Partita Tripla News - dicembre 2009

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ITC OBERDAN

Numero I

Partita Tripla News

Dicembre

2009

nuoce poco alla salute Notizie di rilievo: • New York -Trovata un’entità più piccola dell’atomo: Brunetta rivendica la paternità della scoperta e dichiara: “Il mio cervello però non si tocca” • Mozzanica - Il professor Monaco dichiara di essere stato sconfitto da Roger Federer nel torneo di Arcene per 7-6 7-6; dalla Svizzera il campione dichiara: “Dite a Monaco che ho giocato bendato”. • AAA - cercasi professore competente per ripetizioni di economia aziendale a insegnante millantatore e spacciatore di false notizie sulla partita doppia. Fermo posta Marchetti A. Lauta ricompensa. • Smarrito libro di Economia Aziendale assolutamente nuovo. Cercasi proprietario fra i rimandati a settembre.

Se dodici pagine vi sembran poche Con l’anno scolastico 2009/10 riprende le sue pubblicazioni Partita Tripla News , figlio minore, ma non per questo meno amato, di Partita Tripla.Siamo in fase sperimentale e perciò scuserete gli errori, le imperfezioni, i dubbi e le mancanze che non mancheranno.Con buona volontà e pazienza, coadiuvati da alcuni professori, stiamo provando a costruire una pubblicazione che sappia informare senza annoiare, divertire e far riflettere. Nel numero che avete per le mani (e di cui è disponibile sul sito dell’Istituto

anche la versione in formato pdf), troverete il resoconto delle prime visite d’istruzione, alcune significative statistiche relative alla nostra scuola e qualche riflessione che abbiano chiesto ai neo diplomati e ai nuovi guglielmini.

coinvolgere attivamente quante più persone possibile. Le vostre proposte saranno le benvenute: Ridere, fa bene articoli, fotografie, disegni, poesie, racconti, scritti che perverranno in redazione formeranno il materiale per le prossime Inoltre, abbiamo dedi- pubblicazioni. cato spazio anche VENICE ‘09 : A presto e buona ON A PERDU LE all’informazione più lettura. PROF! scolastica con l’illustrazione delle iniziative più significative che ci aspettano in questo nuovo anno . Partita Tripla News è il frutto di una collaborazione docenti e studenti ed aspira a

E con l’Amazzonia come la mettiamo? E’ vero. Anche noi usiamo della carta, quindi alberi. L’idea che qualche metro cubo di betulle sia stato sacrificato per stampare questo libello, un po’ preoccupa. Dopo una lunga discussione in redazione tra chi proponeva di usare la carta straccia dei cestini e chi sosteneva l’opportunità di

scrivere con lo spray sui muri, siamo arrivati ad un’onesta mediazione. Giornalino cartaceo, sì, ma con una versione digitale che, in futuro, potrebbe anche soppiantare quella su carta. L’idea è quella di ritagliarci uno spaziettino nel sito dell’Istituto da cui far capolino con i

nostri cattivi pensieri. Magari il giornalino fa schifo, ma qualche albero continuerà a far ombra.

Il nostro lettore tipo: attento, curioso, perspicace, documentato, impertinente, studente

Leggere allunga la vita? Credo proprio che morirò giovane (uno studente)


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Partita Tripla News Presenze inquietanti Padiglione polacco Tra i vari padiglioni mi ha colpito particolarmente L'arte è un appello al quale troppi rispondono senza essere stati chiamati. (Leo Longanesi)

quello polacco (realizzato da K. Wodiczka). Era di vaste dimensioni e comple-

tamente oscurato; suscitava una sensazione di chiusura poiché vi era la presenza di numerose vetrate sulle pareti e sul soffitto, dove comparivano e scomparivano progressivamente delle persone, le quali svolgevano una attività diversa: c’erano dei lavavetri o semplicemente persone che parlavano tra loro; altre ancora sembrava fos-

sero intenzionate ad entrare nella stanza, ma la presenza delle vetrate lo impediva. Si potevano sentire, di sottofondo, delle voci quasi misteriose in lingua polacca che rendevano affascinante e inquietante l’opera. Dinnanzi a quest’opera, ho potuto vedere numerosi turisti italiani e stranieri stupiti. ANDREA MUSOLINO—4 E

Vetro: maneggiare con cautela “...un bellissimo vetro di tutti i colori e con sfumature leggere….”

Padiglione Venezia All’esterno del padiglione di Venezia, non potevano mancare le stupende opere fatte completamente di vetro di Murano. Un bellissimo vetro di tutti i colori e con sfumature leggere, come si può notare nell’immagine. L’opera vuole accogliere i visitatori nel padi-

glione Venezia nel migliore dei modi. Infatti la sensazione principale è di orgoglio nel vedere

una città italiana importante come Venezia, accogliere i visitatori con un giardino tutt’intorno al padiglione, pieno di questi ornamenti in vetro. Solo l’esterno del padiglione dice tutto su quanto sia bella Venezia e su quanto valga la pena visitare questa mostra di arte contemporanea. Federica Marinoni – 4 E

Dalla Russia con furore Padiglione Russia

Se il mondo fosse chiaro, l'arte non esisterebbe. (Albert Camus)

Un muro, una moto. Un’opera che mi ha “investita”. Credo che con questa scultura l’artista, oltre ad una denuncia di chiusura, voglia mandare un forte messaggio positivo di speranza ed un invito ad impegnarsi a modificare molti comportamenti che quotidianamente assumiamo nei confronti della realtà che ci circonda. Infatti questo lavoro, a mio pare-

re, raffigura l’uomo che, servendosi di un’energia interiore rappresentata dalla moto, squarcia il muro che racconta le barriere erette dall’uomo a propria difesa nei confronti di tutto ciò che lo circonda. Con la forza di volontà si può abbattere qualsiasi muro sia dell’indifferenza, dell’ipocrisia ecc. ed aprirsi ad un mondo nuovo che, anche se sconosciuto, potrebbe rivelare emozioni piacevoli ed inaspettate, far riscoprire

sentimenti e valori dimenticati ma mai cancellati.

RITA MANNINO — 4 E


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Numero 1 BIENNALE: ARTE O NO? Dopo aver visitato la cinquantatreesima edizione della Biennale di Venezia, un sentimento di confusione ha riempito il mio stato d’animo. Cosa è arte e cosa non lo è? E’ giusto paragonare opere come la Monna Lisa di Leonardo o la Pietà di Michelangelo alle opere in esposizione alla Biennale di Venezia? Secondo un qualsiasi dizionario l’arte è l’attività umana individuale o collettiva da cui nascono prodotti culturali che sono oggetto di giudizi di valore. Tuttavia personalmente, penso che l’Arte sia qualunque idea, concetto, opera, film, danza, qualunque esecuzione che non esaurisca il suo significato nei soli valori visivi, ma che ti rimandi ad una sensazione interiore o ad una riflessione. Il 16 Ottobre ho visitato una delle più importanti Esposizioni di Arte Contemporanea, il cui tema è: “MAKING WORDS” ed è stata un’immersione in un mondo di linguaggi nuovi, a volte provocatori, di difficile comprensione, concettuali, sconvolgenti ed in ogni caso comunicativi. Un sentimento di vivacità e gioia è scaturito in me inizialmente nel padiglione brasiliano. Le opere di Delson Uchôa sono di colori vivaci, i materiali utilizzati spaziano dalle tempere acriliche comuni al legno, cellophan, colori coagulati e resina; tutto su tela. Questi colori così sgargianti cozzavano con le fotografie esposte da Luiz Braga. In queste vi erano sempre presenti uomini o donne, ma mai in primo piano, mai messi a fuoco come se non fossero il vero soggetto della foto, come se l’artista volesse sottolineare che spesso nel mondo si prendono decisioni e scelte mettendo al primo posto fini economici e politici, a discapito del benessere della collettività. Il secondo padiglione che mi ha colpito particolarmente è quello ungherese, il quale si presentava subito cupo. Ad una parete erano appese molte cornici; all’interno c’erano fotogrammi che ritraevano volti, volti tristi. Di fronte e questi un televisore trasmetteva l’intervista di un sopravvissuto ad un campo di concentramento. Presto ho capito che i volti nelle cornici erano alcuni degli internati di Birkenau e proseguendo per il corridoio venivano ricordati i prigionieri politici del Darfur e dell’Iran. Tutti questi volti avevano solo una casa in comune: esser stati perseguitati, imprigionati e seviziati senza colpe; solo perché appartenenti ad un’etnia, fedeli ad una religione o schierati con una minoranza politica. L’ultima stanza di quest’opera è piuttosto scura, con uno specchio al centro. Sono stata colpita da un’emozione talmente forte che devo aver trattenuto il respiro per qualche secondo, dopo di che, un po’ tramortita, sono uscita dalla struttura. La mia immagine racchiusa in una cornice identica a quelle viste precedentemente, quella dei volti senza vita dei perseguitati; quel riflesso mi ha fatto sentire così vulnerabile..Questi innocenti hanno subito violenze inaudite e chissà quanti altri, da qualche parte nel mondo, sono ancora costretti a sottostare a simili torture senza alcuna ragione.. Noi che crediamo di vivere in una società avanzata e in costante miglioramento in realtà ci infiliamo spesso i paraocchi per vedere solo la nostra condizione, quando a pochi passi dal nostro paese parole come “Libertà”, “Pace”e “Emancipazione” restano vuote di significato. Dai Giardini abbiamo continuato la nostra visita all’Arsenale. In questa struttura l’opera che più mi ha colpito è quella turca. Tronchi dall’estremità appuntite pendevano sopra il mio capo. Un senso di fragilità, un’espressione di massima precarietà della condizione umana; condizione che troppo spesso ignoriamo convincendoci di essere super-uomini, imbattibili e esenti da ogni rischio. Di questa visita terrò vivo il ricordo per molto tempo.. mi ricorderò del pessimismo degli artisti, mi ricorderò di quanto possa colpire un oggetto comune, mi ricorderò delle fortissime sensazioni provate ma soprattutto mi ricorderò di quanto sia valsa la pena aver conosciuto quest’Arte, che prima guardavo con forte scetticismo. Silvia Avogadri

Bisogna essere un uomo vivente ed un artista postumo. (Jean Cocteau)

“Noi che crediamo di vivere in una società avanzata e in costante miglioramento in realtà ci infiliamo spesso i paraocchi per vedere solo la nostra condizione”

L'arte non riproduce il visibile; piuttosto, crea il visibile. (P. Klee)


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Partita Tripla News Fare Mondi

Venezia

E’ questo il titolo dell’attualre rassegna internazionale di arte contemporanea che si è appena chiusa a Venezia. Le classe quarte e quinte del nostro Istituto, come è ormai consuetudine, hanno partecipato alla visita d’istruzione che li ha portati a visitare all’Arsenale ed ai Giardini la Biennale di Venezia.

“La diversità tra una persona e l’altra provoca disorientamento e solitudine…”

Di seguito diamo conto delle principali impressioni che i vivi statori ne hanno ricavato. Ogni articolo è accompagnato da fotografie scattate dagli stessi studenti. Nell’atrio della scuola sono inoltre visibili le opere realizzate dalle classi quarta E, D e quinta D ispirate alla vivista veneziana.

Un cadavere in piscina Padiglione Danimarca e dei Paesi del Nord.Questo padiglione rappresentava una casa abbandonata in vendita forse a causa della vicina villa di un pornografo omosessuale il cui cadavere è in piscina.

L’opera mette in evidenza come la diversità da una persona all’altra provochi disorientamento e solitudine.

Alcune opere fotografate dalla 4 B

Tutto l'interesse dell'arte è nel principio. Dopo il principio, è già la fine. (Picasso)


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Numero 1 Would you like a hand? Padiglione Stati Uniti L’opera che più mi ha colpito è stata quella del padiglione dell’America, nel quale, oltre alle altre numerose opere d’arte, giudicate da me “leggermente tetre” come ad esempio teste umane ed animali appese in diversi modi, hanno catturato la mia attenzione le numerose coppie di mani poste in diverse posizioni le une dalle altre, in modo che il visitatore si potesse soffermare ed attribuire un significato ad ognuna di esse. Secondo me l’artista ha voluto

prendere come oggetto della propria creazione le mani forse per riferirsi all’ambito religioso, basti pensare all’affresco della Cappella Sistina, forse perché sono un elemento che conta molto nella comunicazione al giorno d’oggi, a tal punto che alcuni studiosi ci si sono dedicati per trarne delle teorie. Un esempio può essere la stretta di mano, un gesto che normalmente ormai si affronta nella quotidianità, infatti, una stretta di mano debole è segno di mancanza di fiducia in sé stessi,oppure in una persona che tiene a lungo la

mano altrui indica carenza d’affetto ecc. E’ curioso poi sapere che, in Giappone e in Cina, così come in alcuni Paesi asiatici, la gesticolazione nel parlato è segno di mancanza di rispetto, perché (si suppone) chi gesticola, lo fa per farsi meglio capire da chi gli sta di fronte, il quale indirettamente, non viene reputato un tipo molto sveglio…(è da evidenziare che in Italia si usa molto gesticolare…)

FEDERICO MESSAGGI 4 E

Le nostre spie Esposizione internazionale Ho scelto questa fotografia che ho scattato in una stanza del padiglione riservato alla Cina perché mi ha colpito e sorpreso in modo particolare. Entrando nella stanza buia spiccavano spie colorate posizionate ad altezze diverse e nell’oscurità non era chiaro da quali oggetti provenissero. Ho provato un senso di smarrimento e incomprensione

che subito si è dissolto con il flash abbagliante di un visitatore che scattando una foto mi ha

mostrato per qualche secondo la scena nella sua integrità. Ad ogni spia corrispondeva un elettrodo-

mestico della nostra vita quotidiana: computer, telefoni, stereo, ventilatori, forni a microonde ecc. L’autore ha voluto quindi farci riflettere sulla costante presenza della tecnologia nella nostra esistenza facendoci notare non i semplici e “freddi” elettrodomestici ma le luci delle loro spie inaspettatamente più “calde” e vivaci.

L'arte moderna si chiama così perché non ha nessuna probabilità di diventare antica. (Nikita Kruscev)

“...ha voluto quindi farci riflettere sulla costante presenza della tecnologia nella nostra esistenza…”

Michela Fossati 4 E

Gabbie Padiglione francese Il padiglione francese si sviluppa molto in altezza lasciando il visitatore meravigliato anche a causa

delle enormi gabbie che riempiono l’intera stanza. Una volta entrati si hanno tre diverse opzioni: andare avanti, a sinistra o a destra con il medesimo risultato: una stanza buia con una bandiera nera fatta sventolare da un ventilatore. L’effetto che io ho percepito è di entrare in un mondo mai esplorato perché una stanza piena di gabbie non è cosa di tutti i giorni. La sensazione è di essere intrappolati perché ovunque

andiamo si finisce nel buio. L’unica cosa che si può fare è tornare all’uscita, l’unico luogo dove non brancoleremo nel buio. Per l’artista ciò che non conosciamo non può essere esplorato perché non abbiamo i mezzi necessari per farlo e l’unica cosa che possiamo fare è tornare sui nostri passi quindi a ciò che già conosciamo e che ci è concesso conoscere. Fabio Gobetti

L'arte è la scienza resa chiara. (Jean Cocteau)


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Partita Tripla News CRONACHE VENEZIANE

LEGGE DI ELDRIDGE SULLA GUERRA: L'uomo e' sempre pronto a morire per un'idea, purché essa non gli sia chiara.

“questi colori, davano un taglio alla foschia ed erano come calamite”

Sono stato aggredito e picchiato, ma mi sono difeso bene. A uno ho addirittura rotto una mano: mi ci è voluta tutta la faccia, ma ce l'ho fatta. (Allen)

Venerdì 16 ottobre ci siamo recati a Venezia con le classi quarte e quinte del nostro Istituto, per partecipare ad una mostra di arte contemporanea che si ripete ogni due anni: la Biennale. Nel periodo in cui la mostra non viene esposta, i più grandi critici d’arte si recano in tutto il mondo, alla scoperta di nuovi artisti e di nuove opere d’arte, di grande rilevanza, le quali devo essere attinenti al tema prefissato per l’anno dell’esposizione. Quella a cui abbiamo partecipato, era la 53esima esposizione Internazionale d’Arte, diretta da Daniel Birnbaum e intitolata Fare Mondi; titolo che lascia al visita-

tore l’ampia libertà di attribuirgli il significato che meglio crede. È stata aperta al pubblico domenica 7 giugno 2009, ai Giardini, all’Arsenale, e in vari luoghi di Venezia. Numerosi erano i padiglioni, ciascuno dei quali rappresentava uno Stato del mondo, che ospitavano le opere d’arte; molte di queste erano strane, spiazzanti o addirittura incomprensibili. Quasi tutte rappresentavano una visione pessimistica per quanto riguarda l’andamento del mondo attuale. Il futuro, secondo la maggior parte degli artisti, va peggiorando: guerre incessanti, attacchi terroristici, crisi economica...L’opera che più mi ha colpi-

to, nonostante non ne avessi colto il significato, è una tra quelle di Ivan Navarro.Rappresentante il Cile e nato a Santiago nel 1972, Ivan, ha realizzato complesse sculture luminose, costruendo oggetti ed installazioni specifiche con materiali d'uso quotidiano. La migliore, per me. è la Death Row; opera composta da tredici porte di alluminio con luce al neon al proprio interno.

In questo modo ciascuna genera l'effetto di corridoi che attraversano il muro. Dal vivo, il colore di queste luci, stupiva chi osservava l’opera e, a mia visione, trasmetteva gioia, vivacità e voglia di fare, a prescindere dal luogo in cui si trovava, in quanto era buio e chiuso. Proprio questi colori, davano un taglio alla foschia ed erano come calamite, attiranti lo sguardo di chi passava da quelle parti. La mia interpretazione, rispetto alla scultura, è stata la seguente: la camera in cui si trovava il visi-

tatore simboleggiava il mondo attuale, con tutti i suoi lati negativi; le porte illuminate rappresentavano le diverse vie di fuga dall’orrore attuale. Stava a noi scegliere quale via intraprendere per sfuggire dal “male” e andare a costruire un nuovo mondo al di là di quello che già esisteva. Verso la fine del percorso, ci eravamo trovati nella zona Italia. Qui avevamo avuto la possibilità di osservare da un altro punto di vista l’arte contemporanea, provando a diventare noi, classe 4m

e 4c, un’opera d’arte! Tutto ciò, mimetizzandoci con la scritta all’ entrata del padiglione, ed andando a formare delle lettere umane, per comporre la scritta ITALIA.

Molti turisti stranieri, scambiandoci per opera d’arte (in quanto l’arte contemporanea sarebbe in grado di stupire all’infinito chi la osserva), ci avevano scattato numerose foto. Stupiti, ci eravamo incamminati verso l’uscita, in quanto era l’ora del rientro. Inaspettatamente, questa espe-

rienza è piaciuta a molte persone. Il pensiero dei giovani rispetto alle mostre e all’arte non era positivo: la visita alla Biennale ha rivoluzionato il nostro pensiero!!

Sara Gatti - Sez. C

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Numero 1 AL BOWLING!!! - CLASSE 2 H Il gioco è forma di svago e di diverti mento adatto a persone di tutte le età e può essere un’occasione per socializ zare e per imparare a stare con gli al tri. Anche quest’anno, per il progetto acco glienza, le classi prime e seconde hanno trascorso una mattinata al bowling di Caravaggio. Durante il tragitto, noi stu denti di seconda abbiamo avuto modo di interagire, colloquiare e nello stesso tempo aiutare i ragazzi di prima ad in tegrarsi ed ambientarsi. La giornata si è svolta in questo modo: ore 9.00 partenza dall’istituto; circa un’ora dopo, arrivati a destina zione, siamo stati divisi in gruppi misti, cioè formati da ragazzi di

prima e da ragazzi di seconda. Le squadre sono state create appositamente per far socializ zare i ragazzi tra loro. Nonostante la competizione, tutti hanno saputo esultare e gioire gli uni con gli altri. Alle ore 12.40 siamo ripartiti alla volta della scuola. Grazie a questa esperienza al di fuori dell’ambiente scolastico, noi ragazzi ab biamo avuto modo di conoscere altre persone e consolidare i rapporti d’amicizia già esistenti. Il gioco stimola il confronto, la parteci pazione e la fi ducia sia nelle proprie capacità sia in quelle de gli altri, in fluendo positivamente sulla nostra vita. Giocando, cia scuno di noi ha manifestato la propria persona lità, mettendosi in relazione con gli altri.

Questa iniziativa è servita per scoprire alcuni aspetti del carattere, per avere nuove amicizie, per stimolare la disponibilità verso i ragazzi delle classi prime nuovi a questa esperienza. E’ stata quindi un’opportunità per socia lizzare e di mettersi in gioco senza ti more di sbagliare e di essere giudicati.

Abitavano sopra un bowling, ma erano spesso gli avventori del bowling a protestare per il troppo rumore!

LO SPETTACOLO DELL’ARTE MODERNA Questa era la prima Biennale fresca della mia vita personale. Non era la prima “mostra” che vedevo nella mia vita, ma a differenza delle altre, questa era molto diversa. Guardare un’esposizione di arti, opere, provenienti da tutto il mondo, ma concentrati in un unico posto, crea molto entusiasmo, ed è stimolante, perché ti permette di scoprire e vedere cose, che magari, non avresti mai potuto vedere nella vita quotidiana.

Questa “fiera dell’arte contemporanea” era sviluppata in due luoghi di Venezia: l’Arsenale e i Giardini. Ho dovuto scegliere una delle opere osservate durante quella giornata, purtroppo non sapevo decidermi perché non vi era una vera e propria opera considerata per me come la migliore, diciamo che molte di queste avevano colpito i miei occhi. Dopo aver guardato attentamente le foto per molte volte, mi sono deciso di prendere in considerazione l’ope-

ra di Thomas Saraceno, prodotta nel Palazzo d’Esposizione, nei Giardini di Venezia. Questo autore è stato forse condizionato da fenomeni naturali, i quali gli hanno dato l’ispirazione per creare le proprie installazioni. Questo artista prende spunto infatti da un elemento presente in natura, la tela tessuta dal ragno, pensando a quanto sia resistente e sottile il filamento che la compone, eppure di quanto sia capace esso a trattenere e sorprendere la vita, grazie a dei disegni creati in

sottile il filamento che la compone, eppure di quanto sia capace esso a trattenere e sorprendere la vita, grazie a dei disegni creati in base all’intreccio di questi fili. Era enorme ed occupava tutta la sala centrale del palazzo, alla prima vista mi sono trovato spaesato, e dopo averne discusso in classe abbiamo capito che simboleggiava una crisi, forse la crisi mondiale, o comunque, la fragilità dell’uomo. Inoltre, una volta dentro quella sala, per raggiungere le altre uscite dovevi stare attento a tutti quei fili, per non inciampare. Molte altre opere colpivano il mio occhio e posso

quindi confermare che questa esperienza è stata molto interessante. Inoltre, in questa “mostra” ho scoperto che la cosa più bella era osservare i visitatori ed ho capito anche che il contesto della Biennale ha il potere di trasformare tutto in arte, di rendere ogni presenza una piccola performance. Noi, infatti, ci siamo immersi in questo contesto, facendo foto e addirittura divertendoci. Il tema di

Così come, a mio parere, erano stati invitati tutti gli artisti. Infatti questo tema, ha spinto gli artisti a fare un lavoro per rappresentare il proprio mondo. Dovevano far apparire tramite le loro opere, l’esterno, con le sue problematiche e le sue necessità. Ebbene, loro hanno costruito nuovi mondi con grandissima libertà .Ma come ho accennato prima, la vera e grande opera siamo anche noi. Noi siamo stati artisti di noi stessi, abbiamo creato un mondo attraverso l’allegria e ci siamo fatti catturare dalla giornata, dal contesto di quella biennale. Alla fine di tutto, “l’arte è in tutti noi”.

questa biennale era “Fare Mondi”, e secondo il mio pensiero significava che anche noi dovevamo far parte dell’opera. Dovevamo immergerci in quella fiera, nelle opere degli artisti.

G. Roncali

“ho scoperto che la cosa più bella era osservare i visitatori ...Noi siamo stati artisti di noi stessi, abbiamo creato un mondo attraverso l’allegria”

Padiglione Italia


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Numero I DALLA BIENNALE

Sarà una scelta banale e scontata, ma credo sia impossibile negare che un corpo in decomposizione in piscina, in una mostra d'arte che se pur strana e innovativa sempre mostra è, faccia incuriosire, e racconti un qualcosa, un qualcosa che un gruppo di ragazzi in uscita didattica non può percepire da un quadro, o da delle piante... Ecco ciò che per me è importante in un'opera, il fatto che ci faccia immaginare una storia alla base, anche se in questo caso di immaginazione non ce ne vuole poi molta visto che Michael Elmgreen e Ingar Dragset (i quali hanno collaborato anche con il famoso italiano Maurizio Cattelan) di indizi ce ne hanno lasciati parecchi: una villa in cui tutto è visibile, trasparente, a cominciare dal proprietario galleggiante morto in piscina; e con lui la sua scrivania, dove stava scrivendo un romanzo con protagonista un pornografo, forse la sua biografia? Infatti sono presenti collezioni di sleap e boxer, come fossero importanti trofei da conservare, era forse omosessuale? O magari, chi lo sa, possedeva un'azienda di biancheria intima? E poi ritratti di nudi, rigorosamente uomini, e a questo punto mi pare ovvio che la seconda ipotesi sia da scartare. Che dite si è suicidato? “Le prove non mentono. Non ci sono segni di ferite, e l'uomo si è anche tolto le scarpe. E' sicuramente suicidio” direbbe uno scienziato alla CSI dopo aver analizzato ogni reperto, come l'orologio e le sigarette sul fondo, ma a noi questo non interessa un granchè, preferiremmo sapere il perchè... Come anche il perchè di quelle rotture della casa in vendita, la seconda opera del padiglione Nordico, in cui tutto sembra quasi diviso a metà. E in questa situazione ritengo sia quasi più facile azzardare un'ipotesi del motivo della “rottura”, ma non del tavolo, bensì della famiglia, visto la quantità della famiglie sfasciate al giorno d'oggi... E una famiglia come quella, che colleziona insetti e richieste di elemosina, e in cui vige un'ordine maniacale che le nostre mamme neanche si sognerebbero, quando si rompe, non può che farlo con un botto radicale di questo tipo, che porta con sé anche l'abitazione. L'ordine esistente prima non era forse un modo per nascondere il fatto che dentro in realtà stesse crollando?... Abbiamo imparato che uno dei principi della cosiddetta arte contemporanea in questione è quello di essere provocatoria, di spiazzare e disorientare i visitatori; sicuramente i creatori sono stati intelligenti nel creare un'opera che più provocatoria non si può, ma vorrei riflettere su una cosa: siamo davvero sicuri che faccia disorientare? Insomma in un mondo dove ormai tutto è visibile e concesso, un cadavere, un omosessuale e degli organi maschili sono una novità che può spiazzare? Io non credo, perchè oltre alla risatina o un lieve stupore iniziale, chi non ammetterà che queste cose sono alla portata di tutti ogni giorno? In televisione, su internet,... Fanno ormai parte della nostra vita, appunto del nostro MONDO. Sarà forse una delle tante opere che danno una visione pessimista del mondo presenti alla Biennale di Venezia 2009?!... VERONICA DI GESU’ - 4C


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Numero I DALLA BIENNALE Giovedì 16 ottobre 2009 la quarta E con alcune classi dell’istituto è andata a Venezia per visitare i Giardini e l’Arsenale della Biennale, la mostra d’arte contemporanea che si svolge ogni due anni nella laguna. Inizialmente, quando l’insegnante ci ha proposto questa visita didattica, ho avuto qualche perplessità circa la sua utilità per gli studenti di un istituto tecnico commerciale come il nostro. Una volta terminata la giornata mi sono però resa conto che, quella della Biennale, non è stata solo un’esperienza inerente all’arte contemporanea, ma è stata molto di più, un’esperienza interculturale. Personalmente sono riuscita a visitare quasi tutti i padiglioni, alcuni li ho trovati interessanti e hanno suscitato in me curiosità e stupore e soprattutto mi hanno riflettere sulle diverse interpretazioni che gli artisti di tutto il mondo hanno dato riguardo al tema filo conduttore della mostra, “Fare Mondi”. Altri, al contrario, li ho trovati insignificanti e noiosi perché non sono riuscita a cogliere il loro significato che, magari, non era così immediato come le opere che ho potuto apprezzare. Nel padiglione degli Stati Uniti ho potuto ammirare l’opera delle diverse combinazioni che possono assumere due mani intrecciate tra di loro, la quale mi ha colpito per le forme insolite e bizzarre che esse creavano. Sono rimasta impressionata anche dal video, sempre nel padiglione degli Stati Uniti, che raffigurava l’operazione del lavaggio mani con l’acqua e il sapone, in quanto mi ha fatto riflettere sullo spreco di risorse preziose come l’acqua che avviene ogni giorno nelle azioni quotidiane più banali. Per quanto riguarda il Venezuela mi è rimasta impressa la moto conficcata nel muro che spuntava all’entrata del padiglione e che ricordava, vista frontalmente, un viso con i fanali come occhi e la ruota come lingua. All’interno del padiglione le carte geografiche strappate mi hanno fatto pensare alla contrapposizione tra l’unione apparente che si può vedere sulle cartine degli Stati del mondo e tra la realtà che vede questi Stati spesso divisi da guerre e conflitti di ogni natura. Mi ha colpito inoltre, nel padiglione israeliano, l’intreccio di fili colorati e soprattutto la frase riportata su un biglietto davanti l’opera: “Il mondo ha troppi colori per essere chiusi in una bandiera”. Con questa frase, l’autore o l’autrice della performance ha voluto sottolineare la diversità degli Stati del mondo legati dalla comune appartenenza alla terra, luogo nel quale essi devono convivere insieme. Nel padiglione internazionale mi ha affascinato l’opera dei libri appesi al soffitto che mi hanno fatto pensare alla cultura che in un certo senso gravita sopra le nostre teste; ci basta quindi alzare al testa per vederla, ma possiamo anche decidere di non volerla vedere continuando per la nostra strada. Gli specchi dominavano invece il padiglione greco, il quale mi è piaciuto per questo motivo, anche se non ho compreso in pieno il suo significato. Il padiglione della Serbia conteneva grandi blocchi di capelli umani, i quali non mi hanno trasmesso assolutamente emozione. Non ho gradito il padiglione finlandese in cui vi erano esposti attrezzi, divise ed elmetti dei pompieri, perché non ho colto la sua attinenza con il tema della Biennale e perché ho trovato gli oggetti esposti troppo vicini e concentrati in un piccolo spazio. Anche nel padiglione svizzero non ho compreso a fondo alcune opere come per esempio una scala a pioli, posta orizzontalmente sul muro, dei quadri raffiguranti linee nere sistemate apparentemente senza senso logico, di conseguenza queste opere non mi hanno trasmesso niente di particolare. All’Arsenale vi erano i Padiglioni dell’Italia e del Cile; quest’ultimo mi ha entusiasmato con le opere delle porte colorate con il neon e con il pozzo che, grazie agli effetti ottici, sembrava molto profondo e racchiudeva dentro di se la scritto “bad”. Nell’area dedicata all’Italia ho apprezzato gli enormi quadri a mosaico, colorati, che mi hanno trasmesso un sentimento di allegria e spensieratezza e anche microfoni realizzati con cristalli, mi sono piaciuti perché riflettevano sotto la luce. Posso concludere che, questa della Biennale, è stata un’esperienza interculturale assolutamente positiva che mi ha permesso di aprire la mente riflettendo sugli aspetti più insoliti e curiosi delle creazioni che ho ammirato cercando di capire da sola il loro significato. Michela Fossati


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Numero I PROFESSIONE RAPPRESENTANTE

Ci rappresentano nel Consiglio d’Istituto e in Consulta Provinciale, propongono le idee per la scuola volute da chi la scuola la vive in prima persona, gli studenti; insomma, fanno sì che le nostre esigenze non si perdano nei meandri della burocrazia. Loro sono i rappresentanti di istituto e della Consulta Provinciale Studentesca. Abbiamo intervistato gli eletti di quest’anno in stile “iene”, per sapere come la pensano e cosa andranno a realizzare. Gli intervistati sono: Marco Gualandris e Andrea Moriggi, entrambi della 5°D e rappresentanti del nostro istituto nella Consulta provinciale, Jennifer Bonacina (5°D), Elena Danelli (3°E), Silvia Senziani (4°D) e Valerio Zanoli (4°F), rappresentanti degli studenti nel Consiglio di Istituto. Quali sono le ragioni che ti hanno spinto a candidarti a rappresentante degli studenti? Marco: «In primo luogo volevo rappresentare la scuola e i suoi studenti in un contesto come quello provinciale, inoltre volevo mettermi alla prova facendo anche qualcosa di utile per la realtà nella quale passo più ore della mia giornata, quale è appunto l'ambiente scolastico.» Andrea: «La ragione è una sola: volermi fare portavoce della volontà degli studenti dell’Oberdan all’interno della provincia.» Jennifer ed Elena: «Il desiderio di fare qualcosa di nuovo ed utile e di mettermi alla prova.» Silvia: «Sinceramente non avevo intenzione di candidarmi ma, spinta dalla mia compagna, ho deciso di mettermi in gioco.» Valerio: «Il desiderio di interessarmi di più del nostro istituto, oltre alla voglia di far sentire la mia voce e, soprattutto, quella degli altri studenti.» Quella di candidarti è stata una scelta presa all’ultimo momento o premeditata da tempo? Andrea e Marco: «Avevo già preso questa decisione ancora prima di iniziare la scuola, non sapevo però se mi sarei candidato a rappresentante d’istituto o della Consulta.» Jennifer: «È stata una scelta presa all’ultimo momento, tant’è vero che mi sono candidata l’ultimo giorno. Non avevo assolutamente preso in considerazione la possibilità di ricoprire questa carica, per timore di non avere tempo a disposizione per la preparazione all’esame di stato. Inizialmente, quando mi è stata fatta la proposta, ho rifiutato; ma in seguito, sotto la spinta del docente referente dell’attività, della mia prof. e delle altre ragazze con le quali ho presentato la lista, ho accettato.» Elena: «È stata di certo una decisione assunta in extremis, incoraggiata dalla prof. Pasini e dalla vicepreside.» Silvia: «A dir la verità è stata una scelta presa all’ultimo momento.» Valerio: «Io e un mio compagno di classe abbiamo deciso di candidarci solo due, tre settimane prima delle elezioni, anche se già prima avevamo pensato di farlo.» Ti aspettavi questo buon esito delle elezioni? Marco: «Non saprei. Posso solo dire che, anche se avevo solo due "avversari", questi erano molto validi quindi non ho mai avuto certezze sulla buona riuscita delle elezioni, ma alla fine è andata bene e sono felice di questo.» Andrea: «Si sono alternati momenti di euforia a momenti di spleen: inizialmente ero abbastanza sereno, ma col passare del tempo l’ipotesi d’essere eletto sembrava andare sfumando, invertendo completamente rotta.» Jennifer: «Diciamo che ci speravo. Ci eravamo impegnate affinché la campagna elettorale potesse rappresentare le nostre idee, ma senza dare false speranze ai ragazzi. Vincere mi ha dato comunque molta soddisfazione.» Elena: «A dir la verità non me l’aspettavo, poiché ero la candidata più giovane ed inoltre non pensavo d’aver fatto una così buona impressione.» Silvia: «Sinceramente non mi aspettavo che mi scegliessero per rappresentare l’istituto e nemmeno che vincessi con una differenza di voti così ampia.» Valerio: «In parte sì, anche se dopo aver visto il programma delle altre liste sono stato un po’ sorpreso dalla mia elezione.» Pensi che sia stata un’esperienza utile al vostro incarico? Andrea: «Il termine utile è riduttivo, direi che è stata fondamentale. Senza questa “due giorni”, non avremmo mai compreso appieno il funzionamento assai articolato della Consulta e, soprattutto, non avremmo potuto organizzarci democraticamente per concorrere alla presidenza della Consulta e agli organi connessi, che si occuperanno poi di portare a termine il mandato con successo.» Jennifer: «Questo corso è certamente stato un modo efficace per apprendere e per conoscersi. Ci ha permesso di confrontarci, condividendo le problematiche e cercando di individuare delle soluzioni. Inoltre ci siamo anche divertiti!»


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Numero I Elena: «La “due giorni” ci ha aiutato a conoscere meglio i problemi degli studenti.» Silvia: «A mio parere è stata un’esperienza molto utile per svolgere al meglio il nostro incarico.»

Qual è il primo punto del programma della tua lista che proverai, con i tuoi colleghi, a mettere in atto? E perché? Marco: «Il nostro unico impegno è quello di integrare il più possibile il nostro istituto nelle attività proposte dalla provincia.» Jennifer ed Elena: «Stiamo cercando di creare una postazione bar al secondo piano dell’ala vecchia perché ci rendiamo conto che, essendo quasi mille studenti, è difficile per alcuni di noi riuscire a prendere cibo e bevande ai distributori e al bar.» Silvia: «Il nostro primo obiettivo è il ritorno della postazione bar nell’aula nuova al secondo piano. E devo dire la verità: è stata presa in considerazione in Consiglio d’Istituto.» Valerio: «Abbiamo provato, su richiesta degli studenti, ad aggiungere delle mete estere al programma dei viaggi d’istruzione.»

Sei appena tornato/a, insieme agli altri rappresentanti, da un corso full immersion di due giorni in montagna che riguarda appunto questo vostro compito. Quali sono le competenze che hai acquisito? Marco: «La “due giorni” con la Consulta provinciale è stata un’esperienza molto interessante, sia sotto il profilo lavorativo, dato che tutti noi abbiamo unito le nostre capacità formulando moltissime idee utili per le nostre scuole; sia sotto il profilo personale, in quanto ho appreso le qualità che deve avere un buon membro della Consulta.» Andrea: «Le competenze che ho acquisito sono prevalentemente politiche: la politica nel vero senso del termine greco πολιτικος, amministrazione della collettività: darsi da fare per gli altri. Durante il corso, ci sono stati veri esempi di democrazia e correttezza.» Jennifer: «Le competenze acquisite riguardano soprattutto la presenza e la funzione di alcuni organismi presenti all’interno dell’Istituto, di cui prima ignoravo l’esistenza, e il saper intraprendere relazioni con il personale scolastico e con gli studenti.» Elena: «Sono stati due giorni impegnativi e quasi distruttivi, ma mi sono serviti sia per capire meglio il mio nuovo ruolo nella scuola sia per imparare ad essere il tramite degli studenti con le altre componenti scolastiche.» Ora che sei stato/a eletto rappresentante ti è venuta qualche altra idea per migliorare la nostra scuola che avresti voluto aggiungere al programma elettorale? Jennifer: «La nostra campagna elettorale era abbastanza completa. L’unico obiettivo che vorrei raggiungere è, viste le lamentele degli anni precedenti, organizzare una cogestione che soddisfi tutti i ragazzi, sempre che sia possibile!» Silvia: «Ora che sono diventata rappresentante d’istituto e dopo aver partecipato alla “due giorni”, l’idea base è quella di aumentare la comunicazione tra noi e gli studenti e tra noi e il dirigente scolastico e i docenti. Creando anche un sito Internet aperto a tutti gli studenti dell’Oberdan.» Ritieni che l’esperienza che ti stai accingendo ad intraprendere sarà costruttiva e proficua per il tuo futuro fuori dalla scuola? Se sì, in che modo? Marco: «L'esperienza che sto intraprendendo è sicuramente costruttiva e sono certo che un giorno fuori dalla scuola le conoscenze che apprenderò in questo cammino mi aiuteranno molto.» Andrea: «Considerando che, grazie alla Consulta, sono partecipe a pieno titolo di un organo di rappresentanza istituzionalmente costituito, volto a stimolare la partecipazione attiva degli studenti alla vita della scuola e che esso mi consente sia un intervento “orizzontale” con tanti studenti di molte altre scuole della provincia, che un coinvolgimento “verticale” con gli organismi delle istituzioni e con la burocrazia, non ho intenzione di limitarmi a seguire il programma, ma penso di impegnarmi per contribuire a determinarlo, anche in virtù dei numerosi incarichi ricoperti. Ergo, diciamo che la considero una sorta di palestra per il futuro.» Jennifer: «Credo che ogni esperienza sia costruttiva e proficua. La carica di rappresentante d’istituto può incrementare le competenze personali, in particolar modo la capacità di rapportarsi con le persone e di occuparsi di interessi collettivi.» Silvia: «Penso che questa attività intrapresa mi sarà utile nel rapportarmi con le altre persone e per accrescere il coraggio nel prendere decisioni importanti.» Valerio: «Penso che quest’esperienza possa aiutarmi a capire come è amministrata un’organizzazione del settore terziario e quindi rendermi in grado di gestirne una in futuro.»

di Fabio Fontana


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Numero 1 MARYEM E IL “SUO” DIRITTO ISLAMICO Il giorno giovedì 19 novembre in aula audiovisivi si è tenuto un incontro tra la classe 4°B e il prof. C. Buttinoni esperto di Diritto ed Economia e religioni il quale ha pensato bene di legare le due tematiche esponendole agli studenti di diverse scuole, compreso l’istituto Oberdan. L’incontro ha avuto come argomento il “Diritto Islamico” che mi riguarda direttamente essendo io musulmana semi praticante (per motivi miei) e molto credente. Innanzitutto è stata molto intelligente la sua premessa “ perché conoscere altri diritti?” beh la risposta è molto evidente: ciò che fino a ieri sembrava lontano,estraneo ed incomprensibile, ora è sempre più presente nella vita di tutti i giorni e va analizzato di conseguenza e studiato il più possibile; le conseguenze di ciò sono da ricercare dopo la guerra fredda, alla caduta del muro di Berlino, che ha segnato storicamente la caduta dei confini e della certezza territoriale quindi il progredire di un’entità diluita con persone di etnie o origini diverse, abitanti dello stesso paese con lo stesso modo di parlare, la stessa pronuncia, lo stesso modo di vestire e “camuffare” caratteristiche somatiche… Conclusa questa premessa,fondamentale per cominciare a trattare l’argomento, ha fatto una presentazione dell’Islam dal punto di vista religioso prima ed economico e politico dopo. Prima di tutto, per fare un po’ di chiarezza c’è da dire che il termine Islam vuol dire “ sottomissione a Dio” ( a Dio soltanto) ma senza schiavizzare nessuno, anzi, è riferito più ad una situazione di grazia, pace e intesa con la propria fede o “ totale abbandono a Dio” come dicono i cristiani. Perché il professore ha voluto dire ciò? Per spiegare il motivo per il quale religione e diritto (inteso come giuridico) vanno a braccetto nei paesi islamici. Ogni singolo aspetto della vita di un paese musulmano è regolato da precise regole o ”indicazioni” contenute nel Corano, che viene usato anche nei tribunali al posto dei codici civili e penali dei paesi occidentali laici e cristiani. Questo risulta strano perché ovviamente non è concepibile per i cristiani. Un’altra cosa che sconvolge è che il giurista islamico per compiere il proprio dovere o difendere il suo cliente indaga nella propria coscienza per capire cosa sia lecito o proibito al buon musulmano ( perché come ho detto prima: la vita di un soggetto islamico è regolamentata dal Corano e più precisamente dalla Sunna, non da un codice civile o penale) mentre il giurista occidentale cerca di difendere il suo cliente in tutti i modi possibili (spesso mettendo da parte la propria morale) sebbene esso possa essere colpevole perché vige la regola generale che GIURISPRUDENZA=DIFESA.

Inoltre, l’Islam ha un diritto di tipo concreto con un carattere formale, poco sviluppato che mira a fornire norme materiali. Generalmente, gli occidentali tengono a classificare i musulmani nella stessa categoria di terroristi, fanatici religiosi, strani, “cattivi”… non sanno che magari ci sono musulmani buoni che con l’integralismo non hanno niente a che fare, non sanno che ci sono SUNNITI e SCIITI, non sanno che c’è chi vuole integrarsi e chi ci riesce benissimo. Al termine dell’incontro agli studenti è stato consegnato un questionario che hanno poi compilato ( me compresa): dalle risposte si può benissimo notare che su 120 questionari la maggior parte delle persone si ritiene soddisfatta o abbastanza e trova l’argomento interessante. IO SONO MUSULMANA E SONO FIERA DI ESSERLO. NON SONO NATA IN ITALIA. NON HO UN NOME ITALIANO. NON METTO NE’ IL BURKA NE’ NESSUN ALTRO TIPO DI VELO CHE MI COPRA. NON MANGIO MAIALE. BEVO ALCOOLICI. INDOSSO JEANS A VITA BASSA E MI TRUCCO. FREQUENTO RAGAZZI E RAGAZZE DI QUALUNQUE PAESE E NON DISCRIMINO NESSUNO. Ecco perché nell’introduzione ho scritto che sono credente ma semi-praticante: io vivo in mezzo a due mondi, a due religioni, spesso nella contraddizione e nella confusione più totale ma dopo 12 anni in Italia posso dire certamente di essere integrata. Lo capisco e lo so dal fatto che io NON sogno in arabo ma in italiano che io considero la mia nuova madrelingua , prima del francese e prima ancora del marocchino. Però la mia famiglia rimane musulmana ( non mi piace il termine islamica!) il mio paese natale lo è, il mio sangue lo è, di conseguenza me. Non mi sono mai sentita discriminata come persona perché non ho mai avuto problemi finora però mi piange il cuore quando sento gente parlare male della mia gente, della mia religione, delle mie tradizioni. Mi sento ferita a nome di tutti i musulmani anche se a me, personalmente, nessuno ha mai osato dire qualcosa, io conosco l’ostilità della gente, la vedo nei loro occhi quando guardano un passante vestito in modo diverso da loro ed in silenzio sento un nodo alla gola. SPERO CHE CON IL TEMPO L’IGNORANZA LASCI SPAZIO ALLA VOGLIA DI RELAZIONARSI E CAPIRE DI PIU’ GLI ALTRI. MARYEM el BACHAR 4°B


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