Qualcosa che non va

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complessiva, debito pubblico, etc., insomma tutte le voci classiche della contabilità, anche quella input-output, intersettoriale e interindustriale) avessero scarso significato operativo per la politica economica se non conosciuti attraverso le loro componenti qualitative; componenti qualitative tanto più percepibili e valutabili quanto più la contabilità fosse appropriatamente disaggregata. Si è fatta così largo la convinzione che la stessa costruzione statistica dell’aggregato, delle sue voci, dovesse rispondere agli obiettivi potenziali della politica sociale ed economica. E che perciò sia la contabilità economica tradizionale che quella di cui si cercava l’“allargamento”, dovessero trovare: • sia l’appropriata disaggregazione • che l’appropriato “allargamento” in funzione di un quadro programmatico di riferimento, in funzione cioè di obiettivi di politica, sia economici che sociali e ambientali visti in un insieme integrato, così come era domandato di fare sempre di più ai responsabili di decisioni politiche. […]L’intenzione ferma tuttavia dovrebbe essere quella già detta – e che qui ripetiamo - di studiare una opportuna configurazione di un "sistema di modelli" (cioè un insieme coordinato di modelli) che abbia la capacità di superare la dicotomia sopra menzionata fra modelli olistici e modelli parzialioperativi e realizzare l'auspicato "raccordo" fra essi.

“La crescita è accusata di ingarbugliare le priorità nazionali, aggravare la distribuzione dei redditi e alterare in maniera irrimediabile l’ambiente”. Una prima direzione di ricerca sembra quindi necessaria, ovvero modificare il quadro contabile esistente in modo che esso assuma meglio al suo interno le evoluzione dell’economia e della società: prima di tutto le ineguaglianze, la sicurezza, i servizi pubblici (sanità, istruzione, ecc.). Inoltre un certo numero di fenomeni che determinano il benessere delle popolazioni non sono misurati dal nostro quadro statistico, soprattutto quelli relativi all’ambiente (qualità dell’aria, dell’acqua, ecc.). Una seconda direzione di ricerca consiste allora nel cercare di proporre misure accettabili. In fine, non disponiamo davvero di indicatori della qualità della vita, anche se diversi lavori si sono coraggiosamente dedicati a colmare la lacuna (felicità, “capacitazioni”, tempo libero, libertà, partecipazione alla vita della propria comunità ecc.). Bisogna sviluppare e affinare questi indicatori, vista l’importanza che riveste la misurazione del benessere al fine di formulare politiche efficaci. 142

L’amministrazione sprecona e virtuosa. Per avere una migliore organizzazione politica bisogna ripensare la gestione della cosa pubblica ed introdurre la misura di indicatori, criteri e dimensioni ideali per il benessere dei cittadini, come il BES (Benessere Equo e Sostenibile). Solo dopo aver acquisito determinate informazioni e con l'aiuto di metodi partecipativi possiamo cominciare a co-gestire la comunità. Oltre all'adozione di indicatori corretti bisogna sostituire le SpA (ex-municipalizzate/partecipate) che gestiscono i servizi locali con società senza profitto ad azionariato diffuso popolare. Ad esempio, oggi la contabilità pubblica non assegna valore ai beni comuni (acqua, energia, cibo, internet), bisogna mutare questo approccio. Lo Stato riconosce i beni privati e i pubblici ed il lavoro è lo "strumento intermedio" che si relaziona a tali beni. E' necessario individuare un altro ente, la comunità, e lo Stato deve riconoscere e tutelare i beni comuni attraverso il valore d'uso sociale, metro non monetario. La nuova amministrazione deve individuare un regolamento per riconoscere e tutelare i beni comuni, così la comunità potrà prendersi cura di questi beni e attraverso il lavoro renderli fruibili a tutti in maniera razionale e compatibile con la natura, liberi dal ricatto dei mercati e dall'avidità delle SpA. Un'amministrazione virtuosa misura le risorse naturali e sostiene la comunità nella tutela dei beni comuni con nuove forme di democrazia diretta e partecipativa. In questo modo le risorse naturali vengono co-gestite dai cittadini e si riducono gli sprechi causati da obsolete logiche mercantili.

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JEAN-PAUL FITOUSSI, ELOI LAURENT, la nuova ecologia politica, in campi del sapere, Feltrinelli, 2009 pag. 82

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