E il mensile maggio 2011

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Poliambulatorio di Palermo Nell’aprile 2006 Emergency ha dato avvio al suo intervento in Italia, aprendo a Palermo un poliambulatorio per offrire assistenza sanitaria gratuita ai migranti – con o senza permesso di soggiorno – e alle persone residenti in stato di bisogno. Il progetto è stato realizzato con la collaborazione della direzione generale dell’Azienda unità sanitaria locale di Palermo che ha ristrutturato l’edificio, mettendolo a disposizione di Emergency. A eccezione di alcune figure che garantiscono continuità all’attività del poliambulatorio, il personale medico, paramedico e amministrativo del centro opera a titolo volontario. Oltre 46mila volte lo staff del poliambulatorio ha offerto assistenza a chi ne aveva bisogno in questi ambiti: medicina di base, odontoiatria, oculistica, pediatria, ostetricia e ginecologia, cardiologia e patologie del metabolismo, otorinolaringoiatria, dermatologia, infettivologia, supporto psicologiconeuropsichiatrico e orientamento socio-sanitario. Tutte le prestazioni del poliambulatorio di Emergency a Palermo sono erogate gratuitamente. Contatti: Poliambulatorio di Emergency Via G. La Loggia, 5/A 90129 Palermo Tel: 091 6529498

Matteo de Mayda e Silvia Boschiero

e munizioni. Emergency non può farlo: la neutralità, quando si interviene in zone di guerra, è una condizione imprescindibile. Dobbiamo rinunciarci, quindi. Per evitare di perdere ulteriore tempo prezioso, decidiamo di raggiungere i colleghi che nel frattempo erano arrivati a Malta. Da lì è prevista la partenza di una nave che, ci assicurano, non trasporta armi. Finalmente, il 9 aprile salpiamo per Misurata. Il viaggio dura 24 ore e nel pomeriggio del giorno dopo, facciamo il nostro ingresso nel porto. Ci accoglie un silenzio grande. In queste situazioni, non è mai un buon segnale. Fino al giorno prima, la zona è stata interessata dai bombardamenti da parte delle truppe di Gheddafi, nel tentativo di bloccare l’approvvigionamento ai ribelli. L’intento è quello di chiudere Misurata in un assedio sfiancante. Per fortuna il nostro viaggio fila liscio, l’approdo è sicuro e una macchina ci porta velocemente in ospedale. Lungo la strada, una decina di check point ci fanno capire che la situazione è critica. La battaglia è dentro la città. Un dottore accoglie il nostro arrivo. Ci mettono subito a disposizione un appartamento, molto vicino all’ospedale. Un autista “volontario” farà da spola per i nostri spostamenti. In ospedale la situazione è difficile: molti dei feriti sono stati portati via da una nave turca, ma il personale medico vive dentro la struttura da 53 giorni. Sono stremati, anche se tutti insistono nel dire che «quando c’è un bisogno così grande, la stanchezza passa in secondo piano». Il nostro team, composto da un chirurgo generale, un chirurgo ortopedico, un anestesista, un infermiere di terapia intensiva, un infermiere di pronto soccorso e un infermiere di sala operatoria, inizia a coordinarsi con i volontari locali per trovare una turnazione accettabile, soprattutto per loro, che non si sono mai fermati. Emergency porta la propria esperienza: diciassette anni di chirurgia di emergenza in Paesi in guerra. Questo vuol dire trattamento di pazienti politraumatizzati che, in altri contesti, mai si presenterebbero in un pronto soccorso. Ma anche la capacità di organizzare una mass casualty (l’arrivo di decine di feriti in tempi molto stretti) e il coordinamento dei dipartimenti per una risposta rapida ed efficace all’emergenza. La guerra è a due passi, quelli che possono coprire un chilometro e mezzo. Tanto, forse, per una camminata piacevole. Pochi, pochissimi, per un proiettile o un razzo katiusha. Il giorno dopo ce ne rendiamo subito conto: un proiettile colpisce il muro dell’ospedale, a mezzo metro dal vetro dell’ufficio in cui ci troviamo. In questa guerra, neanche le strutture ospedaliere sono risparmiate. Pochi giorni prima era stato chiuso il principale ospedale cittadino, perché ritenuto in zona “poco sicura”. Si decide di andare avanti. Altri ospedali non sono disponibili. L’attività chirurgica deve continuare.


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