Pediatria magazine vol 3 | num 10 | 2013

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Pianeta SIP / La nostra storia

Gennarino Sansone: lo sguardo rivolto al futuro Una nuova puntata della rubrica che ricorda le grandi figure della storia della Pediatria italiana

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100 anni dalla nascita e 20 dalla morte, la figura di Gennarino Sansone è ancora al centro di celebrazioni e studi, soprattutto per la sua attività clinica pionieristica, la sua capacità di guardare al futuro, come è stato ricordato in un importante convegno al lui dedicato che si è svolto dal 3 al 5 ottobre presso l’Ospedale Galliera. Nato a New York nel 1913 da una umile famiglia di emigranti, tornò a Sant’Antonio Abate a 7 anni, e sorprese tutta la sua famiglia per la determinazione con cui volle continuare gli studi, arrivando a una Laurea in Medicina e Chirurgia all’Università di Napoli nel 1938 – si racconta che andasse a seguire le lezioni in groppa ad un asinello, attraversando le campagne alle prime luci dell’alba – e un diploma di specialità in Pediatria presso la Clinica Pediatrica del Gaslini di Genova diretta da Giovanni De Toni nel 1942, obiettivi di certo non comuni a quei tempi. Al Gaslini si occupò di Emato-oncologia acquisendo una fama internazionale ed ebbe una allieva di eccezione, la collega Luisa Massimo, che sviluppò successivamente in piena autonomia al Gaslini soprattutto la parte oncologica. Per quasi un trentennio, dal 1959 al 1983, lasciata l’Università ed il Gaslini con grandissimo rimpianto di molti, ha diretto l’Ospedale Pediatrico S. Filippo degli Ospedali Galliera di Genova, creando una struttura dipartimentale costituita da Pediatria, Neonatologia e Centri delle Malattie Sociali comprendenti: Centro della Microcitemia, Laboratorio di Citogenetica, Laboratorio per Malattie Dismetaboliche, Centro per la Malattia da Rh. Qui nel 1970 nasce lo screening neonatale della G6PD su sangue di cordone ombelicale, qui nel 1974 è attivo il primo laboratorio pubblico a fare diagnosi prenatale. Un legame strettissimo, quello con la struttura ospedaliera genovese, che è durato per tutta la vita: Sansone è morto infatti il 31 agosto 1993 proprio al Galliera. Alcune sue intuizioni costituiscono un tassello fondamentale per l’avanzamento delle conoscenze e della cure di alcune patologie e sono entrate a far parte della storia della Medicina, come l’impiego endorachideo di farmaci antiblastici nella leucemia e la scoperta che il favismo è dovuto ad un deficit di

Pediatria numero 10 - ottobre 2013

Pasquale Di Pietro

Direttore UO Pronto Soccorso Medico e Medicina d’Urgenza. Coordinatore DEA Istituto Pediatrico di Ricovero e Cura a carattere Scientifico “Giannina Gaslini”, Genova

G6PD e non è una malattia autoimmune come molti ritenevano. Sansone ha determinato una svolta nella Pediatria nazionale dal punto di vista assistenziale e culturale e della ricerca mettendo al centro dell’attività dei pediatri la prevenzione e diagnosi precoce. Assieme a Cao, Durand e Sereni ha fondato “Prospettive in Pediatria”, che ancora oggi conserva il prestigio di una rivista innovatrice. Sosteneva le sue tesi con grande passione senza riguardo per nessuno anche con la Pediatria “ufficiale”. Spiega Giovanni Corsello, Presidente SIP: “Le ricerche e le attività cliniche in tema di ematologia pediatrica di Sansone hanno fatto scuola non solo a Genova, ma in tutta in Italia e in molti Paesi esteri. In un’epoca in cui le indagini genetiche erano inesistenti o rudimentali rispetto alle potenzialità di oggi, è riuscito a dare un impulso straordinario alla genetica come disciplina clinica integrata alla Pediatria. Dei tanti suoi insegnamenti credo che questo sia uno dei più attuali in cui riconoscersi ancora oggi e su cui puntare per il progresso della nostra disciplina in ambito specialistico”. Essere suoi collaboratori era un “merito” per l’esterno ed è stata per tutti noi una grande agevolazione per la nostra carriera, anche se a livello personale non interveniva mai per una raccomandazione o altro. Voleva che ci occupassimo non solo di Ematologia, pensava che i pediatri dovessero coltivare individualmente delle competenze subspecialistiche ma che dovessero mantenere anche una competenza generalistica. Il più grande onore era scrivere un lavoro con lui, ma era un onore che non concedeva quasi mai: te lo dovevi meritare con l’impegno ed il lavoro. Prima di vedere pubblicato un lavoro dovevi passare attraverso il suo filtro: rivedeva tutto, dal testo alla bibliografia. E poi non lasciava mai i suoi collaboratori da soli, anche quando acquisivano responsabilità in altri ospedali. Circa dieci suoi collaboratori hanno raggiunto posizioni apicali. Un primo esempio di rete pediatrica, l’ennesima intuizione di un uomo e un clinico con lo sguardo sempre rivolto al futuro e che aveva compreso l’importanza per la Pediatria della prevenzione e della diagnosi precoce. Nella sua vita un evento tristissimo lo segnò profondamente: il figlio Raffaele, ricercatore dell’Istituto dei Tumori (IST) di Genova, lanciatissimo verso una carriera promettente a livello scientifico, lo lasciò prematuramente per una complicazione a causa di  un virus parainfluenzale.


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