tende a non avvenire. «A meno che – spiega Francesco Petitto, responsabile commerciale della Banca di Credito Cooperativo

di Roma – tra delibera e stipula non passino più di tre-quattro mesi per cause imputabili al cliente, noi manteniamo lo spread del giorno della delibera. Una scelta determinata dalla forte vocazione verso il territorio e verso i nostri clienti. Una conseguenza del principio di mutualità che anima le nostre banche. E fino a un anno fa potevano passare anche sei mesi tra delibera e stipula del mutuo e avremmo mantenuto fermo lo spread senza problemi». Oggi le cose sono cambiate. «L’aumento del costo della raccolta interbancaria e le politiche aggressive di molti istituti, che offrono tassi elevati (per la raccolta, ndr) pur di accaparrarsi correntisti, produce costi aggiuntivi che vanno compensati in qualche modo», ammette Petitto. Conferma anche Nicola Spinetti: «L’ultimo orientamento è stato quello di concedere meno mutui possibili o, nel caso, orientarli su altre banche». Difficoltà per tutti quindi, ma almeno in questo E.T. e Em.Is. contesto la parola viene mantenuta.

Tassi da usura grazie alla legge E le banche festeggiano Banca Etica non ha aumentato gli spread: una scelta controcorrente. Marco Di Giacomo: «Siamo nati per “fare la banca”, cioè raccogliere denaro per poi prestarlo. Non importa se investire in titoli di Stato è più remunerativo». di Elisabetta Tramonto possono applicare tassi di interesse sui mutui che fino a pochi mesi fa erano considerati da usura». Esordisce così Marco Di Giacomo, direttore della filiale di Milano di Banca Etica. «I tassi potrebbero anche toccare il 10%, per mutui a tasso fisso, e l’8%, per quelli a tasso variabile. La legge lo permetterebbe, perché, grazie ai cambia-

O

GGI LE BANCHE

menti introdotti nel “decreto sviluppo”, resterebbero sotto i tassi di usura». È proprio così: lo scorso maggio, un po’ in sordina, con il decreto n.70 è stata approvata una norma che ha modificato radicalmente il metodo di calcolo del tasso di usura. Ed è stato proprio “grazie” a questa nuova legge se, tra settembre e ottobre, le banche hanno potuto aumentare, di molto e repentinamente, gli spread sui mutui (cioè la loro percentuale di guadagno), che negli ultimi mesi sono più

USURA È... IL TASSO DI USURA viene aggiornato ogni tre mesi, per adeguarsi alle condizioni di mercato, ed è diverso a seconda degli strumenti di finanziamento (scoperto in conto corrente, anticipo di fattura, leasing, carte revolving, mutui, ecc.). Dal primo luglio scorso, quando è entrato in vigore il nuovo metodo di calcolo, il cambiamento è stato radicale. Dall’oggi al domani il tasso di usura è passato, per i mutui a tasso fisso, dal 7,02% al 10,44%, e, per i mutui a tasso variabile, dal 4,85% al 7,99%. Fino al 30 giugno (legge 108 del 7 maggio 1996) il tasso di usura era calcolato come il tasso medio applicato dagli intermediari finanziari per quel determinato finanziamento, aumentato della metà. Per esempio: l’ultimo tasso medio rilevato per i mutui a tasso variabile è del 3,30% (riferito al periodo 1 aprile-30 giugno). Con il vecchio metodo di calcolo, il tasso di usura sarebbe pari al 4,95%. Il nuovo metodo di calcolo del tasso di usura prevede invece che al tasso di interesse medio di mercato si aggiunga un quarto del suo valore, più altri 4 punti percentuali. Oggi si arriva quindi all’8,12%. Lo stesso vale per i mutui a tasso fisso: il tasso medio di riferimento è del 5,12%, il tasso di usura sarebbe del 7,68% con il vecchio metodo; con il nuovo è pari al 10,4%.

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che raddoppiati: per esempio tra marzo e novembre quelli su un mutuo ventennale a tasso fisso, secondo i dati di Mutuionline, in media sono passati dall’1,24% al 2,57%. Ma, leggendo i fogli informativi di molte banche, si trovano spread che toccano il 3,5-4%, che si traducono in tassi di interesse che superano il 6%. Una cifra che lo scorso giugno, prima dell’introduzione del nuovo metodo di calcolo, sarebbe stata considerata usura. Negli ultimi 2-3 mesi c’è stata un’impennata negli spread applicati dalle banche ai tassi di interesse sui mutui. Anche Banca Etica li ha aumentati? No, anche nell’ultimo Consiglio di amministrazione dello scorso ottobre abbiamo deciso di mantenere invariati i tassi di interesse per i mutui prima casa. Perché la casa è un bene primario e perché la famiglia è una fascia di clientela da aiutare. Applichiamo uno spread dell’1,10% per mutui a tasso variabile a 10 anni e dell’1,50% a 30 anni. Considerando che l’Euribor è circa al’1,5%, oggi da noi un mutuo a tasso variabile “costa” tra il 2,6% e il 3%. Le banche imputano l’impennata degli spread all’aumento del costo del

LIBOR/EURIBOR: SI INDAGA SUI SOSPETTI DI CARTELLO LI HANNO GIA SOPRANNOMINATI “i furbetti del mutuo”, ma la definizione rischia di essere riduttiva. Perché se mai le accuse fossero confermate, la manipolazione effettiva varcherebbe ampiamente i confini dei prestiti immobiliari. È l’ipotesi peggiore emersa intorno al sospetto cartello dell’interbancario, l’ipotetica truffa messa in piedi dalle banche in merito alla determinazione dei principali tassi di riferimento del mercato mondiale: l’Euribor e il Libor. L’Euribor è un indice di riferimento frutto delle media dei tassi che le 44 principali banche del Vecchio Continente applicano ogni volta che si prestano denaro tra di loro. Il suo valore è calcolato dalle autorità continentali in base ai dati forniti periodicamente dalle stesse banche. Dati che, sospettano ora gli inquirenti della Commissione antitrust europea, potrebbero essere stati falsificati per manipolare l’indice di riferimento stesso e ottenere, di conseguenza, un vantaggio sul mercato dei mutui a tasso variabile che all’Euribor sono indicizzati. In pratica, siccome l’interesse complessivo su questo genere di prestiti è calcolato sommando uno spread fissato dalla banca e il tasso di riferimento europeo, è lecito temere che qualora quest’ultimo fosse stato alterato, una buona parte della clientela del vecchio continente possa essersi trovata a pagare un interesse eccessivo. Ma i guai non si esaurirebbero qui. Il controvalore dei prodotti finanziari (titoli derivati in particolare) influenzati dall’Euribor non è noto, ma è certo che l’ordine di grandezza sia quello dei trilioni (mille miliardi). In pratica si avrebbe a che fare con un immenso mercato finanziario alterato alla fonte. Più o meno lo stesso ragionamento condotto dai gestori del fondo speculativo viennese Ftc Capital GmbH, che lo scorso aprile avevano presentato una denuncia presso una corte di New York ipotizzando un simile cartello sul Libor, il tasso di riferimento calcolato a Londra. Non sono mancate indiscrezioni sul nome Matteo Cavallito delle banche coinvolte ma ad oggi non esistono conferme ufficiali.

funding, cioè della raccolta del denaro sul mercato. L’aumento del costo della raccolta è solo una parte del problema. In un momento di mercato in cui c’è crisi di liquidità, le banche, per procurarsi capitali, tendono ad alzare gli interessi sulla raccolta. Alcune banche arrivano a offrire il 4,25%. Quindi, quando prestano denaro, lo fanno pagare a tassi più alti. Ma c’è dell’altro: se i titoli di Stato italiani rendono oltre il 7%, perché le banche dovrebbero prestare denaro ai privati a tassi inferiori? Non conviene, è di gran lunga più remunerativo investire in Btp, piuttosto che concedere mutui. Quindi le banche tendono a non prestare ai privati per investire dove guadagnano di più. Oppure, se concedono prestiti, cercano di applicare spread più alti possibili. Perché Banca Etica non fa altrettanto? Perché seguiamo una logica diversa. Banca Etica nasce per “fare

re la nostra logica. In più non abbiamo problemi di liquidità. L’unico impedimento a concedere finanziamenti è il capitale sociale, troppo basso. E non abbiamo neanche problemi di raccolta: godiamo di una credibilità che ci permette di fissare tassi, diciamo bassi, all’1,5-1,7% per la raccolta. Per poter mantenere bassi anche gli interessi sui mutui. Una delle conseguenze dell’aumento degli spread è la riduzione del numero di mutui concessi. Sta accadendo anche a voi? No, le richieste di mutuo in Banca Etica stanno aumentando. Stanno arrivando ai nostri sportelli anche molti clienti che hanno avuto brutte esperienze con altre banche, per esempio casi di spread aumentati, anche raddoppiati, il giorno stesso del rogito.

Marco Di Giacomo, direttore della filiale di Milano di Banca Etica. Sono 16 le filiali in tutta Italia. L’ultima è stata aperta il 14 novembre a Trieste. www.bancaetica.com

la banca” e cioè raccogliere soldi per prestarli. Quindi la nostra priorità è concedere finanziamenti. La prima casa, poi, è un bene primario. Anche di fronte alla crisi o a investimenti più remunerativi, abbiamo scelto di non cambia-

i titoli di Stato italiani che ‘‘ Con offrono oltre il 7% di interesse, alle banche non conviene concedere mutui alle famiglie ’’ |

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È una pratica che voi attuate? Cioè se aumentaste lo spread sui mutui, come vi comportereste con le pratiche già avviate? Da gentiluomini: alle pratiche aperte garantiamo gli stessi spread almeno per tre mesi dalla delibera. Conquistare e mantenere la fiducia del cliente è per noi la cosa più importante.

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Cina, il controesodo delle aziende americane

TOP 10 MONDIALE DEGLI ESPORTATORI NETTI TOP 10 MONDIALE SALDO POSITIVO PAESE SALDO IN $ USA 1 Cina 305.400 2 Germania 188.400 3 Giappone 166.500 4 Russia 71.130 5 Svizzera 70.360 6 Arabia Saudita 70.100 7 Olanda 60.090 8 Norvegia 53.460 9 Singapore 46.270 10 Kuwait 43.140

Un lavoratore migrante porta il suo carico in una via centrale di Pechino, l’11 luglio di quest’anno.

ENERGIA* -274,92 -202,94 -384,46 528,63 -15,64 371,80 -35,12 185,51 -58,92 98,58

TOP 10 MONDIALE SALDO NEGATIVO PAESE SALDO $ USA 1 Usa -470.200 2 Italia -67.940 3 Spagna -63.650 4 Gran Bretagna -56.190 5 Francia -54.400 6 India -51.780 7 Canada -48.500 8 Turchia -48.420 9 Brasile -47.360 10 Australia -30.400

ENERGIA* -559,01 -141,21 -110,69 -55,08 -134,38 -181,97 -141,46 -70,25 -15,65 172,99

*BILANCIA ENERGIA: ESPORTAZIONI MENO IMPORTAZIONI DI ENERGIA, DATI IN MILIONI DI TONNELLATE.

QUANTO PESA LA BILANCIA COMMERCIALE

Il divario del costo del lavoro tra La bilancia commerciale? Pesa quanto deficit e debito di Emiliano Brancaccio, Il Sole 24 Ore, 19 agosto 2011 www.ilsole24ore.com/art/commenti-eidee/2011-08-19/bilancia-commercialepesa-quanto-063751_PRN.shtml

nel prossimo futuro, produrre all’ombra di Pechino potrebbe non risultare più vantaggioso. di Andrea Barolini ne che il fenomeno si potrebbe trasformare in un vero e proprio controesodo: una soramericane produrre ricambi ta di “rilocalizzazione” dell’economia, che automobilistici o componenti vedrebbe esclusi solamente i prodotti tessielettroniche e informatiche in Cina potrebli e di abbigliamento. be non risultare più così vantaggioso. Il costo del lavoro nella seconda economia del mondo sta, infatti, crescendo costantemenFino a tre milioni di posti te, di pari passo con l’incremento dei salari di lavoro negli Usa concessi agli operai, che aumentano di un Il risultato, da un punto di vista sia econo15-20% all’anno. E il gap, che fino agli anni mico che politico, sarà probabilmente “inscorsi è stato abissale, tra il costo delle pro- tascato” dalla prossima amministrazione di duzioni effettuate nelle floride provincie coWashington: la seconda di Barack Obama o stiere cinesi e quelle sviluppate negli Stati un’eventuale nuova presidenza repubblicaUniti potrebbe scendere a meno del 40% en- na. Secondo il Bcg, infatti, il ritorno in patro il 2015. Un valore che, tenendo conto tria di numerose produzioni attualmente delle spese legate al lungo ed oneroso trapresenti in Cina potrebbe generare tra i due sporto dei beni, insieme agli altri costi aced i tre milioni di posti di lavoro negli Stacessori, renderà probabilmente inutile mantes, compresi quelli derivanti dai vari intenere le produzioni cinesi. dotti (servizi, costruzioni, trasporti, vendite Molte aziende, dunque, potrebbero sceretail). Ciò grazie al fatto che la rinnovata gliere di tornare a casa: uno studio del Boston Consulting Produrre in Cina, entro il 2015, Group (Bcg) – intitolato Made in costerà solo il 40% in meno America, again: why manufacturispetto agli Usa, vanificando ring will return to the US – sostiei benefici della delocalizzazione

E

NTRO POCHI ANNI PER LE AZIENDE

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competitività americana potrebbe fornire alla prima economia del mondo un aumento dell’output pari a 100 miliardi di dollari. Conseguentemente, il deficit commerciale – esclusi i prodotti petroliferi – scenderebbe di una quota compresa tra il 20 ed il 35% (dai 360 miliardi di dollari del 2010 a 260 miliardi entro la fine del decennio in corso). «Avevamo già ipotizzato che una quota sorprendente di lavoro che è stato esportato in Cina negli ultimi anni avrebbe potuto presto tornare indietro e ora siamo in grado di specificare quali industrie lasceranno l’Asia», ha dichiarato Harold L. Sirkin, tra gli autori del rapporto. «Stiamo investendo nell’automazione per tornare a produrre in una fabbrica vicino a Baltimora, dal momento che i costi non saranno più proibitivi», ha confermato al Financial Times l’imprenditore americano di origine cinese Mei Xu, proprietario della Chesapeake Bay Candle, che produce essenze e candele. La dinamica, infatti, è già in atto. Se tra il 2001 e il 2004 le importazioni di prodotti (non solo pro-

venienti da aziende americane delocalizzate) dalla Cina verso gli Stati Unti sono cresciute di circa il 20% all’anno, negli ultimi anni il tasso è calato al 4% (anche perché gli Usa hanno cominciato a comprare da Paesi ancora più low cost). Un calo che, sottolinea ancora il Bcg, non costituirà un problema insormontabile per Pechino, che potrà contare sulla fortissima crescita della domanda interna per mantenere a livelli alti la propria produzione.

Sarà la fine della guerra monetaria? Più evidenti potrebbero risultare le conseguenze di tale grande “riassestamento” internazionale sul fronte valutario. Gli Usa da anni stanno insistendo con il governo di Pechino affinché sia consentita una fluttuazione più libera dello yuan sul mercato dei cambi. Washington ritiene, infatti, artatamente svalutata la moneta cinese, il che concede alle produzioni asiatiche un vantaggio concorrenziale sleale. Ne è nato un lungo braccio di ferro, tuttora irrisolto.

DAVID GRAY / REUTERS

PER APPROFONDIRE

le prime due economie del mondo è in netto calo. E per molte imprese,

OGNI SISTEMA ECONOMICO NAZIONALE soddisfa la domanda interna ed esterna (ovvero proveniente dall’estero) di beni e servizi attraverso le importazioni e le esportazioni. Tali attività identificano flussi di ricchezza in entrata e in uscita che possono generare una differenza negativa, nel caso prevalgano i primi, o positiva, se il valore di ciò che esce è maggiore. Il saldo finale rappresenta la bilancia commerciale, ovvero la principale voce della cosiddetta bilancia dei pagamenti, che comprende anche i finanziamenti e gli aiuti internazionali. La presenza di risorse energetiche, la cui produzione non può essere trasferita, favorisce un saldo positivo (come nel caso della Russia e dei Paesi del Golfo, vedi TABELLA) quando la produzione eccede i consumi interni. In termini generali, un Paese caratterizzato da un saldo positivo (cioè che esporta più, in termini di valore, di quanto importa) esprime un chiaro segnale di solidità economica, mentre una nazione che presenta un deficit nella sua bilancia (dove, cioè, prevalgono le importazioni) si espone a una serie di rischi che possono danneggiare la sua economia nel medio e lungo periodo, a cominciare dal deprezzamento della valuta nazionale (che è causa di inflazione). Come se non bastasse, l’aumento del disavanzo riduce implicitamente la domanda interna di lavoro (visto che aumenta il peso delle merci importate, ovvero dei beni prodotti all’estero) con conseguenze ovvie in termini di disoccupazione. All’incirca quanto accaduto agli Usa nell’ultimo decennio a causa dell’inarrestabile crescita della Cina. Il vantaggio competitivo di quest’ultima, rappresentato da livelli salariali più bassi (ovvero da un ridotto costo del lavoro) ha reso più conveniente il trasferimento delle attività produttive dagli Stati Uniti al gigante asiatico, vale a dire un trasferimento della ricchezza prodotta. La crescita di quest’ultima e la forte domanda di lavoro hanno però spinto al rialzo i salari rendendo meno evidente, oggi, la convenienza originaria. Se l’inversione di tendenza sarà confermata, come si diceva, è lecito attendersi una nuova localizzazione delle attività negli Usa con conseguente crescita dell’occupazione entro i confini statunitensi. Una sorta di riequilibrio, insomma. Il tema della bilancia commerciale è tornato d’attualità anche in Europa nello sviluppo del dibattito sulla crisi debitoria. Interessante, in questo senso, la recente riflessione condotta da Il Sole 24 Ore sul rapporto tra deficit e sostenibilità. L’idea di fondo è che, nella valutazione sulla solidità finanziaria dei Paesi europei, si sia sovrastimato l’influsso del rapporto debito/Pil senza tenere adeguatamente conto del peso della bilancia commerciale. Le nazioni europee, in altre parole, cercherebbero la stabilità attraverso la riduzione del debito pubblico attuando politiche di austerity che tendono a deprimere i consumi alimentando il rischio recessione. Spesso, però, ci si dimentica che a influenzare positivamente i tassi di interesse è proprio il surplus commerciale (come dimostra il caso del Giappone) il quale, a sua volta, ha ricadute Matteo Cavallito positive in termini di occupazione e crescita interna.

L’aumento del costo del lavoro nella nazione orientale potrebbe, in questo senso, contribuire a rasserenare gli animi. Non sarà la fine della “guerra monetaria”, perché il problema resterà vivo soprattutto |

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per alcune produzioni e perché è difficile che gli Usa accantonino una battaglia di principio. Ma certamente la questione scenderà dai primi posti dell’agenda della Casa Bianca.

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CIA WORLD FACTBOOK 2011, WWW.CIA.GOV. DATI IN MLN DI $ USA IEA – INTERNATIONAL ENERGY AGENCY “KEY WORLD ENERGY STATISTICS 2011”, WWW.IEA.ORG, OTTOBRE 2011

| finanzaetica | ri-localizzazioni |


| finanzaetica | rating e ecologia |

| finanzaetica |

Unep, alla ricerca dello spread ambientale Il rischio ecologico non influenza quasi mai i giudizi di rating sugli Stati sovrani. Una carenza, sostengono i ricercatori

ting continueranno a escludere un fattore a dir poco decisivo: il rischio ecologico.

dell’Unep, cui bisognerà rimediare al più presto. Studiando una correlazione che, peraltro, è già stata riscontrata spesso.

Capacità e impronte

di Matteo Cavallito PIL, CRESCITA E DEFICIT. Il tutto ponderato con un po’ di inflazione. Di solito basta e avanza per dare un giudizio su un Paese, per lo meno se la domanda resta quella di sempre: quanto è affidabile per i suoi creditori? Le risposte definitive, si sa, le fornisce il mercato. Quelle preliminari, è altrettanto noto, vengono dalle agenzie di rating. A loro il compito di indirizzare gli investitori, a loro l’one-

D

EBITO,

re di spiegarci, di volta in volta, se siamo Grecia, Germania o, il più delle volte, qualcos’altro a metà strada. Ma siamo sicuri che si tratti di giudizi completi? Può un rating finanziario predire il futuro di medio periodo di una nazione? Secondo i ricercatori dello UN Environment Programme Finance Initiative (Unep Fi) e i loro colleghi di Global Footprint Network, evidentemente no. Almeno, ipotizzano, fino a quando le valutazioni di ra-

Francesca Colombo, analista dell’area ricerca presso Etica Sgr e Davide Dal Maso, partner del centro di ricerca Avanzi. | 36 | valori |

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“Dati gli attuali modelli di consumo e crescita demografica – spiegano i ricercatori Unep – l’utilizzo e la disponibilità delle risorse ecologiche assumeranno un ruolo sempre più decisivo nella salute economica di un Paese e nelle sua capacità di assicurare un’alta qualità della vita ai suoi cittadini e di adempiere ai suoi obblighi nei confronti dei creditori”. L’indagine, annunciata il mese scorso e programmata per il prossimo biennio, ruota attorno a due concetti fondamentali: “biocapacità”, vale a dire la propensione di un ecosistema a produrre risorse e ad assorbire CO2, e “impronta ecologica”, ovvero l’utilizzo delle risorse stesse. Quando la prima prevale sulla seconda si ha un surplus, in caso contrario è corretto parlare di deficit ecologico, la situazione tipica dei Paesi occidentali tra cui l’Italia, per la quale pesa la carenza delle risorse. «Un patrimonio può essere sfruttato a patto che non si superi una certa soglia – spiega Davide Dal Maso, partner del centro di ricerca Avanzi – oltre la quale il sistema non è più in grado di rigenerarsi. Come a dire: si può campare di interessi, ma è importante non intaccare il capitale perché, così facendo, riduciamo la capacità di generare un reddito». Insomma, con la natura possiamo anche indebitarci, ma dobbiamo sempre tenere sotto controllo gli interessi su questo debito. In termini finanziari parleremmo di “patto di stabilità”. Ma come è possibile, in definitiva, che un Paese capace di gestire in modo più sostenibile il proprio ecosistema sia in grado di indebitarsi sul mercato a costi minori? Se lo chiedono da tempo gli operatori delle

Secondo gli analisti delle Nazioni Unite, «la disponibilità di risorse ecologiche assumerà un ruolo centrale nel valutare la salute economica di un Paese»

società di gestione del risparmio (Sgr) focalizzate sugli investimenti “responsabili”. Da anni, ormai, i loro giudizi tengono conto di fattori come lo sviluppo delle energie rinnovabili, il controllo delle emissioni gassose e la tutela ambientale in generale. E i risultati, in termini di performance, sembrano parlare chiaro. «Tendenzialmente i Paesi con minori deficit ambientali hanno migliori sistemi di welfare, migliori punteggi nelle classifiche delle pari opportunità e governi più stabili, tutti fattori che contribuiscono a una buona solidità economica e ad un elevato rating finanziario», spiega Francesca Colombo, analista dell’area ricerca presso Etica Sgr. Non ci sono studi precisi a riguardo, ma la connessione è stata riscontrata spesso.

Ciò che occore fare, però, è scegliere una metodologia che sia in grado di quantificare i benefici economici derivanti dalla ricchezza naturale

Problemi di misura Fin qui la teoria, ma i problemi si manifestano ampiamente al lato pratico. Quando a entrare in gioco è l’effettiva misura della ricchezza naturale. «Sono state sviluppate diverse metodologie di calcolo – spiega ancora Dal Maso – anche molto sofisticate. Il problema, però, è che non è sempre sensato tentare di tradurre il valore di alcune funzioni ecologiche in termini monetari». A volte si tratta di valutare singole aree protette, altre volte il campo si allarga e i proIN RETE Including Ecological Risk in Country’s Credit Ratings www.footprintnetwork.org

blemi seguono di pari passo. Di certo si sa che i tentativi di misurazione hanno abbracciato finora gli aspetti più diversi e con risultati sorprendenti (secondo alcuni ricercatori Unep, la sola attività di impollinazione delle api svizzere, per esempio, varrebbe circa 213 milioni di dollari). Nel 2010, l’India ha annunciato l’intenzione di stilare un “bilancio” economico della sua biodiversità, un progetto che potrebbe trovare seguito anche in Brasile e Giappone. La definizione di parametri di calcolo condivisi, ha ricordato il quotidiano britannico Guardian, spetterebbe alla Banca Mondiale che spera di coinvolgere nel progetto almeno una decina di nazioni. La pubblicazione dei dati sui primi “Pil ambientali” è prevista per il 2015.

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| polveri sottili |

Un Pianeta inquinato

FONTE: ORGANIZZAZIONE MONDIALE PER LA SANITA (OMS) 2003-2010 - ILLUSTRAZIONE: DAVIDE VIGANÒ

| i numeri della terra |

FINLANDIA

19 ESTONIA

SVEZIA

11

25

LETTONIA

39

NORVEGIA

22

LITUANIA

21 POLONIA

33 SVIZZERA

ISLANDA

22

24

REP. CECA

29

PAESI BASSI

26

UNGHERIA

27

15

GERMANIA

BELGIO

25

>1 5 10 0 050 14 -9 9 30 9 -4 20 9 -2 <2 9 0

SPAGNA

18

29

GUATEMALA

48

27

JAMAICA

CROAZIA

VENEZUELA

41

GRECIA

TURCHIA

44

66

35 80

CIPRO ISRAELE

53

59

GIAPPONE CINA

98 PAKISTAN

53

ALGERIA

42

138

NEPAL

22

106

COREA

BHUTAN

61

18

198

IRAN

124

BANGLADESH

120

KUWAIT EGITTO

117

279

60

LIBANO

MALTA TUNISIA

BOSNIA

40

MONGOLIA

BULGARIA

33

123

BIRMANIA

ARABIA SAUDITA

94

INDIA

THAILANDIA

109

143

41

SERBIA

70

FILIPPINE

SENEGAL

28

145

COLOMBIA

GHANA

98

NIGERIA

124

47

MALESIA

42

SRI LANKA

77

SINGAPORE

71

32 INDONESIA

ECUADOR

55

35

TANZANIA

PERÙ

BOTSWANA

BRASILE

74

216

40

64 MADAGASCAR

68 SUD AFRICA

BOLIVIA

52

82

MAURITIUS

12 AUSTRALIA

ARGENTINA

38

URUGUAY

13

39

CILE

62

NUOVA ZELANDA

15

La mappa delle polveri sottili (PM10) stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità indica l’Asia, il Medio Oriente e parte dell’Africa come i territori più inquinati del mondo. Spiccano i casi negativi di Mongolia, Arabia Saudita, Senegal, Egitto, Pakistan, Botswana. Gli Stati Uniti, prima economia mondiale, risultano tra i Paesi più puliti. Ma sono moltissimi gli Stati che non forniscono alcun dato in materia.

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20

30

COSTA RICA

costituiscono uno dei principali indicatori della qualità dell’aria che respiriamo. Tali particelle – emesse principalmente dagli impianti industriali, dal traffico e dagli impianti di riscaldamento domestico – possono provocare asma, problemi cardiovascolari e, nei casi più gravi, cancro al polmone e morte prematura. Il dato complessivo, in Italia, risulta il più alto fra i Paesi dell’Europa occidentale. Proprio per questo, il nostro Paese è finito nel mirino della Corte di Giustizia europea e rischia una procedura d’infrazione (l’ennesima su questo tema) per aver superato il limite imposto – 50 microgrammi per metro cubo – per più di 35 giorni all’anno. Non solo: secondo il rapporto Ispra 2010 il 45% delle stazioni di monitoraggio italiane di PM10 ha superato il valore massimo giornaliero almeno una volta in dodici mesi.

42 ITALIA

SAN PORTOGALLO MARINO SLOVENIA

55

E POLVERI SOTTILI

ROMANIA

37

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PANAMA

di Andrea Barolini

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FRANCIA

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EL SALVADOR

BIELORUSSIA

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18 STATI UNITI

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MONACO

MESSICO

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SLOVACCHIA

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MILLIGRAMMI PER METRO CUBO (MG/M3): L'ESPOSIZIONE A PARTICOLATI INFERIORI A 10 MM

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REGNO UNITO

LUSSEMBURGO

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L

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IRLANDA

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POLVERI SOTTILI IL VELENO CHE SI RESPIRA NEL MONDO

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CANADA

RUSSIA

AUSTRIA

DANIMARCA

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economiasolidale

Km zero vs bio, il “dilemma” della galassia gasista >46 Cioccolato, il futuro non è amaro >48 Diritto alla salute, le risposte della cooperazione sociale >52

| a difesa della terra | Viterbo, dicembre 2009 - L'area a ridosso dell'aeroporto militare. Qui potrebbe essere costruito il nuovo aeroporto per uso civile di Viterbo. Un danno enorme per Stefano e Paolo Pepponi, agricoltori e allevatori. Parte dei loro terreni sarebbero infatti attraversati dalla nuova strada e dalla ferrovia di collegamento per il nuovo aeroporto.

Dopo l’acqua,

il suolo Nasce il Forum

per la difesa del territorio Quattro piazze San Pietro mangiate ogni giorno dal cemento. I disastri di Genova, Cinque Terre, Elba, Roma e Messina hanno riproposto la piaga del consumo di terreno. Comuni virtuosi, associazioni e comitati di cittadini suggeriscono una strada nuova: vincolare le aree agricole e recuperare il patrimonio edilizio dismesso. di Emanuele Isonio

ERA UNA VOLTA un Paese in cui i terreni agricoli venivano sviliti e depredati per far spazio a insediamenti industriali, appartamenti e centri commerciali. Ma un bel giorno, si decise di provare un consistente cambio di rotta, fissando un obiettivo ambizioso: il consumo di suolo sarebbe dovuto calare del 70% entro vent’anni. Per far questo, si decretarono dei vincoli assoluti che resero inedificabili le aree agricole e si lanciò un piano per bonificare le aree dismesse.

STEFANO DAL POZZOLO / CONTRASTO

C’

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Le aree cementificate in Italia sono ormai il 7,6% del totale. La crescita annua si attesta ormai sui 50 mila ettari

E TORINO DISSE NO ALL’IKEA

GERMANIA CONSUMO GIORNALIERO DI SUOLO STRADE E INFRASTRUTTURE

AREE RICREATIVE

EDILIZIA SOCIALE, COMMERCIALE E INDUSTRIALE

ETTARI/GIORNI 140 120

Un esempio da seguire

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78 80 60 OBIETTIVO 30 HE/GIORNO FISSATO PER IL 2030

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MESI FA, IL SOLE 24 ORE sparò a zero titolando: “Ancora sviluppo negato: Torino non vuole Ikea”. La Stampa rincarava la dose: “Se Ikea si ribella ai diktat dell’Italia”. E ancora: “Ma è giusto sacrificare lo sviluppo per l’ambiente?”. Forse gli autori degli articoli temevano di non riuscire più a comprare qualche libreria a basso costo. Oppure l’ufficio stampa dell’azienda era semplicemente stato molto abile a perorare la propria causa fra le testate di riferimento. Eppure quella scelta della Provincia di Torino è stata salutata da molti come un esempio di lungimiranza. Ricostruiamo la vicenda: la multinazionale svedese aveva individuato in un terreno agricolo nel comune di La Loggia l’area ideale per costruire il suo ventesimo megamobilificio in Italia. I vertici del Comune avevano steso tappeti rossi, allettato dal gruzzolo di 17,3 milioni a titolo di oneri di urbanizzazione e compensazioni ambientali (una manna per gli enti locali che usano quei soldi per far cassa e ripianare i debiti). C’era però da ottenere l’ok della Provincia per cambiare la destinazione d’uso dei 16 ettari. Da agricoli a commerciali. Ma il placet non è mai arrivato: il progetto del mobilificio violava le regole del nuovo Piano territoriale di coordinamento, che stabilisce la tutela integrale dei suoli agricoli. Una preoccupazione comprensibile visto che tra il 1990 e il 2006 in quel territorio sono andati in fumo 7500 ettari di campagna. Più o meno come se Torino raddoppiasse la propria estensione. Al posto del prezioso terreno agricolo, all’Ikea era stato proposto un ex insediamento industriale da recuperare. La risposta della multinazionale suona più o meno così: avremmo creato 250 posti di lavoro, i 70 milioni d’investimento li useremo altrove, peggio per voi. «A costo di raccogliere critiche, abbiamo voluto ribadire una scelta di principio» spiega il presidente della Provincia, Antonio Saitta. «Ma a dire il vero, finora abbiamo ricevuto più lettere di sostegno che di protesta». Em. Is. Con buona pace degli adoratori delle polpette svedesi, proposte nei ristoranti dei mobilifici Ikea.

20 0 1998

19921996

2000

2002

in Friuli Venezia Giulia 581. «Le esternalità negative di questa situazione sono difficilmente calcolabili», spiega Pileri. «Ma ricordiamo che solo per urbanizzare un metro di suolo si emettono 25 chili di CO2. In Lombardia quindi si sono prodotte 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Se si pensa che una tonnellata sulle Borse mondiali è valutata 9-10 euro, si dovrebbero spendere 10 milioni di euro solo per compensare tali emissioni».

I paladini della terra La difesa del suolo ancora libero potrebbe quindi diventare la nuova frontiera dell’impegno di quanti si battono per la tutela dei beni comuni. «Quello che si è fatto per l’aria e per l’acqua non lo si è ancora fatto per il suolo», ammette Damiano Di Simine, presidente di Legambiente LombarLINK UTILI

Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo www.consumosuolo.org Istituto Nazionale di Urbanistica www.inu.it Campagna Stop al Consumo di territorio www.stopalconsumoditerritorio.it

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dia. «Al suolo è tuttora riconosciuto solo il valore economico di una eventuale transazione tra chi compra e chi acquista. Non si calcolano invece il suo valore comunitario, le esternalità di una sua degradazione, l’apporto in termini di sicurezza alimentare». Qualcuno però si sta muovendo in quella direzione. Primi fra tutti, alcuni comuni che hanno deciso di vietare nuove aree di espansione finché non fossero state riqualificate quelle già esistenti ma abbandonate. «Questa scelta – spiega Alessandro Mortarino, coordinatore del Movimento nazionale consumo di territorio – parte da un dato: in media i comuni che hanno deciso la “crescita zero” avevano il 30-40% di aree residenziali e industriali dismesse». Ed ecco che realtà come Cassinetta di Lugagnano, Camigliano, Solza, Ozzero e Ronco Briantino hanno fatto da apripista a un nuovo modo di concepire il territorio. E a loro si sono aggiunte anche realtà più grandi. Come la Provincia di Torino (vedi BOX ). E il Comune di Napoli, dove la giunta De Magistris ha deciso di applicare alla lettera il Piano regolatore del 2003 che non prevedeva nuove aree di costruzione ma è stato finora falcidiato da deroghe e varianti.

A bloccare la diffusione su vasta scala di tale approccio, almeno tre fattori (oltre PERCENTUALE REGIONALE DI TERRITORIO COPERTO DA STRADE, alle inevitabili pressioni della potente ABITAZIONI E ALTRI TIPI DI COSTRUZIONI E INFRASTRUTTURE. lobby dei cementificatori): «In Italia – spiega Pileri – mancano interventi normativi a livello nazionale che vincolino le aree agricole, un’Agenzia ambientale indipendente che autorizzi le costruzioni concesse dai ●Milano comuni, e un nuovo uso della leva fiscale ●Torino che spinga a recuperare le aree già urba●Genova nizzate ma non utilizzate. Senza questi elementi, l’impegno lodevole dei comuni virtuosi produrrà effetti limitati». C’è poi la piaga della legge che, a partire dal 2001, ha permesso alle amministrazioni locali di usare gli oneri di urbanizzazione (i contributi dovuti da chi ●Roma realizza costruzioni edilizie) per tappare i buchi di bilancio. ●Napoli «Una delle leggi più immorali mai concepite – tuona Di Simine – perché rinforza l’alleanza viziosa tra enti locali e speculatori edilizi». «Una droga molto usata soprattutto dai comuni più piccoli», 0 - 2% 6 - 8% spiega Mortarino. «Ma molti urbanisti 2 - 4% > 8% hanno dimostrato che si tratta di una scel4 - 6% ta miope: in appena 5-7 anni gli introiti

IL CEMENTO NEL BELPAESE

FONTE: EEA-FTSP- SEALING ENHANCEMENT EUROPEAN MOSAIC POP EUSTAT 08/2010

Purtroppo, passando dal mondo delle favole a quello reale, le cose si complicano sempre. E ci sono sempre lati negativi con cui fare i conti. Sul piano pratico, un calo delle vendite c’è stato ma c’è chi sospetta che sia più che altro figlio dalla crisi economica (vedi GRAFICO ). «I risultati sono finora inferiori alle aspettative, l’obiettivo dei 30 ettari è ancora di là da venire, ma quel programma ha imposto il tema della riduzione del consumo di suolo nell’agenda collettiva tedesca» spiega Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale ed ambientale al Politecnico di Milano. «Il cambiamento culturale in questo senso è stato enorme. Magari lo mutuassimo in Italia: obbligheremmo le nostre Regioni a ragionare su come utilizzano il proprio suolo». Con gli occhi ancora pieni delle immagini sconvolgenti di Genova, Isola d’Elba, Vernazza, Aulla e Roma, quella riflessione è ancor più impellente. Ma, emozioni a parte, sono i numeri a fotografare una realtà a tinte fosche: Legambiente calcola un incremento di suolo consumato pari a 50 mila ettari ogni anno. Le aree cementificate ormai hanno raggiunto il 7,6% del territorio nazionale. È vero che le superfici utilizzate pro capite (255 mq) sono tra le più basse d’Europa, ma il dato rischia di sviare: sia perché nel calcolo sono inserite anche le aree impossibili da sfruttare (come i rilievi montani), sia perché in alcune Regioni la cementificazione ha raggiunto livelli impressionanti (vedi GRAFICO ) Nel bacino del Po ogni giorno vengono mangiati 200 mila metri quadri: aree grandi come quattro piazze San Pietro in Vaticano o dodici piazze del Duomo di Milano. In Piemonte, per ogni abitante ci sono 296 metri quadri di superfici urbanizzate. In Lombardia 310. In Emilia Romagna 456 e

FONTE: STATISTICHES BUNDESAMT (NATIONAL STATISTICAL AGENCY) 2009 BUNDESAMT FÜR NATURSCHUTZ (NATIONAL AGENCY FOR NATURE PROTECTION) 2010

Raccontata così, la storia sembra uscita pari pari da un libro di favole. Eppure c’è più di un fondo di verità. Vero è l’obiettivo di ridurre da 100 a 30 ettari il consumo giornaliero di suolo entro il 2020. Vero è lo Stato che ha fatto questo passo: la Germania. Il ministro che ideò quel programma di politica ambientale si chiamava Angela Merkel. Era il 1998. Quelle norme sono da molti considerata quanto di più avanzato esiste oggi nel panorama legislativo europeo.

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degli oneri sono bilanciati dalle ulteriori spese per dotare le nuove aree di servizi».

Il Forum per il Paesaggio Una mano nella strada verso l’obiettivo “consumo zero” potrà però arrivare dal basso. Dalle oltre 400 sigle, tra associazioni ambientaliste e comitati locali di cittadini, che hanno dato vita, nelle settimane scorse, al Forum dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio. La speranza è di ripetere la felice esperienza del Forum per l’Acqua. I promotori si sono subito gettati nella fase operativa. Promuovendo una campagna per ottenere che tutti i comuni facciano un censimento capillare delle strutture edilizie esistenti non utilizzate. Ed elaborando una proposta di legge d’iniziativa popolare. Due le linee guida: permettere nuove occupazioni di suolo a fini insediativi solo se non sussistano alternative e, nel frattempo, ottenere una moratoria temporanea di tutte le nuove edificazioni finché i comuni non avranno finito di censire il patrimonio edilizio locale. Lecito attendersi critiche da chi giudicherà il loro progetto bello ma irrealizzabile. Ma dal Forum si domandano: «Se lo può fare Monaco di Baviera, perché non possiamo riuscirci noi?».

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| economiasolidale | SVEZIA

L’EUROPA CHE PENSA ALLA TUTELA DEL SUOLO ALCUNE DELLE “BEST PRACTICES” CONTENUTE NEL RAPPORTO TECNICO REALIZZATO DAGLI ESPERTI DELLA COMMISSIONE EUROPEA AD APRILE 2011

DANIMARCA È stato approvato un Planning Act che incoraggia i piccoli negozi nelle città medio-piccole: i negozi non possono superare i tremila metri quadri di superficie. Sono stati poi delimitati i centri cittadini per prevenire l’urbanizzazione selvaggia ed è stato fissato un limite massimo di espansione di ciascuna area cittadina. Il governo danese ha inoltre sottoscritto un accordo transnazionale con la Svezia per ridurre il consumo di suolo nella regione di Øresund, investire sul riuso delle aree urbane dismesse, dare priorità allo sviluppo in luoghi ben serviti dai trasporti pubblici.

A Malmö è stato aprovato il Västra hamnen, uno dei più interessanti progetti di pianificazione urbana: su un precedente porto abbandonato è stato realizzato un nuovo quartiere con 1000 appartamenti. Il progetto è divenuto un caso esemplare di progetto di costruzioni urbane con l’impronta ecologia più bassa possibile.

FINLANDIA Il Comune e l’università di Helsinki hanno avviato il progetto Eco-Viikki: un nuovo distretto cittadino costruito con avanzati standard ecologici. Case e appartamenti di ogni metratura sono state combinate con parchi e orti per far vivere i cittadini nel verde e per consentire loro di coltivarsi in proprio gli ortaggi. Il tasso di cementificazione e il consumo di energia pro capite sono così molto più bassi di quelli di case unifamiliari.

FINLANDIA

SVEZIA REGNO UNITO

PAESI BASSI

Il governo di Sua Maestà ha messo in atto numerose iniziative per lo sviluppo di sistemi di drenaggio urbano: fondi per ricerche su materiali permeabili e loro utilità in termini di costi/benefici, progetti pubblici partecipati, diffusione di tecniche per la gestione virtuosa dei flussi d’acqua. Il dipartimento Politiche rurali ha assegnato 3,8 milioni di euro per piani di gestione delle acque nella città di Londra.

Insieme a Malta sono lo Stato con la maggiore superficie urbanizzata (13%). Il governo danese ha quindi definito una strategia a lungo termine, con particolare enfasi alla protezione del paesaggio, alla conservazione delle aree verdi, all’innalzamento degli standard di vita urbana e all’ottimizzazione dell’uso degli spazi già urbanizzati.

DANIMARCA

REGNO UNITO PAESI BASSI

BELGIO

GERMANIA

FRANCIA L’Agenzia per lo sviluppo delle aree pubbliche di Nord-Pas-de-Calais ha calcolato che, entro il 2013, 2.200 ettari di suolo agricolo sarebbero stati urbanizzati ogni anno e ha deciso di fermare questo trend. Ha perciò stanziato 383 milioni di euro per progetti lungo tre assi: progetti di riqualificazione urbana, piani di recupero agricolo, iniziative di tutela del paesaggio con particolare attenzione al rapporto tra habitat e terre umide.

FRANCIA

AUSTRIA

GERMANIA La “Gestione circolare nell’uso del suolo” rappresenta un approccio integrato basato sul principio “evitare, riusare, compensare”. Il principale obiettivo di tale approccio è di sfruttare a pieno tutti i siti preesistenti e scarsamente utilizzati in modo da limitare l’uso di terra vergine solo a un ristretto numero di casi. I risultati di questo approccio sono stati poi simulati in numerose regioni tedesche ed esso è entrato a far parte del Programma di Edilizia sperimentale e Sviluppo urbano.

REPUBBLICA CECA

SPAGNA BELGIO

SPAGNA Nel 2004 il governo della Catalogna ha approvato la Ley de Barris (Legge dei distretti urbani) con l’obiettivo di recuperare i quartieri degradati. I progetti sono sostenuti economicamente con 25 milioni di euro, cofinanziati dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale. A febbraio 2010 il numero di progetti di recupero urbano aveva raggiunto quota 115 e gli investimenti erano pari a 170 milioni di euro.

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Nelle Fiandre è stato approvato un piano per la gestione del suolo con l’obiettivo di sostenere gli enti locali nella realizzazione di progetti che favoriscano l’uso sostenibile dei terreni. Nel 2010 sono stati finanziati sette progetti strategici per un totale di 2,1 milioni di euro. |

REPUBBLICA CECA La regione di Ustì, con i suoi 820 mila abitanti e 46 piccole città, è una delle più soggette al rischio di urbanizzazione selvaggia, anche per via della rapida crescita economica. Grande attenzione è stata quindi data alla riconversione di siti pericolosi per l’ambiente, a porre restrizioni sull’uso incontrollato di suolo vergine. Specifici obiettivi sono stati fissati da qui al 2020.

AUSTRIA Nella regione del Rheintal, una delle più prospere d’Europa ma anche una delle più urbanizzate, 29 Comuni si sono alleati per costruire un approccio integrato per ridurre il consumo di suolo. Nel Salisburghese, sono state approvate linee guida per rispettare le funzioni del suolo durante la pianificazione degli spazi e le valutazioni d’impatto ambientale. |

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| economiasolidale | a difesa della terra |

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I PRODUTTORI DELLA RETE AEQUOS VERDURA

FRUTTA

TRASFORMATI

SICILIA

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PUGLIA LIGURIA

ABRUZZO

7% 7% 7%

LOMBARDIA

EMILIA ROMAGNA

SICILIA

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13% VENETO LOMBARDIA

LOMBARDIA

TRENTINO

33% TRENTINO

Km zero vs Bio Il “dilemma” della galassia gasista Le alleanze tra consumatori e produttori di uno stesso territorio possono essere un freno contro il rischio cementificazione. Ma molti Gas vogliono prodotti biologici, che tra l’altro, tutelano la terra dall’inquinamento dei pesticidi. La via d’uscita? Capacità di giudizio e mercati endogeni. di Emanuele Isonio EGLIO INVESTIRE per costruire

M

filiere agricole locali oppure acquistare prodotti di qualità indipendentemente dalla zona di provenienza? Attorno a questa domanda si sta confrontando quella galassia multiforme che riunisce le centinaia di Gruppi d’acquisto solidale italiani. La questione era già stata sollevata l’estate scorsa alla riunione dei Gas a L’Aquila. E il tema animerà nei prossimi mesi gli incontri dei gruppi di lavoro territoriali.

Filiere locali contro il cemento Dal punto di vista della lotta per salvare l’Italia dal giogo del cemento, la costruzione di alleanze virtuose tra consumatori e produttori agricoli di uno stesso territorio è cruciale: la condivisione di una stessa area geografica aiu| 46 | valori |

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emerge uno scenario di luci e ombre. Luci ce ne sono. Eccome. «Il tema del km zero tra i gasisti è già molto sentito e la sensibilità sta crescendo sempre di più», spiega Magda Morazzoni, della cooperativa Corto Circuito, che, grazie a un’alleanza tra una ventina di produttori locali comaschi, provvede a rifornire 30 Gas cittadini di prodotti agricoli. «Da giugno a ottobre, quando i prodotti freschi sono coltivati dai nostri produttori, il rifornimento di alimenti locali raggiunge il 100%. E la voglia di usare prodotti del nostro territorio supera anche l’esigenza di acquistare cibo biologico certificato». Quando consumatori e produttori si conoscono e La conversione agricola in senso costruiscono rapporti di reciproca biologico aumenta il valore della fiducia, la presenza della certificazione passa in secondo piano. terra coltivata. E pone un argine «Per allargare il numero dei proalla speculazione edilizia

ta, infatti, a fare fronte comune contro le fortissime pressioni della speculazione edilizia. Ma quanto è sentito il tema del km 0 tra i gasisti? E quanti di loro sono disposti a “sacrificare” la (legittima) aspirazione ad acquistare fin da subito prodotti biologici certificati per accompagnare le imprese agricole locali nella conversione delle proprie colture? Una sensibilità, questa, che produrrebbe almeno due risultati fondamentali: ridurrebbe l’impatto ambientale degli acquisti alimentari e toglierebbe molti terreni agricoli dalle braccia dei palazzinari. Quando si pone questa domanda a chi il mondo dei Gas lo conosce da vicino,

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LINK UTILI

LA PROPOSTA: PRODUTTORI DEL SUD, UNITEVI

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DELLE AZIENDE AGRICOLE UTILIZZATE DALLA COOPERATIVA LOMBARDA CHE RIUNISCE OLTRE 30 GAS E COOP SOCIALI

www.aequos.eu http://cortocircuito.lisolachece.org

L’IDEA È COMPARSA qualche settimana fa sotto forma di messaggio inviato nella mailing list nazionale di Rete Gas, che riunisce oltre 800 Gruppi d’acquisto solidale in tutta Italia. A lanciarla Sergio Venezia, fondatore della Mondolfiera e coordinatore del Distretto dell’economia solidale della Brianza: «Non è possibile chiedere al Consorzio Goel (Calabria), Le Galline Felici (Sicilia) e ai produttori di Libera e di Rosarno di formare un unico soggetto (o quantomeno un solo consorzio), che definisca una carta condivisa di valori e acquisti la forza di scala per attuare le necessarie sperimentazioni innovative?». Obiettivo: rendere possibili processi di certificazione partecipata e costruire un trasporto coordinato da Sud a Nord via mare o ferrovia. Il vantaggio di questa proposta è duplice: riuscirebbe a ridurre l’impatto ambientale delle consegne, darebbe una mano ad abbassare anche i costi fissi e aumenterebbe la platea di consumatori raggiungibili. Ed eviterebbe un ulteriore dilemma ai gasisti della prima ora: «Non so voi, ma io farei molta fatica a dover considerare in competizione così belle realtà, che meritano ciascuna la dovuta attenzione del mondo dei Gas». L’idea è stimolante. E per questo Valori tornerà sull’argomento nel corso del 2012. Per ora il messaggio di Venezia non ha ottenuto risposte. Speriamo sia solo un silenzio temporaneo. Per chi volesse rispondere questo appello, Valori è disponibile a ospitare il dibattito.

dura (nella distribuzione tradizionale non si supera il 20%). Eppure riusciamo a offrire prezzi molto popolari (tra il 40 e il 50% in meno rispetto ai negozi). Se non usassimo produttori in grado di assicurarci una logistica efficiente, non potremmo fare quei prezzi, il numero di consumatori calerebbe e non raggiungeremmo mai la massa critica necessaria per spingere i produttori ad accettare la riconversione biologica».

I timori dei contadini del Mezzogiorno

duttori – prosegue la Morazzoni – abbiamo Dove acquistare aperto una scuola di agricoltura biologica per il biologico? sostenere chi vuole convertirsi al bio. Credia- Ma qui iniziano le ombre. Descritte da un pamo che possa aumentare il valore delle loro radosso: in Lombardia, regione con il maggior produzioni e i margini di guadagno, ponendo numero di Gas e primo acquirente di prodotcosì un argine al rischio cementificazione». ti bio, le superfici agricole coltivate a biologiIn effetti bastano un paio di dati per capico non arrivano al 2%. Molti Gas si rifornire quanto la conversione agricola possa salvascono quindi da produttori di altre regioni. re pezzi importanti di territorio: in dieci anni Con buona pace dei propositi di filiera corta. – precisamente tra il 1996 e il 2006 – i prezzi Significativa in tal senso è la testimonianza di immobiliari sono cresciuti nelle grandi città Aequos, cooperativa formata da oltre trenta del 55% (la media nazionale, comunque, si atGas e coop sociali di Varese, Milano, Monza, testa a +35%). Nello stesso arco temporale, il Como e Novara, 5 tonnellate di prodotti acprezzo della terra, se sterilizziamo l’inflazione, quistati ogni settimana, 500 mila euro di fatè rimasto stabile. Gli unici casi in cui l’abbracturato previsto nel 2011: «Noi compriamo socio del cemento non è il migliore degli invelo prodotti biologici. Di questi solo il 36% stimenti sono quelli in cui la terra è usata per proviene dalla Lombardia (vedi GRAFICO )» rivecolture pregiate. Ed ecco che i mille euro pala il presidente di Aequos, Franco Ferrario. gati in media per un ettaro di terreno agricolo «Noi ovviamente teniamo all’idea di filiera loin Calabria lievitano di 500 volte fra le vigne cale, ma non siamo disposti ad acquistare prodella Valdobbiadene. dotti di minore qualità solo perché fatti più viMa discorsi analoghi si possono fare ovuncino a casa nostra». Senza una decisa scelta per que si crei un’alternativa all’agricoltura conspingere gli agricoltori verso la riconversione venzionale: «Il biologico tutela il territorio delle proprie colture, biologico e km zero riperché preserva i terreni da elementi dannosi schiano di essere fattori contrapposti. e allontana il rischio della speculazione ediliTra l’altro, c’è un altro fattore da consizia perché gli agricoltori hanno margini di derare, spesso poco percepito, ma di cruciaguadagno più interessanti», osserva Sergio Vele importanza: la logistica. «In Aequos – nezia del Des della Brianza, provincia europea spiega Ferrario – diamo ai produttori l’80% con la maggiore percentuale di territorio cedel prezzo finale di vendita di frutta e vermentificato (più del 50%). «Nella lotta contro l’ulteriore consumo I gasisti devono fare i conti di suolo, Km 0 e biologico vanno anche con la logistica: se non viste come ricette strettamente è efficiente, fa lievitare i prezzi interconnesse». e riduce il numero di acquirenti |

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A questo si aggiunge un'altra questione, sollevata in particolare dai produttori biologici del Sud Italia. Se i maggiori consumatori del biologico sono al Nord, il Meridione è al top per superfici agricole bio: Basilicata (20,7%), Calabria (17,7%) e Sicilia (16,5%) guidano la classifica. Comprensibile che gli agricoltori meridionali vedano con un po’ di apprensione lo sviluppo di filiere corte biologiche al Nord Italia. «Il nostro produttore lucano ci dice spesso “se non comprate voi i miei prodotti, a chi li vendo?”», racconta Ferrario. Ma, a voler essere ottimisti, il problema non è insormontabile. E su un punto sono tutti d’accordo: gli acquisti a grande distanza hanno senso solo per quei prodotti che non si trovano nelle campagne vicino casa. «La parola d’ordine della gruppo di Lavoro “Nuova Agricoltura” al convegno Gas-Des de L’Aquila a giugno è stata di puntare su progetti di sovranità alimentare locale», spiega Davide Biolghini, del Desr Parco Sud Milano. «Non è pensabile che i crescenti Gas del Sud non trovino prodotti agricoli bio per soddisfare la loro domanda perché le vendite vanno al Nord». «Né è pensabile – aggiunge Sergio Venezia – che i consumatori settentrionali acquistino dai produttori bio del Sud mentre i siciliani continuano ad acquistare frutta e verdura proveniente dall’Emilia Romagna». Da qui un obiettivo che trova concordi molti gasisti: «Dobbiamo lavorare per costruire mercati endogeni», suggerisce Venezia, mutuando Vandana Shiva: «Lavorare perché le comunità locali ridiventino sovrane sui propri territori».

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| economiasolidale | made in italy a rischio | decima puntata |

| economiasolidale |

Cioccolato, il futuro non è amaro

Una colata di cioccolato purissimo pronto per essere trasformato in deliziose praline artigianali.

ZUCCHERIFICI ADDIO, UN PROBLEMA IN PIÙ PER I CIOCCOLATIERI ERANO 21 gli zuccherifici attivi nel nostro Paese fino a pochi anni fa. Un patrimonio industriale che permetteva di soddisfare buona parte della domanda interna dei produttori dolciari e dei consumatori. Nel novembre 2005 il punto di svolta: a livello comunitario furono approvate le riforme delle Ocm (Organizzazioni comuni dei mercati), tra le quali quella dello zucchero. Ma la riforma che avrebbe dovuto portare a una razionalizzazione del settore, invece che disincentivare i produttori meno competitivi, in Italia ha finito per falcidiare un’intera filiera, a causa della drastica revisione delle quote di produzione dello zucchero. Le nuove regole incentivavano (e molto) le società produttrici a restituire quote di produzione dietro consistenti compensazioni economiche. Un sistema che portò rapidamente alla chiusura di molti impianti produttivi: Eridania chiude 6 stabilimenti su 7, Coprob e Italia Zuccheri 5 su 7, Società Fondiaria Industriale Romagnola chiude tutti e tre i suoi impianti. In totale, da 21 attivi, ne rimangono solo quattro. Le conseguenze sui prezzi dello zucchero si sono fatte rapidamente sentire, esponendo il nostro Paese alle enormi oscillazioni del prodotto sui mercati internazionali: avevano toccato i massimi trentennali solo nel febbraio scorso ed hanno perso oltre il 30% da inizio anno nei mesi successivi. Per le aziende dismesse, intanto, si è avviato un piano di riconversione come centrali a biomasse di origine agricola. Le barbabietole, che prima erano trasformate in zucchero, dovrebbero ora produrre 2,4 TWh di energia elettrica ogni anno. Difficile dar torto a chi ricorda il proverbio mantovano: “Bruciano i mobili per vendere la cenere”.

Nonostante la crisi, il settore gode di ottima salute. A beneficiare dei numeri in crescita, sia i grandi marchi sia le aziende artigianali. Il segreto? Aver voluto puntare sulla qualità e non

sulla concorrenza a basso costo. E un aiuto (inatteso) è arrivato anche dal cinema.

di Emanuele Isonio che il cioccolato fosse un settore più anticiclico di latte, carne e formaggi? In un periodo in cui sono crollati anche i consumi dei beni primari, i produttori di cioccolato, invece, faticano a non mantenere un sorriso sulle labbra. Non solo perché sono a contatto ogni giorno con l’alimento agognato da pletore di golosi in tutto il mondo. Ma anche perché i dati economici del settore giustificano il loro ottimismo. E, dopo molte pagine amare, permettono, a noi di Valori, di chiudere in bellezza la sequenza di inchieste sul Made in Italy alimentare che abbiamo iniziato nel febbraio scorso.

C

HI AVREBBE MAI PENSATO

Un successo tricolore Gli ultimi dati a disposizione assegnano al cioccolato il gradino più alto tra le performance, comunque positive, dell’industria dolciaria: nel 2010, i volumi di vendite sono cresciute di oltre il 4% che corrispon| 48 | valori |

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dono, tra l’altro, a un + 8,9% in termini di controvalore: 429 mila tonnellate prodotte, oltre 4 miliardi di euro di fatturato, 3,34 chili consumati da ciascun italiano in un anno. E non c’è prodotto a base di cacao che non faccia segnare un incremento (vedi TABELLA 2): dai sacchetti di cioccolatini, alle mitiche creme spalmabili, alle classiche tavolette, fino alle confezioni regalo (il loro +10,9%, migliore di tutto il comparto, smentisce chi pensa che regalare bon bon sia démodé). Giusto per fare un raffronto, nello stesso arco temporale, i consumi nazionali di dolci si sono fermati a un +2,3%. «Inoltre – evidenziano gli analisti di Aidepi, l’associazione delle industrie italiane del dolce e della pasta – anche il saldo tra import ed export è positivo». A fronte di una crescita delle importazioni di 8 mila tonnellate

nell’ultimo anno, le esportazioni sono cresciute di 19 mila tonnellate (vedi TABELLA ). «I numeri dimostrano una crescente capacità dei nostri imprenditori di soddisfare il pubblico nazionale ed estero con produzioni realmente Made in Italy».

La qualità paga

I dati di Aidepi vengono confermati anche da chi, sul fronte cioccolato, lavora in prima linea ogni giorno: «Negli ultimi 2-3 anni siamo riusciti a mantenere le quote di mercato acquisite dopo anni di enormi incrementi del settore», spiega Fabio Gardini, titolare de “L’Artigiano” di Forlì. «Le uniche nubi, a voler essere pessimisti, si stanno notando nelle ultime settimane, nelle quali il mercato appare fermo. Forse il clima di profonda incertezza economica sta paralizzando gli acquisti». «Non ci fosse stata la stagnazione economica generale, ora staremmo parlando di cioccoPuntare sulle materie prime boom», aggiunge invece Mirco migliori ha permesso Della Vecchia, vicepresidente ai cioccolatieri italiani di avere nazionale della Cna Alimentare maggiori margini di guadagno

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e presidente della Fine Chocolate OrganizaL’industria, ovviamente, è aiutata da tion (vedi ARTICOLO a pag. 51). economie di scala che gli permettono di L’aspetto interessante è che, a sfruttare avere costi fissi ridotti e una logistica più più e meglio questo momento positivo per organizzata. Ma il settore delle produzioni il settore, sono state le imprese – di quaartigianali ha dato filo da torcere ai grandi lunque dimensione – che hanno scelto di marchi. Sugli scaffali e, qualche volta, aninvestire sulla qualità delle materie prime che per vie legali (vedi BOX ). In pochi anni piuttosto che competere con i concorrenti infatti l’incidenza dei prodotti artigianali esteri sul prezzo più basso. ha fatto balzi in avanti incredibili: sulle «La qualità dei prodotti italiani – osbarrette di cioccolato fondente siamo orserva Gardini – è molto elevata. Chi ha mai al 50% (dieci anni fa l’industria detepuntato sui bassi costi è invece uscito dal neva il 93% del settore). Sulle praline poi mercato. Non a caso abbiamo molti ciocsi sfiora il 70%. Non è quindi un caso che colatieri premiati in tutto il mondo». Una in dieci anni il numero dei cioccolatieri sia scelta lungimirante quella della qualità. raddoppiato (da mille a oltre duemila). Ma per sposarla bastava saper fare due conti: «Il cacao incide sui costi totali di proPotere della settima arte duzione per un 15-20%» spiega Della VecNon è stata però solo la scelta di puntare chia. «La differenza di costo tra un cacao di sulla qualità a decretare il successo della fiottima qualità e uno scadente è di un paio liera. Sono gli stessi addetti ai lavori ad amdi dollari. Otto dollari al chilo il primo contro i sei del seconNegli ultimi anni, l’incidenza do. Ma sui prodotti di fascia aldei prodotti artigianali ta i margini di guadagno sono è cresciuta molto. Sulle tavolette assai maggiori». di fondente ormai è pari al 50% |

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metterlo: un aiuto enorme lo hanno dato i mezzi di comunicazione che hanno scoperto il cioccolato. Su tutti, il cinema. «Il nostro – osserva Della Vecchia – era un settore ancora poco sdoganato. Il boom fatto registrare negli ultimi anni è coinciso con l’uscita nelle sale di film in cui il cioccolato era l’indiscusso protagonista». Chocolat, La fabbrica del cioccolato, Lezioni di cioccolato (1 e 2). Inevitabile che un alimento già apprezzato sia ormai entrato nell’immaginario collettivo come uno degli strumenti per raggiungere il benessere. Tanto da aver indotto anche marche storiche del settore in Italia a cambiare strategia di marketing. Un esempio? Le pubblicità della Kinder, celebre marchio della Ferrero di Alba: per decenni hanno incentrato le loro campagne pubblicitarie sul fatto che le loro barrette contenevano “più latte e meno cacao”. Sugli scaffali dei supermercati, le nuove confezioni da qualche tempo recano una scritta diversa. Fateci caso la prossima volta che siete in fila alle casse…

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TAVOLETTE, CREMA O PRALINE: TUTTI I SETTORI IN CRESCITA SEGMENTI MERCEOLOGICI

2009 (TONNELLATE) 99.850 35.000 10.750 54.100 45.950 14.000 54.500 58.500

2010 (TONNELLATE) 106.700 36.400 10.300 60.000 47.700 14.000 56.500 60.000

VAR % (09-10) +6,9 +4,0 -4,2 +10,9 +3,8 0 +3,7 +2,6

3.300

3.330

+0,9

19,3

19,9

+3,5

TOTALE PRODOTTI PER CONSUMO FINALE Copertura di cioccolato Copertura a base di cacao Cacao in polvere per uso industriale Burro di cacao

276.100 94.200 26.300 13.850 500

288.230 97.000 27.700 15.100 1.050

+4,4 +3,0 +5,3 +9,0 +110,0

3.278,2 374 63,6 34,6 2,2

3.540,8 400,6 68,8 75,5 2,6

+8,0 +7,1 +8,2 +118,2 +23,8

TOTALE SEMILAVORATI DI CACAO TOTALE CIOCCOLATO E PRODOTTI A BASE DI CACAO

134.850 410.950

140.850 429.080

+4,4 +4,4

474,4 3.752,6

547,5 4.088,3

+15,4 +8,9

Cioccolatini, di cui - in sacchetti - in stick - in confezioni regalo Tavolettame (compreso cioccolato bianco) Uova pasquali Snack al cioccolato Creme da spalmare a base di cacao Produzioni da spalmare a base di cacao e cacao in polvere per consumo familiare

2009 2010 (MILIONI DI EURO) (MILIONI DI EURO) 1.605,2 1.774,7 367,1 391,3 155 152,2 1.083,1 1.231,2 338 368 536,6 552,9 551,5 585,9 227,6 239,4

VAR% (09-10) +10,6 +6,6 -1,8 +13,7 +8,9 +3,0 +6,2 +5,2

L’alleanza “win-win” tra coltivatori e cioccolatieri Aumentare la qualità delle materie prime, tutelare i diritti dei produttori del Sud del mondo, evitare il giogo degli importatori. Una strategia per far vincere gli anelli tradizionalmente più deboli della filiera del cacao. di Emanuele Isonio macchinari, molto onerosi per aziende che producono quantità tutto sommato ridotte. E poi c’è la questione delle materie prime: perché nella filiera tradizionale chi produce cioccolato deve fare i conti con chi i semi di cacao li imCACAO, SANGUE E SPECULAZIONI: SORDIDI INTRECCI IN COSTA D’AVORIO porta da Africa e Latinoamerica. Sono questi ultimi a L’EFFETTO-FARFALLA in salsa di cioccolato ci porta in Costa d’Avorio. Non proprio un semplice battito d’ali, quello avvenuto nel piccolo Stato affacciato sul golfo di Guinea. Anzi, una guerra civile che per mesi ha visto scegliere quali prodotti comcontrapposto il presidente uscente Laurent Gbagbo e il suo rivale Alassane Ouattara. Il risultato è stato merciare e, spesso, a che comunque un uragano per tutti i produttori e gli accaniti consumatori di cioccolato. Perché Ouattara, per prezzo vendere. Una situacostringere Gbagbo a lasciare il potere, ha ordinato il blocco delle esportazioni del cacao, che rappresentano il 40% di tutto l’export e un quinto del Pil ivoriano. I maggiori trader si sono adeguati: scelta scontata, visto zione che impedisce ai ciocche la principale società di brokeraggio, la Armajaro Trading Ltd, è guidata in Africa da Loïc Folloroux, che, per colatieri di avere adeguata puro caso, è anche figlio della seconda moglie di Ouattara. voce in capitolo sulla qualità Gbagbo ha provato a resistere nazionalizzando la filiera e cercando di sostituirsi alle potentissime multinazionali (Adm, Cargill e l’elvetica Barry Callebaut). Ma ben presto è stato catturato da un blitz delle forze delle materie prime. E che militari francesi, intenzionate a difendere i grossi interessi commerciali nel Paese. Le tensioni ivoriane hanno accomuna i nostri artigiani prodotto un’impennata dei prezzi del cacao, ai massimi storici dal 1977. Niente di strano visto che il 50% ai produttori d’Oltreoceano, della produzione mondiale (5,5 miliardi di dollari) arriva dalla Costa d’Avorio. A questo si è aggiunta una spesso costretti ad accettare manovra speculativa dell’hedge fund Armajaro (sempre Folloroux) che ha, prima, acquistato e poi bloccato la diffusione di 240 milioni di tonnellate di cacao (circa il 7% della produzione globale). A farne le spese, in Costa prezzi ridicoli per i loro racd’Avorio, i milioni di piccoli produttori, che con il blocco sono arrivati al collasso. E, da noi, i tanti produttori di colti. Ma gli ostacoli appena cioccolato, alle prese coi prezzi delle materie prime in continua crescita. Più di un motivo per sostenere le descritti sono stati aggirati filiere alternative basate sui rapporti diretti tra coltivatori di cacao e produttori di cioccolato. con un’idea tutto sommato ACCORDO IL CLIMA di otti-

D’

mismo che invade il mondo del cioccolato nostrano. Ma è indubbio che centinaia di ar-

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FONTE: AIDEPI

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Produzione Importazioni Esportazioni Consumi apparenti (tonn,) Consumo pro capite (kg.) *esclusi semilavorati di cacao

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2009

2010

276.100* 105.588 179.706 201.982 3,36

288.230 113.334 198.959 202.605 3,34

ROMAGNA BATTE SVIZZERA NELLA DISFIDA DEL SALE DI CERVIA LA STORIA ALLA “DAVIDE CONTRO GOLIA” in salsa di cioccolato la scopriamo per caso, gustando una bruschetta calda al cremino, in un piccolo locale del quartiere romano di Monti. Parlando con la proprietaria veniamo a sapere che il produttore di quella delizia qualche tempo prima aveva fatto causa a uno dei colossi mondiali del cioccolato, la Lindt. E aveva vinto. La storia è questa: Fabio Gardini, titolare dell’azienda “L’Artigiano” di Forlì, nel 2003 ha lanciato un nuovo prodotto: una tavoletta di cioccolato con il sale dolce di Cervia. «Per posizione geografica, temperatura e metodo di raccolta – racconta Gardini – quel sale è meno amaro degli altri, purissimo e iodato naturalmente. Abbiamo così ottenuto un cioccolato salato ma piacevolissimo». L’azienda sperava di aver trovato una nicchia di mercato interessante. Aveva registrato il prodotto e stretto un accordo per l’uso in esclusiva del sale di Cervia col cioccolato. Quattro anni dopo, per caso, Gardini scopre che la Lindt era uscita sul mercato con una tavoletta che usava esattamente lo stesso sale. Ha chiesto spiegazioni al colosso svizzero. La risposta è arrivata sottoforma di lettera dell’ufficio legale: il sale è un bene di tutti e su quel prodotto comunque stavano studiando da anni. «Più per principio che per l’aspetto economico (anche se quella tavoletta rappresenta il 15-20% del fatturato dell’azienda romagnola, ndr) – ricorda Gardini – abbiamo deciso di denunciare la Lindt per concorrenza sleale». E la Lindt ha deciso di venire a patti: ha accettato di ritirare immediatamente la sua tavoletta dal mercato italiano e si è impegnata a non commercializzare in Italia altri prodotti con il sale di Cervia fino al 2018. «L’accordo prevedeva che ognuno si sarebbe pagato le proprie spese legali. Ma non importa: l’idea di aver ridotto a miti consigli un colosso come Lindt ci ha fatto godere tanto tanto tanto».

tigiani ogni giorno affrontano problemi complessi per guardarsi dalla concorrenza industriale e per rimanere sul mercato. Devono far fronte, ad esempio, ai costi dei

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coandino), per formare i produttori in modo da ottenere cacao di maggiore qualità e spiegar loro le esigenze della controparte italiana. Dalla Fco è nata così la Fine Chocolate Trade: in pratica, un gruppo d’acquisto tra artigiani. Obiettivo principale: non tanto spuntare il prezzo più basso. Quanto piuttosto poter essere liberi di ordinare il cacao di livello superiore, che permette maggiori margini di guadagno ai cioccolatieri. Sull’altro fronte, i coltivatori di cacao locali possono formarsi per migliorare le loro produzioni, possono ottenere una materia prima migliore (e quindi più remunerativa), possono soprattutto slegarsi dal gioco degli importatori che li pagano una miseria. «Il nostro è un processo economico e culturale: serve per costruire rapporti di fiducia tra i “piccoli” dei due estremi della filiera. Tagliando l’anello centrale della catena (gli importatori, ndr) i coltivatori ricevono più denaro per i loro raccolti. Noi magari spendiamo la stessa cifra, ma possiamo essere certi della qualità di ciò che stiamo comprando». Nella filiera tradizionale, infatti, soprattutto se si acquista cacao semilavorato, non c’è la possibilità di verificare la qualità delle materie prime utilizzate. «Ti vendono l’oro non perché sia davvero oro, ma perché lo chiamano così», denuncia Della Vecchia.

CIOCCOLATO E PRODOTTI A BASE DI CACAO

Cioccolati. Al plurale

Il cioccolato con il sale dolce di Cervia al centro della battaglia legale contro Lindt.

semplice (potere delle idee...). Ma che può fare la differenza tra successo e fallimento per decine di piccoli marchi.

Metti una sera a cena L’idea era venuta una sera, durante una chiacchierata in un hotel tra alcuni artigiani del cioccolato. Era il 2007. «Ci eravamo detti: siamo troppo piccoli per sostenere da soli i costi fissi. Non abbiamo voce in capitolo sul cacao da importare. Perché non ci uniamo?», racconta Mirco Della Vecchia, pluripremiato maestro cioccolatiere. Da lì nacque la storia della Fine Chocolate Organization (Fco), associazione alla quale hanno aderito nel tempo oltre 200

artigiani, che condividono la volontà di creare una filiera diversa e più attenta ai diritti dei piccoli produttori. Di qualunque continente fossero. «Volevamo mettere in relazione diretta chi il cacao lo produce e chi lo usa per le proprie creazioni di cioccolato. Ma volevamo anche diffondere un impegno in favore della qualità, della certificazione, della trasparenza e dei diritti umani», spiega Della Vecchia. Per mettere in connessione coltivatori e maestri cioccolatieri, la Fco, insieme alla Cna e all’Iila (l’Istituto Italo-latinoamericano) ha organizzato degli incontri in Ecuador (progetto Chocolatino), Santo Domingo (Chococaribe) e Colombia (Cho|

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Per la riuscita del progetto però è necessario anche agire sul fronte dei consumatori: si può, infatti, produrre il cioccolato migliore del mondo, ma se non c’è un pubblico in grado di distinguere peculiarità e qualità, lo sforzo è pressoché inutile. La Fine Chocolate ha quindi lanciato la campagna Cioccolati d’Italia. Al plurale. Perché non esiste un solo tipo di cioccolato: ogni territorio ha una propria tradizione e un proprio modo di realizzarlo. Da quello abbinato a frutti di bosco, miele e caffè del Bellunese, a quello di Cuneo a base di nocciole, trasformato in gianduiotti e creme spalmabili, fino all’inimitabile Modicano, noto per la consistenza volutamente granulosa. Un modo per non disperdere il patrimonio di competenze gastronomiche di cui l’Italia è ricca. Una via, soprattutto, che permette di trasformare quella tradizione in un’opportunità di sviluppo economico.

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| economiasolidale |

SUSANNA GONNELLA

| economiasolidale | buone pratiche |

ENTRA IN GIOCO IL VENTURE CAPITAL SOCIALE

Il poliambulatorio di Welfare Milano, in via Solari. Uno dei due centri sanitari a basso costo aperti da Welfare Italia Servizi nel capoluogo lombardo. Il secondo è in viale Jenner. In tutta Italia per ora ce n’è una decina.

Diritto alla salute: le risposte della cooperazione sociale Continua il viaggio di Valori tra le buone pratiche sostenibili, a basso impatto e alto valore sociale. Questo mese è il turno della sanità: di fronte alla crisi, si moltiplicano le realtà che offrono cure accessibili a tutti. di Valentina Neri acquine Serena, che già gestisce un centro spesite dal mondo della coopecializzato in patologie neuromuscolari. razione sociale per applicarEntrambe le strutture offrono servizi di le anche a un campo, tanto inedito quanto odontoiatria, cardiologia, ginecologia, orsensibile, come quello della salute. È la stotopedia, neurologia e molte altre specialità ria di Welfare Italia Servizi, nata dal grupche variano a seconda dei centri. po cooperativo Cgm: si tratta di un franchising di poliambulatori di sanità leggera Dal low cost al low profit a prezzi calmierati. Per ora ne sono stati «Non vogliamo essere confusi con il low aperti una decina, ma l’obiettivo è di arricost», chiarisce Giovanni Lucchini, presivare a 26 strutture entro la fine dell’anno dente del Consorzio Farsi Prossimo Salute. e a 135 in cinque anni. «Di fronte alla crisi – continua Lucchini – Dopo Sicilia, Toscana ed Emilia Romavogliamo dimostrare che c’è un modo di gna, tocca a Milano, con due inaugurazioni dare risposte di qualità, a costi accessibili, nell’arco di un paio di mesi. Il poliambulaa un diritto come quello della salute. Ma, torio di viale Jenner nasce dal Consorzio per raggiungere questo scopo, non risparFarsi Prossimo Salute, che riunisce le coomiamo sui costi, bensì sul profitto». «I meperative sociali legate a Caritas Ambrosiana. dici del nostro centro – aggiunge Claudio Via Solari invece è sede del poliambulatorio Bossi, presidente del centro di via Solari, al di Welfare Milano, un’impresa Lucchini, Farsi Prossimo Salute: sociale fondata dal Consorzio «C’è un modo di dare risposte Sis, insieme a sette delle quadi qualità e a costi accessibili a ranta cooperative milanesi che un diritto come quello della salute» ne fanno parte e alla Fondazio-

A

TTIVARE LE COMPETENZE

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quale ha aderito con l’impresa sociale La Cordata – hanno scelto di rivedere le proprie tariffe e, al tempo stesso, la componente societaria, pur mirando ovviamente al pareggio, ha rinunciato a certe pretese di profitto: la nostra non deve essere un’attività speculativa». Per dare un’ulteriore dimostrazione della propria scelta, il Consorzio Farsi Prossimo Salute ha creato un Fondo di solidarietà per permettere alle persone in condizioni di difficoltà economica di accedere a tutte le prestazioni in forma gratuita e anonima. Chiunque può versare una quota, che il Consorzio stesso si impegna a raddoppiare. Mentre il centro Solari 6 ha scelto Banca Etica per studiare formule di finanziamento alla portata di tutti in caso si rendano necessari interventi specialistici costosi.

Le cure mediche non bastano È difficile identificare un paziente-tipo: quel che è certo è che da subito si è segna-

SOLIDARE ONLUS È UNA COOPERATIVA SOCIALE nata nel 2005: ha fondato, e tuttora gestisce, un centro medico studiato per permettere a chiunque ne abbia bisogno di affrontare un percorso di psicologia o psicoterapia adeguato, con tariffe il più possibile accessibili. Oltre a seguire stabilmente circa 120 pazienti, propone gruppi di sostegno, sportelli d’ascolto e corsi di formazione. Il centro medico Santagostino, nato nel mese di marzo del 2009, è un centro specialistico che copre una vasta serie di aree, comprese alcune per le quali è particolarmente difficile appoggiarsi solo al settore pubblico: è il caso di odontoiatria, psicoterapia e servizi paramedici. Garantisce liste d’attesa massime di due settimane, servizi di orientamento, mediazione linguistica e culturale per i pazienti stranieri e consulenza per le prestazioni che non può coprire con le proprie strutture. E i servizi sono proposti a prezzi accessibili perché i 130 medici, pur lavorando per una struttura privata, hanno accettato di equiparare i propri

lata una forte partecipazione. «Quest'iniziativa – spiega Lucchini – è nata a fronte di un grido d’allarme che veniva anche dallo stesso mondo della cooperazione: la sanità può diventare un bene di lusso che compromette le finanze anche di famiglie che percepiscono uno o due redditi mensili». In questo range si possono includere persone di qualsiasi età e provenienza geografica; inclusa quella “fascia grigia” che

stipendi a quelli del settore pubblico. Oltre alla provenienza geografica (entrambe hanno sede a Milano), queste due realtà hanno un altro elemento in comune. Entrambe nascono grazie al contributo di Oltre Venture, l’unica società italiana di venture capital sociale. Il meccanismo di base è quello del venture capital tradizionale: la società raccoglie i fondi dai soci e li reinveste, entrando nel capitale di enti, cooperative e imprese che vengono finanziati. Ma la differenza fondamentale è, innanzitutto, nella scelta dei destinatari degli investimenti: il criterio su cui ci si basa non è soltanto il ritorno finanziario atteso, ma si selezionano quei progetti innovativi che mirano a produrre un impatto sociale positivo e diretto. L’intervento di Oltre Venture, inoltre, non si limita al lato economico, ma diventa una collaborazione duratura in cui si condividono contatti, competenze e supporto strategico. www.oltreventure.com - www.solidare.it V.N.

non ha i requisiti per accedere alle esenzioni o non ha la possibilità di sostenere le lunghe liste d’attesa degli ospedali, ma, al contempo, non si può permettere i costi del sistema privato tout court. E nel momento in cui, al di là del temporaneo problema di salute, emergono storie di marginalità sociale, il mondo della cooperazione entra in gioco con il suo bagaglio di strumenti ed esperienze. «Tutto il personale

?

Soffri di carenza di informazione Sei intollerante al gossip Perdi diottrie nella tua visione del mondo

?

?

del nostro centro – spiega Claudio Bossi – riceve una formazione specifica che riguarda i valori delle realtà da cui è nato il progetto. Un paziente che manifesta un problema di relazioni familiari, di carattere abitativo o altro ancora, viene indirizzato verso i servizi di accompagnamento offerti dalle cooperative. In sintesi il nostro scopo è quello di rendere più “sociale” il servizio sanitario».

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La rivista

Mensile internazionale dei gesuiti, Popoli si occupa di diritti umani, sviluppo, ambiente, immigrazione, culture, dialogo ecumenico e interreligioso. Dieci numeri all’anno

www.popoli.info Webmagazine con approfondimenti sull’attualità internazionale. Dal sito puoi richiedere un numero omaggio della rivista e abbonarti

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Popoli è il primo periodico cattolico italiano su iPad. Cinque uscite all’anno con il meglio di due numeri della rivista e contributi multimediali aggiuntivi

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internazionale

| internazionale Spagna/Indignados. La partecipazione rappresentanza >58 Dopo il nucleare lavori pubblici lunghi 120senza anni >56 E se il petrodollari, Sudafrica nazionalizzasse le banche? Il Qatar: tv, armi e diplomazia >60 >60 Crisi archiviata per i ricchi del Pianeta >62>62 Patagonia cilena: la rivolta contro il carbone

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| la minaccia nucleare |

Sindrome giapponese Dopo i danni causati dal terremoto ai reattori della centrale di Fukushima la situazione è ben lungi dall’essere sotto controllo. Anzi, al momento sotto

controllo ci sono solo le informazioni fatte circolare sulla pericolosità della contaminazione. di Paola Baiocchi

“D

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IAEA / REUTERS

Mike Weightman guida la squadra dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica. L’accertamento si è svolto all’impianto di Fukushima Daichi il 27 maggio scorso, per valutare i danni.

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OBBIAMO ASSICURARE

che i ragazzi e le ragazze anti-nucleari non guadagnino terreno con questo (incidente di Fukushima, ndr). Dobbiamo occupare il territorio e tenerlo. Dobbiamo realmente mostrare la sicurezza del nucleare”. Ad aver paura dei ragazzi che non vogliono il nucleare sono alcuni funzionari governativi britannici dei dipartimenti degli affari e dell’energia, di cui il Guardian ha pubblicato gli scambi di mail con le industrie nucleari (Edf, Areva e Westinghouse) effettuati due giorni dopo gli incidenti alla centrale giapponese, in cui concordavano una strategia comunicativa tranquillizzante per l’opinione pubblica. Rientra in questa tattica quello che si è saputo degli incidenti occorsi ai sei reattori nucleari della centrale Tepco di Fukushima, dopo il terremoto e lo tsunami dell’11 marzo scorso. La stessa tecnica che il comparto militare-industriale-nucleare adotta ogni volta che emergono le sue criticità: minimizzare e ridurre. Non far sapere che il più grave danno mai subito da una centrale atomica sia tuttora ben lungi dall’essere riparato, con sviluppi difficilmente controllabili e prevedibili.

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Contaminate la falda e il mare Quali sono le conseguenze per la salute della popolazione giapponese e mondiale? Continua Baracca: «Le misure prese dal governo giapponese sono state tese più a tranquillizzare che a limitare i danni. Le carenze di dati riguardanti le fuoriuscite e la diffusione iniziali di radioisotopi possono compromettere gravemente la possibilità di valutazioni attendibili sui futuri danni alla salute, nonché sulla contaminazione nel mare e nell’intero emisfero settentrionale. Molte rilevazioni hanno riportato livelli di radioattività in siti molto al di fuori della prefettura di Fukushima e anche a Tokyo. Oltre agli enormi quantitativi di acqua altamente radioattiva scaricata in mare – conclude Baracca - ce ne sono ancora circa 80 mila tonnellate nella centrale, il cui trattamento costituisce un problema irrisolto, ma che sta contaminando la falda e il mare». Certo è che il livello di contaminazione radioattiva di una delle regioni più popolate del mondo è senza precedenti. Un disastro la cui portata reale è letteralmente seppellita, così come le macerie radioattive di Fukushima, avviate in discarica o agli inceneritori. Riuscirà il Giappone a dire addio al nucleare, prima che si verifichino altri incidenti? L’unità 1 di Fukushima avrebbe dovuto essere chiusa alla fine di marzo 2011. Troppo tardi rispetto al sisma, che ha reso ancora una volta tristemente attuale la pericolosità del nucleare.

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Dopo il nucleare lavori pubblici che durano 120 anni

DISLOCAZIONE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI STOCCATI IN ITALIA Ccr - Ispra, Varese Reattore Ispra 1, Reattore Essor Deposito E 39.2 Deposito rifiuti Laboratorio Perla Laboratorio Ethel

Guanzate Deposito Gammatom

LIBRI

Milano Reattore Cesnef, Poli-MI Deposito Compoverde Udine Deposito Crad

Universita ` di Padova Reattore sottocritico SM-1

Sergio Zabot Claudio Monguzzi Illusione Nucleare Melampo, 2011

Universita ` di Pavia Reattore Lena

LIBRI

UDINE VARESE

COMO

MILANO TORINO

VERCELLI

PADOVA PAVIA

ALESSANDRIA

Trino Vercellese Centrale nucleare

PIACENZA BOLOGNA

Caorso Centrale Nucleare

FORLI

Vercelli Deposito Sorin Saluggia Deposito comb. irraggiati Impianto Eurex

Universita ` di Bologna Reattore RB-3

PISA

Alessandria Deposito Controlsonic Bosco Marengo Impianto fabb. combustibile

Trisaia Impianto Itrec ROMA

LIBRI

LATINA

Pisa Reattore Cisam CASERTA

Enea - Casaccia Impianto Plutonio Impianto Opec 1 Reattore Triga Reattore Tapiro

Latina Centrale nucleare

TARANTO

MATERA

Garigliano Centrale nucleare

Palermo Deposito Sicurad Reattore Agn di ricerca

Taranto Deposito Cemerad PALERMO

La dismissione delle centrali è un capitolo ancora quasi tutto da scrivere. Con costi a carico dei contribuenti. di Paola Baiocchi

“Q

UANDO PARLIAMO di smantellamento di una centrale atomica, o decommissioning in inglese, ci riferiamo a un capitolo quasi ancora tutto da scrivere” commenta Paola Migliavacca in un articolo dal preoccupante titolo Cento anni per staccare il nucleare. Sono già 124 i reattori nucleari nel mondo in attesa di es-

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sere smantellati, scrivono Sergio Zabot e Carlo Monguzzi in 13 domande sul nucleare, ed entro il 2020 ancora un centinaio dovranno essere fermati. Con problemi molto particolari, perché le diverse parti che le compongono hanno assorbito i flussi di neutroni che alimentavano la combustione nucleare e sono, quindi, radioattive con una pericolosità per gli organismi viventi

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che aumenta in base alla loro vicinanza al cuore del reattore. I costi delle operazioni sono molto elevati e lievitano continuamente, le tecnicalità sono sperimentali. Sono lavorazioni che richiedono molta acqua e siti di conferimento adatti ai diversi gradi di radioattività dei materiali trattati, attrezzi da lavoro compresi. Mancano poi in tutto il mondo i

Angelo Baracca, Giorgio Ferrari Ruffino Scram, ovvero la fine del nucleare Jaca Book, 2011

Forli Deposito Protex

FONTE: APAT

Il tutto a discapito della salIrresponsabile il comportamento vaguardia della salute della po- del governo: le macerie polazione, non informata sugli radioattive sono state avviate effetti dell’esposizione esterna alin discarica e agli inceneritori la radioattività, ma soprattutto mazioni scientifiche e poi confrontate con le sugli effetti transgenerazionali della contaminotizie fatte circolare: «L’epicentro del terrenazione. I radioisotopi che si depositino nelmoto del 9° grado è stato a circa 125 km dal l’acqua, infatti, entrano nel ciclo alimentare sito di Fukushima, dove è arrivato con una e si fissano nelle ossa, nella tiroide, nei tessupotenza di circa 900 volte inferiore, probabilti molli del corpo. Passano nella placenta e mente sotto il 7° grado. I dati rilevati dai siraggiungono l’embrione e il feto. smografi collocati nella centrale – continua Baracca - indicano per la stragrande maggioRotto il fondo del vessel ranza scosse inferiori ai dati di progetto. NoLa versione ufficiale del disastro parla di un nostante questo, danni molto seri sono stati terremoto di grado 9, tra i più forti che l’ucausati dal sisma, prima e indipendentemenmanità ricordi, molto superiore ai dati di prote dall’arrivo dello tsunami. L’onda poi ha getto dei reattori. Dice anche che i tre reattopeggiorato la situazione, sommergendo e speri in funzione si sarebbero regolarmente gnendo i diesel d’emergenza, collocati al di spenti e i sistemi di raffreddamento sarebbesotto del piano stradale con una pessima scelro entrati in funzione: solo l’arrivo di un’onta, vista la possibilità di tsunami nell’area». da di tsunami alta 14 metri avrebbe messo Concentrare più reattori per minimizzare fuori gioco i sistemi elettrico e diesel d’emerle spese per le autorizzazioni e localizzare imgenza. Questo evento assolutamente unico, pianti nucleari in un’isola ad alto rischio siconclude la versione ufficiale, avrebbe causasmico come il Giappone sono scelte induto gli incidenti ai noccioli dei tre reattori. striali sconsiderate che hanno generato una Ma le cose non sono andate così: i fisici situazione ancora fuori controllo, con il nocAngelo Baracca e Giorgio Ferrari hanno mesciolo del reattore 1 completamente fuso che, so in ordine il puzzle dell’informazione, in per la prima volta nella storia degli incidenti un report dal titolo Sindrome giapponese nucleari, ha rotto il fondo del vessel, ed è usci(http://www.semisottolaneve.org/ssn/a/345 to all’esterno nel basamento del reattore. Fu28.html) in italiano e in inglese. sione e perdita del contenimento che potrebBaracca ha spiegato a Valori il lavoro di bero essersi verificate anche nelle unità 2 e 3. gruppo con il quale sono state raccolte infor-

depositi dove le scorie più radioattive devono restare 300 mila anni. La Corte dei conti inglese ha redatto nel 2008 un rapporto in cui stima i costi per il decommissioning, basati su lavori che dureranno 120 anni: 56 miliardi di sterline nel 2003 diventano 73 miliardi nel 2007, ma già nel piano 2008-2013 i costi crescono del 41%. Tutti a carico dei contribuenti, perché

la British Energy nel frattempo è fallita e gli accantonamenti per la dismissione sono stati utilizzati per pagare i debiti della società. Costi stratosferici anche in Italia: Zabot e Monguzzi documentano che i costi previsti dalla Sogin, la società per azioni costituita e posseduta dal ministero dell’Economia per gestire la chiusura del ciclo del combustibile e la chiusura delle quattro |

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Rokuro Haku Un manga di Rokuro Haku, tradotto in italiano da un gruppo di collaboratori del Centro di documentazione “Semi sotto la neve”, diventato un libro grazie all’associazione Altrinformazione e la rivista Mamma! www.mamma.am /mamma/articoli /art_8408.html

centrali italiane, sono raddoppiati in sette anni: erano 2,6 miliardi nel 2001, sono stati aggiornati nel 2008 a 5,2 miliardi. Oltre alla complessità dei lavori, la Corte dei conti evidenzia anche caratteristiche molto italiane che fanno lievitare i costi: la Sogin non fa gare, ma assegna in modo discrezionale gli appalti e il suo personale è in continua crescita.

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FONTE: SOGIN

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COSTI DELLA COMMESSA NUCLEARE IN MILIONI DI EURO DISATTIVAZIONE DELLE CENTRALI Caorso

COSTI COMPLESSIVI 451

COSTI SOSTENUTI 202

Garigliano

265

38

Latina

661

56,7

Trino

270

62,5

1.647

359,2

Totale CHIUSURA CICLO COMBUSTIBILE Nuovo riprocessamento

COSTI COMPLESSIVI 322

COSTI SOSTENUTI 10,8

Creys-Malville

439

32,5

Vecchio riprocessamento (da trattare in Inghilterra)

432

120

Totale

1.193

DISATTIVAZIONE DEGLI IMPIANTI DEL CICLO DEL COMBUSTIBILE Trisaia (Itrec)

163,3

COSTI COMPLESSIVI

COSTI SOSTENUTI

280

12,8

Casaccia (Celle calde e Pu)

319

11,7

Saluggia (Eurex)

396

15,2

Bosco Marengo

47

11,7

Totale Gestione del programma Totale generale

1.042

51,4

447

152,7

4.329

726,6

Il fronte del no si allarga E l’industria nucleare si prepara alla guerra Svezia, Germania, Italia, Svizzera e Belgio, hanno deciso l’abbandono dell’atomo. Tra molti ostacoli.

NUOVE ENTRATE NEL CLUB DELL’ATOMO: I LABILI CONFINI TRA USI MILITARI E CIVILI

L’IRAN, LA SUA “LENTA” CORSA ATOMICA E LA STRATEGIA DELLA TENSIONE

CRESCERÀ PIÙ LENTAMENTE IL NUCLEARE dopo Fukushima, secondo l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Tre sono le cause che hanno portato l’Agenzia a ridurre dell’8% le sue previsioni sulla crescita dell’utilizzo dell’energia nucleare. Il primo motivo è l’incidente di Fukushima che – secondo il direttore generale dell’Agenzia, Yukiya Amano – "ha causato profonda preoccupazione pubblica in tutto il mondo e danneggiato la fiducia nel nucleare". A frenare l’atomo poi c’è anche la crisi economico-finanziaria e il fatto che un accordo post Kyoto, che avrebbe potuto rendere “finanziariamente visibili per gli investitori i benefici dell’energia nucleare per il clima”, è ancora in corso di negoziazione. Nell’ultimo rapporto previsionale, pubblicato lo scorso agosto, l’Aiea presenta due scenari, uno di minima e uno di massima, ambedue ridotti rispetto all’anno precedente: entro il 2030 dovrebbero essere 90 i nuovi impianti, oppure 350. Secondo l’Aiea i reattori aumenteranno soprattutto nei Paesi già nuclearizzati e in particolar modo nella regione asiatica: oltre alla Corea del Sud dove sono previsti 5 nuovi reattori, Cina (28) e India (6) continueranno ad essere i principali centri di espansione. Il Pakistan ha già 3 reattori attivi e ne sta costruendo un altro in collaborazione con la Cina. Per l’Aiea notevoli programmi verranno sviluppati in Medio Oriente e nell’Europa dell’Est, dove sono in costruzione 11 centrali in Russia, 2 in Bulgaria, 2 Slovacchia e 2 in Ucraina. Programmi più piccoli sono previsti in America Latina: in Argentina è in via di ultimazione la centrale Atucha II, iniziata nel 1981 e più volte interrotta per motivi economici; inoltre Brasile e Argentina hanno sottoscritto l’intesa per la creazione di un’impresa binazionale nucleare. La Turchia non ha ancora centrali nucleari, ma nel 2010 ha firmato un accordo con la russa Rosatom per la costruzione della centrale di Akkuyu: si tratterà di un “partenariato tra Stati” per un impianto costruito e gestito da Rosatom, con la proprietà che scenderà sul lungo termine al 51 per cento. Un secondo impianto, realizzato con le stesse modalità, dovrebbe essere localizzato a Sinope. È un caso a parte Israele, che possiede un arsenale nucleare ma non ancora una centrale.

«NEL 1942, NEL PIENO DELLA GUERRA, il governo statunitense varò il Progetto Manhattan allo scopo esplicito di costruire una bomba atomica prima che lo facessero i tedeschi. Il progetto raggiunse i suoi obiettivi in tre anni, al costo di due miliardi di allora». È Jared Diamond che ripercorre in poche battute la storia della bomba atomica, nel suo libro Armi, acciaio e malattie, che gli è valso il premio Pulitzer per la saggistica nel 1998. Senza nessuna precedente esperienza, in tre anni, è stato possibile costruire l’arma atomica. Come è possibile allora che l’Iran non l’abbia ancora? Entrata nelle vicende internazionali tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, “pur rimanendo del tutto ipotetica, da fonti occidentali è sempre stata via via presentata come imminente”scrive Giorgio Frankel nel suo L’Iran e la bomba, considerandola sicuramente “la bomba atomica più lenta e evanescente della storia”. Leggendo il rapporto dell’Agenzia per l’energia atomica (Aiea) queste considerazioni non possono che tornarci alla mente, soprattutto dopo aver conosciuto molte altre strumentalizzazioni di armi letali, inesistenti, che hanno portato a guerre. Il report dell’Aiea è stato annunciato l’8 novembre con un’ampia copertura dei media internazionali, che hanno sottolineato una svolta della ricerca iraniana verso il nucleare militare. Ma il report, che non dà nessuna certezza in proposito, è stato fatto circolare solo dopo la riunione a porte chiuse del Consiglio dei 35 a Vienna, il 17 novembre. L’allarme su dei nuovi progetti che l’Iran starebbe sviluppando è stato fatto salire, quindi, sulla base di indiscrezioni. Secondo una fonte russa, di nuovo ci sarebbe anche il contributo di diverse agenzie di intelligence straniere alla redazione del rapporto. Quali sono i contenuti del rapporto? Dieci nuovi siti dove l’Iran sta arricchendo l’uranio, individuati durante le periodiche visite che l’Agenzia compie nel Paese Mediorientale. Da sanzionare, se rientrano in attività non permesse, ma certo un po’ poco per lanciare un attacco all’Iran, come Israele ha minacciato dopo il report. Attacco che porterebbe a un coinvolgimento delle superpotenze mondiali dalle Pa. Bai. conseguenze veramente letali per il mondo.

di Paola Baiocchi

A

LL’INSOSTENIBILITÀ ECONOMICA

I dubbi del Giappone

In Giappone, prima delle sue dimissioni il dell’industria nucleare, agpremier Kan aveva annunciato il progressigravata dalla crisi, si aggiunvo abbandono del nucleare. Scelta appogge l’ipoteca messa sulla sua decantata sicugiata dal più ricco e famoso imprenditore rezza dall’incidente di Fukushima. È giapponese, Masayoshi Son, ma sulla quale soprattutto la Francia a risentire del convi sono in corso scontri a livello governatitraccolpo dal punto di vista economico, dovo. Mentre la popolazione chiede di decidepo aver visto sfumare con i referendum la re con un referendum, come in Italia. possibilità di vendere in Italia quattro cenIntanto si fanno i conti: delle 54 centratrali, una commessa da almeno 24 miliardi li che fornivano il 30% dell’energia elettrica di euro. Non è un caso che il presidente in Giappone, 35 sono ferme per il sisma di Sarkozy, subito dopo l’incidente, si sia precimarzo e in queste 11 reattori non riprendepitato in giro per vendere il reattore francese Epr e che Areva sia stata accusata di attacchi diffamatori per Il Belgio ha annunciato di voler aver sostenuto che con le sue fermare tre centrali entro il 2015 tecnologie a Fukushima non ci e le altre quattro entro il 2025. sarebbero stati danni. Aprendo il conflitto con Gdf-Suez | 58 | valori |

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ranno il servizio. Il danno stimato è di oltre 100 miliardi di dollari, che non verranno pagati dalla Tepco, ma dai contribuenti. Asia, Thailandia e Malesia hanno cancellato i loro piani nucleari, ma è soprattutto in Europa che il fronte del no si allarga: dopo Svezia, Germania, Svizzera e Italia, anche il Belgio con Di Rupo, capo del governo in pectore, ha annunciato l’abbandono dell’atomo con la chiusura di tre degli impianti più vecchi entro il 2015 e l’uscita completa con la cessazione degli altri quattro impianti entro il 2025. La proposta del socialista vallone Di Rupo in realtà prevede di portare a compimento quanto deciso per legge nel 2003 ma mai attuato. E che per il momento resterà nel limbo perché anche Di Rupo, che sembrava

aver messo fine alla crisi politica più lunga del mondo (durava dall’aprile del 2010), dopo un paio di mesi a fine novembre ha gettato la spugna senza formare il governo. Chi gli succederà dovrà abbandonare o continuare il progetto di chiusura, affrontando il conflitto con gli interessi del gruppo franco-belga Gdf-Suez, proprietario e gestore attraverso Electrabel della maggioranza dei sette impianti belgi. Nel 2009 il governo guidato da Herman von Rompuy aveva raggiunto un accordo con Electrabel per prorogare di dieci anni la vita delle centrali, in cambio di una tassa annua di 250 milioni di euro. Peccato che con la lunga vacanza di governo l’accordo non sia stato ratificato e ora Electrabel abbia fatto sapere di riservarsi il diritto di proteggere i

propri interessi, mentre Di Rupo aveva dichiarato di essere disposto ad aumentare la tassa fino a un miliardo di euro l’anno.

data è cominciato il “decommissioning rapido” delle nostre centrali. Tanto rapido che dopo 24 anni non è terminato, ma si trova ancora a risolvere problemi tecnici enormi, per esempio come “affettare” un reattore e Germania guai in vista La Germania è stata il primo Paese a decide- dove conferire l’enorme quantità di materiale radioattivo, a diversa intensità, che una re l’uscita completa dal nucleare in una decina d’anni, anche se le industrie nucleari centrale smantellata produce. I costi del commissioning sono più esorbitanti di quelli stanno intraprendendo azioni legali contro del Ponte sullo Stretto. Il trucco è presentarquesta decisione del governo. li in forma omeopatica: la Sogin spenderà Il no dell’Italia al nucleare è stato riba4,8 miliardi di euro fino al 2015. Ma nei condito con i referendum del giugno scorso, vegni per gli addetti ai lavori, quando si pardopo il no già espresso nel 1987. Da quella la di questi appalti (pubblici, naturalmente) gli occhi brillano, Le industrie nucleari stanno perché la cifra che circola è 55 miintraprendendo azioni legali liardi. Senza comprendere il costo contro la decisione tedesca della costruzione del deposito. di chiudere gli impianti

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| internazionale | osservatorio medio oriente | qatar | Vanikor

First phase

Samodor

late 2009 ESPO: EASTERN SIBERIAN - PACIFIC OCEAN PIPELINE

IL PAESE IN BREVE

Talakan

la più grande infrastruttura petrolifera del mondo 7.400 km, in

Taishet

costruzione dal 2006 data prevista di termine 2014.

INDIPENDENTE dal 1971, già protettorato inglese, il Qatar è una monarchia assoluta, in cui l’emiro è capo del governo e nomina i membri del Consiglio dei ministri (Shura). Il sistema giudiziario è composto da corti civili e penali; le corti, amministrate secondo la legge islamica della Shari'a, hanno giurisdizione limitata. Circa il 60% della popolazione è costituito da immigrati, soprattutto asiatici, per i quali Amnesty ha denunciato condizioni di “servitù involontaria” come domestici e operai, e in misura minore, per lo sfruttamento sessuale. Le scarse riserve di acqua dolce fanno dipendere il Qatar dagli impianti di desalinizzazione. Il Qatar sarà sede del Campionato di mondiale di calcio nel 2022.

Second phase

Trasporterà petrolio russo dalla Siberia verso Giappone e Sud

1.000.000 bpd

Corea. Mentre la diramazione già inaugurata nel 2011

FEDERAZIONE RUSSA

raggiunge la Cina, prima rifornita via mare o ferrovia.

Scovorodino

2015

300.000 bpd Linea In costruzione Linea già costruita

MONGOLIA

Giacimenti petroliferi

Daging refinery 120.000 bpd

Svizzera del Golfo Persico, emirato con un piede nel feudalesimo

Raffinerie

KYRGYZSTAN

e uno nell’informazione mondiale, il Qatar è grande meno della metà della Sicilia ma ha conquistato un ruolo di primo piano nella ricostruzione libica. Grazie alla ricchezza delle sue riserve di gas e alla tessitura di rapporti internazionali.

CINA IRAN

di Paola Baiocchi

vio a un osservatorio sul medio oriente, presentando i profili di Paesi di quell’area strategica, ricca di cultura e risorse naturali, che dal Mediterraneo si proietta verso l’Africa e verso l’Asia. Le rivolte nei Paesi nordafricani, la guerra in Libia e le altre fortissime tensioni che si stanno concentrando su Iran e Siria stanno ridisegnando i conflitti prossimo futuri, nei quali è difficile capire ruoli, alleati e interessi. Grazie anche a una disinformazione continua che rimesta ignoranza con tristi luoghi comuni. Nel prossimo numero di Valori si parlerà dell’Arabia Saudita.

Gas, petrolio e Al Jazeera

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QATAR

GIAPPONE

TIBET

PAKISTAN Dehli Khuzdar Sui

Zheliang NEPAL BHUTAN

Kunming

Gawadar

Karachi OMAN

INDIA Bombay

BANGLADESH Calcutta BURMA Sittwe

TAIWAN VIETNAM LAOS

SUDAN YEMEN

TAILANDIA Chennai

CAMBOGIA

FILIPPINE

SOMLIA SRI LANCA LA SICUREZZA DEGLI APPROVVIGIONAMENTI

Riserve petrolifere strategiche

Appoggio agli Usa e intervento in Libia L’altro punto di forza sul quale questa Svizzera del Golfo Persico ha costruito la sua area di influenza è l’aspetto militare: la penisola ospita, infatti, fin dal 1996 la base aerea di Al Udeid, 35 chilometri circa a Sud di Doha, la più lunga pista del Golfo, utilizzata per il rifornimento di carburante in aria. Gestita dalle forze armate dell’emirato, Al Udeid è strategica per le forze armate statunitensi che l’hanno attrezzata spendendo 1 miliardo di dollari e utilizzata per tutte le missioni a partire dall’Iraq fino all’Afghanistan, come postazione avanzata del Comando centrale per il Medioriente. Qui possono stazionare fino a 50 aerei e diverse migliaia di soldati, con serbatoi di stoccaggio con una capacità di 3,7 milioni

Piccolo, ma con una serie di record, il Qatar è il primo dei Paesi di cui si occuperà l’Osservatorio, perché il suo nome - di solito non ricorrente nelle cronache internazionali - è stato fatto per guidare la transizione in Libia dopo la Nato. Appena 11.586 kmq di territorio, la metà della Sicilia, ma su una penisola “strategicamente collocata al centro del Golfo Persico, vicino alle principali riserve petrolifere” (come chiosa la Cia nel profilo del Qatar sul worldfactbook), 25 miliardi di barili come riserve accertate di petrolio e il terzo più grande giacimento di gas naturale non associato al petrolio, sono solo alcune delle armi dell’emirato, una monarchia assoluta retta dalla famiglia Al ThaLa base di Al Udeid (35 km a Sud ni fin dall’Ottocento. di Doha) è una postazione Ma oltre ai doni della natura, avanzata del Comando centrale che gli hanno fatto conseguire il statunitense del Medioriente | 60 | valori |

Multan

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Passaggi pericolosi per attacchi di pirati Porti importanti Basi USA Marina Blue water cinese Postazioni cinesi Strade e autostrade del mare FONTE: NOSTRA ELABORAZIONE

D

ARABIA SAUDITA

Shandong

AFGHANISTAN

Asaluyeh Bandar Abbas

Pil pro capite più alto del mondo (179 mila dollari Usa, secondo la stima 2010), il Qatar ha costruito la sua reputazione di affidabilità per gli investitori internazionali, grazie alla Tv in lingua araba, Al Jazeera. Nata a Doha con i finanziamenti della famiglia reale nel 1996, Al Jazeera trasmette ora anche da Washington, Kuala Lumpur e Londra, e le sue trasmissioni, anche in inglese, sono seguite in oltre 100 Paesi, coprendo spesso da sole i principali avvenimenti dell’area mediorientale.

Liaoning Pechino

TAJIKI STAN

IRAQ

A QUESTO NUMERO Valori dà av-

Urumqi Xinjiang

Tratti di percorsi marittimi strategici per la Cina da proteggere Iran-Pakistan-India : India e Pakistan sono i destinatari di questo gasdotto con il quale l’Iran servirebbe due partner strategici degli Stati Uniti. Data di completamento 2015. Rigassificatori

di litri di carburante per l’aviazione. L’intervento del Qatar in Libia con dollari e miliziani è ormai acclarato: «Noi qatariani eravamo tra i ribelli libici sul terreno, a centinaia in ogni regione», ha dichiarato il capo di stato maggiore Hamad Bin Ali AlAtiya, precisando che «abbiamo gestito l’addestramento e le comunicazioni dei ribelli, supervisionato i loro piani, assicurato il loro collegamento con le forze Nato» (The Guardian, 26 ottobre). Mentre Le Figaro ha riportato che il Qatar ha inviato in Libia almeno

GOLFO PERSICO IL MEDITERRANEO DEL XXI SECOLO cinquemila uomini delle forze speciali, che «sono arrivati con le valige piene di soldi, cosa che ha permesso loro di far ribellare delle tribù». Qatariano potrebbe essere anche l’uccisore di Gheddafi. La presenza del Qatar sta destando ora preoccupazioni nella “ricostruzione” libica, almeno secondo l’ex capo del Consiglio nazionale di transizione, Mustafa Jalil, che ha annunciato il 2 novembre la partecipazione delle imprese turche alla ricostruzione delle infrastrutture in Libia, e ammonito per l’in-

AUSTRALIA

gerenza del Qatar nelle decisioni libiche. Intanto la Qatar Airways ha inaugurato il volo Doha-Bengasi, e Libya TV “il primo canale indipendente della nuova Libia” trasmette dal Qatar. L’Italia ha una corrispondenza diretta con l’emirato, visitato in modo bipartisan, per fare qualche nome, da Dini, Boniver, Bonino, Frattini, Craxi, Scajola e Napolitano. E con il Qatar, oltre alle forniture per i gassificatori, abbiamo sottoscritto un accordo quadro di cooperazione militare.

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Capace di relazionare grazie al gas con Europa, Iran, Stati Uniti, Pakistan e Cina, il Qatar è all’intersezione dei percorsi di circolazione del gas e del petrolio. Seguendo queste rotte, giù operative o in costruzione, si possono individuare i futuri punti di conflitto.

Popolazione: 848.016 (stima luglio 2011) Governo: monarchia assoluta Indipendenza: il 3 settembre 1971 dal Regno Unito Costituzione: effettiva dal 9 giugno 2005 Territorio: 11.586 kmq Acqua: 0 kmq Terre irrigate: 130 kmq (2008) Popolazione: composizione della popolazione: Arabi 40%, Indiani 18%, Pachistani 18%, Iraniani 10%, altri 14% Età media: 30,8 anni Mortalità infantile: 12,05 morti/1.000 nati Aspettativa di vita: 75,7 anni Spese per l’educazione: 3,3% del Pil (2005) Pil: 50,6 miliardi dollari (2010 stima) Pil, tasso di crescita reale: 16,3% (stima 2010) posizione nella graduatoria mondiale per crescita Pil: 1° Pil pro capite: 1° posizione nella graduatoria mondiale con (stima 2010) Disoccupazione: 0,5% (stima 2010), 2° al mondo

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QATAR

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FONTE: CIA - THE WORLD FACTBOOK

Petrodollari, tv, armi e diplomazia

600.000 bpd


Punta Arenas, capitale della regione delle Magellane e dell’Antartide cilena.

che vivono privi di assistenza sanitaria e di accesso all’istruzione. E le 15 famiglie più ricche del Paese, nel frattempo, che controllano il 20% della ricchezza prodotta.

Interessi personali vs ambiente

Patagonia cilena, la rivolta contro il carbone Partita da Punta Arenas la protesta contro la miniera di Riesco, che vede opporsi gli interessi dei cittadini e dell’ambiente a quelli dell’oligarchia al governo. di Andrea Barolini L CARBONE OGGI, la miseria domani”. Lo striscione che campeggia sul corso principale di Punta Arenas – comune di 119 mila abitanti nell’estremo Sud cileno, al confine tra gli oceani Pacifico e Atlantico – riassume perfettamente i timori, la rabbia e la voglia di lottare degli abitanti di una delle regioni più remote del Sudamerica. Da qui è nata, dallo scorso gennaio, una vera e propria rivolta contro il progetto del governo di costruire una gigantesca miniera a cielo aperto: 500 ettari di scavi, per estrarre 6 milioni di tonnellate di carbone all’anno e un porto per far salpare i carichi verso Nord. Teatro dello scempio ambientale dovrà essere l’isola di Riesco, la più grande nello sperduto – e incontaminato – lembo di terra cileno.

“I

Tesoro nero

vuole sfruttare i grandi giacimenti carboniferi così da alimentare centrali ambientalmente insostenibili pur di dare nuova linfa alla crescita del Paese. Un “metodo” in perfetta sintonia con le politiche economiche nazionali dal 1973 ad oggi. Ovvero dall’anno del rovesciamento cruento del governo legittimo di Salvador Allende, seguito dalla dittatura militare fascista di Augusto Pinochet. Il tutto sotto l’egida degli Stati Uniti, che, oltre ad aver esportato bombe, hanno indicato la linea economica: privatizzazione dei gangli fondamentali del sistema produttivo, fiducia cieca nell’economia di mercato, sostegno sociale ridotto al minimo. Il risultato è stato un’espansione record, per molti anni, sostenuta da un boom dei consumi. Ma, al contempo, su 12 milioni di abitanti, la quota degli indigenti è via via aumentata, fino a raggiungere oggi un terzo della popolazione. Quattro milioni di cittadini

Abitata un tempo dagli indigeni kaweskar, oggi sull’isola rimangono poche centinaia di pastori, in qualche Il presidente cileno Piñera decina di grandi fattorie. Una e sua moglie hanno delle presenza irrilevante per la destra partecipazioni nella società guidata da Sebastián Piñera, che interessata alla costruzione | 62 | valori |

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Proprio per questo la protesta dell’isola di Riesco si è trasformata in breve da una rivendicazione locale, partita lo scorso gennaio, in un movimento più ampio, che ad aprile ha visto in piazza a Santiago 80 mila persone contestare a tutto tondo le scelte di Piñera. A partire dalla sua posizione personale: la società che si dovrebbe occupare della costruzione delle miniere è infatti la Minera Isla Riesco (Mir), controllata dalle compagnie Ultramar e Copec. Il presidente possiede l’1,3% del capitale e un’ulteriore quota (il cui ammontare è sconosciuto) è in mano a sua moglie. Non meno importante il capitolo ecologico: i rischi, secondo gli ambientalisti, sono enormi. Una miniera a cielo aperto, in un’area nella quale soffiano venti fortissimi, potrebbe inquinare un’ampia porzione del territorio, in gran parte vergine. «Non occuperemo più dello 0,5% della superficie dell’isola – ha minimizzato al quotidiano francese Le Monde Patricio Alvarado, responsabile ambientale della Mir – e pianteremo degli alberi per compensare i danni della miniera». E per quanto riguarda il particolato portato dal vento «vigileremo attraverso una rete di stazioni meteorologiche». Parole che non hanno convinto i contrari, preoccupati anche per le pesanti ricadute che si potrebbero generare sul turistimo. Se è vero, infatti, che la Mir offrirà 800 nuovi impieghi, i vacanzieri che arrivano da tutto il mondo garantiscono almeno 12 mila posti di lavoro, secondo l’economista cileno José Vera. Per tutto ciò le associazioni si preparano anche ad una battaglia legale. Piñera di certo non si arrenderà facilmente: il sito informacioncivica.info ricorda come la sola pianificazione della miniera abbia comportato una decisa crescita delle azioni dell’azienda di cui è comproprietario, che gli ha fatto guadagnare 5 milioni di dollari in un solo giorno. Da una parte, dunque, gli interessi dei contadini, dell’ambiente, della gente comune. Dall’altra quelli delle grandi aziende, della politica, del mercato, dell’ideologia liberista: lo stesso braccio di ferro dal 1973.

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Foto: Tipsimages - Art Director: Nausica Eleonora

| internazionale | miniere |

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ASV1211


altrevoci

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LEGAMBIENTE VIGILA SUL NEO-MINISTRO PASSERA

DA NAPOLI L’ABC DELL’ACQUA PUBBLICA Basta guardare le foto scattate al termine del Consiglio comunale di Napoli del 26 ottobre scorso per rendersi conto che nella città partenopea si sta attuando un portato politico aperto a nuove forze: Alex Zanotelli con un cappello a forma di rubinetto, accanto ai rappresentanti del Forum dell’acqua, festeggia la firma della trasformazione dell’azienda Arin Spa in Acqua Bene Comune Napoli (Abc), un ente di diritto pubblico che gestirà le risorse idriche. Un primo passo per dare attuazione al risultato dei referendum di giugno, di cui Napoli ha una parte di paternità, perché l’amministrazione De Magistris è stata la prima ad aver istituito un assessorato ai Beni comuni, con assessore Alberto Lucarelli, che è professore universitario di Diritto pubblico e anche uno dei redattori dei quesiti referendari. La lotta per l’acqua pubblica era partita nel 2004, quando i 150 Comuni dell’area di Napoli e Caserta avevano votato per la privatizzazione del servizio. Tutto era restato uguale, anche dopo il voto nel 2006 per la ripubblicizzazione, al quale Bassolino e la Iervolino non avevano mai dato seguito. Sull’esempio di Napoli, e per non lasciare inattuata la volontà espressa con i referendum, molti comitati per l’acqua pubblica chiedono ora che si avvii la procedura di ripubblicizzazione dei servizi idrici.

CASCINA IN CRISI? AI FINANZIAMENTI CI PENSANO I GAS E MAG2 L'azienda agricola Cascina Lassi, che lavora ormai da oltre sessant'anni a Cerro al Lambro nel Parco agricolo sud di Milano, di recente ha deciso di convertirsi al biologico. Ma la crisi si fa sentire e i costi lievitano: di conseguenza, attualmente versa in condizioni di forte difficoltà. Così il Desr (Distretto di economia solidale rurale) del Parco sud e la cooperativa finanziaria solidale Mag2 hanno deciso di non restare con le mani in mano. E di ispirarsi al meccanismo già messo in moto con successo nel 2009 per salvare il caseificio biologico Fratelli Tomasoni di Cottolengo (Brescia), che sembrava destinato a una fine certa. Per sostenere Cascina Lassi, i Gas possono acquistarne i prodotti pagandoli con un anticipo di diciotto mesi, in modo da ridare ossigeno alle risorse dell'azienda. A quel punto entra in gioco la cooperativa finanziaria solidale Mag2, che si è impegnata a raddoppiare la quota di capitale sociale versata dai propri soci in favore della cascina, erogando un finanziamento triennale. [V.N.]

[PA. BAI.]

Una task force per vigilare sull’operato del neo-ministro delle Infrastrutture Corrado Passera. Ad annunciarla è stata Legambiente Lombardia: “Se l’economia sta cercando faticosamente di uscire dalla crisi – ha spiegato l’associazione ecologista – non altrettanto si può dire per le banche, che dovrebbero coprire la voragine dei costi relativi alle nuove grandi infrastrutture lombarde, in primo luogo le autostrade, su cui si addensano grosse nubi circa l’effettiva praticabilità del project financing”. Nel mirino c’è la nuova Brescia-Milano: «Si tratta di un’opera realizzata senza il sostegno di adeguate previsioni di traffico – ha aggiunto Dario Balotta, responsabile locale per i trasporti di Legambiente – e per questo alle stesse banche cominciano a non tornare i conti». Sullo stesso tema si stanno intanto impegnando le associazioni Rete civica italiana, Movimento Stop al Consumo di Territorio, Coordinamento Nord Sud del Mondo. Insieme hanno lanciato una campagna rivolta ai clienti delle banche che finanziano grandi opere dannose per il territorio e per le comunità, chiedendo di sollecitare i loro istituti di credito ad abbandonare i progetti. «Le grandi opere della Lombardia, dalla Bre-Be-Mi alla Tem, dalla Pedemontana all’autostrada dei Laghi, dalla statale 38 alla tangenziale di Morbegno si stanno portando via quasi 53 milioni di metri quadrati di aree agricole», ha ammonito Nino Andena, presidente di Coldiretti Lombardia.

EUROZONA, CIPRO SEMPRE PIU NELLA BUFERA Se non saranno introdotte al più presto le opportune misure di austerity, il governo di Cipro sarà costretto a chiedere ufficialmente un sostegno finanziario all’Unione europea sul modello di quelli già concessi a Grecia, Irlanda e Portogallo. È l’allarme lanciato in queste settimane dal ministro delle Finanze di Nicosia Kikis Kazamias. Tra le misure allo studio del governo, il blocco ai salari dei dipendenti pubblici per un paio d’anni, una tassa aggiuntiva sui redditi del settore privato e un’imposta sul fatturato delle imprese locali. Tutte iniziative, queste ultime, che mirano a produrre un risparmio di almeno 355 milioni di euro con l’obiettivo di permettere al Paese di rientrare al più presto entro i parametri di stabilità europei. Il valore totale delle misure di austerity per il 2012 si aggira sugli 840 milioni di euro (1,1 miliardi di dollari, circa il 5% del Pil). A scatenare la crisi è stata soprattutto la debolezza del sistema bancario, particolarmente esposto ai titoli di Stato greci. A luglio, il Wall Street Journal ha stimato che il taglio del 50% sul valore dei bond di Atene dovrebbe costare agli istituti dell’isola qualcosa come 982 milioni di euro (contro gli 843 della Germania e gli 1,4 miliardi della Francia).

DERIVATI OTC, +18% NELLA PRIMA META DEL 2011 I regolatori internazionali hanno provato a limitarne l’utilizzo, ma le piattaforme over the counter, ovvero quelle non ufficiali e pertanto difficilmente controllabili dagli organismi di vigilanza, continuano a suscitare l’interesse dei mercati. Dopo una fase di sostanziale attesa, registrata nella seconda metà del 2010, nei primi sei mesi di quest’anno si è assistito a un nuovo boom: +18%, facendo raggiungere quota 708 mila miliardi di dollari. A rivelarlo il rapporto Otc derivatives market activity in the first half of 2011 della Banca dei regolamenti internazionali, che sottolinea come tutti i principali derivati risultino in crescita. A cominciare da quelli sui tassi di interesse (interest rate derivatives), che hanno segnato un +19%. Un aumento del 12% ha interessato anche gli FX derivatives (Foreign Exchange), mentre risulta più contenuto il dato relativo ai Credit-default swap (Cds). In questo caso la crescita è stata dell’8%, con un valore di mercato complessivo pari a 1.300 miliardi di dollari. Gli investitori spregiudicati non si sono fermati neppure di fronte alla grave crisi in cui versano numerosi Stati del mondo: anche il dato specifico sui Cds legati ai debiti sovrani risulta infatti in crescita (sebbene sia ancora lontano dai livelli della prima metà del 2010).

[A.BAR.]

NON PROFIT, PRESENTATA LA PIATTAFORMA DI UBI BANCA Anche UBI Banca si lancia nel sistema del non profit. La banca ha presentato nelle settimane scorse una piattaforma di servizi e strumenti dedicati alle organizzazioni senza scopo di lucro e alle istituzioni religiose. Il “mercato”, d’altra parte, è appetibile (non a caso numerosi istituti negli ultimi hanno lanciato prodotti dedicati): le realtà che operano nel Terzo Settore sono ormai circa 250 mila, il che equivale a quasi 5 milioni di persone tra dipendenti e volontari, per un fatturato annuo di 46 miliardi di euro (intorno al 4% del Pil nazionale). Un mondo che fatica sempre più ad ottenere il supporto finanziario di cui necessita per andare avanti. Di qui la necessità di rapporti bancari ad hoc: come quelli, strutturati ormai da anni, che offrono istituti come Banca Etica e Banca Prossima. «Con UBI Comunità cercheremo di sostenere e contribuire alla crescita di iniziative e progetti che creino valore per la società e favoriscano lo sviluppo dell’economia del bene comune», ha dichiarato Rossella Leidi, dirigente di UBI Banca. L’iniziativa, concretamente, prevede la proposta di soluzioni creditizie diversificate per l’anticipazione dei contributi e delle entrate, nonché una gamma di finanziamenti flessibili e personalizzabili. Ma anche conti correnti, carta prepagate e mutui per dipendenti, collaboratori e soci.

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MESSICO, MUORE IL MINISTRO ANTI NARCOS REGNO UNITO, LO SPREAD TRA RICCHI E POVERI AI MASSIMI STORICI Il divario sui ricavi tra i cittadini più ricchi e quelli più poveri della Gran Bretagna ha raggiunto il suo livello massimo di sempre. Lo ha riferito il quotidiano Daily Telegraph citando i dati resi noti dalla società di ricerca Markit. Le cifre contribuiscono ad alimentare ulteriormente il dibattito sull’efficacia delle misure di lotta alla recessione adottate dal governo conservatore di David Cameron, accusato di favorire eccessivamente l’upper class. Secondo l’economista di Markit Tim Moore, l’ultima analisi condotta dimostrerebbe che la recessione patita dalle famiglie britanniche non si sarebbe mai placata dallo scoppio della crisi ad oggi. Secondo quanto rilevato, oltre la metà degli intervistati nella categoria dei meno abbienti (coloro che guadagnano meno di 15 mila sterline all’anno) ha dichiarato un peggioramento del proprio stato patrimoniale nel corso degli ultimi tre mesi. Una risposta, quest’ultima, condivisa al contrario da meno del 20% dei più ricchi (oltre 57.751 sterline annue). A evidenziare un incremento delle proprie finanze appena il 2% dei più poveri contro il 14% dei cosiddetti top earners. Le situazioni peggiori, nota ancora l’indagine, si riscontrano tra i più giovani (categoria 18-25 anni). [M.CAV.]

[A.BAR.]

[M.CAV]

Forte emozione ha suscitato in Messico la morte del ministro degli Interni, José Francisco Blake Mora. Nato in una famiglia operaia il 45enne avvocato del Partido Acción Nacional (Pan) ha trovato la morte assieme a otto persone, per lo schianto dell’elicottero presidenziale lo scorso 11 novembre. Nessuno è sopravvissuto: l’apparecchio è stato distrutto dall’urto contro una collina e dall’impatto a terra. Il velivolo non si trovava nella rotta prevista e nella zona era presente una fitta nebbia. Assieme a Blake Mora viaggiava il suo braccio destro, il sottosegretario per gli affari legali e i diritti dell’uomo, Felipe Zamora Castro, il coordinatore della comunicazione sociale Josè Garcia, oltre al pilota, al copilota e tre militari. Il presidente Caldiron ha coinvolto nelle indagini Francia e Stati Uniti: la morte del ministro, impegnato nella lotta alla corruzione e ai cartelli della droga, suscita molti interrogativi: il 4 novembre 2008 era morto precipitando con un elicottero il precedente ministro degli Interni, Juan Camilo Mouriño. E il 21 settembre 2005 in un altro incidente d’elicottero erano morti molti alti funzionari della Sicurezza e della Polizia impegnati contro i narcos. Inoltre un messaggio Twitter 14 ore prima dello schianto aveva annunciato: “Domani alle 11:11 il ministro cadrà...impedire Reforma”.

[PA.BAI.]

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A CURA DI MICHELE MANCINO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

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| A CURA DI MICHELE MANCINO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

C’E ANCORA SPAZIO PER LE GRANDI IMPRESE?

IN FUTURO BISOGNA VOLERE DI MENO

DIRITTI E DOVERI DELLA LIBERTÀ

GIUSTIZIA O DIRITTO QUESTO È IL PROBLEMA

MERITARSI QUALCOSA È SEMPRE DIFFICILE

Le vicende della Fiat, dalle acquisizioni negli Usa fino alla rottura dei rapporti sindacali in Italia, sono singole tessere di un’immagine più complessa che interroga il nostro sistema economico. C’è ancora spazio per la grande impresa in Italia? Ciò che accade alla FiatChrysler è un segnale di quanto potrà verificarsi in altre grandi aziende, divise tra l’essere costantemente proiettate su un piano internazionale e il radicamento territoriale. La recente storia della casa automobilistica torinese insegna che la scelta di una soluzione internazionale, in tempi di globalizzazione, può essere una condizione necessaria per sopravvivere. L’alleanza stipulata Oltreoceano segna perciò un giro di boa nella storia industriale italiana: la Fiat, dopo le difficoltà del primo rilancio, ha preso al volo la crisi scoppiata nel 2008 per cercare di andare a colonizzare altri sistemi industriali. Un modo per non subire la dinamica globale che al contempo minaccia il legame con la terra d’origine. Il progressivo distacco dall’Italia della sua impresa-simbolo pone quindi interrogativi sulle prospettive stesse del nostro industrialismo.

Il passaggio all’agricoltura e all’allevamento degli animali ha segnato un cambiamento che ha garantito all’uomo la possibilità di espandersi e strutturarsi in società sempre più articolate e complesse. Un viaggio durato diecimila anni che ha trasformato l’homo sapiens in specie cosmopolita con un costo elevato: trasmissione e diffusione di malattie prima sconosciute, tensioni sociali, sovrappopolamento, fino ad arrivare a oggi, con un Pianeta ridotto allo stremo dall’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, pesantemente inquinato e minato dal riscaldamento globale. Rimane, al fondo di questo vaso di Pandora, ancora una speranza: la stessa capacità creativa e innovativa che ci ha portato fino a qui può garantire un futuro alla specie umana e all’ambiente che la ospita. Se sapremo capire una cosa importante: volere di meno.

Il terzo capitolo di questo libro si intitola “La caricatura della libertà: tra pubblici divieti e licenze private”. È il nocciolo del tema affrontato da Emma Bonino che fotografa la cultura del Bel Paese, impregnata di clientelismo e dove il merito soccombe sempre sotto il privilegio di chi è accondiscendente con il potere. «Gli italiani si sono inventati la caricatura della libertà. Ma la libertà prende forma con i diritti e sono i doveri a darle “tenuta”, anzi diritti e doveri sono le facce di una stessa medaglia. La libertà si accompagna alla responsabilità». Un messaggio semplice quanto anomalo in un’Italia dove la regola è stravolgere le regole, per reinterpretarle a proprio uso e consumo. In questo sistema, l’autrice si chiede dove sia l’Europa e quale sia il rapporto tra il mercato e le regole (che non ci sono). Senza Stato di diritto non ci possono essere diritti, è la lezione che arriva dall’altra metà del mondo.

Seguire la coscienza, assecondando un alto desiderio di giustizia, oppure rimettere in discussione tutta la propria vita, ormai avviata sul binario della tranquillità? Affrontare questo dilemma per un magistrato di 65 anni, con una moglie interessante, una bella casa e una figlia che ha scelto di lavorare in America non è semplice, soprattutto in vista di una promozione in provincia. È una giovane giornalista che riporta la vita reale nell’ordinaria e rassicurante esistenza del magistrato. La donna si è occupata del caso di un immigrato, condannato in primo grado per tentato omicidio, ed è convinta che l’uomo sia innocente anche se non ha prove nuove. Ma le sue informazioni aprono delle crepe nelle certezze della pubblica accusa. E questo in un momento della vita del magistrato in cui piccole crepe avevano già cominciato a manifestarsi. Come quelle che attraversano lo stesso Palazzo di Giustizia, «una zona dove le regole erano incerte». Come i chiodi a espansione usati per fissare le lastre di marmo del Palazzo di Giustizia, che hanno iniziato a smuoversi e a cedere dopo i lavori di sopraelevazione. Crepe che si erano già affacciate nella sua coscienza, proiettando un’ombra di inquietudine nella calma apparente della sua vita.

Una storia ambientata a Parigi in un liceo per figli di ricchi americani. Tre protagonisti: un professore di letteratura laico e progressista, William Silver; uno studente che segue le sue lezioni, Gilad Fisher, e Marie de Cléry, giovane studentessa alla ricerca di sé. Gilad non ha vita facile in famiglia, continuamente costretto ad adattarsi a contesti diversi, al seguito del padre diplomatico. Marie è tormentata. Non ha un rapporto facile con se stessa, col proprio e l’altrui sesso e con la mescolanza di invidia, odio e insofferenza che la lega alla sua “migliore amica” Ariel. Il professore insegna con passione e le sue argomentazioni, impregnate di libertà e responsabilità, sono seguite dai suoi alunni quasi con adorazione. Nella sua vita però William demolisce il mito costruito su sé stesso, finendo per cedere al corteggiamento di Marie, alla ricerca di una figura paterna, e alimentando il culto personale nel giovane e smarrito Gilad. Le parole hanno ceduto il passo alla vita vissuta.

SPENCER WELLS LIL SEME DI PANDORA

Codice, 2011

LA QUINTA MAFIA ABITA A MILANO E NON E PIU SOLO UN’INFILTRATA La ‘ndrangheta ha da sempre una strategia: penetrare il Nord in tutti i suoi gangli vitali, a partire da quelli economici e politici. La sua presenza nelle amministrazioni locali, nelle strutture sanitarie e nelle imprese è ormai cosa nota. Meno noto è il percorso di chi viene contaminato da questo abbraccio mortale che spesso si trasforma in un efficace “promotore” del meccanismo mafioso. Gli uomini del Nord hanno imparato in fretta i metodi criminali, a volte costretti dalle minacce, a volte per bieco interesse. L’industriosa borghesia nordista è piena di questi esempi. E così la ‘ndrangheta non si lascia sfuggire nulla: allunga le mani sui nuovi progetti miliardari della capitale morale ed economica del Nord Italia, con metodo e tenacia, servendosi del sistema. Questa inchiesta racconta la nuova antropologia mafiosa padana, partendo dalle voci delle vittime, degli indagati, dei condannati e dei magistrati. Il quadro che emerge è quello di un Nord che non ha i necessari anticorpi culturali che invece ha sempre pensato di avere, di un popolo omertoso e spaventato, di una diffusa minoranza spregiudicata e criminale, interessata ai soldi facili, al potere a ogni costo. Dall’infiltrazione si è passati alla trasformazione. Il Nord è ormai pronto per essere la regione della quinta mafia. MARTA CHIAVARI LA QUINTA MAFIA

Ponte alle Grazie, 2011

GIUSEPPE BERTA FIAT-CHRYSLER E LA DERIVA DELL’ITALIA INDUSTRIALE

EMMA BONINO I DOVERI DELLA LIBERTÀ

Laterza, 2011

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narrativa

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ULTIME NOTIZIE DAL SUD DEL MONDO

IL TROISI PRIVATO SVELATO DA SUA SORELLA Per gli amanti del cinema italiano, per chi ancora ha nelle orecchie la sua voce e il suono delle sue interpretazioni più celebri, questo libro può essere un regalo di Natale molto apprezzato. Con “Oltre il respiro” non si ripercorre solo la storia artistica di Massimo Troisi. Se ne scoprono i lati meno conosciuti. Le sue vicende familiari. Tutte quelle informazioni che solo un parente stretto – in questo caso sua sorella Rosaria – può ricordare e decidere di condividere con tutti coloro che gli hanno voluto bene. Come quando racconta la felicità di Massimo, “euforico come quando tornava vittorioso da una partita di calcio”, impaziente di annunciare “tutto fiero di essere stato scelto per interpretare il ruolo di Pinocchio nella recita di fine anno della quinta elementare”. Il libro, scritto insieme a Lilly Ippoliti, educatrice impegnata a lavorare con i ragazzi a rischio nei quartieri problematici di Napoli, è completato anche da una serie di disegni realizzati appositamente per questo volume, che aiuta a rivivere i momenti più belli della carriera artistica di Troisi. ROSARIA TROISI, LILLY IPPOLITI OLTRE IL RESPIRO

Iacobelli editore, 2011

ALEXANDER MAKSIK NON TI MERITI NULLA

Due amici, uno scrittore e un fotografo, progettano un libro sul Sud del mondo. Girano per il Pianeta e lo ritraggono per quello che è: uno strano miscuglio di crudeltà e tenerezza, di verità e leggenda. Muovendosi nella steppa patagonica, armati di una Moleskine (come Bruce Chatwin) e di una Leica, i due amici vanno a caccia di storie da ultima frontiera. Forse le ultime storie di frontiera: le ultime notizie dal Sud. Laggiù, lungo strade spazzate dal vento, capita di incontrare un virtuoso liutaio che si aggira in cerca del legno più adatto per costruire un violino. In un bar di San Carlos de Bariloche si può far amicizia con un ubriaco che afferma di essere il discendente di Davy Crockett. E nella pampa brulla una vecchietta con il dono di rendere fertile tutto ciò che tocca diviene il simbolo del legame con una terra su cui troppi vorrebbero allungare le mani. Il tempo passa, alle storie si aggiungono altre storie, e il libro vede la luce anni dopo, quando le cose che voleva raccontare hanno acquisito “il sapore dell’inesorabilmente perduto”.

LUIS SEPULVEDA, DANIEL MORDZINSKI ULTIME NOTIZIE DAL SUD

Edizioni e/o, 2011

Guanda, 2011

GIORGIO FONTANA PER LEGGE SUPERIORE

Il Mulino, 2011

Sellerio, 2011 | 66 | valori |

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NOI CI SIAMO! E TU? dal

O Z R A M 30 2012 E L I R P A 1

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A CURA DI VALENTINA NERI | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A NERI@VALORI.IT

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terrafutura

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LA LIBERTÀ PASSA ANCHE PER I DOLCI Al tavolo dei potenti della Terra al G8 dell’Aquila, nel 2009, c’erano anche i panettoni del marchio I dolci di Giotto. Gli stessi che vengono venduti in decine di punti vendita in tutt’Italia e che hanno ottenuto numerose certificazioni: dal Piatto d’argento alla menzione del Gambero rosso. Panettoni che sono opera di pasticceri molto particolari: i detenuti del carcere Due Palazzi di Padova. Quello de I dolci di Giotto, infatti, è un progetto nato dal Consorzio Rebus, che riunisce tre cooperative che impiegano un centinaio di carcerati per lavori che vanno dalla ristorazione, alla fabbricazione di biciclette, al call center, fino, per l'appunto, ai dolci. Partendo da un presupposto fondamentale: l’occupazione è uno degli elementi di base per favorire il reinserimento sociale e ridare dignità alla pena. Ma i detenuti che ne hanno la possibilità sono ancora troppo pochi (solo 14 mila su una popolazione carceraria di circa 68 mila in tutto). E i progetti dedicati a loro si possono sostenere anche gustando questi dolci: siamo nella stagione dei cesti natalizi in cui domina il panettone, ma nel resto dell'anno si passa a colombe pasquali, biscotti e focacce.

METTIAMO UN PO’ DI SOSTENIBILITÀ SOTTO L’ALBERO I regali di Natale sono una di quelle consuetudini alle quali è quasi impossibile rinunciare. E si moltiplicano le occasioni per trovare, per amici e parenti, qualche dono un po’ più originale, e soprattutto “etico”. A Milano, per il quindicesimo anno consecutivo, ci pensano Chico Mendes Altromercato, Radio Popolare e la cooperativa Librerie in Piazza, con il Banco di Garabombo. Per circa due mesi, dall’11 novembre al 9 gennaio, uno spazio di circa 400 metri quadrati al parcheggio di Via Pagano ospita una vasta gamma di espositori, con le loro proposte: dai prodotti alimentari (a Km zero, biologici, di presidi Slow Food o ancora provenienti da terreni confiscati alle mafie), a borse, gioielli e orologi realizzati dalla trasformazione di materiali di recupero, ai prodotti tipici dei Paesi del sud del mondo, a cosmetici e detergenti bio non testati sugli animali. Molto spazio è dedicato anche all’economia carceraria e ai libri sul consumo critico.

LA MODA CHE CAMBIA A FIRENZE UN TOCCO DI VERDE SULLA SCRIVANIA Aprire un piccolo sacchetto pieno di terriccio e semi, innaffiarlo periodicamente e ottenere nel giro di qualche giorno un micro-giardino floreale (ma anche di piante come il basilico o il peperoncino) adatto a vivacizzare spazi domestici come un balcone o una scrivania. In Gran Bretagna è un’abitudine ormai consolidata: a portarla in Italia ha provveduto Yes.life store, il ramo e-commerce del magazine a tema ambientale Yes.life. Ma il fattore più importante è che si tratta di prodotti totalmente ecologici: la confezione non contiene Pvc, le etichette sono in carta certificata Fsc e il biglietto per scrivere auguri o dediche è in cartoncino riciclato. Il terriccio inoltre è riciclato da scarti di lavorazione del legno, è privo di torba ed è biologico, certificato dalla Soil Association. E parte del ricavato delle tre “edizioni natalizie” verrà devoluto alla Fondazione Banco Alimentare, che da anni raccoglie le eccedenze della produzione alimentare per redistribuirle alle Onlus. www.giardinitascabili.it

www.bancodigarabombo.it

“Qualcosa è cambiato” innanzitutto nella storia personale di Mariantonietta Davoli, un architetto sardo che a un certo punto della propria vita ha deciso di sfruttare la propria naturale predisposizione per i lavori manuali e reinventarsi come sarta stilista. E qualcosa cambia anche negli abiti e tessuti dismessi che chiunque può lasciare davanti alla porta del suo atelier di Firenze, per vederli trasformati in qualcosa di radicalmente nuovo, che può essere studiato appositamente per il committente oppure esposto in negozio; in ogni caso la scelta sul risultato finale è lasciata alla creatività dell'autrice. «In molti – racconta – se ne stupiscono, ma devo dire che per me l’approvvigionamento della materia prima non è assolutamente un problema. La stragrande maggioranza delle persone ha in casa tantissimi capi inutilizzati, magari perché vecchi o fuori moda e per fortuna nel campo del tessile le opportunità per riutilizzarli ci sono, e sono le più svariate».

www.idolcidigiotto.it

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www.qualcosaecambiato.it

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A CURA DI FRANCESCO CARCANO | PER SEGNALAZIONI SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

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“CAPIRE” I TABLET LANCIATI DAL CIELO Provare per credere. Prendere un tablet pc e lasciarlo in prossimità di un bambino in età scolare. Se lo nota, sarà per lui agevole dopo breve tempo usarlo, attivare funzioni, interagire. Alcune società lo usano come test per le loro applicazioni e per i giochi: funziona se non devo spiegarlo. Nicholas Negroponte, fondatore del Mit Media Lab, riprende ora un progetto del pedagogista Sugata Mitra e annuncia che alcuni tablet “Xo” con pannello fotovoltaico verranno lanciati direttamente dall’elicottero su villaggi senza alimentazione elettrica e scuole. Poche decine di metri che serviranno a testare la capacità dei bambini di villaggi isolati ad utilizzare il tablet che sarà confezionato senza alcuna istruzione. La proposta di Mitra prevede un forte ruolo dell’autoapprendimento e della condivisione, possibili grazie alla connessione internet. Il progetto prevede un incontro preliminare con i responsabili delle comunità, nessun incontro con i bambini, il lancio dei tablet senza istruzioni e un anno dopo una verifica sull’apprendimento scolare, in particolare sulla lettura.

DA UTENTI A CITTADINI ATTIVI CON LE APP L’esplosione del fenomeno delle App, applicazioni per estendere le potenzialità degli smartphone utilizzandone tutte le funzioni, ha creato un innovativo mercato che si prevede si attesti per il 2011 ad almeno 15 miliardi di dollari. Le App possono essere gratuite o a pagamento, da poche decine di centesimi ad alcune decine di euro, e possono essere scaricate dagli Store dei principali costruttori di device mobili. Rilevante il contributo che le App possono dare alla creazione di un rapporto attivo nei confronti degli amministratori. Dai primi timidi esperimenti (fotografare le buche nelle strade) si è passati a vere e proprie App di segnalazione e denuncia, per esempio dello stato dei boschi, ed ora ad App che vogliono aggregare per aumentare la condivisione democratica. In questo senso si muove anche il progetto aperto Wikitalia che in Rete riunisce esperienze rivolte alla Pubblica Amministrazione per superare il muro che separa spesso l’utente dall’essere cittadino cosciente e attivo.

SENSORI ITALIANI PER “ANTICIPARE” I TERREMOTI

SLIDING HOUSE, CASE SCORREVOLI PER FAMIGLIE FLESSIBILI Rendere flessibile la propria casa attraverso volumi modificabili ed estensibili. Questa la richiesta che una coppia inglese ha fatto a un amico d’infanzia, nel frattempo divenuto architetto di uno studio londinese di nota fama. Ne è nata la sliding house, progetto pilota in cui ora vivono apparentemente in modo sereno e funzionale i coniugi Russell. La casa ha un binario sottostante che consente di raddoppiare il volume attraverso il semplice trascinamento di una sorta di guscio interno in vetro dell’abitazione attivabile da un pulsante servito da batterie ricaricabili. Difficile prevedere per ora l’utilizzo più esteso di una simile struttura anche se il concetto si presta a più interpretazioni: la casa cambia con il mutare delle stagioni, aprendosi a primavera e richiudendosi su se stessa in autunno e si può modificare al crescere del numero di abitanti. Un parzialmente assimilabile progetto francese, un prefabbricato dal costo contenuto, consente la totale rotazione della casa per seguire il ciclo solare.

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Una rete di sensori collocati lungo l’Appennino meridionale, nelle aree che negli anni Ottanta furono segnate dal terremoto dell’Irpinia. Il loro scopo è fornire l’allarme in un tempo utile per cercare di salvaguardare la vita di più persone. Potrebbero essere poche decine di secondi o fino a un minuto e più, sufficienti a volte a uscire da una situazione di potenziale pericolo per l’imminente terremoto. Il sistema, analogo a quello utilizzato da anni in Giappone e recentemente introdotto in California è chiamato Early Warning System la cui introduzione in Italia è stata studiata dall’Università Federico II di Napoli. Il sistema si basa su sensori sismici che rilevano in tempo reale i primi segnali di terremoti che potrebbero propagarsi ad aree abitate o industriali. La differenza di velocità tra le onde elettromagnetiche e quelle sismiche permette di lanciare l’allarme e potrebbe in futuro, interagendo con la Internet of Things, disattivare automaticamente fonti di pericolo, come centrali elettriche o impianti di distribuzione di gas.

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Neo-monetarismo

L’ultima sconfitta del liberismo sociale

Dal cuore della City Luca Martino

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A DESTATO CLAMOROSO SCALPORE l’annuncio di Papandreou di voler ricorrere alla so-

vranità popolare per supportare il piano di austerity che la Grecia adotterà in cambio della ristrutturazione del suo debito corrente e di garanzie internazionali sul funding dei prossimi anni. La sola proposta di un referendum consultivo, costituzionalmente legittimo oltre che politicamente opportuno soprattutto alla vigilia di scelte così drammatiche per le sorti di una comunità, ha stroncato la carriera politica di Papandreou e, con lei, l’idea di una vera sovranità popolare in campo economico. Anche l’Italia – “serva Italia, di dolore ostello, non donna di province ma bordello” fin dai tempi di Dante – si è vista costretta ad affidarsi al serio e garbato nocchiere Mario Monti per tamente alle scelte della Banca di Francia (che non ratificò l’accordo) e della Fed sui rispettivi tassi di interesse e di cambio valutario e sulla gestione delle riserve auree non controllate da Londra, rappresentò l’inizio della Grande Depressione del ’29 e fu molto sofferta. Churchill sperava in “una finanza meno altezzosa e in un’industria più contenta”; Keynes rivedeva nervoso gli impatti su salari e occupazione e il pur favorevole McKenna, che pare ebbe l’ultima parola, disse “concordo, ma sarà l’inferno”. Invero, la contropartita per il governo inglese era enorme e alla fine suggestionò tutti, compreso quel Keynes che vent’anni dopo, a Bretton Woods, sancì la fine delle politiche deflazionistiche e di austerity, almeno in tempi di recessione: in gioco c’era il destino della corona e il futuro di Londra come centro della finanza mondiale, obiettivi francamente più ambiziosi rispetto a quelli cui guardano oggi l’Italia e la Grecia in queste giornate ugualmente difficili. TOMASO MARCOLLA / WWW.MARCOLLA.IT

affrontare la tempesta speculativa sul proprio debito. Purtroppo la contropartita, sia per Monti che per Papademos, successore di Papandreou e anch’egli membro della commissione Trilateral (probabilmente il think tank liberista oggi più influente al mondo) è legata, non tanto al progresso e allo sviluppo delle loro comunità, quanto alla cristallizzazione dei propri bilanci, ma anche dei profitti aziendali delle grandi corporations franco-tedesche e anglo-americane, banche in primis, in un contesto senza fine di piani e contropiani di intervento monetario da parte della Bce e del Fmi. A chi guarda alla politica economica internazionale in termini di costi, prezzi e tassi di cambio, questa politica neo-monetarista, che segna la fine forse definitiva del liberismo sociale, desta parecchie perplessità. Due in particolare: la prima circa il fallimento di qualsiasi riforma radicale dei mercati finanziari, la seconda sulla scontata efficacia delle politiche di austerity in assenza di aggiustamenti strutturali delle economie dei Paesi che vivono fasi di recessione. La storia monetaria del Novecento pare dar adito a tali preoccupazioni: basti ricordare la drammatica riunione cui, nel marzo del 1925, un preoccupato cancelliere dello Scacchiere, Winston Churcill, invitò, tra gli altri,

John Keynes e McKenna. In quel lungo incontro all’11 di Downing Street si decise il ripristino della convertibilità in oro per tutte le valute mondiali, ancorché con criteri operativi nuovi, considerato che l’ancoraggio delle valute era in realtà proprio verso la sterlina, a sua volta vincolata ad un onerosissimo tasso di scambio di 4,86 sul dollaro, unica valuta di fatto convertibile in oro. Tale decisione, uni|

ANNO 11 N.95

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todebate@gmail.com DICEMBRE 2011 / GENNAIO 2012

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CAPIRE LA FINANZA E LA FINANZA ETICA E DI

L’AZIONE IN VETRINA LA-Z-BOY 23 NOV 2011

LZB 9,39

Il rendimento in borsa di La-Z-Boy negli ultimi dodici mesi, confrontato con l’indice Dow Jones (in arancione). Negli ultimi 12 mesi La-Z-Boy ha quasi sempre battuto l’indice. Calpers effect?

^DJI 11257,55

GIORNALISMO INVESTIGATIVO ECONOMICO E FINANZIARIO

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IN ARRIVO I NUOVI CORSI DI VALORI

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A MILANO E A PADOVA DA GENNAIO 2012

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2 CORSI INTENSIVI DI

a cura di Mauro Meggiolaro ALPERS È UN COLOSSO.

Con 236 miliardi di dollari investiti, il fondo pensione dei dipendenti pubblici californiani è uno degli investitori istituzionali più grandi del mondo. È comprensibile, quindi, che, quando scende in campo come azionista attivo, faccia paura. Dal 1987 Calpers inserisce in una focus list le imprese che, secondo la direzione investimenti del fondo, non rendono come dovrebbero: perché sono bloccate da sistemi di scelta del management antiquati; non hanno un numero sufficiente di consiglieri indipendenti oppure accorpano ancora la figura del presidente con quella del direttore generale. Errori gravissimi, secondo Calpers, che si riflettono in rendimenti inferiori rispetto alla media dei mercati. Per questo è necessario correggerli: partecipando attivamente alle assemblee e presentando mozioni per migliorare la governance. Il gioco a quanto pare funziona. Tanto che, fin dagli anni Novanta, decine di professori universitari si cimentano con l’ormai noto Calpers effect: un effetto positivo sul rendimento dei titoli in Borsa dovuto all’intervento attivo di Calpers nelle assemblee degli azionisti. L’azionariato attivo rende le imprese più sostenibili. Anche in Borsa.

C

L’AZIONISTA DEL MESE

Governance: Calpers bacchetta le imprese

UN’IMPRESA AL MESE

FONTE: THOMSON REUTERS

DOPO IL SUCCESSO DI

Calpers Sede

Tipo di società Fondo pensione dei dipendenti pubblici californiani. Asset gestiti Circa 236 miliardi di dollari. La Focus List Calpers è il più grande investitore istituzionale americano e uno dei maggiori del mondo. Focus List una serie di imprese – nelle quali investe – che avrebbero una performance inferiore alla media del mercato a causa di deficit nella corporate governance. Calpers fa pressione sulle imprese della Focus List per migliorare la loro governance e, di conseguenza, il loro rendimento in Borsa. Dal novembre del 2010 i componenti della lista non sono più pubblici. Nel 2008 includevano società come The Cheesecake Factory, Hilb, Rogal & Hobbs Co., Invacare, La-Z-Boy, e Standard Pacific Homes. Numerosi studi hanno dimostrato che, dopo l’attivismo di Calpers, la maggior parte delle società presenti nella “Focus List” hanno migliorato il loro rendimento. Gli esperti lo chiamano Calpers effect (effetto Calpers).

La-Z-Boy Sede

Monroe – Michigan, Usa.

ANNO 11 N.95

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www.la-z-boy.com Borsa Nyse – New York Stock Exchange.

Rendimento negli ultimi 12 mesi +22,31%. Attività

Produttore di mobili, soprattutto divani e sofà, per il mercato americano, inglese, tedesco, ma anche italiano, neozelandese, messicano e sudafricano.

Azionisti

Azionariato diffuso. Franklin Advisers 8,21%, Impala Asset Management 7,84%, Dimensional Fund Advisors 6,57%

Perché interessa agli azionisti responsabili? Nel 2008 Calpers ha inserito La-Z-Boy nella sua Focus List a causa di una performance molto bassa nella corporate governance, che ha portato a risultati finanziari inferiori alla media. Dal 2005 al 2010 La-Z-Boy ha reso il 40% in meno rispetto all’indice Russell 3000. Calpers ha presentato una mozione all’assemblea dell’impresa per chiedere che i consiglieri di amministrazione siano sottoposti al giudizio degli azionisti ogni anno (anziché ogni tre anni). Numeri Ricavi (miliardi di sterline) Utile (miliardi di sterline) Numero dipendenti in tutto il Gruppo (2009)

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www.calpers.ca.gov

Sacramento – California, Usa.

DICEMBRE 2011 / GENNAIO 2012

2010 1,18 32 11.000

CAPIRE LA FINANZA E LA FINANZA ETICA ORGANIZZATI DA VALORI INSIEME CON SISIFO COMUNICAZIONE “STRATETICA”

LEZIONI TENUTE DA DOCENTI AUTOREVOLI COME LEONARDO BECCHETTI, RICCARDO BELLOFIORE, ANDREA DI STEFANO, ANDREA FUMAGALLI E GUIDO VIALE STRUTTURATE PER OFFRIRE STRUMENTI OPERATIVI, OLTRECHÉ DI CONOSCENZA E ANALISI. ENTRAMBI I CORSI SI CONCLUDERANNO CON UN WEEK-END FORMATIVO RESIDENZIALE IN LUOGHI “DI SENSO”: QUELLO MILANESE PRESSO LA COOPERATIVA AGRICOLA BIOLOGICA E FATTORIA DIDATTICA VALLI UNITE QUELLO PADOVANO PRESSO LA COSTIGLIOLA, AZIENDA AGRICOLA A INDIRIZZO BIOLOGICO E SEDE DEL CENTRO CULTURALE-FORMATIVO DI BANCA ETICA.

ISCRIZIONI AI CORSI ENTRO IL 12 GENNAIO 2012 TUTTE LE INFORMAZIONI SU

www.corsivalori.it |


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