Party Magazine - Spring edition 2018

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#editoriale IL RISVEGLIO DELLA FORZA Per accogliere la rinnovata energia che ci da la primavera cito il VII episodio di Star Wars Il risveglio della forza. Vestiamo così l’abito nuovo della stagione dei colori vivaci, dei fiori, dei profumi intensi e stringiamo con lei quel patto di amicizia che ogni anno si rinnova tacitamente. A volte serve una strategia per risvegliarsi, se non addirittura reinventarsi e non importa da che parte si cominci. Si può iniziare dal taglio di capelli o dal cambio di look, dallo sport con una passeggiata giornaliera, dalla casa con i colori delle pareti. Non dimentichiamo la dieta, ma non accaniamoci con percorsi estremi e troppe privazioni. E poi la cura del viso e del corpo e un po’ di attività per affrontare meglio i mesi che ci portano all’estate. Ecco una folata di nuova vita. Sforziamoci di seguirla questa primavera che non sia maledetta e risvegliamoci con lei. Tutto ci sembrerà più facile e accessibile, deve essere un ricambio naturale. E fiori come se piovesse. Anche per chi non li ama, per chi non è abituato ad averne in casa un vaso pieno. Comprateli, regalateli, cucinateli. La primavera ci offre l'occasione e la materia prima, persino per rendere più ricche le nostre ricette, che si riempiono di sapori originali e colori grazie ai fiori commestibili, che sono sempre più protagonisti anche nelle cucine degli Chef stellati. Proviamo a ripetere uno di questi piatti? Massimo Bottura propone il pollo arrosto nascosto tra verdure miste e petali di fiori, Carlo Cracco il risotto alla milanese con fiori di zafferano essiccati, Antonino Cannavacciuolo la pasta fresca e fiori, Roberto Sebastianelli il cartoccio di fiori pastellati e i tortellini con ripieno di gerani, Enrico Crippa i gamberi ai fiori eduli. In America, la pasticcera Janet Best, in Pennsylvania, vende deliziosi e divertenti lecca-lecca all'interno dei quali si trovano margherite, tulipani e violette avvolte nello zucchero trasparente.

©carmine luino

Federica Riccio

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party magazine


Via Carducci, 28 Via dei Mille, 75 a Via A.D'Isernia, 59 Corso Europa, 54 Via F. Giordani, 9A


editore Lula Carratelli lulacarratelli@partymagazine.it direttore responsabile Mimmo Carratelli direttore editoriale Federica Riccio federicariccio@partymagazine.it art director Carmine Luino fotografie Romolo Pizi editing e revisione testi Evelina Pessetti redazione Ciro Ardiglione Paola De Ciuceis Milena Cozzolino Cristiana Giordano Lucia Nicodemo Irene Saggiomo segreteria e pubblicitĂ Barbara Riccio segreteria@partymagazine.it hanno collaborato Giuseppe Attanasio Valerio Ciaccia Adriano Cisternino Luigi Di Gennaro Antonia Fiorenzano Valeria Prestisimone Silvia Restaino special thanks Manlio Santanelli stampa Grafica Metelliana spa www.graficametelliana.com finito di stampare aprile 2018

Edito da M.I.A. srl Via Cuoco, 5Napoli - 80121 Napoli www.partymagazine.it info@partymagazine.it reg. trib. di Napoli del 17.03.2016 Del contenuto degli articoli e degli annunci economici e pubblicitari sono legalmente responsabili i singoli autori. Ăˆ vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari realizzati da M.I.A. srl



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foto di Carmine Luino


E così un bel giorno Mimmo chiama e Necco non risponde

di Mimmo Carratelli Gigi se ne è andato dopo l’ennesimo ricovero in ospedale lasciando in sospeso l’ultimo nostro incontro quando mettevamo su i nostri dialoghi prendendoci in giro, sempre impreziositi dai suoi aneddoti e dalle mille storie della sua vita di grande giornalista. Il suo pensiero sulla morte in un curioso ricordo ricco di ironia. Dovevamo vederci per combinare la nostra solita rubrica su questa rivista e non ci vedevamo da qualche tempo, né Gigi mi aveva informato che era andato nuovamente “in albergo” come dicevamo quando correva al Cardarelli per farsi controllare i polmoni in difficoltà. Il Cardarelli era il suo “albergo”. “Sono in albergo” diceva e mi faceva giungere nel telefono la sua risata ironica. “Ma che cos’è che non va?” gli chiedevo. “Dicono che va tutto bene” rispondeva. “E il cuore, il cuore come va?” insistevo. “Il cuore va bene”. Ero sempre in pensiero per il suo peso esagerato. Improvvisamente, un martedì mattina, era il 13 di marzo, mi arriva sul telefonino il messaggio di Francesco De Luca, capo dei servizi sportivi de Il Mattino. “Ciao, Mimmo. Devo darti una brutta notizia. È morto Luigi Necco”. S’era spento al Cardarelli alle 6,30. Patologia polmonare, dissero i medici. Accidenti, Gigi. Te ne sei andato così, senza la nostra ultima chiacchierata, senza gli ultimi spaghetti alle vongole e le alici fritte da Salvatore Liguori nella sua trattoria di via Piedigrotta. Là ci vedevamo spesso. Si addormentava un po’ dopo avere mangiato. Accidenti, Gigi, mi fai stare in pensiero. Così pensavo. Si riprendeva. Quando facevamo qualche passeggiata per Napoli si fermava di tanto in tanto. “Mi occorrerebbero polmoni di ricambio. O forse devo perdere trenta chili” diceva. Lo conoscevano tutti, lo salutavano, lo fermavano, volevano sapere da lui del Napoli di Sarri. Rispondeva sempre con garbo. Poi mi diceva: “Sono contenti di vedermi vivo forse perché mi credevano morto. Quando smettiamo di lavorare, e di apparire come me in televisione, tutti ti credono morto, non sei più nessuno”. Sulla morte, un giorno mi raccontò un aneddoto. “Novantesimo minuto, inventato da Maurizio Barendson, Paolo Valenti e Remo Pascucci, andò in onda la prima volta il 27 settembre 1970. Ogni 27 settembre, giornali e tv mi chiamano per quest’anniversario ormai monotono. Di recente mi ha chiamato Famiglia Cristiana, il settimanale cattolico. Non so che cosa c’entrasse con Novantesimo minuto. Devono essersi informati della mia età e mi hanno chiesto se avevo paura della morte. Gli ho detto di no. Ma hanno insistito. Gli ho detto che, dopo, non c’è nulla. Perciò non ho paura, ho replicato. Finisce e basta. Così gli dissi. Ma loro hanno insistito. Mi hanno chiesto perché non credevo nell’aldilà. Gli ho risposto che nessuno ha

confermato che ci sia. Quelli che muoiono non ritornano a dircelo, obiettai. E, allora, loro mi hanno detto che uno è tornato. Gli ho risposto sì, uno è tornato, ma è uno solo”. Gli invidiavo l’eleganza con cui reggeva i pantaloni con due bretelle rosse. Le bretelle le esibiva in tv Larry King, il newyorkese di Brooklyn, nella sua popolare trasmissione sulla Cnn. E poi c’erano le bretelle di Giuliano Ferrara. Passeggiando, fermava il suo quintale e più di sapienza, roteava gli occhi dietro le lenti, accennava a una risata che era sempre l’incipit delle sue storie, che era poi un suo ammiccamento per far capire che la sapeva lunga, e raccontava, raccontava. Ha avuto una vita piena e aveva sempre da raccontarmi una cosa nuova, un viaggio, una scoperta, un incontro e, soprattutto, la sua passione per l’archeologia, una storia infinita quando ritrovò in Russia il tesoro di Priamo. Ci aveva speso molti anni della sua vita. Era il tesoro che l’archeologo tedesco Heinrich Schliemann aveva trovato andando in Grecia alla ricerca dei resti di Troia. “Forse non sai – mi diceva Necco – che Schliemann è morto a Napoli. Aveva 68 anni. Fu colto in strada da un malore”. Di quella sua avventura Necco scrisse un libro Il giallo di Troia. Ricordava, senza esaltarsi, gli anni di Novantesimo minuto. “Eravamo tutti pupazzi nelle mani di Paolo Valenti che era un dittatore”. Dal teleschermo salutava muovendo ironicamente una mano ai tempi di “Milano chiama, Napoli risponde” quando il Napoli di Maradona si contrapponeva al Milan di Berlusconi. Attivissimo sino agli ultimi giorni imperversando su Canale 9 con l’ultima sua, popolarissima trasmissione, L’emigrante. Ma era dappertutto a raccontare storie, condite sempre da un pizzico di ironia. Aveva un modo coinvolgente di raccontare con quel suo faccione che sprizzava simpatia. Sono rimasti famosi i suoi grandi cappelli alla maniera dei cappelli texani. “Ma quali cappelli texani – diceva. – Li fanno a Como, sono cappelli made in Italy. Anche quelli di John Wayne erano cappelli di feltro, fatti a Como”. Chiacchieravamo sul tempo che era passato. Un giorno gli chiesi: “Con chi scapperesti su un’isola deserta?”. Mi guardò perplesso e rispose: “Con una piacentissima e generosa badante...”. Erano due le sue isole. Prima Capri, poi Creta. 7 party magazine


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#JUKEBOX di Lula Carratelli

26 #FISCHIOFINALE di Mimmo Carratelli

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#PARTENOPE di Lula Carratelli

28 #NOTEMENONOTE di Ciro Ardiglione

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#SAVETHEDATE di Milena Cozzolino

30 #JAZZ di Adriano Cisternino

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#PICOFTHEDAY

32 #PEOPLEINLOVE di Mimmo Carratelli

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#PEACEANDLAW di Luigi Di Gennaro

40 #CIAK di Valerio Ciaccia


SOMMARIO 76

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#SCHEGGEDISAGGEZZA di Manlio Santanelli

di Carmine Luino 58 #COVERTHETOP

di Federica Riccio 82 #CHEZCHEF

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#AMAZING di Antonia Fiorenzano

66 #STYLE

84 #HASHTAG di Irene Saggiomo

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#MASERIAL di Valerio Ciaccia

74 #BEAUTY di Cristiana Giordano

86 #MAMMALEMAMME di Valeria Prestisimone

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#POKERDASSI di Paola De Ciuceis

76 #ZOOM Dario Martusciello

88 #SHOPWINDOW

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#LEGGERA di Lucia Nicodemo

78 #LORIDINAPOLI con Lorenzo de Caro

91 #THEPARTY di Lula Carratelli


JUKEBOX pezzi del passato e del momento

mixati e scelti per voi GRANDI ATTORI TORNANO NEI LORO RUOLI PER FESTEGGIARE LA RIVISTA EMPIRE

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SON S ' ING SPR

Un servizio fotografo leggendario quello realizzato dalla rivista inglese Empire per celebrare il suo 20° anniversario. Una carrellata di bellissimi scatti in cui gli attori più famosi del mondo hanno rivestito i panni del loro personaggio più amato.

Me staje appennenn' amò Liberato Bambola Betta Lemme Una vita in vacanza Lo stato Sociale Don't make me wait Sting & Shaggy No roots Alice Merton Versace on The Floor Bruno Mars vs david Guetta Reality Lost Frequencies feat. Janieck Devy She's On My Mind JP Cooper These Days Glynne, Macklemore & Dan Caplen Let you down NF

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CORTEGGIAMENTO [cor-teg-gia-mén-to] Complesso di azioni con cui si cercano i favori di qualcuno, specie amorosi; mettersi al seguito di un potente, specie in una cerimonia da [corteggiare], derivato di [corte]. Stupefacente: la corte è un luogo e un insieme di persone che da molto non esiste più nella forma in cui si è affermata nel nostro immaginario, ma non solo la sua suggestione continua ad affollare i nostri discorsi: ci rifacciamo comunemente anche alle sue dinamiche. Rimane un luogo comune in cui non possiamo fare a meno di incontrarci, un riferimento che non possiamo fare a meno di citare. Pensiamo al comportamento cortese, all'adulazione del cortigiano, al chiasso del corteo, e venendo a noi anche alle maniere del corteggiamento.

ARO DJENN


FOREVER LOVE

LOVE IS...

Love is è il nome di una serie di fumetti realizzati dalla fumettista Kim Grove (da sposata Kim Casali), originaria della Nuova Zelanda. Love is prende spunto da una serie di note romantiche che la Kim Grove di allora dedicava al futuro marito Roberto Casali. Le vignette vennero pubblicate per la prima volta nel 1970, all'epoca Kim Grove si firmava solamente Kim e ottennero subito un grande successo, complice anche l’uscita nel 1970 del film Love Story. Non a caso uno dei suoi disegni più famosi è quello che riporta la scritta: "Love is...being able to say you are sorry", (L'amore è…essere capaci di dire mi dispiace), pubblicato il 9 febbraio 1972, venne commercializzato a livello internazionale per anni, lo si trova dappertutto, sulle stampe, sui souvenir, sui bigliettini, sulle magliette, sugli oggetti da cucina. Nelle vignette compare sempre una coppia (negli ultimi anni anche un cane e dei bambini): lui capelli corti e neri, lei lunghi capelli chiari e lentiggini. Ed entrambi sono sempre sorridenti. All'inizio Kim Grove usava queste vignette per parlare e accalappiare il futuro marito: si erano

conosciuti anni prima ad un corso di sciatori principianti e le vignette e le frasi devono aver funzionato perché nel 1971 i due si sono sposati. Love is è stato tradotto in 50 paesi e 25 lingue. In Italia spopola l’album di figurine della Panini L’amore è…. Non è stato però tutto rose e fiori come descritto nelle vignette. Apprezzata a livello mondiale, all'inizio in Inghilterra Kim venne criticata perché secondo alcune persone le sue strisce inneggiavano a una figura infantile della donna, asservita all'uomo. Nel 1975 a Roberto Casali viene diagnosticato un tumore in fase terminale e Kim decide di smettere di lavorare direttamente alle vignette per passare più tempo con lui. Il lavoro passa nelle mani di Bill Asprey a Londra, che si occupa del disegno quotidiano sin dal 1975. Quando Kim Casali muore nel 1997, i diritti per le proprietà intellettuali relativi a Love is passano nelle mani del figlio Stefano Casali grazie alla società Minikim. A proposito del figlio, Stefano Casali nacque sedici mesi dopo la morte del padre: fu uno dei primi casi di inseminazione artificiale, con tutte le critiche che ne derivarono e che piovvero sulle spalle di Kim Grove.

Corteggiare è chiaramente un derivato di corte, con quel suffisso -eggiare che nella nostra lingua segna giusto il verbo che deriva da un nome. Sinteticamente, quindi, il corteggiare ci descrive un fare la corte, un comportarsi da corte. E come si comporta la corte? Intorno al centro di gravità di una persona che spicca - per potere, di solito, ma anche per prestigio, o per desiderabilità - si raccoglie una corte che la appoggia, che la sostiene e consiglia, che la compiace e diverte, che le dà lustro, che la ossequia e riverisce schiettamente, o per dovere, o in cerca di protezione, o di favore. Insomma, in chi fa la corte troviamo impiantata, su una base cavalleresca, l'attitudine a fare, a essere quel famoso spettacolo d'arte varia di cui canta Conte - che quindi è il corteggiamento.

PAROLARTE Lo scrittore famoso cede al corteggiamento appassionato della casa editrice, il collega abile riesce a concludere l'affare con un finissimo corteggiamento, e facciamo spazio al corteggiamento fermo e discreto che ci sorprende. Attenzione, tensione, cavalleria, cortesia: questo troviamo nel corteggiamento, il cui potere peculiare non solo si volge a qualcuno che è già un centro di gravità, ma fa diventare qualcuno un centro di gravità.

WWW.UNAPAROLAALGIORNO.IT


SPARTITO Champagne per brindare a un incontro con te che già eri di un altro ricordi c'era stato un invito stasera si va tutti a casa mia Così cominciava la festa e già ti girava la testa per me non contavano gli altri seguivo con lo sguardo solo te Se vuoi ti accompagno se vuoi la scusa più banale per rimanere soli io e te e poi gettare via i perché amarti come sei la prima volta l'ultima Champagne per un dolce segreto per noi un amore proibito ormai resta solo un bicchiere ed un ricordo da gettare via Lo so mi guardate lo so mi sembra una pazzia brindare solo senza compagnia ma, ma io, io devo festeggiare la fine di un amore cameriere, champagne... Peppino Di Capri 12

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SMART

#jukebox

SOFFRI D’INSONNIA? GIOCA A RUZZLE Per dormire sonni tranquilli basta tisane, melatonina o altri rimedi. La soluzione è Ruzzle, il più famoso gioco di parole del mondo. Uno studio effettuato da un gruppo di docenti del Dipartimento di Psicologia dell'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli", in collaborazione con il Dipartimento NEUROFARBA di Firenze e pubblicato sulla rivista Behavioral Sleep Medicine, spiega come un allenamento intensivo a questo gioco realizzato anni fa per gli smartphone (una versione modificata del noto Ruzzle), prima di addormentarsi migliori il tempo di addormentamento, la continuità e l’efficienza. Alla ricerca hanno partecipato 38 studenti universitari (23 donne, 15 uomini) di età compresa tra i 19 ed i 30 anni, in buona salute e che non avevano familiarità con il Ruzzle. Ciascuno di loro ha effettuato in laboratorio due sonnellini diurni in ordine bilanciato, uno di controllo e uno preceduto da una sessione di training intensivo al gioco, costituita da parecchi round di Ruzzle che implicavano il coinvolgimento simultaneo di numerose funzioni cognitive, ivi incluse le più complesse. Il risultato? Un sonno più lungo e di migliore qualità.

EARTH I BAGNI PUBBLICI PIÙ STRAVAGANTI DEL MONDO È il Giappone tanto per cambiare a sfornare le cose più strane del mondo. Stavolta è toccato ai bagni pubblici che non sono solo tecnologici, ma decisamente bizzarri. A raccontarlo sono le immagini raccolte dalla pagina Instagram toilets_a_go_go. Hidefumi Nakamura per un anno ha girato Tokyo e i suoi dintorni fotografando i bagni pubblici più “significativi”. Impresa davvero originale e ben documentata, perché il materiale a disposizione era davvero tanto. Quando la natura chiama…


STREETART

Napoli, Ponticelli, Parco Merola Lo trattenemiento de’ peccerille Il murale firmato dallo street artist friuliano Mattia Campo Dall’Orto è dedicato alla grande opera di Giambattista Basile Lo Cunto de li cunti. Si tratta della quarta opera in ordine di tempo realizzata nel Parco Merola di Ponticelli. L’artista prima di disegnarla ha anche incontrato diversi residenti per poi sceglierne alcuni da rappresentare sulla parete. Tra i personaggi ci sono due bambini, Francesco e Rosa, riprodotti con un libro in mano. Ci sono anche altre persone che abitano nel quartiere raffigurati con elementi che li rendono davvero unici. Il libro che leggono è appunto Lo Cunto de li cunti del Basile, che durante l’inaugurazione del murale è stato regalato ai bambini che hanno partecipato all’evento.

CHART

PARTNER L’ANELLO DI FIDANZAMENTO SI METTE NELL’AVOCADO Per una proposta di fidanzamento originale ora si utilizza come porta anello il frutto avocado invece della classica scatola di velluto. Tutto è iniziato il 10 febbraio: quando sull’account di Food Deco è stata postata una foto con un avocado "porta anello" con tanto di caption “Tag someone who should propose like this.” (Tagga qualcuno che dovrebbe proporsi in questo modo). Da quel momento in tantisismi hanno seguito alla lettera il messaggio e hanno cominciato a condividere gli scatti tratti dalla loro vita privata con l'hashtag #AvocadoProposal. E così diverse persone hanno deciso di usare l’avocado per uno dei momenti più belli della loro vita, ovvero per le loro proposte di matrimonio.

di Carmine Luino

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PARTENOPE GIORNALISTI TENNISTI: A NAPOLI SONO TORNATI I CAMPIONATI NAZIONALI

Il Circolo Canottieri ha ospitato il Campionato Invernale dei Giornalisti Italiani Tennisti, che sono tornati a battersi sulla terra rossa di Napoli dopo 53 anni. Era il 1965 quando l’AGIT, l’Associazione italiana dei giornalisti tennisti, nata nel 1961 scelse la città come sede del suo torneo nazionale. Il giornalista e conduttore di Canale 8 Silver Mele per il terzo anno consecutivo si è aggiudicato il titolo di singolare, raggiungendo inoltre la finale nel doppio insieme a Fabio Festa (Spazio Tennis). Nutrita e ben rappresentata la pattuglia dei giornalisti campani con: Gianluca Monti, de La Gazzetta dello Sport, il decano dei giornalisti tennisti dell’AGIT, Pasquale Esposito de Il Mattino, il giornalista Rai, Fabrizio Cappella, il responsabile dell’Ufficio Stampa dell’Università Suor Orsola Benincasa, Roberto Conte, Armando Petretta dell’ANSA, Gianluca Verna del Roma, Davide Nunziante (Voce di Napoli), Bruno Marchionibus (Contropiede Azzurro) e Arianna Nardi (Spazio Tennis), vincitrice del doppio misto al fianco del collega Fabio Festa.

BUON COMPLEANNO ORCHESTRA SCARLATTI Ha compiuto venticinque anni la bella Orchestra Scarlatti, nata in seguito allo scioglimento dell’orchestra Rai di Napoli. Ha festeggiato, in collaborazione con l’Assessorato alla cultura del Comune, con un grande concerto al Teatro Mediterraneo, tra gli applausi e la standing ovation di quasi mille persone. Due le anime presenti sul palcoscenico: la Nuova Scarlatti (arricchita da alcuni dei suoi storici collaboratori) diretta da Daniele Giulio Moles a rappresentare i 25 anni trascorsi; e l’Orchestra Scarlatti Junior (composta da oltre 100 ragazze e ragazzi tra gli 11 e i 20 anni d’età) a rappresentare gli anni che verranno, diretta da Gaetano Russo, fondatore e direttore artistico della N.O.S.

PIANO CITY 400 pianisti e oltre 200 eventi sono stati celebrati a Napoli per l’edizione 2018 di Piano city. Migliaia di persone hanno assisitito ai concerti al pianoforte che si sono tenuti nei luoghi storici della città, nei locali, nei musei, teatri, biblioteche, ma anche in metropolitana e all’aeroporto, per le strade, nelle piazze e anche sulle scalinate. E come da tradizione si è ripetuto il grande concerto con 21 pianoforti sotto il porticato di Piazza Plebiscito.

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SCHERIA CUP 24

Una regata che dura 24 ore. Succede solo a Ischia e quest’anno lo start è fissato alle 12 del 26 maggio. Questa gara così unica e originale è organizzata dalla Lega Navale Italiana sezione Isola d’Ischia e il Comune di Forio. 24 ore di regata intorno all’isola verde con partenza da Forio. L’obiettivo è massimizzare in un tempo definito, il numero di miglia percorse. Aperta alle imbarcazioni ORC, IRC, catamarani e metriche. Le classifiche ORC e IRC vengono calcolate trasformando la distanza reale percorsa in distanza compensata tramite una formula inversa a quella tradizionale del tempo compensato. Per iscriversi basta andare sul sito: www.scheriacup24.it/it/stage/


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PARTENOPE ANSIA E RABBIA, AFFRONTIAMOLE! L’Associazione Guapanapoli in collaborazione con Marta Del Giudice ha organizzato una serie di incontri per discutere di crescita personale, di come affrontare l’ansia e la rabbia, di come vivere le emozioni facendo in modo che queste non travolgano la vita quotidiana. Il 21 aprile il seminario Ansia e rabbia: da emozioni negative a opportunità, per imparare a trasformarle in una risorsa. Il 16 giugno il seminario Dalla conoscenza al cambiamento, per conoscere realmente lo stato emotivo e comprendere se nella vita quotidiana vi sia un’emozione predominante che guida scelte e decisioni. Il 29 settembre il seminario Come le emozioni mal digerite, ci fanno ammalare, rivolto a tutti coloro che vogliono capire come lo stress modifichi la fisiologia. Il 24 novembre il seminario Impariamo a vivere le nostre emozioni per evitare che siano loro a gestire noi, con una serie di esercitazioni. Per informazioni e iscrizioni: 347/9042995, 347/7519444

TERRA DI SAPORI PER I “GASTRONAUTI” Una bottega virtuale “sotto casa” con una ricca selezione del miglior Cilento da mangiare e dei prodotti dell’eccellenza provenienti da tutta la Campania Felix: ecco Terra di Sapori, shop online con prodotti tipici e una predilezione per il biologico, birre artigianali, conserve, vini, ma anche ricette e tutorial per appassionati dell’universo food e volenterosi di conoscere meglio il patrimonio gastronomico campano. Il progetto vuole avvicinare i “gastronauti” a Salerno e al Cilento.

IL PANE È ORO

Viva la cucina povera, fatta di ricette semplici e alla portata di tutti. Massimo Bottura ha presentato a Napoli, il suo ultimo libro: Il pane è oro, che raccoglie 150 ricette realizzate per valorizzare alimenti di recupero. A moderare l’incontro il direttore del Consorzio della Pasta di Gragnano IGP e CEO del portale enogastronomico corteseway.it. Il volume, edito da L’Ippocampo Edizioni, rappresenta la summa del progetto Refettorio Felix, messo in campo lo scorso anno a Londra dallo Chef dell’Osteria Francescana di Modena per garantire a chiunque un accesso equo al cibo di qualità e alla bellezza. Il titolo si ispira proprio a uno dei dolci più celebri dello chef, Il Pane è Oro, espressione piena dell’idea che il buono si possa realizzare proprio dagli ingredienti più poveri, valorizzati con cura e coscienza. È questo il principio che muove l’impegno sociale di Massimo Bottura, da anni attivo alla realizzazione di mense che utilizzano gli esuberi di cibo dei supermercati e di realtà commerciali per offrire pasti sani e stagionali alle persone indigenti. 16

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HUMAN BODIES, IL CORPO UMANO MESSO A NUDO Una mostra scientifica affascinante e unica, dedicata all’organismo umano e costituito da corpi reali appositamente trattati. Fino al 24 giugno a Città della Scienza c’è Human Bodies, exhibit che ha superato in tutto il mondo i 40 milioni di visitatori. L’allestimento porta la supervisione di Alessandro Cecchi Paone e Napoli è la seconda città italiana a ospitarlo dopo Torino. Creato nel 2008 dal gruppo Musealia, il progetto museale è stato curato a quattro mani da Rafael Latorre, professore di anatomia semplice e comparata all’Università di Murcia e da Virginio Garcia Martinez, professore di anatomia ed embriologia umana dell’Università di Extremadura, in collaborazione con l’Università del Tennessee.


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PARTENOPE MEET MASSARI A NAPOLI Iginio Massari, uno dei pasticcieri più famosi del mondo si esibito alla Mostra D’Oltremare in un “dolce” showcooking con Sal De Riso. In prima fila tanti altri grandi nomi della pasticceria italiana: Salvatore Gabbiano, Alfonso Pepe, Denis Dianin, Pasquale Marigliano, Salvatore Varriale, De Vivo. Massari ha voluto omaggiare la città con due speciali creazioni: Sole di Napoli, crostata moderna con crema di Limoni di Sorrento e Mediterranea, monoporzione di massa montata alla ricotta glassata all’arancia con pasta sablé e pan di spagna. Salvatore De Riso ha realizzato il Soufflé stregato al cioccolato, monoporzione di frolla di nocciola con meringa montata al cioccolato e profumata alla curcuma e allo Strega Alberti. La tappa Meet Massari di Napoli è stata organizzata in partnership con Agrovo Alimentari, azienda campana, leader nel settore della distribuzione di semilavorati e materie prime per pasticceria, gelateria e panificazione.

MODA E STILE CON ALESSANDRO LEGORA ATELIER Il fascino e l’eleganza dello stile made in Italy è racchiuso nel nuovo brand dello stilista Alessandro Legora, che ha lanciato un nuovo progetto moda: Alessandro Legora Atelier. Al centro la manifattura artigianale, con abiti da sposa e capi di alta moda moderni e orignali. Due le collezioni protagoniste: Bridal e Alta Moda frutto di una produzione sartoriale realizzata su misura di chi le indossa. Il Legora Bridal vuol dire eleganza senza ostentazioni, ricercatezza dei dettagli, abiti sposa che spaziano dal bianco latte fino all’avorio. Un messaggio di freschezza assoluta viene trasmesso anche alla collezione Alta Moda che sorprende con un tripudio di tessuti pregiati.

MUSICA AL CHIAIA DISTRICT Sulle scale Filangieri si è tenuto l’original il concerto degli Arabbas, organizzato dal neonato Chiaia District aderente a ConfCommercio. Lo spettacolo, a cui hanno assisitito centinaia di persone, è stato realizzato anche con il sostegno di Blunauta Napoli e Le Zirre Napoli Limited Edition. Il gruppo Arabbas è molto noto tra i professionisti partenopei, perchè composto da tanti imprenditori uniti dalla passione sfrenata per la musica e il canto. Nel coro degli Arabbas figurano il direttore d’orchestra Giuliana Calimeri, l’impresario Sergio Gigliotti, la voce Andrea Rea, Maria Rosaria Abiosi, Stefano Aversa, Matilde Bile, Ludovica Bracci, Bruna Coletta, Stefania Corbi, Carlo D’Amore, Antonella Di Luggo, Attilio Doria, Marisa Dumontet, Riccardo Finizio, Maurizio Gatti, Monica Gazzola, Sergio Gigliotti, Amelia Gravina, Elena Mancini, Renato Marino, Carla Masi,Renato Montedoro, Mario Roccatagliata, Chiara Rocco, Claudio Ruggiero, Anna Santangelo, Stefano Selvaggi, Brunella Summaria, Roró Vecchione, Giovanni Vitolo, Gianfrancesco Zezza. Ph. Ciro Orlandini

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#savethedate What Why

I CONSIGLI DI PROSPERO Mi piacerebbe che questa rubrica cambiasse vesti ogni volta. Se la sua prima edizione l’ha vista assumere le sembianze di Ariel, lo spiritello tagliente, veloce e leggero come il vento, in questo nuovo numero di “Party Magazine” ho pensato di intitolarla a Prospero, il mago saggio e potente de La tempesta di Shakespeare, che con la sua arte magica è capace di cambiare gli orizzonti della realtà. L’idea è quella di spostare un poco il vostro sguardo, di mutare il punto di vista e gli orizzonti entro cui muoversi insieme alla ricerca di ciò che è bello ma anche più importante. Prospero sarà la guida etica, che condurrà le scelte dei prossimi mesi. Cercheremo di non perdere mai la leggerezza, mentre ci orientiamo nei meandri dell’arte, perché, si sa, “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni” e i sogni devono librarsi in aria, ma, questa volta, ci aggiungeremo un pizzico di avvedutezza, che non guasta mai! Milena Cozzolino

4w events GLI APPUNTAMENTI DA SEGNARE IN AGENDA

What Why

Wine&TheCity Nel mese di maggio si parteWhen cipa a vernissage, aperitivi in 3-25 maggio boutique, cene in case private, Where itinerari urbani insoliti, concerNapoli ti che invadono la città all’insegna dell’ebbrezza creativa. Partecipano più di 100 cantine e altrettanti siti pubblici e privati tra musei, store, gallerie d’arte, grandi alberghi, atelier di artisti, ristoranti, wine bar, giardini, monumenti e vigne metropolitane.

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Viktor Viktoria Il fascino del trasformismo When da sempre attira pubblico. Dal 20 al 29 aprile Per cui la cantante Viktoria Where decide ad un certo punto di Teatro Augusteo trasformarsi in Viktor, dando vita ad un essere androgino, che riscuote successo laddove Viktoria non è riuscita. Ultimamente la Pivetti ha fatto anche sulla sua vita privata alcune dichiarazioni: “Vivo con una donna, gli uomini mi hanno delusa”. Insomma l’ambiguità gioca forte nella vita dell’attrice: dentro e fuori la scena!

What Why

Atto di Fede Lui è Maurizio De Giovanni, When penna osannata in tutti i cam12 e 13 maggio pi della scrittura. Per la verità, Where anche un tantino sopravvaluNuovo Teatro Sanità tata. Ma se a portarlo in scena è una delle voci teatrali più rappresentative di Napoli, ossia quel Paolo Cresta, che resteresti ore ad ascoltare per quanto è bravo nel teatro di narrazione, allora, e dico solo allora, c’è da riflettere sulla bontà dell’operazione e sulla sua reale ispirazione.

What Why

In verità, in verità vi dico: Luca De Fusco incontra il pubblico del Teatro cerca Casa

Luca De Fusco, direttore del confermato Teatro Nazionale Mercadante di Napoli, incontra il pubblico della rassegna di When teatro in appartamento ideata 24 aprile da Manlio Santanelli. Come Where dire: il principe e il povero a Casa Santenelli confronto. Sarà interessante capire cosa dirà De Fusco, accusato da più parti di aver fatto perdere pubblico allo Stabile di Napoli, nel salotto di una iniziativa teatrale nata per riportare il pubblico a teatro! Sarà contestazione? Ai presenti, l’ardua sentenza.


What Why

InTarsi - Compañía de Uno spettacolo in cui le arti Circo “eia” di Barcellona circensi (Portés Acrobatici, When Banchina, Mini-tramp, BascuDal 27 al 29 aprile la) sono vissute in maniera Where condivisa col pubblico. Oltre Teatro dei Piccoli la meraviglia del circo, c’è la capacità di costruire lo spettacolo insieme a chi lo guarda, inseguendo l’idea che l’arte sia costruttrice di relazioni umane imprescindibili, e che solo stando insieme ci si può meravigliare veramente. Adatto soprattutto ai bambini: i futuri uomini e le future donne di domani.

What Why

Troni di vita. Fiamma Se il filosofo Nietzche, già da Zagara – dipinti e sculture qualche secolo, ha messo in When giro la voce che Dio è morto, Dal 24 marzo al 3 giugno la mostra di Fiamma Zagara, Where allestita in un luogo sacro, con Complesso Monumentale i suoi troni dai materiali inordi Santa Maria La Nova ganici e di riciclo (legno, iuta, alluminio, polietilene, tubi, fili, smalti, polistirolo catramato, corde) sembra urlare che anche i suoi luogotenenti hanno fatto il loro tempo. Attualissima, questa mostra, che mette a confronto sacro e profano, nel loro punto di congiunzione, il potere appunto, riduce a scheletri tutti i suoi simboli.

What Why

Radio Kobani di Reber Protagonista assoluta è KobaDosky ne, città prima occupata e poi When distrutta dallo Stato Islamico. In 4 maggio seguito alla Liberazione, DiloWhere van, una reporter curda di soli Cinema Astra vent’anni, apre una stazione radio. Affiancata dal suo amico Biter, racconta la situazione dei campi-profughi, dialoga con i sopravvissuti e intervista soldati e musicisti. Il regista curdoolandese Reber Dosky immerge la sua cinepresa nella città che risorge dopo la battaglia: il sole può risorgere ovunque, anche sulle rovine.

What Why

La Flora dell’Orto Botanico Un’occasione imperdibile per When tutti quelli che inondano le 22 aprile nostre bacheche di Instagram Where con foto di fiori e piante cerOrto Botanico di Napoli cando di cogliere il lato poetico della natura. Ecco per voi, la possibilità di regalarci scatti realizzati ad arte guidati dall’Associazione Fotografi Naturalisti Italiani (AFNI) presso l’Orto Botanico di Napoli. Un esperto dell’Orto Botanico descriverà le caratteristiche salienti delle collezioni botaniche. I nostri social ora non aspettano altro che il vostro reportage fotografico.

what Why

Foja in concerto per i Si chiama IlluStazioni, l’ultimo vent’anni di COMICON lavoro discografico dei Foja, When in concerto per i vent’anni di 30 aprile COMICON. Un evento unico. Where Un progetto che prevede il Arena Flegrea coinvolgimento di disegnatori e fumettisti che on stage interagiscono con la canzoni del gruppo capitanato da Dario Sansone, storico amico e collaboratore della manifestazione dedicata al fumetto.

What Why

The beach wedding party Per scoprire tutte le tendenWhen ze top in fatto di matrimoni. 26 aprile Quest’anno la grande noviWhere tà è il “wedding week end”, Kora Events Pozzuoli proposto per la prima volta in Campania dall’imprenditore Alessandro Laringe. Dopo il matrimonio “ecofriendly” ecco i festeggiamenti che durano un intero fine settimana. E per gli sposi più romantici anche soggiorni in catamarano.

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#picoftheday


Un giorno senza noi. Foto di Luciano Ferrara


#peaceandlaw

QUANDO SI RISCHIA IL CARCERE PER EVASIONE FISCALE?

Luigi Di Gennaro Avvocato penalista

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Personalmente non ho l’abitudine di prestarmi a demagogici discorsi sulla smodata pressione fiscale italiana perché ci sarebbero tante (troppe!) cose da dire e si correrebbe il rischio di essere additati come istigatori all’evasione. Posso, però in compenso, affermare che le recenti riforme legislative penali sul punto hanno preso in grande considerazione l’eccessivo carico fiscale, gravante specie sulle imprese, tanto che molte condotte di evasione fiscale non rientrano nel mirino del giudice penale. Anzitutto chiariamo che con la locuzione “evasione fiscale” si fa riferimento a tutte quelle azioni poste in essere dal contribuente per pagare meno tasse e aggirare le norme fiscali. Benchè dunque, in un’accezione popolare e generalizzata, l’evasione venga spesso considerata come un comportamento sanzionabile con una pena detentiva, va precisato come non sempre la stessa costituisca reato, dovendosi ritenere penalmente rilevanti solo quelle ipotesi in cui vengano superati determinati limiti minimi (tutti indicati nel D. Lgs. 74/2000) o realizzati particolari comportamenti tipizzati dal legislatore. Di regola, quindi, a meno che non si sforino le soglie previste dalla legge, chi sottrae al fisco uno o più redditi percepiti nell’anno d’imposta commette “soltanto” un illecito amministrativo, punito con l’irrogazione di una sanzione pecuniaria. Ne consegue perciò che colui il quale -senza sforare le soglie previste dalla legge penale- aumenti in modo artificioso i costi sostenuti durante lo svolgimento della propria attività solo per incrementare le detrazioni fiscali, oppure non dichiari un compenso ricevuto da un cliente, non commette il reato di evasione fiscale, ma andrà comunque incontro a due spiacevoli conseguenze: l’operazione di “recupero a tassazione” di tali importi da parte dell’Agenzia delle Entrate (facendo rientrare gli stessi nella base imponibile da cui invece erano stati nascosti dal contribuente) e l’applicazione, poi, delle relative sanzioni pecuniarie. Come si diceva poc’anzi, la linea di demarcazione tra l’illecito amministrativo e quello penalmente rilevante trova la sua ragion d’essere nella modalità

adottata per attuare l’evasione e nella natura quantitativa della soglia da superare: in altre parole, tutto dipende dal “come” e dal “quanto” si evade. Alla luce di quanto disposto dal D.lgs. 74/2000 e successive modifiche, le principali condotte delittuose sottoposte a soglia minima di punibilità sono la dichiarazione fraudolenta mediante artifici, la dichiarazione infedele, l’omessa dichiarazione e l’omesso versamento IVA. Nel caso di dichiarazione fraudolenta mediante artifici, il reato consiste nella falsificazione delle dichiarazioni mediante l’inserimento di elementi passivi fittizi e sussiste se l’imposta evasa è superiore a 30.000,00 Euro (con riferimento a ciascuna delle singole imposte) oppure i redditi non dichiarati superano il 5% del totale (o comunque 1,5 milioni di Euro). La pena è della reclusione da 1 anno e sei mesi fino a 6 anni. La dichiarazione infedele, invece, ha a oggetto dichiarazioni mendaci che non rientrino nei casi appena indicati e riportino elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti. In questo caso, il reato sussiste se l’imposta evasa è superiore a 150.000,00 Euro o i redditi non dichiarati superino il 10% del totale (o, comunque, i 3 milioni di Euro). La pena è della reclusione da 1 a 3 anni. L’omessa dichiarazione sanziona il comportamento di chi, al fine di evadere l’Iva o l’imposta sui redditi, non presenta, pur essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte e l’imposta evasa, con riferimento a ciascuno dei singoli tributi, sia superiore a 50.000 Euro. In questo caso, la pena è della reclusione da un anno e 6 mesi a 4 anni. L’omesso versamento IVA infine concerne i casi in cui si tralasci intenzionalmente il versamento dell’Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale per un ammontare superiore a 250.000 euro per ciascun periodo d’imposta, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo. In quest’ultimo caso la pena è della reclusione da 6 mesi a 2 anni. luigidigennaro@avvocatinapoli.legalmail.it



#fischiofinale

Calcio italiano senza più talenti, nazionale in crisi. Alessandro Del Piero ha smesso di giocare in azzurro nel 2008, Francesco Totti nel 2006, Roberto Baggio nel 2004. Giovani promesse si annunciano, ma non si scorge ancora un top player. L’Italia non ha vinto più nulla dopo il 2006 (campione del mondo). Fuori dal prossimo Mondiale. E, in precedenza, i flop ai Mondiali in Sudafrica (2010) e Brasile (2014). Sulla scena europea, Italia seconda nel 2012 e nel 2000, l’unica vittoria nel 1968 ai tempi di Zoff, Mazzola, Riva, Juliano.

DI MIMMOCARRATELLI

CHIUSA LA PARENTESI A TEMPO CON DI BIAGIO, ECCO IL REBUS DELLA NAZIONALE DAL SELEZIONATORE CHE SARÀ SCELTO A MAGGIO ALLA RIFONDAZIONE DELLA SQUADRA CON GIOVANI PRONTI, MA ACERBI.

Il passaggio dalla vecchia generazione vincente (Buffon, Chiellini, Pirlo, Fabio Cannavaro, Nesta, De Rossi) alla nuova si annuncia complicata e confusa. Non aiuta la designazione di un commissario tecnico di passaggio. Luigi Di Biagio, 46 anni, tecnico federale, da sette anni alla guida delle nazionali giovanili, oggi selezionatore della squadra maggiore è un semplice traghettatore in attesa del commissario tecnico che sarà nominato il 20 maggio quando la Federcalcio valuterà la disponibilità dei nomi già noti: Ancelotti, Conte, Mancini, Ranieri. La scelta, con la Federcalcio commissariata, spetterà ad Alessandro Costacurta, sub-commissario della Figc. Le due amichevoli di marzo (0-2 contro l’Argentina a Manchester e 1-1 contro l’Inghilterra a Londra) erano state previste come test probanti per la nazionale che si fosse qualificata al Mondiale 2018 in Russia. Non hanno avuto senso per la nazionale allestita “di passaggio” da Di Biagio. Troppo “alti” gli avversari (l’Argentina anche senza Messi e Aguero) e per niente iniziata la rifondazione della squadra bocciata dalla Svezia nello spareggio mondiale di novembre a Milano. Di quella formazione sono andati ancora in campo Buffon (migliore azzurro contro l’Argentina), Florenzi, Bonucci, Parolo, Jorginho, Immobile, Candreva, Darmian. Il problema non è il commissario tecnico. Il problema è il calcio italiano che produce giocatori di medio livello. Nota curiosa: in declino i difensori, in risalita gli attaccanti. Arrigo Sacchi reclama una nazionale che abbia iniziativa, coraggio, armonia, bellezza. Ha detto: “Do-

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po anni di oscurantismo, la nazionale ha il dovere di darsi uno stile”. In pratica, basta col calcio difensivo. Marcello Lippi vinse il Mondiale 2006 in Germania puntando sulla difesa. Dai gironi alla finale, l’Italia incassò solo due gol: uno dagli Stati Uniti nei gironi, uno dalla Francia in finale. È stato il più brutto Mondiale della storia. L’Italia con Buffon, Zambrotta, Cannavaro, Materazzi, Grosso e Gattuso in difesa pareggiò 1-1 con gli Usa, eliminò l’Australia negli ottavi (1-0) con un rigore di Totti al 95’ e vinse ai rigori la finale contro la Francia. Ora, in campionato, si fa un calcio più propositivo (Sarri, Giampaolo, Di Francesco, Gasperini). In nazionale bisogna avere il coraggio di fare piazza pulita rinunciando a quei giocatori che per ragioni anagrafiche non possono far parte del rinnovamento e imboccando una strada nuova nel gioco. Ma questo dipenderà dalla scelta del commissario tecnico a giugno. Ognuno dei quattro allenatori in ballo ha un suo modo di intendere il calcio. Dice giustamente Sacchi che, nella scelta, non si dovrà partite dal nome del selezionatore, ma da un progetto di gioco. Roberto Mancini è il più gettonato per una nazionale non più difensivista, visto anche che il blocco difensivo della Juventus ha superato i trent’anni. Ecco, nell’ultima “rosa” dei convocati da Di Biagio chi sono i giocatori sino ai 25 anni. Portieri: Donnarumma (19 anni) e Perin (25). Difensori: De Sciglio (25), Ferrari (25), Spinazzola (24), Rugani (23), Zappacosta (25).

Centrocampisti: Verratti (25), Pellegrini (21), Gagliardini (23), Cristante (23). Attaccanti: Belotti (24), Simone Verdi (25), Cutrone (20), Federico Chiesa (20). Non si possono escludere nell’immediato Florenzi (27 anni), Jorginho (27), Insigne (27), Immobile (28). E saranno in ballo Bernardeschi (24 anni) e Romagnoli (23), assenti per infortunio nelle amichevoli di marzo. Hanno fatto parte del primo stage di Di Biagio per giovani promesse il portiere Scuffet (22 anni, Udinese); i difensori Barella (21, Cagliari) e Romagna (21, Cagliari); i centrocampisti Mandragora (21 anni, Crotone,napoletano) e Murgia (22, Lazio); gli attaccanti Orsolini (21, Atalanta) e Daniele Verde (22, Verona, napoletano). Altri giovani chiedono spazio: il portiere Meret (21 anni, Spal); i difensori Bastoni (19, Atalanta), Calabria (22, Milan), Barreca (23, Torino), Caldara (22, Atalanta), Andrea Conti (22, Milan); il centrocampista Locatelli (20, Milan); gli attaccanti Di Francesco (24, Bologna), Brignola (19, Benevento), Edera (21, Torino) e Moise Kean (18, in prestito dalla Juve al Verona, nato a Vercelli da genitori ivoriani). La nazionale è attesa da altre due amichevoli: l’1 giugno a Nizza con la Francia, il 4 giugno a Torino con l’Olanda. Esse segneranno la fine del “traghettatore” Di Biagio. Il nuovo commissario tecnico dovrà misurarsi con gli impegni della Nations League, la nuova competizione delle nazionali sulla falsariga della Champions per i club, che prevede Italia-Polonia il 7 settembre, Portogallo-Italia il 10 settembre, Polonia-Italia il 14 ottobre, Italia-Portogallo il 17 novembre. In questa competizione, che partirà dopo il Mondiale 2018, dovremmo già avere la nazionale del futuro. La Nations League avrà cadenza biennale, assegnerà un titolo di campione e qualificherà quattro squadre per lo storico Campionato europeo per nazioni che si gioca ogni quattro anni.

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#notemenonote

FUORI DAL TEMPO di Ciro Ardiglione

BEATRICE ANTOLINI Una donna e un’artista che con il suo nuovo album L’AB, con eleganza e forza, è riuscita in una sintesi creativa che merita molta attenzione. La si può seguire nei suoi testi, peccato solo per l’inglese, che amalgamano voci intime a temi universali che attraversano l’individuo, le individualità dei nostri giorni e la si può seguire nelle sue variegate digressioni, anche nel canto, di spartito che incedono tra eleganza, forza, armonia e modernità. Il rischio che corre una figura come Beatrice Antolini che ha suonato molti degli strumenti, scritto la musica, arrangiato, mixato e prodotto il disco è quello dell’autoreferenzialità. Ma questo timore svanisce subito al primo giro dei nove brani. Il ritmo incalzante di molta parte di Until became, una canzone di matrice punk, insieme agli inserti melodici, agli spunti elettronici e alle apertura corali sono uno dei momenti raccontano le qualità del disco. E se poi si aggiunge un testo che parlando delle relazioni tra uomo e donna evidenzia il futile ambire a “diventare”, in un mondo dominato dai social, rispetto all’”essere”, possiamo chiudere in bellezza. Sempre restando sul tema dei social troviamo Second Life, il “mondo parallelo”, fatto spesso di emozioni “surrogate” contro il quale cerchiamo di emergere. Ma questo singolo è anche interrogarsi su come potrebbe essere un’altra vita.

ASCOLTA I CONSIGLI a cura di www.mentinfuga.com

The Zen Circus / IL FUOCO IN UNA STANZA Woodworm Label e La Tempesta Dischi/ Marzo 2018 Albert Hammond Jr / FRANCIS TROUBLE Red Bull Records/Edel / Marzo 2018 Okkervil River / IN THE RAINBOW RAIN ATO Records / Aprile 2018 Jack White / BOARDING HOUSE REACH Third Man Records, Columbia records / Marzo 2018 Negrita / DESERT YACHT CLUB Universal / Marzo 2018 28

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Nella mia seconda vita sarò più forte più adorabile. Nella mia seconda vita ogni forza che avrò la userò per non lasciarti andare…. ne sarò capace, amore Il racconto di Second life si svolge lento su un sentiero di modulazioni elettroniche ben disposte e poco convenzionali fino lanciare melodie pop con la voce di Antolini che, a tratti, appare una moderna Kate Bush. Un’atmosfera evanescente attraversano i tre minuti la ballata Subba che ci porta inesorabilmente dentro le sabbie mobili fatte di momenti di pura astrazione elettronica perché prova ad affrontare l’incomprensibile, l’ignoto delle nostre esistenze. Anche What you want si pone domande, ma lo fa in maniera allegra con un piano a condurre il ritmo fino a lasciar spazio ad una esplosione di ritmi dance sempre arrangiati con modernità. La maceratese Beatrice Antolini mostra il suo talento fin da bambina e già nel 2006 pubblica il suo primo album Big Saloon. Nel 2007 collabora con i Baustelle, suonando in Amen. Dopo il secondo album A due (Urtovox Rec.) del 2008, arriva l’anno successivo il premio PIMI come “migliore artista solista”. Tra un disco e l’altro continua a collaborare con artisti come Lydia Lunch, A Toys Orchestra, il compositore australiano Ben Frost e nel 2016 partecipa al programma Vinyl di Sky Atlantic.


KEROUAC Sono tutte ballate, le nove tracce di Ortiche (quelle che «avremo sulle nostre tombe»), ma partire dall’ultima significa intercettare la costruzione musicale di questo disco con il quale ha esordito il ventunenne veneto Giovanni Zampieri alias Kerouc. Capolinea su un tappeto di un treno regionale in movimento una chitarra acustica accompagna il racconto di una relazione che avrebbe dovuto prendere una strada diversa. Tu che sorridi, se balli col vento in estate, la voce che trema, la tua fragilità Tu che mi guardi un po’ storta, le braccia incrociate, io capisco che hai solo voglia di andare via da qua Lontana da questa città La chitarra acustica e la sua voce sono le strutture di base su cui sono stati forgiati tutti i brani usando differenti trame elettroniche per farne un album dalle tonalità urbane a cui sembra mancare un drumming di sostanza. Ha raccolto per quattro anni gli appunti per scrivere le canzoni che tristemente narrano esistenze personali quasi mai abbandonate a se stesse perché connesse ad uno scenario spesso doloroso. E cosi Metropoli, con il pianoforte iniziale che introduce un incedere da hip-hop/rap fino ai cori su fluttuazioni melodiche e ritorni, apre ai temi universali dando un valore politico al brano Dove nasconderemo queste canzoni, quando verranno a prenderci le sirene della polizia Dove dipingeremo queste illusioni quando gli eserciti marceranno sulla nostra via Ancor più Graffiti in cui la musica che si fa più cupa, con grigi coloriture industriali e la sua voce, a tratti distorta, urla una sofferenza luttuosa la pace è una visione noi nemmeno lo ricordiamo più con le divise strappate le nuvole nere sono il fumo di tutte le case bruciate Un bel coraggio a vent’anni. Del resto ha dichiarato in un’intervista che «l’arte, in tutte le sue forme, sia un atto politico […] ogni oggetto frutto della creatività abbia in sé un elemento di consapevolezza».

ALL THE LUCK IN THE WORLD È stato il loro video per Contrails, il primo singolo del disco, a suggerirmi che era il caso di andare oltre. A Blind Arcade un disco di alt folk, il secondo della band, la cui principale connotazione strumentale è data dalle chitarre e il loro flusso continuo di arpeggi. Loro sono gli All the Luck in the World e cioè i giovani Neil Foot, Ben Connolly e Kelvin Barr e nascono in Irlanda che sembrerebbe il luogo ideale per il folk, sia pur alternativo, ma da qualche tempo vivono a Berlino che è diventata l’ambiente che riesce a dare vitalità alle loro storie e alla loro musica. Costruzioni melodiche che danno atmosfere quasi fuori dal tempo ma che sanno intersecare spunti sonori come in Landmarks che mantiene l’impianto nei crescendo e nei cori o che vede spuntare un batteria che tiene il tempo. Bella la cavalcata di sei minuti Into the Ocean, chitarre splendenti e anche energiche interrotte solo da finestre che si aprono su lievi tocchi di chitarre e una flessuosa e morbida voce you always said that when i got tall i’d be a fighter pilot i’d save us all but who’s gonna save me? who’s going to save you? Una poetica sonora dei paesaggi che potremmo trovarci ad osservare dall’alto di una casa a strapiombo sul mare o in giorno di neve mentre la vediamo cadere ondulata e lieve da una finestra. Un po’ come accade con Golden October, scritta qualche anno fa, che ha un incedere leggero, pochi accordi di chitarra aiutano la riflessione e poi lentamente si ampia la vista con gli archi e le percussioni mentre il canto si fa più liberatorio. Una canzone che parla di accettazione dei limiti e del passaggio verso la positività, come hanno avuto modo di dire loro stessi. Torniamo al video e alla poetica che il regista francese Thomas Vernay ha saputo rendere bene con un gruppo di ragazze che danno libertà totale ai loro sentimenti, ai loro turbamenti fino alla fuga nella sconfinata e fine del mondo. 29

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#jazz

Salerno la culla

jazz

del

di Adriano Cisternino

Gegè Telesforo gli ha dedicato una puntata della rubrica “Variazioni sul tema” su Rai 5. ”Fratelli di sound”, il titolo del programma che aveva per protagonisti i Deidda brothers. Tre fratelli, tre musicisti di jazz. Sandro, classe ‘65, sax tenore, ma anche clarinetto e flauto; Dario, classe ‘68, contrabbasso, ma anche batteria e tromba; Alfonso classe ‘70, sax alto, ma anche flauto e pianoforte. Tre fratelli, tre musicisti, salernitani, cresciuti a pane e jazz da papà Franco e mamma Anna Maria, entrambi pianisti. “I Marsalis d’Italia”, così li ha definiti Gegè Telesforo. Anche i Marsalis (che sono quattro) come i Deidda, hanno seguito le orme di papà Ellis, pianista di jazz. Sono di New Orleans, la città dove il jazz è nato. Quattro jazzisti, Wynton e Brandford i più famosi. Anche i Deidda erano quattro. Luigi, il primogenito, scomparso troppo presto, scelse un’altra strada, ma pure lui amava la musica e strimpellava la chitarra non male. Tre fratelli jazzisti, polistrumentisti. Non capita spesso. Però succede anche in Italia. In Sicilia, a Canicattini Bagni, i tre fratelli Elio, Alberto e Sergio Amato hanno portato avanti con successo l’ Amato Jazz Trio, finché non è arrivato Loris, il quarto fratello, a rinforzare il terzetto.

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I Deidda brothers dunque sono di Salerno. E non è un caso. Perché Salerno è da decenni vera culla del jazz italiano, la scuola jazzistica salernitana quasi fa il verso alla più antica e rinomata scuola medica salernitana. Salerno culla di jazz. Non è un caso o forse sì. Il perché, ce lo spiega Amedeo Ariano, batterista di talento, naturalmente salernitano: “Pochi si sono accorti che Salerno è l’anagramma di Orleans, e quindi se il jazz, come racconta la storia, è nato a New Orleans, Salerno non poteva non diventare una culla della musica afroamericana”. Vocazione segnata già nel nome della città, insomma, seppure un po’ criptata. Una tesi confortata anche da un preciso riferimento storico del ‘900: Operazione Avalanche fu il nome in codice dello sbarco delle truppe americane a Salerno nel 1943. E proprio qui gli americani portarono e diffusero jazz e chewing gum. “Anagramma a parte – spiega Sandro Deidda – il jazz da noi ha attecchito subito perché, a differenza di Napoli, qui a Salerno non c’era una grande tradizione musicale. La canzone napoletana viene da lontano e nel jazz napoletano se ne sente l’influenza. A Salerno non avevamo particolari radici musicali, per cui quando è arrivato il jazz dall’America ci siamo abbeverati direttamente alla fonte. Ci aggiungerei che Salerno, come New Orleans negli Usa, è una città del Sud”. Una teoria più che convincente. E i Deidda ne sono una testimonianza, a partire dalla generazione precedente. Cresciuti a pane e musica perché papà Franco suonava il pianoforte e mamma Anna Maria pure. “A sette anni accompagnavo con la batteria mio padre al pianoforte” racconta Dario. “Papà suonava jazz nei night nell’immediato dopoguerra – racconta Sandro – e fu anche invitato a fare trio con Van Wood, celebre chitarrista olandese e poi astrologo. Ma preferì rimanere a Salerno. La cultura musicale dei nostri genitori è stata fondamentale per noi. A casa nostra veni-


vano tanti amici musicisti e provavamo insieme. Anche perché, oltre al pianoforte, nel nostro salotto c’erano un organo, una batteria, una fisarmonica, una chitarra, un sassofono e un contrabbasso. E questo ci ha dato la possibilità di diventare polistrumentisti”. Abbastanza per mettere su un’orchestra, insomma, per la gioia dei vicini: “Sono stati molto pazienti, lo ammetto. Ma nessuno si è mai lamentato, anche perché noi avevamo rispetto e suonavamo in orari compatibili”. I Deidda brothers oggi, e da anni, girano il mondo e fanno band con i più grandi jazzisti. Qualche volta si ritrovano anche a suonare insieme: “Alfonso è sposato e vive a Udine – racconta ancora Sandro – Dario ha messo su famiglia e si è trasferito a Capua. Io solo son rimasto a Salerno. Ma capita talvolta che ci ritroviamo sullo stesso palco o in sala d’incisione. Nel 2001 abbiamo pubblicato un disco dal significativo titolo Salerno Liberty City Band per l’etichetta Via Veneto Jazz. Con noi tre c’erano anche Jerry Popolo, Daniele Scannapieco, Giovanni Amato ed Amedeo Ariano. Tutti salernitani”. Ma la lista dei musicisti jazz di questa città sarebbe lunghissima. E di che stupirsi se Salerno è l’anagramma di Orleans? I Deidda, insomma, non potevano che nascere qui.


#people

PEPPINO DI CAPRI

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Sessant’anni di una fantastica vita artistica saranno rivissuti al San Carlo il 21 maggio. Il piccolo pianista degli americani, le giacche di lamè, cantante per caso, il primo successo. Cinquecento canzoni e 35 milioni di dischi venduti. Dalla lambretta color salmone al giro del mondo. Ricordi, aneddoti e confidenze del ragazzo dalla voce nasale piĂš famosa.


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ORA FAI SESSANT’ANNI DI CARRIERA E PER SESSANT’ANNI HAI ATTENTATO, REGOLATO, CURATO E PROVOCATO, MONTATO E SMONTATO, ECCITATO E SORVEGLIATO IL NOSTRO POVERO CUORE.

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di Mimmo Carratelli ph. Romolo Pizi Quando il bambino di quattro anni, in quell’autunno 1943, finì di suonare al pianoforte, seduto su una cassetta di birre al Morgano Tiberio di Capri, il generale applaudì e disse “very, very good”. C’erano gli americani a Capri e il generale Clark, prima di applaudire quel pianista magrolino dell’isola che sarebbe diventato Peppino di Capri, era sbarcato a Salerno con 624 navi da guerra e 170mila soldati, il doppio della popolazione di Salerno. Si era poi sistemato a Capri col quartier generale americano. Very good. Very, very good. Si può dire che il piccolissimo Peppino, strimpellando ad orecchio motivetti americani per il generale di New York, quella sera conquistò l’America mentre l’America conquistava l’Italia. Sono passati 75 anni e, con un crescendo di 500 canzoni, 35 milioni di dischi venduti, 25 film e concerti in tutto il mondo, cominciando dalla Carnegie Hall di New York a 22 anni, birimbì birimbà, Peppino, dalle giacche di lamè al Gatto Bianco sino alle ultime apparizioni in tv da adulto affidabile e la bella chioma bianca, ci ha rovinato la vita. Chest’è, caro Peppino. Tu non sei stato il nostro cantante preferito, assolutamente il preferito, tu sei stato un cardiologo. Ora fai sessant’anni di carriera e per sessant’anni hai attentato, regolato, curato e provocato, montato e smontato, eccitato e sorvegliato il nostro povero cuore. Peppì, tu ci hai straziato i ventricoli e le extrasistole, ti sei impossessato della valvola aortica e hai fatto del nostro miocardio il tuo canapé. Si ‘nzuonno nu vaso me daje era da bradicardia assoluta. Nina Ninè te vulesse scurdà ed era tachicardia accertata, ma pecchè ma pecchè perdo o tiempo e perdo à capa pe’ te, si è fernuto nunno voglio sapè. Peppì, in confronto a te Cupido era un delicato zimbellatore. Tu ci hai squassato l’esistenza, a nuje ca sufrimme ‘e pene dell’ammore, sti pene ‘e gelusia, luna caprese un corno, luna buciarda. Champagne, un accidenti! Per un amore proibito, per un dolce segreto, per lei che già era di un altro? Ci hai strapazzato l’anima, Peppì, a noi ergastolani dei tuoi spettacolari singulti già in quei primi anni al Rancio Fellone di Ischia, quando eri uno scricciolo elettrico di ragazzo con gli occhiali dalla montatura nera e pesante, “gli occhi strizzati, le spalle contratte, la smorfia della bocca e la voce nasale”, come ti descrisse Valeria Gandus su “Panorama”, una bella biondina di inviato speciale. Il tuo idolo era don Marino Barreto, il contrabbassista cubano, anch’egli cantava un po’ col naso, arrivederci, dammi la mano e sorridi senza piangere, accidenti anche a lui. In America cantava singhiozzando Johnnie Ray, il ragazzo un po’ sordo dell’Oregon.


I MIEI CAPELLI BIANCHI. IL SOGNATORE. E TU CI SEI. ROBERTA. CHAMPAGNE.

Peppì, non giurà, non giurà, chi po credere ‘e giuramente, ‘e parole nun servene a niente. Ma ti pare bello, Peppì? Na smania ‘e te vedé, che voglia ‘e te vasà, che smania ‘e muzzecà. Tutto un trambusto di ormoni, un metabolismo delirante, un attentato all’ipotalamo, una spremitura di ghiandole surrenali, una confusione nel sistema orto-simpatico. Era meglio che ti fermavi a Twist again e Saint Tropez la gente si chiede perché. Allora eri scanzonato e non ci rompevi il cuore, ti piacevano Little Richard e Fats Domino. La luna più bella è qui, vicino a me, a Saint Tropez che ci eri andato un giorno con Gino Paoli, pioveva ed era tutto chiuso, ma ne facesti una canzone allegra perché suonava bene il nome, Saint Tropez, così dicesti, e il sindaco ti ringraziò perché con quel moti36

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vetto aveva triplicato il numero dei turisti. Nello Studio Uno di via Teulada a Roma 48 gambe in calzamaglia di 24 ballerine sgambettarono il tuo twist, inizio anni Sessanta, il massimo che si poteva desiderare in tv. No, hai voluto andare avanti a scavarci il cuore, Peppì, con amori sognati, difficili, traditi, presi, ripresi e perduti, malatìe e frennesie, si po’ nun tuorne ‘sta malatìa me fa murì. L’ammore, Peppì. Ammore scumbinato (ah, Mimmo Di Francia!), strafottente ca nun maje dato niente, ammore ‘mbruscinato, travagliato e chianu chianu tu m’a’ fatto scemo. La ricordo la tua lambretta color salmone a Ischia, tu al Rancio Fellone quando avevi 21 anni e al Moresco cantava Baby Gate, che era poi Mina a vent’anni, due ragazzi scatenati nell’isola di Angelo Rizzoli e dei locali



di Sandro Petti, Ugo Calise aveva 39 anni e Armando Romeo 36, Nun è peccato e Malatìa, i miei amici di quel tempo tra il Negombo del duca Camerini e lo Scotch Club sulla riva sinistra del porto. Finivate di cantare, tu e Tintarella di luna, e scappavate sulla lambretta in cerca di un ristorante che vi facesse mangiare alle quattro del mattino. E ora, Peppì, te ne vieni con I miei capelli bianchi a ricordarci che il tempo è passato. I capelli, Peppì, i tuoi ingestibili capelli da ragazzo quando tuo suocero diceva “Peppino se po’ sentì, ma nun se po’ guardà”, i tuoi capelli bianchi (e sapessi i miei) oggi bene in ordine e fai ancora l’Acchiappasogni, son diventato un sognatore per sentirmi meno solo e per non sapere più quant’anni ho. Tanti, Peppì, ma te li porti bene e sei il ragazzo semplice di sempre, disponibile, cordiale, genuino, leale. Ti ricordi, Peppì, Eduardo De Filippo? Ti consigliò di aprire un ristorante perché la gente deve mangiare sempre e, quando lo incontrasti la seconda volta, ti chiese se il ristorante l’avevi aperto e tu dicesti un po’ imbarazzato che avevi avuto altro da fare. E quando a New York ti portarono in un palazzo tutto vetri e specchi? L’uomo del palazzo, circondato da levrieri e cani-lupo, ti chiese di cantare Malatìa e tu cantasti e non sapevi, maronna mia!, che quell’uomo era Joe Gambino, il boss. E quel fantastico viaggio a Teheran? Invitato dallo Scià per il compleanno di sua madre che amava le tue canzoni. E mo e mo il 21 di maggio c’è questa grande serata al San Carlo per i tuoi sessant’anni di musica e ammore. Già c’eri stato una volta per un omaggio a Enrico Caruso. Ma ora la scena è solo per te, il palcoscenico di mille metri quadrati davanti ai 184 palchi e alla platea, 1440 posti tra broccati, velluti rossi e stucchi dorati, questa meraviglia che fece dire a Stendhal: “La prima impressione è di essere piovuti nel palazzo di un imperatore orientale”. E, allora, ti vedremo dove Tosca ammazza ripetutamente Scarpia, Sparafucile pugnala Gilda, Radames e Aida si chiudono in una tomba e Mimì muore di tubercolosi. Detto così, il San Carlo sembra un quartiere di cronaca nera, accostamento barbaro che ci costringe a fare tante scuse al mitico Domenico Barbaja che, dopo avere gestito il gioco di azzardo alla Scala, fece i soldi e venne a Napoli a fare l’impresario del San Carlo nella prima metà dell’Ottocento, impresario storico del nostro Massimo.

Metti in fila le canzoni alle quali sei più legato. “I miei capelli bianchi. Il sognatore. E tu ci sei. Roberta. Champagne”.

La bella notizia, Peppì, è che ti accompagnerà un’orchestra diretta da uno dei tuoi figli, Edoardo, laureato all’Università della musica di Boston, altro che Twist again.

Aggiungo Nessuno al mondo per quel verso: è stato un sol destin. Il tuo destino di cantante per caso. “Proprio così. Una sera al Gatto Bianco non venne Sergio Pizzulin che era il cantante chitarrista del gruppo. Gli era morta la nonna. Chiesero a me di cantare. Avevo quindici anni e questo è stato l’inizio”.

Vogliamo fare un bilancio, Peppino? Tre aggettivi per i tuoi sessant’anni musicali. “Interessanti. Irripetibili. Favolosi”.

Che cos’è il successo per te? “Qualcosa che ti scuote dentro e ti spinge a fare sempre bene, a migliorarti continuamente”.

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Hai girato il mondo, ma in Russia non ci sei mai stato a cantare. “E non so perché. Però so che la moglie di Putin conosce le mie canzoni”. Hai studiato duramente il piano, poi la tua maestra ti cacciò dalle lezioni. “Elisabeth Rudolf, una tedesca di Dusseldorf, severissima. Aveva sposato uno dell’isola e abitava ad Anacapri. Voleva fare di me un grande pianista, come dire classico. Quando seppe che andavo a suonare nei night non volle più saperne di me”. Sei primo in tutte le classifiche, ma solo terzo in quelle di Billboard, il giornale musicale di Cincinnati. “È vero. Sono terzo al mondo fra i cantanti maggiormente falsificati”. Regalami un aneddoto. “Ottenni un ingaggio in un grande albergo di Taormina per un Capodanno, da Natale alla Befana. Parlo di tanto tempo fa. Tardavano a pagarmi. Allora andai dal proprietario dell’albergo e gli dissi: «Non mi ha ancora pagato». E lui: «Pagato? Veramente è lei a doverci dei soldi». Probabilmente avevo perso al gioco, qualcosa del genere. Conclusione: l’uomo sequestrò tutti gli strumenti del gruppo”.

La villa di Peppino al Castiglione affaccia su Marina Grande e guarda il golfo di Napoli. Da un’altra parte, a Marina Piccola, accumpareno naturalmente ‘e stelle a prima sera, tutta Tragara luce ‘mmiezo ‘o mare, ‘na fascia argiento sotto ‘e faraglione. Dalla cucina arriva un buon odore di pasta e patate, la specialità della moglie di Peppino, grande ragazza, eccezionale per simpatia, e non solo. Lei è Giuliana Gagliardi, biologa. La biologia è la scienza che studia gli esseri viventi. Giuliana, hai studiato anche Peppino? “Impossibile. Sta sempre dentro un pianoforte”. Peppino si intromette: “È spontanea, rassicurante, dolcissima, così è Giuliana”. Peppì, Giuliana è una santa e tu sei tutt’altro che un martire. “Proprio così”. Dal terrazzo che guarda al golfo di Napoli, l’eterno ragazzo caprese guarda il mondo e il mondo gli restituisce l’eco delle sue canzoni. Peppino, champagne!

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#ciak

GRASSE RISATE servite in salsa francese di Valerio Ciaccia

L’umorismo dei Francesi non è così diverso dal nostro e, in fondo, come popolo, non è neanche così serio come ce lo immaginiamo. La storia del cinema d’Oltralpe comprende grandi capolavori e i creatori della settima arte possono certamente vantare anche una vasta gamma di commedie e film comici di rilievo. Gli Italiani, negli ultimi anni, hanno più volte attinto a piene mani al prodotto francese, proprio per costruire commedie nostrane di assoluto successo. Basti pensare a Benvenuti al Sud (2010), remake di Giù al Nord (2008), dove compare anche uno dei protagonisti della pellicola originale (Dany Boon) oppure a Un paese quasi perfetto con Fabio Volo e Silvio Orlando, riproduzione italiana di Un village presque parfait di Stéphane Meunier o ancora Il nome del figlio di Francesca Archibugi tratta dalla pièce teatrale Le prénom. Naturalmente anche gli Americani si sono ispirati al cinema d’oltralpe, con pellicole a noi tutti ben note. Si pensi a Tre scapoli e un bebè (1987), del compianto Leonard Nimoy, tratto da Tre uomini e una culla (1985), a In fuga per tre (1989) ispirato a Due fuggitivi e mezzo (1986). Gérard Depardieu, tra i più conosciuti rappresentati del cinema francese, si è addirittura sdoppiato. Nel 1994 il noto attore francese ha recitato in Ma dov’è andata la mia bambina?, remake americano della commedia Mio padre, che eroe! (1991), dove interpreta lo stesso personaggio. Pur trovandoci nel genere action, una menzione merita True Lies (1994) di James Cameron, pellicola pregna di momenti ricchi humor, che non tutti sanno essere ispirata a La Totale (1991) film diretto da Claude Zidi, inedito in Italia. Anche gli inossidabili Jack Lemmon e Walter Matthau, protagonisti di Buddy Buddy (1981), devono le loro avventure a Il rompiballe (1973). Oggi assistiamo all’uscita di numerose pellicole di grande successo tutte prodotte in Francia, ma dal respiro internazionale. Un lungo elenco potrebbe essere composto dalle sole opere che vedono coinvolto Fabrice Luchini, attore e umorista, tra cui, solo per citarne alcune, Le avventure galanti del giovane Molière, Le donne del 6° piano, Molière in bicicletta, Ma Loute. Poi ci sono le classiche commedie moderne, adatte a tutti i palati, come La cena dei cretini (1998), il rivoluzionario Il favoloso mondo di Amélie (2001), la commedia generazionale L’appartamento spagnolo (2002), Niente da dichiarare 40

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(2010), Il Truffacuori (2011), Supercondriaco (2014), senza dimenticare Quasi Amici (2011), film che merita una menzione particolare. L’opera di Olivier Nakache e Eric Toledano, tratto da una storia vera sviluppata dagli autori con brillante delicatezza, gode di una raffinata colonna sonora, della quale fa parte anche il brano Fly del nostro Ludovico Einaudi, che accompagna le vicende dei due protagonisti, un ricco tetraplegico ed il suo improbabile badante. La pellicola ha lanciato la carriera internazionale del comico Omar Sy, visto poi anche in blockbuster come X-Men – Giorni di un futuro passato, Jurassic World e Inferno. Nel 2018 avremo la possibilità di assistere ad alcune commedie che, in patria, hanno riscosso un discreto successo e non è detto che non subiscano il medesimo destino delle pellicole sopra citate. C’est la vie, ancora di Eric Toledano e Olivier Nakache, narra dell’organizzazione di un matrimonio a opera di un wedding planner ormai logorato dal suo lavoro, alle prese con un personale decisamente ribelle e assediato dalle incomprensioni legate alle sue vicende. Ci saranno caos e disordini alla vigilia del matrimonio. Bigfoot Junior, film di animazione che con garbo e simpatia narra della ricerca della creatura mitologica, con numerosi richiami alla questione

ecologica. Benvenuti a casa mia, di Philippe de Chauveron, commedia decisamente attuale dove un ricco borghese invita suoi pari ad accogliere nelle sue case gente meno fortunata. Vedremo se il simpatico protagonista riuscirà ad essere così aperto in prima persona. Un profilo per due di Stéphane Robelin, moderna rivisitazione del Cyrano de Bergerac. Due sotto il burqa, amabile rappresentazione che tratta argomenti delicati senza mai trascendere in battute razziste. Chiudiamo con un film, uscito già nel 2011, ma degno di nota per i risultati ottenuti, non solo in termini di incasso. Cinque premi Oscar, tra cui miglior film, regia, attore protagonista, costumi, 3 Golden Globe e miglior interpretazione maschile al Festival di Cannes. Parliamo di The Artist, ambientato durante il passaggio dal cinema muto a quello sonoro, opera che permette di ridere, divertirsi e commuoversi grazie a una storia magistralmente rappresentata in bianco e nero. Un film muto sul cinema muto, con un attore cane come pochi se ne sono visti. L’ultimo film in bianco e nero a vincere un Oscar era stato Shindler’s list nel 1994, ma soprattutto nel 1929 ha vinto l’ambita statuetta Aurora, film d’autore come pochi se ne trovano in giro.

TOP FIVE COMMEDIE FRANCESI Quasi amici Famiglia all’improvviso Asterix e Obelix La famiglia Belier Emotivi anonimi

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#scheggedisaggezza

E LA LUCE FU di Manlio Santanelli

E ora ci uzzola di raccontare quello che succedeva, anzi, che cocozzielli che siamo!, quello che non succedeva quando non esisteva ancora nulla in nessun posto, e sbagliamo nel dire ‘quando’ e ‘posto’, dal momento che il nulla non poteva vantare né spazio né tempo, nulla come assenza di tutto, come dire che il mondo stava in culo al mondo, cioè in culo a se stesso, una sorta di boumerang prima dell’esistenza dell’Australia e dei suoi aborigeni, un autogol prima della nascita del gioco del calcio, e di conseguenza non era disponibile un bel niente, neanche un cucchiaino da caffè, o un paio di gemelli da sera - anche per l’assoluta mancanza di sere -, o una poltrona Frau, o una nuvola, o una schiocca di ciliegie, o una chioma per mantellare le spalle o un bouquet di peli per inghirlandare minareti maschili e grotticelle femminili, cose che non si trovavano neanche di contrabbando non essendoci ancora alcun bando da contrastare, o ancora di più alla borsa nera, in assenza di colori figuratevi di borse!, e così dìcasi per gli evasori fiscali non avendosi fisco da evadere, e se qualcuno non ci crede e dice, Com’è possibile, voi ci volete sbertulare, almeno gli evasori fiscali, ci tocca arrispondergli, È materia di fede, prendere o lasciare, credo quia absurdum recita il principio per bocca del ‘principiante’, per cui questo preambolo finisce per risultare inutile perché per avere una ragione d’essere a un preambolo occorre un ambolo, e purtroppo mancavano anche gli amboli prima del principio di tutto, del fiat lux, diciamo zero su tutta la linea, picche, no vhere e no when, qui è assente anche il qui, e dunque sarebbe stato il trionfo della noia solo se fosse esistito qualcuno disposto ad annoiarsi, ma latitavano anche i qualcuni, per farla breve, non esisteva nemmeno l’ombra del creato e di conseguenza ancor meno la penombra, visto che la creazione non era ancora cominciata. Fu così che il Padreterno si affacciò su tanto niente, che moltiplicato per niente faceva nientissimo, si guardò intorno e, ancorché di malavoglia, si pose il problema dell’inutilità di essere Padreterno quando non esistevano ancora padri e figli (Turgheniev non se lo sognava ancora di essere Turgheniev), insomma 42

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uomini a tempo determinato, vita e morte, dei miracoli senza miracolandi neanche a parlarne, e dunque l’Altissimo, ancorché di là da inventare ogni strumento di misura che ne decretasse la somma altezza, si disse, Io devo fare qualcosa, se no mi giro i pollici, mi do i pizzichi, conto le pecore che non ci sono ancora, enumero i peli della mia barba prima di aver fatto ordine tra i numeri, e così mise mano alla Creazione. Ma prima necessita dire che Il Signore dei Signori, mentre si sciucquagliava con questo grande proposito, che il più delle volte lo faceva spropositare, nel silenzio dell’eterno vuoto pneumatico ante omnia plena, o che vogliasi appellare A. U. N. (ante universum natum), sentiva zanzariere nella sua mente strane sonorità che sfrucoliavano la sua attenzione, erano stracci e mappine di testimonianze che Lui, in qualità di chi tutto intende e dal quale poi sarebbe provenuto l’umano intendimento, com’è come non è, diceva, Ma che mi stanno a significare questi suoni?, e andate a dargli torto, un’ Ente che ancora non s’è applicato a metter su l’entente avverte aleggiare dentro di sé inespresse espressioni molto vicine ad un mio regno per un cavallo, chiamatemi Ismaele, il raggio al quadrato per tre e quattordici, eppur si muove, se avanzo seguitemi, che dice la pioggerellina di marzo che batte sui vetri, o magari dopo di me il diluvio; quest’ultima espressione poi lo lo sdivinava da capo a piedi, Come è possibile? si ripeteva, Io non ho ancora messo in cantiere Noè e c’è chi già prevede il diluvio e il postdiluvio?; e qui una soddisfazione ce la prendiamo noi, una pietra dalla scarpa ce la togliamo


noi, perquantoché una volta tanto possiamo dire di saperne di più del Superno, le enigmatiche espressioni che lo sfastidiavano erano anticipazioni di quanto sarebbe avvenuto poi nel Creato a creazione avvenuta. Fu così che Nostrodio si dette una mossa, non bastandone una se ne dette un’altra, e si applicò ad inventare quanto poi sarebbe stata materia del Genesi, ovverortodossia la creazione dell’Edificio Universale, questo se gli autori della Bibbia si fossero attenuti alla realtà dei fatti, ma quelli appena si trovarono la penna in mano, poropò!, si sentirono artisti e pensarono, E qui quando ci capita un’altra occasione di poter cacciare dalla nostra testa il primo capolavoro della Storia, e con la fantasia tutta dallo loro parte (per non essere preceduti da altri scrittori con i quali tricchetraccare) se ne uscirono con i sei giorni in cui il niente diventò il tutto, e con il settimo che servì al Creatore per riposarsi, manco fosse un muratore, ché la domenica è l’unico giorno che può passare con la famiglia, e restare assettato a tavola fino alle tre, dimenticando, i lorsignori che i giorni non erano ancora stati inventati, e dunque quel libro è fantascienza del passato remoto, vi raccontiamo noi come e qualmente andarono i fatti. La prima cosa che apparve dal nulla primigenio fu una trovata geniale, rappresentata in facto da una gallina, che detto fatto scodellò sotto l’occhio triangolare del Signore una miriade di uova di tutte le misure, con l’immediato effetto di risolvere seduta stante il problema relativo alla priorità della nascita tra l’uovo e la sua genitrice, e che non se ne parli più! Altro effetto di codesta trovata fu la conferma di quello che sarebbe diventato un insopportabile modo di dire, e che nel nostro caso suona pressappoco in questi termini: “L’occhio del Signore fa ovificare la gallina”, e anche di questo non se ne faccia più parola! Quello che, invece, conta è l’uso che Sua Divinità fece di tante uova, e ciò è presto detto. Egli con mano sicura, essendo lui in possesso di tutte le qualità e dunque anche della sicurezza, le scagliò nel vuoto che subito divenne pieno, con le uova che durante la corsa si incendiarono e diventarono stelle, stelline, stellette. stellone, galassie (queste ultime come mappate di quelle). In principio, come un cinese che al circo equestre fa ruotare i piatti, Iddio si divertì nell’acrobatico esercizio di imprimere ad ogni corpo celeste la sua velocità e di assegnargli l’orbita competente, poi con una levata di spalle (sempre ammessa la figura di un dio spalluto) si sfastidiò, anche perché a seguire i giramenti di tutte quelle palle gli si storzellavano le palle degli occhi e non solo quelle, e così decise che a vegliare sul retto funzionamento di quell’incommensurabile flipper universale ci avrebbe pensato un tale Isacco Nuovotono, e si diede a prendere in esame se avere un figlio o meno, ché se da un lato senza figli non si sentiva abbastanza padre, ancorché eterno, dall’altro già si menabarcava al pensiero dei grattamenti di capa che i figli danno a tutte le età; e poi un figlio comportava la scelta di una moglie, e lui valutando i pro e i contro, avvertiva che sarebbe stato più prudente restare single, unica persona della Trinità, il che avrebbe comportato il non indifferente vantaggio

di non avere sempre a che fare con lo Spirito Santo, il quale una ne pensa e cento ne fa, No, no, single, quale Trinità, l’Unità! (e non immaginava che in tal modo, a tempo debito, avrebbe potuto diventare lo sponsor del maggiore quotidiano di sinistra italiano). Quando ad un tratto sobbalzò: si era dimenticato di creare Napoli. Tutte le altre città del mondo, novelle infanti, già cominciavano a gattonare, e alle pendici del Vesuvio niente, non una casa, non una caverna, non un ponte, non un barbone che ci dormisse sotto. Che fare? – No, calma, gentile signor Lenin, sia onesto, il titolo del suo libello è un plagio bello e buono, anche se divinamente titolato –; che fare? ripetiamo, come rimediare allo zarro, ancorché giustificato da quel po’ di lascia e piglia cui può indurre la Creazione, se non altro perché rappresenta un modello unico, e dunque non esistevano modelli a cui por mente ed ispirarsi? In questa ambascia si dibatteva e si ridibatteva l’Altissimo, quando si avvide che gli era avanzato un uovo dalla mitragliata poc’anzi mandata a bersaglio, se lo guardò, se lo riguardò, concluse che faceva al caso suo, ma nel palleggiarselo da una mano all’altra gli scivolò via andandosi a spiaccicare, guscio tuorlo e albume, per divina combinazione proprio nel punto riservato alla città momentaneamente sfuggita al progetto nel suo compimento. Non era certo un bel vedere, con quella melmaglia che tutto poteva dirsi tranne la base fondante di una città, ma il Padreterno ne aveva in misura bastante di quel compito che si era assunto, voleva godersi in santa pace lo stato di quiescenza eterna a cui era giunto, si disse – quanto incautamente, non spetta a noi avanzarlo, a noi miseri mortali, e chi siamo per giudicare il Giudice Supremo? – si disse, ripetiamo, Proprio bene Napoli non mi è sortita dalle mani e dalla mente, ma ora creo i napoletani e il conto torna, ci penseranno loro ad acconciare il tutto. E, ciò detto, si dedicò a spilluzzicare grappoli di eternità.


#amazing #people

RITORNO A ITACA di Antonia Fiorenzano

Si sente un Ulisse piÚ anziano, che per non farsi riconoscere si camuffa ancora piÚ da vecchio. Ecco il ritorno esistenziale di Gabriele Muccino, che dopo aver fatto cose che non avrebbe mai immaginato di fare, è tornato in Italia, con la sua visione del mondo e delle relazioni umane, accresciuta da tanta e nuova esperienza.

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“Fare film permette di di Federica Riccio esorcizzare e di aprire la foto di Ilaria Rucco mia finestra sul mondo” Dopo gli anni hollywoodiani Gabriele Muccino ritorna con successo riportando al cinema il suo stile che rappresenta la sua visione sull’animo umano e sulle relazioni in cui emerge una nuova consapevolezza della vita Gabriele Muccino è il Re Mida d’Italia. Potrebbe essere il pay off per la sua scelta di ritornare in Italia, visto l’enorme successo del suo A Casa Tutti Bene, subito volato in cima al box office già dal primo giorno nelle sale incassando per settimane milioni di euro tanto che si vocifera una serie tv tratta dal film. Gli ingredienti che hanno conquistato il pubblico sono molteplici: un cast stellare dove spiccano Pierfrancesco Favino, Sabrina Impacciatore e Stefano Accorsi ma, soprattutto, Muccino si trova sul terreno che gli è più congeniale, maneggiando una commedia umana in cui esplode in pieno lo stile mucciniano che Gabriele riconosce e che lo identifica perché mette in scena il suo modo di vedere la vita e raccontare le storie che gli stanno più a cuore, come dimostra anche la rinuncia a realizzare l’outsider degli Oscar 2018 Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino perché non sentiva 46

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essere nelle sue corde. Al di là delle soddisfazioni, la decisione di dedicarsi anima e corpo a questa produzione tutta italiana è stata galvanizzante per lui e per la sua espressione artistica che ha ritrovato nuova linfa. E si avverte quando lo si ascolta parlare contento ed emozionato. Gabriele, con quale slancio è tornato a lavorare in Italia? Dopo 12 anni di vita e di lavoro a Los Angeles, dopo aver viaggiato fisicamente ed emotivamente in luoghi

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lontani scoprendo cose che mai avrei immaginato, il mio è un vero ritorno a casa, anzi una sorta di ritorno ad Itaca di un Ulisse un po’ più adulto, che ha visto e vissuto tanto. Ma quando torni devi fare i conti con i Proci, devi affrontare le dinamiche della vita reale che ti aspettano. Io le ho volute esorcizzare, raccontandole in questa riunione familiare. Fare film permette di aprire la mia finestra sul mondo e restituire il mio sguardo da esploratore e osservatore. Questo film corale è forse una sintesi di quello che ho realizzato finora.


Ha dichiarato che non ritornerà più a vivere negli USA, probabilmente solo a lavorarci. Cosa l’ha delusa di Hollywood e cosa invece ha imparato dagli anni americani? Quella americana è stata un’avventura che mi ha visto entusiasta. Ho imparato moltissimo tra cui l’essere umile, perché c’è una competizione feroce, inoltre, il confronto è con persone di grandissimo talento, i più bravi al mondo, i quali sono i diretti competitors, accelerando così la mia conoscenza. Ma lì giù mi sono anche smar-

rito in una cultura che non è affatto compatibile con la nostra, proprio un altro modo di vivere. C’è molta solitudine a Los Angeles e mi stava togliendo lo spirito creativo. Riguardo il modo di fare cinema, grammaticalmente le regole sono le stesse, ma il budget più ampio influenza l’approccio. Bisogna diventare un camaleonte che indossa la pelle altrui e mescolarsi nel sistema. I produttori hanno molta voce in capitolo limitando le scelte, scelte che in Italia io posso fare come i lunghi piani sequenza che appartengono al mio linguaggio cinematografico e, in più, faccio molte prove con gli attori fondamentali perché si riscrivono i dialoghi. Pensando proprio al suo cinema, la famiglia, in un modo o nell’altro, è sempre stata presente. Quasi tutti noi rinneghiamo la famiglia nell’adolescenza e a una certa età ci accorgiamo di assomigliare ai nostri genitori. Poi quando si allarga la famiglia diventa un villaggio tribale, è il big bang delle relazioni umane, perché tutto nasce e tutto finisce nella famiglia. Essa è composta da un nucleo di individui che possono trovarsi davanti a bivi, destini e porte da aprire o chiudere sbagliando, perché no, anche direzione. Attraverso la famiglia si raccontano le dinamiche delle grandi relazioni tra uomini e quindi della società. Un altro tema che ritorna spesso nella sua filmografia è la coppia. Adesso che ha 50 anni qual è la sua visione? Mi piace raccontare le sfumature della vita umana. Una di queste è lo stress e la pressione individuale che si subisce anche nella gestione del rapporto di coppia. A volte accade un black out, che arriva quando la pressione emotiva e lo stress costringe l’individuo a scappare o combattere. Al cinema ho rappresentato proprio quel momento lì, che può degenerare in moltissime varianti. La coppia, così come la famiglia, è un grandissimo lavoro di squadra che va cercato, rinnovato e conservato. E’ molto difficile ciò che si dovrebbe fare per renderlo duraturo e per essere felici perché nella nostra natura non è insita la monogamia. Sono dinamiche legate a questo momento storico? Cerco di raccontare la società del nostro Paese, non necessariamente solo quella di oggi, e lo sforzo di sopravvivere, di “rammendare” il passato, rimediare, migliorare. Sicuramente questo stato di inquietudine è tipico dei nostri giorni ma che presumo e sospetto sia stato figlio di ogni epoca. La famiglia è il nostro luogo di partenza, di fuga e di ritorno. È un contenitore di vita in cui, a volte, i bambini e gli adolescenti sono i testimoni impreparati e passivi di un mondo di adulti in tumulto. Quindi gli adulti sono sempre più irrequieti e meno un punto di riferimento? Più che altro gli adulti sono persone smarrite che cercano di essere migliori di quanto siano. Sono proiettati in avanti, soli con il proprio ego, lanciati verso un futuro


che ritengono ancora possibile, carichi di voglia di ricominciare, apparentemente ignari del tempo che è passato e della irreversibilità dei propri errori. È ovvio che c’è chi comprende e chi non comprenderà mai, chi ha compiuto il suo viaggio e chi è ancora nella tempesta della propria vita. Una cosa è sicura prima o poi bisogna fare i conti con se stessi e i propri fallimenti che possono portare a momenti di depressione ma anche di rinascita E le donne che, come dice Stefania Sandrelli in una delle battute del suo film, sono fatte per sorreggere il mondo, quanto riescono a gestire questo caos delle emozioni? Le donne sono più sofisticate e hanno sempre tessuto le fila del villaggio: gli uomini andavano a cacciare, avevano un compito molto semplice, le donne invece parlavano, discutevano e tramavano. Quindi sono geneticamente molto più complesse degli uomini. Nei suoi film, soprattutto nell’ultimo, ci sono molti richiami al cinema italiano del passato, specialmente a quello di Ettore Scola e di Antonio Pietrangeli. Sì, è vero! Ho voluto diventare regista grazie a tanti capolavori dei decenni scorsi, la mia passione 50

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per i grandi film e i grandi registi mi sono rimasti sotto pelle. In A Casa Tutti Bene, più che in tutti i miei film precedenti, ho messo il cinema che ho amato e con cui mi sono formato. Mi ci sono ispirato per tono, atmosfera, punti di vista sulla vita e anche per spietatezza dello sguardo. Invecchiando si è più pronti a essere lucidi.


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DIO SALVI LA REGINA

E LE SERIE TV di Valerio Ciaccia

Siamo tutti presi dalle avventure di Sheldon, Negan, Jon Snow & co., magari convinti di dover ringraziare, per molte delle produzioni televisive che seguiamo, solo ed esclusivamente lo zio Tom, ma in realtà ci troviamo spiazzati nello scoprire che abbiamo assistito alle puntate di una serie tv britannica. Ma davvero? Beh sì, gli inglesi producono numerose serie tv e lo fanno anche con mestiere. Iniziamo col dire che i prodotti inglesi presentano alcune differenze da quelli americani: durata dei singoli episodi e delle stagioni, cura della fotografia, regia. Alcune serie hanno anche beneficiato di un remake all’americana. Due esempi. Shameless, la storia della strampalata e disfunzionale famiglia Gallagher, con il bizzarro padre Frank, interpretato da William H. Macy, si basa sulla omonima serie britannica del 2004 che ha lanciato la carriera di James McAvoy. Le serie cambiano, la tv si adegua ai nuovi ritmi, e i format variano. Skins, la serie che rinnova l’intero cast ogni due stagioni, racconta le storie di ragazzini inglesi che bevono, si drogano, si amano in un modo che la televisione non ha mai raccontato, senza neanche troppi filtri. Dall’Inghilterra hanno spiccato il volo Dev Patel (Millionaire, Lion) e Nicholas Hoult (The Weather Man, X-Men First Class, Mad Max Fury Road) e la stessa serie tv che ha beneficiato di una versione americana, ma senza il medesimo appeal. Esistono poi modalità per costruire un prodotto per la TV, di elevatissima qualità, che fanno pensare al cinema nel nostro salotto. Sherlock è così ed è una cosa a sé. Due episodi a stagione, durata di ogni episodio di circa 90 minuti, con il protagonista delle avventure nato dalla mente di Conan Doyle, avventure mai banali ambientate in tempi moderni con un 52

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protagonista dai tratti autistici e magistralmente interpretato da Benedict Cumeberbatch (Doctor Strange, The Imitation Game), sempre affiancato dal fedele Watson, con il volto di Martin Freeman (Lo Hobbit, Pantera Nera). Supereroi al cinema, supereroi in TV, ma in salsa britannica. Prendete i problematici protagonisti di Skins, mescolate con humor grottesco, aggiungete il sovrannaturale, ed ecco la ricetta speciale di Misfits. I protagonisti sono degli emarginati sfigati e tali restano. I poteri di cui vengono muniti non sono a disposizione della comunità, sfruttati per aiutare il prossimo, bensì per compensare i deficit relazionali e per prendere qualche rivincita personale. Tensione, horror e fragilità umana per Luther, la serie con protagonista Idris Elba (Thor, Star Trek Beyond) che interpreta un ispettore alle prese con killer spietati coi quali intreccia relazioni torbide prima di giungere alla soluzione del caso. Poi abbiamo i fenomeni di massa, quei racconti, quegli ambienti e quei personaggi che entrano nelle nostre vite obbligandoci a seguire le loro vicende fino a tarda ora. Downton Abbey, con personaggi ben costruiti, scrittura curata, versione televisiva di un romanzo diffuso agli inizi dell’ottocento munito di solida arguzia inglese, e il gioco è fatto. Restando in tema di rappresentazioni in


costume, c’è da menzionare The Frankenstein Chronicles, una crime series a sfondo fantastico, ambientata nel diciannovesimo secolo, dove l’ispettore Marlott indaga su crimini commessi da uno scienziato che vorrebbe riportare in vita i defunti. La corona ha il suo fascino e la Regina Vittoria ha la sua serie. Victoria è la serie biografica che narra dell’ascesa della regina sino al matrimonio con il Principe Alberto. Anche i personaggi di Alexandre Dumas hanno avuto la loro trasposizione televisiva. The Musketeers segue le avventure di D’Artagnan & co. con ritmi moderni e coinvolgenti. La tecnologia sta cambiando le nostre vite, spesso inconsciamente mettiamo le nostre esistenze più intime a disposizione della comunità senza neanche renderci conto di ciò che sta accadendo. Black Mirror è la serie che, con racconti mai banali e non realistici, invita tutti noi alla riflessione sui temi legati ai problemi dello sfruttamento delle tecnologie e a come le stesse stiano condizionando le nostre esistenze. E come dimenticare le avventure del Signore del Tempo. Doctor Who torna tra noi pronto a viaggiare nel tempo e nello spazio con nuovi compagni di avventura. Parliamo di una delle serie televisive più risalenti e longeve. In onda dal 1963, con oltre 50 anni di programmazione, quasi 900 episodi di programmazione, è la serie di fantascienza più longeva della storia e di maggior successo in termini di ascolti. Nel 1989 il programma venne chiuso per poi ripartire con successo nel 2005, salvo un tentativo infruttuoso di rilancio nel 1996. Doctor Who ha generato spin-off, Torchwood andata in onda dal 2006 al 2011 e nata proprio dalla mente di Russell T. Davis, fautore del rilancio delle avventure del Signore del Tempo, serie animate (K9), parodie, riviste, fumetti, videogiochi e fan, anche tra vip del mestiere tra cui Geroge Lucas, Steven Spielberg, Peter Jackson, Tom Hanks, Patrick Stewart, Robert Downey Jr., Johnny Depp. Senza dimenticare che anche la Regina d’Inghilterra è una grande appassionata della serie.

Top Five Serie Britanniche Doctor Who Sherlock Taboo Life on Mars Utopia

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#pokerdassi

Quattro domande uguali per tutti, quattro risposte diverse che raccontano le passioni, i gusti, la vita di quattro personaggi che conoscono bene Napoli e la amano intensamente. Il poker d’assi è servito.

di Paola De Ciuceis

DIEGO LAMA architetto, scrittore di gialli, ha pubblicato libri illustrati e di architettura, dirige una rivista di architettura e una di cucina, disegna fumetti.

Una vita in “giallo”, quali sensazioni… Nel mio caso una vita da architetto... In giallo solo gli ultimi anni, ma ancora non mi è chiara la tonalità. Sono un architetto reietto. Forse, per tematiche e temperamento, rassomiglio al commissario Veneruso, personaggio protagonista dei miei romanzi pubblicati negli Oscar Mondadori, “La collera di Napoli” e “Sceneggiata di morte”. La verità è che – essendo dislessico – scrittura e lettura sono state all’inizio una guerra da combattere per non soccombere, poi sono diventate un piacere, quindi una necessità: ho iniziato a scrivere i primi racconti molto giovane (forse avevo 10 anni) e non mi sono mai più fermato… A cena con… Sir Arthur Conan Doyle, Agatha Christie o Andrea Camilleri? Tutti e tre: Camilleri per simpatia umana, Agatha per le sue trame perfette e Doyle per sparlare del suo antipaticissimo personaggio... In verità andare a cena con scrittori non è sempre divertente: si parla solo di editori, libri e personaggi, e di altri scrittori. Meglio cenare con chi si occupa d’altro (non con gli architetti: sono come gli scrittori). Cosa legge un giallista? Non sempre gialli: in questo momento Di Giacomo e Capote. In realtà ho più di una passione dal punto di vista letterario (e molti amori nel mondo dei fumetti, che mi hanno fatto capire tanto della narrativa in genere). Difficile elencare tutti i libri e gli autori che ho adorato nel corso della mia vita di lettore, anche perché molti amori sono finiti, altri sono cambiati, altri si sono trasformati in indifferenza, in odio. Forse, per similarità di atmosfere con i miei romanzi, potrei dire che tra i tanti giallisti preferisco Simenon… Ma non ne sono neanche molto convinto. Il lettore: attore o spettatore? Quando un romanzo mi piace davvero spengo ogni giudizio critico e divento un semplice spettatore, anzi un lettore. Spero che valga lo stesso per chi legge i miei libri. 54

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PIERA CARLOMAGNO giornalista, scrittrice, presidente dell’associazione Porto delle Nebbie

Una vita in “giallo”, quali sensazioni… Sicuramente sensazioni più forti e colori più definiti. Specialmente da quando scrivo gialli anche se già prima guardavo sempre tutto con molta cura e attenzione; una vita in “giallo”, significa guardarsi dentro con più profondità, metterci la faccia...che è diverso dal firmare articoli. E, poi, parlare in pubblico, un ostacolo che ho dovuto superare ed è il traguardo più grande che abbia mai raggiunto. A cena con… Sir Arthur Conan Doyle, Agatha Christie o Andrea Camilleri? Certamente con Conan Doyle, è il padre del giallo. Mi sono avvicinata al giallo per un’attrazione forte all’indagine, come giornalista sono stata cronista di giudiziaria. Il mio interesse per il genere va oltre il giallo, mi piace molto anche il noir. Le mie storie vanno oltre, amo raccontare anche i contesti e fare denuncia sociale. Amo la struttura narrativa classica: delitto, indagine, scoperta del colpevole, non potrei scegliere altri che il papà di Sherlock Holmes. Cosa legge un giallista? Sarò forse atipica ma non leggo solo gialli, diciamo uno su quattro. Almeno sino a prima di scriverli. Sono una lettrice onnivora, ma ce ne sono 3 in particolare che amo più di tutti: La caduta di Albert Camus, Opinioni di un clown di Heinrich Böll, Il lupo della steppa di Hermann Hesse. Il lettore: attore o spettatore? Sempre attore, Indubbiamente. Personalmente entro nella storia, nel contesto, nei luoghi come quando da ragazzina leggevo i fumetti; anzi, abituata a questo genere, nelle prime letture narrative ritornavo di continuo sulla copertina per capire se stavo immaginando bene. Nel giallo, poi, c’è una spinta in più. Parto sempre dalla suggestione del delitto, non so da subito chi sia il colpevole, lo individuo via via che la storia evolve; e offro questo stesso percorso al mio lettore, mi piace pensare che partiamo da uno stesso livello e facciamo un percorso insieme, in pratica, capiamo insieme chi è stato.


ARMANDO CARRAVETTA ingegnere, professore universitario e giallista “per caso”.

Una vita in “giallo”, quali sensazioni… Cinquanta sfumature di giallo è un titolo che troverei appropriato per i miei libri. Il giallo è per me quel tono di colore che arricchisce la tavolozza del racconto, come il giallo del sole è la tinta che rende unica Napoli. Per i libri che scrivo ho scelto un protagonista che potesse guardare la nostra città da prospettive insolite. Il Sostituto Esposito è un netturbino. È un detective per hobby che utilizza le più stravaganti tecniche investigative. C’è un parallelo con il suo autore, uno scrittore per hobby a cui piace sperimentare varie tecniche narrative. A cena con… Sir Arthur Conan Doyle, Agatha Christie o Andrea Camilleri? Con loro siamo nel gotha della giallistica. Conan Doyle e Agatha Christie l’hanno resa immortale. Tuttavia a cena andrei solo con Camilleri, insieme a Simenon. Il primo ha sdoganato il dialetto come lingua adatta al genere e proprio pensando a lui ho ritenuto di fare esprimere il Sostituto Esposito con una lingua che è un misto di italiano e napoletano. Di Simenon ho utilizzato, invece, la capacità di osservare e ascoltare di Maigret, il Sostituto Esposito sa far tesoro di quanto hanno da dire portieri, negozianti, giornalai e persone del popolo che incontra nel suo lavoro. Cosa legge un giallista? Non faccio testo. Ho vissuto varie fasi e letto veramente di tutto: narrativa, filosofia, fantascienza, arte... Oggi ho mantenuto viva la passione per i romanzi storici e leggo avidamente i gialli. Il lettore: attore o spettatore? Non credo di essere un autore egocentrico. L’uso del napoletano, pur volendo ambiziosamente ricostruire un legame con la tradizione linguistica ottocentesca, porta il lettore al centro della narrazione. C’è di più. I lettori sono anch’essi protagonisti del libro, interagiscono con il Sostituto Esposito attraverso un coro che vive di vita propria e tende a intervenire anche in momenti inappropriati. Quando rileggo le bozze sono costretto a cancellare quei passi dove il coro è troppo invadente. Non me ne vogliano i lettori!

DIANA LAMA medico, ricercatore universitario, ecocardiografista e scrittore di thriller, socio fondatore di Napolinoir.

Una vita in “giallo”, quali sensazioni… Vivo di gialli. Ho iniziato a leggerli da piccolissima, di nascosto perché i famosi Mondadori non erano per ragazzi. Per me è un modo di pensare, sono come un cuoco che sente odori e sapori e costruisce una ricetta. Direi che passo tutto sotto la lente giallo. Mi guardo intorno e tra volti e situazioni che mi circondano tutto può avere un risvolto adatto, vedo moventi ovunque. E’ il mio modo di interpretare la realtà, forse di addomesticarla. Direi che la mia è proprio una deformazione. Suspance, thriller è quello che mi piace di più. A cena con… Sir Arthur Conan Doyle, Agatha Christie o Andrea Camilleri? In verità, nessuno dei tre. Potendo scegliere preferirei Thomas Harris, “Il silenzio degli innocenti” è il più bel thriller mai scritto, validissimo anche nella sua resa filmica; oppure lady P.D. James, considerata la vera erede della Christie con la quale davvero mi è capitato di stare a cena, a Courmayeur, nel 1995, in occasione del premio Tedeschi che vinsi nel 1995 per il mio romanzo d’esordio scritto a quattro mani con Vincenzo De Falco. una donna di grande vivacità e curiosità intellettuale, maestra dell’approfondimento psicologico.. Cosa legge un giallista? Sono una lettrice compulsiva, leggo e rileggo anche. Ho le mie preferenza ma non mi sfugge nulla. Mi piacciono i classici che ho letto all’età giusta, i thriller, la fantascienza, i libri storici, mi ritrovo nell’aneddoto di un vecchio zio per il quale si diceva che quando proprio non c’era nulla da leggere andava bene anche l’elenco telefonico. Tra i gialli preferisco quelli anglosassoni. Tra le mie letture preferite, per una biblioteca ideale da portare con me: Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen, Il buio oltre la siepe di Harper Lee, Don Camillo di Guareschi. Il lettore: attore o spettatore? Attore. Mi piace tirare dentro la storia il lettore così come mi piace essere attratta quando sono io a leggere. Il cervello è la macchina immaginativa più potente che esista, è chi legge che si lascia prendere dallo spunto offerto dallo scrittore e crea, amplifica; la propria immaginazione è sempre più vivida e colorata. 55

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#leggèra

a caccia di libri. letteratura, romanzi, gialli, testi zen, fantasy, letture per ogni appassionato di Lucia Nicodemo

Sembra proprio che la primavera 2018 sia “donna”. Molte, infatti, le novità editoriali che parlano al femminile e che vedono tornare alla ribalta alcune grandi firme rosa del panorama letterario. E c’è da accontentare tutti i gusti. Tra gli italiani segnaliamo Cristina Comencini che torna alla scrittura – sua grande passione insieme al cinema – a quattro anni di distanza dal suo ultimo romanzo. In Da soli racconta – attraverso le vicende di Andrea e Marta e di Laura e Piero - tutto quello che avviene quando un matrimonio, arrivato a tagliare il traguardo delle nozze d’argento, entra in crisi. I tanti perché ma anche lo slancio verso il futuro, e poi quella particolare disillusione che va a braccetto con la certezza che niente cancellerà una storia d’amore tanto importante. Ma se il genere in questione non fa per voi e siete più da stomaco forte, vi regaliamo una chicca: Barbara Baraldi, che gli appassionati di fumetto conoscono come sceneggiatrice di Dylan Dog, è una scrittrice di thriller che nulla ha da invidiare alle più note colleghe di lingua inglese. Dalla Bassa Emiliana con furore

arriva allora in libreria Osservatore oscuro, la nuova avventura della profiler Aurora Scalviati, il personaggio nato dalla penna della Baraldi, che si muove in una Emilia Romagna tutt’altro che godereccia. Questa nostra nuova signora del Giallo è decisamente da tenere d’occhio se pensate che la BBC l’ha inserita tra i protagonisti di un documentario sul giallo italiano (Italian noir) di propria produzione. Cambiamo latitudine ma non cambiamo genere con La condanna di Anne Holt, tra le più importanti autrici scandinave del panorama thriller e personalità decisamente poliedrica dal momento che è anche giornalista, avvocato ed è stata Ministro della Giustizia nel suo Paese. Le sue due serie - quella incentrata sui detective Johanne Vik e Yngvar Stubø, nonché quella con protagonista l’ispettore di polizia Hanne Wilhelmsen - hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo. Ed è proprio la Wilhelmsen la protagonista di questa sua ultima fatica letteraria: una

IN VETRINA

Carmine Aymone HOLLYWOOD. MORTE E MISTERI DELLE STAR Emmebi Edizioni

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Armando Grassitelli LA BAMBINA DAI CAPELLI NERI NERI LFA Publisher

PASTA LE FORME DEL GRANO Scrittura&Scritture

Vincenzo Guarino LA CUCINA CREATIVA MEDITERRANEA Alessandro Polidoro Editore

Pietro Nardiello e Jvan Sica IL GRANDE TORINO CAMPIONE PER SEMPRE Absolutly Free Editore


Wilhelmsen che comparirà per l’ultima volta tra le pagine di un romanzo. E sempre un’ispettrice è la creatura prediletta di un’altra giallista di successo, stavolta di sangue latino. Parliamo della spagnola Alicia Giménez-Bartlett e della sua Petra Delicado che in Mio caro serial killer ci appare particolarmente turbata dal delitto che deve risolvere: una signora sola, mai sposata, con un piccolo lavoro e una piccola vita, morta accoltellata. E un assassino che si è accanito su di lei e ha appoggiato sul corpo martoriato un messaggio di passione. E una storia al femminile – seppure di tutt’altro segno - ce la regala anche il Premio Nobel per la letteratura (l’ha vinto nel 2013), Alice Munro: La vita delle ragazze e delle donne. Un romanzo, e non una raccolta di racconti, dove nuovamente ritroveremo il suo occhio spietato e la sua mostruosa bravura tecnica in una carrellata di voci e volti femminili. Del, la protagonista, che vive con suo padre in una fattoria dell’Ontario; sua madre, una signora un po’ ipocrita e supponente, che vende enciclopedie porta a porta e con cui ha un rapporto conflittuale; Fern Dogherty, che affitta una stanza dalla madre e i cui costumi sembrano alquanto scandalosi; Madeleine che scappa dal marito che non avrebbe mai voluto sposare e poi Naomi, la migliore amica di Del, con la quale la nostra protagonista scoprirà le prime pulsioni adolescenziali. E sempre in tema di pesi massimi citiamo Jennifer Egan e Clara Sanchez. La Egan - statunitense e Premio Pulitzer per il libro Il tempo è un bastardo - si dà al romanzo storico e ci trasporta nella New York degli anni Quaranta, alla vigilia dell’entrata nella II guerra mondiale. In questo suo Manhattan beach impareremo ad amare Dexter Styles, che spadroneggia su mezza città, e Anna Kerrigan, donna audace, combattiva e prima donna palombaro della storia. La Egan ci regala un affresco potente degli anni gli anni in cui le donne conquistano libertà e indipendenza e l’America diventa una grande potenza militare in cui, però, la malavita si mescola all’alta società newyorkese e ai gangster succede una nuova generazione senza scrupoli. E, infine, Clara Snachez. L’autrice spagnola de Il profumo delle foglie di limone, manda in libreria L’amante silenzioso. E ancora una volta sarà una donna a catturarci, la sua Isabel, che è stata invitata all’ambasciata spagnola in Africa in qualità di giovane fotografa ma che sfrutterà il viaggio per cercare e riportare a casa Ezequiel. E che buona lettura sia! 57

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Fanart per Madmax


Sara, aka Tal Wes

#coverthetop

di Carmine Luino

Sara Camera è una giovane illustratrice, o meglio disegnatrice (come ama definirsi) napoletana. Tecnica, formazione, esercizio e passione i suoi punti cardinali. Iniziamo dal tuo pseudonimo: Tal Wes. Perché? Il mio nome d’arte nasce dalla fusione di due parole: “Tal” è l’abbreviazione di Talismano, mentre “Wes” è un soprannome legato ad una persona del mio passato. Ho pensato che unire queste due parole producesse qualcosa di speciale, una sorta di formula magica. Parlaci della tua formazione artistica Sono un’illustratrice, ma mi piace definirmi principalmente una disegnatrice. Disegno da quando ero piccola: ho imparato prima a disegnare e dopo ad allacciarmi le scarpe. Sono sempre stata molto attratta dai fumetti, dai cartoni animati e dai film d’animazione (ad esempio i classici Disney e quelli giapponesi), che rappresentano una continua fonte d’ispirazione. Sono sempre stata una grande osservatrice e un’assidua lettrice. Il disegno è stato per me sia uno sfogo che un riflesso incondizionato di ciò che guardavo e assimilavo. Alle elementari disegnavo durante le lezioni e spesso dovevo nascondere i fogli alle maestre. Alle scuole medie amavo partecipare a progetti artistici e la mia professoressa di storia dell’arte mi consigliò di frequentare il liceo artistico. Un felice consiglio, che mi ha catapultata in un universo “variopinto” vicino al mio concetto ideale di scuola. Durante quegli anni ho conosciuto molti artisti con cui confrontarmi e su tutti ricordo il fotografo GiuCover “Spring Night” riproduziobe di Mucha

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“Tregua� da Chiamami col tuo nome.

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Hocus Pocus; Il gatto nero del cielo


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Margherita


Vanno, vengono, ogni tanto si fermano ; Tibetana

seppe Attanasio, col quale condivido tuttora una grande amicizia. Successivamente ho perfezionato lo studio del disegno, del fumetto e dell’illustrazione alla Scuola Internazionale di Comics. Sono stati tre anni nei quali ho iniziato a sperimentare e trovare una mia dimensione e un mio stile. Un’ulteriore tappa della mia formazione è stata la frequenza del corso di grafica pubblicitaria ed editoriale all’Istituto superiore Ilas, per acquisire le basi del digital painting e della grafica. Quanto è importante la tecnica nel tuo lavoro? La tecnica è qualcosa che si sviluppa solo e unicamente con lo studio ripetitivo e assiduo. Come con qualsiasi altra disciplina il disegno ha bisogno di esercizi. Ho sperimentato moltissimo e per tantissime ore al giorno durante questi anni. Ho sempre disegnato e alcuni concetti di base, come la struttura di un disegno, la sua proporzione e la prospettiva mi sono sempre risultate naturali. Senza il duro lavoro e il continuo allenamento, però, non sarei mai stata capace di raggiungere il controllo che ora riscontro quando decido di prendere una matita o una penna in mano. In sintesi direi che la tecnica per me è fondamentale.

Progetti in cantiere? Ho parecchi progetti in mente, a volte ho paura che siano troppo ambiziosi. Mi piacerebbe molto lavorare come illustratrice per una importante casa editrice, creare un mio albo illustrato o un mio artbook con una raccolta di tutti i personaggi che invento, che ho in testa e che mi fanno compagnia. Ho intenzione un giorno di pubblicare una graphic novel. Che rapporto hai con la tua città? Vivo a Napoli da sempre, ci sono nata e cresciuta e gli stimoli che è capace di dare la città sono davvero moltissimi. Un luogo particolare al quale sono legata è lo “Scugnizzo Liberato” a Montesanto, un bene comune, che con i suoi progetti di recupero sociale mi ha permesso di stare a stretto contatto con la città. Sono convinta che Napoli in questi ultimi anni si stia risollevando, ma percepisco bene che altrove troverei sicuramente più opportunità lavorative.

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#style

ph. Romolo Pizi 66

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Vivere a colori #beauty

di Cristiana Giordano C’è un beauty kit colorato e vitaminico capace di accendere energia, sprint e vitalità nella stagione più vivace dell’anno amplificandone i suoi benefici effetti. Dal make up fino allo skin care la palette di tonalità dei prodotti arricchiti di oli essenziali ed estratti naturali, illumina e irradia felicità. Pronte a farvi contagiare?

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ENERGY COFFEE Gel doccia di energia con estratto di caffè verde e oli essenziali di agrumi, lavanda, pino silvestre e ylang ylang. Allevia la sensazione di pelle stressata per un effetto energizzante immediato. Bottega Verde, € 7,49

LUNGA DURATA Palette per il viso Sin Afterglow. Si compone di sei cialde, contiene tre tonalità di illuminante e tre di fard nella formula Afterglow. Si applicano da sole o mescolate per creare brillanti effetti personalizzati. La formula leggera, finemente polverizzata è super morbida al tatto, si sfuma facilmente e dura 8 ore. Urban Decay, € 39,00

PURPLE LIPS Matita labbra colore istantaneo capace di enfatizzare la linea della bocca con grande facilità Essence, € 1,89

A ME GLI OCCHI Palette ombretti mermaid, dieci ombretti altamente pigmentati e a lunga durata con finish matt e perlato, Essence, €4,99

UNGHIE A PROVA DI BACIO Collezione KISSES, 3 colori dalla nuova texture “jelly”. Questi smalti, rigorosamente ad edizione speciale e limitata, vantano una nuova tecnologia ultra gloss, in grado di donare all’unghia una corposità ricercata, esaltando al tempo stesso un bellissimo effetto traslucido e gelatinoso. Zoya, €16,00

PROFUMO DI PRIMAVERA L’EAU è l’interpretazione olfattiva della donna Jimmy Choo per il 2018: dinamica, affascinante e avventurosa. Tanto delicata quanto sexy, elegante quanto audace; la dualità della donna Jimmy Choo è infusa nel profumo forte, vivace e decisamente femminile di L’EAU. Jimmy Choo, €45 da 40 ml, €67 da 60 ml, €92 da 90 ml.

NO SMAGLIATURE, PLEASE! Trattamento anti-smagliature, dona morbidezza istantanea alla pelle e previene la perdita di tono e la formazione di smagliature. A base di caffè verde, olio di mandorla e kigelia africana. Bottega Verde, €24,99

STRUCCANTE E NUTRIENTE Lait Démaquillant Douceur è un latte vellutato che deterge e strucca con dolcezza viso e occhi, anche i più sensibili. Nella formula olio di mandorle dolci ed estratto di fiordaliso e di avena per nutrire e lenire la pelle.Caudalie, €15,50

SIERO DI BELLEZZA L’inquinamento della vita moderna, esterno e negli ambienti chiusi, altera il film idrolipidico, rende fragile la pelle e ne diminuisce la capacità di trattenere l’acqua. Per assicurarle una protezione complementare, i Trattamenti Hydra-Essentiel racchiudono il nuovo Complesso Antinquinamento Clarins. Impalpabile e piacevolissimo, il siero bi-fase restituisce tocco vellutato e polposo, splendore e bellezza alla pelle più alterata. Clarins, € 57 30 ml / € 75 da 50 ml

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IL BEN-ESSERE DEL VOSTRO CORPO DAMA, IL PRIMO CENTRO MEDICO ED ESTETICO CON APPROCCIO OLISTICO DI NAPOLI DIRETTO DA DARIO MARTUSCIELLO

“Il paziente al centro” è il principio sul quale si fonda lo studio medico ed estetico Dama fondato e diretto da Dario Martusciello, chirurgo maxillofacciale e chirurgo estetico napoletano. Il centro Dama è nato da un progetto ambizioso e riuscitissimo del dottor Martusciello: abbattere le varie barriere tra medicina estetica, chirurgia estetica, dermochirurgia laser, per dare vita a una struttura multidisciplinare che ruota intorno al paziente e che va sempre incontro a tutte le sue esigenze. I pazienti, infatti, sono circondati da un team formato da esperti e professionisti nelle più diverse discipline. Dama è il primo centro medico estetico a Napoli che vanta un approccio olistico. Forte delle sue innumerevoli esperienze lavorative, formative e di quelle in continuo aggiornamento in Italia e all’estero, Martusciello ha basato il concetto di cura e bellezza su un approccio completo e non settorializzato per il paziente. È necessario – spiega – far emergere ciò che di bello c’è in ciascuno senza stravolgerlo, mettendo il paziente sempre al centro. Il mio principio è: rimodellare le linee del corpo come un’opera d’arte. Ha creato anche “Dama Cosmetix”: i primi trattamenti di medicina estetica domiciliari. Inoltre è promotore e responsabile di una catena di epilazione laser in Italia al diodo Epil Easy. L’epilazione è divenuta non soltanto un “vezzo” estetico, ma un’esigenza diffusa tra un pubblico ormai non più solo femminile e sempre più esteso a differenti fasce d’età: da un’indagine di Eurisko, ad esempio, risulta che in Italia ci siano più di nove milioni di persone interessate all’epilazione. Bellezza e arte in tutte le loro forme accompagnano da sempre la vita di Martusciello. Il padre è un noto pittore, in famiglia spiccano architetti e tanti musicisti, sassofonisti e direttori d’orchestra al Festival di Sanremo. E poi quella vena artistica l’ha portata nella medicina e nella scienza. A questo si aggiunge l’esperienza in Sud America, nei migliori centri di chirurgia plastica dell’Argentina e del Brasile in particolare.

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Dario Martusciello è laureato in Medicina e Chirurgia con il massimo dei voti, specializzandosi successivamente in Chirurgia Maxillo-Facciale, con un master di II Livello in Chirurgia Estetica presso la scuola Humanitas Milano. Ha svolto importanti esperienze all'estero ed è fellowship presso la più grande scuola di Chirurgia Plastica nel mondo, ovvero il Pitanguy Institute in Brasile. Ha svolto il ruolo di Chirurgo di Emergenza in diverse strutture nel territorio campano. Inoltre è coordinatore FIME, Federazione Italiana Medicina Estetica. Esperto nella metodica di body countouring, Martusciello è referente per la Campania del rivoluzionario trattamento “Hyacorp”, acido ialuronico corpo macromolecolare, tecnologicamente molto avanzato e prodotto in Germania per l’aumento volume del lato b, ma può essere utilizzato anche nei polpacci, negli zigomi e in generale in ogni area del corpo ove è indicato un aumento di volume. Lo studio è un centro maxillofacciale e ambulatorio chirurgico e nel suo approccio multidisciplinare spiccano: interventi di lipofilling, blefaroplastica, mini lifting. Per le apparecchiature: laser lipolisi per corpo e viso, body tightening, hifu sistema lifting non chirurgico per il viso, laser CO2 frazionato e tutti i macchinari per il rimodellamento della silhouette.

IL CORPO È UN QUADRO CHE TU STESSO DIPINGI. DEDICAGLI I COLORI GIUSTI E LA CORNICE MIGLIORE.

Tiene corsi e partecipa come relatore a più importanti congressi di chirurgia plastica e medicina estetica in Italia. A maggio prende parte come relatore al workshop della Società Italiana di Medicina Estetica che si tiene a Roma. DAMA MeDicAl center Via Chiatamone 23 - Napoli telefono 081 032 2455


#loridinapoli

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Neapolitan

Style ph Romolo Pizi

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Più casual e sempre più originale. Osiamo con giacche colorate. I pantaloni ritrovano il loro comfort con vestibilità meno skinny. La moda maschile ha tanto da raccontare e stavolta lo fa nel salotto buono di Chiaia e in particolare nella deliziosa osteria Signora Bettola di Gianluca Amoroso e Carmine Di Lorenzo, sorseggiando un profumato caffè e mangiando il tiramisù servito nella moka. Ma prima del dessert facciamo un giro in questo nuovo ristorante, che è davvero un piccolo gioiello. L’atmosfera è calda e accogliente. Ci si trova immersi tra oggetti vintage, foto d’epoca e monili della tradizione partenopea, per non parlare dei profumi dei piatti preparati con le antiche ricette napoletane. L’osteria tipica Signora Bettola si trova a due passi da Piazza Vittoria e dalla Villa comunale e presenta il nuovo menù “primavera-estate” fresco e colorato, ma sempre ricco di piatti tipici di mare e di terra. Cavallo di battaglia, solo per citarne uno: spaghetti alla Nerano. Un’occasione gustosa per gli amanti dei veri sapori della cucina napoletana, perché come spiega Gianluca: “Ogni piatto ha in comune un unico ingrediente: l’amore per la cucina e il mangiare bene”. E a dirla tutta, questa cura si percepisce a ogni boccone. 80

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Neapolitan

Style

Signora Bettola - Vico Satriano n.3b, Napoli - 081.18954960

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#chezchef

in cucina con... attilio iannuzzo Attilio Iannuzzo, giornalista eclettico, simpatico, comunicativo e grande appassionato di musica e cucina. Social al punto giusto, trovi sulla sua bacheca facebook la cronaca di Napoli, che racconta ogni giorno con grande verve e puntualità in radio e sulla carta stampata e le immagini divertenti dei suoi mini concerti per gli amici con chitarra, giochi e risate con le sue splendide figlie. E poi la cucina, in cui si diletta con bravura e dinamicità. Ecco serviti i piatti della tradizione, preparati sempre con amore e con il sorriso che non lo abbandona mai. Giornalista Professionista dal 19 settembre 2007 e laureato in Scienze Politiche, collabora con il quotidiano “Il Mattino” ed è Responsabile amministrativo di una società di appalti ferroviari. Ha scritto due libri: nel 2007 “Napoli in guerra”, un reportage sulla camorra napoletana edito da Maurizio Cuzzolin. In Dicembre 2011 pubblica il suo secondo lavoro editoriale, “Crimini di Pace” sulle morti bianche e la sicurezza su lavoro. Ama la musica, spesso si diverte a suonare la chitarra con amici. Ama tre donne alla follia, sua moglie Chicca e le due figlie chiara e Giulia. Per Chiara (sua figlia) è un amico, «Non ti chiamerò mai papà» gli dice da quando è nata, motivo per il quale lo chiama Atty. Per Giulia, la seconda, il soprannome è «Bellezzo». La cucina resta un hobby, a cui non rinuncia mai e talvolta è motivo di aggregazione familiare, oltre che pretesto per stare insieme con amici

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Preferite un piatto “di terra” o “di mare”? Beh, in questo caso accontenterete sicuramente il vostro partner o i vostri amici almeno in parte. E non è poco.

PASTA FAGIOLI E COZZE

Pasta fagioli e cozze è un’ottima variante ai due piatti classici, quello coi fagioli, cucinato rigorosamente con la pasta corta, e quello con le cozze, cucinato indiscutibilmente con la pasta lunga. È una ricetta della cucina tipica napoletana che prevede il connubio di legumi e frutti di mare. Quello che serve: oltre ai fagioli (possibilmente borlotti, ma anche i cannellini vanno bene) e alle cozze, aglio, prezzemolo, qualche pomodorino, e la pasta mista. In una pentola conviene sempre preparare del brodo in quanto il liquido delle cozze potrebbe non bastare. Per la preparazione: Pulite le cozze, accertandovi di aver eliminato ogni bivalve rimasto chiuso. Riponetele in una pentola a fuoco lento e con il coperchio. Quando saranno aperte spegnete il fuoco. In una pentola larga fate soffriggere due spicchi d’aglio con un peperoncino, ma se avete figli relativamente piccoli (come me) il peperoncino lo aggiungetelo “a crudo” nei singoli piatti, se volete. Quando l’aglio sarà dorato, aggiungete un po’ di prezzemolo a fuoco lento, in modo da non farlo bruciare. Aggiungete i fagioli lessati e girate con la “cucchiarella” per insaporirli. A questo punto tagliate i pomodorini (personalmente ne uso tre o quattro) e aggiungeteli. Aiutatevi con la “cucchiarella” per schiacciarli un po’. Ora è il momento di filtrate l’acqua di cottura delle cozze (per il dosaggio regolatevi in base alla pasta che andrete a calare) e continuate a fare insaporire il tutto. Nel mentre sgusciate le cozze (lasciandone qualcuna per decorare i piatti) e aggiungetele. Se vi accorgete che il liquido in pentola è poco per la pasta, aggiungete una mestolata di brodo e calate la pasta insieme a tutto il resto. Cercate di servirli brodosi ma non troppo, la densità è un elemento necessario a mantenere i sapori acquisiti. Non ci resta che impiattare, decorando i piatti con i gusci che abbiamo conservato ed una spolverata di prezzemolo. Non mi resta che augurarvi buon appetito. Ricordatevi che i piatti vanno serviti con amore e cucinati con passione …altrimenti “nun dat’ arett”

per 4 persone 200 gr pasta mista 500 gr fagioli già lessati (cannellini o borlotti) 800 gr Cozze 4/5 Pomodorini

Brodo vegetale Peperoncino Aglio Prezzemolo Olio EVO Sale q.b.

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#hashtag

shopping on line di Irene Saggiomo

È proprio vero che lo shopping è la giusta pillola per il buon umore di tante persone, quella sensazione di arricchimento (anche se in realtà è il contrario) del patrimonio personale di cose e oggetti, è talmente gratificante da risolvere in bene anche le giornate più sfortunate. E nell’era in cui viviamo, dove quasi tutto è social e il web ci apre le porte del mondo intero, lo shopping non ha confini. Parliamo proprio di lui, del mitico shopping on line: il termine è sinonimo di apertura, l’offerta è globale, non c’è cosa che non si trovi in grandissima disponibilità, e per giunta al miglior prezzo; è così, brevemente descritto, il fantastico mondo dell’ecommerce. Non privo di rischi, pare come per tutte le cose belle della vita, ma da questo ci si può difendere facendo capo a certe regole di prudenza e di buon senso, soprattutto circa la facile perdita del controllo delle proprie finanze, per questo sarebbe sempre bene utilizzare esclusivamente le carte di credito prepagate, che a un certo punto ti dicono stop. Continuando con gli aspetti positivi del fenomeno: non c’è ora in cui non si possa fare, non c’è domenica, non c’è festa, l’opportunità è di ottenere cose altrimenti indisponibili, si pensi per esempio a chi vive su un’isola o sul cucuzzolo della montagna, dove gli store fatti di materia non ci sono, ecco che i negozi online dei tempi moderni fanno giustizia, ponendo un’equa situazione di uguaglianza per tutti. Il tutto, comodamente dalla propria poltrona, e quando quel pacco arriverà sarà come ricevere un regalo, magicamente ci si dimentica di averlo personalmente pagato, il brivido dell’attesa, dello spacchettamento di carta e cartoni, il sollievo di averlo ricevuto per davvero (perché fin che non lo stringi fra le mani, niente è detto), sarà un’estasi, e se il contenuto dovesse essere deludente ti giochi l’asso del reso gratuito o del diritto di recesso. Magnifico. Curiosando nei dati statistici nazionali si scoprono tante 84

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cose interessanti, intanto che lo shopping online è per lo più praticato dagli uomini, un vero riscatto considerando (e generalizzando) che il “maschio italiano” viene per lo più trascinato a far spese, invece online ama comprare viaggi, vacanze, biglietti aerei o di treni, tecnologie di ogni tipo ma con in testa i telefonini, oltre a videogiochi, musica, film e libri. Le donne li seguono in classifica quantistica, ma pure si difendono con numeri da capogiro, a loro anche interessano viaggi, e (ma va?) sono pazze per vestiti, scarpe, accessori, giocattoli per i figli, arredamento e pacchetti estetici. In Italia, che come sempre è più lenta in quanto a “nuovi” fenomeni in fatto di web, la mappa della frequenza d’acquisto online vede in testa le regioni del Lazio, Lombardia e Veneto, mentre a livello provinciale la dinamica segue all’incirca la numerosità della popolazione con Milano, Roma, Torino e Napoli al vertice. Altro dato è che gli acquisti online si concentrano a inizio mese, rispecchiando così tutte le caratteristiche del commercio tradizionale, compreso il delicato fenomeno della crisi economica che tocca tutti coloro che faticano ad arrivare allo stipendio successivo. Maschio o femmina che sia, il maggiore responsabile d’acquisto italiano/a ha quasi sempre un’età compresa tra i 35 e i 54 anni, mentre nei paesi come Austria, Germania e Francia, l’età degli acquirenti digitali inizia dai 25 anni, questo dato la dice lunga in fatto


di occupazione giovanile. Ma i numeri sono tali e tanto rincuoranti che si possono tradurre in segni più che positivi per l’economia del belpaese: nel 2017 si sono sfiorati i 24 miliardi di euro in vendite online, afferma Il Sole 24ore. Per i liberi professionisti non c’è niente di più semplice che aprire un’attività online, potendo vendere senza il supporto di un intero staff aziendale, purché si ponga al centro il “chatbot”, cioè l’incontro tra esigenze di brand e user experience. Potrebbe forse essere questa una

delle strade da seguire per risollevare le piccole e medie imprese da questo momento di congiuntura? Di certo il (vero) made in Italy è oggetto di desiderio, un simbolo di garanzia e di soddisfazione per chi, da tutto il mondo, apprezza la manifattura artigianale dei suoi prodotti.


#mammalemamme

VOLIAMO CON LA FANTASIA

DEI BAMBINI

di Valeria Prestisimone

Le favole servono tanto ai bambini sia per acquisire sicurezza, sia per immedesimarsi in situazioni quotidiane che i piccoli vivono, per ampliare il loro vocabolario (quante volte capita che chiedano: “ma cosa vuol dire…?”), ma la lettura è anche un piacevolissima coccola da fare insieme genitori e figli. Sognare a occhi aperti, vivere le avventure fantastiche. Ho fatto un piccolo esperimento e ho dato a tre bambini 4 elementi per raccontare la loro fiaba: un bambino, una navicella spaziale, una fata e una mucca. Sono uscite fuori 3 piccole storie delicate e garbate; tra nomi fantastici e avventure incredibili e l’happy end ha la meglio, sempre!

CAROLINA LO RUSSO 9 ANNI

C’era una volta un bambino di nome Alessandro e il suo desiderio era quello di guidare una navicella spaziale. Un giorno gli apparse davanti una fata e Alessandro le chiese: “Fai una magia? E la fata disse di sì e proprio per l’occasione apparve una navicella. Alessandro fu molto felice. In estate la prese e andò a fare un giro, arriva fin sopra la Luna e lì trova una mucca affamata che piangeva. Alessandro le chiese come mai era così triste e la mucca rispose che voleva compagnia. Allora Alessandro se la portò via e quando arrivarono a casa le diede da mangiare e la accudì. Diventarono grandi amici e così finalmente anche la mucca aveva una famiglia!

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SOFIA D’ANIELLO 7 ANNI C’era una volta una fata di nome Molly, un giorno passeggiando incontrò un bambino che piangeva. - Perché piangi? - Ho perso la mia migliore amica che si chiama Stracciatella - Che nome buffo… - disse la fata - Si è allontanata mangiando erba… - Che strano...- pensò la fata. - Ha una campana appesa al collo...- continuò il piccolo. La fata pensava fosse pazzo, poi vide una mucca che non riusciva a scendere da una montagna e capì!! Fece apparire una navicella spaziale ed insieme al bambino andò a salvare la sua migliore amica… una mucca!!!

GIUSEPPE CACCIAPUOTI 8 ANNI

Un giorno nel bosco incantato una fata vide un’astronave e dentro c’erano un bambino e una mucca. Il bambino chiese alla fata: ”dove siamo?” la fata rispose: ”siamo a Fata-town!”. Il bambino in sella alla mucca raccontò tutto di loro e disse pure che venivano dalla Terra e le chiese se voleva andare con loro. La fata rispose: “Si!” Appena giunti sulla Terra la fata si trasformò in umana...


#shopwindow

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BUON COMPLEANNO SAKURAJIMA

Festa a suon di sushi per il compleanno del Sakurajima Fusion lab, nato nun anno fa dall’incontro forunato tra Alfredo Liguori, lo Chef Stefano Esposito, Maurizio Masala e Danilo Cortimiglia. Un concept vincente di fusion tra Giappone e altre nazioni, prevalentemente il Brasile, che ha creato una comunicazione culinaria tra l’Italia e il Paese del Sol Levante. Un brindisi al gemellaggio culturale già esistente tra Napoli e Kagoshima, per via dello skyline simile alla città e soprattutto per il suo vulcano SAKURAJIMA, definito appunto gemello del Vesuvio. Un secondo party dopo l’inaugurazione di un anno fa con amici e clienti in concomitanza della “hanami” giapponese, la fioritura dei ciliegi, in giapponese Sakura, da cui il vulcano Sakurajima e il ristorante in via Tasso che prende il suo nome. Ph. Gianluca Savarese

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Napoli via S. Pasquale a Chiaia, 25 via Carducci, 43

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REVOLUTION SPRING PARTY La primavera con tutti i suoi colori è arrivata da Blunauta, che ha presentato la nuova collezione con il party speciale “Spring Revolution”. Ad accogliere le ospiti l’imprenditrice Claudia Catapano. In passerella oantaloni e kimono dalle fantasie ricercate, stampe e sete indiane e abiti lunghi stile gipsy. Originali gli accessori: borse di tessuto, cappelli a falda larga con colori vitaminici,bracciali alla schiava, maxi orecchini, collane con pendenti. Fiori, fiori, fiori, di tutte le dimensioni e interpretazioni fantasiose, perché in questa stagione sono un must. Durante la festa le attrici della compagnia del Teatro dell’Anima hanno presentato uno spettacolo dal sapore primaverile. Ph. Romolo Pizi


SOLIDARIETÀ, UOVA E GIOIELLI PER L’AIRC La festa dell’Airc a Casa Ascione, organizzata da Roberta Costa Buccino, è un appuntamento con la solidarietà per napoletani. Anche quest’anno in tanti hanno partecipato acquistando un uovo Gallucci per sostenere l’Airc, Associazione Italiana che si occupa della ricerca per sconfiggere il cancro. Quattrocento ospiti sono stati accolti da Giancarlo, Mauro e Giuseppe Ascione e venti fortunati che hanno partecipato al Party benefico, giunto alla nona edizione, hanno vinto un gioiello di Casa Ascione.

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LIFESTYLE

EVENTS

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UN LIBRO IN SALOTTO A PALAZZO SAN TEODORO

La corruzione spuzza di Raffaele Cantone ha aperto l’edizione 2018 di Un libro in salotto format culturale ideato e realizzato dalla giornalista Rossana Russo. La presentazione del libro e il party con giornalisti, istituzioni, intellettuali e tanti grandi nomi si sono svolti a Palazzo San Teodoro. L’incontro è stato condotto da Enrico Mentana e, insieme con il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), ha visto protagonisti il sindaco di Napoli Luigi de Magistris e il pm Henry John Woodcock. Saluti dei presidenti dell’Ordine nazionale dei giornalisti Carlo Verna e di quello regionale Ottavio Lucarelli; del magistrato Aldo De Chiara. Letture dell’attrice Antonella Stefanucci.

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NAPOLI APPEAL ALESSIO VISONE SPRING/SUMMER 2018 Mare, pesci e bollicine. Sfila in passerella la collezione primavera estate 2018 di Alessio Visone, interamente ispirata al fascino e alle contraddizioni della città, simboleggiata da un pesce che ha la testa per pensare e la coda per prendere la giusta direzione e che, nonostante la lisca, continua a respirare. Must have della prossima stagione è la chemise che diventa oversize, voluminosa e remboursé. ph Pippo By Capri



GLAMOUR PARTY BY ELYSSE A PALAZZO CARACCIOLO Gli appassionati di moda e accessories e in particolare di borse, hanno fatto festa a Palazzo Caracciolo in occasione del lancio della collezione di bag esclusive Elysse. Nate dalla creatività di Elina Arangelova, ecco sfilare borse da lavoro, zaini, a spalla, da sera e pochette colorate e originali. Una collezione ricca di venticinque modelli per donna e per uomo. Madrina della serata l’attrice Laura Torrisi, in rappresentanza della bellezza e dell’eleganza mediterranea. A presentare il brand Karina Cascella.

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PARTY GALACTICO NEL TUNNEL BORBONICO Arte, moda e spettacoli rocamboleschi nelle profondità sotterranee di Napoli per la decima edizione di «Arte e Moda prendono forma», l’happening, ideato da Ludovico Lieto e organizzato da Visivo Comunicazione con la super visione di Valeria Viscione. Lo scenario sempre quello unico e suggestivo della Galleria Borbonica gestita dal geologo Gianluca Minin. Tema di quest’anno: lo spazio e le sue meraviglie, che hanno fatto da sfondo al percorso di cunicoli, dando la possibilità al visitatore di compiere un viaggio metaforico verso mondi inesplorati.

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PARTY STELLARE PER ZUIKI All’Hbtoo moda e spettacolo in primo piano per la festa di ZUIKI, che ha scelto Napoli per la presentazione della nuova collezione primavera/ estate e per celebrare i 30 anni di attività della Ennepi srl, l’azienda proprietaria del marchio. La musica, i colori e un’atmosfera stellare hanno avvolto gli ospiti. Bellissime “statue viventi”, si sono animate nel corso della serata, ballando sulle hit più famose degli anni ’80-90 e dando vita alla collezione ZUIKI, con una performance in perfetta sintonia con lo stile pop del brand. Must della collezione come sempre il denim, con i jeans a gamba larga o skinny high waist, dallo stile retrò. La palette cromatica è esplosa anche nelle tantissime felpe, polo e t-shirt che, monocolore o con stampe originali, hanno completato in chiave romantica un look goth punk.

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THE HARMONY OF VALUES Il Presidente onorario della Camera Nazionale della Moda Mario Boselli con Adriana di Lello capo redattrice di Elle Italia e Myra Postolache Contributor per Vogue Talent hanno premiato lo stilista Ferdinand, che si è aggiudicato l’importante riconoscimento MADMOOD FW’18-19, come miglior designer nell’ambito della Milano Fashion Week, dove ha presentato la collezione The Harmony of Values che ha anche sfilato sulla passerella di The Look of The Year nell’ambito di Alta Moda Roma. Applausi, brindisi, grande successo per la bella e originale sfilata e la vittoria del premio.

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I LABORATORI CREATIVI DI ARTEMISIA Una festa per sostenere la creatività e l’artigianato made in Naples. Ha inaugurato in città, con un colorato e variopinto “artistic & creative party”, il primo polo delle arti manuali di Chiaia: I Laboratori Creativi di Artemisia. L’Associazione è presieduta da Giovanna Cretella e sorge tra negozi, locali alla moda e botteghe artigianali. In mostra bambole, borse, gioielli tutti rigorosamente handmade che possono essere realizzati partecipando ai corsi creativi organizzati dal lunedì al sabato, con workshop junior per i bambini. Tanti gli ospiti che hanno ammirato le opere e brindato a questa nuova avventura. Ph. Luigi Orlando

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COLOUR PARTY IN GALLERIA 66 Parola d’oridne: una miriade di colori. Vivace e liminoso il party di Galleria 66 Concept Store, che ha organizzato un happening con amiche e clienti per presentare la nuova collezione. La boutique di via Crispi che propone capi sempre ricercati e “easy to wear”, non si è smentita neanche stavota con una collezione dai tagli ricercati e colori sgargianti. Dai cappottini proposti in toni brillanti alle chemise, dai capi dalle stampe e linee prettamente esotiche agli accessori glamour. In vetrina le mise più originali con in pole position Le Zirre Napoli, che da sempre predilige questo store come suo punto vendita. Ph. Romolo Pizi

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NON SOLO GIOIELLI Festa in grande stile per la presentazione della nuova collezione della gioielleria Studio Morelli con i capi Cucchi&Co Clothing e le borse La Queen bags. Amiche e clienti hanno brindato al mondo prezioso e modaiolo di questi rinomati brand. Cin cin tra sorrisi, finger food e tante sorprese. In passerella indossati da splendide modelle le nuove tendenze dei gioielli targati Studio Morelli, specializzato nella realizzazione di preziosi artigianali personalizzabili. E poi ecco spiccare i capi chic firmati da Cucchi&Co e le originali borse disegnate da La Queen bags. Un party colorato e luminoso che ha dato il via alla primavera di Chiaia.

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(A) SOCIAL DINNER PARTY Una festa senza smartphone e senza social. È successo davvero durante l’originale party a-social dinner, ideato e organizzato da Fabio Ummarino: divertirsi per una sera senza controllare i like sui post o rispondere a un whatsapp. Parole d’ordine: socializzare, parlare, ballare e l’esperimento è pienamente riuscito. Gli invitati hanno spento i telefonini, centato e poi ballato con di Luca Mele in consolle. ph. Costantino Nanino

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HOLLYWOOD PARTY 40 anni in perfetto stile hollywoodiano per il glamour party di Alessandra Lavorgna e Stefano Maione, che hanno festeggiato insieme il compleanno come delle vere star. Al Teatro Posillipo 300 invitati hanno partecipato alla grande festa organizzata da Rita Romano, sfilando sul red carpet e indossando scintillanti abiti da Premiere. Elegantissimi, ad accompagnare Alessandra il marito Giuseppe Quarto e la sorella Raffaella. Al braccio di Stefano la bella moglie Clotilde Crovella. Cin cin, bollicine, brindisi mega torta e tutti a ballare sulle note della musica live dei Soul Food. Ph. Alessandro Iermano

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LE MILLE MILA Party dorato per Mila Gambardella, che ha fatto festa nella villa di famiglia a Posillipo. Una festa “golden” piena di allegria e di musica sulle note di dj Marco Piccolo. Prima tutti a tifare per il Calcio Napoli e poi via al luculliano banchetto e alle danze scatenata fino a tarda notte. Duecento invitati hanno circondato Mila in un caloroso abbraccio, in questa bella anteprima degli “anta”. Corona e scettro sulla torta, gadget per tutti gli invitati, magliette personalizzate, sorrisi, click, selfie. ph. Romolo Pizi

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TANTI AUGURI CARA MELA I protagonisti della movida partenopea di ieri e di oggi hanno festeggiato i cinquant’anni della Mela, il locale da sempre più amato e frequentato di Chiaia. Un grande evento dedicato proprio a loro, ai nottambuli napoletani, che per l’occasione hanno indossato tutti un tocco di rosso e di nero. La festa è durata fino all’alba, in un continuo via vai di chi ha ballato per anni alla Mela e chi la frequenta ancora oggi. Danze scatenate con i dj storici Marco Piccolo, Marcantonio Blando, Alessandro Marinacci, Franzo Grande e Luca Romano, arrivato per l’occasione da Rimini; brindisi con “amarcord” e tanto divertimento il cocktail della serata. Tanti auguri cara Mela. ph. Lorenzo Franco

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PARTY IN STILE GRANDE Abiti frangiati, collane di perle, guanti, velluti e invitati fascinosi al party di compleanno di Claudia Gianfrani, che ha festeggiato diciotto anni sul mare, nel locale Le Ondine di Posillipo. Tema: il grande Gatby e sullo sfondo l’America tra gli anni ‘20 e ‘30. Tutti gli ospiti sembravano usciti dalle pagine di Scott Fitzgerald, belli, giovani e affascinanti. Divertimento, musica, via alle danze e poi la deliziosa torta realizzata dalle compagne di classe di Claudia. ph. Francesco Artistico

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BUON COMPLEANNO VITTORIA Party da sogno al Teatro Posillipo per Vittoria Carlino, che ha compiuto diciotto anni. Un’incantevole principessa, prima fasciata in un elegante abito azzurro, poi dopo il soffio sulle candeline, in uno sfavillante dress rosso. Centinaia di invitati hanno festeggiato la figlia del patron di Carpisa. Il party si è aperto con lo il live show del violinista macedone Ferdy Beirami, che con i suoi arrangiamenti ha animato un aperitivo “cool mix”. E poi tutti in pista, amici e compagni di scuola a ballare brindare a Vittoria tutta la notte. ph. Romolo Pizi

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FLOWER POWER PARTY Al Den un’esplosione di colori, fiori e di spiriti liberi. Ecco servita la festa “hippie” per i cinquantanni di Stefano Daniele e Rocco Ciamardella. Tema: “flower power” in compagnia di tantissimi amici, che si sono vestiti in perfetto stile anni ‘70. Coroncine di fiori e gonne a campana le ragazze, occhialoni e pantaloni a zampa i ragazzi. Musica dal vivo, brindici, ottimo cibo nel nuovo locale di San Martino. ph. Romolo Pizi

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PARTY IN TERRAZZA Compiere 80 anni con un party davvero speciale con tutta la famiglia e gli amici di sempre. Tanti auguri Giuseppe Spina, conosciuto da tutti come Nello, che ha celebrato il bellissimo traguardo sulla terrazza di casa in Via Tasso. 80 anni e non sentirli, con brindisi, musica e un mare di abbracci. 80 anni festosi e pieni di gioia e divertimento con centinaia di ospiti che hanno celebrato Nello fino a tarda notte.

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